insegnamento di diritto penale

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insegnamento di diritto penale
INSEGNAMENTO DI
DIRITTO PENALE
LEZIONE V
“I LIMITI SPAZIALI DELL’APPLICABILITÀ DELLA LEGGE
PENALE”
PROF. GIANLUCA D'AIUTO
Diritto Penale
Lezione V
Indice
1
Principi che presiedono all’applicazione della legge penale nello spazio: la tendenziale
universalità della legge penale italiana. --------------------------------------------------------------------- 3
2
Reati commessi nel territorio dello Stato(art.6, comma 1° c.p.) --------------------------------- 4
2.1 Il concetto di territorio(art. 4, comma 2° c.p.); ------------------------------------------------------- 5
2.2 La teoria dell’ubiquità(art. 6, comma 2° c.p.) e individuazione del locus commissi delicti; --- 6
3
I reati commessi all’estero punibili incondizionatamente secondo la legge italiana (art. 7
c.p.) 7
4
I delitti politici commessi all’estero (art. 8 c.p.) ----------------------------------------------------- 8
5
I reati commessi all’estero punibili condizionatamente secondo la legge italiana (artt. 9 e
10 c.p.) ------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 10
5.1 Reati comuni commessi dal cittadino(art. 9 c.p.); -------------------------------------------------- 10
5.2 Reati comuni commessi dallo straniero (art.10 c.p.) ----------------------------------------------- 11
6
Bibliografia ------------------------------------------------------------------------------------------------ 13
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Principi che presiedono all’applicazione della
legge penale nello spazio: la tendenziale
universalità della legge penale italiana.
Per quanto concerne l’applicabilità della legge penale nello “spazio” occorre partire
dall’analisi dell’art. 3 del C.P. Lo stesso stabilisce che, la legge italiana obbliga tutti coloro che,
cittadini o stranieri si trovano nel territorio dello Stato, salve eccezioni stabilite dal diritto pubblico
interno o dal diritto internazionale. La legge penale obbliga altresì tutti coloro che, cittadini o
stranieri, si trovano all’estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla Legge medesima o dal diritto
internazionale. La summenzionata disposizione normativa sembra stabilire quale criterio principale
per la designazione dell’efficacia della legge penale il c.d. principio della territorialità, pur
prevedendo delle deroghe. Tendenzialmente la legge penale italiana riconosce implicitamente il c.d.
principio della universalità, il quale fonderebbe la pretesa dell’applicabilità della legge penale
nazionale a tutti i delitti commessi da chiunque ed ovunque come nel caso della commissione di
ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono
l’applicabilità della legge penale italiana, principio riconosciuto per fatti che possono coinvolgere
interessi di più Stati (vedasi paragrafo 3 lettera e) di questa lezione). Altro principio relativo
all’applicabilità della legge penale è il principio della personalità, secondo il quale si applicherebbe
la legge penale in vigore nello Stato di appartenenza del reo ed il principio della difesa, detto anche
della tutela, secondo il quale dovrebbe essere applicata la legge penale dello Stato di appartenenza
del soggetto passivo o dei beni c.d. “aggrediti”. Il primo comma dell’art. 3 del c.p. stabilisce
l’ambito di applicabilità c.d. spaziale della legge penale, identificandolo con il territorio dello Stato.
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2 Reati commessi nel territorio dello Stato(art.6,
comma 1° c.p.)
Nell'ordinamento giuridico italiano, il principio relativo ai reati commessi nel territorio dello
Stato, trova riscontro nell’art.6 del codice penale, il quale testualmente recita:"Chiunque commette
un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana...”. Il principio di
territorialità viene espresso come la possibilità di punire una data condotta criminosa a condizione
che, la stessa, sia stata posta in essere nel territorio dello stato italiano. Lo stesso articolo non tiene
conto del fatto che il soggetto attivo del reato sia un cittadino italiano, uno straniero oppure un
apolide. L’articolo in esame prosegue esponendo che:"Il reato si considera commesso nel
territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in
parte, ovvero si è ivi verificato l'evento che è la conseguenza dell'azione od omissione”.
