Dott. G. Fanticini

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Dott. G. Fanticini
Casistica, prassi e risoluzione di questioni insorte nel processo esecutivo
PIACENZA – 20 MARZO 2010
INDIVIDUAZIONE DELL’IMMOBILE PIGNORATO
Corrispondenza tra il titolo e la nota di trascrizione del pignoramento
L’art. 555 c.p.c. rinvia alle norme sull’individuazione degli immobili nelle note di
iscrizione ipotecaria: a seguito della riforma del 1985 (legge n. 52) che ha introdotto la
meccanizzazione delle Conservatorie dei RR.II. e modificato l’art. 2826 c.c., il bene deve
essere individuato – essenzialmente nella nota di trascrizione – mediante i dati di
identificazione catastale (artt. 2659 n. 4 e 2826 c.c.) e questi ultimi, a loro volta, rinviano
– per gli immobili censiti a Catasto Fabbricati – a una determinata scheda depositata
presso la competente Agenzia del Territorio.
“Per stabilire se e in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile a terzi deve aversi
riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate
nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci e di incertezze, gli estremi
essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il
contenuto del titolo” (ex multis Cass. 2051/1986; Cass. 10774/1991): il solo dato catastale
risultante dalla nota è rilevante ai fini di decidere dell’opponibilità della trascrizione del
pignoramento ai terzi, mentre è irrilevante il titolo.
Discrasie
1. Difformità tra il titolo e la nota
Es. il titolo individua il bene pignorato come f. 1 n. 1 sub. 1; la nota individua il bene alterando
alcuni degli elementi di individuazione sopra riportati (f. 1 n. 11 sub. 1).
È un classico caso di nullità della trascrizione (art. 2655 c.c.):
- Il dato catastale indicato nel titolo non è trascritto e quindi non è opponibile ai terzi.
- Il dato difforme risultante dalla nota non trova corrispondenza nel titolo e quindi, visto
che la trascrizione ha efficacia soltanto dichiarativa – ossia serve a estendere ai terzi gli
effetti propri del titolo (secondo la giurisprudenza prevalente) – non può neppure
vincolare il bene indicato.
2. Il titolo e la nota sono conformi tra loro, ma ad essi non corrisponde il bene esistente a Catasto
Es. il pignoramento è notificato e trascritto su immobile in Via Roma n. … f. 1 n. 1 sub. 1.
A Catasto Fabbricati il bene da pignorare è censito al f. 11 n. 1 sub. 1. Viceversa il bene indicato o
non esiste o si trova in altra ubicazione (es. Via XX Settembre) rispetto a quello che il creditore
intendeva pignorare.
La trascrizione è formalmente valida, ma quale effetto può avere, visto che il bene nei
termini indicati nella nota non esiste ?
Sul punto s’è pronunciata Cass. 8.3.2005 n. 5002: nel conflitto tra due pignoramenti (e,
quindi, tra due aggiudicatari), di cui il primo era stato fatto e trascritto su un foglio di
mappa sbagliato, ha concluso per la inefficacia della prima trascrizione (sbagliata).
Conseguenze
Il pignoramento non ha raggiunto il suo scopo tipico ed essenziale: non ha stabilito
efficacemente alcun vincolo e quindi non può assicurare al futuro aggiudicatario la
preminenza del suo titolo di acquisto rispetto ad altri aventi causa del debitore esecutato
(art. 2919 c.c.).
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Se risulta viziato l’atto di pignoramento (carente individuazione di debitore e/o beni
vincolati), non è sufficiente la rettifica della sola nota di trascrizione, ma è necessario un
nuovo atto di pignoramento seguito da nuova trascrizione (Cass. 12429/2008, in
fattispecie di pignoramento invalido per incerta individuazione del soggetto debitore):
non è possibile limitarsi a rettificare la trascrizione indicando nella nota gli estremi
catastali e l’ubicazione corretti, poiché quella nota dovrebbe continuare a riferirsi al
pignoramento (univoco numero di repertorio UNEP) che contiene i dati sbagliati: si
verificherebbe quindi un’evidente difformità tra titolo e nota con implicazioni ex art.
