CAPORUSSO – “Il tempo libero”

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CAPORUSSO – “Il tempo libero”
C. BUZZI – A. CAVALLI – A. DE LILLO
Rapporto giovani
Sesta indagine dell’Istituto IARD
sulla condizione giovanile in Italia
Bologna, Il Mulino, 2007
PARTE QUINTA: I CONSUMI
LETIZIA CAPORUSSO
IL TEMPO LIBERO
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SOMMARIO
1.
Tempo libero e “leisure”
2.
Prima il dovere e poi il piacere? Il valore del tempo per sé
3.
Quell’ora che cambia la vita: quantità e qualità del tempo libero
4.
Le attività del tempo libero: questioni di gusti o disuguaglianze?
5.
Le vacanze: per molti ma non per tutti
6.
Alcune considerazioni conclusive
1. Tempo libero e «leisure»
Alla fine del XIX secolo Thorstein Veblen stigmatizzava l’idea di tempo libero come forma di consumo dalla forte connotazione simbolica: la disponibilità di questa risorsa era riservata solo a chi, potendosi permettere occupazioni materialmente improduttive, esibiva la
propria condizione privilegiata attraverso attività inutili e dispendiose. Non a caso questo concetto è rimasto legato, nel corso del Novecento, a definizioni di tipo residuale: il tempo disponibile è descritto come libertà da — dalle necessità pratiche della vita [Fairchild 1944],
dagli obblighi lavorativi [Lundberg et al. 1934; Burns 1932], familiari o social-spirituali [Dumazedier 1974] — prima ancora che come libertà di occuparci delle attività che più ci piacciono. Questa seconda accezione sottolinea il carattere volontaristico ed esperienziale di un
concetto, quello di leisure, difficilmente traducibile in italiano e irriducibile all’idea di «tempo libero»: chiunque può godere di tempo libero, ma non tutti possono apprezzare il leisure time. Per dirla con deGrazia [1962], il tempo libero è una forma realizzabile di democrazia
mentre il leisure time resta un ideale, uno stato dell’essere mai pienamente realizzato.
L’indagine dell’Istituto IARD si presta all’applicazione sia della definizione proposta da Brightbill *1960+, che coniuga l’elemento residuale e quello discrezionale operativizzando questo concetto come quantità di «tempo a disposizione da dedicare liberamente ai propri interessi e al divertimento», sia dell’approccio di Roberts *1978+ che, sempre in una prospettiva quantitativa, descrive il tempo libero come
l’insieme di attività che lo caratterizzano. Ma la sola rilevazione della frequenza o delle forme dei «passatempi» non è sufficiente, come
osserva Neulinger [1974], a rivelarci se il tempo libero sia anche leisure time: è l’attore in prima persona, attraverso la sua percezione della qualità delle esperienze vissute, a caricare di significato il proprio tempo libero trasformandolo in un atteggiamento, in una «condizione
dell’anima» *Pieper 1952+. La dimensione quantitativa del tempo disponibile va quindi legata agli aspetti qualitativi che lo caratterizzano:
a questo proposito si analizzeranno le opinioni dei giovani rispondenti riguardo alla percepita adeguatezza dell’ammontare di tempo «per
sé», al grado di soddisfazione per il modo in cui trascorrono il tempo libero e all’importanza attribuita a questo aspetto della propria vita.
2. Prima il dovere e poi il piacere? Il valore del tempo per sé
L’opinione diffusa ritrae i giovani come principalmente dediti allo svago e al divertimento. Dai dati dell’Istituto IARD emerge, tuttavia,
che l’avere tempo libero riveste, agli occhi dei diretti interessati, un ruolo importante ma non centrale: la loro vita ruota attorno alle persone (la famiglia, gli amici, l’amore) piuttosto che attorno alle attività connesse alla dimensione ricreativa. Nella classifica delle cose che
contano, tempo libero, divertimento e sport rappresentano, però, un efficace sensore del processo di crescita e della variazione
nell’ordine di priorità che esso comporta. Al crescere dell’età, infatti, la rilevanza attribuita a questi aspetti della vita diminuisce sensibilmente ed emergono con maggior forza preoccupazioni legate all’individuo più che alla sua necessità di fare gruppo: nella fascia d’età fra i
30 e i 34 anni il tempo libero è «molto importante» per il 47% degli intervistati (14 punti in meno rispetto ai 15-l7enni), il divertimento lo
è per circa il 34% (con uno scarto di ben 25 punti percentuali) e lo sport continua ad esserlo per il 33% (contro il 42% dei più giovani). Non
si tratta soltanto di’un ridimensionamento dell’entusiasmo che spinge gli adolescenti a vedere tutto molto chiaro o tutto molto scuro: nella fascia d’età più matura si osservano altri «valori» che ottengono punteggi alquanto elevati; lavoro, rispetto delle regole, sicurezza e ordine pubblico diventano più salienti col passare degli anni e si sostituiscono, in un’ipotetica graduatoria, ad aspetti della vita più legati alla
socialità.
