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Sergio Bevilacqua Gynandromakia LIBRO PRIMO L’amore di Mairéad IBUC 2011 Cap10 continuazione Ma all’indomani, con sorpresa e conseguente immediato scoramento da parte sua, la diagnosi era ancora: “Scarsa irrorazione dei chakra alti, tendenza dell’energia al ripiegamento sui chakra bassi”. Il microprocessore non c’entrava. C’era un problema, e doveva essere… dentro di lui! Un brivido gelido gli percorse la schiena e notò, con un tuffo al cuore, i primi segni di confusione mentale. Capiva che doveva calmarsi e si buttò sul letto, ma non ebbe nemmeno la freddezza di effettuare idonei cicli di respiro, che l’avrebbero molto aiutato. Iniziò a sudare, la fronte grondava sul viso e sulla capigliatura appoggiata alle spalle. Terreo e a occhi sbarrati, si sollevò con la schiena, si appoggiò alla testata e cercò di ragionare. Non c’era tempo da perdere, doveva avviare subito la “Procedura d’autoanalisi”. Avrebbe così avuto la certezza del suo stato, sano o malato che fosse. Si concentrò e si prese la testa sudata tra le mani aperte. Aveva appena iniziato quando, come ogni giorno a quell’ora, l’ora dei massaggi, entrò nella sua stanza la bella schiava cinese. John giaceva sul letto con l’autoanalisi in corso, agitatissimo per i suoi sintomi, quando vide Chen14 muoversi verso di lui con calma e sicurezza: il passo era flessuoso, lo sguardo ridente e determinato. Appena gli fu vicino, la donna lasciò che il suo abito, uno scampolo di tessuto nero e lucido che la avvolgeva, cadesse al suolo: soltanto un minuscolo tanga copriva ora la più segreta intimità e i seni si stagliavano dal costato, rivolti all’insù come i fiori dell’ippocastano. John era impietrito e le mani dalla testa gli caddero lungo il busto. Che cosa stava succedendo? Come si permetteva quella schiava di spogliarsi davanti a lui, d’essere provocante nei suoi confronti? Non ebbe nemmeno il tempo di reagire, che avvertì in mezzo alle gambe un improvviso rigonfiamento: il pantalone si stava tendendo sul cavallo. Guardò allarmato in basso. Era un’erezione! Si era eccitato di fronte a quella femmina! Quel sintomo era gravissimo e, unito ai dati del controller psicotronico, non dava adito dubbi: la sua olimpica serenità d’immortale maschio androlandese era stata travolta. Era ammalato gravemente e i segni erano tutti quelli della peggiore malattia che potesse colpire un androlandese: amore… umano! Amore per la bella donna cinese di fronte a lui, per ogni suo movimento, la sua figura, la sua intelligenza, il suo silenzio, il suo profumo, il velluto della sua pelle, magari anche il suo sapore… Ma come gli era potuto succedere, senza che se ne accorgesse? Si prese il viso tra le mani, d’impulso, con gli occhi sgranati e lo stupore lasciò velocemente il passo all’ira. Il grande combattente si coprì gli occhi col braccio e allungò verso di lei la mano aperta in una sorta di “Vade retro!”. Chen, da parte sua, si muoveva con sicurezza e ciò dimostrava che lo conosceva molto bene, intimamente: aveva di certo intrattenuto con lui una lunga relazione e quell’erezione immediata ne era la prova. John era quasi fuori di sé: “Com’è possibile che non ricordi nulla…” pensò disperato, “…né i tempi, né i modi con cui vivo quest’orrore? Che la mia mente, che mi ha sempre assistito così bene, si sia davvero guastata?” Spostò lo sguardo su Chen. La responsabilità della donna era comunque evidente e si ritrovò a imprecare tra i denti: “Maledetta schiava…” Nascose dietro al braccio sopracciglia e palpebre contratte e gli occhi che brillavano d’odio. Chen14 era di sicuro colpevole di quando soffriva, ma se lui fosse stato presente su quanto stava avvenendo, non si sarebbe certo ammalato in quel modo... Anche quella distrazione era però un sintomo dell’innamoramento… Si girò sul