insegnamento di diritto penale
Transcript
insegnamento di diritto penale
INSEGNAMENTO DI DIRITTO PENALE LEZIONE V “I LIMITI SPAZIALI DELL’APPLICABILITÀ DELLA LEGGE PENALE” PROF. GIANLUCA D'AIUTO Diritto Penale Lezione V Indice 1 Principi che presiedono all’applicazione della legge penale nello spazio: la tendenziale universalità della legge penale italiana. --------------------------------------------------------------------- 3 2 Reati commessi nel territorio dello Stato(art.6, comma 1° c.p.) --------------------------------- 4 2.1 Il concetto di territorio(art. 4, comma 2° c.p.); ------------------------------------------------------- 5 2.2 La teoria dell’ubiquità(art. 6, comma 2° c.p.) e individuazione del locus commissi delicti; --- 6 3 I reati commessi all’estero punibili incondizionatamente secondo la legge italiana (art. 7 c.p.) 7 4 I delitti politici commessi all’estero (art. 8 c.p.) ----------------------------------------------------- 8 5 I reati commessi all’estero punibili condizionatamente secondo la legge italiana (artt. 9 e 10 c.p.) ------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 10 5.1 Reati comuni commessi dal cittadino(art. 9 c.p.); -------------------------------------------------- 10 5.2 Reati comuni commessi dallo straniero (art.10 c.p.) ----------------------------------------------- 11 6 Bibliografia ------------------------------------------------------------------------------------------------ 13 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 13 Diritto Penale Lezione V 1 Principi che presiedono all’applicazione della legge penale nello spazio: la tendenziale universalità della legge penale italiana. Per quanto concerne l’applicabilità della legge penale nello “spazio” occorre partire dall’analisi dell’art. 3 del C.P. Lo stesso stabilisce che, la legge italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri si trovano nel territorio dello Stato, salve eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale. La legge penale obbliga altresì tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano all’estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla Legge medesima o dal diritto internazionale. La summenzionata disposizione normativa sembra stabilire quale criterio principale per la designazione dell’efficacia della legge penale il c.d. principio della territorialità, pur prevedendo delle deroghe. Tendenzialmente la legge penale italiana riconosce implicitamente il c.d. principio della universalità, il quale fonderebbe la pretesa dell’applicabilità della legge penale nazionale a tutti i delitti commessi da chiunque ed ovunque come nel caso della commissione di ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana, principio riconosciuto per fatti che possono coinvolgere interessi di più Stati (vedasi paragrafo 3 lettera e) di questa lezione). Altro principio relativo all’applicabilità della legge penale è il principio della personalità, secondo il quale si applicherebbe la legge penale in vigore nello Stato di appartenenza del reo ed il principio della difesa, detto anche della tutela, secondo il quale dovrebbe essere applicata la legge penale dello Stato di appartenenza del soggetto passivo o dei beni c.d. “aggrediti”. Il primo comma dell’art. 3 del c.p. stabilisce l’ambito di applicabilità c.d. spaziale della legge penale, identificandolo con il territorio dello Stato. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 13 Diritto Penale Lezione V 2 Reati commessi nel territorio dello Stato(art.6, comma 1° c.p.) Nell'ordinamento giuridico italiano, il principio relativo ai reati commessi nel territorio dello Stato, trova riscontro nell’art.6 del codice penale, il quale testualmente recita:"Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana...”. Il principio di territorialità viene espresso come la possibilità di punire una data condotta criminosa a condizione che, la stessa, sia stata posta in essere nel territorio dello stato italiano. Lo stesso articolo non tiene conto del fatto che il soggetto attivo del reato sia un cittadino italiano, uno straniero oppure un apolide. L’articolo in esame prosegue esponendo che:"Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l'evento che è la conseguenza dell'azione od omissione”. Osservando alla lettera il disposto normativo, il reato si considererà commesso all'interno dello territorio dello stato italiano qualora, fermo restando il limite territoriale dello stesso, una parte della condotta criminosa abbia avuto luogo in un momento essenziale del progetto criminoso posto in essere. Tenendo presente quest’ultima disposizione, in merito al reato continuato dottrina e giurisprudenza hanno avuto un acceso dibattito circa le varie ipotesi, infatti, predetto reato, per sua natura, mal si accosterebbe all’oggetto del principio, un'esternazione da molti definita "ubiqua", in quanto particolarmente stringente e puntuale nella delimitazione della casistica di applicazione. Delle deroghe alla generale applicazione del