relazione dr. MORLINI - Corte d`Appello di Brescia

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relazione dr. MORLINI - Corte d`Appello di Brescia
LE PROVE CIVILI:
ASPETTI SOSTANZIALI
di GIANLUIGI
MORLINI
Giudice del Tribunale di Reggio Emilia
Brescia, 20 novembre 2013
L’EFFICACIA DELLE PROVE ED IL
RAGIONAMENTO PROBATORIO
1) Prove legali.
2) Prove libere.
3) Presunzioni.
4) Argomenti di prova.
5) Non contestazione.
6) Fatti notori e massime di
esperienza.
7) Testimonianze de relato.
1) PROVE LEGALI
Esprimono un limite al principio del libero convincimento
del Giudice
Pur se la relazione tra libero convincimento e prova legale
è codificata dall’art. 116 cpc secondo il rapporto tra regola
ed eccezione, permangono rilevanti ipotesi di prova legale
(es: confessione, giuramento, atto pubblico, scrittura
privata, riproduzioni meccaniche, copie di atti).
Le ipotesi sono talmente pregnanti che per alcuni il
rapporto tra regola del libero convincimento ed eccezione
della prova legale, è solo apparente (Taruffo).
Resta però che la struttura dell’art. 116 cpc impone di
ritenere le prove legali come ipotesi eccezionali e non
suscettibili di applicazione analogica (Andrioli).
Le prove legali sono residui di epoca passata,
essendo la loro previsione storicamente fondata
sulla sfiducia nei confronti del Giudice e della
sua capacità di valutare prudentemente le prove.
Ciò posto, offrono:
vantaggio di una maggior certezza del diritto e di
una semplificazione istruttoria;
a scapito peraltro di una più approfondita ricerca
della giustizia del caso concreto, ponendo limiti
alla possibilità delle parti di provare fatti magari
oggettivamente veri.
Venendo all’efficacia delle prove legali, si distingue tra:
Prove legali negative, che limitano la facoltà del Giudice di
ammettere o riconoscere valore probatorio a determinate prove
(cfr. artt. 2721-2726 cc sui limiti alla prova testimoniale).
Prove legali positive, che impongono al Giudice di attribuire
valore privilegiato a determinate fonti di prova (cfr. artt. 2700 e
2702 cc sul valore probatorio di atto pubblico e scrittura privata,
nonché art. 2733 e 2738 cc sul valore probatorio di confessione
e giuramento).
Ciò comporta l’impossibilità di offrire la prova contraria alle
risultanze della prova legale, a meno di una prova legale
contraria, perché solo dinanzi a due o più prove legali dotate
della medesima valenza probatoria, è possibile un
apprezzamento del Giudice, che deve dare credito a quella
ritenuta più convincente (cfr. Cass. Lav. n. 12401/1997,
relativamente all’ipotesi di documenti facenti fede fino a querela
di falso e di tenore contrastante).
In particolare e con riferimento alla confessione:
alle ammissioni contenute negli scritti difensivi sottoscritti dal
procuratore ad litem può essere attribuito valore confessorio
riferibile alla parte, solo quando quegli scritti rechino anche la
sottoscrizione della parte stessa; mentre le ammissioni
contenute negli atti difensivi sottoscritti unicamente dal
procuratore, costituiscono solo elementi liberamente
valutabili ed apprezzabili dal Giudice per la formazione del
proprio convincimento (per tutte, Cass. n. 20701/2007), od
integranti il principio di non contestazione;
la dichiarazione confessoria contenuta nel cid, resa dal
proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario,
non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del
confitente, poiché, ex art. 2733 comma 3 cc, in caso di
litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni
soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal
Giudice (da ultimo, Cass. nn. 3567/2013 e 20352/2010).
Quanto alle prove documentali:
il giudice ha il poterepotere-dovere di esaminare i
documenti versati in atti, solo nel caso in cui la
parte che li ha prodotti o comunque la parte che
intenda trarne vantaggio, ne faccia specifica
istanza, esponendo nei propri scritti difensivi gli
scopi della relativa esibizione con riguardo alle sue
domande od eccezioni, derivandone altrimenti per
la controparte l'impossibilità di controdedurre e per
lo stesso giudice l’impossibilità di valutazione delle
risultanze probatorie e dei documenti ai fini della
decisione (giurisprudenza pacifica: per tutte e da
ultimo, Cass. Sez. Un. n. 2435/2008 e Cass. n.
