L`Unione Sarda_07.07.2014

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L`Unione Sarda_07.07.2014
lunedì 7 luglio 2014 L’UNIONE SARDA
www.unionesarda.it
13
Che Guevara
“
In una rivoluzione, se è vera,
si vince o si muore
”
ISOLA DELLE STORIE. FACCIA A FACCIA A GAVOI CON IL ROMANZIERE FRANCESE RIVELAZIONE 2013
L’INCONTRO A LODINE
Puértolas: «Questo libro
l’ho scritto con il telefonino»
Armata sonnambula
e rivoluzione francese
Due dei Wu Ming
rileggono la Storia
Roberto Cossu
IN SCATOLA
INVIATO
avoi. Il mago David Copperfield si è arrabbiato:
«Mi ha fatto chiude l’account undici volte». Che sarà
mai un programmino su Youtube che svela i trucchi degli illusionisti (e dei «ciarlatani»)? Romain Puértolas ci teneva a quella traccia online. Anzi, ci tiene,
perché il link c’è ancora. Dopotutto è proprio lì che è nata l’idea
del fachiro. Per esteso, “L’incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea”
(Einaudi). Non è uno spot stravagante, ma un caso letterario:
copie a a camionate e «ora sto
scrivendo la sceneggiatura del
film». A proposito: si è arrabbiata anche l’Ikea: hanno chiesto di
eliminare dal libro il logo della
fabbrica e pure il nome (ma qui
gli avvocati difensori sono stati
all’altezza). In Svezia il giallo e il
blu, i colori della copertina (e del
Paese), sono vietati. Potere del
libro, se esiste ancora.
Puértolas, molto francese e
molto spagnolo, è stato il protagonista dell’ultima giornata del
festival di Gavoi. Delle due l’una:
o ha davvero la limpida ingenuità dell’esordiente che ha scalato
la montagna in un paio di secondi o è pure lui un illusionista. E
non solo: poliziotto analista di
frontiera e prima ancora dj, insegnante di lingue, traduttore, assistente di volo. E chissà che altro. Tutto reale. Di madre lingua
francese, dice, preferisce parlare
in spagnolo. E, detto in spagnolo, per quale pazzesca alchimia
gli è spuntata in testa l’idea di un
eroe fachiro?
«Scrivo da quando avevo sei
anni. Ho raccolto un numero
enorme di prime pagine. Per
tanto tempo non andavo mai oltre. Sempre con personaggi atipici, un po’ sfasati. Anzi, fuori
come balconi. Poi c’è stato quel
programma. E l’idea».
Ma cos’era più pressante? La
voglia di scrivere una commedia
spassosa o il tema dell’immigra-
G
Romain
Puértolas
è figlio
di militari
di carriera, sia
il padre che
la madre,
ha fatto
il professore
di francese
e di spagnolo,
l’interprete,
poi ha vinto
il concorso
per ispettore
della polizia
di frontiera,
dove lavora
come analista
zione?
«Non avevo precise intenzioni. Io ho bisogno di vivere due vite: quella normale e quella della
scrittura. E quando scrivo non
ho strutture precedenti. È come
se qualcuno mi dettasse».
Un po’ come se il suo fachiro,
che diventa scrittore per caso.
«Sì, mentalismo. Mi prende
così. Questo libro l’ho scritto sul
telefonino, in piedi, nella metropolitana. Il fachiro che scrive un
romanzo sulla sua camicia è una
metafora della mia vita».
Ma l’immigrazione c’è nel libro. Come poliziotto di frontiera
ha visto cose che non avrebbe
voluto vedere?
«Tantissime storie. E la morte. Io non volevo raccontare
l’immigrazione. Ma poi nella trama è venuta fuori la mia professione. E le vicende, e i clandestini che non sanno nemmeno di
essere arrivati a Parigi. Li ho vi-
L’AUTORE
‘
Mi confesso. Io ho bisogno di vivere due vite: quella normale e
quella invece della
scrittura
sti».
C’è anche Sophie Marciò. È un
fan? C’entra qualcosa “Il tempo
delle mele”?
«Colpa di mia moglie spagnola. Guardava la tv e disse: c’è
Morsò. Pronunciato così. Non
potevo perdermelo. Mi piace
l’assurdo».
Beh, è francese. Ionesco.
«Sì, ma io resto attaccato alla
realtà. Sophie Marceau esiste,
come l’Ikea. È la mia follia che
mette tutto insieme. Ma non
amo la fantascienza. Il fachiro è
plausibile. Non racconto niente
C
che non sia fisicamente possibile».
Il fachiro imbroglione che diventa assolutamente buono è un
tantino astratto.
«Io parto dal principio che tutti noi nasciamo buoni. Poi diventiamo quello che siamo. Per gli
incontri, per l’educazione. C’è
chi si incattivisce, ma non è per
sempre. Così anche il fachiro comincia a diventare buono. Lo
sguardo di chi ti sta intorno è
importante».
E l’Ikea? Cosa rappresenta?
«Io sono per la democrazia.
L’Ikea ha rivoluzionato il mondo».
Anche il gusto.
«Il fenomeno si intrecca alla
cultura dello zapping. Dalle serie
tv a tutto: mangiare voracemente e rapidamente. Con la formula Ikea fai il mobile da te e credi
che sia unico. Invece sono tutti
uguali. C’è un fondo di genialità
in questo».
Però gli svedesi si sono arrabbiati.
«Sì, ma mi hanno anche intervistato».
