qui - Palma il Vecchio
Transcript
qui - Palma il Vecchio
Le Conferenze Palma 2015 Bergamo, Università degli Studi, Sala conferenze di via Pignolo 123, ore 18 Giovedì 19 febbraio 2015 Giovanni C.F. Villa, Palma, una vita Giovedì 5 marzo 2015 Eleonora Caccia, Bergamo al tempo di Palma: tra storia, abitanti e arte Giovedì 19 marzo 2015 Emanuel Stelzer, 'Vanita la favola'? Rappresentazioni di Violante, figlia di Palma, nella letteratura italiana e straniera Giovedì 2 aprile 2015 Carmen Spadaro, “Gli uomini preferiscono le bionde”. La rappresentazione femminile tra mondo classico e Rinascimento veneto Giovedì 16 aprile 2015 Thomas Persico, Musica veneta al tempo di Palma: dalle Canzoni “per cantar e sonar col liuto” alla ritrattistica femminile Giovedì 30 aprile 2015 Nella Coletta, L’urlo della mandragora: visioni alchemiche dell’antico femminile tra spazi architettonici e piante magiche. Giovedì 7 maggio 2015 Olga Piccolo, La rappresentazione del femminile in Palma riletta in manoscritti inediti, tra idealismo e intensità emotiva Giovedì 21 maggio 2015 Matteo Bianchi, Il mito della bellezza: un itinerario tra Palma e Pier Paolo Pasolini Giovedì 11 giugno 2015 Stefano Guerini Rocco e Giulia Valsecchi, Femminilità svelate. Scene dal sensualismo arabo-persiano all’eros secondo Walerian Borowczyk Le Conferenze Palma 2015 Bergamo, Università degli Studi, Sala conferenze di via Pignolo 123, ore 18 Giovedì 19 febbraio 2015 Giovanni C.F. Villa, Palma, una vita Giovedì 5 marzo 2015 Eleonora Caccia, Bergamo al tempo di Palma tra storia, abitanti e arte L’intervento si pone l’obiettivo di raccontare gli eventi che accaddero nella città orobica mentre il pittore gettava le basi della sua fulgida carriera a Venezia. Gli anni di Palma rappresentarono un momento cruciale nella storia di Bergamo, coincidendo con l’unica cesura del dominio veneziano durato oltre tre secoli e mezzo. Infrantasi l’aurea mediocritas del governo repubblicano a causa delle Guerre d’Italia, i Bergamaschi attraversarono periodi bui di faide interne, lotte e tradimenti; sudditi dapprima dei Francesi, poi degli Spagnoli, furono infine travolti dai mercenari imperiali che li sottoposero a sacrifici inauditi. Di questi drammatici sette anni resta memoria nelle cronache del tempo, non solo nelle opere letterarie a stampa ma anche nei diari manoscritti tutt’oggi conservati, inediti, presso la Civica Biblioteca di Bergamo; proprio tra queste voci dell’epoca si snoda la prima parte dell’intervento, culminante nell’episodio del ritorno della Serenissima in città nel 1516 (Palma, intanto, compiva i suoi primi trentasei anni). Il giubilo in quell’occasione non fu solo atto formale: fu sentita fiducia in una dominatrice rispettosa della dignità dei conquistati. In verità, nonostante la crisi di quegli anni, è come se, in una certa parte di Bergamo, il mito di Venezia non fosse mai caduto. Il secondo atto della conferenza, infatti, dimostra come la via Pignolo, cioè l’asse urbano orientato verso Venezia, già durante le invasioni diede segni di incredibile sviluppo: famiglie nobili e ricchi mercanti fecero a gara per edificare un palazzo nel borgo, cosicché in pochi anni esso poteva considerarsi la strada più “chic” della città. Vivere in quel rione significava continuare idealmente a guardare alla Serenissima, ai suoi modelli civili, sociali e culturali. Non è un caso che i facoltosi residenti, soprattutto i commercianti in cerca di affermazione sociale, scelsero i pittori formatisi a Venezia per farsi ritrarre ed eternare così la propria effigie. In questo modo, il percorso, iniziato con la storia politica di Bergamo e proseguito con la presentazione di alcuni dei suoi abitanti, si chiude sulle opere dei colleghi di Palma, pittori del calibro di Lotto e Previtali, che misero la loro arte a servizio della cittadinanza orobica. In ultimo, a dire il vero, resta una sorpresa, che tuttavia non può essere svelata. Non ancora. Giovedì 19 marzo 2015 Emanuel Stelzer, 'Vanita la favola'? Rappresentazioni di Violante figlia di Palma, nella letteratura italiana e straniera È dal Seicento che è andata sviluppandosi la leggenda per cui Palma avesse