22342/2007).
2) PROVE LIBERE
Sono espressione del principio del libero convincimento
del Giudice
Efficacia probatoria non sottoposta dal legislatore ad
un’aprioristica valutazione, ma rimessa alla valutazione
del Giudice secondo il suo prudente apprezzamento.
Nel procedimento di valutazione della prova libera (che
non è libera ricerca della prova: Satta), il prudente
apprezzamento del Giudice consiste nel “corretto uso di
massime logiche ed esperienza” (Andrioli), e, pur se non
è possibile fissare regole formali per l’attività di
valutazione (Patti), è comunque possibile elencare
alcuni criteri che devono guidare tale apprezzamento.
a) Innanzitutto, in base al principio di acquisizione, tutte le
risultanze istruttorie, qualunque sia la parte ad iniziativa
della quale sono state assunte, concorrono
indistintamente alla formazione del libero convincimento
del Giudice (ex pluribus e da ultimo, cfr. Cass. n.
21909/2013), senza che la loro provenienza possa
condizionare tale decisione in un senso o nell’altro, e
senza che possa escludersi l’utilizzabilità di una prova
fornita da una parte per trarne argomenti favorevoli alla
controparte.
Ciò spiega perché, una volta ammessa una prova, per la
rinuncia al suo espletamento, ex art. 245 cpc, occorre
l’adesione di controparte, oltre che il consenso del
Giudice; e perché è facoltà della parte chiedere al
Giudice, ex art. 208 comma 1 cpc, l’assunzione della
prova dedotta dall’avversario non comparso.
b) Relativamente alla modalità di formazione del
libero convincimento, al di fuori della prova legale
non esiste nel nostro ordinamento una gerarchia
delle prove, per la quale i risultati di alcune
debbano prevalere nei confronti di altre, essendo il
Giudice libero di scegliere gli elementi di prova dai
quali trarre il proprio convincimento (ex pluribus e
tra le ultime, Cass. n. 18644/2011).
c) Ulteriore aspetto del libero convincimento si
rinviene nel potere del Giudice di arrestare
l’istruzione quando gli elementi raccolti sono
ritenuti sufficienti (per tutte, Cass. n. 18719/2003).
d) Una volta formatosi, il convincimento del Giudice va
esplicitato in motivazione, dando conto del perché sono
stati ritenuti più attendibili o comunque preferibili alcuni
elementi probatori rispetto ad altri.
Tuttavia, non è necessaria una comparazione analitica di
tutte le prove raccolte, essendo sufficiente il riferimento
alle prove poste alla base della decisione, senza necessità
di specifica confutazione espressa di ogni argomentazione
e rilievo contrari (fra le tante, Cass. n. 17097/2010),
poiché “non si richiede al Giudice del merito dar conto
dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o
comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di
fornire un’adeguata motivazione logica dell’adottata
decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e
sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse” (Cass.
Sez. Un. n. 7930/2008).
e) Il principio generale sull’onere della prova codificato dall’art.
2697 cc e che deve guidare il Giudice nella valutazione delle
risultanze istruttorie e nella decisione, soffre di alcune eccezioni.
Si ha infatti inversione dell’onere della prova sia nelle ipotesi
specificamente disciplinate dal legislatore agli artt. 2047 ss. cc; sia
nelle ipotesi pattiziamente concordate, con il limite peraltro
dell’art. 2698 cc, che sancisce la nullità nel caso di diritti
indisponibili e nel caso si renda ad una parte eccessivamente
difficile l’esercizio del diritto.
Peraltro, la pattizia inversione dell’onere della prova non
scaturisce dal mero comportamento processuale della parte la
quale offra spontaneamente di provare fatti che non ha l’onere di
provare; ma richiede invece un’inequivocabile manifestazione
volta ad assumere un onere probatorio a sé non spettante,
rinunciando ai benefici ed ai vantaggi che derivano dal principio
che regola la distribuzione dell’onere probatorio ed accettando di
subire le conseguenze dell’eventuale fallimento della prova
dedotta od offerta (Cass. n. 8901/2013).
