KOSMOS secondo numero 2009-2010 - IIS Morelli

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KOSMOS secondo numero 2009-2010 - IIS Morelli
Liceo Ginnasio Statale
“M.Morelli” - Vibo Valentia
Direttore responsabile:
Ing. Raffaele Suppa
Coordinamento:
Prof. Bianca Cimato
Prof. Caterina Scolieri
Articolisti di questo
numero:
Carnovale Marica II D
Crispino Elena II E
Giofrè Antonio II E
Ierardo Chiara II E
Lo Cane Danilo V E
Lo Iudice Marianna IV E
Lucibello Sofia Anna IV D
Malta Claudio III D
Marchese Raffaele V E
Parisi Lavinia V D
Parrone Francesco V E
Pisani Matteo V C
Procacci Chiara III C
Ranieli Simone I D
Riga Maria Giovanna II E
Sangineto Fabiola II E
Scolieri prof. ssa Katia
Strangis Nicola V A
Stuppia Noemi IV C
Suppa Ing. Raffaele
PROGETTI PON FSE 2009/2010
Obiettivo Azione
Tipologia Intervento
Titolo Progetto
B4
C1
Percorsi formativi
Percorsi formativi
Capirsi per capire
ECDL Studenti
C1
Percorsi formativi
La cellula, microcosmo di
ogni essere vivente
C1
Percorsi formativi
Acquisire competenze per
una scelta consapevole
C1
C1
Percorsi formativi
Percorsi formativi
Target English
Comunicare, collaborare,
partecipare per costruire
una cittadinanza attiva
C1
Percorsi formativi
Teatro a scuola: sistemi e
valori di culture diverse
C1
Percorsi formativi
C4
C4
Percorsi formativi
Percorsi formativi
Saper Sapere: imparo ad
imparare
'Sapere per volare'
―Aude sapere‖
PROGETTI PON FESR 2007 / 2013
Obiettivo Azione
Tipologia Intervento
Titolo Progetto
B-2.B-FESR-2008-63‖
Ambienti per
l‘apprendimento
“Laboratorio multimediale per
ampliare le conoscenze linguistiche”
B-2-A-FESR-2008-84
Ambienti per
l‘apprendimento
“ Il laboratorio spaziosituazione in cui si sviluppano
le competenze scientifiche”
A-2-FESR-2008-80
Ambienti per
l‘apprendimento
“Gli strumenti per la NEA
PAIDEIA”
Vignettisti:
Melidoni Caterina III C
Consulenza ed
elaborazione grafica:
F
R
E
E
D
O
M
Carullo Gregorio I D
Crispino Elena II E
Marchese Raffaele V E
Matera Giuseppe IV A
Parrone Francesco V E
Il giornale degli studenti del Liceo-Ginnasio M. Morelli di Vibo Valentia
Le mille voci di un’idea
Pag. 3
 Victor Jara e la coerenza di una “preghiera contadina”
 Las venas abiertas de America Latina
 L‟America Latina e il sogno del prigioniero
 Ragioni e passioni della rivoluzione di Zeno Saltini:
quando il marxismo incotra la figura di Cristo
 La resistenza continua?
Specchio
Pag. 10
 „68, Beat Revolution. Perché no?
 I giorni uguali dei white collars in un cielo senza nuvole.
Pasolini e le sue profezie realizzate
…Gente che spara, gente che spera…
 I cieli senza nuvole di Calvino e Kundera
 Sant‟Agostino, confesso che ho vissuto: la dannazione, il
peccato, l a ricerca e la conquista della fede
“Aveva la pelle segnata dal tiepido vento dell'Argentina
gli occhi color della gente che muore ai piedi del colonizzatore
 La neve, la fragola, le stelle, il sorriso degli dei. Il
vedeva la gente di Cuba andare all'inferno
valore della poesia e la poesia del valore
al grido di Terra e Libertà
 L‟amore tra Catullo e Salinas
[.]
 2000-2010.: Craxi, “duci ed ombre”
dalle Ande agli Appennini
da Belfast a Madrid
 Scandalo a corte: tutti gli uomini del Presidente
todos somos indios del mundo señor
Comikosmos
Pag. 20
e nelle notti armate di San Cristobal
ancora c'è chi sogna
 Yo-oh, mangiamoci su!
Terra e Libertà”
 Grande Fratello, ci piace!...Ma anche no!!!
Terra e libertà (Atarassia Gröp)
La Biblioteca di Sherazade
Pag. 24
Il mondo, il povero mondo sospeso tra le pallottole
 Avatar: le tre D
di Washington, les enfants de la guerre e le preghiere di libertà
dei "banditi", dei rivoluzionari che chiedono spazi e ragioni
 Non baciatevi più
alla verità mancata che affiora dalle fatiche del vivere; la veri Pessoa: la solitudine del poeta fingitore
tà negata dai "pagliacci assassini, gli uomini del denaro insanguinato che sparano ancora quelle pallottole di Washington".
 Die Welle: il silenzio della storia
Una strada, quella della libertà, e i suoi sentieri, la repressioPag. 28
ne, la barbarie e il fronte eversivo e rivoluzionario; e se la bal- Accade al Liceo Classico
lata dei dittatori ferisce la dignità dei diserteurs che resistono al
 L‟urlo delle emozioni: quando l‟angoscia cattura la
―balletto‖ degli impiccati, se la rabbia di giustizia sociale atmente
traversa le strade insanguinate delle favelas di ogni città
 I Colloqui Fiorentini
―invisible‖ che esalta un‘‖invisibile‖ democrazia, ecco che i
 Il dovere di ricordare 27 gennaio: onore alla shoah
passi di libertà nella nebbia della memoria stanca di uomini
distratti dal demone dell‘autoaffermazione e del carrierismo
 Cronikosmos
sono l‘unica soglia su cui si può attendere un nuovo giro di
 Sicily Mon Amour!
stagione….
 Beautiful Siracusian Days: Splendido Splendente!
 La professoressa Fuduli: ioni di tutto il mondo unitevi!
 Le Terze Liceali: finalmente fuori dalle….. Aule
voi ho condiviso un altro anno da dirigente, ho intrattenuto
relazioni e confronti, a tratti problematici, ma con buoni propositi ed intense emozioni che hanno evidenziato quella concretezza che caratterizza il modo di essere ed agire dei giovani dentro
e fuori della scuola, in ciò potendosi indirettamente promuovere
quello spirito costruttivo della cittadinanza attiva. In voi ho
potuto cogliere quella capacità di vivere la figura del Dirigente
Scolastico senza il prevedibile timore reverenziale che spesso
contraddistingue il rapporto giovani - adulti. Nei cinque anni
che avete trascorso in questo Liceo avete scritto una pagina importante della vostra vita e del vostro avvenire: qui siete entrati
appena adolescenti e anche se con qualche anno in più ne uscite
persone mature e responsabili in grado di costruire un avvenire.
Il tempo che avete trascorso in questa scuola è stato apparentemente lungo, ma in realtà così ricco e stimolante che non potrete concludere senza fare una riflessione, che è insieme di gratitudine e premonitrice di un po‘ di nostalgia. Ai vostri docenti,
che vi hanno accompagnato in questi anni, manifesterete i migliori sentimenti ricordando le ansie, le amarezze e le gioie per
aver condiviso insieme a loro un percorso di crescita e formativo
che lascerà in tutti voi un ricordo particolare ed un attaccamena questa scuola. Anni di studio anche duro e di sacrifici, ma
Lettera del dirigente scolastico a tutti gli stu- to
anche di discussioni animate con i compagni e con gli amici e
perché no anche di sfide culturali. Il vostro entusiasmo, la vodenti del III Liceo
glia di fare, l‘accettazione del rischio, questi sono i ricordi che
porterete per gli anni a venire. In questa scuola non vi siete
limitati a fare scuola - la frequenza alle lezioni, l‘attenzione, il
are ragazze e cari ragazzi,
lavorare al meglio, l‘imparare ad apprendere - ma avete iniziato
anche quest‘anno, per voi che lasciate il Liceo Morelli, nel mo- a costruire la vostra personalità e cominciato a costruire il vostro
mento in cui vi accingete a concludere gli studi per affrontare futuro ed intrapreso il vostro cammino di vita. Fate tesoro degli
insegnamenti, dei principi e
dei valori fondamentali che
questa scuola vi ha trasmesso. Voi contribuirete a
costituire la classe dirigente
di un domani molto prossimo. Da voi tutti si attendono di più! Siate sempre
rispettosi delle regole della
civile convivenza, dei principi di libertà e democrazia,
mettete al centro del vostro
progetto di vita l‘amicizia e
la solidarietà. Guardate
sempre avanti, credeteci nel
percorso che avete in mente, non mollate mai e,
quando sarete al traguardo,
ricordate la scuola ed i vostri insegnanti, quello che
vi hanno dato e ritornate a
trovarli perché saranno
orgogliosi dei loro insegnamenti e dei risultati prodotti.
C
Un caloroso abbraccio
nuove sfide e proseguire la costruzione del vostro progetto di
vita, mi è gradita l‘occasione per far pervenire a tutti voi il mio
saluto più caloroso e l‘augurio di un avvenire che, sono certo, vi
consentirà di ottenere i migliori risultati da tutti sperati. Con
Pagina 2
Il Dirigente Scolastico
Ing. Raffaele Suppa
Pagina 35
Le parole leggere di un animo sobrio: Bianca
Fuduli e la sua missione educativa
Q
uanto vale un sorriso sommesso al proprio impiego, a una devozione nobile, figlia di un tempo lunghissimo, generoso tiranno di migliaia e
migliaia di sensazioni forti inglobate in una memoria che lei con
la sua delicata compostezza ha reso meravigliosamente nostra?
E‘ una stima non quantificabile, fatta di dettagli, piccoli gesti,
piccoli passi, i suoi, di audace timidezza nei consumati corridoi
del nostro Liceo divenuto casa per lei, per la sua materna delicatezza più che per ogni altro in tutti
questi anni. Varcare di continuo quella soglia con una leggerezza immutata nel tempo, calcare quel pavimento
ingrigito e consunto regalandosi alla
protezione del muro contro centinaia
di passi veloci, frenetici, sottraendosi
anno dopo anno a un flusso temporale che sembrava e sembra cogliere
sempre gli altri nella loro ansia esagitata e mai i suoi occhi di disarmante
serenità, ebbene, quanto può valere?
Molto più di un cavillo burocratico
indubbiamente, dell‘ ultimo tratto di
ogni percorso lavorativo, di una parola che tenta, amara carceriera, di imbrigliare stagioni su stagioni solcate
d‘affetto e ligia professionalità in otto
lettere di superba vuotezza, molto più
del senso opaco del termine
―pensione‖. Lei saprà colmarlo della
sua essenza, non c‘è dubbio, saprà
addolcire la pillola a noi che la saluteremo velati di obbligata nostalgia
mettendo a tacere l‘evento con una
delle sue proverbiali e gradevoli battute dialettali, infilate tra l‘altro qui e
lì dentro formule chimiche o strutture
cellulari varie a testimonianza del
fatto che ancor prima d‘essere impeccabile docente lei è mamma e donna
di singolare umanità. Pertanto Bianca, per quanto circostanziale e irrisorio possa essere un grazie lo accetti come profonda espressione di una commozione che è genesi straordinaria di ogni
sua premurosa attenzione nei nostri confronti, della fragilità che
sempre ha celato sotto l‘amorevole inganno di un sorriso, del
suo discreto osservarci attraverso le severe lenti di un occhiale
spigoloso che mai ha turbato d‘altro canto la tenerezza del suo
viso stanco, comunque gentile e oramai familiare ….. Grazie
per i suoi insegnamenti, fatti di precisione continua e meticolosa
osservanza, ornati di un‘umanità di chi ha sempre privilegiato il
dialogo, la comprensione e la pazienza dell‘attesa … Grazie per
il Tuo smisurato cuore di mamma e, dote rara, per un animo
sublimemente sobrio….
I suoi cari alunni
Pagina 34
Il saluto alla prof.ssa Fuduli che va in pensione
G
entile prof.ssa Fuduli,
in questa fase finale dell‘anno scolastico, che conclude anche il suo servizio, mi è gradita l‘occasione per
porgerLe, anche a nome di tutto il personale docente e non docente, un affettuoso saluto e qualche riflessione. Desidero innanzitutto ringraziarLa per il suo impegno costante e costruttivo nella scuola e per aver saputo interpretare quella consapevolezza che la scuola è un momento significativo per la formazione e la crescita di ciascuno e di tutti. La vogliamo ringraziare per l‘insegnamento
che ha lasciato a tante generazioni di giovani ragazzi e ragazze che, come tutti hanno
avuto modo di apprezzare,
non riguardava esclusivamente
l‘aspetto didattico, ma anche
insegnamenti di vita al di
fuori dell‘ambiente scolastico.