una bellissima figlia, Violante. Di lei si scrisse che fosse la modella preferita per i quadri del padre e l’amante di Tiziano e Giorgione. Se ne scorsero le fattezze nella maggior parte dei ritratti dei pittori del Rinascimento veneto. Gli studiosi dell’arte hanno ormai da tempo mostrato l’infondatezza di questa leggenda; tuttavia Violante ha continuato a rivivere sotto lo sguardo evocatore degli scrittori. In un intrecciarsi di sdoppiamenti e reinterpretazioni, la figura di Violante compare in letteratura di volta in volta incarnando aspetti del femminile a seconda del contesto culturale: fanciulla angelo, donna fatale, figlia devota, amante voluttuosa, donna colta e istruita. Ciò che invece rimane costante è il mito nostalgico della Venezia rinascimentale di cui Violante diviene il simbolo. L’intervento avrà come oggetto questa interessante serie di rappresentazioni. Vedremo come Violante ha affascinato sia massimi autori (primo fra tutti, Gabriele D’Annunzio), sia scrittori minori (tra gli altri, Ida von Hahn-Hahn, Bessie Rayner Parkes, Arsène Houssaye, William Sharp, David Weiss). Violante compare in poesia, in prosa e perfino nella musica lirica. Le letterature esaminate saranno quella italiana, l’inglese, la statunitense, la francese e quelle in lingua tedesca. Si tratta del primo studio ad affrontare questo tema, un’occasione per riscoprire una figura che, ora dimenticata dai più, era entrata a far parte dell’immaginario collettivo dell’Ottocento e primo Novecento. Giovedì 2 aprile 2015 Carmen Spadaro, “Gli uomini preferiscono le bionde”. La rappresentazione femminile tra mondo classico e Rinascimento veneto Come immaginavano la loro “bella donna” gli antichi? E i pittori veneti dell’età rinascimentale, a quali modelli si ispiravano per ritrarre le loro dame? Chi poteva essere considerata l’incarnazione della bellezza nel passato? L’intervento cercherà di rispondere a queste domande, tracciando l’identikit della donna perfetta (dell’antichità e del XVI secolo) e dimostrando che la concezione di bellezza femminile nel Rinascimento è speculare a quella del mondo greco-latino. In un dialogo articolato in due momenti. Nella prima sezione si stabilirà un confronto fra l’ideale muliebre antico e quello rinascimentale mediante l’analisi di molteplici fonti classiche, di Grecia e Roma, dall’età arcaica all’età imperiale. Per il XVI secolo, invece, si prenderanno in esame due opere che hanno il pregio di tracciare in maniera netta tutte le caratteristiche che una donna doveva possedere per apparire bella: la Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, frate domenicano del convento veneziano dei SS. Giovanni e Paolo, e Il libro della bella donna di Luigini da Udine. La seconda parte sarà dedicata alla cosmesi che nel mondo antico, così come in quello rinascimentale, ha rivestito un’importanza fondamentale, poiché consentiva – e consente tutt’oggi! – di aggirare l’imperfezione della natura, rappresentando un ottimo escamotage per rendere le donne più attraenti. Anche in questo caso si prenderanno in considerazione vari documenti: in particolare, per il mondo classico si analizzeranno due opere di Ovidio, Medicamenta faciei e Ars amatoria, mentre per il Rinascimento il contributo si avvarrà di Experimenti della excellentissima signora Caterina da Forlì di Caterina Sforza e Habiti antichi e moderni di diverse parti del mondo di Cesare Vecellio. Giovedì 16 aprile 2015 Thomas Persico, Musica veneta al tempo di Palma: dalle Canzoni “per cantar e sonar col liuto” alla ritrattistica femminile Quale musica poteva aver udito Jacopo Negretti durante il primo periodo di produzione a Bergamo e il secondo a Venezia? Quali repertori mostravano l’egemonia politica e culturale veneziana? Per capire le tecniche e i repertori dell’epoca, sarà proposta un’escursione attraverso la musica tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento. Dalla Basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo fino a San Marco a Venezia, a fianco delle più tradizionali prassi esecutive, si proponevano nuove tecniche di sperimentazione musicale capaci di rendere spettacolari le più solenni