letto, voltando le spalle alla cinese per meglio riflettere, mentre lei si avvicinava cautamente, con aria sorpresa e lievemente ottusa. Com’era riuscita in soli otto mesi a ridurlo così? I procedimenti di trasformazione praticati al Pireo sulle future schiave erano certi e definitivi e, se eseguiti bene, non permettevano alcuna pericolosità erotica. Forse c’era stato qualche problema tecnico, forse la schiava non era a posto… “Ecco!” pensò. “Un errore tecnico nella trasformazione!” Sospese quindi l’autoanalisi e cercò di ricordare dove avesse messo l’estrometro, lo strumento per controllare le trasformazioni ormonali delle schiave. Sentiva già addosso le mani carezzevoli di Chen14 e, scostatele brutalmente, si lanciò giù dal letto. Trovò il misuratore delle radiazioni ormonali estrogene poco distante, nel cassetto basso d’un comò Maggiolini. Con lo strumento in pugno si riavvicinò alla donna, che si mostrava molto felice di vederlo tornare. Senza alcun garbo, appoggiò o inserì l’estrometro nei punti giusti, mentre lei emetteva gridolini, ma non rilevò alcun valore sballato. Buttò l’estrometro sul letto con un “Dannazione!” mordendosi il polso. Prese poi per un braccio la cinese, che rideva mezza ebete, e la spinse su una poltrona. Le aprì le gambe, mentre lei si muoveva sensuale e sospirava, le strappò l’intimo per controllarla all’inguine, carpendole alcuni mugolii da cinema erotico. Nulla, era veramente perfetta, anche il ricondizionamento semiologico era riuscito benissimo. Si precipitò allora nella stanza accanto, urtando un mobile liberty da cui piombò giù, frantumandosi al suolo, un prezioso vaso in pasta di vetro Gallè, immediatamente seguito da un’imprecazione. Inciampò quasi nell’antico tappeto persiano e raggiunse il terminale della rete telematica androlandese. Spostò con foga tutte le cose che stavano sul piano della scrivania, tanto che alcune caddero a terra. Finalmente trovò il dispositivo a pulsanti, lo impugnò e iniziò una ricerca in rete. Entrò nel sito “Schiave”. Digitò il nome: “Chen14”. Il sistema rispose subito. Tralasciò i dati antropometrici (misure, apparenza esteriore e così via), precipitandosi a osservare i dati tecnici. Lesse: “Provenienza: Stretto di Bering. Trasformazione: Stabilimento del Pireo. Fase 1 di trasformazione: ok (l’aveva constatato lui stesso). Fase 2 di trasformazione: ok (anche questa…). Fase 3: il lavaggio del cervello era risultato completo e definitivo. Avvertenze: nessuna”. Tutto coincideva con un profilo innocuo. Non appariva alcun problema nella trasformazione. “Maledizione!” imprecò John. “Al Pireo non hanno compiuto errori, è eroticamente innocua. Allora non può essere lei l’unica causa di questa peste!” Sembrava tutto dovuto a una sua sorprendente debolezza maschile. Era incredulo. Si prese ancora il viso tra le mani, con un gesto quasi infantile di sorpresa e di rassicurazione, e si disse, a bassa voce, guardando nel vuoto: “Maschio debole io? L’eroe della rivoluzione maschile? Il granitico Tomorrow?” Si sentì perduto e lasciò cadere il corpo prostrato su una poltrona. Si era forse davvero innamorato? La donna era il nemico, cedere al suo fascino era pericolosissimo: si rischiava la distruzione civile, la fine della vita eterna, l’allontanamento dai confratelli androlandesi… Si vedeva già esiliato in Umania, dove quel sentimento primitivo di cui soffriva, l’amore umano, era di casa. E poco cambiava che approdasse dai neomusulmani grandafricani o dai neocristiani di Grandoceania. Uomini e donne d’Umania, spaventati dagli orrori vicini, non avevano combattuto la gynandromakia e si riproducevano insieme, come sempre, derisi dagli homo æternus androlandesi (che si clonavano in uteri artificiali e l’ununseptio faceva il resto) e dalle ben più longeve gynekiane (che costruivano con l’ingegneria genetica