Identificato il terzo kamikaze della strage al Bataclan di Parigi

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Identificato il terzo kamikaze della strage al Bataclan di Parigi
Sgomberata la Giungla di Calais:
decine i poliziotti impegnati
Il campo profughi di Calais sgomberato
dalla polizia
CALAIS (Francia), 29 febbraio 2016 – Nelle intenzioni delle autorita’
francesi sarebbe dovuta essere un’operazione all’insegna dell’assoluta
astensione dalla forza da parte della polizia, ma lo sgombero parziale della
Giungla di Calais, la tendopoli per migranti piu’ grande del Paese, e’ ben
presto degenerato in disordini. Costretti a lasciare il settore meridionale
del campo, gli ospiti a un certo punto hanno inscenato proteste improvvisate
e hanno cercato d’impedire alle ruspe di abbattere le baracche erette con
mezzi di fortuna, alcune delle quali sono state date alle fiamme. Gli agenti
in assetto anti-sommossa hanno cosi’ reagito con un fitto lancio di
lacrimogeni.
Svariate decine i poliziotti dispiegati sul posto: un numero criticato dalle
organizzazioni assistenziali perche’ giudicato sproporzionato e in qualche
modo provocatorio. Almeno un immigrato e’ stato arrestato, come gia’ era
capitato a un’attivista del movimento umanitario britannico ‘No Borders’.
Militanti del gruppo sono stati inoltre accusati dal prefetto della regione
Nord-Passo di Calais-Piccardia, Fabienne Buccio, di aver minacciato alcuni
funzionari amministrativi incaricati di convincere gli stranieri ad accettare
in alternativa la risistemazione in centri di accoglienza ufficiali. (AGI)
Elezioni in Iran: moderati e
riformatori vincono a Teheran
TEHERAN, 28 febbraio 2016-In Iran, la
lista ‘Speranza’ dell’alleanza di
riformisti e moderati, sostenitori del
presidente iraniano Hassan Rohani, è sul
punto di conquistare tutti i 30 seggi a
Teheran per il Parlamento: è quanto
emerge dai risultati quasi definitivi,
con il 90% dei voti scrutinati. Lo ha
reso noto la tv di Stato. La lista vicina
a Rohani, guidata dal riformista Mohammad
Reza Aref, ex vicepresidente, ha infatti sospinto il capolista dei
conservatori Gholam-Ali Hadad-Adel, al 31esimo posto; quest’ultimo dunque
rimarrebbe fuori dal Parlamento. Durante la campagna per la presidenza nel
2013, Mohammad Reza Aref era stato tra i candidati, ma si era ritirato a
favore del candidato moderato Hassan Rohani, permettendogli così di vincere
le elezioni presidenziali.
In cima alla lista dei candidati certi di essere eletti figurano proprio il
riformatore Mohammad Reza Aref e il moderato Ali Motahari, che hanno ottenuto
rispettivamente 1,3 milioni di voti e più di 1,1 milioni. I risultati si
riferiscono al conteggio di oltre 2,6 milioni di schede elettorali su un
totale di 2,9 milioni di elettori a Teheran. Da notare che il capolista dei
conservatori, che rimarrebbe fuori dal Parlamento, Gholam-Ali Hadad-Adel, ex
presidente del Parlamento dal 2005 al 2008, è il consuocero della Guida
Suprema, Ali Khamenei, e a lui molto fedele.
Nel resto del Paese, secondo i risultati ancora parziali, i
riformatori/moderati e conservatori si dividono i voti con i candidati
indipendenti, che non erano su alcuna delle liste principali. La clamorosa
vittoria della lista ‘Speranza’ nella capitale iraniana è una spinta decisiva
per il presidente Hassan Rohani, protagonista delle aperture dell’Iran
all’Occidente. Rohani punta ad ottenere la maggioranza dei deputati nel
prossimo Majlis, finora dominato dai conservatori, per continuare la sua
politica di apertura. I risultati definitivi per l’intero Paese, che devono
essere confermati dal potente Consiglio dei Guardiani della Costituzione, non
sonno attesi prima di lunedì o martedì. (AGI)
Pro e contro la tregua in Siria
DAMASCO, 27 febbraio 2016- Di Suha alJundi. Elaph (26/02/2016). Traduzione di
Maddalena Goi.
