VO n_07-08_2015 n. 07-08 Luglio-Agosto

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VO n_07-08_2015 n. 07-08 Luglio-Agosto
VITAOSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
LUGLIO-AGOSTO 2015
POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA
ANNO LXX - N° 07-08
FRA APOLLINARIO DE LA CRUZ (1815-1841)
EROE NAZIONALE DELLA LIBERTÀ RELIGIOSA
EDITORIALE
S O M M A R I O
RUBRICHE
4
Ospitare Dio, Ospitare l’uomo
Cap. 1 - c) L’ospitalità nella Bibbia
5
La medicina narrativa
in terapia intensiva
6
Estate sì… ma da cristiani!
7
Il reflusso Vescicouretrale
8
Il dolore nel neonato
e le scale di valutazione
9
Il piede diabetico
10
L’Eugenismo della
“Razza Perfetta” a soppiantare
l’evoluzionismo di Darwin
Cap. LVI – Etica della ricerca sull’uomo;
il Codice di Norimberga,
e il topo oncogenetico di Harvard
11
Schegge Giandidiane N. 48b
Bicentenario dell’eroe nazionale
fra Apollinare de la Cruz
15
Un dono in punto di morte
16
La forma dell’acqua
DALLE NOSTRE CASE
17
Ospedale San Pietro - Roma
San Pietro e Paolo, chi erano?
18
Ospedale Sacro Cuore di Gesù
Benevento
Santa Teresa d’Avila: un esempio da seguire
Festa del Sacro Cuore di Gesù
21
Istituto san Giovanni di Dio
Genzano
Chiusura dell’anno sociale 2014-2015
22
Ospedale Buccheri La Ferla - Palermo
Progetti per il centro di accoglienza
notturno “beato padre Olallo”
23
Newsletter - Filippine
VITA OSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
ANNO LXX
Sped.abb.postale Gr. III-70%- Reg.Trib. Roma: n. 537/2000 del 13/12/2000
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Finito di stampare: luglio 2015
In copertina: Fra Apollinario de la Cruz, proclamato nelle Filippine Eroe Nazionale della Libertà
Religiosa (dipinto di Eladios S. Santos)
PREGARE
PER IL
NOSTRO
PIANETA
N
on appena in giugno
fu presentata alla
Stampa la nuova Enciclica Laudato si’, che Papa Francesco ha voluto dedicato alla cura che ognuno di noi deve avere nei confronti del Creato, fermandone la drammatica degradazione, fu subito avanzata la proposta di celebrare un’apposita Giornata
Mondiale di Preghiera ogni primo settembre.
La data del primo settembre, come giornata per la custodia del creato, nacque nel
1989 su iniziativa dell’allora patriarca di Costantinopoli Dimitrios e fu recepita nel 2006
dalla Conferenza Episcopale Italiana, che ha continuato da allora a celebrarla e ha già
diffuso il suo messaggio per quella di quest’anno, che sarà dunque per l’Italia la Decima Giornata e ci proporrà una grande sfida: smettere di rovinare il giardino che Dio ci
ha affidato, in modo che tutti così possano continuare a goderne.
Riflettendo sul notevole impatto che l’Enciclica ha avuto dappertutto, anche da parte di chi non è di fede cristiana o è addirittura ateo, c’è da sperare che presto quella del
primo settembre diventi una Giornata Mondiale, che aiuti a risvegliare le coscienze di
ogni angolo della terra, rendendole più sensibili a una tematica che troppo a lungo è rimasta negletta o completamente ignorata, con nefaste conseguenze non solo nel clima
mondiale, con stagioni che sembrano impazzite, ma soprattutto nel degrado ambientale, che non ha certo risparmiato l’Italia, dove ormai crescono a macchia d’olio le zone
che si scopre sono state criminalmente inquinate da gente senza scrupoli.
Occorre urgentemente formare la coscienza ecologica d’ogni essere umano e il primo prezioso passo è di dedicare momenti di preghiera che aprano il nostro cuore e la
nostra mente alla responsabilità di ognuno di noi nel custodire e salvaguardare il creato. Preso atto che il Papa, nelle ultime righe della sua Enciclica, ha voluto inserire un’apposita preghiera che ci educhi e ci entusiasmi a prenderci cura del creato, merita riprodurla qui, non semplicemente per poterla recitare il primo settembre, ma per farle posto nelle nostre orazioni quotidiane. Eccone il testo:
Dio Onnipotente, che sei presente in tutto l’universo e nella più piccola delle tue creature, Tu che circondi con la tua tenerezza tutto quanto esiste, riversa in noi la forza del
tuo amore affinché ci prendiamo cura della vita e della bellezza.
Inondaci di pace, perché viviamo come fratelli e sorelle senza nuocere a nessuno.
O Dio dei poveri, aiutaci a riscattare gli abbandonati e i dimenticati di questa terra
che tanto valgono ai tuoi occhi.
Risana la nostra vita, affinché proteggiamo il mondo e non lo deprediamo, affinché
seminiamo bellezza e non inquinamento e distruzione.
Tocca i cuori di quanti cercano solo vantaggi a spese dei poveri e della terra.
Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa, a contemplare con stupore, a riconoscere che siamo profondamente uniti con tutte le creature nel nostro cammino verso la tua
luce infinita.
Grazie perché sei con noi tutti i giorni.
Sostienici, per favore, nella nostra lotta per la giustizia, l’amore e la pace. Amen.
CHIESA E SALUTE
OSPITARE DIO, OSPITARE L’UOMO
Cap. 1 - c) L’ospitalità nella Bibbia
guita da una promessa da parte di Jahvé
che gli ordinò di lasciare la terra di Ur e
dirigersi nella terra che lui stesso gli
avrebbe indicato.
Fra Elia Tripaldi o.h.
I
n principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le
tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: ”Sia la luce!” E la luce fu. Dio vide
che la luce era cosa buona e Dio separò
la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce
giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E
fu sera e fu mattina: primo giorno” (Gn
1, 1-5).
Nel libro della Genesi notiamo subito
quanto “le prime pagine della Bibbia devono molto a quei poemi. Esse si pongono nella medesima tradizione di pensiero, benché il punto di partenza biblico sia
la confessione di fede nell’unico Dio dell’Esodo. Il confronto con il pensiero mesopotamico, ricco di profondi temi esistenziali, indusse i teologi e gli scribi di
Gerusalemme a prendere in considerazione, nella redazione del testo sacro, i
racconti della creazione e del diluvio.
Così, prima di parlare della promessa
rivolta da JHWH ad Abramo, Isacco e
Giacobbe e prima della narrazione dell’evento fondatore dell’uscita di Israele
dall’Egitto, la Bibbia inizia il suo racconto da ”in principio”27. Anche se il modo di raccontare rimane poetico e mitico,
tuttavia l’autore sacro descrive lo stupore e la meraviglia di Dio che “vide che era
cosa buona”.
Nell’Antico Testamento si trovano numerosi episodi nei quali è presente l’accoglienza ospitale e ripetuti appelli all’ospitalità dello straniero, come anche altrettanto numerose sono le narrazioni di
ospitalità mancata, tradita o negata. Non
sempre, però, si trovano figure virtuose e
forti nella prova, come Giuseppe venduto dai fratelli ai mercanti ismaeliti e comprato da Potifàr. Egli non tradirà mai l’ospitalità della casa ospitante di fronte ai
4
“Il Signore disse ad Abram:
“Vattene dalla tua terra,
dalla tua parentela
e dalla casa di tuo padre,
verso la terra che io ti indicherò.
Farò di te una grande nazione
e ti benedirò,
renderò grande il tuo nome
e possa tu essere una grande benedizione.
Benedirò coloro che ti benediranno
E coloro che ti malediranno maledirò,
e in te si diranno benedette
tutte le famiglie della terra.
reiterati inviti da parte della moglie del
padrone a giacere con lei in assenza del
marito (Gn 39, 1 e ss).
Abramo è la figura che domina la scena con la quale si apre la storia della salvezza, storia che descrive i rapporti tra
Dio e Israele. Questa figura è emblematica perché, oltre a essere archetipo della
fede autentica nelle promesse di Dio,
Abramo è anche colui che sperimentò la
situazione di nomade, di straniero, abitando nelle tende, nella terra promessa
come in una regione straniera.
Egli è anche il modello di ospitalità.
Nel libro della Genesi, dove è descritta la
chiamata di Abramo, sono presenti le forme più antiche relative alle promesse che
Dio cominciò a fare ai patriarchi, iniziando dal patriarca biblico, in vista di
una alleanza e verso un avvenire di salvezza per il popolo.
La chiamata di Abramo
Ur dei Caldei (la moderna Tell el-Muqayyar), era un’antica città sulle rive dell’Eufrate, nella Mesopotamia meridionale, dove viveva un pastore nomade di nome Abram, figlio di Terach 28, un “arameo
errante”, come ricorda la preghiera d’offerta o “il piccolo credo storico” nell’atto in cui l’israelita offriva al Signore le
primizie dei frutti della terra, dono dello
stesso Signore:
“Tu pronuncerai queste parole davanti
al Signore, tuo Dio: “Mio Padre era un
Arameo errante; scese in Egitto, vi stette
come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa”. (Dt 26, 5-6).
Abramo diventerà capostipite del popolo eletto in seguito alla chiamata se-
Allora Abram partì come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot.
Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran (Gen 12, 1-4).
Vero protagonista di questa storia è
JHWH perché prende l’iniziativa che
mette in moto l’intera vicenda di Abramo al quale promette:
– una numerosa discendenza:
“Renderò la tua discendenza come la
polvere della terra, potrà contare anche
i tuoi discendenti” (Gen 13, 16);
– la benedizione, tramite lui, di tutti i
popoli della terra:
“E in te si diranno benedette tutte le
famiglie della terra” (Gen 12, 3);
– un territorio per la sua discendenza:
“Io sono il Signore, che ti ho fatto
uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra” (Gen 15, 7).
_________________
BORGONOVO G. – GIRONI P., Il
mondo della Bibbia, Paoline 2006, p. 8
28
Abramo era nato in Carran (Gen 24), nel
nord della Mesopotamia.
27
continua
BIOETICA
LA MEDICINA NARRATIVA
IN TERAPIA INTENSIVA
Raffaele Sinno
Ogni giorno raccontiamo qualcosa di noi agli altri.
narriamo il nostro passato,
raccontiamo le nostre aspettative per il futuro1
L
a medicina narrativa, Narrative
Based Medicine, è un termine coniato da Rita Charon, e nasce come progetto di prendersi cura di una persona che necessita d’aiuto, e non solo del
malato, considerando che ogni storia
umana è sempre una «narrazione non
convenzionale»2.
Per raccontarsi è fondamentale che si
avvii una comunicazione reale e condivisa, che è di per sé una condizione esistenziale3. Nella nostra pratica clinica assistiamo spesso al silenzio umano, quando si devono informare le persone del loro stato di salute, delle scelte difficili da
condividere, dei rapporti non sempre
agevoli con le famiglie, e con la società.
Tutti gli operatori sono consapevoli
delle difficoltà relazionali e di fronte ai
drammi si adoperano le seguenti situazioni: un’informazione molto tecnica, ricorrere alla burocratizzazione dei questionari, e infine trasformarsi in quello che ha
ben indicato D. J. Rothman, una rete di
stranieri al letto del paziente. Per evitare
questo fallimento globale la medicina
narrativa, e la riflessione bioetica a essa
correlata, propone un impianto in cui -non
senza errori e difficoltà- il professionista
si riappropri di un suo livello relazionale,
collaborando attivamente con tutti i professionisti della comunicazione.
Si tratta di avviare un capovolgimento
rispetto all’attuale idea imperante della
relazione tecnica, e accettare una faticosa verifica delle relazioni. Tali situazioni
sono di fatto ampliate, per quello che riguarda la persona che necessita di terapia
intensiva. Questa situazione costringe a
dialogare con il limite della morte, in un
raffronto complesso e complicato tra
operatori, persone e familiari. In molte si-
tuazioni il soggetto non è in grado di comunicare verbalmente, tuttavia è noto
che questi individui hanno “soglie di comunicazione” che devono essere evidenziate e comprese. Non si tratta solo dello
stato di coscienza o del suo recupero,
piuttosto della possibilità di registrare e
motivare segnali di comunicazione. In
questo delicato terreno di confine bisogna evitare due pericoli che sono opposti
ed entrambi negativi.