principio di territorialità sono contenute negli articoli 7 e 10 del codice penale. In particolare l'art. 8, mediante il quale si stabilisce l'applicabilità della legge penale (previa richiesta del Ministro della Giustizia) per i delitti politici e quelli comuni commessi per motivi politici, tale articolo, sancendo la nozione di "delitto politico", lo definisce come "ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino". Col passare degli anni, mediante lo sviluppo di nuove tecnologie, occorre tener presente che, in seno allo sviluppo dello studio del diritto penale si sono configurate diverse forme di estrinsecazione dei reati, un esempio è dato dall’improprio utilizzo della rete internet. Tale sistema di navigazione permette la c.d. delocalizzazione, la quale causa una moltiplicazione dell’azione nello spazio. Tutto ciò che avviene nella rete non conosce limiti territoriali, né geograficamente né giuridicamente, ed è Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 13 Diritto Penale Lezione V condizionato da quella che potrebbe definirsi “acentricità” delle comunicazioni elettroniche. Il principio di territorialità stabilisce l’applicabilità del diritto penale italiano entro i limiti del territorio dello Stato, perciò, ai fini della sua applicazione, è necessario definire il luogo in cui è avvenuto il reato. In relazione all’utilizzo del sistema di navigazione multimediale non è semplice individuare il “locus commissi delicti” in quanto l’autore del reato si serve di mezzi informatici e telematici per porre in essere la condotta criminosa, data l’elevata velocità della diffusione dei messaggi all’interno della rete. Il luogo in cui si consumano i reati informatici, infatti, raramente coincide con un luogo o un territorio identificabile fisicamente, poiché la condotta si muove in uno spazio virtuale senza confini definiti. Il criterio dell’ubiquità, di cui parleremo successivamente, trova particolare applicazione nell’ambito dei reati commessi a mezzo internet. 2.1 Il concetto di territorio(art. 4, comma 2° c.p.); Il concetto di territorio è fornito dall’art. 4 comma 2 del C.P. ovvero, si ritiene territorio dello Stato il territorio della Repubblica e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato. In relazione a ciò occorre chiarire che, esso è costituito dalla superficie terrestre, ricadente nei suoi confini geografico politici, dal mare costiero, detto anche mare territoriale, e dallo spazio aereo. L’articolo in esame estende la nozione di territorio dello Stato anche alle navi1 ed gli aeromobili di nazionalità italiana, questi ultimi sono considerati a tutti gli effetti come territorio dello stato, salvo che siano soggetti, secondo le norme di diritto internazionale, ad una legge straniera. 1 In caso di perpetrazione di reato su nave mercantile che si trovi nelle acque territoriali di altro Stato, prevale la giurisdizione dello Stato di bandiera allorché l'illecito concerna esclusivamente le attività e gli interessi della comunità nazionale cui appartiene il natante, mentre prevale quella dello Stato costiero ove le conseguenze del fatto compiuto a bordo si ripercuotano o siano idonee a ripercuotersi all'esterno incidendo su interessi primari della comunità territoriale. Tali interessi vanno valutati con riferimento non solo al bene giuridico tutelato dalla norma di cui si assume la violazione, ma anche alla situazione verificatasi in concreto che diviene rilevante per lo Stato costiero allorquando per le sue connotazioni realizzi una condizione di effettivo pericolo che, rendendo probabile l'offesa per la pace pubblica del Paese o per il buon ordine del mare territoriale, imponga l'intervento dello Stato costiero. (Fattispecie relativa a ritrovamento su nave mercantile straniera nelle acque territoriali italiane di armi da guerra costituenti dotazione della nave stessa regolarmente iscritte nei libri di bordo e denunciate alle competenti autorità straniere. La Corte di Cassazione ha escluso la giurisdizione del giudice italiano). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 13 Diritto Penale Lezione V 2.2 La teoria dell’ubiquità(art. 6, comma 2° c.p.) e individuazione del locus commissi delicti; Tenendo presente che l’art 6 del C.P. al 1° comma sancisce innanzitutto il summenzionato principio di territorialità, affermando che è punito dalla legge italiana chiunque commette un reato nel territorio dello stato, al secondo comma il legislatore ha accolto il c.d. principio della ubiquità, ovvero ha stabilito che il reato si considera commesso nel territorio italiano quando l’azione od omissione che lo costituisce è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero se ivi si è verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione o omissione (locus commissi delicti); sicchè, agli effetti della disposizione in esame, è sufficiente accertare che la parte o frazione di azione compiuta rappresenti un anello essenziale della condotta conforme al modello criminoso. Il principio di territorialità