Ricerca 2016 introduzione e abstract

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Ricerca 2016 introduzione e abstract
ASSOCIAZIONE PER GLI
STUDI E LE RICERCHE
PARLAMENTARI
SEMINARIO DI STUDI E RICERCHE PARLAMENTARI: RISULTATI DELLA RICERCA SVOLTA NEL
CORSO DEL SEMINARIO 2016.
LA VALUTAZIONE DELLE POLITICHE PUBBLICHE:
I NUOVI COMPITI DEL SENATO IN PROSPETTIVA COMPARATA
Secondo un indirizzo ormai consolidato, la ricerca collettiva che ogni anno i borsisti sono tenuti a
svolgere, in parallelo alla frequenza dei corsi, ha sempre riguardato temi legati all’attività delle
assemblee elettive: da quella legislativa nelle sue diverse forme a quella di indirizzo e controllo
dell’Esecutivo. Si è trattato di ricerche di taglio comparatistico, volte a mettere a confronto regole
e prassi proprie del nostro Parlamento con quelle proprie di altri Parlamenti.
Quest’anno oggetto della ricerca è stata un’attività parlamentare sin qui mai esercitata perché del
tutto nuova e prevista, per la prima volta dal testo della riforma costituzionale da poco varata
dalle Camere. Nel nuovo testo dell’art. 57 Cost., al comma 6 si legge infatti che il Senato “ valuta le
politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche
dell’Unione europea sui territori”. Sulla carta si presenta come una funzione fondamentale per
migliorare le scelte politiche sin dal momento della loro formulazione e per verificarne i risultati ,
a posteriori, sul piano della loro applicazione (il che implica appunto un monitoraggio dell’azione
degli organi amministrativi coinvolti nella fase di attuazione delle politiche pubbliche. La
disposizione ora richiamata accentua ancor di più il rilievo di questa funzione valutativa
riferendola non solo alle politiche pubbliche nazionali, ma anche a quelle dell’Unione europea.
La ricerca ha messo in luce alcuni aspetti preliminari del tema e sottolineato i principali problemi
che l’esercizio di una funzione di questo tipo presenta, alla luce dell’esperienza maturata al
riguardo in alcune esperienze straniere (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti) e in quella del
Parlamento europeo.
Tra li aspetti preliminari, va sottolineata la non coincidenza tra la valutazione di una politica
pubblica con la valutazione della correttezza formale di un singolo testo legislativo(drafting) o con
l’impatto che esso è destinato ad avere nel tessuto normativo preesistente. Una politica pubblica
può realizzarsi con uno o più interventi normativi, tutti da sottoporre a valutazione alla luce degli
obiettivi che si intendono raggiungere e dei risultati effettivamente conseguiti. Ciò significa
valutare alla luce di una serie di indicatori prevalentemente di ordine economico (rapporto costibenefici, impatto economico, sociale e ambientale) e dei risultati emersi da un processo di
consultazione degli stakeholder la validità o meno dell’intervento pubblico programmato in un
determinato settore (valutazione ex ante), nel verificare successivamente (valutazione ex post), a
distanza di un certo periodo di tempo, se i risultati conseguiti corrispondano o meno a quelli
voluti e, in quest’ultima ipotesi, nell’evidenziare le ragioni che l’hanno determinata (errori nelle
valutazioni iniziali, ritardo nell’implementazione normativa, inefficienza della pubblica
amministrazione e così via). La valutazione ex ante ed ex post, ove esercitata dal Parlamento, può
essere una funzione di supporto per l’esercizio dell’attività legislativa (arricchendone la capacità
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valutativa delle proposte del Governo), di esercizio più consapevole della tradizionale funzione di
controllo, ma più in generale una funzione di supporto ad un miglioramento dei processi di
decisione politica e ad una loro più trasparente conoscibilità da parte dell’opinione pubblica.
Tra i problemi principali che una funzione così complessa presenta si possono richiamare i
seguenti. In primo luogo, l’esigenza di poter disporre di specifiche professionalità (non solo
giuridiche, ma economiche, statistiche, informatiche) in grado di muoversi con consapevolezza
nella raccolta e valutazione di dati e informazioni, secondo criteri e modelli che vanno definiti. In
secondo luogo, l’esigenza di disporre di canali di informazione indipendenti e distinti da quelli
utilizzati dal Governo. In terzo luogo, l’esigenza di sciogliere quello che forse è il nodo più
complicato: è possibile che questa funzione sia svolta direttamente e in proprio dal Parlamento (o
da una Camera) o è preferibile, secondo quanto è avvenuto in Gran Bretagna, che gli organi
parlamentari incaricati della valutazione si avvalgano della collaborazione di un’Agenzia di
valutazione esterna? Si tratta di problemi non semplici da risolvere che dovranno essere affrontati
per tempo in sede di attuazione della riforma in discussione se non si vuole correre il rischio che
questa nuova funzione resti solo sulla carta.
In questa prospettiva, la ricerca condotta quest’anno nell’ambito del Seminario parlamentare
costituisce un primo contributo di messa a punto del tema.
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ABSTRACT UNIONE EUROPEA
DI CHIARA CORDOVA, MARIA ELENA DE TURA, LIVIA LAMPARIELLO,
MARIALUISA PALERMO, SILVIA PICCIONE, ILENIA SCARLATO
Il presente contributo si propone di ripercorrere, su un piano storico-normativo, le principali
iniziative intraprese in sede UE in materia di valutazione delle politiche pubbliche. In particolare,
l’attenzione è rivolta sia alla valutazione intesa come strumento utilizzabile nell’ambito di una più
ampia strategia finalizzata alla semplificazione ed al miglioramento della qualità della normazione
(c.d. Better regulation), sia al ruolo che in tale contesto ricoprono le istituzioni europee.