La maggior parte degli arabi si augura che venga emarginata al più presto la
ferita della crisi siriana, una piaga che dura ormai da più di cinque anni e
per cui nessuno ha mai ordinato l’arresto.
La tregua imposta dalle Nazioni Unite nel 2012 è fallita in poche ore.
Recentemente, Stati Uniti e Russia si sono accordati per chiedere la
cessazione delle ostilità e imporre una tregua. Tutti sanno che la Nato
appoggia la rivoluzione siriana ed è stata in procinto di prendere parte al
conflitto, ma si è poi ritirata per evitare di innescare una guerra mondiale.
Ma allora chi è il vinto e il vincitore in questa lotta che sta consumando
tutte le parti coinvolte?
Per prima cosa, non si sono verificate le circostanze ricercate dalle potenze
occidentali e la Nato non ce l’ha fatta a rovesciare il regime come è
successo in Iraq o Libia. La Siria è diventata un’arena di bombardamenti
indiscriminati dove sono stati uccisi più civili che combattenti. In seconda
analisi, le forze iraniane e russe hanno fatto il loro ingresso sul campo di
battaglia ma l’opposizione moderata e imujaheddin non sono stati in grado di
affrontarle tecnologicamente.
Terza cosa, l’equilibrio militare tende ora più verso le forze del regime e
quelle russo-iraniane che hanno ottenuto discrete vittorie e sono sul punto
di risolvere la guerra, forse in meno di un anno. Gli Stati Uniti si sono
resi conto di questo fatto e non vogliono ripetere lo scenario iracheno né
sono disposti a perdere uno solo dei loro soldati né tanto meno confrontarsi
con la Russia e i suoi alleati.
D’altro canto, tutti i diversi fronti che hanno appoggiato non hanno dato
alcun profitto. Di fronte a questa situazione, la diplomazia americana si è
mossa facendo accordi con la Russia e l’Iran sulla necessità di imporre una
tregua, e poi negoziare la distribuzione dei guadagni e soddisfare la parte
russo-americana. Possiamo immaginare la soddisfazione di entrambe le parti:
ognuno ha infatti interessi che cerca di mantenere, sia basi militari,
oleodotti, attività economiche sia società di investimento o sfere di
influenza. Questo è ciò che appagherà ognuna delle parti in gioco dopo di che
non ci sarà più spargimento di sangue o perdite umane. Questa è la chiara
conseguenza dei combattimenti, ma allora perché sempre più siriani vengono
uccisi e sono costretti a fuggire?
È davvero un peccato che la storia continui a ripetersi e che gli arabi
rimangano a prendere decisioni, sia che Bashar al-Assad resti o che se ne
vada. C’è una bestia feroce che vuole impossessarsi della Siria, ma siamo
chiamati a sperare che l’Iran, che è intervenuto in Siria, eliminerà Israele
proprio come sostiene da anni.
Suha al-Jundi è una giornalista di Elaph.
Esclusivo: reportage dal Bataclan di
Parigi tre mesi dopo la strage
PARIGI, 22 febbraio 2016- dall’inviato GIANNI BERALDOHa smesso di piovere, la temperatura è piuttosto rigida. Parigi è bella
ugualmente ma la gente pare ancora scossa dai tragici fatti di cronaca
avvenuti poco più di tre mesi orsono, quando dei barbari assassini mascherati
sotto l’insegna dell’Isis hanno fatto scempio di decine di vite umane. Molte
delle quali ragazzi, loro coetanei, uccidendoli a raffiche di mitra o
facendosi esplodere imbottiti di esplosivo.
Paura, sgomento, senso di impotenza ma soprattutto tanta rabbia.