La ringraziamo per essere stata
punto fermo, per anni, di molti alunni che hanno avuto la
possibilità di conoscerla e averla come insegnante di
Scienze; sempre presente e
rispettosa delle regole, persona
affidabile, ha contribuito alla
storia di questa scuola. In lei
tante generazioni hanno potuto apprezzare l‘educatrice responsabile ed anche materna.
Resterà una testimone importante della storia di questa
scuola e custode di una grande
esperienza educativa, che ci
mancherà e mancherà ai ragazzi. La ringraziamo dal profondo del cuore per tutto
quello che ci ha dato e un arrivederci perché non si dimentichi di noi. Un caloroso abbraccio da noi tutti
Il Dirigente Scolastico
Ing. Raffaele Suppa
Victor Jara e la coerenza di una
“preghiera contadina”
E
ra un assolato pomeriggio d‘estate quando, sù,
nella soffitta di mio zio, tra le innumerevoli statue di Madonne decapitate e le cartoline ammassate e lievemente ricoperte dalla polvere, intravidi per la
prima volta nello scaffale dei suoi vecchi e affascinanti 33
giri ponderatamente ordinati , il volto di un bel tipo riccioluto che guardava lontano: il
suo nome echeggiò cruento tra
grida di rivolta in una antica e
remota propagazione di terra
dall‘altra parte del mondo, il
suo nome è ormai proverbiale e
cristallizzato sinonimo di libertà, di protesta e tragedia, il suo
nome, giunto dalle coriacee e
nere valli del Cile, era Victor
Jara. Vellutate melodie, cosparse di olezzanti aromi e di inebrianti riverberi di chitarre
cristalline, sono i versi, le canzoni di questo poeta
d‘oltreoceano. Ereditata la chitarra della madre Manuela,
variopinta donna cilena e conoscitrice delle calde sonorità sudamericane, Victor cominciò ad
intraprendere il suo lungo viaggio nella musica e nella poesia, conficcando le sue forti e
profonde radici nella fertile terra del folclore e della popolarità cilena. Un viaggio questo, lungo tutta una vita che,
attraverso i salmodianti gorgheggi gregoriani e l‘eterea elaborazione liturgica del seminario, attraverso il duro e temprante lavoro nei campi e nella fabbrica ed attraverso infine
le assi e vermigli sipari dei palcoscenici da lui diretti in qualità di regista, ci consegnò l‘opera di una voce pura ed eletta,
tesa ad allargare, in un prospero discorso che coinvolge
l‘intero continente, l‘impegno del ―revival‖ cileno, in obbedienza al percorso illuminato tracciato da Violeta Parra,
―maestra‖ d‘amore, comprensione e condiscendenza senza
eguali per tutta una generazione di giovani cileni. Victor
Jara non aveva forse la disincantata e sottile ―verità‖ popolare di Violeta Parra, ―verità‖ inseguita lungo le impervie strade della vita del popolo, condivisa e sofferta fino alla morte,
ma la sua forza comunicativa, più urbana, rispecchiava la
condizione della nuova realtà cilena, nella speranza,
nell‘illusione e poi nella tragedia. Una tragedia infatti, improvvisa e inaspettata che brucia ancora di eterno dolore,
che offese le terre del Cile, salate per sempre dalle lacrime, e
sprofondò le sue regioni in un interminabile martirio e le
macchiò di tracce di sangue secco e di delitti, travolse Victor
Jara: l‘ 11 Settembre del 1973, rintuzzando il rigoglio smanioso e democratico della vita del governo del Presidente
Salvador Allende, il generale Augusto Pinochet, avido di
sangue e di livida morte, che era stato nominato ingenuamente Comandante in Capo dell‘esercito dallo stesso Presidente, tradendo la sua fiducia si impossessò del paese non
senza il velato e sordido ausilio degli Stati Uniti d‘America e
diede inizio alla sua fine, rivestendolo di cimiteri solitari e di
tombe piene d‘ossa senza suono. Il nome di Victor era iscritto nelle liste degli sgraditissimi da molto tempo, ai primi
posti sui cuadernos de la muerte di
Pinochet, non tanto perché
fosse un militante del Partido
comunista de Chile e quindi un
dissidente del golpe, quanto più
perché era stato una vibrante e
sgradita voce di protesta, di
libertà: sorpreso all‘università,
venne condotto allo Stadio del
Cile, secco palmo di terra trasformato in campo di concentramento e, quali oscuri angeli
dalle trecce smorte e dalle vesti
ch‘hanno un lieve stormire
d‘albero, i golpisti lo costrinsero
ad un‘agonia lunga, interminabile nella quale la sua essenza si
è eternata, consegnandosi al
tempo e alla polvere, librandosi
come un sogno pieno di velocità, dando vita ad una croce non
di legno, bensì di luce. Ora però
nella luce di questa primavera appena incombente ascolto i
canti di quest‘angelo crocifisso e risorto, non come testimonianza di un martirio subito, perché non si costruisce un
radioso avvenire, anche nei momenti più cupi, con la celebrazione o la commozione: li ascolto bensì come voce viva e
palpitante del Cile..
Salva la tua luce, o patria, mantieni
La tua dura spiga di speranza
In mezzo alla cieca aria temibile.
( Pablo Neruda)
Simone Ranieli I D
Pagina 3
L
LAS VENAS ABIERTAS DE AMERICA LATINA
Y la lucha seguirà hasta cerrar las venas abiertas de America
as venas abiertas de America Latina tienen muLatina
chos nombres
se llaman huasipungo en Ecuador
latifundio y explotaciòn en Colombia
Le vene aperte dell'America Latina hanno molti nomi si chiaestaño y soledad en Bolivia
mano huasipungo in Ecuador,
en Costa Rica se llaman United Fruit y explotaciòn
latifondo e sfruttamento in Colombia, stagno e solitudine in
en Cuba, el burdel de America y explotaciòn
Bolivia, in Costa Rica si chiamano United Fruit
en Chile mineros masacrados y explotaciòn
e sfruttamento a Cuba, il bordello dell'America
en Argentina la primera dictatura militar
e sfruttamento in Cile minatori massacrati
pero un ioven empezaba un largo camino en motocicleta
e sfruttamento in Argentina la prima dittatura militare
para conocer el corazòn
ma un giovane comincia un lungo viaggio
de un continente
in motocicletta
su nombre era Ernesto
per conoscere il cuore del continente
Guevara
il suo nome era Ernesto Guevara
y màs tarde serìa conopiù tardi l'avrebbero conosciuto tutti come
cido como el Che..
El Che.
En Centro America
E in centroamerica,
en Guatemala siempre
in Guatemala resta sempre viva una delle
hay una de las ideas de
idee di Arbenz
Arbenz
in Messico trova riparo sotto una rivoluen Mexico se cobija bajo
zione tradita
una revoluciòn traicioe lì germoglia il sogno di una nuova rivonada
luzione
y alli germina el sueño
che due anni dopo, a Cuba
de una nueva revoluciòn
lancia la seconda deliberazione dell'Avaa los dos anhos en Cuba
na
se esucha la segunda
e da ora in poi la storia dovrà tenere
deliberaciòn de La Haconto dei poveri d'America.
bana
In Bolivia il generale Torres è a capo di
y ahora la historia tenun governo popolare
drà que contar
e in Perù Velasco è a capo di un governo
con los pobres de Amepopolare
rica.
in Brasile Joao Goulart è a capo di un
En Bolivia el general
governo popolare
Torres encabeza un
e in Cile s'impone Venceremos e comincia
gobierno popular
Memorial
de
Latinoamérica,
Sao
Paulo,
Brasil,
il sogno dei mille giorni di Allende
y en Perù Velasco encaescultura
de
Oscar
Niemeyer
che finisce con la lunga notte tragica della
beza un goberno popudittatura.
lar
Ma la lotta continua.
en Brasil Joao Goulart
Disse il Che: se cado che altre mani raccolgano il mio fucile
encabeza un goberno popular
y en Chile se impone el Venceremos
e continuino a combattere.
y comienza el sueño de los mil dias de Allende
E combattono in Nicaragua il Fronte Sandinista di Liberazioque termina con la larga noche tràgica de la dictatura.
ne Nazionale
Pero la lucha sigue..
in Salvador, il Fronte Farabundo Martì di Liberazione
Dijo el Che: si caigo que otras manos recojan mi fucil
e la speranza continua
y continuen el combate.
in Cile, il Fronte Patriottico Manuel Rodrìguez
y lo prosiguen en Nicaragua eò Frente Sandinista de Liberae in Chiapas, l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
ciòn Nacional
e la lotta continua
en El Salvador el Frente Farabundo Marti de Liberaciòn.
fino a chiudere le vene aperte dell'America Latina.
La esperanza sigue..
En Chile el Frente Patriòtico Manuel Rodriguez
Paolo Coelho
y en Chiapas el Ejèrcito Zapatista de Liberaciòn Nacional.
Pagina 4
Beautiful Syracusian days: splendido
splendente!
I
primi bagliori di quel fatidico giorno, il 13 maggio, e un chiassoso sciame di sveglie accompagnavano il trepidante e frenetico risveglio di circa settanta ragazzi. Tutti diversi ma accomunati dal desiderio di
realizzare il così tanto agognato sogno: la gita. Il caos di
macchine e valige che affollavano la piazza, i volti sorridenti
e impazienti, l‘arrivo trionfale dei pullman accolto da un
boato di felicità, la gara per accaparrarsi i posti più ambiti ci
proiettavano già nel vivo del nostro viaggio. Un viaggio che
ci avrebbe fatto scappare per tre giorni dalla monotona vita
da studente, lasciandoci alle spalle manuali di greco e interrogazioni di latino, per avventurarci in un‘esperienza nuova.
Gettarci a braccia aperte nel divertimento più sfrenato e al
contempo assistere alle tragedie greche. Un bel salto di qualità. Passare dalla profanità di Vibo Valentia alla sacralità di
Siracusa e al suo immenso patrimonio artistico e culturale,
dagli scomodi e brutti banchi di scuola alle gloriose (e altrettanto scomode) gradinate di marmo del Teatro Greco.
Un salto di qualità anche per la storia. Da Euripide e Sofocle
alle quinte ginnasiali del Liceo Morelli. Giunto il momento
di traghettare una sottile striscia di mare ci divideva dalla
―terra dei sogni‖. Ed eccoci in Sicilia. Prima tappa: Acireale.
Sole, caldo, profumo di barocco, un bel parco nel quale era
possibile regredire
all‘infanzia, fra
altalene e scivoli.
La sera, una lunga
camminata tra le
strade di Ortigia,
tra una granita e
scorci paesaggistici
suggestivi, ci ha
fatto riscoprire la
bellezza artistica
della Sicilia. Il
nostro viaggio ha
poi fatto sosta a
Noto. È una piccola cittadina assolata e piena di colori,
in cui fra acquisti
di cappelli e souvenir, visite ad
antichi palazzi e
castelli, partite a
pallavolo e qualche
arrabbiatura dei
professori, abbiamo potuto inspirare i suadenti profumi dell‘arte sici-
liana settecentesca. La mattinata è stata trasportata via dalla
brezza primaverile e il gruppo colorato e sorridente si è riversato nel teatro greco. Qui abbiamo assistito alla rappresentazione di due tragedie, entrambe coinvolgenti e avvincenti. La prima, ―Ippolito Incoronato‖, è la storia di una
donna che per l‘ira di Afrodite si innamora del proprio figliastro e causa la morte di entrambi, la seconda è la tragedia di un guerriero coraggioso e audace, ―Aiace‖, che precipita in una sola notte nella più profonda vergogna. Durante
la rappresentazione dell‘―Aiace‖ la pioggia incessante che è
caduta ci ha permesso di essere ancora più coinvolti e partecipi delle emozioni che sprigionava. Ottima esca per
l‘attenzione femminile la presenza del bellissimo attore Massimo Nicolini, bersaglio di foto e autografi dalla sue fan più
sfegatate. La componente maschile, invece, nell‘―Ippolito
Incoronato‖ ha potuto assistere con godimento all‘invettiva
contro le donne, «grande disgrazia e male spregevole
dell‘umanità». Ma con la stessa naturalezza con cui questo
meraviglioso viaggio era cominciato stava per concludersi.
Durante tutto il viaggio di ritorno siamo stati tra i sedili del
bus, assieme, a cantare ogni genere di canzoni, da Valerio
Scanu a Massimo Ranieri, sino a perdere la voce. E, finito di
cantare il cantabile, a intonare cori da stadio, melodie natalizie e applausi di ringraziamento. Ci stavamo ormai lasciando alle spalle la Sicilia e con lei i nostri sogni. Stavamo tornando a casa, alle verifiche e ai compiti di fine anno, consapevoli però di aver vissuto un piccolo ma delizioso assaggio
di vacanze!