2655 c.c. (nullità o inefficacia)
L’indeterminatezza o inesattezza dell’atto o trascrizione (con riguardo a soggetti e bene)
può essere rilevata di ufficio dal G.E. e implica il rigetto dell’istanza di vendita.
Le nullità del pignoramento sono normalmente sanate per decorrenza del termine di
opposizione agli atti esecutivi, ma queste irregolarità (indeterminatezza e/o inesattezza che
implichi obiettiva incertezza) sono di gravità tale pregiudicare l’idoneità del pignoramento
a raggiungere il suo scopo tipico: ergo, sono nullità assolute e insanabili (Cass. Sez. Un.
4612/1985).
Se invece l’atto è corretto e il vizio risiede nella sola nota, è ammissibile la rettifica della
sola trascrizione, poiché il vizio può essere emendato rinnovando la trascrizione dello
stesso atto (ovviamente senza l’errore).
In questi casi la misura corretta da parte del G.E. non consiste nel rigetto definitivo
dell’istanza di vendita, che ancora può essere accolta a seguito della rinnovazione della
trascrizione ma in un ordine di rinnovazione, con temporaneo non luogo a provvedere
alla vendita (la nuova trascrizione prende grado ex nunc; il punto è assolutamente
pacifico).
Frazionamento/accorpamento/riduzione nella consistenza (scorporo)/accatastamento:
criterio dell’ “obiettiva incertezza”
Es. Il creditore sottopone oggi a pignoramento il mappale f. 1 n. 1 sub. 3. Dalle risultanze catastali
l’unità immobiliare sub. 3 risulta soppressa da svariati anni, a seguito di denuncia di variazione per
frazionamento (ha generato le u.i. sub. 4-5) oppure di fusione in altra u.i. (i sub 3-4 sono stati fusi
nell’u.i. sub. 5).
Il caso, abbastanza frequente, si verifica quando il pignoramento è fatto da un creditore
che, avendo illo tempore iscritto ipoteca, procede a esecuzione indicando nel pignoramento
il dato catastale corrispondente a quello dell’ipoteca, senza aggiornare le visure.
Il criterio per decidere il caso consiste nel verificare se l’identificativo catastale soppresso
generi o meno una situazione di “obiettiva incertezza” nell’individuazione
dell’immobile e quindi una potenziale nullità della trascrizione.
Il dato dei registri immobiliari non può essere letto isolatamente (non è autosufficiente
come era in passato, quando la nota doveva contenere la descrizione materiale
dell’immobile), ma deve combinarsi con l’esame del Catasto.
Quindi, anche l’indicazione del mappale soppresso può ritenersi sufficiente, perché
“soppressione” significa soltanto che il mappale non è più attivo (il Catasto non recepisce
con riguardo a quel mappale nuove variazioni, né sul piano della consistenza materiale,
né sul piano dell’intestazione).
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Ispezionando il Catasto storico per reperire la particella “soppressa” con l’indicazione in
calce della particella (o particelle) costituita come conseguenza della soppressione,
l’estremo catastale rinvia quindi a un dato esistente e tracciabile, cioè non genera
un’incertezza assoluta.
Es. Il creditore sottopone oggi a pignoramento il mappale n. 100. Dalle risultanze catastali, il
mappale n. 100 risulta ancora attivo, ma ha subito una riduzione nella consistenza catastale: degli
originari 150 mq. sono stati stralciati e costituiti in autonomo mappale (oppure accorpati ad altro
mappale) 20 mq.
Il pignoramento a carico del mappale n. 100 deve intendersi riferito alla consistenza
originaria (mq. 150) o a quella risultante dalla variazione (mq. 130)?
1) Nulla quaestio se la nota di trascrizione del pignoramento riporta la consistenza del
mappale che si intende vincolare ai fini dell’esecuzione, poiché tale elemento consente di
interpretare la nota senza margini di equivoco.
2) Nel caso in cui la nota non fornisca elementi, è ragionevole pensare che il
pignoramento deve intendersi stabilito nei limiti dell’estensione superficiaria iscritta a
Catasto alla data dell’atto (e, quindi, per la minore estensione).
Il creditore sottopone oggi a pignoramento il mappale n. 100 del Catasto Terreni. Dalle risultanze
catastali, sul mappale n. 100 risulta costruito un fabbricato già censito a C.F. e non menzionato
nella nota di trascrizione.