Il primo è di rimanere imbrigliati in una
cultura della risposta vocazionale. Ciò significa che provocando uno stimolo di diversa natura, visivo, sonoro, somatico
sensitivo, si ottiene una risposta Elettroencefalografica deducendo, di fatto, il
grading di coscienza. Questo non significa comunicazione, ma solo che le attività in questione sono funzionanti. È la spinosa questione degli stati minimi di coscienza. L’altro pericolo, all’opposto, è
ritenere il soggetto una tabula rasa, su cui
poter far fluire ogni stimolo, dalla musicoterapia, alle registrazioni sonore di particolari momenti della vita del soggetto.
Si comprenda bene che queste situazioni
sono ottimali se inserite in un programma di comunicazione, invece di essere affidate all’iniziativa libera del familiare.
La questione comunicativa in terapia intensiva è davvero più complessa, e richiede
ulteriori sforzi per ottenere un recupero
funzionale pieno di dignità umana. A tal
proposito vorrei segnalare i risultati di uno
studio osservazionale, retrospettivo, a
partecipazione volontaria, del 2013 riguardo alla Medicina Narrativa, eseguito
nell’Ospedale san Giovanni Bosco di Torino. Si prevedeva l’utilizzo di diari da inserire in un contesto di terapia intensiva
aperta 24 ore su 24. Operativamente si
sono raccolte storie, dal 2009 al 2011, di
332 familiari o visitatori, e 258 pazienti.
Metodologicamente la valutazione è stata compiuta con un’analisi statistica multivariata, affiancata da test qualitativi. I risultati sono davvero sorprendenti, e dimostrano che la raccolta di lettere, in ragione delle mutate condizioni comunicative, ha generato un feedback positivo tra
familiari, operatori e soggetti in grado di
comunicare4.
Narrare le storie non significa fare letteratura, al contrario avviare una stagione di trasformazione culturale - antropologica. Nella terapia intensiva è fondamentale implementare la ricerca per una
comunicazione che non può essere demandata agli esperti, ma sia obiettivo centrale dell’azione di terapia e cura del
team. Successivi studi inoltre dimostrano
che l’utilizzo di una metodologia di narrazione riduce il burn-out degli operatori5. In definitiva, questa riflessione prospetta che l’introduzione di un modello di
medicina narrativa, in terapia intensiva,
possa migliorare il rapporto umano sia tra
gli operatori, sia con i familiari e i pazienti,
il che presupporne affrontare meglio i limiti dei successi e delle sconfitte umane.4
_________________
Cfr. www.hstory.it.medicinanarrativa
Rita Charon, Narrative medicine. A
model for empathy, reflection, profession, and trust, in “Journal of American
Association”, 2001, 286(15): 197-202
3
Cfr. Werner Karl Heisenberg, Fisica e
Filosofia 1961, tr. it., Il Saggiatore, Milano 1982:«Even for the physicist the
description in plain language will be a criterion of the degree of understanding that
has been reached». (Anche per il fisico la
descrizione in un linguaggio semplice sarà
un criterio del grado di comprensione che
è stato raggiunto).
4
Stefania Di Gangi, Giuseppe Naretto,
Nicola Cravero, Sergio Livigni, A narrative
based study on communication by family
members in intensive unit care, in Journal
Critical Care on line, January 10, 2013
5
Claudio Speroni, Progetto Open ICU,
Scuola Universitaria della Svizzera Italiana,
Dipartimento della Sanità, 2011, in
www.ospedaleaperto.com. upload. 2013-14
1
2
5
ANIMAZIONE GIOVANILE
ESTATE SÌ… MA DA CRISTIANI!
Fra Massimo Scribano o.h.
E
state, tempo di riposo che di norma ci porta a rallentare le nostre attività che ci hanno accompagnato
durante l’anno. Siamo ormai, purtroppo
abituati a ritmi frenetici e questo comporta una discrepanza tra l’anno lavorativo e
le vacanze estive: frenetismo nell’uno e
lassismo nell’altro. In quest’articolo ci
chiediamo qual’è il senso cristiano delle
vacanze. Da qui parte l’essenza del nostro
spirito: concepire il riposo come una totale assenza dagli impegni comporta una
maniera poco rilassante e fruttuosa. Sant’Agostino diceva: «Tu ci hai fatti per te
e il nostro cuore non trova pace se non in
te». Quindi non bisogna pensare una vacanza al di fuori degli impegni: a esempio
una famiglia non va in vacanza, poiché
continua a svolgere il suo ruolo anche durante il periodo estivo. Del resto anche
Gesù, non si è mai riposato durante la sua
vita terrena; il vero riposo per il Figlio di
Dio era la preghiera che ristorava il suo
spirito, attingendo la forza spirituale che
solo Dio può dare alle nostre
vacanze; prendiamo esempio
da Lui e da questo possiamo
dedurre che il vero riposo cristiano ha tre elementi:
1. Avere momenti di intimità
col Signore;
2. Offrire il servizio della carità al prossimo;
3. Vivere la speranza come
compimento della promessa di Dio.
Analizziamo brevemente questi tre elementi. Il primo ci invita ad avere una relazione con Dio
anche durante le vacanze; questo
porta ad aprirci al prossimo. Durante l’anno lavorativo, quante
volte non abbiamo avuto tempo
di dialogare con un amico, tra marito e moglie, con i propri figli,
con i propri genitori. Riappro-
6
priamoci di questo tempo, all’apertura verso l’altro. Il secondo punto ci sprona a offrire il nostro servizio alla carità verso il prossimo. Qui qualcuno potrebbe obiettare dicendo che si fatica durante l’anno e nel periodo festivo bisogna rilassarsi e pensare a
se stessi: nulla di più sbagliato. Chi sperimenta l’offerta del servizio può dire come
san Paolo: «C’è più gioia nel dare che nel
ricevere» (At 20,35). L’ultimo elemento riguarda il vivere la speranza come compimento della promessa di Dio.
Possiamo dire che la speranza è il
motore del riposo cristiano. Se siamo
stanchi e perché non speriamo nulla, abbiamo poca fiducia nel futuro: per la precarietà del lavoro, per le malattie improvvise, per la morte di un proprio
caro. Sono queste le preoccupazioni che
affliggono il nostro cuore, portando un
senso di affaticamento spirituale. Comprendendo di porre la nostra fiducia e la
nostra speranza in un Dio che vuole
realizzare le promesse attraverso la mia
storia personale è confortante e dona pace
al nostro cuore turbato. Per concludere
questo articolo elenchiamo un decalogo
per una vacanza cristiana che credo faccia da supporto al nostro discorso:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
Essere cristiani anche in vacanza
Riposare, ma non oziare
Stai allegro, divertiti, ma non peccare
Datti delle norme di vita
Fai la vacanza al tuo tenore di vita
Non lasciare che i tuoi figli vadano
dove vogliono e con chi vogliono
Fai letture utili ed edificanti
Visita i luoghi della fede
Ricordati degli altri
Non tralasciare i Sacramenti
Questo schema ci aiuterà a vivere da cristiani il nostro periodo estivo. Auguro a tutti voi una serena e tranquilla pausa estiva.
Per chi volesse contattare il centro formativo per eventuali colloqui e orientamento giovanile può contattarci allo
06.93738200, chiedendo di fra Massimo o
fra Lorenzo, o scrivere una mail all’indirizzo [email protected] e vi risponderemo al più presto. Noi ci rivedremo a settembre. Buona estate a tutti!
PAGINE DI MEDICINA
IL REFLUSSO
VESCICOURETERALE
Franco Luigi Spampinato
L
a giunzione vescicoureterale permette, in situazione fisiologica, il
regolare passaggio dell’urina dalle vie escretrici superiori, calici, pelvi,
uretere, alla vescica. Tale struttura anatomica, nella sua apparente semplicità macroscopica, è in realtà molto complessa
dal punto di vista microscopico e morfofunzionale. Le principali patologie che
possono interessare questo delicato dispositivo sono la Stenosi e il Reflusso Vescicoureterale. La Stenosi, caratterizzata
da un restringimento del lume, crea un
ostacolo alla progressione fisiologica dell’urina dall’uretere in vescica, con conseguente aumento di volume dell’uretere
(megauretere) e gravi alterazioni patologiche delle vie escretrici in toto a monte
della Stenosi e del rene stesso. Il Reflusso Vescicoureterale, materia della presente trattazione, è caratterizzato da una incompetenza morfofunzionale della giunzione vescicoureterale, la quale perde la
sua caratteristica di permettere un tran- sito fisiologico dell’urina dalle vie escretrici, sistema a bassa pressione, alla vescica,
dove in fase minzionale si sviluppano
pressioni molto più alte, e perde inoltre la
sua capacità di impedire il reflusso dell’urina dalla vescica all’interno dell’uretere durante l’atto minzionale stesso.
Una giunzione vescicoureterale normalmente funzionante protegge la via
escretrice e il rene dalle alte pressioni
minzionali vescicali e dalla contaminazione con urine vescicali eventualmente
infette. Quando tale sistema valvolare è
incompetente, oltre al sicuro danno progressivo di tipo idropressorio, aumenta
l’incidenza di infezione urinaria. In tali
condizioni, si sviluppano Pielonefriti di
varia gravità e con elevato rischio di Insufficienza Renale. Le principali cause di
Reflusso Vescicoureterale possono essere
distinte in congenite e in acquisite, definite anche rispettivamente primarie e secondarie. Un tipo primario si osserva nei
neonati, nei bambini e nei ragazzi ed è ca-
ratterizzato da una debolezza morfofunzionale dei sistemi sfinterici giunzionali,
generalmente per sviluppo e maturazione
deficitaria delle strutture anatomiche. Alcuni autori hanno anche ipotizzato una
causa genetica di tale patologia. Evidenti
malformazioni della regione, come la Duplicazione Ureterale, lo Sbocco Ureterale
Ectopico, cioè in sede diversa da quella fisiologica, l’Ureterocele, cioè una malformazione localizzata all’ostio ureterale,
sono anche altre cause importanti di Reflusso Vescicoureterale Congenito. Per le
loro caratteristiche, vengono generalmente diagnosticate in età neonatale e pediatrica. Nella malattia di tipo acquisito o secondario, generalmente è presente un aumento patologico della pressione endovescicale, soprattutto in fase minzionale, come è possibile osservare nelle Vesciche
Neurologiche e nelle Patologie da Ostruzione Vescicale Cervico Uretrale.
Esistono anche cause iatrogene che
possono provare tale alterazione, anche
stenosi. Tutti gli interventi che comportano una manipolazione della regione trigonale vescicale possono coinvolgere la
giunzione vescicoureterale. Tra questi, i
più significativi sono l’Elettroresezione
Endoscopica Transuretrale di Neoformazioni Endovescicali coinvolgenti l’ostio
ureterale e l’area a esso circostante.
La necessaria radicalità oncologica
richiesta altera ovviamente la morfofunzionalità della struttura. Anche gli interventi sulla prostata, sia per via endoscopica che per via chirurgica, coinvolgendo anch’essi obbligatoriamente tutta la
regione collotrigonale e periostiale, possono generare situazioni analoghe. Gli
interventi endoscopici per via ureteroscopica retrograda, soprattutto per calcolosi, possono essere anch’essi causa di
stenosi, o più frequentemente di reflusso, quest’ultimo generalmente transitorio. Dal punto di vista clinico-pratico, i
Reflussi Vescicoureterali acquisiti o
secondari sono sicuramente di più facile
diagnosi, perché compaiono in soggetti
con patologia primitiva per lo più già
diagnosticata e quindi trattata. Il problema diventa più difficile e impegnativo
nelle forme congenite o primarie, che si
osservano nei soggetti giovani. Un largo
apporto alla diagnosi tempestiva è stato
fornito dalla diagnostica ecografia fetale
durante la gravidanza, che quanto meno
consente di individuare i casi sospetti o
conclamati. L’epidemiologia del Reflusso Vescicoureterale ne evidenzia la sua
presenza in circa il 25% - 40% dei bambini con infezioni urinarie e in circa
l’8% degli adulti con stessa patologia.