è andato subendo negli ultimi anni un sensibile ridimensionamento per soddisfare l’esigenza sempre più avvertita di consentire una più ampia repressione penale di forme di criminalità particolarmente insidiose, che hanno in più assunto carattere transnazionale. L’esempio di maggiore rilievo è dato dai reati commessi a mezzo internet, sistema in cui i dati(che in questo caso costituiscono l’oggetto del reato) essendo stati immessi in rete all’estero, transitano sui server collocati in Italia, oppure nel caso in cui sia avvenuta la memorizzazione e la duplicazione sugli stessi. Non sussistono problemi, nell’applicazione del principio, se chi compie il reato agisce in Italia tramite un server installato sul territorio o anche all’estero. Poniamo invece il caso in cui il soggetto si trova all’estero e il server non risulta installato in territorio italiano. In riferimento a ciò si stabilisce che, in base al principio dell’ubiquità, il giudice italiano può riconoscere il fatto come fattispecie costituente reato, tanto nel caso in cui la condotta si sia verificata sul territorio nazionale di altro stato, quanto nel caso in cui l’ iter criminis, iniziato all’estero, si sia concluso con un evento realizzato in Italia. Corte di Cassazione Sez. U., sent. n. 1002 del 26-01-1990 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 13 Diritto Penale Lezione V 3 I reati commessi all’estero punibili incondizionatamente secondo la legge italiana (art. 7 c.p.) L’art. 7 del codice penale contempla diverse ipotesi di reati commessi all’estero (non importa se da un cittadino o da uno straniero) alcuni dei quali vengono incondizionatamente puniti secondo la legge italiana. La ragione di ciò si spiega, in alcuni casi in base al principio di difesa, in altri per questioni di opportunità o, ancora, in base al principio di universalità (è l’ipotesi dei c.d. delicta juris gentium). L’art. 7 del c.p. prevede l’applicabilità della legge penale italiana ad alcune tipologie di reato commessi in toto in territorio estero sia dal cittadino italiano che straniero. I reati in esame sono: i delitti contro la personalità dello Stato ex art. 241 e 313 c.p. Tale disposizione si ispira al c.d. principio di difesa; i delitti di contraffazione del sigillo dello Stato ex art. 467 c.p.; i delitti relativi alla falsità di monete aventi corso legale nello Stato e di falsità in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiane; dei delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato, con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alle loro funzioni, anche tale disposizione, come quella indicata al punto a) si ispira al c.d. principio di difesa; di ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana; quest’ultima disposizione fu introdotta seguendo un generale criterio di collaborazione internazionale, collegato al c.d. principio di universalità per fatti che possono coinvolgere interessi di più Stati. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 13 Diritto Penale Lezione V 4 I delitti politici commessi all’estero (art. 8 c.p.) L’art. 8 del c.p. prevede una disciplina a se stante per quanto concerne i delitti politici commessi all’estero da un cittadino o da uno straniero, non espressamente previsti nell’art. 7 del c.p. La punibilità risulta comunque condizionata alla richiesta del Ministro di Grazia e Giustizia, nel caso in cui si tratti di un delitto punibile a querela della persona offesa, oltre alla summenzionata richiesta occorre necessariamente la querela dell’offeso. Secondo quanto previsto dall’art. 8 comma 3°, è delitto politico ogni delitto che offende un interesse dello Stato , ovvero un diritto politico del cittadino. E’ altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici. Dalla disamina della norma in esame è possibile ricavare due distinte categorie di delitti politici2: 1. In senso oggettivo, ovvero il delitto che offende un interesse politico dello Stato, inteso come popolo, territorio, sovranità, forma di Stato, di Governo etc., per effetto dell’art. 8 comma 2° del c.p. sono da considerarsi oggettivamente politici anche i reati che offendono un diritto politico del cittadino, come ad esempio elezione delle rappresentanze politiche (diritto di partecipare alla volontà dello Stato); 2. In senso soggettivo, ovvero i delitti comuni che siano determinati, in tutto o in parte, da motivi politici, a tal riguardo si dà preminenza alla motivazione sociale che induce il soggetto a commettere tale reato. 