Il caso si verifica soprattutto quando c’è un’ipoteca fondiaria iscritta a garanzia del
finanziamento concesso al costruttore per la realizzazione di un intervento edilizio, la
quale deve iscriversi indicando nella nota il dato catastale dell’area di sedime (art. 2826
c.c.).
Tra l’iscrizione di ipoteca e la trascrizione del pignoramento, il fabbricato viene
completato e denunciato a C.F. (ha quindi un proprio mappale e subalterno, oppure è
individuato con gli estremi della denuncia per accatastamento). L’area di sedime
dell’edificio di nuova costruzione, non esprimendo più un’autonoma capacità
patrimoniale, viene passata alla c.d. partita 1 del C.T. (“aree di enti urbani”), senza
reddito.
È legittimo il pignoramento compiuto indicando nella nota di trascrizione il dato del
C.T. e non il dato del C.F.?
Dallo stesso art. 2826 c.c. si ricava che l’ipoteca iscritta sul terreno è (e non può non
essere) opponibile a chi acquista diritti sul fabbricato – cui l’ipoteca s’estende per
accessione – ed è anche tracciabile mediante ispezione catastale al nome dell’intestatario.
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L’INTERVENTO DEI CREDITORI
Creditori ammessi all’intervento:
1) creditori muniti di titolo esecutivo nei confronti del debitore esecutato
Salve le ipotesi di successione ex parte debitoris nel titolo esecutivo (art. 477 c.p.c.).
Socio illimitatamente responsabile: “La sentenza di condanna pronunciata in un processo
tra il creditore della società ed una società di persone costituisce titolo esecutivo anche contro il
socio illimitatamente responsabile, in quanto dall’esistenza dell’obbligazione sociale deriva
necessariamente la responsabilità del socio e quindi ricorre una situazione non diversa da quella
che, secondo l’art. 477 cod. proc. civ., consente di porre in esecuzione il titolo in confronto di
soggetti diversi dalla persona contro cui è stato formato” (Cass. 613/2003); “Il creditore di
una società di fatto, in possesso di un valido titolo esecutivo formatosi nei confronti di
quest’ultima, può agire direttamente nei confronti del singolo socio senza doversi, all’uopo,
procurare un altro, specifico titolo nei suoi confronti, essendo la responsabilità del socio una
responsabilità diretta per fatto proprio, come desumibile dalla ampia formulazione della norma
di cui all’art. 2297 cod. civ.” (Cass. 7353/1997); il titolo esecutivo emesso nei confronti
della società sia portato a conoscenza del socio nei confronti del quale è fatto valere.
La posizione giurisprudenziale è oggetto di critica perché estende l’efficacia del titolo
esecutivo al socio di società di persone mentre mantiene ferma la necessità del titolo
nei confronti di altri condebitori solidali.
L’estensione soggettiva del titolo esecutivo può operare nel caso del condominio (che
addirittura difetta della soggettività giuridica che spetta, invece, alle società di persone,
trattandosi di mero ente di gestione): perciò, il condomino risponde in proprio nei
confronti del creditore del condominio delle obbligazioni, ferma restando la natura
parziaria della sua responsabilità (come statuito dalle Sezioni Unite nel 2008).
2) i creditori, non titolati, il cui diritto nasce dall’espropriazione in corso ex art. 2812 c.c.
3) i creditori non titolati che, al momento del pignoramento, hanno già stabilito un legame diretto
con il bene pignorato (per la realizzazione della garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c.), per
essere sequestranti, pignoratizi o aventi diritto di prelazione risultante da pubblici registri
Ad esempio, apertura di credito garantita da iscrizione ipotecaria.
Importante: “al momento del pignoramento”.
4) i creditori non titolati il cui credito, al momento del pignoramento, risulta dalle scritture
contabili di cui all’art. 2214 c.c.
Importante: “al momento del pignoramento”.
“Estratto autentico notarile delle medesime scritture rilasciato a norma delle vigenti
disposizioni” (art. 499 c.p.c.): non è una copia autenticata di fatture o un estratto
conto ex art. 50 TULB la cui firma è autenticata da notaio.