funzioni liturgiche. Proprio a Bergamo, nel tempo di Adriano Willaert (iniziatore della Scuola veneziana), era attivo Gasparo de Albertis, sacerdote e Maestro di cappella che esercitava il canto in Santa Maria Maggiore già dal 1502. Egli sviluppò una delle prassi esecutive peculiari dell’epoca, l’esecuzione «a chori spezzati», che condizionò gran parte del repertorio musicale diffuso anche ben oltre i confini italiani. Inoltre, nel repertorio musicale profano del tempo, tra canzoni, frottole, strambotti, e madrigali, si ritrovava il gusto tipicamente rinascimentale associato alla più pura ripresa della tradizione lirica del Trecento. Si trattò, cioè, di un periodo di fervido umanesimo nel quale la musica era presente a ogni livello. Anche per Palma non fu estraneo quel gusto musicale “veneziano” capace di congiungere le nuove tecniche policorali al repertorio liturgico e capace di combinare i più moderni generi lirici per musica con la tradizione petrarchesca. Giovedì 30 aprile 2015 Nella Coletta, L’urlo della mandragora: visioni alchemiche dell’antico femminile Tra spazi architettonici e piante magiche Chi era davvero Afrodite e che cosa la lega al Paradiso terrestre? Per rispondere a simili domande dobbiamo prima chiederci che cosa la dea della bellezza rappresentasse per gli antichi. Tracce archeologiche che si perdono nella notte dei tempi e trame mitologiche ancora tutte da decifrare ci parlano di un ideale di dea assai virile, molto vicino alla verde vitalità delle piante e in particolare alla mandragora-belladonna, capace tanto di sanare difficili ferite quanto di uccidere il suo incauto raccoglitore. L’antica visione dell’amore, cui pur sempre presiede la bella Afrodite, è un intreccio ancora poco sondato di conoscenze legate al mondo magico della natura e alla sensitività della materia, che carica di segni misteriosi persino gli elementi architettonici. La donna è una pianta, ma è anche una porta e una finestra, colei che custodisce le regole del varco verso un altro mondo, verso un ordine diverso di conoscenza e un modo di amare totalmente altro. Come porta chiusa impone all’uomo il divieto di profanare ciò che è sacro, come finestra apre l’accesso al palazzo dell’amore universale, nascondendo però la chiave dentro un percorso iniziatico che impone il sacrificio. L’eredità antica della donna-pianta si profila nella storia come lo scrigno di conoscenze arcaiche sull’origine dell’uomo e sulla perdita del Paradiso, conoscenze sapientemente celate nelle loro opere dagli intellettuali di ogni tempo. Eletta infatti a oggetto di mitica ricerca dai primi filosofi della natura, l’antica idea del femminile popola i sogni di poeti come Dante Alighieri, si occulta nelle tele di artisti come Palma e sempre dall’arte leva il suo monito affinché chi è in cerca non smetta di decifrare i suoi segni. Giovedì 7 maggio 2015 Olga Piccolo, La rappresentazione del femminile in Palma riletta in manoscritti inediti, tra idealismo e intensità emotiva Il contributo intende valutare il significato che sta dietro la spasmodica ‘caccia’ alle opere d’arte femminili di Palma, messa in atto dal Cinquecento al Novecento – con il recente caso del ritratto di donna rinvenuto nel bunker di Hitler su cui sarà introdotta una nuova pista di ricerca – e che arriva sino ai giorni nostri. Attraverso un’apposita e inedita ricerca documentaria, condotta presso gli Archivi di Parigi, Venezia, Milano e Bergamo, si illustrerà con quali occhi tale febbrile richiesta venne portata avanti, in particolare in epoca napoleonica, quando si attuarono alcuni “furti d’arte” di opere con soggetti femminili di Palma, confusamente attribuiti però, per la difficoltà di valutare la portata innovativa del suo linguaggio, a Giorgione, Lorenzo Lotto e Tiziano. Da tale disordine si iniziò ad uscire grazie alle rilevazioni condotte sui principali capolavori femminili di Palma – la cui diffusione collezionistica era nel frattempo esplosa in tutto il mondo – da Giovanni Battista Cavalcaselle, uno dei padri fondatori della disciplina del “conoscitore d’arte”. Rendendo noti, ora per la prima volta, i suoi disegni e le sue annotazioni di studio