3) PRESUNZIONI
In sede di valutazione delle prove, quando il Giudice
si trova nelle condizioni di dovere apprezzare non i
fatti direttamente rilevanti per la decisione della
causa, bensì altri fatti, dai quali si possa risalire ai
primi sulla base di tipici ragionamenti logici, si
parla di presunzioni.
Esse sono definite unitariamente dal codice come “le
conseguenze che la legge o il Giudice trae da un
fatto noto per risalire ad un fatto ignoto”, regolate
agli artt. 2727-2729 cc.
Si suole distinguere tra presunzioni legali assolute,
legali relative e semplici.
Presunzioni legali assolute, o iure et de iure
Sono prefissate dalla legge in schemi rigidi che non
prevedono la prova contraria (artt. 596-599 cc in
tema di successioni, 232 cc in tema di filiazione,
238 cc in tema di atto di nascita conforme al
possesso di stato, 880-881 cc in tema di
comunione del muro divisorio, 897-899 cc in tema
di comunioni di fossi, siepi e alberi).
E’ stato osservato che più che sul piano probatorio,
operano sul piano sostanziale, nel senso di fissare
un’equipollenza tra fatto produttivo di un dato
effetto ed altro fatto dalla legge equiparato.
Presunzioni legali relative, o iuris tantum
Sono prefissate dalla legge in schemi parzialmente rigidi, in quanto:
da un lato dispensano la parte dall’onere della prova;
dall’altro ammettono la prova contraria (artt. 1141 cc in tema di
mutamento della detenzione in possesso, 1147 cc in tema di
possesso di buona fede, 1335 cc in tema di propostaaccettazione-revoca del contratto, 1588 cc in tema di perdita e
deterioramento della cosa locata, 1611 cc in tema di incendio di
cosa locata, 1709 cc in tema di onerosità del mandato, 1767 cc in
tema di gratuità del deposito, 2600 cc in tema colpa nella di
concorrenza sleale, 2706 cc in tema di assenza di colpa del
mittente nella riproduzione del telegramma)
pur se talvolta solo con limitazioni (cfr. la presunzione di paternità
di cui all’art. 231 cc, che ammette la prova contraria solo nelle
ipotesi di cui all’art. 235 cc).
Si risolvono quindi in un diverso modo di operare dell’onere
probatorio, tramite l’inversione della tradizionale regola di riparto.
Presunzioni semplici o praesumptiones homins
Sono ragionamenti logici che consentono di
desumere l’esistenza di un fatto ignoto muovendo
da un fatto noto, ragionamenti lasciati al libero
apprezzamento del Giudice, ma che ai sensi
dell’art. 2729 cc devono essere corredati dai
caratteri di gravità, precisione e concordanza.
Diversi sono i punti che la giurisprudenza di
legittimità ha ormai chiarito.
a) La presunzione non richiede che il fatto ignorato
sia l’unica conseguenza possibile del fatto noto,
essendo invece sufficiente un rapporto di
probabilità logica tra i due fatti secondo un criterio
di normalità alla stregua dell’id quod plerumque
accidit (principio pacifico: ex pluribus e da ultimo,
cfr. Cass. n. 8781/2013).
b) Non è invece possibile risalire al fatto ignorato
sulla scorta di una serie consecutiva di
presunzioni, cioè ponendo il fatto accertato per
effetto di presunzione a fondamento di un nuovo
ragionamento presuntivo, ostando a ciò il divieto
di praesumptio de praesumpto, che peraltro vieta
la correlazione di una presunzione semplice con
altra presunzione semplice, pur se non con altra
presunzione legale (cfr. Cass. n. 27032/2007:
attraverso presunzioni semplici i conti correnti
intestati a terzi sono ricondotti al contribuente, e
con presunzione legale relativa i movimenti del
conto sono attribuiti a operazioni economiche del
contribuente).
c) Nonostante le critiche della dottrina, si è invece ritenuto
possibile fondare la decisione su di un unico elemento
presuntivo, purché non contrastato da altro ragionamento
presuntivo di segno contrario (per tutte, Cass. n. 10847/2007).