L’estratto deve riferirsi all’esecutato; sono irrilevanti – perché si richiede al G.E. un
accertamento – fideiussioni o garanzie prestate dall’esecutato rispetto al soggetto a cui
si riferiscono le scritture.
La disposizione, letteralmente, riguarda l’imprenditore commerciale che deve tenere le
scritture contabili (con esclusione dei piccoli imprenditori, non obbligati a tenere le
scritture di cui all’art. 2214 c.c.).
Secondo la tesi prevalente, anche il piccolo imprenditore può intervenire (nella
misura in cui lo si ritiene legittimato ad agire in monitorio avvalendosi del disposto
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dell’art. 634 comma 2° c.p.c.) in forza di estratto autentico delle scritture contabili
obbligatorie che egli abbia regolarmente tenuto pur non essendovi obbligato.
È escluso l’imprenditore agricolo.
È esclusa l’ammissibilità dell’intervento da parte di una banca che fondi il credito
sull’attestazione ex art. 50 T.U.L.B.: occorrerà che al ricorso sia allegato l’estratto
autentico notarile delle scritture contabili.
Verificabilità ex officio dell’ammissibilità dell’intervento (Cass. 6885/2008; Cass.
4763/1993).
Accantonamento
I creditori non titolati i cui crediti siano stati disconosciuti hanno diritto
all’accantonamento delle somme che ad essi spetterebbero, ai sensi del nuovo art. 510
comma 3° c.p.c., a condizione che ne facciano istanza e che dimostrino di aver proposto,
entro i 30 giorni successivi all’udienza di verifica, l’azione necessaria per procurarsi il
titolo.
Giunti alla fase distributiva, occorrerà quindi accantonare una somma idonea alla
soddisfazione degli appartenenti a tale categoria, per il caso in cui essi riescano a
procurarsi un titolo esecutivo.
Si procederà conseguentemente alla distribuzione
 come se il credito non titolato e non riconosciuto avesse attualmente il diritto di
concorrere al riparto
 saranno senz’altro distribuite le somme concernenti i crediti ex art. 2770 c.c. e in
generale quelli delle spese in prededuzione, nonché quelli ipotecari e privilegiati che
comunque prevarrebbero sullo stesso nella graduazione
 dovranno accantonarsi somme congrue per i creditori disconosciuti.
In tale fase, sia il creditore disconosciuto, sia i creditori titolati, sia lo stesso debitore
potranno opporsi alle determinazioni giudiziali (ad esempio, riguardo all’ammontare della
somma accantonata o al termine assegnato).
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OPPOSIZIONI ESECUTIVE
Oggetto dell’opposizione ex art. 615 co. 1° c.p.c.
L’opposizione a precetto ai sensi dell’art. 615 co. 1° c.p.c. è azione di accertamento del
credito (melius, del diritto di procedere a esecuzione forzata) e non sulla validità del
precetto:
1) in caso di totale accoglimento non si annulla il precetto ma si dichiara che l’opposto
non ha diritto di procedere in executivis; in caso di accoglimento parziale persiste
l’idoneità del precetto – sia pure per minore ammontare – a fungere da presupposto per
l’esecuzione (Cass. 2123/1998; Cass. 5515/2008);
2) la decisione costituisce res iudicata anche per successivi precetti.
Introduzione dell’opposizione a precetto (ex art. 615 co. 1° c.p.c. o ex art. 617 co. 1° c.p.c.)
 competenza per valore (Tribunale o G.d.P.) nelle opposizioni ex art. 615 comma 1°
c.p.c.
 elezione di domicilio nel precetto: “In tema di foro relativo all’opposizione a precetto, l’art.
