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IL COMMENTO DELL’ESPERTO: ENIO GUALANDRIS
GROUP HUMAN RESOURCES DIRECTOR - RADICI GROUP
Ormai da qualche secolo, se non da qualche millennio (perché non pensare che i proconsoli romani, inviati
“all’estero” con l’incarico di governare una provincia dell’impero romano, non fossero a tutti gli effetti degli
“expat” ante litteram…) le aziende decidono di trasferire i manager all’estero per tre ragioni principali, ovvero:
per sviluppare determinate capacità dei propri collaboratori in un contesto straniero; per rafforzare le
competenze dei propri dipendenti attraverso un’esperienza internazionale; ma anche come meccanismo di
controllo, coordinamento, e comunicazione, con la conseguente creazione di un network di relazioni personali
che facilita poi tutti questi aspetti.
Anche RadiciGroup, leader mondiale nella produzione di una vasta gamma di prodotti della famiglia del nylon
(intermedi chimici, polimeri di poliammide, tecnopolimeri, fibre sintetiche), ha deciso qualche anno fa di
implementare un programma di Expat, soprattutto per la Business Area Performance Plastics, la più globale del
Gruppo. Essa infatti opera con 7 Plants e numerose Società commerciali in 4 Continenti (Europa, Nord e Sud
America, Asia), a servizio principalmente dell’industria Automotive e di quella Elettronica.
L’approccio adottato è stato quello di sia offrire ad alcuni dipendenti già in forza presso le Società italiane
l’opportunità di trasferirsi all’estero o di assumere direttamente presso le società estere dei nuovi dipendenti,
italiani, con contratti locali.
In entrambi i casi, è stato deciso di adottare una filosofia piuttosto “forte”, ovvero di offrire a tutti coloro che
partecipano a questo programma solamente dei contratti locali, ovvero con le Società Cinesi, Brasiliane,
Tedesche, Statunitensi che hanno provveduto all’assunzione, tagliando il cordone ombelicale con le Società
italiane di provenienza, nel caso di dipendenti già in forza o non creando alcun rapporto nel caso di nuove
assunzioni all’estero.
Perché? Dopo un’approfondita ed un po’ sofferta analisi, si è optato per evitare di dover gestire tutta la
complessa (talvolta inutilmente complicata) gestione amministrativa di un processo di espatrio “normale”,
relativamente ai temi della fiscalità (complicata dagli importanti temi della gestione della doppia imposizione e
del transfer pricing, relativamente al possibile riaddebito dei costi connessi agli espatriati trasferiti da una casa
madre ad una consociata estera), della previdenza (che impone il giostrare fra INPS ed altri Enti all’estero in
applicazione di accordi di cosiddetta “sicurezza sociale”).
In ogni caso, sia per gli ex dipendenti delle Società italiane che per coloro assunti ex novo, la parte economica
e di benefits offerta ricalca quanto tipicamente offerto agli expat, ovvero una retribuzione in linea con quanto
paga lo stesso ruolo in Italia (approccio cosiddetto “home country”), integrata con una somma che in pratica
è un’indennità riconosciuta per compensare il disagio derivante dalle differenti condizioni organizzative ed
ambientali nelle quali il dipendente presterà l’attività lavorativa e per le maggiori spese che presumibilmente
sosterrà. Come benefits, a tutti viene offerto l’alloggio, un’auto aziendale (o, dove più consono, l’abbonamento
all’utilizzo di mezzi trasporto pubblici – nel caso, per RadiciGroup, di espatriati ad Amburgo, Germania, e
Shanghai, Cina), assicurazione sanitaria integrativa, e, per coloro che provengono da Società italiane del
Gruppo, almeno due viaggi di rientro in Italia all’anno. Sempre per costoro, è previsto un meccanismo di
neutralizzazione dell’effetto dell’oscillazione dei cambi fra euro e moneta del Paese in cui sono stati espatriati,
per evitare una penalizzazione (o eccessiva agevolazione) rispetto alle condizioni proposte in partenza.
Enio Gualandris
Group Human Resources Director – Radici Group
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