Diversamente da quanto accaduto in altri sistemi (ove una funzione attiva nella promozione e
nell’uso di attività valutative è stata fin da subito rivestita dai Parlamenti nazionali), a livello
europeo, dagli anni ‘80, è stata la Commissione, quale organo esecutivo, promotore del processo
legislativo, a ricorrere per la prima volta ad analisi di impatto sulle proposte di legge atte ad
incidere sul sistema economico, sociale ed ambientale. È solo a partire dall’inizio del nuovo secolo,
infatti, che nel sistema europeo è stata avvertita la necessità di sviluppare un nuovo modello di
valutazione, che non si limitasse all’analisi ex ante, ma considerasse altresì il controllo ex post
degli effetti prodotti dalle politiche attuate, realizzabile attraverso l’adozione di programmi
finalizzati al coinvolgimento di tutte le istituzioni europee. Tale ultimo obiettivo è stato conseguito
attraverso una serie di Accordi interistituzionali adottati dal 2003 ad oggi, che hanno contribuito a
determinare una maggiore partecipazione del Parlamento europeo anche nello svolgimento di
valutazioni ex ante, in itinere ed ex post, specie dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Pertanto, nella prima parte del report verrà dato ampio spazio ad un excursus storico delle più
importanti iniziative intraprese dall’Unione europea dal 2000 ad oggi. Nello specifico, sarà oggetto
di approfondimento il recente intervento della Commissione Junker in materia di better
regulation, che ha portato nel 2015 alla nuova Agenda europea “Better regulation for better
results”, di cui verrà illustrato il contenuto, soprattutto con riguardo all’ultimo Accordo
interistituzionale “Better Law-Making- Legiferare Meglio”, con cui si prevede, tra l’altro, un
potenziamento delle attività di valutazione e delle strutture delegate ad esse.
Come già accennato, dunque, a livello europeo, su spinta della Commissione, si è
progressivamente registrata una più ampia partecipazione nell’attività di valutazione del
Parlamento europeo, che a tal fine dal 2013 si è dotato di un’apposita struttura amministrativa, la
Direzione generale per i servizi di ricerca parlamentare (EPRS). Questo organo, istituito allo scopo
di fornire ai parlamentari analisi imparziali ed autorevoli su tematiche inerenti l’UE, a sua volta, si
compone di tre Direzioni, di cui una (c.d. Direzione della valutazione di impatto e del valore
aggiunto europeo) incaricata precipuamente di svolgere valutazioni di impatto autonome ed
indipendenti. Quest’ultima, a sua volta si suddivide in sette unità deputate allo svolgimento di
valutazioni ex ante, in itinere ed ex post, sul cui funzionamento ci si soffermerà nella seconda parte
del presente lavoro. Allo stesso modo, verrà analizzato un tema intrinsecamente legato alla qualità
della normazione e, dunque, alla valutazione di impatto, ossia quello relativo al cd. “costo della
non Europa” o c.d. "opzione zero", che implica la necessità di considerare, in sede di sviluppo di
una proposta legislativa, l’opportunità di non adottare alcun provvedimento. Particolare
attenzione sarà rivolta, altresì, al ruolo degli Stati membri e dei Parlamenti nazionali, i quali, oltre
ad essere chiamati a verificare il rispetto dei principi di proporzionalità e sussidiarietà, svolgono
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un ruolo importante anche nel processo di valutazione per quanto riguarda l’esame degli effetti
prodotti dalle politiche europee all’interno dei singoli territori, nonché sulle autorità nazionali,
regionali e locali.
Saranno poi confrontati i metodi e le best practices adottati da Commissione, Consiglio e
Parlamento nel processo di public policies evaluation che li coinvolge direttamente. In tal senso, ci
si soffermerà dapprima su una delle peculiarità dell'analisi delle politiche pubbliche all’interno
dell'Unione Europea, concernente il coinvolgimento della cittadinanza nell'elaborazione di esse.
Come verrà illustrato nel report, infatti, in ambito europeo è divenuto frequente il ricorso a
strumenti quali l'iniziativa dei cittadini, le consultazioni degli stakeholders, le petizioni al
Parlamento europeo. Per le stesse ragioni, saranno oggetto di attenzione anche i programmi creati
dalle stesse istituzioni, finalizzati alla semplificazione della legislazione europea ed alla riduzione
dei suoi costi. In questa ottica, verrà approfondito il programma REFIT (Regulatory Fitness and
Performance Programme), vale a dire il programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia
della regolamentazione europea, introdotto sin dal 2012 ed oggi potenziato attraverso la
creazione di un’apposita piattaforma. Quest’ultima, prevista nell’ambito delle misure inserite
nell’Agenda europea “Better regulation for better results” del 19 maggio 2015, nasce proprio con
l’intento di far convergere gli input degli stakeholders sulle modalità atte a migliorare la normativa
europea nel contesto del programma REFIT.
Il report ha, invero, imposto anche una riflessione sul problema del c.d. deficit democratico
dell'Unione europea legato alla mancanza di legittimazione democratica delle stesse istituzioni
europee. Si analizzerà, perciò, seppur brevemente, il funzionamento della Commissione, del
Parlamento europeo, del Consiglio e delle competenze loro attribuite. Nella prospettiva, dunque,
di un potenziamento democratico del processo decisionale dell’Unione europea, si metterà in
evidenza come la vera sfida a livello europeo si gioca oggi sulla capacità di un coinvolgimento di
tutte le istituzioni, anche per il tramite di accordi interistituzionali, chiamate ad alimentare un
circuito di interscambio politico adeguato alle grandi questioni oggetto delle varie policies.
Allo scopo, poi, di sottolineare ed evidenziare l’importanza che la pratica valutativa ha ormai
assunto per le istituzioni europee, si è ritenuto utile l’inserimento nel presente lavoro di due “case
studies” idonei a fungere da esempi concreti di valutazione delle politiche pubbliche compiute (e
in alcuni casi commissionate) dalle medesime istituzioni, che permettono di maturare una
maggiore comprensione e del ruolo rivestito dallo strumento dell’evaluation in sede UE e delle
tecniche adoperate per il suo svolgimento.
