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lavoro Sono 4 milioni e 341.156 gli italiani residenti all’estero iscritti all’Aire.Tra le mete per lavorare più gettonate, ieri c’erano Londra e Barcellona, oggi Berlino e, fuori dall’Europa, Australia, Canade e Brasile. quAnDo È lui che seGue lei Cambiare paese per cambiare lavoro è un’impresa. Farlo “in proprio” richiede un pesante bagaglio di informazioni: da raccogliere prima (e nei network giusti) piccoli export eccellenti di Laura Antonini N on solo fuga di giovani cervelli. Ad espatriare sono anche italiani di età più matura, secondo l’Aire, l’anagrafe dei residenti all’estero, che ha registrato un +30% di 20-40enni tra gli “expat” (erano 78.941 nel 2012, 60.635 il 2011): un flusso enorme di uomini e donne alla ricerca di una prima occupazione, o non più soddisfatti della propria, che decidono di esportare il proprio talento. Un’impresa affascinante, ma come si realizza? «La ricerca di una casa, l’assistenza sanitaria, la patente, la conversione del titolo di studio. Quando si cambia paese, le trafile burocratiche sono tante», spiega Valentina Balotta, partner di Eca Italia, società di consulenza per la gestione del personale in mobilità internazionale. «Tra gli aspetti più spinosi ci sono la pianificazione trasnazionale fiscale e previdenziale, D 114 perché non è scontato che chi lavora negli Usa o in India non debba pagare le tasse italiane. Allo stesso tempo è bene tenere in considerazione le tematiche previdenziali. E ricordare che ogni paese ha le sue leggi». L’aspirante expat in proprio (senza cioè il paracadute aziendale) dovrà quindi mettersi a tavolino e studiare prima di partire. Internet agevola il compito con forum, gruppi di discussione e network che, sulla falsariga di Linkedin, mediano l’incontro professionale. Bizpora.com è «un luogo virtuale dove trovare la persona giusta a cui chiedere consigli sul trasferimento e, soprattutto, un contatto reale per quando si arriva», dice Alessandro Mattei di Nomadidigitali.it, che sostiene l’espatrio come condizione di vita praticabile per chi lavora online. E in effetti proprio in un paese senza confini né burocratichese come Internet, sono in tanti ad avere trasfor- mato la condizione di expat in mestiere. Giulio Sovran, architetto emigrato a Berna, già mente del manuale open-source Goodbyemamma.com, ha appena fondato con Andrea Santini l’originale servizio di recruitment Expaway.com, che fornisce alle aziende personale qualificato in ambito IT lavorando sui grandi network internazionali di espatriati, università e scuole di eccellenza. «Troviamo le persone con le giuste competenze e facciamo incrociare la richiesta di mercati in crescita con l’offerta di lavoratori di paesi in recessione», dice Sovran. C’è chi, come Claudia Landini (moglie di un funzionario della Croce Rossa) che, dopo avere lavorato in Ong in Sudan, fatto l’interprete in Guinea-Bissau, la volontaria in un ospedale in Honduras, ha dato vita a Expatclic.com, in soccorso delle donne all’estero, e poi lanciato Crossculturescoaching.com, piattaforma per Foto di Ball, Bardeletti, Daniel/Picturetank - Langrock/Laif/Contrasto obiettivo espatrio vietato il fai da te Aiuta le pmi dell’eccellenza italiana a cambiare paese il progetto “luxury in the World” che, dopo Milano, sta per approdare ad Abu Dhabi e Dubai. Anime dell’operazione, l’imprenditore Angelo caroli, carlo piazzoli e nadia Murabet. «Grazie alla mia vita da expat capisco il valore del made in italy, che può resistere e rispondere alla crisi del mercato interno solo se sa dove espatriare», racconta Murabet, di origine libica, recentemente insignita del “Global international achievers Award” per il suo impegno in progetti per la rinascita del continente africano e nominata Ambasciatrice di pace al Forum internazionale sui Diritti delle Donne in Argentina. per lavorare con successo sui mercati esteri? «È necessario mettere in atto un processo di internazionalizzazione fondato su valori universali e su una