Raffaele Marchese V E
Lavinia Parisi V D
Pagina 33
Sicily mon amour!
13
Maggio: Viaggio d‘istruzione o meglio di
evasione per noi, poveri studenti, impelagati in una stressante vita scolastica; noi ragazzi, sparsi in diversi capannelli e persi nelle nuvole di pensieri leggeri e frivoli, in attesa di autobus e professoresse, ci
siamo messi a parlare di argomenti di vitale importanza: il
peso e le dimensioni delle valigie, i vestiti e, argomento supremo, le ―derrate alimentari‖. Poi9 la partenza, un viaggio
di alcune ore ma per nulla noioso, grazie alla simpatia dei
compagni, a qualche briscola e ad un coro improvvisato che
si divertiva a riproporre in continuazione le hit dell‘ultimo
Sanremo. Attraversato anche lo stretto di Messina, ci siamo
diretti nella bella città di Acireale e seduti all‘ombra degli
alberi del parco
della città abbiamo
consumato il nostro
pranzo a sacco. A
quel punto siamo
ripartiti e dopo
un‘oretta circa siamo arrivati a Siracusa. Alle 17:45 ci
siamo diretti al
teatro greco, il più
grande teatro ellenico del mondo
antico e che ha ospitato greci Pindaro, Platone, Archimede e Saffo: un
‗emozione indescrivibile. La prima
tragedia rappresentata dall‘ INDA era
la Fedra di Euripide, la seconda
l‘Aiace di Sofocle.
Nella prima, detta
anche Ippolito portatore di corona, si narra il dramma di
Fedra, moglie di Teseo, vittima della vendetta della dea
Afrodite, offesa da Ippolito, il figliastro della protagonista,
che l‘aveva proclamata la peggiore delle divinità. La dea
infonde in Fedra un‘insana passione per il giovane Ippolito
che, messo al corrente dalla nutrice dei sentimenti della
matrigna, fugge mentre la donna, dopo aver scritto una
lettera a Teseo dove diceva di essere stata violentata dal
figlio, ormai dilaniata dal disonore si suicida. Al ritorno,
Teseo legge la lettera e, indignato con Ippolito, scatena una
maledizione ed il giovane perde la vita. Alla fine è Artemide
a riportare l‘ordine; rivela a Teseo la verità e concede al morente Ippolito immensi onori nella città di Trezene. La seconda, molto più travolgente della prima, grazie anche alla
suggestiva scenografia, raccontava la fine di Aiace. Alla
morte di Achille le sue armi vengono assegnate ad Ulisse
invece che al protagonista, suscitando in lui un‘ira tanto
Pagina 32
forte verso i compagni da desiderarne lo stermino. L‘ironia
tragica irrompe nella struttura drammaturgica e crea conflitti e tensioni. Atena produce follia nella mente dell‘eroe
che, credendo di aver davanti i Greci, fa strage di bestiame.
Atena chiama Ulisse fuori dalla tenda e gli mostra Aiace in
preda alla sua pazzia, ma l‘eroe omerico invece di schernirlo
si abbandona ad una riflessione sulla fragilità dell‘uomo.
Intanto Aiace ritorna in sé e, afflitto per la vergogna, decide
di uccidersi. Nella seconda parte della tragedia si apre un
dibattito sulle sorti del cadavere: da una parte si collocano
Agamennone e Menelao, contrari alla sepoltura, dall‘altra
Teucro, fratello di Aiace, desideroso di dare sepoltura
all‘eroe. Alla fine Ulisse consiglia saggiamente Agamennone
affinché Teucro renda omaggio al defunto. Magistrali le
interpretazioni della fedra, passionale e demoniaca, di Elisabetta Pozzi e dell‘Aiace, guerriero fiero e uomo vinto, di
Maurizio Donadoni. Sono rimasto affascinato dai costumi,
dai fondali scenografici. Abbiamo visitato anche Ortigia, il
sito originario di Siracusa, e il Museo Archeologico Nazionale Paolo Orsi con
il suo importante
corredo testimoniale di reperti
c he
coprono
un‘estensione
temporale compresa tra la preistoria e l‘età classica della Grecia.
È stato doloroso
lasciare quella
meravigliosa terra, ma non ci
siamo fatti abbattere e come siamo
partiti ce ne siamo tornati, salendo sull‘autobus
con tanta vitalità
ed allegria. Certo,
dopo due notti
svegli a parlare e
a vagare per i
corridoi e dopo le
chilometriche passeggiate proposte dalla professoressa Gramendola, eravamo stanchi, molto stanchi. E‘ stata una gita
indimenticabile. Ringrazio le professoresse che ci hanno accompagnato, i ragazzi delle altre classi per la simpatia, i
miei compagni di stanza, le mie compagne per aver allietato
il viaggio con i loro acuti e in generale tutta la mia classe.
Ragazzi siete davvero speciali! Già dimenticavo, un ringraziamento speciale va soprattutto alle professoresse Gramendola e Marino per averci impedito di acquistare i cannoli e
per aver contribuito alla rabbia dei miei parenti che li aspettavano con tanta gioia e che ancora non me lo hanno perdonato.
Nicola Strangis V A
L’America Latina e il sogno del prigioniero
C
‘è una storia lontana, molto lontana dagli occhi
di un‘ Europa distratta e soddisfatta dalle sue
―libertà immaginate‖ all‘ombra del crollo di un
muro più ideologico che di cemento che ha diviso la città di
Berlino in Est ed Ovest dal 1961 al 1989 e ha consegnato
l‘Europa su un piatto d‘argento in pasto agli imprenditori,
agli ai mercenari, ai banchieri, in mano al libero mercato:
veramente libero di soddisfarne desideri e capricci! È la
storia di un uomo che come
tanti nacque sotto
l‘oppressione di un governo
dispotico e indolente, ma soprattutto un uomo che come
pochi non accettò questa oppressione. Ernesto Guevara
sentiva il peso del ―piede straniero‖ sopra il cuore di un
popolo che rivendicava il proprio diritto di patria e credeva
in questo molto più che in
qualche capitalista che di Cuba conosceva solamente i ribassi e i rialzi che il prezzo
dello zucchero subiva. Il popolo cubano si conquistò il diritto di esistere, la libertà sottoforma d‘indipendenza. Tutto
però ebbe inizio molto tempo
prima… Era il lontanissimo
1492 quando Cristoforo Colombo per mandato della Corona spagnola in nome di Cristo toccò le spiagge delle Bahamas ―allargando il regno di
Dio sulla terra‖. In queste zone viveva già una popolazione,
che lo stesso Colombo seguendo l‘idea Aristotelica collocava
nella categoria di ―uomini schiavi per natura‖. Quando ci si
accorse di trovarsi dinanzi ad un nuovo territorio, la chiesa
non tardò a consacrare la scoperta ―dono di dio‖. Papa Alessandro VI benedì la Spagna, ambasciatore armato delle crociate contro l‘Islam e che aveva nella propria regina Isabella
la madrina della Santa Inquisizione, come padrona del Nuovo Mondo. La stessa Chiesa stentava però nel riconoscere un
anima agli abitanti del luogo; gli indios che nel frattempo
venivano sterminati con l‘accusa di eresia. Passata l‘euforia
della conquista, la Coscienza Cattolica tentò di pulire il sangue dalle spade dei conquistadores rei del genocidio Indios e
rintracciare nell‘epidemia la causa più grave dello spopolamento sistematico, mentre gli Spagnoli organizzarono il loro
piano di sfruttamento. Scoperte le ingenti ricchezze minerali
dell‘ America latina, seguiti poi da Portoghesi, Inglesi, Francesi e Olandesi si avventarono sul territorio abusando degli
indigeni, perlomeno di coloro che casualmente erano sopravvissuti, come ―operai senza salario‖, cioè schiavi dalle
cui braccia raccogliere comodamente i frutti della fatica.
Mentre il denaro europeo s‘impregnava del sangue indigeno,
si gettarono le basi di una dipendenza secolare destinando al
sottosviluppo l‘intera regione. Le città sorgevano e scomparivano con la stessa rapidità, vincolate nel destino alle loro,
purtroppo esauribili, risorse naturali. L‘Europa che usciva
dal Medioevo aveva trovato negli Indios e nei neri d‘Africa,
nei minatori di Potosì e nei raccoglitori di cotone, il carburatore che l‘avrebbe spinta verso quel
mito agognato chiamato Progresso.
Il Rinascimento si nutrì dell‘oro e
dell‘argento sudamericano. La ricchezza divenne la disgrazia di questi
territori: i conquistadores spagnoli e
portoghesi giungevano attirati dalle
ingenti quantità di minerali e incantati dal mito di Eldorado. Usufruendo dell‘abbondante manodopera
servile di indigeni e africani trapiantati traevano i profitti con cui rifornire i mercati europei. Contemporaneamente nelle povere e trascurate
regioni del Centro e dell‘ Ovest, pellegrini provenienti dal New England
attraversavano l‘oceano e i monti
Appalacchi e massacrando gli indigeni incontrati nel cammino, si stanziavano nelle aperte praterie.
Ottenuta la vittoria nella Guerra di
Secessione del XIX secolo, I ―rifiuti‖
europei furono dei coloni liberi di
organizzare una società sul modello
del loro vecchio continente dando
impulso ad un mercato interno per le
tredici colonie del Nord. Ma dal
punto di vista economico, le risorse che l‘America Latina
poteva ancora offrire ―al mondo intero‖ rimanevano
molto più allettanti. Il divario tra le due Americhe era
destinato ad estendersi: mentre gli Stati Uniti si affermavano come sistema economicamente autonomo, il resto
del continente sussisteva alla corte della Chiesa e di Sua
Maestà. Finché con l‘affermarsi degli Stati Uniti come
prima potenza economica mondiale e della bandiera a
stelle e strisce come simbolo del Capitalismo, gli stessi
divennero la prima nazione militarmente presente ed
economicamente influente sul territorio sudamericano
con blocchi economici e pressioni commerciali in tutte le
parti del mondo, con attività sovversive, lanci e sbarchi
di armi ed esplosivi dall‘aria e dal mare, attacchi pirata,
infiltrazioni di spie e invasioni di mercenari.
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donne e delle bambine, mentre la sua popolazione aumenta
‖mostruosamente‖ (saranno d‘accordo i molti capitalisti
d‘Occidente nell‘utilizzo di questo termine). ―Un fiume inquinato‖ pronto a straripare nel Puro Mare d‘America e che
probabilmente neppure il muro voluto dagli Stati Uniti al
confine con il Messico potrà arrestare. Impegnati così a manomettere anche la vita i marines sono chiamati a combattere una nuova guerra che non ha più la terra, il mare o il
cielo come campi di battaglia, bensì quegli uteri in cui ―i
semi del male‖ sbocciano in altre braccia da sfamare e in
altre rivendicazioni di libertà. La distribuzione gratuita di
preservativi per le favelas del Brasile e negli altri ghetti
dell‘America Latina è divenuta un autentica operazione militare. I latinoamericani, macchiati anche del crimine
d‘amore, indotti fin dai tempi della conquista ad accettare
tutto ciò come se fosse un disegno divino, con le ventate di
cultura che i conquistatori e i mercenari hanno lasciato al
loro passaggio iniziano a crearsi una coscienza e disilludersi
nell‘aiuto degli ―amici‖ che spensierati muovono nell‘ american way of life. Le vene aperte dell‘America Latina sono una
ferita che ancora non si è chiusa e che potrà essere curata
solamente da chi avrà il coraggio di rimanere e lottare, piuttosto che fuggire e addentare la grande mela.
Parrone Francesco V E
ancora oggi le nazioni del Sudamerica patiscono la stanchezza di chi ha già dato tutto e straziato dalle continue
imposizioni del mercato non ha più la forza per rialzarsi.
L‘indipendenza è stata una trappola tutta capitalista: il
libero mercato e la libera concorrenza soffocavano le
nascenti industrie manifatturiere che avrebbero dovuto
in qualche modo competere con quelle dei Paesi sviluppati, impedendo così l‘espansione di un mercato interno.
n America Latina il mito del progresso è un utopia. Non
basta una semplice insurrezione popolare, imbracciare
un fucile: i colpi di Stato si rivelano troppo spesso tentavi fallimentari, avvicendamenti di speranze vane. A Cuba dopo la rivoluzione del 1959, venne effettuata la riforma agraria, sostituendo alla monocoltura che faceva
dipendere da un prodotto l‘economia di uno stato, la
policoltura che favoriva la produttività agricola e il lavoro stesso. Il surplus ricavato venne reinvestito per lo sviluppo dell‘industria; l‘assistenza medica resa gratuita;
l‘analfabetismo e l‘ignoranza che in passato avevano reso
docile il popolo dinanzi ad ogni ingiustizia combattuti.