In particolare, il primo caso esaminato prende avvio da una generale contestualizzazione circa la
rilevanza dei Fondi Strutturali nell’ambito delle politiche socio-economiche dell’Unione Europea,
circa i tipi di valutazione che degli stessi vengono effettuati, nonché circa gli organi - europei,
nazionali e subnazionali – cui sono demandati ruoli e competenze in tal senso. Nello specifico, sarà
oggetto di studio il Rapporto Indipendente redatto nel 2009 dall’economista Fabrizio Barca,
intitolato “An Agenda for a Reformed Cohesion Policy”, di cui verranno innanzitutto evidenziati gli
obiettivi cui la Commissione Europea - in qualità di committente del Rapporto – ambiva. Da un
lato, l’elaborazione di una strategia rivolta alla politica di coesione in grado di ridurre il più
possibile gli sprechi e gli utilizzi distorti dei Fondi Strutturali constatati nel corso dei diversi cicli
di programmazione; dall’altro un reale potenziamento dell’utilizzo degli stessi in termini di
efficienza ed equità sociale. Alla luce, quindi, delle criticità emerse nel delicato settore della
politica di coesione, è conseguita la necessità di elaborare delle proposte concrete riportate nel
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Rapporto Indipendente, attraverso le quali superare le persistenti diseguaglianze esistenti fra
Stati membri prima, e fra Stato ed enti territoriali poi, nonché le sacche di improduttività che pur
si annidano nel sistema di politica di coesione europeo così come oggi strutturato. Infine, a
chiusura di quest’analisi, verranno esaminate le ripercussioni concrete che la redazione di questo
Rapporto ha avuto sull’agenda del Parlamento Europeo relativamente alle politiche di coesione.
Da ultimo, verrà esaminato un caso specifico di valutazione in seno al Parlamento Europeo,
consistente in uno studio, realizzato dalla Direzione generale delle Politiche interne dell’Unione,
sull’impatto delle politiche di austerity poste in essere in Italia nel periodo della crisi economica
che va dal 2008 al 2014 (ex multis, il Decreto legge 112/2008, cd. “Decreto Brunetta”, e la legge
92/2012, cd. “Legge Fornero”). Tale analisi, difatti, risulta particolarmente interessante sotto
diversi profili: in primo luogo, sul piano delle scelte metodologiche e dell’approccio generale
adottato dal Parlamento Europeo; in secondo luogo per le valutazioni che, nel merito, sono state
effettuate a livello sovranazionale sull’impatto delle misure con specifico riferimento a diritti
fondamentali quali la salute, l’istruzione, il lavoro. Sarà altresì evidenziato il ruolo di primo piano
che in questo lavoro di valutazione ha rivestito l’analisi del dato controfattuale, ossia la verifica
del modo in cui a livello nazionale sono state recepite le conclusioni e le proposte formulate dal
Parlamento europeo sulla base dei dati raccolti in sede di analisi.
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LA VALUTAZIONE DELLE POLITICHE PUBBLICHE: L’ESPERIENZA DEL REGNO UNITO
di: ELISABETTA BUCCI, TOMMASO CAVALETTO, GUIDO D’IPPOLITO,
VALENTINA FACCIANO, GIAMMARIA MILANI, FRANCESCO OLIA
Abstract
Il sistema britannico di valutazione delle politiche pubbliche si articola in una pluralità di
organi, procedure e strumenti operativi che, nel suo assetto e funzionamento complessivo, è
internazionalmente riconosciuto come di grande qualità ed efficienza.
Il presente report esamina quindi gli elementi che caratterizzano il sistema di valutazione delle
politiche pubbliche adottato dal Regno Unito, studiandone gli organi, gli strumenti e gli effetti sul
sistema politico ed istituzionale.
La presente ricerca si apre con l’inquadramento dell’attività di valutazione delle politiche
pubbliche nel Regno Unito (capitolo I), per soffermarsi dapprima sulla valutazione ex ante e in
itinere (capitolo II) e poi concentrarsi sulla valutazione ex post e i suoi protagonisti: NAO e PAC da
una parte (capitolo III), gli altri organi coinvolti dall’altra, come le Select Committees della House of
Commons e della House of Lords nonché l’Audit Commission (capitolo IV); a chiusura del lavoro, si
analizza l’incidenza dell’attività della valutazione delle politiche pubbliche sulla forma di governo
britannica (capitolo V).
Nel primo capitolo si inquadra il tema della ricerca in un’ottica costituzionale, storica e
normativa, partendo delle funzioni del Parlamento del Regno Unito.
Sorvolando sulla natura meramente consultiva delle sue origini, che risalgono al 1265, per
secoli la funzione principale del Parlamento inglese è stata quella della rappresentanza degli
interessi locali e del conseguente potere di decisione in materia finanziaria. Il Parlamento si è di
fatto appropriato della funzione legislativa soltanto in tempi più recenti, tra la fine del Seicento e
l’inizio del Settecento.
L’evoluzione del Parlamento permette oggi di delineare due macro-funzioni: da una parte, il
Parlamento come legislatore; dall’altra, il Parlamento come controllore. Peraltro, ciò ha creato una
sorta di ripartizione di fatto delle competenze, dove l’Assemblea è il dominus della funzione
legislativa, mentre il sistema delle commissioni parlamentari si è sviluppato al fine di rendere
organica ed efficace l’azione di controllo nei confronti dell’Esecutivo.
All’interno di questa macro-funzione di controllo può essere oggi inquadrata la funzione di
valutazione delle politiche pubbliche da parte del Parlamento britannico. Nell’ambito delle Select
Committees parlamentari che svolgono attività di controllo e di valutazione delle politiche
pubbliche, opera, dalla seconda metà del XIX secolo, il Public Accounts Committee (PAC), una delle
più antiche e prestigiose commissioni parlamentari in funzione a Westminster. Il PAC, insieme al
Comptroller and Auditor General (C&AG) e al National Audit Office (NAO), è al centro dell’attività di
valutazione delle politiche pubbliche svolta dal Parlamento inglese.
Questi organi nascono, tra il Settecento e l’Ottocento, dalla necessità di controllare in maniera
più efficace le politiche e le spese del Governo.
Soltanto nel 1857, con la creazione del Select Committee on Public Monies, il controllo sulle
politiche pubbliche del governo inizia ad essere operato in maniera organica. Pochi anni dopo, nel
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1861, viene istituito il PAC. Nel 1966, con l’approvazione del Exchequer and Audit Departments
Act, che istituisce il Comptroller and Auditor General (C&AG) e l’Exchequer and Audit Department
(E&AD), l’evoluzione verso un controllo più organico dell’attività governativa conosce un altro
significativo passo in avanti. In pochi anni, dunque, le strutture deputate alla valutazione delle
politiche e delle spese pubbliche sono state istituite e perfezionate rendendo più efficace e incisiva
l’attività di valutazione.