480, comma terzo, cod. proc. civ. attribuisce alla parte che intende promuovere l’esecuzione forzata
una facoltà, consistente nel dichiarare la propria residenza o nell’eleggere domicilio, ma, nel
contempo, le impone l’onere di scegliere come tale uno tra i possibili luoghi dell’esecuzione. Pertanto,
se la parte istante elegge domicilio in un comune in cui il debitore della prestazione pecuniaria da
realizzarsi coattivamente non possiede beni, od in cui non risiede un terzo “debitor debitoris”,
l’elezione di domicilio resta priva di effetti ed il debitore può proporre l’opposizione a precetto
davanti al giudice del luogo nel quale gli è stato notificato il precetto stesso, essendo onere del
creditore dimostrare, nel relativo giudizio, che nel comune nel quale egli ha eletto domicilio sarebbe
stato possibile sottoporre a pignoramento beni o crediti del debitore.” (Cass. 9670/2008);
 in ogni caso, notifica dell’opposizione nel domicilio eletto: Corte Cost. 480/2005 –
“Il debitore precettato … ben può proporre la sua opposizione al giudice del luogo di notifica del
precetto ogni volta che egli deduca (anche implicitamente) l’inesistenza di suoi beni (o della
residenza di suoi debitori) in altro luogo, ma egli può notificare la sua opposizione presso la
cancelleria di tale giudice solo quando il creditore precettante abbia del tutto omesso la
dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio; ove tale dichiarazione o elezione vi sia, anche se
in luogo che, secondo il debitore, mai potrebbe essere quello “dell’esecuzione”, la notificazione
dell’opposizione deve necessariamente farsi nella residenza dichiarata o nel domicilio
eletto”; più recentemente Cass. 12540/2009
Ammissibilità del c.d. “precetto in rinnovazione”.
È inutile (non è ammissibile il raddoppio delle spese perché o sono superflue quelle del
secondo precetto dato che l’esecuzione poteva già essere iniziata … o non sono ripetibili
quelle del primo perché il creditore ha omesso di iniziare l’esecuzione nel termine e si fa
carico delle spese ex artt. 610 e 632 c.p.c.); infatti:
a) si sono compiuti atti esecutivi e, quindi, il termine ex art. 481 c.p.c. è rispettato (Cass.
9966/2006: “Il termine di novanta giorni, previsto dall’art. 481 cod. proc. civ., entro cui
l’esecuzione deve essere iniziata per ovviare alla comminatoria di inefficacia del precetto, è un
termine di decadenza e non di prescrizione, attenendo all’inattività processuale del creditore e non
all’effetto sostanziale del precetto. Ne consegue che, se entro il termine suddetto viene iniziata
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l’esecuzione, esauritasi la funzione del termine di decadenza, è possibile instaurare anche dopo il
decorso dei novanta giorni ed in base all’unico precetto altre procedure espropriative con il solo
temperamento del divieto del cumulo eccessivo”).
Il pignoramento negativo è atto esecutivo?
 l’accesso per pignoramento costituisce “inizio dell’esecuzione” perché –
secondo la dottrina (Castoro, Mandrioli) è il primo atto che invade la sfera
giuridica del debitore dopo gli atti prodromici
 non è atto esecutivo secondo Cass. 20836/2006 e Andrioli (che sancisce
l’irripetibilità delle relative spese sostenute dal creditore … obiter dictum)
 è atto esecutivo secondo Satta e come si evince dalla giurisprudenza di
legittimità che riconosce il diritto del creditore a ripetere le spese del
procedimento infruttuoso salvi i casi di inattività/rinuncia (non trattandosi di
inattività le spese del pignoramento negativo sono addossate al debitore)
b) non si sono compiuti atti esecutivi e, quindi, le spese del precedente precetto restano
a carico del creditore rimasto inerte (Cass. 10572/2007: “La sopravvenuta inefficacia del
precetto per mancato inizio dell’esecuzione nel termine di novanta giorni dalla sua notificazione
comporta che le spese del precetto ormai perento restano a carico dell’intimante, essendo applicabile,
anche in questa ipotesi, il principio - stabilito dall’ultimo comma dell’art. 310 cod. proc. civ. e
richiamato, per il caso di estinzione del processo esecutivo, dall’art. 632 u.c. del codice di rito - che le
spese del processo estinto stanno a carico delle parti che le hanno anticipate. Né la spesa sopportata
per intimare il precetto divenuto inefficace può essere assimilata a un costo sostenuto per il recupero
delle somme non corrisposte alla scadenza, ripetibile dal debitore ai sensi dell’art. 6 d.lgs. 231 del
2002”);
c) nel corso dell’opposizione il precetto non perde “efficacia”: Cass. 5377/1994:
“L’opposizione a precetto non impedisce di per sé al creditore di dare inizio all’esecuzione, in quanto
l’art. 481 cod. proc. civ. ad essa ricollega soltanto l’effetto di sospendere il termine di efficacia del
precetto stesso, non già quello della sospensione dell’esecuzione, che è istituto diverso, senza che rilevi
in contrario che l’identificazione delle cause di cessazione della sospensione sia per questo, come per
l’altro, desumibile dall’art. 627 cod. proc. civ.”
La sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo ex art. 615 co. 1° c.p.c.; la sospensione
dell’esecuzione ex artt. 624 e 618 c.p.c.; i mezzi di impugnazione
 è misura cautelare (Cass. 5368/2006) e, conseguentemente, è applicabile il rito
cautelare uniforme (ivi compresa la possibilità di sospendere inaudita altera parte con
decreto)
 è misura che può essere adottata solo in corso di causa (come il sequestro ex art. 2905
c.c. nei confronti del terzo): perciò, si può avere un’eccezionale competenza in materia
cautelare del G.d.P. (problemi con la fase del reclamo)
 è prevista solo per le opposizioni ex art. 615 c.p.c. e non per le opposizioni ex art. 617
c.p.c.: la ratio non è chiara ma è presumibile che un vizio “formale” degli atti prodromici
non giustifichi l’adozione di un provvedimento potenzialmente dirompente per tutte le
possibili esecuzioni da intraprendere
 c’è uno spazio residuo per un provvedimento ex art. 700 c.p.c. di inibitoria all’inizio
dell’esecuzione forzata?
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o teoricamente sì, per le opposizioni ex art. 617 c.p.c., sebbene nella pratica appaia
difficilmente configurabile (periculum in mora)
o teoricamente sì come cautelare ante causam (anche per le opposizioni ex art. 615)
o sì, quando la misura cautelare richiesta non è idonea o non può essere concessa:
ad esempio, si contesta il diritto di procedere a esecuzione forzata ma non per gli
effetti esecutivi del titolo bensì per voci del precetto (ad esempio, Cass.
12270/2002 su “consultazioni” e “corrispondenza”) o per la mancanza di
esecutorietà del titolo (ad esempio, sentenze di accertamento o costitutive o
assegno privo di data)
 è ammissibile la sospensione parziale (analogamente a quanto previsto dall’art. 283
c.p.c. per la sospensione disposta dal giudice dell’appello)
 rapporto tra opposizione ex art. 615 co. 1° c.p.c. (a precetto) e opposizione ex art. 615
co. 2° c.p.c. (all’esecuzione)
o tesi “estremiste”: il giudice dell’opposizione a precetto perde il potere cautelare se
è iniziata l’esecuzione; il giudice dell’opposizione a precetto ha anche il potere di
sospendere l’esecuzione se questa è iniziata (come previsto nell’art. 283 c.p.c.)
o tesi ragionevole: il giudice dell’opposizione a precetto è investito – in via cautelare
– della domanda di “sospendere l’efficacia esecutiva del titolo”, mentre al giudice
dell’esecuzione è richiesto di “sospendere l’esecuzione”; il petitum cautelare è
diverso dato che il primo potere riverbera effetti su tutte le possibili instaurande
esecuzioni mentre la sospensione disposta dal giudice dell’esecuzione concerne
solo la procedura esecutiva già instaurata innanzi a lui;
o se il giudice dell’opposizione a precetto sospende l’efficacia esecutiva del titolo il
giudice dell’esecuzione deve sospendere ex art. 623 c.p.c. (sospensione ab externo o
aliunde) a seguito di semplice istanza esecutiva ex art. 486 c.p.c. (Corte Cost.