2 Nell'evoluzione della normativa internazionale, approdata - come atto tra i più significativi – alla Convenzione europea contro il terrorismo, ratificata dall'Italia con la legge 26 novembre 1985 n.719, emerge l'intento di contemperare non tanto la nozione in sé di reato politico, quanto la sua rilevanza a fini estradizionali, con la necessità di tutelare valori umani universali che possono risultare gravemente offesi da delitti d'ispirazione politica; il che si verifica o quando il delitto abbia determinato un pericolo collettivo per la vita, l'integrità fisica e la libertà delle persone ovvero quando abbia colpito o messo in pericolo persone estranee ai moventi politici che l'hanno ispirato, ovvero, ancora, quando è stato realizzato con mezzi crudeli e con perfidia. Elementi, tutti,che lo Stato italiano, nel formulare la riserva all'atto della ratifica riguardo alla Convenzione dell'estradizione per reati politici, si è impegnato a considerare. Ne deriva che la nozione di reato politico a fini estradizionali trova la sua definizione nel bilanciamento tra il valore insito nel principio costituzionale del rifiuto di consentire alla persecuzione dei cittadini e dello straniero per motivi politici e quello dei valori umani primari - consacrati nella Carta Costituzionale – quando l'aggressione di tali valori abbia quei caratteri di gravità individuabili alla stregua dei criteri ora ricordati. Corte di Cassazione, Sez. I, sent. n. 767 del 24-03-1992 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 13 Diritto Penale Lezione V Per quanto attiene la disposizione normativa contenuta nel 2° comma dell’art.8 del c.p. occorre esaminarla contestualmente a quanto previsto dall’art. 10 ultimo comma e 26 ultimo cpv della Costituzione, i quali escludono l’estradizione dello straniero per motivi politici. Per estradizione si intende la consegna di una persona, ad opera di uno Stato ad un altro, al fine di farlo giudicare da quest’ultimo (estradizione processuale), oppure al fine di far sottoporre un cittadino all’esecuzione di una pena se giudicato e condannato (estradizione esecutiva). Ogni singolo Stato può richiedere l’estradizione (estradizione attiva), oppure la può concedere (estradizione passiva). Occorre precisare che per la maggior parte delle volte l’estradizione è prevista da convenzioni internazionali (estradizione pattizia), ed è quindi regolata da esse oltre che da usi di diritto internazionale. L’art. 13 comma 1 del c.p. prevede che l’estradizione sia inammissibile qualora il fatto non sia preveduto come reato dalla legge italiana e da quella straniera, il c.d. principio di doppia incriminazione. Al successivo 3° comma, l’art. 13 del c.p. prevede che l’estradizione può essere concessa od offerta, anche per reati non previsti dalle convenzioni internazionali, purchè queste ultime non ne facciano espresso divieto, mentre al 4° comma stabilisce che non è ammessa l’estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita nelle convenzioni internazionali. Analizzando quest’ultima disposizione ci si rende subito conto che essa risulta analoga a quella contenuta nell’art. 26 comma 1 della Costituzione, il quale testualmente recita che l’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali. Occorre tenere presente però, che la disciplina codicistica relativa ai reati politici fu introdotta prima dell’entrata in vigore della Costituzione, per questo motivo la disposizione costituzionale di reato politico non può dipendere da una legge ordinaria (legge con la quale fu emanato il codice penale), in quanto si invertirebbe l’ordine giuridico - legislativo, per questo motivo occorre stabilire la nozione di reato politico costituzionalmente intesa. Secondo una delle teorie più accreditate, il divieto di estradizione non coprirebbe i reati politici disumani oppure contrari ai principi costituzionalmente garantiti e comuni a tutti gli Stati membri della comunità internazionale cioè che offenderebbero un diritto politico di uno Stato o di un cittadino. In questo modo l’individuo da estradare deve essere posto nelle condizioni di non correre pericoli, all’interno dello Stato richiedente, di subire un processo con finalità politiche o discriminatorio. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 13 Diritto Penale Lezione V 5 I reati commessi all’estero punibili condizionatamente secondo la legge italiana (artt. 9 e 10 c.p.) A differenza di quanto esposto nel paragrafo 3 di questa lezione, in questo paragrafo tratteremo quanto disposto dagli artt. 9 e 10 del c.p., ovvero i reati commessi all’estero punibili condizionatamente dalla legge italiana, ferme restando determinate condizioni senza le quali non si ha la punibilità del malfattore. Tali reati sono: i reati comuni commessi dal cittadino (art.9 del c.p.) ed i reati comuni commessi dallo straniero. Analizziamoli separatamente al fine di comprende gli elementi distintivi con i reati commessi all’estero punibili incondizionatamente dalla legge italiana. 