Medesime sensazioni provate recandomi direttamente in uno dei luoghi divenuto
tristemente simbolo di questa immane tragedia: il Bataclan, brasserie e
storico locale da concerti, dove avvenne la mattanza principale contando alla
fine ben 130 morti e decine di feriti, colpevoli solo di essere tra il
pubblico di un concerto rock.
Ancora ben visibili i fori dei proiettili
Tra chi perse la vita quel maledetto giorno (il 13 novembre 2015), anche
Valeria Solesin, ricercatrice alla Sorbonne, divenuta una dei martiri della
strage.
Quelle drammatiche immagini rimbalzate attraverso i vari social, giornali
online e dirette televisive, per Parigi e i parigini sono ancora degli stop
frame; frammenti di storia moderna che vorremmo cancellare ma che invece
rimbalzano prepotentemente ancora nelle nostre menti, scorrendo lentamente.
Troppo lentamente.
Proviamo a raggiungere Boulevard Voltaire, dove si trova il Bataclan. Ampia
strada molto trafficata distante solo qualche chilometro da Place de la
Concorde e il museo del Louvre. Luoghi simbolo per l’arte, per la cultura,
per l’umanità tutta. Quella che gli uomini del Califfato vogliono
distruggere. Come già fatto con la vita di tante persone.
La fermata della metropolitana più vicina a Boulevard Voltaire è quella di
Filles du Calvaire, indicataci da un ragazzo del servizio informazioni
<<Bataclan! Il était horrible , je trouve qu’il est difficile d’oublier …
tous ces jeunes ( è stato orribile è difficile da dimenticare…tutti quei
giovani)>>, l’emozione gli ha preso la mano solo a sentire pronunciare il
nome del locale.
Provo a rispondergli ma abbasso lo sguardo, quasi colpelvole di avergli
ricordato il dramma.
La fermata dista qualche decina di metri dal Cirque d’Hiver, bellissimo
complesso architettonico inaugurato nel 1852 e nato come grande sala da
spettacoli equestri trasformatosi poi in un circo stabile. Luogo dove il
pittore Toulouse Lautrec trasse ispirazione per molti soggetti circensi.
Mi soffermo ad ammirarlo in tutta la sua bellezza. Il vento gelido mi
convince a muovermi. Poche centinaia d metri e mi ritrovo in Boulevard
Voltaire. Cammino a passo veloce nel frattempo penso a quanto accaduto in
quella via nel giro di poche ore : Bataclan e altri due locali presi
d’assalto con centinaia di poliziotti impegnati in una battaglia, senza
capire ancora chi fosse il nemico.
Poi all’improvviso eccolo il Bataclan. Immediatamente riconoscibile per
quella struttura particolare, un edificio che si distingue per i colori
sgargianti, simbolo di pace, musica e allegria. Tutto nello spirito con cui
il locale aprì nel lontano 1864 come sala da spettacolo. Tutto spezzato
quella fatidica sera di novembre.
Lì, davanti alle transenne che ne delimitano l’entrata (il locale è ancora
chiuso) provo delle sensazioni, dei brividi fisici che non pensavo. Un gelo
interiore che attanaglia. Difficile spiegare certe forti
La facciata dove era rimasta appesa al
cornicione la ragazza
emozioni. A ricordarci quanto è avvenuto dentro e fuori il Bataclan, in bella
vista ancora diversi grandi fori di proiettili sulle vetrate.
Una commovente lettera affissa dai proprietari del locale su di una
transenna, informa che la montagna di fiori e oggetti vari nel ricordo delle
vittime, sono stati trasferiti nel giardinetto di fronte al locale. Decisione
motivata dal fatto che l’entrata del Bataclan confina con un trafficato
marciapiede e quindi il tutto ostacolava il flusso.
Questo senza dimenticare il dolore dei parenti e amici delle vittime. Infatti
sia il locale che la municipalità hanno deciso di aprire un museo permanente
dove raccogliere tutti gli oggetti, messaggi e altro ancora, lasciati
all’entrata in questi mesi e nei mesi futuri.