Consegue che il requisito della concordanza, che postula una
pluralità di presunzioni, perde il carattere di necessarietà,
finendo per essere elemento eventuale della valutazione
presuntiva, destinato ad operare unicamente in presenza di più
presunzioni (tra le ultime, Cass. nn. 17574/2009).
Consegue altresì che la presunzione semplice e la presunzione
legale iuris tantum, si distinguono unicamente in ordine al modo
di insorgenza, perché mentre il fatto sul quale si fonda la prima
deve essere provato in giudizio da chi intende trarne vantaggio,
la seconda è stabilita dalla legge; una volta però che la
presunzione semplice si sia formata, essa ha la medesima
efficacia della presunzione legale iuris tantum, in quanto l’una e
l’altra trasferiscono a colui, contro il quale esse depongono,
l’onere della prova contraria (Cass. n. 13291/1999).
d) Alla luce di quanto disposto dall’art. 2729 comma
2 cc, il potere del Giudice di ricorrere alle
presunzioni semplici, trova gli stessi limiti legali
posti all’ammissibilità delle prove testimoniali.
e) In ragione del criterio di gerarchia delle prove, la
prova presuntiva ha un’efficacia non minore delle
altre prove, con la consueta eccezione della
prova legale, e pertanto il convincimento del
Giudice può fondarsi anche solo su una
presunzione, e su una presunzione che sia in
contrasto con le altre prove acquisite, se ritenuta
tale da far ritenere inattendibili gli altri elementi di
giudizio (ex aliis, cfr. Cass. 16993/2007).
f) Infine, in applicazione dei princìpi generali sul
libero convincimento del Giudice in materia di
prove libere, è riservata al Giudice di merito la
valutazione discrezionale della sussistenza sia
dei presupposti per il ricorso alla presunzione, sia
dei requisiti di precisione, gravità e concordanza.
Unico sindacato riservato in proposito al Giudice
di legittimità è allora quello sulla congruenza della
relativa motivazione (Cass. n. 7471/2013).
CASISTICA 1
Un cliente deduce la falsa rendicontazione del
promotore finanziario, ciò che lo avrebbe indotto ad
eseguire nuovi investimenti, poi rivelatisi rovinosi.
La banca nega vi sia prova del fatto che la falsa
rendicontazione sia ascrivibile al proprio promotore,
non essendo nemmeno scritta su carta intestata.
E’ pacifico che il promotore, in ordine al fatto addebitato,
ha patteggiato una pena detentiva, è stato radiato
dalla Consob ed è stato licenziato dalla banca.
E’ altrettanto pacifico che il reale andamento dei titoli
poteva essere verificato su quotidiani, televideo,
internet e tramite servizi bancari.
Trib. Piacenza, 28/4/2011 n. 346 (in Giurisprudenza Italiana,
Italiana, 2012,
1867; in Il Caso,
Caso, sito internet del 14/3/2011):
L’avvenuta falsa rendicontazione al cliente da parte di un promotore
finanziario, può essere presunta a seguito del patteggiamento della
parte in ordine al conseguente reato contestato; dell’avvenuta
radiazione da parte della Consob per il fatto contestato; del
licenziamento della banca sempre per tale fatto; della circostanza
che il medesimo comportamento era stato già tenuto verso altri
soggetti; del fatto che alcuni elementi fattuali dedotti sono stati
riscontrati dal CTU.
Non vi è concorso di colpa del cliente ex art. 1227 c.c. nella causazione
dell’evento, per non avere controllato il controvalore degli
investimenti tramite la consultazione di quotidiani o servizi internet,
posto che non esiste obbligo di effettuare tali consultazioni; e che
l’individuazione da parte della banca di un promotore espressamente
qualificato come “consulente globale” a disposizione del cliente, è
appunto finalizzata ad evitare che lo stesso abbia necessità di canali
diversi da quelli del rapporto diretto con il promotore, per ottenere
informazioni circa i suoi investimenti.
CASISTICA 2
In una causa relativa al pagamento del prezzo di un
appalto, il committente eccepisce l’eccessività dei
giorni di lavoro fatturati.
Non è più possibile disporre CTU.
L’appaltatore aveva ante causam inviato al
committente analitica distinta dei giorni lavorati nei
singoli cantieri, sollecitando senza esito il
pagamento.