Se la storia clinica di un bambino evidenzia episodi febbrili recidivanti con
pielonefriti e dolori addominali, deve
essere seriamente considerata la presenza di Reflusso Vescicoureterale.
La sintomatologia soggettiva classica,
purtroppo non sempre presente, è l’insorgenza di dolore che dalla sede vescicale si irradia alla sede renale durante la
minzione. La diagnostica per immagini
svolge un ruolo fondamentale. Oltre a
uno studio ecografico dettagliato, completato, se del caso, con TAC e/o RMN,
rimane sempre valida l’indicazione a
eseguire uno studio cistouretrografico
minzionale con mezzo di contrasto tradizionale o radioisotopi, il quale potrà
dimostrare il reflusso della sostanza
dalla vescica all’interno dell’uretere,
con eventuale opacizzazione della
restante via escretrice in relazione alla
gravità della patologia. In casi particolari dovranno essere eseguite indagini
endoscopiche invasive.
La terapia del Reflusso Vescicoureterale è medica e chirurgica; è molto complessa e dipende principalmente dall’età
del paziente e dalle gravità e tipologia
della malattia. La diagnostica tempestiva del Reflusso Vescicoureterale è di
fondamentale importanza, perché è
necessario tenere ben presente che la
maggioranza dei pazienti sono principalmente bambini e una corretta strategia
diagnostico-terapeutica può sicuramente
contenere i gravi danni renali progressivi che possono svilupparsi.
7
SANITÀ
IL DOLORE NEL NEONATO
E LE SCALE DI VALUTAZIONE
Mariangela Roccu
“Il dolore è sempre una esperienza soggettiva; ogni individuo ne apprende il
significato attraverso i vissuti correlati a una lesione durante i primi anni di vita”
(International Association for the Study of Pain “IASP”).
N
el 1985 Jeffrey Lawson, un neonato pretermine, fu sottoposto a
intervento chirurgico di chiusura
del dotto di Botallo mediante toracotomia.
Jeffrey morì alcuni giorni più tardi. Sua
madre, Jill Lawson, venne a sapere che Jeffrey era stato operato senza anestesia, soltanto con l’utilizzazione di miorilassanti.
Jill Lawson, denunciò i sanitari, sostenendo che al decesso di suo figlio avessero
contribuito le mancate anestesia e analgesia e il processo che ne derivò si espresse
a suo favore. Il caso di Jeffrey non era un
caso isolato: infatti, fino alla metà degli anni ’80, era routine sottoporre i neonati a interventi di chirurgia senza anestesia e questo perché si riteneva che il neonato non
sentisse dolore e che tanto più piccolo fosse, tanto meno erano sviluppati il sistema
nervoso centrale e la capacità di sentire dolore. Quasi tutti gli interventi di chirurgia
maggiore o minore venivano effettuati sui
neonati senza anestesia o analgesia e i principali farmaci utilizzati erano i miorilassanti. Ne derivava che la chirurgia neonatale era gravata da elevatissima mortalità e,
in casi di sopravvivenza, da gravissimi esiti. Anche l’analgesia postoperatoria era
inapplicata. Uno dei principali problemi
che avevano indotto e tuttora, talvolta, inducono alla sottovalutazione del dolore
neonatale è l’immaturità del sistema nervoso centrale e periferico.
Numerose ricerche di neuroanatomia,
neurofisiologia, neurochimica e neonatologia hanno dimostrato in maniera inequivocabile che “il neonato”, anche il più piccolo prematuro, sente dolore e tale dolore
va prevenuto. Il neonato, infatti, possiede
tutte le componenti anatomiche e funzionali necessarie; ha una diminuita soglia del
dolore, che aumenta con l’età gestazionale; ha più prolungati periodi di iperalgesia;
ha memoria delle esperienze dolorose.
8
Gli effetti gravi a breve termine provocati dal dolore possono riassumersi in: alterazioni dei parametri vitali e alterazioni
ormonali, rischio di emorragia intracranica, aumento del consumo e del fabbisogno di ossigeno e delle resistenze del circolo polmonare; sofferenza cerebrale fino
alla possibile morte di cellule cerebrali.
Gli effetti a lungo termine riconducibili al dolore riguardano: deficit neurologici e di sviluppo; difficoltà comportamentali, sociali ed emozionali; abbassamento
della soglia del dolore; disordini cognitivi e di apprendimento.
Il neonato ha memoria del dolore e possiede una soglia rispetto a esso che cresce
con l’età gestazionale.
È per questo che nelle attività della Terapia Intensiva Neonatale il dolore è rilevato come 5° parametro vitale in occasione di ogni intervento, procedura, situazione che lo provochi.
Nella pratica clinica, i metodi di valutazione del dolore, oltre ai comuni parametri fisiologici, sono le scale uni-o multidimensionali e sono di competenza e di
responsabilità infermieristiche e i dati
raccolti sono indispensabili per offrire al
piccolo paziente un intervento personalizzato in termini di decisioni clinico-terapeutiche, per confrontare le diverse
scelte assistenziali, ma anche e soprattutto per definire l’utilizzo della scala del dolore da adottare.
Le scale devono possedere le caratteristiche scientifiche di: validità, affidabilità, riproducibilità, sensibilità e specificità, praticità d’uso, semplicità mnemonica.
Le principali scale validate e utilizzate,
sono: Premature Infant Pain Profile
(PIPP) che valuta il dolore procedurale e
acuto nel neonato pretermine attraverso
un punteggio fondato su parametri fisiologici; Echelle Douleur Inconfort Nouveau-né (EDIN) che valuta il dolore cronico, assegnando un punteggio in base alla valutazione di movimenti corporei,
consolabilità, qualità del sonno, reazione
al contatto con l’operatore; Dolore Acuto
Neonatale (DAN) che valuta il dolore
acuto nel neonato a termine e considera i
parametri comportamentali; Neonatal
Pain Assessment and Sedation Scale (NPASS), per neonato in terapia intensiva
neonatale; Neonatal Infant Pain Scale
(IPS), per dolore procedurale.
Di facile compilazione, l’utilizzo sistematico di detti strumenti aumenta la sensibilità al problema e la capacità di osservazione dell’infermiere e del medico,
consentendo interventi mirati di tipo farmacologico e non.
Tra i punti di debolezza vi è la necessità della collaborazione di almeno due infermieri per l’osservazione di alcuni item.
La prevenzione e il trattamento del dolore nel neonato, come per qualsiasi altra
età della vita, sono gli indicatori del livello massimo di qualità assistenziale, perché
richiedono la completa conoscenza del
piccolo paziente, dei farmaci e degli approcci assistenziali, ma soprattutto, devono essere personalizzati e monitorati.
IL PIEDE DIABETICO
(neuropatia motoria) del piede facendo
contrarre o rilasciare in modo coordinato
tutta la complessa struttura del piede in
funzione della necessità del cammino e
della postura del corpo.
Acernese Carlo Alberto
L
Il diabete mellito rappresenta una
delle più frequenti malattie nel
mondo occidentale, complessivamente il diabete mellito interesserà, secondo dati epidemiologici, il 9% della popolazione occidentale sopra i 65 anni.
Il piede diabetico è una condizione
morbosa dei pazienti diabetici costituita da
“infezione, ulcerazione e/o distruzione
dei tessuti profondi associata ad anomalie
neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica degli arti inferiori“ (definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità OMS).
Il diabete porta gradualmente negli anni
a grosse alterazioni (Fig.1) a livello del piede che riguardano:
- alterazioni della sensibilità complessiva
del piede con graduale riduzione neuro
sensoriale (neuropatia diabetica),
- alterazione della circolazione arteriosa (arteriopatia cronica diabetica),
- alterazioni dei legamenti che regolano
lacomplessa architettura delle ossa e muscoli del piede.
A queste alterazioni, proprie del diabete, che alterano completamente la funzione svolta dal piede si aggiunge l’infezione che spesso è la prima causa rivelatrice
della malattia stessa ed è la causa determinante di un’amputazione.
Per la lunghezza dell’argomento affronteremo in questo articolo soltanto le alterazioni sensoriali del piede (neuropatia
diabetica).
La neuropatia diabetica determina un
danno importante alle terminazioni nervose sensitive dei piedi (neuropatia sensitiva) con ridotta sensibilità al caldo, freddo e al dolore.
La mancanza della
sensibilità a questi tre
fattori porta gradualmente al peggioramento dello stato della cute
del piede favorendo la
formazione delle ulcere
della cute.
L’alterazione della
sensibilità arriva a coinvolgere i nervi che
regolano il movimento
Fig. 1 Piede diabetico con ulcera plantare
Quindi, mentre la neuropatia sensitiva sostanzialmente impedisce al cervello di ricevere ed elaborare tutte le informazioni che
vengono dalla periferia (piede e gambe), la
neuropatia motoria, impedendo l’arrivo in periferia degli stimoli provenienti dal cervello, determina l’atrofia di gruppi muscolari
del piede con deformazione strutturale del
piede stesso.
A questa alterazione dei nervi sensitivi e
motori si associa gradualmente, nella progressione della malattia, alla alterazione delle fibre nervose autonome della cute del piede (neuropatia autonomica) che determina una graduale secchezza della cute del piede e gamba (anidrosi) che facilita la comparsa
di ulcerazioni della cute, aumento della temperatura cutanea ed edema dei piedi (Fig 2).
La neuropatia del diabete non ha ancora
una terapia specifica ma può essere prevenuta con un rigoroso controllo della malattia diabetica presso centri specializzati dove,
almeno una volta all’anno, sarà visitato il piede e sarà educato il paziente a osservare e curare la cute dei propri piedi.
Il paziente o un suo familiare sarà educato
a come esplorare quotidianamente la cute del
piede e delle aree interdigitali, a come lavare
e soprattutto asciugare la cute dei piedi, al
controllo della cute secca con creme adeguate, al taglio corretto delle unghie, alla ricerca visiva di vescicole o duroni e all’uso
di scarpe corrette per piede diabetico.
Fig. 2 Piede diabetico
9
IL CAMMINO DELLA MEDICINA
L’EUGENISMO DELLA
“RAZZA PERFETTA”
A SOPPIANTARE
L’EVOLUZIONISMO DI DARWIN
Cap. LVI – Etica della ricerca sull’uomo; il Codice di
Norimberga, e il topo oncogenetico di Harvard.
Fabio Liguori
C
apostipite la pecora Dolly, la clonazione (metodo di riproduzione comune a piante e animali inferiori) di
un mammifero è già stata portata a compimento (1997). Raramente si ammette, però,
che ha richiesto centinaia di tentativi con fallimenti, aborti e mostruosità, svelando infine il forzoso “aumento d’età” che la (giovane) cellula embrionale ricevente eredita
dalla cellula (adulta) donatrice del nucleo
(da cui il precoce invecchiamento e la soppressione della famosa pecora).
(Anni ‘30/’40) “La razza superiore” nazista
Se per la comprensione di meccanismi
biologici attualmente inspiegabili o poco
conosciuti, la ricerca genetica sull’uomo
appare moralmente necessaria per gli
evidenti benefici che può apportare all’umanità; questa stessa ricerca diverrebbe
necessariamente immorale quando pregiudicasse la dignità, l’individualità e la
libertà della persona. Sarà, infatti, presto
possibile modificare (o eliminare) caratteri genetici considerati negativi, e selezionare quelli ritenuti positivi. L’incessante sviluppo delle conoscenze sul
nostro genoma comporterebbe, così, il
rischio d’una selezione della specie
10
umana! L’eugenismo d’una razza “perfetta”, a soppiantare l’evoluzionismo darwiniano? Quali dunque le problematiche
della ricerca sull’uomo? Un primo aspetto è di carattere normativo, cioè la disciplina delle tecniche di manipolazione
genetica.
