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Afp / Grazia Neri / Getty Images / J. Samad
ILPIANTO DELL’ORANGO ATripa il richiamo della foresta è ormai un ricordo. La
giungla di questa zona dell’isola indonesiana di Sumatra viene rasa al suolo
con un ritmo incessante. E a farne le spese sono i sun bear (gli orsi più piccoli del
mondo), i leopardi striati della specie
clouded e soprattutto gli orangotango.
Gli alberi vengono abbattuti per far spazio alle piantagioni di palma da olio, la cui
domanda è cresciuta vertiginosamente
negli ultimi anni. Europa, Cina, India e
Stati Uniti sono ghiotti del liquido ricavato dai frutti rossi e spinosi della palma, e
usato in moltissimi prodotti: rossetti, saponi, cioccolato, patatine, margarina,
biocarburanti. Indonesia e Malesia sono
i più grandi produttori di olio di palma,
ma anche l’ultimo rifugio per gli orangotango. Nel Borneo malesiano le grandi
scimmie stanno scomparendo, ma la situazione è ancor più allarmante a Sumatra, dove sono rimasti solo 6600 esemplari. A Tripa, in cui potrebbero vivere
1500 primati se la foresta pluviale venisse rigenerata, oggi se ne contano appena 280. «Un tempo sentivo le voci degli
animali, ma ora sono disturbato dal fra-
Un attivista del Centro Protezione Orango
simula un orango ucciso
durante una manifestazione a Jakarta.
Questa, come altre specie,
nel Borneo è in pericolo di estinzione.
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east . europe and asia strategies
a cura di Francesca
Lancini
stuono dei disboscatori», dice Indrianto, una guardia forestale. Al rumore dei
camion che trasportano i frutti delle palme, si aggiunge la vista desolante delle
monoculture o di intere aree desertificate, ricoperte di rami secchi e tronchi mozzati. Eppure c’è chi continua a chiamare
la palma “la pianta d’oro”, per i profitti
che se ne possono ricavare. In Aceh, a
nord di Sumatra, il business dell’olio di
palma sta facendo rinascere la penisola gravemente colpita da una guerra
trentennale e dallo tsunami del 2004.
Anche altrove, però, si è diffusa una sorta di mania per la coltivazione della palma, che può aiutare i contadini a uscire
dalla povertà. A sfruttare su larga scala
il boom dell’olio di palma, tuttavia, è soprattutto una multinazionale, la Jardine
Matheson, fondata in Scozia 177 anni fa.
Dopo aver fatto fortuna con il commercio
dell’oppio cinese, oggi i Keswicks – gli at-
LE PROVOCAZIONI DI TANJA «La provocazione è la mia specialità, dice Tanja
Ostojic. E infatti si grida spesso allo
scandalo quando quest’artista e attivi-
LA CINA TORNA AL POLO Dopo due
millenni il polo torna a conquistare l’Asia,
il continente in cui nacque. Lo sport a cavallo si giocò per la prima volta nel 600
a.C. fra turcomanni e persiani, anche se
è in India che ebbe il maggiore successo. Ora, però, ad appassionarsi alle gare
in sella è la Cina, che lo bandì a partire dal
1966, anno d’inizio della Rivoluzione Culturale. “Lo sport dei re”, come veniva allora chiamato nella Repubblica popolare, era malvisto da Mao Tse Tung, che lo
considerava una degenerazione aristocratico-borghese. Tuttora, infatti, nell’immaginario collettivo viene associato a
grandi raduni nella campagna inglese,
fra nobili snob e ricchi tenutari. Senza
contare che Ralph Lauren, uno dei marchi di lusso più in voga, ne ha fatto il simbolo del suo brand. Lo svago di un tempo, dunque, ricompare in Cina a 1800 anni dalla prima partita, fra i nuovi ricchi
della crescita economica. Imprenditori,
boss della finanza e più in generale uomini d’affari arrivano alle gare con auto
sportive e rispettivi personal trainer. Gene Wang, un ex operatore finanziario di
Shanghai, oggi dice di essere più interessato al divertimento che al lavoro: «Per
un certo tipo di persona, che ha acquistato una grande casa, macchine veloci, cose di marca, e che ha anche una compagna da mantenere, arriva prima o poi il
momento di chiedersi: in che altro modo
posso spendere i miei soldi?». Il polo è sicuramente uno di questi per i giovani magnati cinesi, più propensi a godersi le fortune accumulate in breve tempo che a
sposare la rigida etica del lavoro dei genitori. Tra i giocatori ci sono anche donne, come l’imprenditrice Liang Shangyan, una delle prime signore a praticare questo sport in Cina. «Coloro che giocano a polo rappresentano la prima generazione di ricchi del mio Paese», dichiara con un moto di orgoglio. Come in
tuali proprietari – controllano anche Astra
Lagro Lestari, uno dei più importanti produttori di olio di palma in Indonesia. Per
questo gli ambientalisti britannici (e non
solo) protestano contro la scandalosa distruzione della giungla di Tripa, che fu
avallata negli anni Novanta sotto il regime dispotico e corrotto di Suharto. A causa di accordi e interessi poco limpidi, è
tutto un ecosistema a soffrire: le comunità che dipendono dai bacini d’acqua
della giungla, i pesci degli acquitrini pluviali, le erbe medicinali del sottobosco. E
naturalmente gli orango, espropriati della loro “casa” sugli alberi, e di insetti e
frutti esotici di cui cibarsi.
sta serba rende pubblici i suoi lavori, ora
raccolti nel libro Integration impossible?