Osservando alla lettera il disposto normativo, il reato si considererà commesso all'interno dello
territorio dello stato italiano qualora, fermo restando il limite territoriale dello stesso, una parte della
condotta criminosa abbia avuto luogo in un momento essenziale del progetto criminoso posto in
essere. Tenendo presente quest’ultima disposizione, in merito al reato continuato dottrina e
giurisprudenza hanno avuto un acceso dibattito circa le varie ipotesi, infatti, predetto reato, per sua
natura, mal si accosterebbe all’oggetto del principio, un'esternazione da molti definita "ubiqua", in
quanto particolarmente stringente e puntuale nella delimitazione della casistica di applicazione.
Delle deroghe alla generale applicazione del principio di territorialità sono contenute negli articoli 7
e 10 del codice penale. In particolare l'art. 8, mediante il quale si stabilisce l'applicabilità della legge
penale (previa richiesta del Ministro della Giustizia) per i delitti politici e quelli comuni commessi
per motivi politici, tale articolo, sancendo la nozione di "delitto politico", lo definisce come "ogni
delitto che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino". Col
passare degli anni, mediante lo sviluppo di nuove tecnologie, occorre tener presente che, in seno
allo sviluppo dello studio del diritto penale si sono configurate diverse forme di estrinsecazione dei
reati, un esempio è dato dall’improprio utilizzo della rete internet. Tale sistema di navigazione
permette la c.d. delocalizzazione, la quale causa una moltiplicazione dell’azione nello spazio. Tutto
ciò che avviene nella rete non conosce limiti territoriali, né geograficamente né giuridicamente, ed è
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condizionato da quella che potrebbe definirsi “acentricità” delle comunicazioni elettroniche. Il
principio di territorialità stabilisce l’applicabilità del diritto penale italiano entro i limiti del
territorio dello Stato, perciò, ai fini della sua applicazione, è necessario definire il luogo in cui è
avvenuto il reato. In relazione all’utilizzo del sistema di navigazione multimediale non è semplice
individuare il “locus commissi delicti” in quanto l’autore del reato si serve di mezzi informatici e
telematici per porre in essere la condotta criminosa, data l’elevata velocità della diffusione dei
messaggi all’interno della rete. Il luogo in cui si consumano i reati informatici, infatti, raramente
coincide con un luogo o un territorio identificabile fisicamente, poiché la condotta si muove in uno
spazio virtuale senza confini definiti. Il criterio dell’ubiquità, di cui parleremo successivamente,
trova particolare applicazione nell’ambito dei reati commessi a mezzo internet.
2.1 Il concetto di territorio(art. 4, comma 2° c.p.);
Il concetto di territorio è fornito dall’art. 4 comma 2 del C.P. ovvero, si ritiene territorio
dello Stato il territorio della Repubblica e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato. In
relazione a ciò occorre chiarire che, esso è costituito dalla superficie terrestre, ricadente nei suoi
confini geografico politici, dal mare costiero, detto anche mare territoriale, e dallo spazio aereo.
L’articolo in esame estende la nozione di territorio dello Stato anche alle navi1 ed gli aeromobili di
nazionalità italiana, questi ultimi sono considerati a tutti gli effetti come territorio dello stato, salvo
che siano soggetti, secondo le norme di diritto internazionale, ad una legge straniera.