Mi soffermo a lungo davanti al Bataclan. Pare quasi di sentire le urla di
tutta quella povera gente stipata all’interno del locale, prese di mira da
folli cecchini che sparano all’impazzata su chiunque. Immagino pure la grande
confusione che regnava in quei momenti, con i più fortunati che in qualche
modo riescono a trovare la via d’uscita finendo tra le rassicuranti braccia
delle forze speciali della polizia francese.
Intorno a me altra gente osserva il luogo in religioso silenzio. Qualche
foto, qualche video: tutto con la massima discrezione ricordandosi sempre
cos’è accaduto lì dentro.
Incrocio lo sguardo di un gruppo di ragazzi. Non ci parliamo. Le parole non
servono, a parlare è la forte emozione che ci accomuna. Stati d’animo confusi
nel traffico che fluisce con regolarità di fianco al Bataclan. Nessuno suona
il clacson o sbraita, anzi quasi rallentano in segno di rispetto.
Mi sposto di qualche metro entrando nella via laterale che costeggia il
locale. Quella dove le immagini che hanno fatto il giro del mondo,
immortalano una giovane donna incinta appesa a un cornicione della finestra
usata come via di fuga, salvata poi da un ragazzo il quale, rischiando
anch’esso la vita, la riporta all’interno del locale. Al piano superiore dove
avevano trovato rifugio diversi altri ragazzi. Fortunatamente tutti loro si
sono salvati dal massacro.
Fiori e bandiere per ricordare le vittime
La mia attenzione si sposta verso il giardinetto di fronte al locale, quello
scelto come luogo sacro dove ricordare le vittime e la tragedia in toto.
Fiori, lettere, magliette, pelouche, ceri, e tanti altri oggetti. Ognuno di
essi possiede un’anima, sono vivi e vogliono ricordare e urlare al mondo che
certe tragedie non devono più accadere. Purtroppo non sarà così. Il
terrorismo ha già mietuto tante vittime innocenti.
Come Valeria Solesin, qui ricordata con bandiere tricolori italiane e
francesi, foto di lei sorridente o, ancora, maglie di società sportive
francesi riportanti il nome della sfortunata ragazza veneziana.
Valeria purtroppo non è la sola ad avere spezzato per sempre il sorriso della
vita quella sera. Con lei ragazzi di altre nazionalità: spagnoli, argentini,
inglesi, per ognuno di loro un ricordo. Come quello degli amici spagnoli di
Miguel morto al Bataclan, arrivati a Parigi solo per lui. Per salutarlo in
quel triste giardino dei ricordi.
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Siria: bombardate scuole e ospedali
NEW YORK, 15 febbraio 2016– E’ salito ad
almeno 50 morti il bilancio provvisorio
di raid aerei su 2 scuole ed 5 ospedali
(tra cui quello sostenuto da Medici senza
Frontiere) nel nord della Siria. Lo ha
annunciato il portavoce del segretario
generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon
che “è profondamente preoccupato dalle
notizie di attacchi missilitici su almeno
5 strutture mediche e due scuole tra Aleppo e Idlib, che hanno ucciso quasi
50 civili, inclusi bambini”, ha riferito Farhan Haq.
Si allontana la tregua in Siria e a pagarne le spese, come da cinque anni a
questa parte, sono soprattutto i civili. Stamane, nel giro di poche ore, sono
stati colpiti due ospedali, entrambi nel nord del Paese: uno nella provincia
di Idlib, sostenuto da Medici senza Frontiere (Msf), l’altro un ospedale
pediatrico ad Azaz, vicino al confine turco. Almeno 8 sono le persone che,
secondo l’organizzazione umanitaria, mancano all’appello a Maarat al-Numan,
dove in migliaia sono adesso senza copertura sanitaria in una zona dove sono
in corso violenti combattimenti. Msf non esclude la possibilita’ di “un
attacco deliberato”. L’ospedale e’ stato colpito quattro volte in due
attacchi a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro.
