relazione dr. MORLINI - Corte d`Appello di Brescia
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relazione dr. MORLINI - Corte d`Appello di Brescia
LE PROVE CIVILI: ASPETTI SOSTANZIALI di GIANLUIGI MORLINI Giudice del Tribunale di Reggio Emilia Brescia, 20 novembre 2013 L’EFFICACIA DELLE PROVE ED IL RAGIONAMENTO PROBATORIO 1) Prove legali. 2) Prove libere. 3) Presunzioni. 4) Argomenti di prova. 5) Non contestazione. 6) Fatti notori e massime di esperienza. 7) Testimonianze de relato. 1) PROVE LEGALI Esprimono un limite al principio del libero convincimento del Giudice Pur se la relazione tra libero convincimento e prova legale è codificata dall’art. 116 cpc secondo il rapporto tra regola ed eccezione, permangono rilevanti ipotesi di prova legale (es: confessione, giuramento, atto pubblico, scrittura privata, riproduzioni meccaniche, copie di atti). Le ipotesi sono talmente pregnanti che per alcuni il rapporto tra regola del libero convincimento ed eccezione della prova legale, è solo apparente (Taruffo). Resta però che la struttura dell’art. 116 cpc impone di ritenere le prove legali come ipotesi eccezionali e non suscettibili di applicazione analogica (Andrioli). Le prove legali sono residui di epoca passata, essendo la loro previsione storicamente fondata sulla sfiducia nei confronti del Giudice e della sua capacità di valutare prudentemente le prove. Ciò posto, offrono: vantaggio di una maggior certezza del diritto e di una semplificazione istruttoria; a scapito peraltro di una più approfondita ricerca della giustizia del caso concreto, ponendo limiti alla possibilità delle parti di provare fatti magari oggettivamente veri. Venendo all’efficacia delle prove legali, si distingue tra: Prove legali negative, che limitano la facoltà del Giudice di ammettere o riconoscere valore probatorio a determinate prove (cfr. artt. 2721-2726 cc sui limiti alla prova testimoniale). Prove legali positive, che impongono al Giudice di attribuire valore privilegiato a determinate fonti di prova (cfr. artt. 2700 e 2702 cc sul valore probatorio di atto pubblico e scrittura privata, nonché art. 2733 e 2738 cc sul valore probatorio di confessione e giuramento). Ciò comporta l’impossibilità di offrire la prova contraria alle risultanze della prova legale, a meno di una prova legale contraria, perché solo dinanzi a due o più prove legali dotate della medesima valenza probatoria, è possibile un apprezzamento del Giudice, che deve dare credito a quella ritenuta più convincente (cfr. Cass. Lav. n. 12401/1997, relativamente all’ipotesi di documenti facenti fede fino a querela di falso e di tenore contrastante). In particolare e con riferimento alla confessione: alle ammissioni contenute negli scritti difensivi sottoscritti dal procuratore ad litem può essere attribuito valore confessorio riferibile alla parte, solo quando quegli scritti rechino anche la sottoscrizione della parte stessa; mentre le ammissioni contenute negli atti difensivi sottoscritti unicamente dal procuratore, costituiscono solo elementi liberamente valutabili ed apprezzabili dal Giudice per la formazione del proprio convincimento (per tutte, Cass. n. 20701/2007), od integranti il principio di non contestazione; la dichiarazione confessoria contenuta nel cid, resa dal proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del confitente, poiché, ex art. 2733 comma 3 cc, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal Giudice (da ultimo, Cass. nn. 3567/2013 e 20352/2010). Quanto alle prove documentali: il giudice ha il poterepotere-dovere di esaminare i documenti versati in atti, solo nel caso in cui la parte che li ha prodotti o comunque la parte che intenda trarne vantaggio, ne faccia specifica istanza, esponendo nei propri scritti difensivi gli scopi della relativa esibizione con riguardo alle sue domande od eccezioni, derivandone altrimenti per la controparte l'impossibilità di controdedurre e per lo stesso giudice l’impossibilità di valutazione delle risultanze probatorie e dei documenti ai fini della decisione (giurisprudenza pacifica: per tutte e da ultimo, Cass. Sez. Un. n. 2435/2008 e Cass. n. 22342/2007). 