Trib. Piacenza, 1/2/2011 n. 61 (in Giurisprudenza
Italiana,, 2011, 2627, con nota favorevole di Taruffo
Italiana
Taruffo;; in
Altalex,, sito internet; in Il Caso,
Altalex
Caso, sito internet del
14/3/2011):
Eccepita la pretesa eccessività dei giorni di lavoro
fatturati in un appalto, la mancata contestazione ante
causam dell’analitica distinta dei giorni lavorati nei
singoli cantieri e delle reiterate richieste di pagamento
inviate dall’appaltatore al committente, consente di
operare una presunzione semplice ex art. 2729 cc
(non già una non contestazione ex art. 115 cpc,
cpc,
trattando di comportamento ante causam
causam),
), circa
l’infondatezza delle contestazioni operate per la prima
volta in causa.
4) ARGOMENTI DI PROVA
Di argomenti di prova il legislatore parla:
in chiave generale nell’art. 116 comma 2 cpc,
chiarendo che essi possono essere tratti dalle
risposte rese dalle parti in sede di interrogatorio
libero ex art. 117 cpc, dal rifiuto a consentire le
ispezioni ordinate ex art. 118 comma 2 cpc,
comunque dal contegno processuale delle parti;
in chiave particolare in alcune norme processuali
(cfr. artt. 185, 200, 232, 310, 420 cpc), che
rimandano alla valutazione, ex art. 116 comma 2
cpc, di determinate situazioni.
La categoria è quindi estremamente eterogenea,
comprendendo
sia specifici comportamenti normativamente previsti
(quali le risposte all’interrogatorio libero ex art. 117 cpc,
il rifiuto senza giustificato motivo ad acconsentire alle
ispezioni ex art. 118 comma 2 cpc, l’ingiustificata
mancata conoscenza dei fatti della causa da parte del
procuratore al tentativo di conciliazione ex art. 185 cpc,
le dichiarazioni rese dalle parti al CTU ex art. 200 cpc,
la mancata ed ingiustificata risposta all’interpello
ritualmente rivolto ex art. 232 cpc, le prove raccolte in
un processo estinto ex art. 310 comma 3 cpc,
l’ingiustificata mancata comparizione delle parti
all’udienza ex art. 420 cpc prevista nel rito del lavoro);
sia la clausola generale del contegno delle parti
genericamente considerato ex art. 116 comma 2 cpc.
Con specifico riferimento alla tematica
dell’argomento di prova che discende
dall’applicazione dell’articolo 232 cpc, una
recente pronuncia di legittimità ha chiarito che la
norma in questione è applicabile non solo al
caso, indicato nella norma, di mancata
comparizione o di rifiuto ingiustificato di
rispondere; ma anche al caso di dichiarazioni
che, per il tenore evasivo o non attendibile,
risultino equiparabili alla mancata risposta
(Cass. n. 3097/2010).
Pur se è opinione diffusa quella per la quale gli
argomenti di prova sarebbero collocati al gradino
più basso di un’ipotetica scala dei valori probatori,
autorevole dottrina ritiene che, a livello di struttura,
l’argomento di prova non è facilmente distinguibile
dalle presunzioni.
Infatti, per la pacifica giurisprudenza, anche
l’argomento di prova, così come visto per le
presunzioni, può da solo essere sufficiente a
fondare il convincimento del Giudice (tra le tante,
cfr. Cass. nn.
nn. 20819/2009 e 12145/2002).
In particolare ed in coerenza con quanto sopra,
anche il comportamento processuale, nel cui
ambito rientra il sistema difensivo adottato dal
procuratore, o extraprocessuale delle parti, può
costituire, ai sensi dell’art. 116 cpc, non solo
elemento di valutazione delle risultanze acquisite,
ma anche unica e sufficiente fonte di prova idonea
a sorreggere la decisione del Giudice di merito,
che, con riguardo a tale valutazione, è censurabile
nel giudizio di Cassazione solo sotto il profilo della
logicità della motivazione (da ultimo, cfr. Cass. n.
2071/2013).