Nel secondo capitolo si ripercorre l'evoluzione dall'analisi ex ante e in itinere nel Regno Unito,
partendo dalle loro forme iniziali sino ad arrivare all'odierno sistema di valutazione. In questo
excursus viene dato spazio e rilevanza alle motivazioni politiche, economiche e sociali che hanno
spinto il governo britannico a ritenere fondamentale per lo sviluppo del paese il tema della
valutazione sulla regolazione.
Inizialmente il processo valutativo si presentava molto ridotto, sia per quanto riguarda l'ambito
di applicazione, sia per gli strumenti di analisi utilizzati: esso si concentrava essenzialmente sugli
Statutory Instruments che avrebbero comportato un prevedibile impatto negativo sulle imprese.
Un importante passo avanti è stato fatto con l'introduzione della Compliance Cost Assessment
(CCA) che ha reso la consultazione con le imprese interessate dalla regolazione una fase
essenziale del processo valutativo.
Nella seconda metà degli anni '90 si è assistito a un cambiamento di marcia per quanto
riguarda la valutazione delle politiche pubbliche che non si concentravano più solamente sui costi
di adempimento delle imprese, ma prendevano in considerazione anche la tutela della salute dei
cittadini, dell'ambiente e della sicurezza sul lavoro.
Contestualmente all'evoluzione degli strumenti di valutazione della regolazione è avvenuto un
ampliamento dell'ambito applicativo della procedura stessa, la quale originariamente veniva
adottata soltanto in riferimento alla legislazione secondaria (Statutory Instruments), mentre in
seguito è stata estesa a tutte le normative, sia di origine governativa che parlamentare.
Il caso britannico mostra chiaramente come la politica della regolazione può essere basata su
un processo di apprendimento composto da tentativi ed errori che si rimediano e si perfezionano
col tempo. Si comprende e apprezza così la lungimiranza e l'efficacia della scelta di affidare tale
funzione a un organo terzo e indipendente.
Quel che ricaviamo, dunque, da questa analisi è che gli organismi pubblici interni sono stati col
tempo sostituiti da organi di valutazione esterni più neutrali ed efficaci. Ed infatti, mentre
inizialmente l’approccio valutativo partiva dall'interno degli organi istituzionali, soprattutto
attraverso l’attività svolta dalla Better Regulation Executive, successivamente si è disegnata una
nuova architettura istituzionale, basata su un organo esterno di controllo che fornisce maggiori
garanzie di accountability e di affidabilità.
Oggi, pertanto, si può affermare che la funzione di oversight nel Regno Unito faccia riferimento
a due diversi sistemi strettamente integrati tra loro: il primo, di carattere interno, riconducibile
all’amministrazione pubblica o più in generale all’apparato governativo stesso (Departmental
Regulatory Impact Units), mentre il secondo, di carattere esterno, riconducibile agli organi di
valutazione indipendenti (Regulatory Policy Committee).
Nel terzo capitolo si analizza la fase ex post della valutazione, in particolare quella svolta da
NAO e PAC. Sono questi infatti i soggetti che verificano la rispondenza tra le spese sostenute
dall’esecutivo e le deliberazioni assunte dal legislativo.
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Il PAC è una commissione parlamentare permanente. La sua composizione rispetta la
proporzione dei seggi dell’aula senza però essere condizionata da logiche di schieramento, tant’è
che le decisioni vengono solitamente prese all’unanimità. Nondimeno, per riequilibrare l’influenza
del partito di maggioranza e garantire l’indipendenza della commissione dal Chairman, la
presidenza viene convenzionalmente assegnata ad un autorevole membro dell’opposizione.
Il NAO, invece, è un’agenzia indipendente funzionalmente legata al Parlamento; si avvale di uno
staff di circa 900 addetti dalle competenze più disparate ed è presieduta dal Comptroller and
Auditor General.
Il NAO è passato dallo svolgimento della sola funzione di financial audit, ossia il controllo di
natura strettamente finanziaria e di revisione contabile svolto su tutti i dipartimenti
dell’esecutivo, agenzie governative e enti pubblici, a quella di value for money, volta a verificare
che i servizi e le politiche pubbliche siano realizzati secondo criteri di economicità, efficacia ed
efficienza.
Esso ha lo scopo di riferire al Parlamento sull’efficacia della spesa pubblica, nonché di fornire
alle amministrazioni centrali suggerimenti su come implementare e migliorare i risultati delle
politiche pubbliche.
Il principale prodotto dell’attività di value for money è costituita dai Value for Money reports
(VFM reports), ossia analisi sull’implementazione di attività specifiche svolte dalle
amministrazioni statali e sull’erogazione di alcune categorie di servizi pubblici. Con la
trasmissione dei VFM reports del NAO al PAC si innesca il processo di accountability, ossia quel
meccanismo istituzionale attraverso il quale si concretizza l’oversight del Parlamento sugli
interventi di politica pubblica realizzati dall’esecutivo o comunque da enti che utilizzano risorse
pubbliche.
Nel quarto capitolo si allarga l’area della valutazione ex post per comprendere l’attività dalle
Select Committees che, con qualche differenza tra i due rami del Parlamento, svolgono attività di
controllo in senso lato sull’esecutivo e, quindi, di valutazione delle politiche pubbliche.
A partire dalle discussioni degli anni ‘50 sull’opportunità di costituire un sistema di
commissioni incaricate di controllare l’azione dell’esecutivo per poi riferire al Parlamento al fine
di conferirgli i mezzi per riacquistare peso nel processo decisionale, si arriva all’attuale sistema di
Select Committees sia alla House of Commons che alla House of Lords.
I Departmental Select Committees della House of Commons sono caratterizzati dalla stessa
composizione e dotati degli stessi poteri. Si distinguono però per l’ambito in cui operano. Questi
sono infatti costituiti in modo speculare alla divisione in ministeri del Governo.
Ogni commissione ha il compito di controllare la spesa, l’amministrazione e l’attività del
relativo ministero dell’esecutivo o degli enti pubblici a esso legati.
Tra i poteri delle Select Committees rientrano tutte quelle funzioni e attività utili a svolgere un
controllo effettivo sull’operato del Governo, nonché la possibilità di esaminare e riesaminare i
temi ritenuti più d’importanza.