105/2004); se il giudice dell’opposizione a precetto non sospende il giudice
dell’esecuzione conserva il suo potere di sospendere ex art. 624 c.p.c.;
o è ammissibile sollevare le medesime questioni innanzi ai due giudici perché in via
cautelare non si rischiano conflitti e nel merito i rapporti tra le cause sono regolati
in base agli istituti della sospensione pregiudiziale, della continenza e della
litispendenza); inoltre, non è impossibile che siano sollevate questioni differenti o
parzialmente differenti sia in via cautelare, sia nel merito (ad esempio,
l’impignorabilità dei cespiti aggrediti)
 reclamabilità del provvedimento cautelare ex art. 615 co. 1° c.p.c.: il reclamo è
letteralmente previsto solo per la sospensione disposta dal giudice dell’esecuzione; in via
sistematica si evince l’ammissibilità del reclamo sia per la maggiore incisività del
provvedimento sospensivo ex art. 615 co. 1° (che può riguardare tutte le opposizioni), sia
per gli effetti dirompenti che la sospensione può avere sulle ragioni creditorie (la
sospensione ad esecuzione iniziata non rimuove il pignoramento e, quindi, mantiene la
“garanzia” del credito, a differenza della sospensione anteriore all’inizio dell’esecuzione)
sia per la minore tutela concessa al creditore (nella sospensione ex art. 624 c.p.c. il giudice
dell’esecuzione può imporre cauzione; non così il giudice dell’opposizione a precetto);
contra, Tribunale di Milano
 reclamabilità dell’ordinanza di sospensione ex art. 618 c.p.c.?
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o argomento letterale: l’ultimo comma dell’art. 624 c.p.c. estende alla sospensione
ex art. 618 c.p.c. solo le disposizioni riguardanti la c.d. “estinzione anticipata”
(comma 3°) e non quelle concernenti il reclamo (contenute nel comma 2°);
perciò, ubi lex voluit, dixit
o argomento sistematico: la non reclamabilità dell’ordinanza di rigetto della istanza
di sospensione in caso di opposizione agli atti esecutivi troverebbe giustificazione
nel minor “valore” delle doglianze ex art. 617 c.p.c. (in realtà, non è vero: si pensi
a un vizio tale da travolgere l’esistenza stessa del pignoramento); il provvedimento
di sospensione per un vizio “minore” nuoce alle ragioni creditorie tanto quanto il
provvedimento sospensivo in caso di contestazione del diritto di procedere a
esecuzione forzata e sarebbe illogico non ammettere l’impugnazione in caso di
arresto della procedura determinato da una doglianza sul quomodo dell’esecuzione
L’estinzione ex art. 624 comma 3° c.p.c.
Scopo della norma originaria (poco intellegibile): evitare la permanenza del pignoramento
nelle more della decisione sull’opposizione (con esecuzione solo sospesa);
responsabilizzare il giudice nell’adozione dei provvedimenti di sospensione.
In pratica, con l’istituto in esame si è cercato di attribuire al provvedimento di
sospensione dell’esecuzione una stabilità tendenzialmente definitiva, svincolando tale
effetto dall’esito della causa di merito di opposizione, a cui la sospensione è strumentale.
La sospensione è un provvedimento cautelare.
È un cautelare anticipatorio degli effetti della sentenza di merito ex art. 669 octies co. 6°?
Se così fosse il giudice dell’esecuzione dovrebbe pronunciare sulle spese nel momento in
cui concede la sospensione … e così non è!
In realtà, la natura anticipatoria è solo eventuale (in caso di mancata introduzione del
giudizio di merito); in caso di introduzione del giudizio di merito non si fa luogo a
estinzione anticipata e sulle spese provvede il giudice del merito.
Il provvedimento di estinzione anticipata presuppone l’incontrovertibilità del
provvedimento sospensivo (per omissione del reclamo ovvero per conferma dello stesso in
fase di reclamo).
È chiaro (dopo la Legge 69/2009) che è il creditore il soggetto interessato a promuovere il
giudizio e non il debitore (il quale ben può mirare al solo effetto estintivo della
procedura).
Il provvedimento può essere assunto anche ex officio, certamente con riguardo alle
procedure instaurate dopo il 4/7/2009.
Per le procedure anteriori la norma transitoria è costituita dall’art. 58 L. 69/2009:
1. Fatto salvo quanto previsto dai commi successivi, le disposizioni della presente legge che
modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l’attuazione del codice di procedura
civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.
2. Ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano
gli articoli 132, 345 e 616 del codice di procedura civile e l’articolo 118 delle disposizioni per
l’attuazione del codice di procedura civile, come modificati dalla presente legge.
3. Le disposizioni di cui ai commi quinto e sesto dell’articolo 155 del codice di procedura civile si
applicano anche ai procedimenti pendenti alla data del 1º marzo 2006.
Il processo esecutivo è un “giudizio” o un “procedimento”?
Dott. Giovanni Fanticini – Giudice del Tribunale di Reggio Emilia
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