Valore di presunzioni semplici o argomenti di prova è
riconosciuto alle prove atipiche:
scritti provenienti da terzi a contenuto testimoniale;
verbali di prove espletati in altri giudizi;
atti dell’istruttoria penale o amministrativa;
chiarimenti resi al CTU, informazioni da lui
assunte, risposte eccedenti il mandato e perizia
resa in altro giudizio;
perizie stragiudiziali;
sentenze di altri processi civili;
sentenze penali e di patteggiamento.
5) NON CONTESTAZIONE
Vedi nuovo art. 115 cpc (ma già Cass. Sez. Un.
nn. 761/2002 e 11353/2004).
6) FATTI NOTORI E MASSIME DI
ESPERIENZA
Ai sensi dell’art. 115 comma 2 cpc ed a temperamento del
principio di disponibilità delle prove codificato nel comma
precedente, il Giudice, sulla base del principio per il quale
notoria non egent probationem
probationem,, può “senza bisogno di
prove porre a fondamento della decisione le nozioni di
fatto che rientrano nella comune esperienza”.
esperienza”.
La nozione di fatto notorio va intesa in senso rigoroso,
come fatto acquisito alla conoscenza della collettività con
tale grado di certezza da apparire incontestabile, perché il
ricorso al fatto notorio comporta “una deroga al principio
dispositivo ed a quello del contraddittorio” (Cass. n.
11141/2009) al punto che sul fatto che ne forma oggetto
non è ammessa alcuna prova contraria.
Secondo la Cassazione, sono notorie “le nozioni di fatto che
fanno parte del bagaglio di conoscenza di ogni uomo di media
cultura in un certo luogo e in un certo momento storico, senza
necessità di ricorso a particolari informazioni o giudizi tecnici”;
tecnici”;
ma il Giudice può anche riferirsi alla comune cultura di una
specifica e particolarmente qualificata cerchia sociale.
In altre parole, il concetto di notorietà può essere ristretto sia
sotto il profilo spaziospazio-temporale ad un certo tempo e luogo, sia
sotto il profilo sociale ad una limitata cerchia di persone.
Non possono invece rientrare nel notorio le acquisizioni tecniche
e gli elementi valutativi che richiedono il preventivo
accertamento di particolari dati; conseguentemente,
l’applicazione delle tabelle utilizzate per la liquidazione del
danno biologico, non rientra nelle nozioni di fatto di comune
esperienza, sicché il Giudice che intenda utilizzarle, per non
incorrere nell’errore di omessa motivazione, deve dare conto
dei criteri utilizzati per il caso concreto (da ultimo Cass. n.
8557/2012).
Estesa e variegata è la casistica giurisprudenziale del notorio.
La fattispecie più ricorrente e rilevante è quella della svalutazione
monetaria e del fenomeno inflattivo individuato dall’ISTAT (per Cass.
Sez. Un. n. 19499/2008, è notoria l’esistenza di un danno nelle
obbligazioni pecuniarie ex art. 1224 comma 2 cc, pari alla differenza
tra inflazione e rendimento netto dei titoli di Stato di durata non
superiore a 12 mesi).
Senza pretesa di completezza, tra gli altri esempi di fatti notori: la
natura endemica di determinate malattie tropicali; i canoni locativi
correnti in una determinata zona; il livello retributivo di un funzionario
statale di una determinata qualifica; la durata della stagione turistica
in una determinata zona; i valori di mercati delle auto usate; i tassi di
interesse bancario correnti in un determinato periodo; il fatto che
l’inattività forzata di un chirurgo sia pregiudizievole per la sua
manualità e quindi la professionalità; la circostanza che nei rogiti
notarili i valori venali dichiarati sono sensibilmente inferiori a quelli
reali; la maggiore proficuità, nella vendita esecutiva, di un immobile
liberato; un evento storicamente determinato ed oggettivamente
peculiare (quale terremoto, alluvione, sciopero generale).
E’ poi pacifico che il Giudice di merito possa
fondare la decisione sul notorio senza obbligo di
indicare gli elementi su cui la propria
determinazione si basa, poiché l’affermazione
circa la sussistenza del fatto notorio può essere
censurata in sede di legittimità solo se è stata
utilizzata una inesatta nozione di notorio, non
anche per inesistenza o difetto di motivazione.