Anche l’uso dei termini «tempo libero» e «divertimento» riflette, come già anticipato, strutture di preferenza che fanno capo a gruppi
sociali non omogenei ed esprime al tempo stesso il carattere compensativo del tempo per sé, così come descritto da Appleton [1975]: la
ricerca di eccitazione e divertimento così come il bisogno di quiete dipenderebbero infatti, in questa prospettiva, dal tipo di attività lavorativa esercitata. Se divertirsi risulta molto importante per circa la metà degli studenti intervistati, indipendentemente dalla classe sociale
di appartenenza, chi proviene da una famiglia di estrazione sociale superiore ed ha un background culturale elevato predilige la definizio-
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ne, più generica e più ricca di possibili sfumature, di «tempo libero». E tra questi ultimi che si registrano i livelli di consenso più elevati ma
anche, specularmente, il più forte ridimensionamento al momento dell’ingresso nel mondo del lavoro: i giovani occupati di classe superiore mostrano, infatti, una sensibile flessione nella centralità attribuita al tempo libero (il 64% degli studenti lo descrive come «molto importante», contro il 43% di chi ha iniziato a lavorare) che invece non si avverte negli altri gruppi considerati. Anche in questo caso, dunque, si assiste quasi ad una rinuncia, o comunque ad una relativizzazione, della dimensione ricreativa rispetto a quella della responsabilità.
3. Quell’ora che cambia la vita: quantità e qualità del tempo libero
I giovani del 2004 hanno a disposizione in media, durante i giorni feriali, circa tre ore da dedicare ai propri interessi e al divertimento.
La variabilità attorno a questa statistica è però, come ci si può aspettare, molto ampia: se gli studenti sono il gruppo più privilegiato, al
crescere dell’età e con l’assunzione di responsabilità familiari la quantità di tempo libero diminuisce sensibilmente. In particolare sono le
donne a dichiarare una minore disponibilità di tempo da dedicare a sé, indipendentemente da fascia d’età, occupazione e classe sociale.
La disparità è meno evidente tra coloro che provengono dagli strati sociali più elevati o con un alto livello di istruzione, mentre si ripropone anche nelle giovani coppie che appartengono alla classe operaia. Ma al di là di queste considerazioni sulla quantità di tempo disponibile che, è bene ricordare, si riferiscono solo ad auto-dichiarazioni degli intervistati e quindi ad una stima soggettiva, risulta molto interessante rapportare questa misura al grado di soddisfazione per il modo in cui si trascorre il proprio tempo libero e alla percepita adeguatezza dell’ammontare di questo rispetto alle proprie esigenze.
L’ipotesi che il contenuto qualitativo del tempo dedicato allo svago possa essere indipendente dalla sua durata cronometrica non viene confermata dai dati che rivelano, anzi, uno stretto legame tra queste due dimensioni: coloro che si dichiarano insoddisfatti del modo in
cui trascorrono il proprio tempo libero hanno a disposizione, in media, circa due ore al giorno; di contro, chi si dice molto contento può
vantare oltre tre ore «libere». Sembra quindi che la disponibilità di tempo per sé influenzi in qualche modo anche la qualità dello stesso.
Questa osservazione trova conferma se si considera l’opinione degli intervistati circa l’adeguatezza delle ore libere rispetto alle proprie
necessità: indipendentemente da genere, condizione occupazionale, area di residenza e classe di età, sessanta minuti sembrano sufficienti a tracciare la differenza fra chi ritiene adeguata la quantità di tempo a propria disposizione e chi invece la giudica scarsa. Tale valutazio-
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ne viene comunque rapportata alla quantità di tempo libero effettivamente disponibile: se tre ore sono adeguate per i 30-34enni (che
mediamente possono disporre di poco più di due ore al giorno), la stessa quantità è invece insufficiente per i 18-20enni, che allo svago
dedicano quasi quattro ore al giorno.