Già la questione delle sperimentazioni
su esseri umani si era posta in termini
drammatici nel processo di Norimberga
(1947) contro medici nazisti che avevano
utilizzato pazienti e reclusi non consenzienti (compresi donne e bambini) quali
inermi cavie. Sulla falsariga maltusiana
d’essere la sovrappopolazione responsabile di povertà e fame nel mondo (inglese Malthus, 1798), la “pietosa eliminazione” di handicappati e sofferenti per
malattie congenite celava l’insensato
disegno razziale (Himmler, 1935): l’empirismo della “razza superiore”.
tabile, e ciò che non lo è, non riguarda
tanto la materia vivente o non vivente,
ma quanto esiste in natura e quanto invece è inventato dall’uomo” (Corte Suprema Federale USA, 1986).
In seguito la risoluzione n. 1100 del
1989 del Parlamento Europeo ha affermato:
1) l’impiego delle tecniche di ingegneria genetica deve essere di reale giovamento a pazienti e famiglie; 2) è inaccettabile l’uso per ragioni “eugenetiche”; 3)
ogni individuo ha il diritto di conoscere
(o meno) i propri geni, tranne casi in cui
necessiti per un atto giudiziale (come per
la “prova del DNA”); 4) sono vietate
schedature genetiche individuali, sia in
enti pubblici che privati.
Infine, la Dichiarazione Universale sul
genoma umano (UNESCO, Convenzione
di Oviedo 1997) ha posto il divieto assoluto alla clonazione dell’uomo, persona
unica e irripetibile: clonazione eticamente e giuridicamente illecita anche quando
abbia un intento terapeutico, teso a
ricreare tessuti o organi per trapianti
futuri. È invece corretto esplorare altre
vie della clonazione animale che approfondiscano le conoscenze su quanto
accade alla struttura genica del vivente
nel corso della vita.
Ogni conquista tecnologica non può
Al Codice di Norimberga, primo docu- che far progredire le conoscenze biologimento di etica della ricerca, ha fatto che. Inoltre, con soggetti geneticamente
seguito la “Tutela dei diritti e del benes- identici si annullerebbe la diversa risposere dei soggetti coinvolti nella speri- sta legata alla variabilità individuale,
mentazione umana” (Consiglio Interna- divenendo le sperimentazioni animali più
zionale delle Scienze Mediche, 1993). sicure per l’uomo.
Frattanto, l’Università di Harvard otteneva il brevetto sul
famoso “topo oncogenetico” (modificato con l’inserimento di un gene
tumorale, perciò più
adatto a ricerche in
campo oncologico),
basato sul principio
che: “la frontiera
tra ciò che è brevet(1871) L’Evoluzionismo di Darwin
Schegge Giandidiane N. 48b
Bicentenario dell’eroe nazionale
fra Apollinare de la Cruz
N
Pandac: Monumento a fra Apollinare
dai Registri della Parrocchia di Lucban risultava aver ricevuto il Battesimo il 23 luglio 1815, avendo due
giorni di vita, il che vuol dire che era
nato il 22. Poiché i Registri furono
distrutti nel bombardamento del 4
aprile 1945 e oggi non c’è più modo
di accertare se erano stati letti bene,
c’è chi in tempi recenti ha sentenziato che la data certa di nascita
potesse ricavarsi solo da eventuali
Se accogliessimo l’obiezione, dovremmo considerare
inaffidabile qualsiasi libro o
documento di cui non c’è più
il manoscritto originale, mentre l’ovvio atteggiamento
degli studiosi è invece di verificare se le attuali copie o citazioni concordino tra di loro e,
qualora ci siano delle divergenze,
valutare quale sia la più affidabile.
Nelle prime biografie di Apollinare
c’erano in effetti delle discordanze
sulla data di nascita, ma furono fugate dal prof. Gregorio F. Zaide (19071988), il più insigne studioso filippino di Storia, autore di ben 67 testi
storici adottati nelle Università e
Scuole Superiori, tra cui uno del
Le iscrizioni dei monumenti in Tayabas e in Manila indicano come anno di nascita il 1814
F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 48b - Bicentenario dell’eroe nazionale fra Apollinare de la Cruz
Almeno dal 1970 si diceva nelle
sue biografie più dettagliate che egli
altre fonti che non solo fossero
coeve di fra Apollinare, ma ne
fosse disponibile l’originale, e
che tali due requisiti li vantava solo il Verbale dell’interrogatorio che Apollinare subì da
incarcerato il 3 novembre
1841 in Tayabas, alla vigilia
d’esser fucilato, e che egli sottoscrisse di suo pugno.
272
ell’Inserto dell’ottobre
dello scorso anno
accennammo di avere
ospitato a Manila nell’Aula
Magna un Convegno di Studio, voluto da un’Associazione Culturale del nostro Quartiere di Quiapo, in vista del
Bicentenario della nascita del
nostro confratello filippino fra
Apollinare de la Cruz, che qui
è annoverato tra gli eroi
nazionali, ma la cui celebrazione ufficiale ricorre invece
quest’anno, come è stato infine deliberato dalla Commissione Storica Nazionale, dopo
aver convocato per un parere
lo scorso 20 maggio dodici Enti
pubblici e privati, tra cui anche
noi Fatebenefratelli, per dirimere il
dubbio se l’eroe nacque nel 1815,
come indicato nei monumenti più
antichi, come quello erettogli nella
frazione natia di Pandac (Lucban), o
nel 1814, come si legge in quelli più
recenti in Tayabas e Manila.
273
F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 48b - Bicentenario dell’eroe nazionale fra Apollinare de la Cruz
1970, intitolato Great Filipinos in
History e nel quale v’è un profilo biografico di Apollinare, nel quale indica come sua data di nascita il 22
luglio 1815 e in calce la giustifica
con questa nota: “Un buona parte dei
profili biografici di Apollinare de la
Cruz sostengono che nacque il 31 luglio
1815. Si tratta di un evidente errore
perché il suo certificato di battesimo, che
è disponibile, irrefutabilmente mostra
che fu battezzato il 23 luglio 1815,
quando aveva due giorni di vita”.
Uno studioso serio che legga
una tale affermazione, non si porrà il
problema se i Registri esistono ancora, ma solo se il prof. Zaide sia stato
un ricercatore affidabile. Una prova
che lo fosse è che scorrendo la più
documentata e ancora oggi insuperata biografia di Apollinare, che fu
pubblicata dalla ricercatrice giapponese Setsuho Ikehata nel 1985 nella
sua lingua e nel 1990 in inglese, scopriremo che ella addita il prof. Zaide
come unica affidabile fonte riguardo
alla data di nascita, ben sapendo
della sua grande dimestichezza con
gli antichi manoscritti spagnoli.
Solo chi non sa nulla del prof. Zaide
e della sua totale padronanza della
lingua spagnola e delle ricerche
innumerevoli che egli effettuò negli
archivi di mezzo mondo, può osare
di mettere in dubbio la sua drastica
asserzione sulla data di nascita di
Apollinare e formulare l’ingenuo
assioma che meritano fede solo i
documenti originali e che perciò,
essendo andati perduti i Registri Parrocchiali, d’ora in poi il solo documento da utilizzare sia il citato Verbale del 1841, essendo l’unico di cui
è conservato l’originale.
Merita comunque esaminare
tale documento e riproduco qui il
brano dove appare menzionata l’età
di Apollinare. All’inizio del Verbale
viene precisato che egli aveva
padronanza dello spagnolo, per cui
depose in tale lingua, il che almeno
menzionò giorno, mese e anno della
nascita, ma solo che aveva ventisette anni, il che lascia indeterminato
se li aveva compiuti o solo iniziati.
Se in quel novembre del 1841 erano
già compiuti, vuol dire che era nato
nel 1814, ma se erano solamente iniziati, vuol dire che era nato nel
1815.
Monumento erettogli in Tayabas
ci rassicura che il Verbale non fu
redatto in una traduzione approssimativa dal tagalog, ma riportò le
esatte frasi pronunziate, prima delle
quali egli alzò la mano destra, si fece
il segno della Croce e giurò di dire la
verità. La prima domanda fu di fornire nome, età, stato civile, Patria,
Religione e impiego. Ecco il testo
integrale della sua risposta, in modo
da poterne analizzare l’autentico
significato:
Qualcuno può obiettare che in
italiano, qualora non si aggiunga
uno dei due aggettivi, significa che
s’intende compiuti. Però questo non
è vero nelle Filippine, dove per le
persone di origine cinese, se non
viene specificato l’aggettivo, s’intende che sono iniziati. Una conseguenza di questo modo di vedere è
che mentre noi italiani il Centenario di un evento del 1915 lo facciamo partire nel 2015, loro lo fanno
partire nel 2014 e tale modo di fare
è diffuso non solo in Cina, ma anche
in altre nazioni asiatiche che hanno
subito l’influsso cinese, comprese
pure le Filippine, dove però oggi
viene fatto in maniera più sporadica,
poiché nel frattempo il dominio
coloniale statunitense ha inculcato
la visione opposta. Al tempo però di
Apollinare, i cinesi erano nelle
Filippine uno dei settori più influenti della popolazione e non meravi-
“Disse di chiamarsi Apollinare, de
la Cruz, d’età di ventisette anni, celibe,
nativo del Comune di Lucban, di questa Provincia di Tayabas, di religione
Cattolica Apostolica Romana, attualmente senza alcuno impiego, essendo
stato Oblato dell’Ospedale di San Giovanni di Dio in Manila”.
La risposta fu esauriente per ogni
punto della domanda, anzi fu
sovrabbondante sull’impiego, in
quanto oltre a segnalare che era al
momento disoccupato, precisò che
in precedenza era stato Oblato da
noi a Manila, però sul punto della
sua età rimase imprecisa, poiché non
Manila: accanto al monumento c’è
chi più preme per Beatificare l’eroe
Queste mie considerazioni
le esposi nella citata riunione
dello scorso 20 maggio e furono
ben accolte, per cui la Commissione Storica Nazionale decise
che le celebrazioni del Bicentenario della nascita di fra Apollinare partissero dal luglio di quest’anno. A causa del notevole
ritardo nel prendere tale decisione, restano ancora da definire
nei dettagli la gran parte delle
molteplici iniziative che si susseguiranno fino al luglio 2016, ma
merita accennare che è già ultimato un film sulla vita di fra
Apollinare e addirittura ce n’è
un altro in programma.
Già nel 2001, a motivo del 160°
Anniversario della fucilazione, fu
allestita e diffusa nelle Scuole una
videocassetta di 24 minuti che illustrava la vita di questo martire della
libertà. Tale documentario, curato in
tagalog dalla “Arkipelago Productions” con il Patrocinio della Commissione Nazionale per la Cultura e
l’Arte, aveva per titolo “Dalit ni Hermano Pule. Relihiyon at Rebolusyon:
1816-1841”, ossia “Il lamento di fra
Apollinare. Religione e Rivoluzio-
Quest’anno per fra Apollinare
hanno fatto le cose più in grande
Locandina del film su fra Apollinare
che nel 2001, ossia non semplici
documentari, ma dei film, però
parimenti in tagalog: il primo, di
cui riproduco qui la locandina, è
stato girato in collaborazione con
l’Associazione di Studi Storici di
Lucban e dicono che andrebbe in
distribuzione in agosto. Ha come
titolo “Hermano Puli. Kasaysayan
ng Isang Bayani”, ossia “Fra Apollinare. Storia di un Eroe”, e ne è
stato regista e sceneggiatore Felino Tañada. Se ne può vedere qual-
che sequenza nel sito Internet
https://vimeo.com/116931377.
Proprio poi in questi giorni è
stata avviata la produzione di un
altro film in tagalog, che dovrebbe
essere terminato entro dicembre,
così da partecipare al 41° Metro
Manila Film Festival, nel quale è
divenuto ormai di rigore presentare
qualche film storico. Ne sarà regista
Gil Portes e vanterà come interprete
principale l’attore John Prats; tra le
attrici prescelte figura anche la trentenne Alessandra Schiavone, in arte
Alessandra De Rossi, che è
italo-filippina e gode di un largo
stuolo di fans. Verrà realizzato
in collaborazione con la Commissione Storica Nazionale e
con la Commissione Nazionale
per la Cultura e l’Arte; s’intitolerà “Ang Hapis at Himagsik ni
Apolinario Dela Cruz”, ossia “La
Sofferenza e Rivolta di Apollinare Dela Cruz”.