La nozione di fatto notorio va distinta:
dalla scienza privata del Giudice, la quale deve
riguardare norme giuridiche e non fatti, così come
ribadito anche dall’art. 97 disp
disp.. att. cpc;
cpc;
dai cosiddetti ‘luoghi comuni’, nozioni di senso
comune che non consistono in regole formatesi
tramite un meccanismo di rilevazione induttiva e non
dotati di sufficiente attendibilità;
dal notorio giudiziale, cioè quel complesso di fatti che
il Giudice viene a conoscere per motivi d’ufficio,
rilevante unicamente nei casi previsti dalla legge, quali
gli articoli 273 e 274 cpc in tema di riunione di
procedimenti, dovendosi per il resto ricomprendere
nella scienza privata del Giudice, per la quale vige il
divieto generale di utilizzazione.
E’ diffuso convincimento che anche le massime d’esperienza
integrino la nozione di fatto notorio.
In realtà, è stato in contrario avviso osservato che le
massime d’esperienza si differenziano dai fatti notori, atteso
che questi ultimi coincidono con accadimenti storicamente
precisati, mentre le prime rappresentano regole generali di
carattere logico utilizzate per valutare un fatto già accertato,
operando il ragionamento presuntivo ex art. 2729 cc.
In altre parole, i fatti notori si pongono sul piano delle
circostanze, e sono veri e propri accadimenti senza prova; le
massime d’esperienza sono invece giudizi ipotetici fondati su
leggi scientifiche, naturalinaturali-statistiche o d’esperienza, e si
pongono sul piano della valutazione,
valutazione, essendo non oggetto
del ragionamento probatorio ma strumento del medesimo.
Tipici esempi di massime d’esperienza sono le leggi
matematico--fisiche ed il calcolo della strada percorsa da una
matematico
determinata vettura in date circostanze spaziospazio-temporali.
7) TESTIMONIANZE DE RELATO
E’ pacifico che la testimonianza de relato ha
un’efficacia probatoria ben minore di quella diretta,
pur se è necessario distinguere tre differenti
tipologie: la testimonianza relativa a dichiarazioni
fornite al teste da un terzo estraneo alla lite, la
testimonianza relativa a dichiarazioni a sé
favorevoli rese al teste da una parte, la
testimonianza relativa a dichiarazioni a sé
sfavorevoli rese al teste da una parte.
1. Nel caso di testimonianza relativa a dichiarazioni
rese al teste da un terzo estraneo alla lite, si
parla genericamente di deposizione de relato.
Tale testimonianza, integrando una prova
meramente indiziaria, può acquisire rilevanza
attraverso il riscontro di altre circostanze
oggettive e concordanti che ne suffraghino la
credibilità, ed in tal modo influenzare il
convincimento del Giudice (Cass. n. 7926/2004).
All’evidenza, ben è possibile, rispetto alla
deposizione de relato, indurre come teste di
riferimento ex art. 257, comma 1, c.p.c. il terzo
dal quale l’informazione è stata resa, onde
ottenere sul punto una testimonianza piena.
2. Nel caso di testimonianza relativa a dichiarazioni a
sé favorevoli rese al teste da una parte, si parla di
deposizione de relato ex parte.
Tale testimonianza, se considerata di per sé sola e
senza il conforto di altri elementi, non ha valore
probatorio, nemmeno indiziario, e la sua rilevanza
processuale, in tal caso, “è sostanzialmente nulla”
(Cass. n. 313/2011), potendo peraltro spiegare una
qualche efficacia probatoria alla sola rigorosa
condizione che circostanze oggettive o soggettive ad
essa estrinseche ne confortino la credibilità o altre
risultanze probatorie ne suffraghino il contenuto,
specie quando la testimonianza attenga a
comportamenti intimi e riservati delle parti,
insuscettibili di percezione diretta dai testimoni o di
indagine (cfr. Cass. n. 2815/2006).
3. Nel caso infine di testimonianza relativa a
dichiarazioni a sé sfavorevoli rese al teste da una
parte, si parla di deposizione de relato ex parte
contra se,
se, la quale può integrare una confessione
stragiudiziale liberamente apprezzabile dal
Giudice con valutazione ex art. 2735 c.c.
GRAZIE
DELL’ATTENZIONE!!
GIANLUIGI MORLINI
Giudice del Tribunale di Reggio Emilia