L’ingresso nel mondo del lavoro non incide particolarmente sull’ammontare del tempo libero disponibile quotidianamente: a parità di
età le differenze fra studenti e occupati sono minime. Con la creazione di una nuova famiglia, invece, il tempo per sé subisce una notevole
flessione: i ragazzi e le ragazze che devono accudire i figli dichiarano di avere a disposizione solo un’ora e mezza al giorno, la metà rispetto
ai coetanei che non convivono e non hanno bambini. Le disuguaglianze di genere si riscontrano, in questo caso, non tanto sulla quantità
ma sulla qualità del proprio tempo libero. Pur con le cautele necessarie a trarre inferenze da un numero molto limitato di casi, si osserva
che le donne sposate, che convivono o che hanno figli si dichiarano soddisfatte del modo in cui trascorrono il proprio tempo libero in misura maggiore rispetto a chi non ha ancora assunto responsabilità familiari: è «molto contento» del proprio tempo libero il 25% delle giovani mamme, contro il 16% delle coetanee non sposate e senza figli. Anche il leisure time maschile sembra trarre vantaggio dalla vita di
coppia, ma solo fino alla nascita dei figli: infatti solo il 17% dei giovani padri si dice molto soddisfatto del modo in cui trascorre il proprio
tempo libero, contro il 38% dei ragazzi che convivono e sono sposati e il 31% dei loro coetanei che non hanno ancora dato vita ad una
nuova famiglia.
Il tempo libero risulta quindi un «atteggiamento della mente» [Parker 1971] influenzato dal modo in cui ogni gruppo interpreta i propri
doveri familiari e lavorativi *Appleton 1975+, ma è anche espressione dell’effettiva disponibilità quantitativa di ore da dedicare liberamente allo svago e allo sviluppo dei propri interessi. Età, genere e ruoli ricoperti nella famiglia determinano una diversa disponibilità di tempo
libero ma anche una diversa percezione del suo valore: non esiste una condizione ottimale nella quale chiunque apprezzi pienamente il
tempo libero.
4. Le attività del tempo libero: questione di gusti o disuguaglianze?
Se quantità e qualità del tempo libero si distribuiscono in maniera estremamente disomogenea, le forme che esso può assumere si
presentano con modalità e combinazioni ancor più differenziate. Le attività che esulano dal «tempo obbligato» rappresentano
un’occasione per costruire ed esprimere la propria personalità, per definire le proprie appartenenze e per sviluppare i propri interessi. Al-
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cuni di questi passatempi tratteggiano mode che emergono e svaniscono nello spazio di pochi anni, altri hanno un’evoluzione più lunga e
complessa che permette di cogliere le dinamiche di trasformazione di un gruppo o della società nel suo insieme e possono quindi essere
utilizzati come validi segnali del mutamento. La sistematicità delle indagini dell’Istituto IAI~.D consente di collocare diversi di questi fenomeni in una prospettiva diacronica e di verificarne così la persistenza o la volatilità. La rilevazione del 2004 ha messo in luce una flessione nella partecipazione a molte attività ricreative, comprese alcune che negli
ultimi vent’anni avevano altrimenti mostrato un trend di crescita costante: è il caso sia di intrattenimenti culturali (andare al cinema e in biblioteca) sia dello sport
praticato, mentre rimane pressoché inalterata la quota di giovani che alle manifestazioni sportive partecipano da spettatori. Prosegue la lenta parabola discendente del teatro mentre, limitatamente alla fascia d’età su cui è possibile realizzare
questo confronto (15-24 anni), continua ad aumentare l’interesse per le discoteche ed i locali notturni (tab. 2.1).