A proposito di tale titolo, si
noti che un altro vezzo ortografico del moderno Tagalog è di
fondere le parole “de la”, spesso
presenti nei cognomi d’origine
spagnola, che nelle Filippine
sono quanto mai frequenti, ma
quasi sempre non per lontani
ascendenti spagnoli, che tra
l’altro in tutto il periodo coloniale erano in media appena un
cinquemila, ma perché in antico i cognomi erano rari e fu solo
con Decreto del 23 novembre 1849
che il Governatore Narciso Clavería
y Zaldúa obbligò i filippini ad averne
uno, prendendolo da un “Catálogo
alfabético de Apellidos”, da lui fatto
stampare e che ne conteneva ben
60.662, non solo spagnoli, ma pure
tagalog e cinesi, però per ovvi motivi opportunistici furono in molti a
sceglierne uno spagnolo. Nel caso
però di Apollinare, egli visse prima
di tale Decreto, quando la gente iniziò spontaneamente a inventarsi un
F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 48b - Bicentenario dell’eroe nazionale fra Apollinare de la Cruz
Come codicillo finale, aggiungo
che assolutamente non ci sono
dubbi che Apollinare fu battezzato
un 23 di luglio, poiché in quei tempi
il calendario liturgico segnalava
come Santo del giorno il vescovo
Apollinare e allora nelle Filippine, imitando gli spagnoli, si
usava dare al neonato il nome
del Santo che era festeggiato alla
data del suo Battesimo.
ne: 1816-1841”. Si noti che in tale
titolo l’appellativo “Hermano Pule”
deriva dallo spagnolo “Hermano”,
ossia fratello, e dal diminutivo
“Pule”, che è l’abbreviazione di
“Apolinario”, nome recepito immutato dallo spagnolo ed equivalente al
nostro Apollinare; nell’ambito però
della Provincia di Quezon, che è poi
quella dove egli nacque, è invece
usata la variante dialettale “Hermano Puli”, citata più avanti.
274
glia che il loro modo di contare gli
anni della propria età, includendo
anche quello appena iniziato, venisse spesso adottato anche da chi non
era di etnia cinese, specie nelle zone,
come Lucban, dove i benestanti
erano quasi unicamente meticci
cinesi.
cognome di famiglia, ma purtroppo
con assai scarsa fantasia, ricavandoli
solo da alcuni Santi più noti o dalle
devozioni più diffuse, il che portò ad
omonimie a non finire, che pertanto
non risolvevano i problemi d’identità catastale che indussero Clavería a
proporre una lista di cognomi sufficientemente ampia.
La produzione di questi due film
certamente renderà ancora più
popolare la figura di Apollinare, ma
è facile prevedere che per rendere
più avvincenti i due film, vi siano
stati introdotti numerosi dettagli di
pura fantasia, il che rende davvero
urgente uno studio minuzioso delle
fonti storiche. Un primo passo in tal
senso potranno essere gli Incontri di
Studio che durante l’anno del
Bicentenario della nascita saranno
dedicati a questo Eroe Nazionale
così fuori dagli schemi, tanto che nel
ritratto ufficiale, figurante dal 2011
nel Palazzo Presidenziale, hanno collocato questa targhetta, che introduce una categoria del tutto nuova di
eroi, ossia quella di chi si è immolato per la libertà religiosa:
275
F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 48b - Bicentenario dell’eroe nazionale fra Apollinare de la Cruz
HNO. APOLINARIO DE LA CRUZ, OH
1815 – 1841
National Hero of religious freedom
Vedremo nel prossimi Inserti
di prendere in esame le novità che
potranno emergere da tali Incontri o da pubblicazioni scientifiche,
ma intanto ne anticipo una di
quelle che esporrò il 22 luglio
nella città di Lucena alla gioventù
studentesca della provincia di
Quezon, ossia la circostanza che
probabilmente più influì nell’incoraggiare la vocazione ospedaliera di Apollinare.
Nel periodo coloniale noi
siamo stati presenti nelle Filippine
dal 1611 al 1888, ma il nostro
Archivio di Manila andò distrutto
nell’ultima Guerra Mondiale e
Lista inviata da p. Manuel Aldana alla Curia Generalizia di Madrid il 25 I 1831
pochi sono i dati ottenibili dagli
Archivi Pubblici di Filippine,
Spagna, Messico e perfino dal
nostro di Granada, in cui però ho
trovato una preziosa lista, che
riproduco qui in alto, dei nostri
Professi, sia Frati sia Oblati, appartenenti alla Provincia Filippina di
San Raffaele alla data del 25 gennaio 1831, per ognuno dei quali si
precisano i dati etnici.
Scorrendo nomi e dati dei
nostri Professi, si scopre qualcosa
del tutto inusuale nelle Filippine,
dove le Comunità degli Ordini
Religiosi avevano Professi spagnoli, con rarissime presenze di filippini, accettati di norma solo come
Oblati e con poca possibilità di
divenire Oblati Professi e mai di
divenire Frati Professi, ossia con
diritto di voto. Dalla nostra lista
risulta invece che da noi c’era già
piena apertura alle vocazioni locali, il che solo dopo un secolo verrà
nelle Filippine accettato da tutti.
Non sappiamo la data esatta in
cui fra Apollinare fu accolto nel
nostro Ordine, ma pare che fu entro
il 1831 e di certo dopo il 22 luglio
1830, giorno in cui compì i quindici anni, età minima fissata nel Capitolo Generale del maggio 1827 per
l’ammissione all’anno di prova
prima di divenire Oblato. Quando
dunque entrò nel nostro Convento
di Manila, vi trovò la Comunità che
figura nella lista e in cui i filippini
erano in maggioranza. Di spagnoli
Professi c’erano infatti a Manila solo
il Superiore Maggiore, fra Manuele
Aldana, originario della Provincia
di Granada, fra Vincenzo Anastasio
Padilla, nato a Manila, e fra Luigi
Buendia, nato a Madrid; c’era poi
un mezzo spagnolo, fra Martino
Alcantara Aranais, nato nel vicino
sobborgo di Ermita da una coppia
filippino-spagnola; e ben cinque
filippini puro sangue, di cui due
erano Oblati Professi e tre addirittura erano Frati Professi.
(Segue)
“IL MELOGRANO”
UN DONO IN PUNTO DI MORTE
Fra Giuseppe Magliozzi o.h.
Q
uando San Benedetto Menni nel
1912, durante un’Assemblea di
Superiori Provinciali, presentò le
sue dimissioni da Superiore Generale, la
Santa Sede, in attesa che venisse celebrato il Capitolo Generale per eleggergli un
successore, affidò a fra Agostino Koch la
guida dei Fatebenefratelli, quale Vicario
Generale. Frattanto purtroppo scoppiò la
Prima Guerra Mondiale, che impedì fino
al 1919 la convocazione del Capitolo Generale, per cui fra Koch non solamente dovette restare nell’incarico per sette anni,
ma in più nel 1914, essendo bavarese, fu
costretto a fuggire dall’Isola Tiberina e a
rifugiarsi nella neutrale Svizzera, ospite
della Comunità che avevamo a Zizers.
Nonostante la sua lontananza fisica dalla Curia Generalizia, dove da allora rimase unicamente un suo ritratto, qui riprodotto
e che era stato eseguito su tela nel 1912 da
Scubernig, pittore suo connazionale, egli
non venne mai meno alle responsabilità affidategli e anzi gli va dato merito di due importanti iniziative. La prima fu quella di ottenere che Benedetto XV, con Breve del 20
dicembre 1916 del quale celebreremo
l’anno prossimo il centenario, dichiarasse
Basilica Minore la Chiesa in Granada
dove custodiamo il corpo di San Giovanni di Dio. L’altra, il cui centenario ricorre
ora, fu l’ottenere il Rescritto del 12 agosto
1915, con il quale la Congregazione dei Religiosi concesse che anche ai nostri Oblati, come era già previsto per i Novizi, fosse data la possibilità d’essere ammessi all’immediata Professione dei Voti nel caso
si fossero trovati in punto di morte.
Per chi non ha idea di quale differenza
ci sia tra Novizi e Oblati, va spiegato che
la vocazione religiosa non nasce da qualche intuizione personale, ma è invece la libera risposta a un appello interiore del Signore: tale appello è totalmente gratuito,
non si basa cioè sui nostri meriti ma sul piano che Iddio ha ipotizzato per ognuno di
noi nel momento in cui iniziammo a esi-
stere nel grembo di nostra madre, quando
non ci era ancora possibile agire e, mediante
tale nostro libero agire, poter meritare
una speciale chiamata.
La chiamata è speciale, perché Dio ci
chiede di consacrargli non una porzione del
nostro tempo, come chiede a tutti, ma per
intera tutta la nostra vita. Questa consacrazione può essere a carattere individuale o entrando a far parte di un Istituto Religioso, e spetta alla Chiesa dare criteri per
discernere sia l’autenticità dell’appello
divino, sia come realizzarlo. Sono già oltre quattro secoli che i Fatebenefratelli sono
stati approvati dalla Chiesa come Ordine
Religioso, che può avere due tipi di membri: coloro che si consacrano interamente
a Dio con Voti, dapprima Semplici, da rinnovare ogni anno, e infine Solenni, da osservare fino alla morte; e coloro che si consacrano interamente a Dio, ma senza pronunziare Voti e pertanto senza stabilire la
durata della consacrazione.
I primi sono detti Frati Professi, ma arrivano ai Voti solo dopo una fase di discernimento, chiamata Noviziato. Gli altri
sono detti Oblati, cioè offerti a Dio, e concluso il discernimento, chiamato Probazione, ricevono l’abito religioso e condividono in pieno l’attività della Comunità,
ma non emettono Voti e perciò possono in
qualsiasi momento porre termine alla loro
consacrazione.
Nel caso dei Novizi, ossia di coloro che
stanno preparandosi alla Professione, cui
il Diritto Canonico permette di accedere
solo dopo almeno un anno di Noviziato,
la Chiesa ha concesso che se un Novizio
si trovi in punto di morte, possa emettere i Voti immediatamente, così da volare
in Cielo già da frate; se però scampasse
alla morte, la sua Professione non ha valore e dovrà ripeterla dopo completato il
tempo del Noviziato. Per gli Oblati non è
invece prevista la Professione dei Voti,
però la Chiesa ci autorizzò a lasciare loro
Ritratto di fra Agostino Koch o.h.
una possibilità di emetterli in un secondo
momento, concedendo che, dopo dieci
anni di vita esemplare spesa in Comunità, potessero essere ammessi in Noviziato e, se superato, di emettere i Voti e divenire così Oblati Professi. Per facilitare
questa opzione, il nostro Capitolo Generale del giugno 1850 propose che la suddetta durata minima fosse dimezzata a cinque anni, il che fu approvato dalla Congregazione dei Religiosi con Rescritto del
3 luglio 1850.
Tenuto conto che con tale opzione la vita
da Oblato poteva essere paragonata a un
tempo di discernimento per appurare se
l’appello del Signore era solo di dedicarsi a tempo indeterminato al servizio degli
infermi oppure di vivere codesto impegno
fino all’ultimo giorno di vita, si fece strada l’idea che il tempo da Oblato potesse esser valutato come una sorta di Prenoviziato
e che meritasse perciò dare anche agli Oblati la possibilità di emettere i Voti in punto
di morte, pur non avendo ancora maturato i cinque anni di perseveranza, necessari per poter iniziare il Noviziato.
Fu fra Agostino Koch a formalizzare tale
richiesta, sottolineando che la Professione
in punto di morte rimane senza effetto in
caso di guarigione, sicché l’unico motivo,
solo spirituale, di concederla non solamente
ai Novizi, ma anche agli Oblati, era di accordare loro la “specialissima” indulgenza annessa alla Professione dei Voti.