sulle opere di Palma, sarà possibile valutare le nuove attribuzioni che riuscì a compiere e, soprattutto, l’inserimento dell’artista nella scuola di pittura “veneto-bergamasca” – termine coniato ex-novo nei manoscritti del conoscitore – e dare così una più corretta interpretazione del linguaggio delle ‘donne’ di Palma. Grazie alla lettura di tali fonti manoscritte è stato, infatti, possibile capire che Palma, pur agendo all’interno del Rinascimento veneto, seppe ideare un linguaggio di ‘rottura’: con l’apporto del legame con la sua terra di origine (Bergamo), guardò alla rivoluzione ‘emotiva’ di Lotto (filtrata nel linguaggio dei “moti dell’animo” di Leonardo, passato in Lombardia) e aprì quindi la strada alla successiva pittura di “realtà” di Caravaggio. Ciò senza mai perdere il personale connubio tra idealismo e sensualità, tra “delicatezza” e “carne vera”, che rende le ‘donne’ di Palma avvolte in un vortice di mistero che - ancora oggi - cattura a sé lo spettatore. Giovedì 21 maggio 2015 Matteo Bianchi, Il mito della bellezza: un itinerario tra Palma e Pier Paolo Pasolini Cos’hanno in comune Pier Paolo Pasolini e Palma? Apparentemente nulla, in realtà c’è un concetto che può riassumere l'opera poetica dei due artisti: la nostalgia. È proprio l'università di questo concetto letterariofilosofico che abbatte la distanza temporale e culturale tra i due. Questo attaccamento alla terra materna, Serina da una parte e Casarsa dall'altra, si trasforma in una nostalgia malinconica che si trova in molte poesie di Pasolini e quadri di Palma. Ma è soprattutto sui corpi e i gesti delle loro donne che è iscritta questa forma di rimpianto verso i luoghi della giovinezza, luoghi che racchiudono in sé le tracce di quell'Italia alpestre che Palma cercherà nella sua mitizzazione di Venezia, mentre Pasolini nelle borgate romane e nelle città del Terzo Mondo. Giovedì 11 giugno 2015 Stefano Guerini Rocco e Giulia Valsecchi, Femminilità svelate. Scene dal sensualismo arabo-persiano all’eros secondo Walerian Borowczyk Nella tradizione pittorica cinquecentesca, grazie anche al contributo di Palma, prende forma un’ideale di bellezza matronale, fatta di corporeità morbide e allusioni sensuali. Evocazioni che sembrano fare dell’occhio l’inizio e la fine di un viaggio accolto nella Serenissima, crocevia di commerci e civiltà, come mappa di colori, forme ed erotismi in cui lo sguardo femminile fa da bussola, a cavallo tra le atmosfere occidentali e orientali. Il richiamo è agli archetipi del poema amoroso Lejla e Majnun del persiano Nezami, alla scia orientalista delle odalische e bagnanti dipinte da Delacroix e Ingres, ma anche alla serie contemporanea di videoinstallazioni Women of Allah firmate Shirin Neshat. Se è inoltre vero che dietro ogni ritratto sopravvive un non detto, in Giovane donna di spalle di Palma persiste, ad esempio, l’impressione di una posa temporanea che esclude dalla vista il pittore, senza di fatto negarne la complicità. Una presenza assente, quella dell’artista, che prende corpo in una breve scena teatrale scritta per l’occasione. Un dialogo tra generi e scritture diverse, dunque, sempre sulla scia di un sensualismo latente ma inconfutabile, in cui si inserisce anche il cinema anticonformista e giocosamente provocatorio di Walerian Borowczyk. Titoli come Contes immoraux e soprattutto il succès de scandale La Bête costituiscono infatti un omaggio al culto voyeuristico della bellezza femminile. Vengono in mente le opere della maturità del Palma, come le Ninfe al Bagno di Vienna, incentrate sull’esaltazione dei nudi nella loro sinuosa plasticità. Ma Borowczyk si spinge oltre, tessendo una poetica non solo del corpo, bensì del potere liberatorio, sovversivo della sessualità femminile. Quello che in Palma è ammiccamento ed eco maliziosa, in Borowczyk diventa così offerta esplicita e carnalità disvelata. La tensione del desiderio suggerita dalle Belle palmesche, deflagra irrimediabilmente nelle pellicole dell’autore polacco, tracciando un ponte sottile di dialogo tra artisti apparentemente inconciliabili, che permette però di arricchire di echi singolari e intriganti l’opera di entrambi.