la zigote, precursore dell’embrione, “in provetta” come lo volevano, prima di tutto femminile, e se lo impiantavano in grembo). John espirò forte, mentre il plesso solare gli rimandava una sensazione di nausea: sarebbe finito, chissà, in nord Africa… Oppure a Sydney o, ancor peggio, in Polinesia. Sembrava tutto tragicamente chiaro! Ma non si dette per vinto. Pensò che, forse, vedendo la cinese, avrebbe capito meglio... Si alzò allora dalla poltrona per raggiungerla nella stanza accanto. Fu invece Chen14 ad apparire lì, per raccogliere i vetri rotti dell’antico vaso francese. L’eroe della rivoluzione non poté non guardarla, mentre si buttava a quattro zampe, completamente nuda, a raccogliere i pezzi del prezioso soprammobile: ed ecco l’erezione prodursi ancora e il desiderio di possederla invadergli il cervello. Con una stretta al cuore, si lasciò di nuovo cadere sulla poltrona, di fianco, cercando di non vederla. Chen intanto indugiava nelle operazioni di riordino, esibendo con malizia tutte le sue nudità. John sudava: la vedeva con la coda dell’occhio, avrebbe voluto saltarle addosso, sentiva un richiamo antico verso quel corpo bellissimo che sprigionava un’attrazione così potente su di lui. In extremis, recuperò un poco di sangue freddo, prese atto d’essere invaso dal desiderio e riuscì a trattenersi dal gettarsi su di lei. Sorpresa! Malgrado la dipendenza edonistica che la bella gli aveva procurato, lui dunque riusciva a trattenersi! Ebbe un’intuizione: questa volta aveva saputo resistere perché era cosciente! Quindi le altre volte, chissà quante!, in cui “il granitico Tomorrow” aveva miseramente capitolato, cosciente non doveva esserlo nemmeno un po’. Da grande combattente, ricordò una massima che aveva imparato sui libri di strategia militare: “Più conosci il tuo nemico, più probabilità hai di batterlo” sia Von Clausewitz che Sun Tsu erano d’accordo. Riprese allora l’autoanalisi che gli aveva dato la consapevolezza del problema e si mise a osservare come in un film quanto stava accadendo. Ciò che notò era inspiegabile: Chen si alzava da terra, si avvicinava e gli propinava un’occhiata insistente, carica di tutto il fuoco dell’inferno. E, prima che la libidine lo travolgesse, si vide abbandonato a un lieve colpo di sonno. Non avrebbe mai sospettato una diavoleria femminile, addirittura... l’ipnosi! Le palpebre si abbassavano, ma le sue geometrie no: l’erezione continuava a richiedere soddisfazione. Vide lei che gli s’inginocchiava davanti maliziosa, con quello sguardo lucido e il sorriso sulle labbra, per incontrare, accrescere e, infine, smorzare la sua eccitazione. “Che orrore!” pensò sconvolto. “Oggi come ogni giorno! Come ogni volta che è possibile… Sempre dopo quella maledetta perdita di coscienza che mi toglie la possibilità di ricordare, di reagire... Ipnotizzato da una donna e costretto ad azioni indegne!” Se non fosse stato per l’autoanalisi in corso, mai e poi mai avrebbe scoperto come aveva perduto l’olimpica quiete da immortale, come la Santa Sublimazione era stata raggirata da un’ennesima astuzia muliebre… La malattia che mostrava era talmente grave che la sua mente si barcamenò per quasi un mese dopo la scoperta, sviluppando tesi ragionevoli e supposizioni false. Per non affrontarla, la giustificazione che si dava era che voleva sventare da solo quella minaccia: in realtà, anche quell’alibi era un sintomo della malattia. Androlandia era, in fondo, un solo corpo e come tale doveva affrontare ogni problema e tra questi il suo. Che, oltretutto, pensò agghiacciato, era forse di tanti, tanti altri uomini androlandesi… Ma era davvero indebolito: aveva una gran paura d’affrontare la realtà e, soprattutto, il giudizio dei confratelli dell’ashram di Ponte Vecchio. Così, più passava il tempo, più era provato dal male e dal suo celarlo al mondo…