15
LEADERSHIP SOLIDALE
LA FORMA
DELL’ACQUA
Luigi Rugiero
(Una metafora organizzativa)
N
el mito greco l’antinomia necessità-caso assumeva forme semplificate ma precisamente identificate:
- la prima, Gaia, era una dea dalle solide fondamenta, una forza salda e stabile con potere di sostegno all’ordine del
mondo, all’origine degli dei, al cammino regolato e senza inquietudine degli
uomini;
- il secondo, Chaos, era il lato oscuro
del caso, una voragine oscura senza
fondo, luogo indefinito di una caduta
disordinata.
I modellatori di tali forme erano poeti e
filosofi, disposti infine a rivalutare il lato
positivo del caso: «Tutto ciò che esiste
nell’universo è frutto del caso e della necessità» (Democrito).
Anche il leader, dovendo affrontare gli
aspetti della necessità e del caso, è a suo
modo un modellatore di forme. Deve tra
l’altro governare l’organizzazione nel
gran mare dell’ambiente interno-esterno
della leadership, dando forma ai suoi contenuti gestionali e operativi (strategia,
struttura e processi) con l’adozione di modelli non burocratici di leading che possono ammettere vari gradi di discrezionalità-aleatorietà, non essendo necessariamente paradigmi prescrittivi. Tali modelli - comprensivi della cultura di impresa,
dello stile di governance, della struttura e
del comportamento organizzativo – possono confrontarsi metaforicamente con la
forma dell’acqua, libera entro i vincoli di
fattori ambientali stabili (che fungono
da“contenitori fisici”) e variabili (che
fungono da“agenti di cambiamento”) a
fronte dei quali giocano un ruolo essenziale Gaia e Chaos, nonché la dinamica
aleatoria della loro interazione.
Emergono elementi di forte criticità nella
ideazione-rappresentazione-attuazione del
modello di leading ottimale soprattutto nei
periodi di turbolenza e nelle situazioni di
discontinuità (sociale, economica, tecnologica, ...), quando e dove i fattori ambientali casuali presentano una forte deriva verso
i sintomi del caos: incontrollata dilatazione
del contesto di riferimento; crescita accelerata di numero e mutevolezza delle variabili decisionali; informazione insufficiente,
intempestiva, ambigua; diversificazione
frastagliata dei sistemi valoriali. La leadership tende allora ad assumere una configurazione “frattale”, contraddistinta dal
peso assunto dai fattori comportamentali
locali e soggettivi, spesso privi di regolarità e pertanto imprevedibili, dello specifico
gruppo e perfino dei singoli follower che gli
appartengono. Occorre non dimenticare
che in tali situazioni:
- piccole differenze delle “condizioni
iniziali” dell’ambiente interno-esterno
incidono in misura più che lineare sugli
effetti che la leadership dovrà governare acquisendo a regime una forma di
leading adeguata;
- il criterio di adeguatezza non può prescindere dalle “condizioni al contor-
no” (vincoli sui valori della cultura organizzativa, dello stile di gestione, del
modello di struttura) imposte dalle relazioni di frontiera tra ambiente interno ed
esterno, particolarmente importanti nei
sistemi sociali aperti alla solidarietà.
Se il leader solidale trascura o sottovaluta tali condizioni, esse finiranno col manifestarsi negativamente in termini di significativi effetti collaterali imprevisti. Il modello di leading che meglio risponde alle suddette condizioni si ispira all’“adhocrazia”,
caratterizzata dall’assenza di paradigmi burocratici, sostituiti funzionalmente da:
- una struttura organizzativa flessibile,
articolata in una costellazione di gruppi di follower autonomi e contestualizzati (Fig.1 Triangolo di Sierpinski), dotati tuttavia di comportamenti armonici, tesi all’adattamento reciproco e con
l’ambiente esterno (fino all’integrazione solidale, nei contesti sociali con valori etici prevalenti);
- gruppi di follower che riflettono e riproducono al loro interno la struttura
globale, comprendendone compiutamente i diversi aspetti e seguendo strategie elaborate spontaneamente ma coerenti con quella della leadership (proprietà di “autosomiglianza”).
La forma dell’acqua (Fig.1 Fiocco di
neve di Koch), così come quelle di struttura e processo dell’adhocrazia, coniuga
le leggi della necessità con i “capricci” del
caso, entrambi comunque indispensabili
alla fruttificazione dell’albero del processo evolutivo degli eventi sociali e organizzativi della leadership (Fig.1 Albero
frattale).
Fig.1 Forma dell’acqua e metafore organizzative per la leadership “adhocratica”: struttura e processo
16
OSPEDALE SAN PIETRO - ROMA
SAN PIETRO E PAOLO,
CHI ERANO?
Mattia De Maria
L
a festa dei santi Pietro e Paolo, patroni della città di Roma, ci riporta
alle origini della fede e della evangelizzazione.
Simone, detto Pietro da Gesù, fu uno degli apostoli del Messia e insignito dal Cristo
dell’autorità di primo Papa della Chiesa cattolica. Nato in Galilea, pescatore di Cafarnao, fu uno dei primi chiamati da Gesù e lo
seguì in tutte le predicazioni. Rispose lui alla domanda fondamentale del Messia sulla
propria natura divina.
Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né
il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio
che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e
su questa pietra edificherò la mia chiesa e le
porte degli inferi non prevarranno contro di
essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli,
e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla
terra sarà sciolto nei cieli». Ritenuto l’atto di
fondazione della Chiesa, in questo passo Gesù assegna a Simone il nome con cui passe-
Aggregati
rà alla storia, quello di Pietro. Seguì
Gesù in tutte le sue predicazioni; celebre il passo in cui lo rinnega tre volte nel momento del suo arresto; dopo la Resurrezione viene posto alla
Concelebrazione presieduta da mons. Guerino
guida della comunità cristiana di GeDi Tora, vescovo ausiliare di Roma Nord
rusalemme e diventa dunque il primo Papa. Fu anche vescovo di Antiochia per La sofferenza e la malattia, sono retaggio co30 anni, continuò a predicare a Roma dove mune dell’intera umanità, cari amici; è una
morì, martire, durante le persecuzioni nero- di quelle realtà che ci fanno tornare a rifletniane: detenuto nel carcere Mamertino in- tere sul valore della vita, realtà ultime, l’alsieme a san Paolo, fu crocifisso per sua ri- dilà, la finitezza umana, l’assoluto e Dio. La
chiesta a testa in giù, fra il 64 e il 67 dopo guarigione, il dono della salute, diventano
Cristo. L’Ospedale nel quale oggi ci trovia- così una via di riscoperta di Gesù medico del
mo è dedicato a san Pietro apostolo, patrono corpo, e salvatore dell’anima.
della Provincia Romana Fatebenefratelli
Tutti siamo chiamati, ognuno nella sua cadell’Ordine ospedaliero di san Giovanni di
Dio. Sant’Agostino dice una cosa molto ve- pacità e ruolo: medico, infermiere, genitore,
ra e bella; qualsiasi cura è la via per recupe- lavoratore, insegnante, figlio, ecc. ad essere
rare la salute così fu della cura adottata da portatori di quella speranza che non delude
Dio. Così fece la sapienza di Dio quando e che è racchiusa nel Cristo salvatore.
volle curare l’uomo: per guarirlo. Egli offrì
Siamo chiamati a farci prossimo, nelle più
se stesso e divenne medico.
variegate situazioni della vita, a chi è nella
Le immagini del Cristo medico sono malattia, nel disagio, nel dubbio, nella soliquelle che maggiormente sono impresse tudine; con le forme più semplici e comuni
nella tradizione cristiana primitiva, come del vivere quotidiano. Come ci insegna il noappare dalla massiccia testimonianza evan- stro vescovo, papa Francesco: con un sorrigelica che riprende so, un ascolto, uno stare vicino, una telefoanche la testimo- nata, un ricordo. Tutti possiamo essere e sianianza dell’Antico mo strumenti dei quali il Signore vuole serTestamento sul Dio virsi per condurre a Lui ogni creatura. Neld’Israele chiamato: l’occasione di questo importante giorno l’Or"Colui che guari- dine ospedaliero di san Giovanni di Dio Fatebenefratelli ha il piacere di accogliere 5 agsce".
gregati: da sinistra, Mario Sanna, d.ssa AnAnche di Pietro tonia Galluccio, Mario Capone, d.ssa Carla
che diventa il primo Borgia, Giuseppe D’Uva, onorificenza mascontinuatore della sima che si può riconoscere a un Collaboramissione di Gesù, tore nell’ambito della famiglia ospedaliera.
di quel Pietro a cui
Infine vengono consegnate 90 targhe per
aveva affidato le
chiavi per governa- i Collaboratori con 25 anni di attività nelre la Chiesa e tene- l’Ospedale san Pietro con i migliori auguri
re uniti i discepoli; da parte del superiore provinciale fra Genegli Atti degli apo- rardo D’Auria, del direttore generale fra
stoli si parla come Pietro dott. Cicinelli, del superiore fra Miguaritore di perso- chele Montemurri e di tutta la Famiglia
ne malate, o morte. ospedaliera.
17
OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO
SANTA TERESA D’AVILA: UN ESEMPIO DA
SEGUIRE
Il Sannita
essere "pellegrina" in terra di Spagna
per l'espansione del Carmelo. L’ampolla con il sangue ricorda la passione con
cui santa Teresa ha avuto la sua esperienza di fede e carità. La trachea è forse una delle reliquie più preziose che ricorda a coloro che la venerano quello
che Teresa fece della sua vita: cantare le
Misericordie del Signore.
Arrivo delle reliquie nel cortile
N
el cortile dell'Ospedale Fatebenefratelli di Benevento, le
reliquie di santa Teresa d'Avila, dottore della chiesa, grande riformatrice dell’Ordine Carmelitano,
giunte in occasione della peregrinatio
del V Centenario della nascita, organizzata dalla Provincia napoletana dei
Padri Carmelitani Scalzi, sono state
esposte per un evento organizzato dalla Parrocchia di santa Maria di Costantinopoli che ha coinvolto la Famiglia
ospedaliera del Fatebenefratelli. Per
ben due volte le reliquie hanno avuto
gradito accesso all’Ospedale. La prima
il 19 giugno, sono state accolte da una
moltitudine di fedeli, tra parrocchiani
e componenti la Famiglia ospedaliera,
e hanno partecipato alla Concelebrazione eucaristica presieduta dall'arcivescovo emerito di Benevento, mons.
Serafino Sprovieri, con il vicario generale e parroco di santa Maria di Costantinopoli, mons. Pompilio Cristino
e padre Andrea L’Afflitto, carmelitano
scalzo. Scenario fantastico con i fedeli
raccolti in preghiera e gli ammalati e
parenti affacciati alle finestre del cor-
18
tile per vivere la liturgia eucaristica.
Il prezioso reliquiario principale, ne
esistono molti, di santa Teresa d’Avila,
a forma di Castello a tre piani, custodisce la cappa, una fiala di sangue e la trachea. La cappa, -mantello bianco usato
dalla Santa in vita- ricorda la sua vita di
preghiera e di unione con Dio e il suo
Ma il secondo ingresso in ospedale, di
una reliquia della Santa, a forma di cuore
con un frammento d’osso, è avvenuto due
giorni dopo, verso le 17,00, domenica 21
giugno, e ha rappresentato un momento di
maggiore religiosità in quanto, la reliquia
giunta in forma privata dalla Parrocchia
da due Suore carmelitane e dal Padre Andrea, carmelitano scalzo, è stata portata
dal superiore dell’Ospedale, fra Angelico
Bellino, in processione, accompagnata
dalle Suore dell’Ospedale e da un gruppo
di volontari/e AVO in tutti i reparti iniziando dal Pronto Soccorso. Gli ammalati, gli operatori sanitari e non, parenti e visitatori hanno potuto contemplare e baciare il reliquiario e porsi in religioso raccoglimento a pregare per l’inaspettato do-
Parte dei partecipanti
no di aver vissuto un momento emozionante ed esaltante durante il quale sono
state affidate al Signore, per intercessione
di santa Teresa, le proprie sofferenze. Sono stati momenti unici in cui i fedeli e gli
ammalati si sono abbandonati aprendo il
cuore verso la Santa che tanto amore ha
seminato nella sua vita terrena dedicato
alla sofferenza altrui e al supporto della
fede. E quale posto poteva essere più idoneo per manifestare tale funzione se non
nei reparti di un ospedale e per di più di
un Ordine religioso, i Fatebenefratelli,
fondati da san Giovanni di Dio e che la
Chiesa ha proclamato Patrono degli ospedali, malati e operatori sanitari?