Oltre a presentare il socialismo come valida alternativa
al Capitalismo Nordamericano, Cuba rappresenta oggi
una speranza per milioni di persone. Una speranza che
l‘Organizzazione degli Stati Americani ha sempre combattuto e purtroppo anche oppresso, come avvenne nel
1965 per la Repubblica Dominicana.
La storia ad oltre mezzo secolo dalla scoperta dell‘America
continua a non cambiare. Altri problemi intanto flagellano
questo continente: la gran parte del Pil di queste nazioni è
ricavato dal commercio di droghe e dallo sfruttamento delle
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corso PON ―La cellula, microcosmo di ogni essere vivente‖,
Progetto Comenius: sette alunni del appartenenti alle classi II A, II B e I C, e gli allievi che hanno
nostro liceo (Rebecca Barbuto, Sophia aderito al Progetto Comenius.
Falcone, Maddalena Messina, Fiorenzo Polito,
Maria Giovanna Riga, Rossella Romano e Nicola
Strangis), accompagnati da tre docenti facenti parte del coordiIl giorno 20 maggio, presso l‘Aula manamento del progetto Comenius, la professoressa Morelli, la
gna
del
nostro liceo, gli alunni delle classi II E
professoressa Cimato e la professoressa Murgo, si sono recati
e
II
B,
insieme
ai rappresentanti di tutte le classi del
nella città di Fetesti, in Romania, per partecipare a uno dei
ginnasio
e
del
liceo,
hanno
incontrato il dottor Umberto Ursetmeeting previsti nella pianificazione delle attività del progetto.
ta,
che
ha
presentato
il
suo
saggio dal titolo ―Mafia e potere alla
L‘incontro ha visto impegnati studenti e insegnanti dal 12/04 al
17/04 (anche se sono stati trattenuti a Bucarest fino al 21/04 a sbarra‖. Nel suo ultimo lavoro, Ursetta si è preoccupato di ricausa della nube tossica che ha comportato il blocco dei voli portare i processi e le sentenze emesse in merito a Calogero Vizeuropei e che ha quindi ritardato il loro ritorno a Vibo), che per zini, storico capomafia siciliano, ed ha esaminato soprattutto lo
i primi tre giorni sono stati ospiti dei cittadini di Fetesti, mentre stretto rapporto tra mafia e società, in particolare quella parte
negli ultimi tre si sono recati in visita sul delta del Danubio e di società che Ursetta chiama ―colletti bianchi‖, le classi medionella città di Costanza. Il meeting, intitolato ―La Capsula del alte che colludono con le associazioni a delinquere. Il magistrato
Tempo‖, ha previsto la designazione, da parte di ognuno dei ha incentrato su questo aspetto socio-storico il suo interessante
paesi partecipanti (Bulgaria, Grecia, Italia, Polonia, Portogallo e intervento, che si è poi concluso con una discussione partecipata
Romania), di quattro personaggi e una località che fossero parti- tra gli studenti e Ursetta stesso. La conferenza rientra
colarmente rappresentativi del paese d‘origine e che avessero all‘interno delle iniziative del progetto Gutenberg, di cui sono
dato un contributo importante all‘Europa. Il ―team‖ del nostro referenti e responsabili le docenti Anna Melecrinis e Maria Roliceo ha presentato Alcide De Gasperi per la storia, Eugenio saria Rinaldi.
Montale per la letteratura, Federica Pellegrini per lo sport, Guglielmo Marconi per la scienza e le isole Eolie per la Natura.
Venerdì 21 Maggio, presso l‘Aula
Magna del Liceo Classico ―M. Morelli‖
si è tenuta la conferenza dal titolo ―Ragione e
Passione‖. Il prof. G. Cognetti, docente di storia della
Conferenza pathos e mathos: ―Soffrire/
filosofia moderna presso l‘Università di Siena, ha analizzato il
sapere: trasformazioni di un motivo tragico tra
rapporto che intercorre tra la sfera dell‘irrazionale e del razionaEschilo e Sofocle‖. Questo è l‘interessante titolo della
le sin dalla sua nascita nel dualismo
conferenza che ha avuto luogo
spirito/corpo in Platone, per arrivare a Niein data 29/04 presso l‘Aula
tzsche nella sua indagine sull‘origine della
Magna del nostro liceo. Dopo
tragedia e la divisione tra spirito apollineo e
i saluti del nostro Dirigente
dionisiaco.
Scolastico, l‘Ingegnere Raffaele Suppa, e l‘introduzione
dell‘argomento da parte del
I n
d a t a
coordinatore della conferenza
03/06/2010, presso il Castessa nonché ex Dirigente
stello Normanno-Svevo di Vibo
Scolastico di questo istituto, il
Valentia, si terrà la rappresentazione teaprofessor Giacinto Namia,
trale a cura del Laboratorio Teatrale del noattualmente presidente della
stro liceo inserito all‘interno dell‘area progetsede
provinciale
tuale, da quest‘anno PON. La tragedia, curata
dell‘Associazione Italiana Cultura Classica, ha avuto inizio la dalle docenti Maria Pia Periti e Iole D‘Angelo e con la collaborelazione vera e propria, tenuta dal professor Federico Condello, razione dell‘esperta esterna Isa Borrello, è il risultato di un viagdel Dipartimento di Filologia Classica e Medievale gio passionale e appassionato nel sistema letterario, privilegiandell‘Università di Bologna, che, attraverso l‘esplorazione delle do l‘orizzontalità e la ripresa costante di temi e modelli: a fianco
tematiche del teatro greco classico, ha messo in evidenza il rap- delle tematiche sofoclee, si ritrovano infatti inserimenti e riferiporto che intercorre tra le difficoltà e le esperienze dell‘esistenza menti di origine spesso lontana nel tempo e nello spazio, dai
umana: la sofferenza che diventa maestra di vita. La conferenza lirici greci agli autori italiani del Novecento, alla Commedia
era particolarmente indirizzata agli alunni delle classi quinte Nuova alla letteratura russa. ―ς è ς‖: il significato
ginnasiali e seconde e terze liceali.
del dolore nell‘interpretazione del mondo, sia esso pagano, sia
esso cattolico — cristiano e oltre, viene affrontato attraverso la
Sabato 8 maggio 2010 alle ore continua contaminatio di fonti letterarie, e viene analizzato in
11.15, presso l‘Aula magna del no- tutte le sue sfaccettature, dalla sofferenza dell‘eroe a quella
stro liceo, ha avuto luogo la Giornata dell‘uomo comune protagonista delle commedie greche, e prodell‘Europa – Azioni PON FSE-FSER, in cui sono prio in questo frangente è sorprendente scoprire come in realtà
stati presentati i progetti PON realizzati nel nostro istituto. commedia e tragedia si muovano in un percorso parallelo di
Hanno partecipato i rappresentanti di ogni classe, i corsisti del fronte alle problematiche della vita.
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Il dovere di ricordare 27\01\2010: onore
alla Shoah.
I
l 27 gennaio del 1945 i soldati sovietici dell‘Armata
Rossa abbatterono i cancelli di Auschwitz, facendo
conoscere all‘intera umanità le mostruosità dei campi di sterminio nazisti. Sessantacinque anni dopo lo spettacolo sembra quasi più agghiacciante. L‘eliminazione sistematica
di tredici milioni di persone attuata dal Fürher rischia di entrare nella futilità e nella superficialità della nostra quotidianità. Dieci anni fa la legge del 20 luglio istituì la Giornata
della Memoria, una giornata nata dalla volontà di non dimenticare le vittime del genocidio della II Guerra Mondiale.
Oggi la Giornata della Memoria è una giornata che ha seppellito realtà storiche sotto cumuli di retorica istituzionalizzata, lasciando cancellare lentamente negli anni alcuni dati
rilevanti che furono rimpiazzati da verità parziali, nutrendo
così il mito della Shoà. Ci si è dimenticati, ad esempio, che
gli ebrei non furono le sole vittime dei campi di concentramento, ma che furono sterminati anche disabili, omosessuali,
soldati sovietici, oppositori politici, che, evidentemente, non
meritano di essere ricordati. Nel 2010 si è diffuso un senso
comune che tende a deresponsabilizzare gli italiani dalle proprie colpe storiche. «Il carnefice fotografato dall‘iconografia
istituzionale è un tedesco, ha la divisa delle SS e agisce sempre come un corpo estraneo al luogo in cui opera». Ma nel
caso del genocidio non si può operare una semplicistica distinzione in diavoli e angeli, giusti e ingiusti. Hitler e i nazisti, infatti, non avrebbero potuto realizzare il loro progetto di
sterminio
d
i
massa
senza
il res t o
degli
europei,
senza
l
a
brava
gente
italiana che
accus ò ,
collaborò
a
i
r a -
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strellamenti accompagnando i cattivi sino alla porta di casa,
al nascondiglio di amici, vicini, parenti, condannandoli ad
una deportazione senza ritorno. Nessuno fu colpevole, ma
tutti furono complici. Incoscienti di ciò tutte le scuole il 27
Gennaio si mobilitano per offrire pubblico all‘evento e non
c‘è chi non venga reclutato per testimoniare nelle vesti più
svariate. Il paradosso di questa Giornata è la gita ad Auschwitz. La verità è che il turismo della Memoria ha deprezzato eventi storici realmente accaduti. Un vero e proprio last
minute dell’indifferenza. Non si parla di come gli altri genocidi
dell‘uomo siano stati condannati a sopravvivere nell‘ombra
della protagonista Shoà. Non si parla dello sterminio dell‘80
% del popolazione degli Herero, in Africa, nel 1904, della
deportazione e dell‘esecuzione di quasi due milioni di armeni
nel 1915, dello sterminio di sei milioni di ucraini nel 1933,
dell‘esecuzione pianificata e dello stupro di massa di un milione di ruandesi nel 1994. Una delle realtà più sconsolanti
della società attuale è che all‘abbondanza delle élites coincide
la miseria della maggioranza. Oggi si costruiscono imperi di
denaro e ricchezza sulle disgrazie altrui. La gozzoviglia capitalistica ha trasformato episodi di truci crudeltà in veri e propri ―eventi‖ da cui ricavare profitto, pubblicizzati come un
Mondiale di calcio e attorno a cui ruota ―colui che tutto
muove‖: il denaro. La scoperta dell‘America dovrebbe essere
ricordata più che come l‘azione che permise di rivoluzionare
la geografia mondiale, come il più imponente sterminio di
una popolazione che la storia ricordi: nell‘arco di cento anni
l‘America Latina perse i 4/5 della sua popolazione. Dal 1519
al 1605 solo il Messico perse 24 milioni di abitanti, il Perù
11 milioni. L‘8 marzo, la Festa della Donna, si ―festeggia‖ in
realtà la morte di 192 donne arse vive. Non è tollerabile
l‘ipocrisia istituzionalizzata della società moderna. Non ci si
accorge che il rassicurante e incoraggiante slogan ―MAI
PIÚ‖, ormai divenuto un imperativo etico, con cui si cala il
sipario sul 27 gennaio di ogni anno, è trasgredito ogni giorno. Si può essere complici degli episodi di razzismo a Rosarno
e nello stesso tempo celebrare la Giornata della Memoria?
Raffaele Marchese VE
Il
17/04/2010, presso
l‘Auditorium della Scuola di Polizia, si è
tenuta la cerimonia di consegna del premio
―Operatore d‘Oro edizione 2010‖, destinato ai personaggi di rilievo pubblico che operano nel sociale e soprattutto nell‘ambito della legalità. Il premio è stato assegnato al
procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, e al sostituto procuratore Fabrizio Garofalo, protagonisti nel nostro territorio della lotta contro la criminalità
organizzata. Gli studenti del nostro liceo e di altre scuole
della provincia, si sono confrontati con i premiati sul valore
delle istituzioni e la cultura della legalità.
Ragioni e passioni della rivoluzione di Zeno Saltini: quando il marxismo incontra la
figura di Cristo.