1
In caso di perpetrazione di reato su nave mercantile che si trovi nelle acque territoriali di altro Stato, prevale la
giurisdizione dello Stato di bandiera allorché l'illecito concerna esclusivamente le attività e gli interessi della
comunità nazionale cui appartiene il natante, mentre prevale quella dello Stato costiero ove le conseguenze del fatto
compiuto a bordo si ripercuotano o siano idonee a ripercuotersi all'esterno incidendo su interessi primari della
comunità territoriale. Tali interessi vanno valutati con riferimento non solo al bene giuridico tutelato dalla norma di
cui si assume la violazione, ma anche alla situazione verificatasi in concreto che diviene rilevante per lo Stato
costiero allorquando per le sue connotazioni realizzi una condizione di effettivo pericolo che, rendendo probabile
l'offesa per la pace pubblica del Paese o per il buon ordine del mare territoriale, imponga l'intervento dello Stato
costiero. (Fattispecie relativa a ritrovamento su nave mercantile straniera nelle acque territoriali italiane di armi da
guerra costituenti dotazione della nave stessa regolarmente iscritte nei libri di bordo e denunciate alle competenti
autorità straniere. La Corte di Cassazione ha escluso la giurisdizione del giudice italiano).
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2.2 La teoria dell’ubiquità(art. 6, comma 2° c.p.) e individuazione del locus commissi
delicti;
Tenendo presente che l’art 6 del C.P. al 1° comma sancisce innanzitutto il summenzionato
principio di territorialità, affermando che è punito dalla legge italiana chiunque commette un reato
nel territorio dello stato, al secondo comma il legislatore ha accolto il c.d. principio della ubiquità,
ovvero ha stabilito che il reato si considera commesso nel territorio italiano quando l’azione od
omissione che lo costituisce è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero se ivi si è verificato l’evento
che è la conseguenza dell’azione o omissione (locus commissi delicti); sicchè, agli effetti della
disposizione in esame, è sufficiente accertare che la parte o frazione di azione compiuta rappresenti
un anello essenziale della condotta conforme al modello criminoso. Il principio di territorialità è
andato subendo negli ultimi anni un sensibile ridimensionamento per soddisfare l’esigenza sempre
più avvertita di consentire una più ampia repressione penale di forme di criminalità particolarmente
insidiose, che hanno in più assunto carattere transnazionale. L’esempio di maggiore rilievo è dato
dai reati commessi a mezzo internet, sistema in cui i dati(che in questo caso costituiscono l’oggetto
del reato) essendo stati immessi in rete all’estero, transitano sui server collocati in Italia, oppure nel
caso in cui sia avvenuta la memorizzazione e la duplicazione sugli stessi. Non sussistono problemi,
nell’applicazione del principio, se chi compie il reato agisce in Italia tramite un server installato sul
territorio o anche all’estero. Poniamo invece il caso in cui il soggetto si trova all’estero e il server
non risulta installato in territorio italiano. In riferimento a ciò si stabilisce che, in base al principio
dell’ubiquità, il giudice italiano può riconoscere il fatto come fattispecie costituente reato, tanto nel
caso in cui la condotta si sia verificata sul territorio nazionale di altro stato, quanto nel caso in cui l’
iter criminis, iniziato all’estero, si sia concluso con un evento realizzato in Italia.
Corte di Cassazione Sez. U., sent. n. 1002 del 26-01-1990
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3 I reati commessi all’estero punibili
incondizionatamente secondo la legge italiana
(art. 7 c.p.)
L’art. 7 del codice penale contempla diverse ipotesi di reati commessi all’estero (non
importa se da un cittadino o da uno straniero) alcuni dei quali vengono incondizionatamente puniti
secondo la legge italiana. La ragione di ciò si spiega, in alcuni casi in base al principio di difesa, in
altri per questioni di opportunità o, ancora, in base al principio di universalità (è l’ipotesi dei c.d.
delicta juris gentium). L’art. 7 del c.p. prevede l’applicabilità della legge penale italiana ad alcune
tipologie di reato commessi in toto in territorio estero sia dal cittadino italiano che straniero. I reati
in esame sono:
 i delitti contro la personalità dello Stato ex art. 241 e 313 c.p. Tale disposizione si ispira
al c.d. principio di difesa;
 i delitti di contraffazione del sigillo dello Stato ex art. 467 c.p.;
 i delitti relativi alla falsità di monete aventi corso legale nello Stato e di falsità in valori
di bollo o in carte di pubblico credito italiane;
 dei delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato, con abuso dei poteri o
violazione dei doveri inerenti alle loro funzioni, anche tale disposizione, come quella indicata al
punto a) si ispira al c.d. principio di difesa;
 di ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali
stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana; quest’ultima disposizione fu introdotta
seguendo un generale criterio di collaborazione internazionale, collegato al c.d. principio di
universalità per fatti che possono coinvolgere interessi di più Stati.