Padre Andrea, prepara la reliquia portata in processione in tutti i reparti
per la benedizione e il bacio
gi. Proclamata beata nel 1610 e poi santa da papa Gregorio XV nel 1622, fu annoverata tra i dottori della Chiesa nel
1970 da Paolo VI, insieme a Caterina da
Siena. Fu la prima donna a ricevere tale
titolo, fino allora concesso soltanto a uomini.
A distanza di cinque secoli, santa Teresa d’Avila continua a lasciare le orme
della sua missione spirituale, della nobiltà del suo cuore assetato di cattolicità,
del suo amore spoglio di ogni affetto terreno per potersi dare totalmente alla
Chiesa. Accogliamo questi insegnamenti arricchendo la nostra spiritualità.
Concelebrazione: da sinistra don Pompilio, mons. Serafino Sprovieri e p. Andrea
Ma chi era santa Teresa d’Avila? Impariamo a conoscerla. Teresa di Gesù, o
d'Avila, al secolo Teresa Sánchez de Cepeda Dávila y Ahumada (Ávila, 28 marzo 1515-Alba de Tormes, 15 ottobre
1582), terzogenita di Alfonso Sánchez de
Cepeda e di Beatrice de Ahumada, è una
religiosa e mistica spagnola.
Entrata nel Carmelo di Avila a vent'anni divenne una delle figure più importanti della Riforma cattolica grazie alla
sua attività di scrittrice e riformatrice
delle monache e dei frati Carmelitani
Scalzi. Fondò molti monasteri in diversi
luoghi di Spagna. Morì ad Alba de Tormes nel 1582 durante uno dei suoi viag-
Concelebrazione nel cortile dell’Ospedale
19
OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO
FESTA DEL
SACRO CUORE DI GESÙ
Il Sannita
I
l 12 giugno 2015 la Famiglia ospedaliera dell’Ospedale Sacro Cuore di
Gesù – Fatebenefratelli di Benevento
ha celebrato la festa del Sacratissimo
Cuore di Gesù, la cui devozione appartiene alla spiritualità della Chiesa.
Alle ore 10.15, nel cortile dell’Ospedale, si è svolta la solenne concelebrazione
presieduta da S.E. Rev.ma mons. Andrea
Mugione - arcivescovo metropolita di Benevento - , con il vicario generale e parroco
della parrocchi di santa Maria di Costantinopoli, mons. Pompilio Crispino, il superiore dei Fatebenefratelli fra Angelico
Bellino, il superiore provinciale dei Frati
Minori, P. Sabino Iannuzzi e tanti altri sacerdoti e religiosi. La cerimonia, alla quale hanno partecipato il superiore provinciale
della Provincia Romana dei Fatebenefratelli, fra Gerardo D’Auria, il prefetto di Benevento, dr.ssa Paola Galeone, il questore
di Benevento, dr. Antonio Borrelli, i direttori Amministrativo della struttura ospedaliera,dr. Giovanni Carozza, e Sanitario
dr.ssa Adriana Sorrentino, altre autorità civili e militari cittadine, si è svolta nella
splendida cornice del cortile interno del-
Benedizione del bassorilievo
di san Riccardo Pampuri
20
l’ospedale. La partecipazione è stata massiva. Gli operatori sanitari del nosocomio,
i tanti fedeli, i visitatori hanno occupato tutti gli spazi e le persone in piedi erano sicuramente di più di quelle sedute. Gli ammalati, peraltro, hanno potuto assistere alla
liturgia oltre alla trasmissione diretta televisiva di Tv 7, anche affacciati dalle finestre di alcuni reparti.
L’intera cerimonia è stata impreziosita
dall’animazione liturgica del coro del nostro Ospedale. Durante l’omelia l’arcivescovo Mugione ha lanciato il grido di dolore per un’epoca che stà trascurando elementi fondamentali della vita cristiana. “Il
mondo è distante e i nostri sentimenti sono
demoliti. Abbiamo bisogno di qualcuno che
ci porti un amore vero. E oggi è la festa della mitezza e della tenerezza di Dio” ha detto mons. Mugione che ha sottolineato
come la giornata odierna volesse rappresentare il bisogno di affidarsi al “Sacratissimo Cuore di Gesù” e che la Chiesa oggi
doveva “stringersi in adorazione e devozione verso il Padre e porre un atto di misericordia, ma nello stesso tempo di gioia
e di perdono nei confronti di Dio”.
Dopo la liturgia l’arcivescovo Mugione,
seguito dai concelebranti e da tutti i convenuti ha raggiunto il corridoio della Radiologia, che collega l’atrio con gli ambulatori e il pronto soccorso, dove è stato
scoperto e benedetto un bassorilievo metallico in ricordo di san Riccardo Pampuri, religioso medico dei Fatebenefratelli, in
occasione del XXV della canonizzazione
avvenuta il 1° novembre 1989, opera dello scultore Cavaiuolo Alfonso.
A seguire, come è consuetudine, c’è stato un momento conviviale nella sala “san Riccardo Pampuri” con la partecipazione di tutti i convenuti. Momenti di allegria, di saluti, di scambio affettuoso di battute e riflessioni che ha visto l’attiva partecipazione dell’arcivescovo Mugione, del provinciale fra
Gerardo, del superiore fra Angelico, del prefetto Galeone e di tanti altri che si sono fermati a interloquire con i fedeli. Il programma della “solennità del Sacratissimo Cuore
di Gesù” è proseguito nel pomeriggio con altri due appuntamenti: il primo alle ore
17,45 con i Vespri e dopo la Processione eucaristica nei reparti con la benedizione dei
malati, e il secondo alle ore 19,00 con la Santa Messa della comunità parrocchiale, nel cortile dell’Ospedale, celebrata da mons. Pompilio Cristino – vicario generale e parroco.
Questa festa susciti in tutti noi un rinnovato impegno nella vita spirituale, un servizio più attento e mani con più cuore verso i nostri fratelli malati”.
Concelebrazione nel cortile dell’Ospedale
ISTITUTO SAN GIOVANNI DI DIO - GENZANO
CHIUSURA
DELL’ANNO SOCIALE 2014-2015
Fra Benedetto Possemato o.h.
Tempo di chiusura è anche tempo di bilanci di qualsiasi attività dell’uomo
A
nche l’AFMaL, sezione di Genzano, è chiamata a fare il suo bilancio sull’attività dell’Ambulatorio mobile “Oasi della Salute”, donatoci dalla sezione AFMaL di Benevento alla fine di aprile di quest’anno 2015. Il 2
maggio scorso abbiamo fatto la prima
uscita recandoci nella Parrocchia “san
Giovanni Battista” in Campoleone e, nei
sabati successivi, rispettivamente nelle
Parrocchie “san Pietro in Formis” Campoverde; “Spirito Santo” in Aprilia e infine nella Parrocchia “santi Anna e Gioacchino” in Lavinio. Gli stessi appuntamenti sono stati ripetuti anche nel mese di giugno 2015. Ogni volta cambiava l’Équipe
dei Collaboratori professionisti e delle altre Associazioni facenti parte.
I Componenti del progetto “OASI
DELLA SALUTE” sono: l’AFMaL sezione di Genzano, i Collaboratori dell’Istituto san Giovanni di Dio di Genzano,
la Caritas diocesana di Albano laziale,
Lavoro nel laboratorio
l’Unitalsi sezione della diocesi di Albano, i Medici cattolici diocesani, gli
Scouts e Agesci della diocesi di Albano,
in una parola si è voluto che quest’attenzione agli ultimi fosse anche un’opera
corale della Diocesi di Albano unita ai
Fatebenefratelli.
L’accoglienza da parte delle persone assistite è stata inizialmente un po’ guardin-
ga, ma, superato il primo
impatto nel quale veniva
fatta conoscere la procedura che prevede l’anonimato delle prestazioni
e con l’incoraggiamento
reciproco, ognuno ha
accolto con benevolenza
il servizio offerto gratis
delle visite mediche e a
eventuali esami di laboratorio nonché a ricevere alcuni medicinali disponibili.
Anche gli Operatori volontari che hanno partecipato al progetto hanno espresso le loro vedute soprattutto per aver conosciuto persone di altre culture, di altre
religioni e, attraverso il colloquio, hanno potuto constatare le emozioni, i dubbi, le paure e le attese di fratelli che, venuti da lontano, cercano qui in Italia una
migliore sistemazione di vita.
Nella programmazione per l’anno sociale 2015 – 2016 è stato previsto l’allargamento ad altre Parrocchie che già
fin d’ora hanno manifestato il desiderio
di accogliere l’Ambulatorio “Oasi della
salute” e dove è sensibile la presenza di
persone provenienti da altri Paesi.
Che il Signore e san Giovanni di Dio
ci assistano e ci accompagnino in questa meravigliosa avventura.
L’Équipe dei Collaboratori professionisti del 27 giugno
Papa Francesco esorta “ogni Chiesa
particolare a impegnarsi nell’essere
presente dove maggiormente mancano
la luce (beni indispensabili) e la vita (salute sufficiente) del Risorto”, cioè a
uscire e andare verso gli ultimi, poveri,
bisognosi di attenzione, perché dov’è il
povero e il bisognoso lì c’è Dio.
21
O S P E D A L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O
PROGETTI PER IL CENTRO DI ACCOGLIENZA
NOTTURNO “BEATO PADRE OLALLO”
Cettina Sorrenti
L
a sezione. locale AFMaL (Associazione con i Fatebenefratelli per
i malati lontani) dell’Ospedale da
poco più di un anno ha avviato un progetto
a favore di ogni persona bisognosa e senza fissa dimora: anziani, famiglie in difficoltà, ecc. senza discriminazioni razziali,
culturali e religiose nel rispetto del carisma di san Giovanni di Dio.
tati con contributi provenienti esclusivamente da donazioni di privati.
Ora lo scopo è
quello di arredare
e completare gli
ambienti. Per questo sono partiti i
Il progetto mira a offrire un rifugio progetti: “Adotta
temporaneo a chi vive in strada, innalzando una
stanza”,
la qualità della vita dei suoi ospiti.
“Adotta un mattone”, “Adotta
Refettorio da arredare
Abbiamo realizzato, un Centro di Ac- una
porta”,
coglienza notturno, “Beato Padre Olallo” “Adotta l’ascen(Fatebenefratello vissuto a Cuba nella sore”. I progetti si rivolgono a chiunque: aperto una volta a settimana – e in conmetà dell’800). La nuova realtà è nata dal- famiglie, associazioni, studi professiona- temporanea un servizio di banco alimenla ricostruzione di una palazzina di pro- li, singoli individui, gruppi, imprese, enti tare, contribuendo al sostentamento di tanprietà dell’Ordine dei Fatebenefratelli, at- pubblici e privati, ecc. che vogliono con- te famiglie della zona. Attualmente abtigua all’Ospedale Buccheri La Ferla. Si tribuire a migliorare la vita di chi è meno biamo in carico ben 130 famiglie. Negli ultrova in Vicolo sant’Uffizio a Palermo. I la- fortunato.
timi anni, abbiamo intrapreso un altro provori di ristrutturazione sono stati complegetto, ovvero quello della costruzione dei
Una targa perso- posti letto notturni. Troppi nostri fratelli
nalizzata, come hanno bisogno di un posto sotto il quale risegno di gratitu- pararsi. Abbiamo fatto nostro il monito di
dine verrà apposta Papa Francesco di “andare nelle perifeall’esterno di ogni rie”. Il Centro è ormai completato, ma abstanza e ambiente, biamo bisogno di trovare altri fondi, sia per
per segnalare la pagare i debiti che abbiamo contratto per
generosità di chi la realizzazione dei lavori che per arredare
ha reso possibile il Centro. Ogni contributo di ciascuno è
l’acquisto degli prezioso. Anche una piccola cifra è imarredi.
portante. Per questo chiediamo la partecipazione di tutti. Ben presto il Centro ver“Nel 2009 ab- rà aperto e accoglierà i primi ospiti. Quebiamo cominciato sta per noi è la priorità assoluta.