2) PROVE LIBERE Sono espressione del principio del libero convincimento del Giudice Efficacia probatoria non sottoposta dal legislatore ad un’aprioristica valutazione, ma rimessa alla valutazione del Giudice secondo il suo prudente apprezzamento. Nel procedimento di valutazione della prova libera (che non è libera ricerca della prova: Satta), il prudente apprezzamento del Giudice consiste nel “corretto uso di massime logiche ed esperienza” (Andrioli), e, pur se non è possibile fissare regole formali per l’attività di valutazione (Patti), è comunque possibile elencare alcuni criteri che devono guidare tale apprezzamento. a) Innanzitutto, in base al principio di acquisizione, tutte le risultanze istruttorie, qualunque sia la parte ad iniziativa della quale sono state assunte, concorrono indistintamente alla formazione del libero convincimento del Giudice (ex pluribus e da ultimo, cfr. Cass. n. 21909/2013), senza che la loro provenienza possa condizionare tale decisione in un senso o nell’altro, e senza che possa escludersi l’utilizzabilità di una prova fornita da una parte per trarne argomenti favorevoli alla controparte. Ciò spiega perché, una volta ammessa una prova, per la rinuncia al suo espletamento, ex art. 245 cpc, occorre l’adesione di controparte, oltre che il consenso del Giudice; e perché è facoltà della parte chiedere al Giudice, ex art. 208 comma 1 cpc, l’assunzione della prova dedotta dall’avversario non comparso. b) Relativamente alla modalità di formazione del libero convincimento, al di fuori della prova legale non esiste nel nostro ordinamento una gerarchia delle prove, per la quale i risultati di alcune debbano prevalere nei confronti di altre, essendo il Giudice libero di scegliere gli elementi di prova dai quali trarre il proprio convincimento (ex pluribus e tra le ultime, Cass. n. 18644/2011). c) Ulteriore aspetto del libero convincimento si rinviene nel potere del Giudice di arrestare l’istruzione quando gli elementi raccolti sono ritenuti sufficienti (per tutte, Cass. n. 18719/2003). d) Una volta formatosi, il convincimento del Giudice va esplicitato in motivazione, dando conto del perché sono stati ritenuti più attendibili o comunque preferibili alcuni elementi probatori rispetto ad altri. Tuttavia, non è necessaria una comparazione analitica di tutte le prove raccolte, essendo sufficiente il riferimento alle prove poste alla base della decisione, senza necessità di specifica confutazione espressa di ogni argomentazione e rilievo contrari (fra le tante, Cass. n. 17097/2010), poiché “non si richiede al Giudice del merito dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire un’adeguata motivazione logica dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse” (Cass. Sez. Un. n. 7930/2008). e) Il principio generale sull’onere della prova codificato dall’art. 2697 cc e che deve guidare il Giudice nella valutazione delle risultanze istruttorie e nella decisione, soffre di alcune eccezioni. Si ha infatti inversione dell’onere della prova sia nelle ipotesi specificamente disciplinate dal legislatore agli artt. 2047 ss. cc; sia nelle ipotesi pattiziamente concordate, con il limite peraltro dell’art. 2698 cc, che sancisce la nullità nel caso di diritti indisponibili e nel caso si renda ad una parte eccessivamente difficile l’esercizio del diritto. Peraltro, la pattizia inversione dell’onere della prova non scaturisce dal mero comportamento processuale della parte la quale offra spontaneamente di provare fatti che non ha l’onere di provare; ma richiede invece un’inequivocabile manifestazione volta ad assumere un onere probatorio a sé non spettante, rinunciando ai benefici ed ai vantaggi che derivano dal principio che regola la distribuzione dell’onere probatorio ed accettando di subire le conseguenze dell’eventuale fallimento della prova dedotta od offerta (Cass. n. 8901/2013). 