Pesante anche il bilancio ad Azaz: almeno 10 civili morti, tra cui due donne,
una incinta, e tre bambini. Non e’ chiaro chi abbia condotto i raid. Msf non
ha indicato responsabili ma l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha
parlato di raid “verosimilmente russi”. Il premier turco Ahmet Davutoglu ha
sostenuto che un missile balistico russo ha colpito la localita’; ma la zona
e’ ‘martellata’ da sabato anche dalle forze armate turche.
Irritata l’Ue che ha rivolto un appello a lavorare per il cessate-il-fuoco:
“Solo pochi giorni fa tutti noi, compresa la Turchia, abbiamo concordato
impegni per la cessazione delle ostilita’ in Siria”, ha detto il capo della
diplomazia europea, Federica Mogherini. “Ci aspettiamo che tutti rispettino
gli impegni di Monaco, e ricevere dal terreno notizie di segno opposto non e’
quello che ci aspettiamo”.
Oggi il governo di Ankara ha smentito la notizia che alcuni soldati turchi
siano entrati in Siria e ha anche precisato di non aver alcuna intenzione di
mandarne: il ministro della Difesa ha anche smentito che i caccia sauditi
siano gia’ arrivati in Turchia, ma ha precisato che la monarchia saudita ha
intenzione di inviare quattro F-16.
Ma Ankara continua a bombardare il nord della Siria. E oggi Davutoglu ha
ripetuto che non permettera’ in nessuno caso che le milizie curde, Ypg, si
rafforzino nella zona nord-orientale del Paese, ora dominata dall’Isis: i
curdi siriani, ha detto, sono “uno strumento nelle mani della Russia”. Ankara
non ha digerito la presa, da parte dei guerrieri curdi, di Maniq, centro
dotato di aeroporto militare a soli 13 km dal confine di Kilis, avvenuta in
seguito ai bombardamenti russi della scorsa settimana: un’occupazione a cui
l’esercito turco ha reagito aprendo il fuoco nelle ultime 48 ore. Per il
Cremlino le tensioni con Ankara possono diventare un serio ostacolo nella
creazione di un unico fronte anti-terrorismo in Siria. (AGI)
Morti in un incidente tutti i
componenti della rock band inglese
Viola Beach
I Viola Beach
STOCCOLMA, 14 febbraio 2016– Cinque musicisti britannici sono morti in un
incidente automobilistico avvenuto non lontano da Stoccolma. Con loro anche
il manager del gruppo.
Secondo quanto riporta la BBC le vittime sono i quattro membri della rock
band “Viola Beach” e il loro manager. Si erano esibiti venerdì a un festival
di Norrkoeping. L’auto su cui viaggiavano è precipitata da un ponte per
diversi metri.
Secondo la prima ricostruzione fornita dagli inquirenti sembrerebbe che
stavano viaggiando ad alta velocità e molto probabilmente non si sono accorti
che il ponte mobile era in procinto di riposizionarsi per permettere il
traffico stradale. I segnali luminosi erano perfettamente funzionanti, è
stato sottolineato. (rsi.ch)
Mosca: rasi al suolo un centinaio di
negozi abusivi
MOSCA, 9 febbraio 2016I proprietari di oltre
un centinaio di attività
commerciali, e numerosi
curiosi, sono rimasti
increduli di fronte alla
decisione del comune di
Mosca di abbattere nella
notte tra lunedì e
martedì chioschi e
negozi considerati
illegali e pericolosi
anche dal punto di vista
strutturale dalle
autorità.
Le squadre incaricate dal sindaco si sono recate nei pressi di una fermata
della metropolitana russa con tanto di camion e ruspe, ed hanno mandato in
macerie edifici di uno e due piani con all’interno attività popolari tra i
moscoviti.
“Il modo in cui è si è proceduto è primitivo: abbiamo assistito ad un
centinaio di negozi rasi al suolo durante la notte con circa 15.000 persone
rimaste senza lavoro”, ha denunciato la consigliera comunale Olga Kossets. I
gerenti dei negozi dicono di avere in mano tutti i regolari permessi e che
presenteranno una denuncia con richiesta di risarcimento danni. Una protesta,
questa, che sta montando anche sui social network della Capitale.