Le Select Committees della House of Lords invece, differiscono dalle precedenti per alcuni
elementi quali la loro composizione interna nonché il fatto di essere ripartiti per materia, non
ricalcando quindi la divisione in ministeri del Governo.
Nel complesso, l’attività di tali commissioni ha rivalorizzato il ruolo del Parlamento nella forma
di governo britannica nonché migliorato la valutazione delle politiche pubbliche.
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Infine, nel quarto capito si esamina anche l’attività dell’ormai soppressa Audit Commission,
istituzione nata con il compito di assicurare l’economicità, l’efficacia e l’efficienza degli enti locali
tramite un sistema di revisori da questa nominati che ne esaminavano le politiche e attività.
L’ultimo capitolo valuta gli effetti prodotti dal descritto sistema di valutazione per verificare
quali dinamiche si instaurano nei rapporti tra Governo e Parlamento e quali fattori rendono la sua
applicazione più o meno efficace come strumento di ridefinizione degli equilibri tra poteri dello
Stato.
Particolare attenzione viene riservata agli organi maggiormente coinvolti: PAC, NAO e Select
Committees. La loro capacità di influire sulla determinazione delle politiche pubbliche viene
esaminata sia in senso quantitativo, grazie ad indicatori di tipo statistico, che qualitativo,
analizzando lo specifico contesto entro cui operano questi organi.
La ricerca dimostra come il parlamento britannico, da alcuni decenni sempre meno influente
nell’esercizio sostanziale della funzione legislativa, abbia trovato nell’attività valutativa un
formidabile strumento di legittimazione, tanto nei confronti del Governo quanto dell’opinione
pubblica.
Nelle relazioni con il primo, i rapporti di forza non si giocano all’insegna di un principio di
autorità formale, ma sulla base dell’autorevolezza che gli organi valutatori hanno saputo acquisire
tramite il proprio lavoro: le garanzie di indipendenza e la professionalità che essi possono vantare
si traducono in raccomandazioni difficilmente ignorabili da parte del Governo, che si ritrova così
obbligato ad adeguarvisi ovvero a reagire in via preventiva per evitare le conseguenze politiche di
report particolarmente critici.
In riferimento al corpo elettorale, l’esercizio parlamentare della funzione valutativa promuove
una pratica di accountability sul modello bottom-up, assicurando ai cittadini un enorme
quantitativo di informazioni circa l’efficienza, l’efficacia e l’economicità delle politiche
governative.
Dall’analisi emerge inoltre come la valutazione delle politiche pubbliche produca ingenti
risparmi finanziari e, più in generale, consenta di pervenire ad una migliore allocazione delle
risorse.
A testimonianza della crescente importanza assunta dagli organi valutatori, si è poi verificato
come essi ricevano sempre maggior copertura anche da parte dei mezzi di informazione: il rilievo
da questi assunto all’interno di tutte le democrazie occidentali rende tale dinamica estremamente
significativa, perché l’esposizione mediatica garantisce al parlamento una visibilità che si traduce
in una maggiore effettività della valutazione.
In termini di osservazioni di sistema, questa ricerca dimostra inequivocabilmente come la
valutazione risulti tanto più efficace, nonché politicamente determinante, quanto più è esercitata
da organismi indipendenti, tecnici e svincolati dalle logiche maggioritarie. Ciò si è reso possibile
anche grazie alla forte assunzione di responsabilità collettivamente dimostrata da tutti gli
schieramenti parlamentari, i quali hanno saputo mettere da parte le dinamiche di partito
lasciando prevalere l’interesse istituzionale ad un buon funzionamento del sistema.
Alla luce di queste considerazioni, emerge come la forma di governo britannica abbia
attraversato, e stia tutt’ora attraversando, una fase di profonde trasformazioni, con un Governo
sempre più titolare esclusivo della funzione legislativa e un parlamento controllore collocato al
vertice di un sistema di accountability coinvolgente l’intera società.
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LA VALUTAZIONE DELLE POLITICHE PUBBLICHE IN FRANCIA
di
DANIELA CARCANGIU, MARCO MANDATO, ANTONIO MITROTTI
MATTEO MONTI, ANDREA PISANESCHI, MATTEO ROSSIN
Il processo di valutazione delle politiche pubbliche nell’ordinamento francese si presenta
indubbiamente interessante e meritevole di attenta considerazione non solo sotto il profilo
procedurale e sostanziale, ma altresì sotto quello problematico. Il fine principale di questo breve
report sulla pratica di valutazione delle politiche pubbliche è quello di cercare di delineare e
descrivere le varie fasi della stessa con un’attenzione particolare al ruolo svolto dalle Assemblee
legislative.
Per quanto attiene alla struttura del rapporto, la scelta è stata quella di analizzare
preliminarmente la forma di governo attualmente vigente nella V Repubblica francese in modo da
descrivere l’assetto istituzionale e i rapporti tra il Parlamento e il Governo. Nell’ambito di questi, è
emerso un profondo squilibrio a vantaggio del Capo dello Stato e una certa marginalità delle
Camere cui si è cercato di rimediare attraverso una significativa e imponente riforma
costituzionale nel 2008. Con questo intervento si è cercato di razionalizzare le dinamiche
parlamentari e non tra Legislativo ed Esecutivo, costituzionalizzando anche la funzione di
valutazione delle politiche pubbliche e del controllo sull’operato del Governo attribuendo siffatta
prerogativa al Parlamento.
Da questa premessa si è descritto il concetto di valutazione dal punto di vista politologico con
l’indicazione dell’oggetto della valutazione e delle metodologie impiegate per poi ricostruire
l’evoluzione normativa in Francia in tale ambito. In breve, si è scelto di descrivere anche il ruolo
degli organi governativi nella stesura degli studi d’impatto che accompagnano le leggi di iniziativa
governativa nell’ambito del processo interno alle valutazione delle politiche pubbliche.