3) PRESUNZIONI In sede di valutazione delle prove, quando il Giudice si trova nelle condizioni di dovere apprezzare non i fatti direttamente rilevanti per la decisione della causa, bensì altri fatti, dai quali si possa risalire ai primi sulla base di tipici ragionamenti logici, si parla di presunzioni. Esse sono definite unitariamente dal codice come “le conseguenze che la legge o il Giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignoto”, regolate agli artt. 2727-2729 cc. Si suole distinguere tra presunzioni legali assolute, legali relative e semplici. Presunzioni legali assolute, o iure et de iure Sono prefissate dalla legge in schemi rigidi che non prevedono la prova contraria (artt. 596-599 cc in tema di successioni, 232 cc in tema di filiazione, 238 cc in tema di atto di nascita conforme al possesso di stato, 880-881 cc in tema di comunione del muro divisorio, 897-899 cc in tema di comunioni di fossi, siepi e alberi). E’ stato osservato che più che sul piano probatorio, operano sul piano sostanziale, nel senso di fissare un’equipollenza tra fatto produttivo di un dato effetto ed altro fatto dalla legge equiparato. Presunzioni legali relative, o iuris tantum Sono prefissate dalla legge in schemi parzialmente rigidi, in quanto: da un lato dispensano la parte dall’onere della prova; dall’altro ammettono la prova contraria (artt. 1141 cc in tema di mutamento della detenzione in possesso, 1147 cc in tema di possesso di buona fede, 1335 cc in tema di propostaaccettazione-revoca del contratto, 1588 cc in tema di perdita e deterioramento della cosa locata, 1611 cc in tema di incendio di cosa locata, 1709 cc in tema di onerosità del mandato, 1767 cc in tema di gratuità del deposito, 2600 cc in tema colpa nella di concorrenza sleale, 2706 cc in tema di assenza di colpa del mittente nella riproduzione del telegramma) pur se talvolta solo con limitazioni (cfr. la presunzione di paternità di cui all’art. 231 cc, che ammette la prova contraria solo nelle ipotesi di cui all’art. 235 cc). Si risolvono quindi in un diverso modo di operare dell’onere probatorio, tramite l’inversione della tradizionale regola di riparto. Presunzioni semplici o praesumptiones homins Sono ragionamenti logici che consentono di desumere l’esistenza di un fatto ignoto muovendo da un fatto noto, ragionamenti lasciati al libero apprezzamento del Giudice, ma che ai sensi dell’art. 2729 cc devono essere corredati dai caratteri di gravità, precisione e concordanza. Diversi sono i punti che la giurisprudenza di legittimità ha ormai chiarito. a) La presunzione non richiede che il fatto ignorato sia l’unica conseguenza possibile del fatto noto, essendo invece sufficiente un rapporto di probabilità logica tra i due fatti secondo un criterio di normalità alla stregua dell’id quod plerumque accidit (principio pacifico: ex pluribus e da ultimo, cfr. Cass. n. 8781/2013). b) Non è invece possibile risalire al fatto ignorato sulla scorta di una serie consecutiva di presunzioni, cioè ponendo il fatto accertato per effetto di presunzione a fondamento di un nuovo ragionamento presuntivo, ostando a ciò il divieto di praesumptio de praesumpto, che peraltro vieta la correlazione di una presunzione semplice con altra presunzione semplice, pur se non con altra presunzione legale (cfr. Cass. n. 27032/2007: attraverso presunzioni semplici i conti correnti intestati a terzi sono ricondotti al contribuente, e con presunzione legale relativa i movimenti del conto sono attribuiti a operazioni economiche del contribuente). c) Nonostante le critiche della dottrina, si è invece ritenuto possibile fondare la decisione su di un unico elemento presuntivo, purché non contrastato da altro ragionamento presuntivo di segno contrario (per tutte, Cass. n. 10847/2007). Consegue