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4 I delitti politici commessi all’estero (art. 8 c.p.)
L’art. 8 del c.p. prevede una disciplina a se stante per quanto concerne i delitti politici
commessi all’estero da un cittadino o da uno straniero, non espressamente previsti nell’art. 7 del
c.p. La punibilità risulta comunque condizionata alla richiesta del Ministro di Grazia e Giustizia, nel
caso in cui si tratti di un delitto punibile a querela della persona offesa, oltre alla summenzionata
richiesta occorre necessariamente la querela dell’offeso. Secondo quanto previsto dall’art. 8 comma
3°, è delitto politico ogni delitto che offende un interesse dello Stato , ovvero un diritto politico del
cittadino. E’ altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da
motivi politici.
Dalla disamina della norma in esame è possibile ricavare due distinte categorie di delitti
politici2:
1. In senso oggettivo, ovvero il delitto che offende un interesse politico dello Stato, inteso
come popolo, territorio, sovranità, forma di Stato, di Governo etc., per effetto dell’art. 8 comma 2°
del c.p. sono da considerarsi oggettivamente politici anche i reati che offendono un diritto politico
del cittadino, come ad esempio elezione delle rappresentanze politiche (diritto di partecipare alla
volontà dello Stato);
2. In senso soggettivo, ovvero i delitti comuni che siano determinati, in tutto o in parte, da
motivi politici, a tal riguardo si dà preminenza alla motivazione sociale che induce il soggetto a
commettere tale reato.
2
Nell'evoluzione della normativa internazionale, approdata - come atto tra i più significativi – alla Convenzione
europea contro il terrorismo, ratificata dall'Italia con la legge 26 novembre 1985 n.719, emerge l'intento di
contemperare non tanto la nozione in sé di reato politico, quanto la sua rilevanza a fini estradizionali, con la necessità
di tutelare valori umani universali che possono risultare gravemente offesi da delitti d'ispirazione politica; il che si
verifica o quando il delitto abbia determinato un pericolo collettivo per la vita, l'integrità fisica e la libertà delle
persone ovvero quando abbia colpito o messo in pericolo persone estranee ai moventi politici che l'hanno ispirato,
ovvero, ancora, quando è stato realizzato con mezzi crudeli e con perfidia. Elementi, tutti,che lo Stato italiano, nel
formulare la riserva all'atto della ratifica riguardo alla Convenzione dell'estradizione per reati politici, si è impegnato
a considerare. Ne deriva che la nozione di reato politico a fini estradizionali trova la sua definizione nel
bilanciamento tra il valore insito nel principio costituzionale del rifiuto di consentire alla persecuzione dei cittadini e
dello straniero per motivi politici e quello dei valori umani primari - consacrati nella Carta Costituzionale – quando
l'aggressione di tali valori abbia quei caratteri di gravità individuabili alla stregua dei criteri ora ricordati.
Corte di Cassazione, Sez. I, sent. n. 767 del 24-03-1992
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Per quanto attiene la disposizione normativa contenuta nel 2° comma dell’art.8 del c.p.
occorre esaminarla contestualmente a quanto previsto dall’art. 10 ultimo comma e 26 ultimo cpv
della Costituzione, i quali escludono l’estradizione dello straniero per motivi politici. Per
estradizione si intende la consegna di una persona, ad opera di uno Stato ad un altro, al fine di farlo
giudicare da quest’ultimo (estradizione processuale), oppure al fine di far sottoporre un cittadino
all’esecuzione di una pena se giudicato e condannato (estradizione esecutiva). Ogni singolo Stato
può richiedere l’estradizione (estradizione attiva), oppure la può concedere (estradizione passiva).