AFP/sdr
Delegazione del Parlamento Europeo in
Turchia per rifugiati siriani
Campo profughi siriani
ISTANBUL, 8 febbraio 2016- La crisi umanitaria in Siria è stata una delle
priorità del Parlamento. La Turchia ospita attualmente oltre 2,5 milioni di
rifugiati siriani ufficialmente registrati. La plenaria di gennaio ha
esortato gli Stati membri dell’UE a sostenere le infrastrutture necessarie
per i rifugiati attraverso 3 miliardi di euro inviata alla Turchia. Mentre
l’UE cerca il miglior approccio per affrontare la crisi, due delegazioni di
deputati di LIBE e BUDG si recano in Turchia questa settimana.
Il conflitto in Siria è diventato il più grande disastro umanitario a livello
globale dalla Seconda guerra mondiale. Dopo quasi cinque anni di
combattimenti, il numero degli sfollati sale a 6,5 milioni e i cittadini
costretti a fuggire nei paesi vicini sono ormai 4,6 milioni. Negli ultimi
giorni, circa 35.000 persone hanno lasciato la città più grande della Siria,
Aleppo, e non è ancora stata trovata una soluzione sul breve o medio termine.
I rifugiati in Turchia
Secondo i dati dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, alla fine di
dicembre 2015, la Turchia ospitava più di 2,5 milioni di rifugiati siriani
registrati.
Circa il 90% dei rifugiati siriani in Turchia vivono al di fuori dei campi, e
si stima che più di uno su due rifugiati siriani sia un bambino. L’UE sta
lavorando a stretto contatto con le autorità turche e le agenzie delle
Nazioni Unite per rispondere alle urgenze umanitarie dei gruppi più
vulnerabili.
A causa del conflitto in corso in Siria, la Turchia è diventata anche una via
di transito per i rifugiati. L’anno scorso ci sono stati oltre 850.000 arrivi
registrati dal mare in Grecia dalla Turchia, in maggioranza di provenienza
siriana. Il 3 febbraio 2016, gli Stati membri dell’UE hanno concordato il
finanziamento di un fondo di 3 miliardi di euro per assistere la Turchia ad
affrontare i bisogni dei rifugiati e dei loro centri di accoglienza.
La commissione per le Libertà civili
Questa settimana, la vice-Presidente del Parlamento Europeo Sylvie Guillaume
(S&D, Francia) è a capo di una delegazione in Turchia. Sette deputati della
commissione per le Libertà civili visiteranno i centri di sostegno dei
rifugiati e incontreranno le ONG e gli altri partner per valutare la
situazione sul terreno.
L’obiettivo principale della missione? “Conoscere meglio la situazione per
agire meglio”. Ha aggiunto: “La lista delle questioni da discutere sarà
lunga: la protezione, l’accoglienza e l’integrazione dei rifugiati, il
reinsediamento, la gestione delle frontiere, la liberalizzazione dei visti,
la lotta al contrabbando e molto ancora”.
Dopo la visita Guillaume spera che i deputati avranno “un’idea più generale
delle questioni in gioco e saranno in grado di avanzare proposte più
appropriate sull’afflusso di rifugiati e, più in particolare, sul
partenariato UE-Turchia”.
La commissione per i Bilanci
Anche una delegazione di undici deputati della commissione per i Bilanci
visiterà la Turchia questa settimana per discutere l’applicazione dei fondi
UE con le autorità locali. La missione prevede anche una visita ad un campo
profughi.
Il presidente della commissione per i Bilanci Jean Arthuis (ALDE, Francia) ha
dichiarato: “Stiamo andando in Turchia per ascoltare i diretti interessati,
per esaminare i progetti co-finanziati dal bilancio dell’Unione europea in
corso di attuazione, e per valutare la loro efficacia. Questa crisi richiede
una risposta ambiziosa e coordinata, in collaborazione con le agenzie delle
Nazioni Unite, gli stati membri, le ONG e, naturalmente, le autorità turche”.