che il requisito della concordanza, che postula una pluralità di presunzioni, perde il carattere di necessarietà, finendo per essere elemento eventuale della valutazione presuntiva, destinato ad operare unicamente in presenza di più presunzioni (tra le ultime, Cass. nn. 17574/2009). Consegue altresì che la presunzione semplice e la presunzione legale iuris tantum, si distinguono unicamente in ordine al modo di insorgenza, perché mentre il fatto sul quale si fonda la prima deve essere provato in giudizio da chi intende trarne vantaggio, la seconda è stabilita dalla legge; una volta però che la presunzione semplice si sia formata, essa ha la medesima efficacia della presunzione legale iuris tantum, in quanto l’una e l’altra trasferiscono a colui, contro il quale esse depongono, l’onere della prova contraria (Cass. n. 13291/1999). d) Alla luce di quanto disposto dall’art. 2729 comma 2 cc, il potere del Giudice di ricorrere alle presunzioni semplici, trova gli stessi limiti legali posti all’ammissibilità delle prove testimoniali. e) In ragione del criterio di gerarchia delle prove, la prova presuntiva ha un’efficacia non minore delle altre prove, con la consueta eccezione della prova legale, e pertanto il convincimento del Giudice può fondarsi anche solo su una presunzione, e su una presunzione che sia in contrasto con le altre prove acquisite, se ritenuta tale da far ritenere inattendibili gli altri elementi di giudizio (ex aliis, cfr. Cass. 16993/2007). f) Infine, in applicazione dei princìpi generali sul libero convincimento del Giudice in materia di prove libere, è riservata al Giudice di merito la valutazione discrezionale della sussistenza sia dei presupposti per il ricorso alla presunzione, sia dei requisiti di precisione, gravità e concordanza. Unico sindacato riservato in proposito al Giudice di legittimità è allora quello sulla congruenza della relativa motivazione (Cass. n. 7471/2013). CASISTICA 1 Un cliente deduce la falsa rendicontazione del promotore finanziario, ciò che lo avrebbe indotto ad eseguire nuovi investimenti, poi rivelatisi rovinosi. La banca nega vi sia prova del fatto che la falsa rendicontazione sia ascrivibile al proprio promotore, non essendo nemmeno scritta su carta intestata. E’ pacifico che il promotore, in ordine al fatto addebitato, ha patteggiato una pena detentiva, è stato radiato dalla Consob ed è stato licenziato dalla banca. E’ altrettanto pacifico che il reale andamento dei titoli poteva essere verificato su quotidiani, televideo, internet e tramite servizi bancari. Trib. Piacenza, 28/4/2011 n. 346 (in Giurisprudenza Italiana, Italiana, 2012, 1867; in Il Caso, Caso, sito internet del 14/3/2011): L’avvenuta falsa rendicontazione al cliente da parte di un promotore finanziario, può essere presunta a seguito del patteggiamento della parte in ordine al conseguente reato contestato; dell’avvenuta radiazione da parte della Consob per il fatto contestato; del licenziamento della banca sempre per tale fatto; della circostanza che il medesimo comportamento era stato già tenuto verso altri soggetti; del fatto che alcuni elementi fattuali dedotti sono stati riscontrati dal CTU. Non vi è concorso di colpa del cliente ex art. 1227 c.c. nella causazione dell’evento, per non avere controllato il controvalore degli investimenti tramite la consultazione di quotidiani o servizi internet, posto che non esiste obbligo di effettuare tali consultazioni; e che l’individuazione da parte della banca di un promotore espressamente qualificato come “consulente globale” a disposizione del cliente, è appunto finalizzata ad evitare che lo stesso abbia necessità di canali diversi da quelli del rapporto diretto con il promotore, per ottenere informazioni circa i suoi investimenti. CASISTICA 2 In una causa relativa al pagamento del prezzo di un appalto, il committente eccepisce l’eccessività dei giorni di lavoro fatturati. Non è più possibile disporre