Che l’andamento di questi fenomeni abbia una componente generazionale oltre ad una direzione evolutiva è evidente dal confronto
tra diverse fasce d’età: i 30-34enni di oggi mostravano già una decina d’anni fa un interesse più spiccato, rispetto ai coetanei contemporanei, per attività «colte», e infatti il numero di giovani interessati a questo tipo di passatempi (leggere, ascoltare musica classica, andare
a teatro), anziché ridimensionarsi in modo analogo a quanto avviene per quasi tutti gli altri svaghi considerati, mostra un lieve ma sensibile incremento, ancor più interessante se si ricorda che i giovanissimi sono ancora
soggetti agli stimoli, e forse alle imposizioni, offerti dalla scuola (tab.2.2). Al crescere dell’età perdono d’importanza alcune attività caratterizzate dalla dimensione del «gruppo»: si frequentano meno i pub, le discoteche, le sale giochi e si
praticano meno spori di squadra, mentre lo sport individuale subisce una flessione più contenuta. Se la crescita e l’assunzione di responsabilità familiari e genitoriali comportano quindi un cambiamento nella quantità e nel tipo di svaghi
del tempo libero, non va trascurato che gli appartenenti alla fascia d’età più elevata hanno goduto, durante la loro adolescenza, di minori opportunità di accesso ad alcuni di questi divertimenti ed hanno quindi sviluppato abitudini e stili di
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consumo, materiale e simbolico, diversi da quelli degli intervistati più giovani.
La differenziazione in termini di opportunità di accesso è particolarmente evidente se si considera la distribuzione territoriale delle risorse ricreative e, di
conseguenza, l’abitudine a fruirne o meno: i residenti nei centri di grandi dimensioni mostrano una più diffusa frequentazione di cinema, teatri, discoteche e
concerti rispetto a quanti vivono nei piccoli paesi che invece, soprattutto nel settentrione, presentano livelli maggiori di coinvolgimento nelle manifestazioni locali. La variabile geografica traccia ancora una profonda divisione fra Nord e Sud
Italia e rivela un interesse più spiccato per attività di tipo sociale nelle regioni
meridionali e insulari e una maggior predisposizione per attività culturali, segnale di un’offerta più ricca e diversificata, nell’area settentrionale (tab. 2.3).
Si confermano, infine, molte diversità nelle strutture di preferenza dei due
sessi, che riflettono stereotipi legati al genere e all’immagine ritenuta socialmente desiderabile: così, i ragazzi appaiono più interessati allo sport in tutte le
sue forme, al «fai da te», alle attività di gruppo (andare in discoteca, in birreria,
in sala giochi) mentre le ragazze scelgono occupazioni creative (corsi di danza,
canto) e culturali (leggere, andare in biblioteca), si dedicano più volentieri allo
shopping e alla cura del proprio corpo (tab. 2.4).
5. Le vacanze: per molti, ma non per tutti
Tra le attività del tempo libero le vacanze costituiscono un esempio paradigmatico dello spirito del consumismo moderno {Campbell
19871. Bene simbolico appannaggio di molti ma non di tutti, si differenziano — e differenziano chi ne fruisce — secondo modalità e intensità di adesione ad uno stile di vita diverso da quello abituale, ma pur sempre in grado di riprodurne le sicurezze [Mac Canneli 1976; Cohen 1974+. Così come per il tempo libero, l’idea di vacanza risponde infatti all’esigenza di espandere i confini della realtà quotidiana fi-
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nanche a capovolgerla [Gottlieb 1982], in cerca di evasione e svago, ma anche
di un confronto con se stessi e con gli altri in un contesto «liberato» dagli obblighi formali imposti dalla vita lavorativa. Per i giovani, in particolare, le vacanze
diventano un’occasione di scoperta del mondo, di costruzione della propria identità, di progressiva emancipazione dalle famiglie d’origine: poter andare in
vacanza da soli (o meglio, con gli amici o con il/la partner) rappresenta una
tappa importante nel processo di affrancamento dalla famiglia. Tuttavia, la disparità nel trattamento dei figli a seconda che essi siano maschi o femmine —
segnale della persistenza di modelli educativi tradizionalistici — rischia di «rallentare» le giovani donne che, persino nelle fasce più mature del nostro campione, mostrano un livello di libertà più ristretto rispetto a quello concesso ai
coetanei maschi (fig. 2.1). Questa tendenza si riflette poi in una disuguaglianza
nell’effettiva fruizione di periodi di riposo e svago, in particolare per quanto riguarda i weekend «fuori porta» che tipicamente vengono
organizzati, oltre che dalle famiglie, dal gruppo dei pari: la differenza, statisticamente significativa, è di circa otto punti percentuali a favore dei maschi.