5.1 Reati comuni commessi dal cittadino(art. 9 c.p.); Secondo quanto previsto dall’art. 9 c.p., fuori dai casi previsti dall’art. 7 c.p. e dall’art. 8 c.p. (delitto politico commesso all’estero), è punibile, secondo la legge italiana, il cittadino che commette un delitto in territorio estero per il quale la legge dello Stato italiano prevede la pena dell’ergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni. Tale disposizione normativa è subordinata al fatto che il colpevole si trovi nel territorio dello Stato. Per quanto attiene i reati per i quali sia prevista una pena restrittiva della libertà personale, minore di quelle sopra indicate, oltre alla condizione della presenza nel territorio dello Stato, occorre che vi sia una richiesta del Ministro di Grazia e Giustizia3 (art. 127 e 129 c.p. Tale richiesta è sempre indispensabile nel caso in cui i reati sono commessi a danno di uno Stato estero. Secondo l’ordinamento italiano la perseguibilità del colpevole è subordinata alla mancata concessione, o alla mancata accettazione della sua estradizione da parte del Governo dello Stato in cui risulta commesso il reato), ovvero la querela 3 Qualora, a seguito di richiesta del Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell'art. 9 cod. pen., si sia proceduto contro un soggetto per il delitto di cui all'art. 590 cod. pen. commesso in territorio estero e vi sia stata condanna del predetto a pena pecuniaria, è da escludere che sia venuta meno la condizione di punibilità prevista dall'art. 9 cod. pen. citato, rappresentata dall'irrogazione della pena detentiva; in quanto la pena restrittiva della libertà personale, dalla legge considerata per rendere perseguibile il delitto comune commesso dal cittadino all'estero, è quella astrattamente stabilita dal codice e non quella in concreto comminata. Pertanto, in caso di sanzioni alternative,la procedibilità dell'azione non può essere compromessa dall'avvenuta inflizione della sola pena pecuniaria. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 13 Diritto Penale Lezione V (art.120 126 c.p.)4, oppure l’istanza (art.130 c.p.). Secondo la Corte di Cassazione (Sez. I, sent. n. 1837 del 23-05-1994) la condizione di procedibilità della richiesta del Ministro di Grazia e Giustizia, ex art. 9 secondo comma del codice penale, non può ritenersi integrata nel caso in cui la richiesta non sia stata sottoscritta personalmente dal Ministro bensì da un funzionario del suo dicastero, senza neppure il rilascio di una specifica delega. Tale soluzione è imposta sia dal tenore dell'art. 342 codice di procedura penale, il quale espressamente richiede che la sottoscrizione dell'autorità competente. Ciò si ricava dal carattere di discrezionalità politica dell'atto, la cui adozione non può, pertanto, che essere riservata all'organo politicamente responsabile indicato dalla legge o, al più, delegata ad altro soggetto politico quale un sottosegretario di Stato. L’art. 9 c.p. continua a disciplinare il fenomeno della punibilità per delitti comuni commessi all’estero, diversi da quelli contemplati dall'art 7, rispetto ai quali però la punibilità medesima risulta subordinata alla presenza di alcune condizioni e cioè: 1) che si tratti di un delitto per il quale la legge italiana stabilisca l’ergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, ovvero che sussistano gli altri presupposti previsti all’art 9 , commi 2 e 3; 2) che il cittadino si trovi nel territorio dello Stato. La cassazione ha precisato che il terzo comma dell’art. 9 c.p. non ha riguardo ai delitti che lo Stato estero sia comunque interessato a reprimere nell’esercizio del suo potere punitivo e nei quali assume quindi la qualifica di soggetto passivo generico, ma si riferisce al contrario a quelli in cui lo Stato straniero assume la posizione di soggetto passivo specifico. 5.2 Reati comuni commessi dallo straniero (art.10 c.p.) L’art 10 disciplina l’ipotesi dello straniero che commette all’estero delitti comuni a danno dello Stato o di un cittadino italiano ovvero a danno di uno stato estero o di uno straniero. Le condizioni cui la punibilità è subordinata mutano in ragione del mutare del soggetto passivo. Infatti tale previsione normativa testualmente prevede: “Lo straniero, che, fuori dei casi indicati negli 4 Corte di Casazione Sez. IV, sent. n. 1179 del 07-02-1995 Per la perseguibilità in Italia di un reato commesso all'estero in danno di un cittadino italiano, in ordine al quale vi sia stata la richiesta di procedimento del Ministro della giustizia occorre anche la querela della persona offesa ove si tratti di reato che se commesso in Italia sarebbe procedibile a querela. Corte di cassazione Sez. I, sent. n. 4144 del 13-01-1993 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 13 Diritto Penale Lezione V articoli 7 e 8, commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce la pena dell'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato e vi sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela della persona offesa”. Questo articolo chiarisce come chiunque (ossia il cittadino di qualunque nazione) abbia compiuto un reato all'estero a danno di un cittadino italiano, sia punibile dalla legge italiana, ciò qualora il soggetto si rechi (prima della prescrizione del reato stesso) in Italia. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 13 Diritto Penale Lezione V 6 Bibliografia C. Fiore, Diritto Penale parte generale volume primo, Torino, UTET, 1999 ristampa, ISBN 88-02-04719-7 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 13