CTU. L’appaltatore aveva ante causam inviato al committente analitica distinta dei giorni lavorati nei singoli cantieri, sollecitando senza esito il pagamento. Trib. Piacenza, 1/2/2011 n. 61 (in Giurisprudenza Italiana,, 2011, 2627, con nota favorevole di Taruffo Italiana Taruffo;; in Altalex,, sito internet; in Il Caso, Altalex Caso, sito internet del 14/3/2011): Eccepita la pretesa eccessività dei giorni di lavoro fatturati in un appalto, la mancata contestazione ante causam dell’analitica distinta dei giorni lavorati nei singoli cantieri e delle reiterate richieste di pagamento inviate dall’appaltatore al committente, consente di operare una presunzione semplice ex art. 2729 cc (non già una non contestazione ex art. 115 cpc, cpc, trattando di comportamento ante causam causam), ), circa l’infondatezza delle contestazioni operate per la prima volta in causa. 4) ARGOMENTI DI PROVA Di argomenti di prova il legislatore parla: in chiave generale nell’art. 116 comma 2 cpc, chiarendo che essi possono essere tratti dalle risposte rese dalle parti in sede di interrogatorio libero ex art. 117 cpc, dal rifiuto a consentire le ispezioni ordinate ex art. 118 comma 2 cpc, comunque dal contegno processuale delle parti; in chiave particolare in alcune norme processuali (cfr. artt. 185, 200, 232, 310, 420 cpc), che rimandano alla valutazione, ex art. 116 comma 2 cpc, di determinate situazioni. La categoria è quindi estremamente eterogenea, comprendendo sia specifici comportamenti normativamente previsti (quali le risposte all’interrogatorio libero ex art. 117 cpc, il rifiuto senza giustificato motivo ad acconsentire alle ispezioni ex art. 118 comma 2 cpc, l’ingiustificata mancata conoscenza dei fatti della causa da parte del procuratore al tentativo di conciliazione ex art. 185 cpc, le dichiarazioni rese dalle parti al CTU ex art. 200 cpc, la mancata ed ingiustificata risposta all’interpello ritualmente rivolto ex art. 232 cpc, le prove raccolte in un processo estinto ex art. 310 comma 3 cpc, l’ingiustificata mancata comparizione delle parti all’udienza ex art. 420 cpc prevista nel rito del lavoro); sia la clausola generale del contegno delle parti genericamente considerato ex art. 116 comma 2 cpc. Con specifico riferimento alla tematica dell’argomento di prova che discende dall’applicazione dell’articolo 232 cpc, una recente pronuncia di legittimità ha chiarito che la norma in questione è applicabile non solo al caso, indicato nella norma, di mancata comparizione o di rifiuto ingiustificato di rispondere; ma anche al caso di dichiarazioni che, per il tenore evasivo o non attendibile, risultino equiparabili alla mancata risposta (Cass. n. 3097/2010). Pur se è opinione diffusa quella per la quale gli argomenti di prova sarebbero collocati al gradino più basso di un’ipotetica scala dei valori probatori, autorevole dottrina ritiene che, a livello di struttura, l’argomento di prova non è facilmente distinguibile dalle presunzioni. Infatti, per la pacifica giurisprudenza, anche l’argomento di prova, così come visto per le presunzioni, può da solo essere sufficiente a fondare il convincimento del Giudice (tra le tante, cfr. Cass. nn. nn. 20819/2009 e 12145/2002). In particolare ed in coerenza con quanto sopra, anche il comportamento processuale, nel cui ambito rientra il sistema difensivo adottato dal procuratore, o extraprocessuale delle parti, può costituire, ai sensi dell’art. 116 cpc, non solo elemento di valutazione delle risultanze acquisite, ma anche unica e sufficiente fonte di prova idonea a sorreggere la decisione del Giudice di merito, che, con riguardo a tale valutazione, è censurabile nel giudizio di Cassazione solo sotto il profilo della logicità della motivazione (da ultimo, cfr. Cass. n. 2071/2013). Valore di presunzioni semplici o argomenti di prova è riconosciuto alle prove atipiche: scritti provenienti da terzi a contenuto testimoniale; verbali di prove espletati in altri giudizi; atti dell’istruttoria penale o amministrativa; chiarimenti resi al CTU, informazioni da lui assunte, risposte eccedenti il mandato e perizia resa in altro giudizio; perizie stragiudiziali; sentenze di altri processi civili; sentenze penali e di patteggiamento. 