– commenta il
Per avere maggiori informazioni sui
presidente della
sezione locale del- singoli progetti telefonare ai numeri: 091
l’AFMaL, fra 479898, 091479219, o scrivere una e-mail
Luigi Gagliardot- a: [email protected]; [email protected]. Per
to, a occuparci le donazioni è possibile effettuare un bodelle persone più nifico, intestato a: AFMaL sezione. locabisognose. Per le di Palermo – Centro Beato Padre Olalloro, abbiamo lo- IBAN: IT 84 Y 05132 04684
realizzato un ser- 784570329534 - Causale: Inserire il nome
Centro di Accoglienza Notturno
vizio docce – del progetto scelto.
22
MISSIONI FILIPPINE
NEWSLETTER
SAN GIOVANNI GRANDE
L’ultima volta che l’attuale Priore di
Manila fu a Jerez de la Frontera per venerarvi la tomba di san Giovanni Grande, ne ebbe in dono una reliquia che lo
scorso 3 giugno, ricorrendone la memoria liturgica, è stato ben lieto di
esporre nella Cappella di Manila durante la Messa del Santo, presieduta dal
nostro cappellano don Paolo Tran
Xuan Lam e celebrando con lui don
Giambattista Nguyen Quoc Thuan.
Nel corso del Rito fra Pio A. Troyo, invocando il fraterno auspicio del Santo,
ha rinnovato i Voti annuali di Povertà,
Castità, Obbedienza e Ospitalità nelle
mani del Delegato Provinciale fra Fermino O. Paniza, fungendo da testimoni
il Priore di Manila e fra Vittorio Paglietti.
Al termine della Messa, ma in maniera più privata, fra Fermino ha inoltre
consegnato la Bibbia e il piccolo crocifisso dell’Ordine ai primi due candidati
di etnia Kalinga e li ha affidati a fra Rocco T. Jusay, loro Maestro di Prepostulantato; altri due Kalinga sono ancora in
discernimento e potrebbero entrare a novembre nel Prepostulantato di Amadeo.
per l’Infanzia Disabile ha iniziato l’8
giugno il nuovo Anno Scolastico cominciando ad utilizzare gli ambienti al
pianterreno e al piano rialzato resisi disponibili con la chiusura del Dispensario Antitubercolare e del Laboratorio
Analisi e velocemente ristrutturati in
poco più di due mesi, prima che riprendessero le lezioni.
Attualmente la Scuola accoglie 15
bambini iscritti alle tre successive
classi di preparazione alle Elementari.
Altri 8 bambini sono iscritti al biennio
di Addestramento Sociale per aiutare
nelle attività della famiglia. Ci sono
poi 36 ragazzi di varia età iscritti ai
Corsi di Riabilitazione, di cui 26 in Terapia Occupazionale, 9 in Terapia del
Linguaggio e solo uno in Fisioterapia,
che però è frequentato anche da 5 adulti. Grazie al livello sofisticato della
nostra attività riabilitativa, tre Università hanno concordato di mandarci
i loro allievi in tirocinio per la Fisioterapia e per la Terapia Occupazionale.
VERTICE REGIONALE
Sotto la presidenza dell’australiano
fra Giuseppe Smith si è svolto a Manila dal 7 al 9 giugno un Vertice Regionale dei Fatebenefratelli operanti
RIAPRE LA SCUOLA
in Estremo Oriente, Oceania e Nord
A Manila la nostra Scuola Speciale America. Ha moderato l’Incontro il
marista australiano, padre Michele Mullins,
e vi hanno partecipato Superiori Maggiori
di Portogallo,
Oceania, Corea, Vietnam,
Giappone, Papua Nuova Guinea, Filippine,
Timor Est e
delegati di India e Stati UniManila: foto ricordo della Cerimonia del 3 giugno
ti, nonché pa-
dre Giovanni Jung, da gennaio Direttore del Centro Interprovinciale di
Formazione Ospedaliera, aperto a
Quezon, nelle Filippine.
Nell’Incontro ci si è trovati d’accordo nell'istituire nelle Filippine un
Centro Formativo Regionale di lingua
inglese per i Postulanti e per i Novizi
di primo anno, approvandone il Programma di Studi e ipotizzando la
composizione di un’équipe formativa
interregionale. Poiché però i Formandi dovranno avere una buona padronanza dell'inglese, al momento si prevede che al primo corso, che potrebbe
iniziare nel marzo 2016, potranno partecipare solo 4 Postulanti filippini e
massimo sei del Vietnam.
APPENA FUORI L’USCIO
Seguire Gesù significa condividere
il suo amore misericordioso per ogni
essere umano, specialmente per chi vive in strada, proprio accanto al nostro
uscio. A Manila ci sono varie famiglie
che vivono accampate sui marciapiedi
della nostra strada sicché, dopo averle
intervistate ed esaminati i loro bisogni,
abbiamo elaborato un articolato programma di aiuto e di promozione umana e sociale per tali famiglie, alla cui
attuazione hanno aderito, oltre ovviamente ai frati e alle suore del nostro
Centro, anche le Suore Ospedaliere
del Sacro Cuore di Gesù e vari volontari laici.
Tale programma ha avuto un primo
parziale avvio il 20 giugno e a fine giugno queste erano le cifre iniziali delle
persone accolte in alcuni ambiti divenuti già operativi: ogni sabato, istruzione scolastica per 4 adulti e classi di
sostegno per 6 bambini iscritti alla
Scuola dell’Infanzia e per 3 ragazzi
iscritti alle Elementari; ogni giorno,
addestramento di 8 mamme nella confezione di materassi e tappetini, che
poi potranno vendere; cena quotidiana
per 9 bambini malnutriti e 4 mamme
allattanti; ogni sabato, cena per 40
adulti e programma ricreativo; lezioni
di catechismo per 40 adulti.
23
I FATEBENEFRATELLI
ITALIANI NEL MONDO
I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere.
I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri:
CURIA GENERALIZIA
www.ohsjd.org
• ROMA
Centro Internazionale Fatebenefratelli
Curia Generale
Via della Nocetta 263 - Cap 00164
Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102
E-mail: [email protected]
Ospedale San Giovanni Calibita
Isola Tiberina 39 - Cap 00186
Tel 06.68371 - Fax 06.6834001
E-mail: [email protected]
Sede della Scuola Infermieri
Professionali “Fatebenefratelli”
Fondazione Internazionale Fatebenefratelli
Via della Luce 15 - Cap 00153
Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308
E-mail: [email protected]
Ufficio Stampa Fatebenefratelli
Lungotevere de' Cenci, 5 - 00186 Roma
Tel.: 06.6837301 - Fax: 06.68370924
E-mail: [email protected]
• CITTÀ DEL VATICANO
Farmacia Vaticana
Cap 00120
Tel 06.69883422
Fax 06.69885361
• PALERMO
Ospedale Buccheri-La Ferla
Via M. Marine 197 - Cap 90123
Tel 091.479111 - Fax 091.477625
www.ospedalebuccherilaferla.it
• MONGUZZO (CO)
Centro Studi Fatebenefratelli
Cap 22046
Tel 031.650118 - Fax 031.617948
E-mail: [email protected]
• ALGHERO (SS)
Soggiorno San Raffaele
Via Asfodelo 55/b - Cap 07041
• ROMANO D’EZZELINO (VI)
Casa di Riposo San Pio X
Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060
Tel 042.433705 - Fax 042.4512153
E-mail: [email protected]
MISSIONI
• FILIPPINE
St. John of God Social and Health Center
1126 R. Hidalgo Street - Quiapo - 1001 Manila
Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918
E-mail: [email protected]
http://ohpinoy.wix.com/phils
Sede dello Scolasticato e del Noviziato
della Delegazione Provinciale Filippina
St. Richard Pampuri Rehabilitation Center
26 Bo. Salaban - Amadeo - 4119 Cavite
Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.46.4131737
E-mail: [email protected]
http://bahaysanrafael.weebly.com
Sede dell'Aspirantato e del Postulantato
della Delegazione Provinciale Filippina
PROVINCIA ROMANA
PROVINCIA LOMBARDO-VENETA
www.provinciaromanafbf.it
[email protected]
• ROMA
Curia Provinciale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794
E-mail: [email protected]
Centro Studi e Scuola Infermieri
Professionali “San Giovanni di Dio”
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536
E-mail: [email protected]
Sede dello Scolasticato della Provincia
Centro Direzionale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520
Ospedale San Pietro
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33581 - Fax 06.33251424
www.ospedalesanpietro.it
• GENZANO DI ROMA
Istituto San Giovanni di Dio
Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045
Tel 06.937381 - Fax 06.9390052
www.istitutosangiovannididio.it
E-mail: [email protected]
Sede del Noviziato Interprovinciale
• BRESCIA
Centro San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.35011 - Fax 030.348255
[email protected]
Sede del Centro Pastorale Provinciale
Sede legale
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
e-mail: [email protected]
Istituto di Ricovero e Cura a Carattere
Scientifico San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513
E-mail: [email protected]
Asilo Notturno San Riccardo Pampuri
Fatebenefratelli onlus
Via Corsica 341 - Cap 25123
Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386
E-mail: [email protected]
• CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI)
Curia Provinciale
Via Cavour 2 - Cap 20063
Tel 02.92761 - Fax 02.9241285
Sede del Centro Studi e Formazione
Centro Sant’Ambrogio
Via Cavour 22 - Cap 20063
Tel 02.924161 - Fax 02.92416332
E-mail:a [email protected]
• SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI)
Centro Sacro Cuore di Gesù
Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078
Tel 037.12071 - Fax 037.1897384
E-mail: [email protected]
• SAN MAURIZIO CANAVESE (TO)
Beata Vergine della Consolata
Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077
Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175
E-mail: [email protected]
Comunità di accoglienza vocazionale
• SOLBIATE (CO)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Carlo Borromeo
Via Como 2 - Cap 22070
Tel 031.802211 - Fax 031.800434
E-mail: [email protected]
Sede dello Scolasticato
• TRIVOLZIO (PV)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Riccardo Pampuri
Via Sesia 23 - Cap 27020
Tel 038.293671 - Fax 038.2920088
E-mail: [email protected]
• VARAZZE (SV)
Casa Religiosa di Ospitalità
Beata Vergine della Guardia
Largo Fatebenefratelli - Cap 17019
Tel 019.93511 - Fax 019.98735
E-mail: [email protected]
• VENEZIA
Ospedale San Raffaele Arcangelo
Madonna dell’Orto 3458 - Cap 30121
Tel 041.783111 - Fax 041.718063
E-mail: [email protected]
Sede del Postulantato e dello Scolasticato
della Provincia
• CROAZIA
Bolnica Sv. Rafael
Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga
Sumetlica 87 - 35404 Cernik
E-mail: [email protected]
MISSIONI
• NAPOLI
Ospedale Madonna del Buon Consiglio
Via A. Manzoni 220 - Cap 80123
Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643
www.ospedalebuonconsiglio.it
• ERBA (CO)
Ospedale Sacra Famiglia
Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036
Tel 031.638111 - Fax 031.640316
E-mail: [email protected]
• ISRAELE - Holy Family Hospital
P.O. Box 8 - 16100 Nazareth
Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101
• BENEVENTO
Ospedale Sacro Cuore di Gesù
Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100
Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935
www.ospedalesacrocuore.it
• GORIZIA
Casa di Riposo Villa San Giusto
Corso Italia 244 - Cap 34170
Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988
E-mail: [email protected]
• TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu
Afagnan - B.P. 1170 - Lomé
Altri Fatebenefratelli italiani sono presenti in:
• BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu
Tanguiéta - B.P. 7