The Politics of Migration in the Artwork
of Tanja Ostojic. Tra i più importanti c’è il
manifesto celebrativo scelto nel 2005 tra
75 giovani artisti europei per il progetto
Europart, che doveva rappresentare la
nuova Europa: una rivisitazione de L’origine del mondo di Gustave Courbet, che
ritrae uno slip blu da donna con il simbolo dell’Unione Europea. Il messaggio
sottinteso è che “le donne straniere sono benvenute in Europa solo se si tolgono le mutande”. Tanja Ostojic, 37 anni,
ha sviluppato il suo percorso artistico a
partire dalla sua condizione sociale. Nata e cresciuta in Serbia, ha subito le sanzioni economiche degli anni Novanta, e
ha vissuto la povertà e l’isolamento dal
resto del mondo. Tutto ciò ha influenzato il suo lavoro, in cui spesso esprime
profonda indignazione verso l’Unione
Occidente, nei raduni si fanno collette di
beneficienza e ci si atteggia a fashion victim. Chissà se Mao poteva prevedere la
moltiplicazione di tanti neo-capitalisti
quando disse: “Le classi combattono tra
loro, alcune hanno la meglio, altre la peggio. Così accade nella storia della civilizzazione da centinaia di anni”.
Afp / Grazia Neri / The Art Archive / Musée Cernuschi, Parigi / G. Dagli Orti
COSE DELL’ALTRO MONDO
Europea. Secondo Tanja quest’ultima,
isolando con il rigoroso regime dei visti
la Serbia, emarginerebbe un intero popolo negandogli la possibilità di viaggiare e
vivere oltre le proprie frontiere. Da sempre conosciuta per la sua critica alle istituzioni, ha spesso superato i confini tra
vita privata e pubblica venendo così paragonata a Vanessa Beecroft, una delle
artiste italiane più accreditate nel panorama internazionale. Laureata in scultura e arte contemporanea, Tanja non perde occasione di scioccare il pubblico con
le sue performance. In Sarò il tuo angelo,
in mostra alla 49a biennale di Venezia, è
“ragazza di compagnia” del direttore Harald Szeemann, alludendo a relazioni
sessuali tra lei e il curatore. Ma il suo lavoro più intrigante e conosciuto è il progetto Looking for an husband with Eu
passport (Alla ricerca di un marito con
passaporto europeo), dove l’artista, nuda e depilata dalla testa ai piedi (con riferimento ai prigionieri nell’epoca comunista) si propone, attraverso l’indirizzo
[email protected], come moglie
per qualche futuro marito dell’Ue. Anche
la vita matrimoniale con l’artista tedesco
Klemens Golf, che effettivamente conobbe tramite posta elettronica, è stata resa
in forma di performance. Tanja ha celebrato il suo divorzio nella Galleria 35 di
Berlino, all’inaugurazione del suo Integration Project Office, in cui sono confluite le ricerche e le esperienze di una vita
da emigrata in Germania. Tanja Ostojic
vuole trattare e magari risolvere i problemi politici attraverso l’arte. Nel suo
ultimo progetto femminista, intitolato
Prologo-Nuovo femminismo/Nuova Europa, ha lanciato nuovamente il messaggio di una donna che lotta per la libertà di
movimento e la possibilità di lavorare dove si desidera.
Sanja Lucic
LINGERIE SOTTO IL VELO In Arabia Saudita un piccolo gruppo di donne sta conducendo una battaglia senza precedenti: convincere le autorità a dar loro il permesso di vendere la biancheria intima
femminile, invece che ai soli uomini come è accaduto finora. Grazie a 26 reggiseni donati dal sexy marchio americano
Victoria’s Secret, 26 ragazze hanno completato il primo corso per commesse di
lingerie al Dar al-Hekma College di Jiddah. Dopo 10 giorni e 40 ore di lezione,
le studentesse hanno imparato a vestire, catalogare e vendere ogni capo d’abbigliamento intimo. Il compito più difficile è stato vincere l’imbarazzo nell’apprendere la vestibilità di reggiseni, tanga
e vestaglie, come far fronte alle richieste
delle clienti e come ordinare i capi all’interno di un negozio. Nel regno wahabita, dove la legge è un’interpretazione
fondamentalista del Corano, tutti i negozi sono gestiti da uomini. L’unica eccezione riguarda poche donne in alcune
boutique all’interno dei grandi centri
commerciali. Le autorità religiose hanno
un’elevata influenza su governo e società nel bandire ogni cosa che possa condurre alla cosiddetta emancipazione
femminile. Le donne non possono andare in bicicletta, guidare un’auto, votare.
In un fast-food , per esempio, è vietato loro di stare in coda con gli uomini. Non
possono, inoltre, accedere ad alcune cariche e lavorare nel settore petrolifero.
Ma qualcuna continua a non arrendersi.
L’idea del corso universitario è venuta a
Suhair al-Qurashi, preside del Dar alHekma, e a Reem Asaad, ideatrice di una
campagna di boicottaggio dei negozi in
mano a soli uomini. Queste donne sono
stanche di dover discutere di dettagli intimi con venditori maschi e di sentirsi
ogni volta divorate con gli occhi.
numero 26 . ottobre 2009
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