“C
attocomunismo‖ è una parola nata dal
dibattito politico che negli anni sessanta
offrì in Italia terreno fertile ad
un‘improbabile e imbarazzante convergenza di obiettivi tra
dottrina sociale della chiesa e marxismo. Il
―cattocomunismo‖ è il vano tentativo di creare una mediazione tra due schieramenti in competizione; un‘ambigua
fusione ideologica, spinta dall‘utopistico obiettivo di sconfiggere i demoni di un sistema
politico degenerato e di una
―società verticistica composta da
schiavi e padroni‖. Un‘ibridazione
ideologica che trovò la sua applicazione politica nel sandinismo
nicaraguese. Nata come proposta
di palingenesi politica, finì per
ostacolare l‘esitante rivoluzione di
un Centro-America che intraprese
timidamente il braccio di ferro con
feroci dittature militari protette
dallo scudo capitalista che, approfittando dell‘intrecciarsi di contraddizioni in un Paese già frastornato dalla confusione ideologica,
infierirono sull‘instabile economia
nicaraguese favorendo la rapina
imperialista ai danni dei paesi dipendenti. Oggi―cattocomunismo‖
è un‘operazione di sincretismo
linguistico che rimanda a due assenze ideologiche e attivistiche e
mostra il disagio di una realtà
depotenziata di ogni sistema di
valori, non più integra e compatta e coerente, ma frantumata, parcellizzata, travolta dalla sirena della massificazione
ideologica e dell‘individualismo. La formula del ―né a destra
né a sinistra‖ accomuna, dai piccoli ceti medi sfilacciati al
sottoproletariato urbano, una società perennemente sospesa
tra rassegnazione e protesta, tra ribellismo e delega passiva
all‘autorità. Il vuoto ideologico e l‘indifferenziato di
un‘appartenenza affondano una politica cui spetta il gravoso
compito di realizzare concretamente l‘umanità nell‘abisso
dell‘indifferenza, del qualunquismo, dell‘opportunismo,
dell‘antipolitica. È un Paese che ha smarrito l‘orientamento
tra aspirazioni politiche poco realiste e scandalosi retroscena,
in cui, come un ritornello ossessivo, si sente ripetere da anni
che destra e sinistra non esistono più. Ma quando col fiorire
degli anni cinquanta alcuni gruppi e personalità cercarono
di curare le piaghe di una società bipolarizzata in poveri e
ricchi, agendo fuori dagli schieramenti e preoccupandosi
della concretezza del ―ben fare‖ piuttosto che della
―bandiera‖, furono bloccati dai richiami all‘―ordine‖ da parte della Chiesa (cosa che divenne una costante
dell‘esperienza minoritaria in Italia). Zeno Saltini, vittima
fra le vittime di un sistema sempre pronto ad osannare o
crocifiggere, sempre a metà fra il paradiso e l‘inferno, fu una
di queste personalità. Una di quelle personalità le cui scomode propalazioni gli valsero l‘etichetta di megalomane,
estremista, illuso, truffatore. Solo per aver manifestato
l‘intolleranza verso uno Stato in cui la prospettiva di un
―paese civile‖ fu vinta dall‘avidità economica di pochi e dalla
loro capacità di corrompere la politica e la volontà di liberare l‘uomo dallo stigma alienante della povertà e
dall‘azzeramento delle disparità
sociali, culturali ed economiche! E
pensare che la Conferenza Episcopale toscana ha dato il suo assenso
all'apertura del processo di beatificazione di don Zeno Saltini…L'intuito per i sentimenti collettivi gli mostrò la vastità delle
lacerazioni prodotte dallo scontro
tra ideologie contrapposte e le
controversie controproducenti di
una popolazione alla deriva del
mercato globale e condannata ad
alimentare la sua baldoria consumistica. Don Zeno stigmatizzò le
fondamenta di San Pietro imputando lo scompiglio delle coscienze alle opere di Dio e intravedendo
nella Chiesa una spiritualità evanescente, condannando i legami
tra autorità ecclesiastica e potere
politico. Si convinse che l'unica
risposta alle angosce del paese
fosse l'accendersi di una grande
rivoluzione egalitaria nel nome del
Vangelo, che culminò con l‘attuazione di uno straordinario
esperimento sociale: la fondazione di Nomadelfia, ―dove la
fraternità è legge‖. La dedizione alle masse di ragazze e ragazzi sfregiati dalla tragedia bellica e la predicazione politica finalizzata ad una sperequazione degli strati sociali fu la
proposta di una svolta in Italia lasciata però sprofondare nel
baratro del dimenticatoio dalle irrisioni dei leader politici.
Ecco cosa ci insegna la storia: nonostante la rivendicazione
di un mondo più giusto al grido di libertà, legalità e fraternità
ci si dimostra sempre più intrappolati dalle catene di cui ci si
vuole liberare..
Raffaele Marchese V E
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La Resistenza continua?
N
La preghiera dei banditi
ati noi non fummo per esistere, ma dati al
mondo per resistere con nuovi nomi al
volto.
Si cambiò l'orgoglio in desiderio, le sconfitte in determinazione, il pianto in lacrime di piombo.
Così, nei dintorni dell'otto settembre, fummo pronti a
fare a pugni con la vita…
Così, senza mai piegarci alla fatica,
affrontammo una salita che non finiva
mai.
Quando ribellarsi non assomigliava
affatto al vanto di una sera ci scegliemmo la bandiera.
Signore dei banditi, oltre alla pelle
non abbiamo altro da dare se non
questa preghiera:
Fa' che i figli del nostro sacrificio portino nel cuore sangue e libertà…
Fa' che ancora tra cent'anni ci sarà chi
curerà questa ferita che non guarisce
mai.
Fa' che non sia mai una bugia
il nostro sangue sulla neve,
che non si chiami nostalgia
l'urlo delle camice nere.
E se cadremo fa' che un fiore, o una
poesia,
nasca per farci compagnia.
Atarassia Gröp
Siamo entrati nel sessantacinquesimo
anniversario della resistenza.
In quel 25 aprile del 1945, veniva
proclamata dal CLN l'insurrezione
generale che poneva fine al potere
politico pluriventennale del blocco imperialistico-fascista,
sostenuto dal clero. Fino all'ultimo istante della sua esistenza il potere fascista ha ucciso uomini, donne, bambini, attraverso le forze del brigatismo nero (ricordiamo l'opera delle
brigate nere di Ettore Muti), è stato il braccio armato di
stragi di interi paesi, oggi dimenticati dalla storia delle
grandi firme. Ha violentato le donne. Ha circuito migliaia
di innocenti con il ricatto e la corruzione. Ha affamato intere popolazioni per consentire ad una cricca di fanatici, residuati bellici della marcia su Roma, nonché ai piccoli grandi
imprenditori, che avevano lucrato sulla pelle di intere generazioni di lavoratori, di restare in sella per qualche mese in
più.I partigiani che scrissero la parola fine con l'atto di piaz-
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zale Loreto trovarono sul loro cammino altrettanti giovani
che erano stati impiccati dai fascisti ai lampioni delle strade,
alcuni squartati come bestie.... La violenza fascista non fu,
quindi, mai attenuata, non conobbe quella pacificazione
nazionale, che oggi i vecchi repubblichini auspicano per
morire con la coscienza dei bravi cittadini. Noi comunisti
onoriamo il venticinque aprile per la forza delle migliaia di
uomini e donne che fu salvifica e annientò l'antiumanesimo
fascista. Noi non accettiamo che questa data segni una pacificazione che il fascismo non merita, in quanto i germi di
questa ideologia sono sempre fertili per il capitalismo straccione. Il capitalismo si serve del fascismo quando le condizioni internazionali determinano un arretramento in termini
del margine di profitto. Democrazie e fascismi sono le variabili dipendenti del vero potere oligarchico finanziario, che usa queste coperture politiche per ingannare il
popolo.
Noi siamo, tuttavia, disgustati
dall'opportunismo che si cela dietro
alle celebrazioni. In queste sedi troviamo l'ipocrisia di chi applaude al
sacrificio dei partigiani, e piega la
testa davanti ai padroni, per codardia,
corruzione e putrescente individualismo. Troviamo gli stessi sfruttatori
con le maschere della democrazia
rappresentativa a bella posa di fotografie e consenso. Discorsi di vuota
retorica, tesi, tutti, alla concertazione
tra dominatori e dominati. In questi
discorsi la lotta partigiana non è più
descritta secondo i canoni dell'onestà
storica; ovvero un movimento di lotta
armata che si contrappose alla violenza istituzionalizzata del potere politico. La resistenza è mitizzata come un
movimento culturale, apolitico,
quando è vero il contrario. I partigiani erano attori politici. Molti tra di
essi erano i comunisti delle brigate
garibaldi..... Celebrazioni che possiamo ben dire solo di facciata, vuoti
esercizi di retorica, infarciti di un volemose bene, che in questi
anni un certo ceto politico ex PCI ha messo in conto pur di
divenire un nuovo referente dei funzionari del capitale d'oltreoceano che a torto vengono chiamati "liberatori". Necessitiamo di mettere a fuoco un dato storico, politico incontrovertibile e acclarato, cioe' che fu sì lotta di popolo per emanciparsi dalla tirannide fascista, che come ben conosciamo fu
armata e costruita finanziata e ideologicamente strutturata
nelle stanze dei poteri finanziari d'oltre oceano per combattere la grande rivoluzione liberatrice che fu quella che nacque dalla rivoluzione bolscevica condotta da due giganti
Lenin e STALIN, ma anche lotta di popolo che voleva tenere il solco dell'Ottobre.
I colloqui fiorentini (Progetto PON C 4
“sapere per volare”)
S
iano innanzitutto perdonate le dimenticanze su
data e ora di partenza a un cronista smemorato.
A suo favore, d‘altro canto, deponga il fatto che
nemmeno quel giorno, a nessuno dei ―dieci dei Colloqui‖
importassero locuzioni temporali varie. Sapevamo d‘un Espresso notte, di cuccette e risate, di ciò che ci aspettava
all‘arrivo in una Firenze stregata, intrisa di conoscenza, d‘un
albergo in centro, dell‘agognato
miraggio dei ―Colloqui fiorentini‖.
Il lettore saprà dissolvere parte del
miraggio, le ore in treno che per
motivi di spazio saranno lasciate alla
sua immaginazione e non all‘ausilio
della scrittura. La memoria del cronista, comunque, riprende a pulsare
all‘arrivo in hotel. Pensione squisita,
arredamento stile rococò, personale
presumibilmente filippino. Alloggiati in piazza della Repubblica, a
due passi da Santa Maria del Fiore e
da Ponte Vecchio, a tre dalla sede
dei Colloqui. Dieci ragazzi, dieci di
noi, sia contemplata l‘enfasi della
prima persona, in una Firenze a
portata di mano, bellissima, e il
primo giorno di permanenza, fatto
soltanto di shopping e libertà era
una cornice di straordinaria euforia.
Ma tutto passa e, inesorabilmente,
ripercorre il pensiero la giornata
successiva. Giorno X, prende corpo
il motivo del viaggio. Il palazzo dei
Colloqui aveva l‘aria d‘essere una
struttura enorme dato che le migliaia di ragazzi festosi, inebriati,
come noi del resto, da un misticismo che tutt‘ora rimane una strabiliante incognita, non riuscivano a
colmarla. Tutta Italia o quasi, spalmata prima nelle trame
dell‘edificio, raccolta poi nella sala conferenze. Tema del
congresso: Leopardi…. In questo primo stralcio d‘articolo
un indecente compilatore ha dimenticato di rendergli
l‘onore legittimo ma i doveri di una cronaca obiettiva impongono l‘imprescindibile e scarno resoconto dei fatti.
D‘altronde un autore che raduna l‘intero Paese e favorisce la
magniloquenza dei conferenzieri si commenta da sé. I conferenzieri appunto..Danno il via a una tre giorni di approfondimenti e dibattiti il Prof. Baroni, l‘avvocato Antonio Gherdovich e il Prof. Cristaldi. L‘ultimo, coadiuvato
dall‘attenzione dell‘uditorio, mette in atto un lungo intervento, saturo di contenuti e spunti. La mattinata viene presto fagocitata da un pomeriggio di seminari e confronti con
altri alunni. I ―dieci dei Colloqui‖ in una sala a tinte verdastre, a fare a spallate con altri duecento coetanei e un moderatore, il Prof. Rialti, che infiammava la diatriba più che
sedarla sono un ulteriore rinvio alla sagace immaginazione
del lettore. Da quel burrascoso punto il giorno corre via, la
serata offre spazio a un buon pasto, bottino graditissimo di
una fervida battaglia. ―Giorno X Due‖, specchio fedele del
primo. Stesso programma, colazione che per noi assumeva il
significato d‘un amore ritrovato, nuovamente Colloqui.
Questa volta i seminari si offrivano a una mattinata incupita
dal grigiore di una pioggia inattesa. Il copione appariva il
medesimo della giornata precedente. Prof. Rialti in aula,
alunni sorprendentemente famelici, il fronte acceso più che
mai. In seguito a riflessioni su un ―Leopardi ottimista‖ e
―rocker anni ‗70‖ e considerazioni fortunatamente più ponderate viene alla luce un nuovo meriggio. Professoressa Landoni in sala e un uditorio stanco ma ugualmente recettivo.
―Ed è subito sera‖… L‘abile ricordo
dipinge i ―dieci‖ di fronte a un tavolino a sorseggiare una bevanda.
Il tempo concede attimi di svago,
Firenze di sera è un dolce spettacolo. Un artista di strada pizzicava
con sensualità le corde della propria chitarra, che pareva animarsi,
femminea, e rapire il suono e soffiarlo nell‘attonito viandante.