5) NON CONTESTAZIONE Vedi nuovo art. 115 cpc (ma già Cass. Sez. Un. nn. 761/2002 e 11353/2004). 6) FATTI NOTORI E MASSIME DI ESPERIENZA Ai sensi dell’art. 115 comma 2 cpc ed a temperamento del principio di disponibilità delle prove codificato nel comma precedente, il Giudice, sulla base del principio per il quale notoria non egent probationem probationem,, può “senza bisogno di prove porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza”. esperienza”. La nozione di fatto notorio va intesa in senso rigoroso, come fatto acquisito alla conoscenza della collettività con tale grado di certezza da apparire incontestabile, perché il ricorso al fatto notorio comporta “una deroga al principio dispositivo ed a quello del contraddittorio” (Cass. n. 11141/2009) al punto che sul fatto che ne forma oggetto non è ammessa alcuna prova contraria. Secondo la Cassazione, sono notorie “le nozioni di fatto che fanno parte del bagaglio di conoscenza di ogni uomo di media cultura in un certo luogo e in un certo momento storico, senza necessità di ricorso a particolari informazioni o giudizi tecnici”; tecnici”; ma il Giudice può anche riferirsi alla comune cultura di una specifica e particolarmente qualificata cerchia sociale. In altre parole, il concetto di notorietà può essere ristretto sia sotto il profilo spaziospazio-temporale ad un certo tempo e luogo, sia sotto il profilo sociale ad una limitata cerchia di persone. Non possono invece rientrare nel notorio le acquisizioni tecniche e gli elementi valutativi che richiedono il preventivo accertamento di particolari dati; conseguentemente, l’applicazione delle tabelle utilizzate per la liquidazione del danno biologico, non rientra nelle nozioni di fatto di comune esperienza, sicché il Giudice che intenda utilizzarle, per non incorrere nell’errore di omessa motivazione, deve dare conto dei criteri utilizzati per il caso concreto (da ultimo Cass. n. 8557/2012). Estesa e variegata è la casistica giurisprudenziale del notorio. La fattispecie più ricorrente e rilevante è quella della svalutazione monetaria e del fenomeno inflattivo individuato dall’ISTAT (per Cass. Sez. Un. n. 19499/2008, è notoria l’esistenza di un danno nelle obbligazioni pecuniarie ex art. 1224 comma 2 cc, pari alla differenza tra inflazione e rendimento netto dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi). Senza pretesa di completezza, tra gli altri esempi di fatti notori: la natura endemica di determinate malattie tropicali; i canoni locativi correnti in una determinata zona; il livello retributivo di un funzionario statale di una determinata qualifica; la durata della stagione turistica in una determinata zona; i valori di mercati delle auto usate; i tassi di interesse bancario correnti in un determinato periodo; il fatto che l’inattività forzata di un chirurgo sia pregiudizievole per la sua manualità e quindi la professionalità; la circostanza che nei rogiti notarili i valori venali dichiarati sono sensibilmente inferiori a quelli reali; la maggiore proficuità, nella vendita esecutiva, di un immobile liberato; un evento storicamente determinato ed oggettivamente peculiare (quale terremoto, alluvione, sciopero generale). E’ poi pacifico che il Giudice di merito possa fondare la decisione sul notorio senza obbligo di indicare gli elementi su cui la propria determinazione si basa, poiché l’affermazione circa la sussistenza del fatto notorio può essere censurata in sede di legittimità solo se è stata utilizzata una inesatta nozione di notorio, non anche per inesistenza o difetto di motivazione. La nozione di fatto notorio va distinta: dalla scienza privata del Giudice, la