’è una regola divina, antica ma sempre
attuale: «Si scrivono romanzi perché
altri possano trovarci se stessi». I propri percorsi. Lo ripete anche Wu Ming a proposito del suo ultimo romanzo, “L’armata
dei sonnambuli”. Cosa complessa, ponderosa, che molti già amano e altri guardano con
sospetto. Se ne parla a Lodine, piazza San
Giorgio, nell’ultima giornata del festival di
Gavoi versione allargata. Presenti il numero
4 e il numero 5 (Chiara Valerio, che dialoga
con loro, ha qualche dubbio). Ovvero Riccardo Pedrini e Federico Guglielmi.
La regola vale qui più che altrove e i due
numeri senza nome (il gioco continua anche se non ha più nulla di misterioso) lo fanno capire chiaramente. “L’Armata dei sonnambuli” irrompe nella rivoluzione francese ed esibisce molti interrogativi: cosa succede dopo il carnevale sanguinario? E quel
carnevale era soltanto (e noiosamente)
plumbeo? Le verità politiche annunciate
dall’esplosione del 1789 sono ancora valide? Tanto più che i rivoluzionari, e non solo Danton, Marat o Robespierre, erano - e sono - persone «che spesso non riescono nemmeno a rivoluzionare se stessi». Una cosa è
certa, dicono i Wu Ming: «La rivoluzione
francese è ancora in corso». L’immagine impiegata è quella di Frankenstein, prima di
Mary Shelley, un mostro moltiplicato. Lo
stesso mostro che per molti è la rivoluzione
francese tradita. Insomma, «volevamo vedere le varie rivoluzioni dentro una sola rivoluzione. Senza un’immagine immobile». Così nello scenario delle certezze travolte in
un attimo e per sempre, in quell’epoca di
sbandamenti, vagano i sonnambuli. È il momento della scienza, della psicologia. Fra le
teorie che fioriscono allora, quella del magnetismo animale. Gli essere umani collegati da un fluido. Il mesmerismo. La scienza diceva «Non esiste». Altri dicevano «ma
perché no, se funziona?». Animando le masse, controllandole. Semplice, fin troppo, vederci il contemporaneo, il plagio sociale stile anni ’80. Via tv e non solo. Suggestione appena toccata. L’incontro finisce presto e non
mantiene ciò che prometteva. (r.c.)
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DANIELA ZEDDA]
Un lungo titolo per un grande successo:
“L’incredibile viaggio del fachiro
che restò chiuso in un armadio Ikea”
Raccontarne una per descrivere
tutte le sollevazioni popolari.
Ma le verità politiche annunciate
dall’esplosione del 1789
sono ancora da ritenere valide?
SPAZIO RAGAZZI. Al festival barbaricino un Mondiale di calcio fatto di grandi narrazioni
Se Carlo Carzan gioca con le parole e con il pallone
L
e semifinali e la finale del
Mondiale di calcio si sono
disputate a Gavoi. Alla
scuola elementare. Piccola cosa, auna follia di fine festivala,
dice Carlo Carzan, il Blatter
della situazione, «uno pagato
per inventare giochi«. Come
questo, “Calcio” appunto, che
chiude la rassegna dedicata ai
ragazzi di questa edizione numero undici del festival barbaricino, che però non è piccola
cosa nei giorni di libri, incontri, letture, laboratori. Anzi.
Ci sta, questo spettacolo.
Anche perché il calcio è materia viva della letteratura. Basta pensare a Soriano, persino
scontato. Qui si resta ancora
nel Sudamerica, omaggio al
Brasile. Con la lettura (di
Giorgio Scaramazzino) di un pure per Gigi Riva, sì, Rombo
bellissimo racconto di Jorge di tuono, che ha giocato nel
Amado. Storia della palla Bu- Cagliari per 13 anni, ma di fatcareti, «nata per insaccarsi in to per sempre, come insegna
porta», «la più rotonda delle anche la cronaca di questi
palle», e la più democratica, giorni.
Del resto Carzan - nel proimparziale, perché non rispargramma per i
miava nessuno,
né squadroni né Gli eroi del campo: ragazzi curato
da Teresa Porsquadrette, fino
cella - è il titolaa quando si in- da O’ rey Pelè
del settore
namorò. E di
al nostro Gigi Riva re
calcio.
chi? Di un porQuando stava
tiere, il peggiore,
per nascere, un 27 aprile, la
noto pigliapere.
Tutta da scoprire la storiella, madre disse «Sta nascendo» e
perché c’è di mezzo pure Pelé, il padre «Aspetta un quarto
O rey. Spazio anche a un d’ora: sta finendo la finale delframmento di Fabio Stassi, e la Coppa dei campioni».
Nei laboratori ha proposto
alla triste vicenda della coppa
rubata. Che non era una cop- “Calcio con le dita”, qualcosa
pa qualsiasi, ma la Rimet. E di simile al biliardino, e “Mun-
dial gol”, un gioco da tavolo
che aiuta a conoscere le cose
del palone. In Sardegna Carzan (palermitano) è di casa.
Per il finale (con la finale) porta sul palco piccoli e grandi. E
i nomi di vecchie glorie: Platini, Socrates (lo ricordate?),
Careca, Cubillas, Schillaci. Un
omaggio, insomma. Al calcio e
ai suoi protagonisti. Nei giorni
giusti.
Come è giusto che l’ultima
parola sia lasciata, sempre nella lettura di Scaramuzzino, a
Riva. Che come giocatore si è
privato di molti trionfi e come
uomo si è guadagnato un’Isola.
Ultima notizia: qui la finale
l’ha vinta l’Olanda.
R.C.
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Carlo Carzan
[FOTO D.Z.]