Occorre precisare che per la maggior parte delle volte l’estradizione è prevista da convenzioni
internazionali (estradizione pattizia), ed è quindi regolata da esse oltre che da usi di diritto
internazionale. L’art. 13 comma 1 del c.p. prevede che l’estradizione sia inammissibile qualora il
fatto non sia preveduto come reato dalla legge italiana e da quella straniera, il c.d. principio di
doppia incriminazione. Al successivo 3° comma, l’art. 13 del c.p. prevede che l’estradizione può
essere concessa od offerta, anche per reati non previsti dalle convenzioni internazionali, purchè
queste ultime non ne facciano espresso divieto, mentre al 4° comma stabilisce che non è ammessa
l’estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita nelle convenzioni internazionali.
Analizzando quest’ultima disposizione ci si rende subito conto che essa risulta analoga a quella
contenuta nell’art. 26 comma 1 della Costituzione, il quale testualmente recita che l’estradizione del
cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni
internazionali. Occorre tenere presente però, che la disciplina codicistica relativa ai reati politici fu
introdotta prima dell’entrata in vigore della Costituzione, per questo motivo la disposizione
costituzionale di reato politico non può dipendere da una legge ordinaria (legge con la quale fu
emanato il codice penale), in quanto si invertirebbe l’ordine giuridico - legislativo, per questo
motivo occorre stabilire la nozione di reato politico costituzionalmente intesa. Secondo una delle
teorie più accreditate, il divieto di estradizione non coprirebbe i reati politici disumani oppure
contrari ai principi costituzionalmente garantiti e comuni a tutti gli Stati membri della comunità
internazionale cioè che offenderebbero un diritto politico di uno Stato o di un cittadino. In questo
modo l’individuo da estradare deve essere posto nelle condizioni di non correre pericoli, all’interno
dello Stato richiedente, di subire un processo con finalità politiche o discriminatorio.
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5 I reati commessi all’estero punibili
condizionatamente secondo la legge italiana (artt.
9 e 10 c.p.)
A differenza di quanto esposto nel paragrafo 3 di questa lezione, in questo paragrafo
tratteremo quanto disposto dagli artt. 9 e 10 del c.p., ovvero i reati commessi all’estero punibili
condizionatamente dalla legge italiana, ferme restando determinate condizioni senza le quali non si
ha la punibilità del malfattore. Tali reati sono: i reati comuni commessi dal cittadino (art.9 del c.p.)
ed i reati comuni commessi dallo straniero. Analizziamoli separatamente al fine di comprende gli
elementi distintivi con i reati commessi all’estero punibili incondizionatamente dalla legge italiana.
5.1 Reati comuni commessi dal cittadino(art. 9 c.p.);
Secondo quanto previsto dall’art. 9 c.p., fuori dai casi previsti dall’art. 7 c.p. e dall’art. 8 c.p.
(delitto politico commesso all’estero), è punibile, secondo la legge italiana,
il cittadino che
commette un delitto in territorio estero per il quale la legge dello Stato italiano prevede la pena
dell’ergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni. Tale disposizione normativa è
subordinata al fatto che il colpevole si trovi nel territorio dello Stato. Per quanto attiene i reati per i
quali sia prevista una pena restrittiva della libertà personale, minore di quelle sopra indicate, oltre
alla condizione della presenza nel territorio dello Stato, occorre che vi sia una richiesta del Ministro
di Grazia e Giustizia3 (art. 127 e 129 c.p. Tale richiesta è sempre indispensabile nel caso in cui i
reati sono commessi a danno di uno Stato estero. Secondo l’ordinamento italiano la perseguibilità
del colpevole è subordinata alla mancata concessione, o alla mancata
accettazione della sua
estradizione da parte del Governo dello Stato in cui risulta commesso il reato), ovvero la querela
3
Qualora, a seguito di richiesta del Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell'art. 9 cod. pen., si sia proceduto contro
un soggetto per il delitto di cui all'art. 590 cod. pen. commesso in territorio estero e vi sia stata condanna del predetto
a pena pecuniaria, è da escludere che sia venuta meno la condizione di punibilità prevista dall'art. 9 cod. pen. citato,
rappresentata dall'irrogazione della pena detentiva; in quanto la pena restrittiva della libertà personale, dalla legge
considerata per rendere perseguibile il delitto comune commesso dal cittadino all'estero, è quella astrattamente
stabilita dal codice e non quella in concreto comminata. Pertanto, in caso di sanzioni alternative,la procedibilità
dell'azione non può essere compromessa dall'avvenuta inflizione della sola pena pecuniaria.