Segue, poi, quello che si può definire il cuore del lavoro: la descrizione delle procedure di
valutazione che si hanno in seno al Parlamento. In primo luogo è rilevato il ruolo del parlamento
nell’ambito della valutazione ex ante (studi di impatto) e nella copiosa opera di valutazione ex
post. In secondo luogo è data attenzione agli organi interni al Parlamento che svolgono le più
importanti funzioni di valutazione delle politiche pubbliche. In particolare, si sono illustrate le
funzioni e le metodologie impiegate dagli organi appositamente deputati al processo di
valutazione delle politiche pubbliche (CEC, MEC, MECSS, oltre ad organi mono e bicamerali), dal
quale emerge un profondo coinvolgimento di organi interni ed esterni alle Camere i quali, in una
logica di tipo collaborativa e di coordinamento reciproco, favoriscono la stesura di studi di
fattibilità e di rapporti che, a seguito di indagini, audizioni, trasferte nei territori interni ed esterni
e questionari inviati ai cittadini, non si limitano semplicemente ad effettuare una mera
ricognizione delle attività di valutazione. Essi contengono proposte e raccomandazioni concrete
dirette al miglioramento dell’azione di valutazione.
Merita menzione anche il Conseil économique, social et environnemetal (CESE), assemblea
costituzionale composta dai rappresentanti delle categorie produttive (datori di lavoro, sindacati,
associazioni) che, in virtù dell’art. 69 della Costituzione della V Repubblica francese, svolge una
funzione consultiva (facoltativa o obbligatoria) nell’ambito del processo legislativo. Il ruolo di
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quest’organo è stato ben definito dalla legge organica 28 giugno 2010 la quale ha definito la
competenza del CESE alla valutazione delle politiche pubbliche come una prerogativa contributiva
a carattere generale. Al suo interno, ciascun gruppo di lavoro determina, in via autonoma, lo
spazio da accordare, nel corso dei suoi lavori, alla valutazione, in funzione, soprattutto di tre
fattori: le problematiche evidenziate nel ricorso, i termini fissati e l’esistenza di lavori di
valutazione sull’argomento in oggetto.
Un ruolo fondamentale è svolto parimenti dal Consiglio costituzionale che, attraverso
significative statuizioni giudiziali, ha provveduto a delimitare gli ambiti di competenza degli
organi parlamentari. In particolare, con le fondamentali sentenze nn. 579 e 581 del 2009, l’organo
di giustizia costituzionale ha negato che il CEC possa avvalersi del concorso di esperti sottoposti
alla responsabilità politica del Governo. In applicazione di questa statuizione il Parlamento non
può, dunque, beneficiare della collaborazione di diversi organismi e servizi dell’amministrazione
che sono in possesso, o elaborano, dati utili alla valutazione, occorrendo l’audizione di soggetti
completamente esterni ed indipendenti. Una significativa eccezione riguarda, invece, le società di
consulenza, le Università – ove si è avuto il rafforzamento della cultura della valutazione, lo
sviluppo della cosiddetta ‘valutazione indipendente’ e una serie di riforme che hanno portato
laboratori e ricercatori a cercare finanziamenti esterni – e i soggetti privati rispetto ai quali si
presume un grado di indipendenza. Tra questi soggetti esterni un ruolo di primo piano è assunto
dalla Società nazionale di valutazione la quale ha stilato un catalogo di principi che ogni organo
deputato alla valutazione è onerato di seguire. Interventi significativi sono stati compiuti anche
sugli studi d’impatto che accompagnano un disegno di legge di iniziativa governativa. L’analisi
d’impatto deve esporre in modo esauriente le scelte assunte dall’Esecutivo in modo tale da non
svilirne il carattere vincolante e pregnante.
Da non trascurare nemmeno il compito prezioso della Corte dei Conti chiamata ad offrire una
costante, intensa e proficua attività di consulenza in materia di valutazione delle politiche
pubbliche al Parlamento e al Governo con eguale intensità.
Infine, si è descritto il processo di valutazione svolto a livello territoriale nell’ambito del quale
si evince un’uniformità delle metodologie impiegate sul piano nazionale grazie ad una produttiva
collaborazione tra Stato e Regioni che avviene attraverso i cc. dd. programmi di contrattazione i
quali tendono a favorire un ruolo realmente attivo e consultivo delle collettività territoriali.
L’azione di valutazione a livello decentrato avviene in ossequio ai quattro principi fondamentali
della partecipazione, dell’indipendenza, della trasparenza e dell’apprendimento.
Dal rapporto è emerso che in Francia il processo di valutazione delle politiche pubbliche
avviene a livello corale con la partecipazione non solo degli organi istituzionali e di quelli privati
come le società di consulenza, ma, altresì, della stessa cittadinanza la quale, attraverso appositi
questionari, partecipa attivamente alla fase di valutazione. Tutto questo evidenzia il rilievo
collettivo che assumono la valutazione e le scelte attraverso le quali si adottano le politiche
pubbliche.
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LA VALUTAZIONE DELLE POLITICHE PUBBLICHE NEGLI STATI UNITI D’AMERICA
DI MARTINO FRANCESCO CANINI, MATTEO DI GREGORIO, MARIA PAOLA LIOTTI,
MATTEO PASSERI, CHIARA PATERA, GABRIELE PAZZAGLIA
Negli Stati Uniti l’attività di valutazione delle politiche pubbliche si colloca all’interno di una
forma di governo presidenziale. Le funzioni istituzionali di public policy analysis sono saldamente
esercitate, in maniera indipendente ma interconnessa, sia dal potere esecutivo attraverso le
agenzie federali sia da parte del potere legislativo attraverso centri di ricerca congressuali, ossia
agenzie non-partisan a supporto delle attività valutative delle commissioni congressuali, in un
confronto continuo delle due prospettive di giudizio.
La costituzione nordamericana conferisce al Congresso il potere di legislative oversight, cioè
di “supervisione” o “vigilanza” da esercitare nei confronti del potere esecutivo. Questa
fondamentale funzione si sostanzia in un insieme di prerogative parlamentari ed esige la capacità
del governo di rendere conto delle proprie attività, la cd. accountability, espressione di
un’architettura istituzionale progettata sulla teoria dei checks and balances. La funzione di
oversight è essenzialmente di tipo informativo e si sostanzia, nel campo dell’accountability
governativa, nella produzione di informazioni, giustificazioni, valutazioni riguardanti l’attuazione
dell’indirizzo di governo.
Nel corso della seconda metà del Novecento in risposta ad una espansione della dimensione
dell’esecutivo, oltre ai tradizionali strumenti di vigilanza (indagini conoscitive, inchieste,
interpellanze e interrogazioni), il Congresso americano ha valorizzato la funzione di oversight
istituzionalizzando l’attività di analisi e valutazione delle politiche pubbliche. Questa coinvolge i
decision makers del ramo esecutivo e del ramo legislativo ma si svolge principalmente all’interno
di support agencies indipendenti che operano perlopiù su stimolo delle commissioni, ad ausilio
delle attività congressuali.