profonda conoscenza socio-culturale dei popoli cui ci rivolgiamo. È la sinergia che si crea tra le parti a fare da premessa per instaurare business efficaci e duraturi. Attraverso questo progetto noi mettiamo a disposizione competenze acquisite in italia e all’estero per favorire una crescita economica internazionale». l.A. 11 GENNAIO 2014 il 20% dell’impiego in espatrio riguarda le donne. È quanto emerge da una ricerca del portale Global excellence, un dato che, oltre a confermare un trend in crescita (la percentuale di lavoratrici expat, dai dati Aire, è del 44% contro un 56% maschile), rivela la nascita di un nuovo fenomeno: quello degli uomini al seguito. proprio come le mogli di diplomatici e businessman, sono sempre di più i mariti o compagni che decidono di mollare tutto per lei. Ma mentre per le donne la rete pullula di associazioni-paracadute pronte ad aiutarle in tutto (dallo stringere amicizie al conoscere il paese d’accoglienza e trovare opportunità di lavoro), per gli uomini se ne trovano solo due. la belga “studs” (Spouses Trailing Under Duress Successfully) e la cinese “Guytai” (The meeting place for trailing spouses) di shangai. Associazioni territoriali che, forti di poche centinaia di iscritti e dall’interfaccia basica, funzionano come bacheche e forum. Ma qualcosa sta cambiando e in attesa che il sesso forte si strutturi c’è chi ha deciso di sfruttare le reti femminile iscrivendosi comunque, in barba al genere. così al Jerusalem expat network (jerusalemexpatnetwork. org) hanno fatto il loro ingresso mariti di funzionarie in missione umanitaria. «e l’irlandese John cutliffe», conferma claudia landini di expatclic «non avendo ancora trovato un’occupazione è diventato il webmaster dell’associazione». l.A. cui si è reinventata “expatriate coaching”: «Davanti all’enormità del web e dei mercati», dice, «non tutti hanno la stessa forza. Espatriare con un coach aiuta a sviluppare meglio il progetto e a prepararsi agli inevitabili momenti di sconforto». Ma dove si espatria e perché? «Ogni epoca ha la sua meta di tendenza», dice Claudia Cucchiarato, autrice del caso editoriale Vivo Altrove (Bruno Mondadori editore), oggi anche blog. Una geografia in continua evoluzione, condizionata dall’andamento dei mercati e dal tipo di occupazione che si cerca. «Tra le mete in voga c’è l’Australia, ambita da ricercatori, professori di italiano, economisti. Non abbiamo però cifre esatte sul fenomeno, considerato che molti espatriano sfruttando il permesso da turista per poi lavorare in nero come camerieri, per esempio». Diverso è il caso della Cina, dove profili tecnici e creativi (ingegneri e designer) arrivano per un periodo a tempo. «Sono expat interessati a conoscere i meccanismi economici di questo paese e creare rapporti professionali di fiducia da spendere poi tornati in Italia». Oltre al Canada, «meta di architetti ed esperti di comunica- zione, dove ci sono meno problemi per i permessi rispetto all’Australia e agli Usa», aggiunge Claudia, «è molto gettonato anche il Brasile, in vista degli imminenti eventi sportivi: Olimpiadi e Mondiali». Più frammentata la situazione in Europa. Dopo i boom di Londra, per le carriere nella finanza, e di Barcellona, per creativi e avvocati, è la volta di Berlino, dove famiglie monoparentali e startup trovano aiuti statali e incentivi. «È la scena più popolata sul fronte della creatività», conferma l’interprete expat Simone Buttazzi, autore con Gabriella Di Cagno del libro Tutti a Berlino (Quodlibet editore), «un sistema fiscale e burocratico poco cavilloso è terreno fertile per far crescere l’imprenditorialità». Ad arrivare nella nuova mecca non mancano gli under 40, come Arianna Bassoli, Johanna Brewer ed Emanuela Tumolo, digital pr della “app” Frestyl, che scopre last-minute concerti e party vicini. «Dopo il background accademico in Italia», raccontano, «siamo riuscite a realizzare la nostra idea solo qui: grazie all’aiuto dell’acceleratore Startupbootcamp e al found raising di Deutsche Telekom». D 115