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(art.120 126 c.p.)4, oppure l’istanza (art.130 c.p.). Secondo la Corte di Cassazione (Sez. I, sent. n.
1837 del 23-05-1994) la condizione di procedibilità della richiesta del Ministro di Grazia e
Giustizia, ex art. 9 secondo comma del codice penale, non può ritenersi integrata nel caso in cui la
richiesta non sia stata sottoscritta personalmente dal Ministro bensì da un funzionario del suo
dicastero, senza neppure il rilascio di una specifica delega. Tale soluzione è imposta sia dal tenore
dell'art. 342 codice di procedura penale, il quale espressamente richiede che la sottoscrizione
dell'autorità competente. Ciò si ricava dal carattere di discrezionalità politica dell'atto, la cui
adozione non può, pertanto, che essere riservata all'organo politicamente responsabile indicato dalla
legge o, al più, delegata ad altro soggetto politico quale un sottosegretario di Stato.
L’art. 9 c.p. continua a disciplinare il fenomeno della punibilità per delitti comuni commessi
all’estero, diversi da quelli contemplati dall'art 7, rispetto ai quali però la punibilità medesima
risulta subordinata alla presenza di alcune condizioni e cioè:
1)
che si tratti di un delitto per il quale la legge italiana stabilisca l’ergastolo o la
reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, ovvero che sussistano gli altri presupposti previsti
all’art 9 , commi 2 e 3;
2)
che il cittadino si trovi nel territorio dello Stato.
La cassazione ha precisato che il terzo comma dell’art. 9 c.p. non ha riguardo ai delitti che lo
Stato estero sia comunque interessato a reprimere nell’esercizio del suo potere punitivo e nei quali
assume quindi la qualifica di soggetto passivo generico, ma si riferisce al contrario a quelli in cui lo
Stato straniero assume la posizione di soggetto passivo specifico.
5.2 Reati comuni commessi dallo straniero (art.10 c.p.)
L’art 10 disciplina l’ipotesi dello straniero che commette all’estero delitti comuni a danno
dello Stato o di un cittadino italiano ovvero a danno di uno stato estero o di uno straniero. Le
condizioni cui la punibilità è subordinata mutano in ragione del mutare del soggetto passivo. Infatti
tale previsione normativa testualmente prevede: “Lo straniero, che, fuori dei casi indicati negli
4
Corte di Casazione Sez. IV, sent. n. 1179 del 07-02-1995
Per la perseguibilità in Italia di un reato commesso all'estero in danno di un cittadino italiano, in ordine al quale vi
sia stata la richiesta di procedimento del Ministro della giustizia occorre anche la querela della persona offesa ove si
tratti di reato che se commesso in Italia sarebbe procedibile a querela.
Corte di cassazione Sez. I, sent. n. 4144 del 13-01-1993
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Lezione V
articoli 7 e 8, commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il
quale la legge italiana stabilisce la pena dell'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a
un anno, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato e vi sia
richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela della persona offesa”. Questo
articolo chiarisce come chiunque (ossia il cittadino di qualunque nazione) abbia compiuto un reato
all'estero a danno di un cittadino italiano, sia punibile dalla legge italiana, ciò qualora il soggetto si
rechi (prima della prescrizione del reato stesso) in Italia.
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6 Bibliografia
C. Fiore, Diritto Penale parte generale volume primo, Torino, UTET, 1999 ristampa, ISBN
88-02-04719-7
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