Il maggior strumento di ricerca politica e di supporto informativo del Congresso, da esso
direttamente dipendente, è il Congressional Research Service, divisione di ricerca legislativa della
Library of Congress, ad esclusiva disposizione delle committees, dei congressman e dei loro staffs. Il
CRS fornisce al Congresso il vitale supporto analitico che gli serve per affrontare i più complessi
problemi di policy che la nazione ha davanti. Il suo lavoro comprende consulenze su programmi,
legislazione, metodi quantitativi, analisi giuridiche ed economiche. La tipica struttura di questi
studi prevede una documentata definizione del problema sul tappeto ed una franca discussione
dei costi e dei benefici delle varie alternative.
Il Congressional Budget Office, anch'esso alle dirette dipendenze dell'organo legislativo, ha il
compito di fornire supporto informativo alle scelte di politica fiscale del Congresso in particolare
circa il bilancio dello Stato. Le sue analisi non si concludono con raccomandazioni di policy, ma si
limitano a registrare le conseguenze in termini di entrate/uscite per le casse dello Stato
nell’ambito di un quadro delle possibili opzioni economiche alternative, al cui interno il legislativo
può operare le proprie scelte politiche.
Ma il principale organo istituzionale di valutazione delle politiche pubbliche è il Government
Accountability Office (GAO). I suoi principali compiti sono valutare l'efficienza e l’efficacia della
spesa dei fondi federali e quanto i programmi e le politiche raggiungano i loro obiettivi. Nel 1980
con l'eliminazione di ogni forma di gerarchia dal Governo l’organo acquisisce piena indipendenza
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e, come tale, è al servizio del Congresso pur senza dipendervi direttamente. Questo è il significato
della formula riassuntiva «braccio investigativo del congresso» con cui lo stesso GAO si definisce.
Tale indipendenza è rafforzata dalla modalità di nomina del vertice del GAO: dura in carica
15 anni, non è rinnovabile, è nominato dal Presidente e confermato dal Senato fra una lista di
candidati proposti da una commissione bipartisan del Congresso. La forza delle valutazioni del
GAO è nella credibilità dell'organo che deriva dall'alta qualità e dalla pubblicità del suo lavoro,
oltre che dalla sottoposizione del GAO stesso a procedure valutative condotte da organizzazioni
terze indipendenti.
Il GAO ha un bilancio di 507.2 milioni di dollari ed è composto da circa 3.300 funzionari con
varia formazione. L’agenzia può iniziare una valutazione su autonoma iniziativa del Comptroller
General, oltre ai casi nei quali la sua attività è direttamente prevista dalla legge, ma più
comunemente si attiva su impulso delle commissioni del Congresso o di singoli parlamentari. In
questi due ultimi casi può avvenire una vera e propria negoziazione tra questi soggetti e il GAO
per garantire che la valutazione sia imparziale, e addirittura, nel caso in cui non vi siano le
condizioni che lo garantiscano, si può arrivare ad un rifiuto del GAO di svolgere la valutazione. Se
invece l'incarico è accettato, viene prodotto un documento composto da due parti: analisi della
policy e raccomandazioni, pubblicato integralmente sul sito internet dell'organo.
Il lavoro del GAO ha un elevato peso presso le commissioni congressuali competenti
soprattutto quando queste sono chiamate a ripartire i fondi per il rifinanziamento dei programmi
e dei servizi e nella discussione per le nomine di funzionari. Ciò dimostra che la rilevanza del GAO
non è ravvisabile solo in relazione all’oversight post-legislativo ma, di fatto, è un elemento cardine
nella distribuzione dei poteri importante per la riorganizzazione dei programmi e dei servizi
pubblici.
Altro importante canale informativo a beneficio del Congresso sono le agenzie federali. In
base al Government performance and result Act (GPRA) ogni agenzia deve produrre tre documenti
cardine per il processo di valutazione delle public policies:
−
un piano strategico quinquennale, con una descrizione della “missione
complessiva” dell'agenzia, dei suoi obiettivi e finalità, la descrizioni di quali risorse il loro
raggiungimento necessiti;
−
un piano annuale di performance, cioè una valutazione ex ante, adattando gli
elementi del piano strategico alla prospettiva annuale e, a tal fine, stabilire l'obiettivo di
prestazione, definirlo in forma quantificabile e misurabile e fissare i relativi indicatori per
la valutazione;
−
e un rapporto annuale di performance, cioè una valutazione ex post, una
comparazione con il piano del punto precedente (presentato all'inizio dell'anno) e la
considerazione sul raggiungimento o meno degli obiettivi fissati e la relativa spiegazione.
Questo sistema caratterizzato, da una parte, dalla coesistenza della programmazione a lungo
termine con quella annuale e, dall'altra, dalla verifica di quest'ultima alla luce dei rapporti annuali,
determina un vero e proprio “ciclo della valutazione” e dunque un sistema sì adattabile ma nel
segno della continuità e allo stesso tempo concretamente realizzabile. Conseguenza fondamentale
è stata la riforma della struttura del bilancio federale inserendo in esso il chiaro collegamento tra
gli obiettivi di prestazione delle singole agenzie con i costi delle attività necessari ad ottenerli con
l'onere che i progressi programmati verso gli obiettivi giustifichino le risorse richieste.
Informazioni preziose per l'attività decisionale del Congresso.