L‘ultima notte in albergo assumeva
un fascino tattile. Lo stesso fascino
che la voce del poeta Davide Rondoni sembrava regalare all‘umile
pubblico in sala al termine
dell‘esperienza dei Colloqui. La
lettura del ―Canto notturno‖ era
composta di note divine, esuberanze poetiche, straordinarie divagazioni metatestuali. Il senso più
bello di tre giornate leopardiane
racchiuso nelle parole d‘una languida poesia dava spazio solo a silenzi
e sguardi di stupefacente impotenza. Ma la poesia non ha motivo
d‘essere quando c‘è da decretare un
vincitore. E i Colloqui prima che
un congresso erano un confronto.
La parola ―sconfitta‖ alle volte diventa un acre guazzetto e i ―dieci
dei Colloqui‖ loro malgrado
l‘hanno dovuto assaporare. Ma anche il sugo peggiore, quello più asprigno può apparire gradevolmente commestibile se
servito in un otre bagnato sul bordo di miele setoso. E passate le labbra sul margine, memori di un‘esperienza bellissima, di confronti, di piccole vittorie e sonore batoste, di
―Giacomo‖ e del suo poetare candido, perdere è un verbo
che non fa più tanto male. Siano infine perdonate le dimenticanze su data e orario di ritorno nella nostra Vibo a un
cronista smemorato. A suo favore deponga il fatto che una
Firenze eterna e un‘escursione di singolare bellezza hanno
obliato da tempo il tempo stesso.
Claudio Malta III D
Pagina 29
L’urlo delle emozioni: quando l’angoscia
cattura la mente.
“A
mpliare la conoscenza di noi stessi‖, queste
le ragioni e le emozioni dell‘incontro tenutosi giorno 5 Marzo alle 15.30 nell‘aula
magna del Liceo Classico tra gli studenti del Liceo e il Dr.
Carullo, psichiatra e psicoanalista di fama. Un incontro che
rientra nelle attività di formazione della redazione del giornale d‘istituto ―Kosmos‖. Gioviale, cortese, con un linguaggio
semplice e un raffinato senso dell‘umorismo, ancora una volta unendo esperienza personale, competenze mediche e amore per la cultura, il Dr. Carullo ha tentato
di definire il sentimento primordiale
dell‘uomo: l‘angoscia e le sue affascinanti,
pur se temibili, sfaccettature. Il dottore
stimola, incuriosisce, offre spunti di riflessione, da ampio spazio a radici etimologiche e divagazioni filosofiche, sempre però
alleggeriti da un controcanto ironico. Così
Kierkegaard e Heidegger vengono accompagnati dal buffo e tenero Linus, saldamente aggrappato alla sua copertina che
stringe a sé come se fosse il grembo di sua
madre; la sua copertina diventa un oggetto transazionale, non diversamente dai
peluches e dalle bambole che dormivano (e
in qualche caso ancora lo fanno) insieme a
noi, quando ancora piccoli avevamo la
pretesa di essere già abbastanza grandi per
non dormire con la mamma. Ma
l‘angoscia, ancora lei, avrebbe preso il sopravvento senza quel pupazzo, quella copertina, così come
avrebbe preso il sopravvento su Giacomo Leopardi se non ci
fosse stata quella siepe a impedirgli la vista e la creazione di
interminati spazi…‖ l‘infinito, così come il libero arbitrio,
mette così paura? E‘ il rifiuto del limite ad attirare sempre la
curiosità dell‘uomo, e a spingerlo poi verso la catastrofe. Per
vincere angosce tacitamente celate all‘interno dell‘animo,
moltissimi ragazzi sfidano quotidianamente il limite della
morte, perché : per sentirsi vivi, si avverte il bisogno di sconfiggere la paura della morte, la sua drammatica eventualità .
Così nascono la corse clandestine, la follia dello sballo del
sabato sera, i chilometri bruciati alla velocità della luce: sentirsi immortali per non percepire la linea di demarcazione tra
vita e morte, non comprenderne il senso. La volontà di reprimere quell‘istinto di sopravvivenza che deriva dal comportamento animale dei primi uomini: combatti o fuggi, valuta
ciò che ti conviene. La volontà di sconfiggere il panico. Continua il nostro viaggio nella psiche umana, stavolta attraverso
la scienza vera e propria, i meccanismi che scattano
nell‘organismo al presentarsi dell‘ansia e degli attacchi di
panico: un iniziale, leggero senso di paura, con poco stimolo,
libera adrenalina, che provoca tachicardia e iperventilazione;
quest‘ultima abbassa la CO2 e fa aumentare l‘O2, il pH sanguigno si altera, e come conseguenza si hanno vertigini e
spasmofilia. Una cosa pazzesca che ho imparato da questa
Pagina 28
conferenza quindi è che è assolutamente controindicato respirare profondamente durante un attacco di panico. Non
l‘avrei mai detto.
Arriva poi il turno delle patologie correlate con l‘ansia, accompagnato da risatine e ammissioni di colpa: c‘è qualcuno
che si ritrova nella fobia sociale, meglio nota come paura da
palcoscenico; c‘è chi si ricorda di strani parenti affetti da altrettanto strane manie igieniche o assillati dal pensiero di
non aver chiuso la macchina, chiare sindromi da disturbo
ossessivo-compulsivo; il momento migliore comunque è
quello che riguarda le fobie specifiche, e il successivo riconoscimento della propria personale fobia: sembra assurdo che
possa esistere qualcuno che ha paura delle farfalle. Direste lo
stesso di una persona che soffre di fobia causata dalla presenza di palloncini? ;) A questo punto travolti dall‘onda anomala
delle anomalie collettive, si, ci crediamo tutti squilibrati: per
fortuna il dottore ci tranquillizza, l‘ansia non è sempre patologica, molte volte è una reazione naturale
del corpo che serve a trasmettere e percepire il senso del pericolo per sfuggire da esso.
In questo senso, la patologia consiste
nell‘incoscienza dello stimolo dell‘ansia: ne
sapeva qualcosa Archimede che non fu
intimorito dal soldato improvvisamente
piombato a casa sua e continuò tranquillamente a svolgere i suoi esercizi di matematica, e pagò con la vita questa sua
―leggerezza‖. Se avesse avuto paura, probabilmente non sarebbe morto.
L‘ansia, da elemento patologico a reazione
difensiva fino a poter diventare condizione
permanente dell‘animo: questo avviene a
causa del ricordo dell‘ansia stessa, che fa
tramutare il tormento psicologico in paura
della paura. Spesso, il verificarsi di un attacco di panico provoca in chi lo ha subito
la paura di poterne avere un altro. Altre volte, il soggetto
colpito tende, per reazione uguale e contraria, ad evitare la
situazione in cui l‘attacco si è presentato. E‘ quello che è successo ad Emily Dickinson, che all‘età di trent‘anni, si chiuse
in casa senza più avere contatti col mondo esterno, lasciandoci come unica testimonianza del suo vissuto i suoi struggenti
componimenti. Il Dr. Carullo chiude la lezione definendo lo
stato d‘ansia come scintillante ed oscura emozione che agisce
come elemento catalizzante di alcune esperienze creative, e
mette in evidenza quanto l‘ansia sia parte integrante della
vita, stimoli in chi la vive un livello di introspezione e creatività tale che le migliori opere d‘arte nascono da questa stessa
condizione: è il caso della Dickinson, di Leopardi e di Munch.
L‘ascolto della lezione del Dr. Carullo e il confronto dialettico
con gli altri ragazzi si sono tradotti nella convinzione che
quando l‘angoscia cattura la mente, è il genio creativo
dell‘uomo a trovare piena soddisfazione. E con un ringraziamento al relatore, che ha saputo rendere arguta e coinvolgente una materia di difficile comprensione, mostrandosi
sempre disponibile ai dubbi e al confronto con i ragazzi. Che
cos‘altro è rimasto? Il rimpianto personale per non essere
intervenuta… chiedo venia, ma l‘ansia da palcoscenico ha
avuto il sopravvento!
Ma quella grande epopea popolare
italiana, guidata dai combattenti resistenti comunisti, fu svenduta; svenduta
dai codardi dirigenti di quelle migliaia
di operai contadini, studenti, professionisti che diedero sangue e nervi a quella rivoluzione tradita. Questi codardi
insieme ai traditori dell'antifascismo
liberaldemocratico, (Partito D'azione
ED ALTRI ) svendettero quella lotta la
sviarono sui binario del democraticismo borghese consegnando ai
"vincitori" angloamericani. i veri mentori del fascismo italico e del nazismo
tedesco, l'Italia ed il suo popolo. La
storia che ne e' seguita ha visto la sostituzione dell' orbacie e della vuota retorica nazionalista -sciovinista imperialista fascista con l'imperialsimo
anglosassone, in altri termini dal servo
al padrone, dal parvenu straccione alla
rapace oligarchia anglosassone. La potenza di fuoco di questi sciacalli permise di riscrivere la storia con le prezzolate penne di scribacchini corrotti e comprati. Ci furono imposte nuove condizioni dagli pseudo vincitori (i veri liberatori furono le armate rosse del tanto deprecato
Josif stalin che sopportano immensi sacrifici e la potenza di
fuoco delle armate naziste), 300 basi militari, 90 TESTATE
ATOMICHE, costrizione a partecipare a guerre di conquista
IMPERIALISTE nel nome della "democrazia al fosforo DA
ESPORTARE " (EX JUGOSLAVIA, SOMALIA, LIBANO,
DUE VOLTE IN IRAQ, OGGI IN AFGHANISTAN DOMANI IN IRAN), miliardi spesi in armamenti e avventu-
rette da sub dominanti ..PERDEMMO LA NOSTRA SOVRANITA (L'AVESSIMO ..MAI AVUTA ?); non festa di
Liberazione, in quanto non fu vera liberazione, ma solo un
cambio da servo a padrone.
LE CONDIZIONI STORICHE OGGETTIVE NON
CAMBIERANNO.
Il popolo celebra gli eroi disconoscendone la vera storia. E,
per giunta, queste masse, i nostri giovani, i nostri lavoratori
sono compressi da una violenza, altrettanto devastante.
Un sistema, quello attuale, che impedisce, nella pratica, una
vita degna, limitando l'accesso al lavoro, o rendendo questo
elementare diritto dell'uomo,
in qualsiasi momento alienabile dal padrone, che limita l'istruzione e la svuota di contenuti, che privatizza i servizi
naturali (acqua, casa, sanità) e
li appalta a terzi che impongono un monopolio affaristico.
Queste celebrazioni sono, dunque, svuotate dell'alito vitale
che contraddistingue una popolazione in piedi rispetto ad
una popolazione in ginocchio.
E questo Paese è ormai piegato da nuove forme di squadrismo, apparentemente mascherate dall'involucro democratico.
Katia Scolieri
Elena Crispino II E
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'68 Beat revolution. perché no?
2010: "invisible involution" ...quando il
giocattolo della democrazia si rompe
S
i è rotto, il giocattolo della democrazia si è rotto e la libertà non è più partecipazione, non è
più condivisione di un sistema di valori e difesa
dal pericolo strisciante delle autocrazie di ieri e di oggi. I
nuovi mostri si riflettono negli specchi infranti di un popolo
che non è più, di una sovranità che non gli appartiene, di
una coscienza
civile e di una
forza identitaria
che ormai sopravvivono come gusci vuoti ad uso e
consumo di ogni
strumentalizzazione.
E i padri terribili
di pasoliniana
memoria guardano i figli terribili
e provano l‘orrore
di
idee
che
muoiono lungo le
barricate immaginarie di una protesta inesistente o
svilita dai personalismi e dalle
piccole rivalse costruite in modo surrettizio per risarcire la
privazione di libertà presunte o pretese. Concetti che ormai
denunciano solo l'ignoranza di chi se ne riempie la bocca per
puro esercizio di stile o per strappare consensi.
La democrazia e l‘esercizio della responsabilità, la libertà e il
libertinaggio percepito come estensione lasciva della libertà,
rappresentazione edonistica della libertà.
La democrazia viene manipolata e distorta nella grandezza
delle sue ragioni e nella forza della sua coerenza da chiunque
se ne appropri indebitamente e non sappia rispettarne i tempi, i modi, la dimensione collettiva di processo decisionale.
La forza deliberante di una collettività che vive la libertà
delle decisioni criticamente ponderate e condivise è la mano
tesa che ci salva dall'opzione soggettiva, indiscriminatamente esibita e mascherata dietro le nobili ragioni e passioni di
una rivoluzione.