Se in media il 76% dei giovani intervistati ha passato almeno un fine settimana fuori casa e l’82% è andato in vacanza per un periodo
più lungo, in Italia o all’estero, resta tuttavia una quota non trascurabile di ragazzi che nel corso dell’ultimo anno non ha potuto disporre
di nessuna di queste opportunità: a tale gruppo appartiene circa un intervistato su dieci, in maggioranza donne (il 56%), residenti
nell’area meridionale e insulare (64%) e con alle spalle famiglie dal capitale culturale e sociale medio o basso1.
L’area geografica si conferma dunque come una delle principali direttrici lungo le quali si differenziano le occasioni di svago dei giovani
italiani: chi vive nelle zone meridionali e insulari vede come meta privilegiata la stessa regione di residenza e, rispetto ai coetanei del Nord
e del Centro Italia, ha una probabilità di recarsi in vacanza in Paese europei pari a circa la metà; quota che scende ad un terzo se si prendono in considerazione destinazioni extraeuropee (tab. 2.5). Le ragioni di queste disuguaglianze sono da attribuirsi ad una molteplicità di
fattori che non si esauriscono nella diversa disponibilità di reddito2, nella condizione sociale, né nella maggiore o minore prossimità a ri1
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Nella metà dei casi si tratta di giovani provenienti da famiglie operaie e in un caso su tre i genitori hanno ottenuto al più la licenza elementare.
I giovani che risiedono nelle regioni meridionali e insulari dichiarano un reddito disponibile sensibilmente inferiore rispetto a chi vive nelle regioni del Nord o del Centro Italia.
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sorse turistiche e paesaggistiche, ma che vanno considerati complessivamente.
Se poi, al di là delle vacanze dell’ultimo anno, si osserva che nelle zone meridionali e insulari ben più della metà dei giovani3 non ha mai avuto occasione di recarsi all’estero, risulta ancora più evidente la disparità nelle opportunità di formazione e confronto con realtà e culture diverse da quella d’origine, la cui conoscenza rischia di essere limitata ad esperienze indirette e quindi più facilmente
foriere di pregiudizi e stereotipi.
I giovani viaggiano verso Paesi stranieri principalmente per turismo ma anche, sebbene in misura più limitata, per ragioni di studio o di lavoro. La possibilità di studiare all’estero risulta fortemente legata alle risorse economiche e culturali della famiglia d’origine e attira maggiormente le ragazze rispetto ai ragazzi; al contrario, le occasioni lavorative sono più ricercate dai ragazzi ed in maniera pressoché omogenea da tutte le classi sociali. Del campione intervistato, la metà si è recata all’estero per viaggiare, il 13 % per ragioni dj studio durante la scuola superiore, il 10% per seguire corsi di lingua, l’8% per motivi lavorativi. Restano esperienze di nicchia le trasferte per corsi a livello universitario, per stage o per volontariato internazionale: sarà interessante monitorare l’evoluzione di questi fenomeni, oggi allo stato nascente, negli anni a venire.
6. Alcune considerazioni conclusive
Il tempo libero rappresenta per i giovani un investimento strategico nella definizione e costruzione della propria personalità: si tratta
di un bene prezioso, che non è possibile accantonare né moltiplicare e che, in quanto risorsa scarsa, tende ad essere distribuito in modo
ineguale nella popolazione [Wilson 1980]. In questo capitolo si è osservato che il cambiamento dei centri focali delle attività giovanili4 avviene sia in relazione alle diverse fasi nel ciclo di vita *Kelly 1975+, sia in relazione all’esposizione a diversi stimoli simbolici e materiali, legati all’offerta disponibile nel contesto spaziale e temporale in cui i giovani crescono. Si sono evidenziate differenze di genere che rispecchiano non solo diversi gusti e preferenze *Robinson 1978+, ma anche disuguaglianze nell’effettiva libertà di cui ragazzi e ragazze possono
disporre nell’organizzare il proprio tempo libero. Anche l’area di residenza continua a delineare sensibili disomogeneità negli interessi così
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Il 59%, contro il 32% di chi vive al Nord.
Cfr. Hendry et al. [19931; Bucchi [1997].
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come, in particolare, nelle scelte che riguardano la forma più organizzata che il tempo libero può assumere: le vacanze. In questo ambito
specifico e, più in generale, rispetto all’opportunità di viaggiare verso Paesi stranieri, si è considerata per la prima volta l’emergenza di
nuove motivazioni (stage, volontariato internazionale), il cui sviluppo potrà essere documentato attraverso le prossime rilevazioni.
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