quale deve riguardare norme giuridiche e non fatti, così come ribadito anche dall’art. 97 disp disp.. att. cpc; cpc; dai cosiddetti ‘luoghi comuni’, nozioni di senso comune che non consistono in regole formatesi tramite un meccanismo di rilevazione induttiva e non dotati di sufficiente attendibilità; dal notorio giudiziale, cioè quel complesso di fatti che il Giudice viene a conoscere per motivi d’ufficio, rilevante unicamente nei casi previsti dalla legge, quali gli articoli 273 e 274 cpc in tema di riunione di procedimenti, dovendosi per il resto ricomprendere nella scienza privata del Giudice, per la quale vige il divieto generale di utilizzazione. E’ diffuso convincimento che anche le massime d’esperienza integrino la nozione di fatto notorio. In realtà, è stato in contrario avviso osservato che le massime d’esperienza si differenziano dai fatti notori, atteso che questi ultimi coincidono con accadimenti storicamente precisati, mentre le prime rappresentano regole generali di carattere logico utilizzate per valutare un fatto già accertato, operando il ragionamento presuntivo ex art. 2729 cc. In altre parole, i fatti notori si pongono sul piano delle circostanze, e sono veri e propri accadimenti senza prova; le massime d’esperienza sono invece giudizi ipotetici fondati su leggi scientifiche, naturalinaturali-statistiche o d’esperienza, e si pongono sul piano della valutazione, valutazione, essendo non oggetto del ragionamento probatorio ma strumento del medesimo. Tipici esempi di massime d’esperienza sono le leggi matematico--fisiche ed il calcolo della strada percorsa da una matematico determinata vettura in date circostanze spaziospazio-temporali. 7) TESTIMONIANZE DE RELATO E’ pacifico che la testimonianza de relato ha un’efficacia probatoria ben minore di quella diretta, pur se è necessario distinguere tre differenti tipologie: la testimonianza relativa a dichiarazioni fornite al teste da un terzo estraneo alla lite, la testimonianza relativa a dichiarazioni a sé favorevoli rese al teste da una parte, la testimonianza relativa a dichiarazioni a sé sfavorevoli rese al teste da una parte. 1. Nel caso di testimonianza relativa a dichiarazioni rese al teste da un terzo estraneo alla lite, si parla genericamente di deposizione de relato. Tale testimonianza, integrando una prova meramente indiziaria, può acquisire rilevanza attraverso il riscontro di altre circostanze oggettive e concordanti che ne suffraghino la credibilità, ed in tal modo influenzare il convincimento del Giudice (Cass. n. 7926/2004). All’evidenza, ben è possibile, rispetto alla deposizione de relato, indurre come teste di riferimento ex art. 257, comma 1, c.p.c. il terzo dal quale l’informazione è stata resa, onde ottenere sul punto una testimonianza piena. 2. Nel caso di testimonianza relativa a dichiarazioni a sé favorevoli rese al teste da una parte, si parla di deposizione de relato ex parte. Tale testimonianza, se considerata di per sé sola e senza il conforto di altri elementi, non ha valore probatorio, nemmeno indiziario, e la sua rilevanza processuale, in tal caso, “è sostanzialmente nulla” (Cass. n. 313/2011), potendo peraltro spiegare una qualche efficacia probatoria alla sola rigorosa condizione che circostanze oggettive o soggettive ad essa estrinseche ne confortino la credibilità o altre risultanze probatorie ne suffraghino il contenuto, specie quando la testimonianza attenga a comportamenti intimi e riservati delle parti, insuscettibili di percezione diretta dai testimoni o di indagine (cfr. Cass. n. 2815/2006). 3. Nel caso infine di testimonianza relativa a dichiarazioni a sé sfavorevoli rese al teste da una parte, si parla di deposizione de relato ex parte contra se, se, la quale può integrare una confessione stragiudiziale liberamente apprezzabile dal Giudice con valutazione ex art. 2735 c.c. GRAZIE DELL’ATTENZIONE!! GIANLUIGI MORLINI Giudice del Tribunale di Reggio Emilia