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2010...Dalla rivoluzione all'involuzione...l'incontro scontro
di cieli conquistati e dimenticati...un giovane "vecchio" e un
"vecchio" ancora giovane? forse..
un ragazzo come tanti con la sua ansia di rivoluzione, la sua
frivola avventura di libertà, la splendida leggerezza di un
vintage che diventa ideologia nel vuoto di ogni ideologia..
converse, jeans consumati, felpa del Che, capelli alla Ringo
Starr, il figlio "terribile" di una generazione X, un esame da
sostenere, un futuro da costruire, le ceneri di una rivoluzione
da raccogliere..e dall'altro della cattedra e delle barricate e
della vita, un professore universitario, in abito scuro
"borghese" e dall'aria severa, un ex sessantottino ormai intrappolato nel ricordo di una rivoluzione ed egli stesso forse
ombra e proiezione di una rivoluzione. Due vite parallele, e
l'esclusività di una ragione, di un dissenso, di un'ideologia. e
improvvisamente il figlio del nostro e del vostro tempo cerca
un confronto…
Non si è pentito
della sua rabbia da
messico e nuvole, di
una risata che non
ha seppellito il
potere, di un'immaginazione sbiadita
dal cappio del regime?
Forse mi pento
solo di aver lottato così tanto per
vedere poi, quarantadue anni
dopo ragazzi come te che delle
nostre avventure
di libertà, e di
liberazione han
colto solo la superficie,di un modo di vestire contro la forza deflagrante di
un modo di essere. ragazzi che si nascondono in un passato
che non gli appartiene, una terra straniera che non conoscono.
Perché tanto sospetto nei confronti dei ragazzi della mia generazione? la sua generazione non ha commesso nessun errore?
Dovresti tu parlarmi della tua generazione ed io parlarti
della mia.
La mia generazione? La mia generazione è totalmente vuota, priva
di ideali e valori...Io non riesco a sentire mia nessuna posizione. E'
una società in cui prevale l'avere sull'essere, una società materialista, e come se non bastasse la rassegnazione dilaga, e nessuno fa
niente per cambiare le cose.
Quali sono gli spazi vuoti che ti fanno pensare ad una realtà
così desolante?
Die Welle: Il silenzio della storia
I
l potere attraverso la disciplina". E' questo uno
dei principi fondamentali per la diffusione
dell'autarchia, la temibile forma di governo che
tutti credono
ormai scomparsa. In realtà,
come dimostra
il regista tedesco
Dennis
Gansel nel suo
film L'Onda,
q u e s t a
"ideologia" è
ancora presente
nelle
società
occidentali. Il
film,
uscito
nelle sale italiane il 27 febbraio 2009, è tratto dall'omonimo libro di
Todd Strasser,
che a sua volta
si rifà a un esperimento avvenuto in una scuola superiore della California nel
1967, dove l'insegnante Ron Jones dà origine a un movimento denominato The Third Wave. Nel film il prof. Rainer
Wenger, stereotipo del personaggio che, per essere accettato
dagli altri, finge un anticonformismo paradossalmente divenuto simbolo dell'appartenenza alla massa, conduce nella sua
classe un "piccolo esperimento", solo per far piacere il suo
corso a dei ragazzi annoiati dalla routine, che in ogni modo
possibile vogliono sperimentare sulla propria pelle qualcosa
di diverso e di eccitante. In una settimana a tema il professore da vita a un movimento giovanilistico, detto l'Onda, dove
i ragazzi contano principalmente sull'unione e la forza del
gruppo, perseguitando ed escludendo studenti e professori
con
opinioni
contrarie. Dapprima negando
ogni possibilità
di ricreare un
nuovo regime
totalitario ("lo
escludo, ne conosciamo le conseguenze"),
i
membri dell'onda dovranno ricredersi, perché si ritroveranno
nell'arco di una breve ma interminabile settimana trasformati
in dei mostri, mentre la situazione, ormai priva di alcun controllo da parte di Wenger, degenererà. Le conseguenze di
quello che era creduto un innocuo esperimento, ma che invece si è rivelato catastrofico, saranno tremende. Tim, il ragazzo che più era arrivato a identificarsi nel gruppo, alla notizia
dello scioglimento di ciò in cui credeva di più e riponeva tutte le sue aspettative, arriva a compiere il gesto estremo, uccidendo un compagno e poi suicidandosi davanti all´intera
assemblea degli studenti. Sono stati questi gli eventi che hanno portate all‘ inevitabile arresto del professore. Il film finisce
in un silenzio tombale, urlo straziante dei ragazzi allibiti e
spaventati, che hanno combattuto per ideali inesistenti, a cui
è stata strappata via la personalità, per essere sostituita da
una banale camicia bianca. L´inutile lotta per la resistenza da
parte di due ragazze, l´esclusione, la repressione della libertà
e dell´individualità e il finale tragico impressionano lo spettatore con un forte senso di deja-vu, facendo capire che ciò
che è stato potrebbe di nuovo succedere..
Marianna Lo Iudice IV E
Pagina 27
La stessa futile ricerca di un'identità politica: quell'identificarsi in
un'ideologia come se fosse propria, si è ridotta ad una formale etichetta che non è neppure necessario avere. Scioperi. Manifestazioni
di piazza che non hanno nessun esito. Ragazzi che si fermano a
portare quattro striscioni per rappresentare il nulla. Ed il timore
delle istituzioni, si pensa sempre e troppo alle conseguenze. Dove
sono andate a finire le rivoluzioni leggere del '68? Dove è finito il
"perché no?" della lotta al sistema? Perché non dire ciò che si pensa? Perché non portare la minigonna o i capelli lunghi? Perché non
guardare in faccia la realtà ma solo subire, subire e subire? Ed
oggi esiste un "perché no?" E se esiste copre spazi di significato?
Non lo so. Troppo spesso il "perché no?" dei miei coetanei è il senso
di una ribellione senza scopo; una domanda che è passata dal collettivo all'individuale, se prima il "perché no?" si riferiva al perché
non cambiare le regole o al perché non opporsi alle imposizioni
di un sistema, ora invece si tratta di un "perché no?" che non
vuole conoscere le ragioni e le
passioni.
Fernando Pessoa il libro dell’inquietudine.
Anatomia dell’irrequietezza
Sempre più distante dagli oggetti, dalla percezione della pagina
tra le dita, in un‘ astrazione alienante ―Il libro dell‘inquietudine‖
di Fernando Pessoa sveste l‘uomo della sottile rete di certezze,
lo aliena da ogni segno tangibile di mondo reale, mettendone a
nudo i tormenti del quotidiano. L‘amore, e la sua felicità, non
offusca la visuale del poeta e rimane solo un inganno alla propria coscienza, un rifiuto alla solitudine e, dunque, a se stessi.
Con lo sguardo del bambino presente in ogni uomo si ritrova
l‘incanto di riscoprire in qualche banalissimo particolare un infinito nascosto e poco prima sconosciuto. Nella solitudine del
proprio semieteronimo Bernardo Soares, Fernando Pessoa si
isola per sentirsi e sentire, senza barriere tra mondo interiore ed
esteriore nella stessa unità costituita dal tutto e dal nulla, e contemplare nel fluire incessante di emozioni, di paure, nelle improvvise folgorazioni dell‘animo, l‘universo delle piccole e grandi cose. Dalla stessa immaginaria finestra da cui Bernardo scruta il mondo con sguardi di rassegnazione e coscienziosa tranquillità si affaccia Fernando Pessoa. Una finestra a doppia visuale per guardare fuori e dentro, il mondo e la propria anima.
Dietro le inquietudini di un impiegato si cela il pensiero
dell‘artista portoghese che medita sul tutto e sul niente. Livro de
Desassosego: un caleidoscopio dei temi più disparati: l‘amore, la
morte, il tradimento, la noia,
un
libro
―ipotetico‖,
ricavato
dai
fogli dispersi
che
l‘autore
aveva disposto
senza
alcun
criterio logico e
ritrovati dopo la
sua morte in un
baule; assemblati
mezzo
secolo dopo e
tradotti in lingua
italiana
dalla passione
di Antonio Tabucchi.
Una
r ac c o l t a
di
―pensieri
in
Pagina 26
Spiegati meglio.
libertà‖: lo zibaldone filosofico di Pessoa; un diario che ad una
lettura distratta potrebbe apparire come l‘accumulo confuso
delle visionarietà di un impiegato condannato a svolgere meccanicamente il suo lavoro di contabile nella sua ―prigione‖, un
ufficio a Dos Douradores nel Portogallo del Primo Novecento;
una divagazione sul nulla, se quel nulla giornaliero e monotono
non venisse metafisicamente colmato da un‘ inquietante ricerca
di significati. Ogni giorno per quanto possa ―apparire‖ uguale
non lo ―è‖, appare solamente. L‘inquietudine ed il fascino
dell‘ignoto scandiscono queste giornate: dentro di noi ogni giorno è diverso. Oggi non sarà uguale a ieri, né a domani. In questo disperato universo di assenze, l‘idea è la nostra ―prora‖,
―atomo‖ di conoscenza della realtà.
Francesco Parrone V E
Professore ma non siete sempre
voi a dire "ma che colpa abbiamo
noi"? Ed oggi le colpe che pensate di avere non nascono forse
dall'idea di giovani che conoscono solo "il libro del riso e dell'oblio". Il nostro "perché no?".
Drammaticamente semplice:
Perché non andare in discoteca a
bere fino a dimenticarsi di esistere? Perché non organizzare uno
sciopero, se serve a perdere un
giorno di scuola?
Anche il '68 ha le sue zone d'ombra. Anche il '68 ha i suoi
figli terribili.
Sarà così, ma anche i suoi giovani dei innamorati della libertà,
mentre noi siamo solo i figli di un dio minore. Anche la musica che
ascoltavate dava forza alle barricate. Si trattava di musica impegnata professore, di un simbolo di protesta. Cantava Paolo Pietrangeli nel '69, mentre ora la musica ha il colore del disimpegno e ha
creato oasi di indifferenza verso la politica esprimendo solo la leggerezza frivola di un amore da fast food.
Non pensare che in quegli anni l'amore non esistesse o non
fosse cantato; era semplicemente un amore diverso. Il rapporto fra i sessi era diverso. Le ragazze, con i primi segni di
emancipazione, dopo anni di repressione, avevano trovato la
forza di ribellarsi a famiglie-galera, e avevano voglia di esprimere se stesse. Oggi la musica è un prodotto confezionato per ragazzi che considerano la politica e l'impegno sociale
noioso e futile esercizio di partecipazione. Sai che la musica è
lo specchio della società e il supermercato mediatico di oggi
guarda con indifferenza alle pagine rivoluzionarie del '68.
I ragazzi della mia generazione non leggono più, non ne sentono il
bisogno e quando si accostano ad un libro lo fanno per dovere, per
imposizione, per necessità contingente, forse mai per passione. Nel
'68 perché leggevate?
Leggevamo per capire il mondo.
Come si può capire il mondo se non lo si conosce? "Non basta essere
intelligenti e creativi, bisogna essere anche colti e preparati per lasciare sul proprio passaggio segni preziosi". Perché adesso non si
pensa a protestare e a costruire il futuro?
...Vibo Valentia 13 Marzo 2010, pomeriggio di pioggia e
noia...o forse gioia di condividere questa nebbia di pensieri
sul '68.
L: E tu Matteo?
M: E tu Lavinia?
L: E noi? Che cosa
abbiamo fatto noi?
Non dovremmo sentire un forte rumore
di niente? Perchè
vogliamo tutto e subito noi?
M: Non anche tu nel
tranello delle facili
critiche alla nostra
generazione...Non è
colpa nostra se siamo
"caduti nel tempo"
della tecnologia, della
vittoria facile e di un
generale benessere.
L: Sarà così Matteo, ma forse perdiamo troppo tempo a parlarne, forse se smettessimo di giudicare e di criticare e di
guardare al passato e di esserne la copia imperfetta e sbiadita, forse se non fossimo il luogo comune con cui ci liquidano
gli altri, riusciremmo ad essere i giovani figli di una rivoluzione mancata.
M: Ma abbiamo motivo di protestare? O siamo noi gli assassini di ogni sole e di ogni cielo?
L: Forse se trovassimo ragioni serie potremmo dimostrare a
tutti che non è vero che non ci importa...e che non siamo
passivi né qualunquisti....
Forse....nel 2068
Lavinia Parisi V D
Matteo Pisani V C
Pagina 11
I giorni uguali dei white collars in
un cielo senza nuvole. Pasolini e le sue
profezie realizzate
O
ggi la profezia più conosciuta è quella della
presunta fine del mondo nel 2012, attribuibile
ai sacerdoti Maya; alcuni ci ridono sopra, altri
si chiedono ―e se succedesse sul serio?‖; io non mi preoccuperei del futuro, quanto del nostro tempo privo di consap
volezze. È assurdo ma è così! E ancora più assurdo è il fatto
che questa ―profezia‖ sia stata pronunciata da un poeta, un
Golconda, Magrittte, Houston (Texas)
romanziere, un giornalista, un regista: P. Pasolini. Egli diceva: ―Vi troverete vecchi senza l‘amore per i libri e per la vita.