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Anche all’interno dei singoli stati della federazione, le attività di policy analysis e di policy
evaluation hanno giocato un ruolo centrale all’interno del processo di rafforzamento istituzionale
del potere legislativo, in contrapposizione all’egemonia, ancora più marcata rispetto al modello
federale, dei singoli governi statali. Le strutture di policy analysis all’interno dei legislativi dei
singoli stati differiscono tra loro in termini di collocazione e di ampiezza, in quanto in alcuni casi si
appoggiano ai servizi di documentazione forniti dalle biblioteche congressuali, in altri sono
ricomprese all’interno degli uffici per l’analisi dei bilanci, in altri ancora sono il risultato di una
fusione tra funzioni di analisi ex ante e funzioni di valutazione ex post. In ogni caso, tali agenzie
parlamentari si servono di personale qualificato reclutato su base non partisan, al quale è
attribuito il compito di realizzare ricerche valutative imparziali e affidabili in grado di produrre un
notevole impatto sulle scelte dei congressi, in particolare relativamente alla formazione
dell’agenda e alla riduzione del peso delle documentazioni fornite dalle organizzazioni degli
interessi. Nel Wisconsin, il Legislative Reference Bureau ispirò, addirittura, la nascita del
Congressional Research Service, in quanto venne istituito quale agenzia avente il compito di
assistere i parlamentari nella redazione e nell’esame delle proposte di legge. Esemplare è, altresì,
il caso della Florida, il cui statuto prevede, sin dal 1969, che sia il potere legislativo ad avere
l’ampia finalità di determinare le politiche e i programmi e, al tempo stesso, di verificare il loro
funzionamento.
La valutazione delle politiche pubbliche negli Stati Uniti non si è sviluppata soltanto
all’interno del contesto istituzionale del Congresso. Al contrario, l’esperienza americana si
contraddistingue per la pervasività con cui l’attività valutativa si è radicata anche nella società
civile. In particolare, ad occuparsi di valutazione sono principalmente i centri di ricerca
universitari e le organizzazioni denominate think tanks: questi ultimi sono soggetti privati sorti
appositamente per soddisfare la domanda di valutazione proveniente sia dal settore privato che
da quello pubblico, e sono pertanto dotati di un elevato grado di specializzazione e competenza in
tale disciplina.
La diffusione capillare delle pratiche valutative anche fuori dai contesti parlamentari ha
determinato la nascita di una vera e propria comunità scientifica di esperti del settore, che si è
dedicata ad una approfondita riflessione sulla funzione della valutazione e sulla metodologia con
cui questa deve essere esercitata. Nel contesto di tale dibattito dottrinale sono stati elaborati i più
rilevanti approcci teorici alla valutazione, oltre alle tecniche e ai metodi che di tali approcci
costituiscono l’applicazione pratica. Il contenuto di queste teorie risente dell’influenza della
tendenza politica prevalente nei diversi periodi storici, ragion per cui l’illustrazione dei principali
paradigmi concettuali della valutazione e delle corrispondenti tecniche segue l’evoluzione del
sistema politico – istituzionale americano. È oggetto di ulteriore analisi la metodologia
concretamente impiegata dal GAO.
Un significativo esempio della rilevanza dell’attività valutativa nel contesto statunitense è
fornito dalla valutazione della gestione dei programmi di assistenza sanitaria pubblica. A tal
proposito, di particolare importanza è l'inclusione dei programmi Medicare e Medicaid nel
rapporto biennale High Risk List emesso nel 2015 dal GAO ed includente 32 settori di intervento
federale considerati maggiormente esposti al rischio di frodi, sprechi e cattiva amministrazione. Il
case study individuato permette di osservare l'attività concretamente svolta dal GAO nonché il
rapporto tra questo, il Congresso e le singole strutture amministrative destinatarie di
raccomandazioni. In termini generali, il caso di specie fornisce un'adeguata rappresentazione del
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carattere continuativo e ciclico dell'attività valutativa, rispettivamente ravvisabile nel
monitoraggio costante volto alla rimozione, o meno, del singolo programma dalla cd. High Risk List
e dal recepimento normativo di misure correttive, suggestioni e indicazioni elaborate in sede di
valutazione, da ultimo nell'ambito della storica riforma del sistema sanitario statunitense
approvata nel 2010.
In conclusione, il successo della valutazione negli Stati Uniti è dovuto principalmente ad alcuni
elementi. Anzitutto, centrali sono l’imparzialità dimostrata da chi dirige le strutture che svolgono
questa funzione e la lunga durata del loro mandato, che supera notevolmente la durata dei governi.
Infatti, una importante caratteristica che contraddistingue tutti i soggetti che si occupano di
valutazione delle politiche pubbliche negli States è rappresentato dalla diffusa esigenza di collocare
gli esperti delle discipline del pubblico in contesti istituzionali che, pur interagendo con i governi e
con i parlamenti, non ne siano influenzati.
Negli Stati Uniti, le attività di policy evaluation e di policy analysis, in quanto ricomprese
nell’ambito del legislative oversight, per essere credibili devono essere esercitate da un organo che
sia, oltre che indipendente dall’esecutivo, il più possibile vicino alla totalità dei rappresentanti dei
cittadini-elettori-contribuenti. Nell’ottica statunitense non importa se il governo rappresenta la
maggioranza di chi lo ha votato: i soldi che spende sono pubblici e quindi appartengono anche a chi
non lo ha scelto. Decisivo risulta, altresì, essere il contributo apportato dalla policy evaluation in
settori cruciali per il decision-making istituzionale (formazione del budget e revisione delle regole in
determinati settori di policy), senza tuttavia ledere l’autonomia decisionale di coloro che vengono
eletti dal popolo.
Oltretutto, quando si parla di valutazione non partisan delle politiche pubbliche si potrebbe
pensare che quest’attività rischi di intaccare un elemento fondamentale per una democrazia,
ovverosia il dato per cui sono le maggioranze uscite vincitrici dalla competizione elettorale ad avere
il potere di modellare i programmi di policy sulla base di quanto promesso agli elettori. In realtà,
l’istituzionalizzazione di questa attività all’interno dei parlamenti statunitensi ha realizzato,
piuttosto, l’obiettivo di ogni democrazia che voglia funzionare correttamente, ossia ridurre il deficit
cognitivo che esiste tra governanti e governati attraverso una informazione scevra di ogni sorta di
calcolo politico, diventando uno strumento fondamentale per rendere effettivo l’esercizio dei diritti
politici.
Pertanto, attribuendo rilievo a queste attività valutative in ambito parlamentare, si rafforza il
concetto stesso di democrazia, che, nell’ottica pragmatista di matrice statunitense, vuol dire rendere
effettiva la partecipazione dei cittadini alla formazione delle decisioni pubbliche, in quanto
attraverso la trasparenza e l’imparzialità di tali strutture vengono notevolmente abbattuti i costi
informativi legati alla partecipazione e alla deliberazione pubblica.
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