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Il boicottaggio, l'olio di palma e la grande «guerra» dei condimenti Dopo la margarina, è il nuovo prodotto alimentare sotto accusa. Ma è vero che fa male alla salute? P asta di cacao, zucchero, burro di cacao, emulsionante. Eventualmente latte. Ma niente olio di palma. Le uova di Pasqua in vendita nei supermercati sono quasi tutte "palm oil free". Passando in rassegna una dozzina di marchi, i più diffusi, ne abbiamo trovato solo uno che dichiarasse la presenza del grasso ricavato dalla polpa dei frutti della palma. Economico e versatile, questo olio è diventato l'arcinemico dei consumatori eticamente consapevoli. Accusato di distruggere le foreste tropicali, condannare all'estinzione gli orangutan e altri animali iconici, ostruire le nostre arterie. Quanto c'è di vero? L'olio di palma può trovarsi dappertutto, non soltanto in biscotti e merendine. Secondo Coldiretti nel 2014 ne abbiamo importati 1,7 miliardi di chili. Fino a qualche mese fa se ne stava nascosto in etichetta, co- perto dalla vaga dicitura "oli vegetali". Ora non più: sulla Nutella, ad esempio, sta scritto chiaro e tondo. Ma dopo anni di pratiche ecologicamente disastrose, e dopo un'efficace campagna di sensibilizzazione, ora i colossi alimentari si sono convertiti a una certificazione sostenibile. Il loro olio di palma, insomma, dovrebbe essere estratto da piantagioni controllate, minimizzando i danni per l'ambiente nei paesi produttori, che sono soprattutto Malesia e Indonesia. Oltre centomila persone però non si accontentano di invocare garanzie e hanno firmato una petizione per chiedere a ministri e produttori di eliminare l'ingrediente, n problema è che, anche volendo sostituMo, l'industria finirebbe per usare oli che non hanno un'impronta ecologica migliore. Per ironia della sorte l'International Food Policy Research Institute ipotizza che il boom della palma sia stato innescato dalla demonizzazione di altre sostanze che sono salite via via sul banco degli imputati. Per ragioni di salute prima abbiamo cercato di ridurre il consumo di burro, poi di bandire i grassi trans. Quindi la lettera scarlatta sull'olio di soia, inviso perché Ogm, ha contribuito alla fortuna della palma da olio. La nuova "cash crop" ha un profilo lipidico più saturo e dunque meno sano rispetto agli altri oli vegetali, sostiene un'affermata scuola di pensiero. Peccato che la metaanalisi pubblicata nel 2014 da Elena Fattore dell'Istituto Mario Negri sull'American Journal of Clinical Nutrition non abbia trovato la pistola fumante. Chi consuma olio di palma non sembra correre un rischio cardiovascolare maggiore degli altri. Sicuri di voler boicottare? Anna Meldolesi L'olio di palma (nella foto Reuters, la raccolta dei frutti) è presente anche in molte uova di Pasqua © RIPRODUZIONE RISERVATA