Schizzinosi, complessati, razzisti borghesucci di seconda
serie‖; è così! La nostra massima aspirazione quotidiana da
studenti è quella di trascorrere un‘intera giornata davanti al
PC ammazzando intelligenza e grammatica su facebook a
caccia di link senza senso, mentre qualche schifezza piena di
calorie,ci rende schiavi della paura dei chili di troppo e ci
assale il tedio per assenza di stimoli, quando non abbiamo
neanche la voglia di alzarci dalla sedia per andare a chiudere
la porta! Rifiutiamo ogni attività proposta dalle proff. deluse dal nostro menefreghismo, dal nostro disinteresse verso
tutto e tutti che giustifichiamo con una qualche mancanza
di ispirazione. Mentre provo vergogna ecco di nuovo la leggerezza profetica di Pasolini: ―la liberalizzazione sessuale
anziché dare leggerezza e felicità ai giovani e ai ragazzi li ha
resi infelici, chiusi, e di conseguenza stupidamente presuntuosi e aggressivi.‖ e poi ―…è giunto il momento di dire ai
giovani che il loro modo di acconciarsi è orribile perché ser-
Pagina 12
vile e volgare…la partecipazione delle masse alle grandi
decisione storiche formali è in realtà voluta dal potere,il
quale ha appunto bisogno di un consumo di massa…la massa è manipolata dal potere attraverso l‘imposizione di altri
valori e altre ideologie… oggi la libertà sessuale della maggioranza è una convenzione,un obbligo un dovere sociale,un‘ansia sociale,una caratteristica della qualità della vita
del consumatore…‖. Oggi noi siamo gli assassini di tutti i
soli! L‘omosessualità è liquidata come eccessivo esibizionismo, eliminata perchè non conforme alla ―normalità‖ imposta dalla massa che sottopone la natura all‘osservanza di
schemi prestabiliti;oggi è inconcepibile che vi sia amore fra
due persone dello stesso sesso,anzi si rischia la morte se lo si
manifesta,mentre vedere un ragazzo massacrato per la sua
―diversità‖ da persone che pretendono di essere ―normali‖ è
giusto e li si lascia fare; questo perchè l‘assenza di valori
porta molti ragazzi a rifugiarsi in una pseudo etica di un
religione inadeguata e popolare che impone alla mente umana schemi di pensiero e comportamento dogmatici e senza senso, basati sul pregiudizio. Tutto ciò che non risponde
alle leggi della massa è quanto di più marcio esista a questo
mondo, bisogna essere ― normali‖: normalità che si riduce
ad una mediocre imitazione, all‘adeguarsi a quelle regole
dettate dai ―piani alti‖ basate sul nulla, ma che sono comunque ―giuste‖ e devono essere seguite, perché qualcuno o
qualcosa ha voluto così,non si sa perché ma è così e lo si
accetta! Che meraviglia sono completamente in sintonia con
le linee di tendenza, a che serve pensare quando qualcuno
più in alto pensa per me? L‘importante è portare 500 euro
di vestiti quotidianamente così da essere perfettamente inserito nella massa così da non essere giudicato male ma essere
unico a mio modo! Si unico come una bestia da allevamento
che indefessa segue il suo gregge chi sa dove e chi sa perché!
E fu così che morirono lotte e rivolte, valori e soprattutto
idee e originalità. Che fortuna, la nostra schiena su cui grava
già il peso del giudizio collettivo non deve anche subire il
peso del cervello e di tante altre cose inutili e superflue! Ora
la cosa che mi ha fatto sorridere di amarezza è stato il prendere consapevolezza del fatto che in questa assenza di ideali
forti e la conseguente assenza di odio e contrapposizione
sostituite da odio e conformismo tuttavia ci si definisce ancora comunisti o fascisti: ―Sono diventati uguali,hanno tutti
lo stesso odore di morte addosso…‖; bene tralasciando il
fatto che con estrema facilità si abbandonano quelle idee di
ieri per condividere quelle di oggi per poi tornare a quelle
abbandonate, possiamo benissimo osservare già nel nostro
liceo che fascisti e comunisti vestono allo stesso modo, parlano allo stesso modo, partecipano alle stesse feste e ascoltano
la stessa musica in un clima tutt‘altro che teso! È patetico
vederli litigare così aspramente per difendere il proprio partito fino alle 22.00…adesso inizia la festa, amici come prima
e tutti a ballare l‘house! Pasolini? Chi lo conosce? Chi se ne
frega?
Antonio Giofrè II E
Non baciatevi più
C
on questo articolo c‘è stato un problema. Non
sono riuscita a trovare un qualcosa da cui iniziare
per parlare di questo
film. Non sono riuscita a trovare
nulla di cui parlare riguardo a
questo film. il fatto è che a me i
sequel non piacciono. E poi questo, in particolare, è brutto.
È brutto perché non regge il confronto con ―L‘ultimo bacio‖. È
brutto perché i personaggi,che
dovrebbero essere cresciuti e fare
i conti con i loro 40 anni, in realtà sono ancora fermi ai 30, con
un po‘ di rughe, problemi e finzioni in più. È brutto perché in
effetti ―L‘ultimo bacio‖ era la
storia di tutte le storie d‘amore, e
invece ―Baciami ancora‖ è la storia di tutti gli incapaci ad amare
della Storia. È brutto perché dura
ben 160 min. è brutto perché
come sempre i film di Muccino,
almeno in Italia, parlano esclusivamente delle persone dagli
80.000 euro di reddito in su. È
brutto perché i personaggi fanno
finta d‘amarsi, ma comunque si
tradiscono,si lasciano, si fanno del
male e nessun rapporto riesce a
sopravvivere se non dopo
un‘apocalittica avventura. È
brutto perché cade nello stereotipo della morte di un personaggio. È brutto perché la scena
dell‘obitorio è tale e quale ad una scena di ―Saturno Contro‖
di Ferzan Ozpetek (e ci sono anche gli stessi attori). È brutto
perché non se ne può più della faccia affranta da cane bastonato di Accorsi, perpetuo traditore. È brutto perché non si
arriva da nessuna parte, se non che i trentenni di allora sono
meglio dei quarantenni di oggi. È brutto perché Giorgio
Pasotti (il galeotto Adriano) ha un gatto morto in testa. È
brutto perché, insomma, è tutto una finzione!
E dell‘amore di cui si parlava nel primo film, della passione,
dei problemi del crescere, della paura e del saper perdonare
in ―Baciami ancora‖ non c‘è nulla. Soprattutto non c‘è
l‘allora divina Giovanna Mezzogiorno, e si può anche ben
capire perché abbia rifiutato la parte.
Però in quest‘ultima opera di Muccino,che in America sembra sia più capace, ci sono due piccole cose che non spingono lo spettatore al suicidio appena entrato nella prima ora
del film.
Queste due piccole cose si chiamano Claudio Santamaria e
Sabrina Impacciatore. Rispettivamente Paolo, l‘amico ormai caduto nella schizofrenia e sotto psicofarmaci, e Livia,
mamma abbandonata dal marito Adriano nel primo film.
Pazzi, isterici, urlatori professionisti per Muccino (che si sa,
se non si urla in un suo film è
come se mancasse una cucina
in uno di Ozpetek), pieni di
amore l‘uno per l‘altra, di responsabilità o di disinteresse
per se stessi, sopravvissuti al
crollo delle loro vite sono ora
alla soglia dei quarant‘anni
finalmente pronti a ricominciare e a continuare in ogni
caso a combattere, senza però
dimenticare quello che hanno
ricevuto dalla vita fino a quel
momento,continuando a temere le scelte ma a volerle
fare. Sono loro due, con gli
occhi gonfi, la faccia segnata
dalle occhiaie, la capacità di
sembrare davvero quel Paolo e
quella Livia che alla fine del
film un po‘ di tremore al cuore
te lo fanno venire. E quasi ti
viene da dire che si,è un bel
film. Ma poi c‘è Accorsi e tutti
gli altri. Le esagerazioni e le
maschere,le maschere di un
mondo, quello dei ricchi di
Roma,in cui sembra che
l‘amore non esista proprio. E sembra che quel bacio,
l‘ultimo, abbia davvero chiuso una storia e che questi non
siano altro che ― scintillanti spettacoli di cui non resta assolutamente nulla‖.
Chiara Procacci III C
Pagina 25
I cieli senza nuvole di Calvino e Kundera
Avatar: le tre “d”
N
el 2154, un ex marine di nome Jake Sully
viene arruolato, al posto del fratello defunto,
nel Programma Avatar che prevede lo studio
della popolazione indigena di Pandora attraverso il collegamento della coscienza umana a un avatar, un corpo ibrido
derivato dall‘incrocio tra Na‘vi e specie umana. Raggiunge
quindi l‘avamposto degli umani dove un‘organizzazione
terrestre è impegnata
nell‘estrazione di un raro
minerale, l‘Unobtainium,
indispensabile alla sopravvivenza della vita sulla
Terra, dove le risorse minerarie sono ormai tutte
esaurite. Riacquistato
l‘uso delle gambe dopo
anni passati su una sedia a
rotelle, Jake si infiltra del
mondo dei Na‘vi e incontra Neytiri, che, innamoratasi di lui, intercede per
lui presso il suo clan e fa
in modo che il giovane
avatar venga accolto. In
seguito a questa improvvisa conoscenza della realtà
Na‘vi, che vivono a contatto con la natura in un
mondo completamente incontaminato né dai mezzi né dalla
bramosia umana, e a causa del sentimento per Neytiri che
suo malgrado si accresce sempre di più, il giovane si ritrova
combattuto tra l‘impegno preso con gli scienziati del Programma Avatar e la nuova vita che i Na‘vi gli offrono benevolmente, conscio anche dell‘idea del colonnello Quaritch di
distruggere l‘ecosistema di Pandora per appropriarsi completamente dell‘Unobtainium. Il film, diversamente da
quanto è possibile desumere dalla trama, è divenuto uno dei
più discussi del nostro secolo: campione d‘incassi, entrato
già nella storia come il kolossal più visto degli ultimi anni,
tuttavia Avatar è ben presto diventato un vivo argomento di
scontro nella critica cinematografica contemporanea. Le
opinioni su di esso sono contrastanti: non mancano gli aspri
rimproveri al regista James Cameron (già autore di capolavori quali ―Titanic‖ e ―Terminator‖) a causa della scarsa
originalità applicata soprattutto in merito allo sviluppo della
vicenda, non di rado paragonata al capolavoro della Walt
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Disney ―Pocahontas‖. Nei giudizi negativi espressi nei confronti di Avatar, però, i critici fanno troppo riferimento
all‘intreccio narrativo, senza considerare, come invece sarebbe opportuno, la serietà dell‘argomento trattato: la possibilità, in contrapposizione ad un‘esistenza trascorsa tra gli affanni della vita moderna e invasa da desideri smodati ed
eccessivi che rendono spesso folle l‘uomo, di una vita vissuta
in comunione con il mondo naturale e in pieno rispetto di
esso; in definitiva, i Na‘vi, come noterà lo stesso Jake osservando la curiosa conformazione del corpo di queste creature,
rappresentano una concezione della natura che va al di là del
mero sfruttamento delle sue risorse volto esclusivamente ad
interessi economici e che invece mette in rilievo
l‘importanza di quella che potremmo definire un‘
―educazione alla natura‖. In
ultima analisi, dunque, il
film si fa portavoce di spunti
ecologici notevoli, i quali,
calati nell‘attuale contesto
sociale, si rivelano estremamente educativi e conferiscono dignità alla pellicola.
L‘altro punto di contrasto tra
i pareri critici riguarda
l‘impiego delle nuove tecnologie nella realizzazione tecnica del kolossal, il quale, si è
notato, avrebbe avuto un
impatto decisamente minore
sugli spettatori se non fosse
stato ideato con le nuove
tecniche cinematografiche
tridimensionali: è stato possibile, infatti, grazie ad esse,
realizzare nel dettaglio i movimenti e i gesti dei Na‘vi, che
hanno naturalmente conferito al film forti elementi realistici. L‘utilizzo della tecnologia 3D, contro la quale sono stati
espressi giudizi spesso negativi, poiché si è pensato che il
regista volesse valorizzare, da un certo punto di vista, più la
forma che il contenuto, è invece da guardare sotto un nuovo
punto di vista: per mezzo di esso è stata resa più semplice
l‘immedesimazione degli spettatori nella vicenda. E‘ opportuno riconoscere dunque ad Avatar i suoi meriti: attraverso
lo sfruttamento di strumenti all‘avanguardia, James Cameron ha realizzato un maggiore coinvolgimento del pubblico
nella storia, e quindi ha ottenuto risultati più soddisfacenti
per quanto riguarda la diffusione del messaggio che la pellicola stessa aveva in sé e che è stato perciò ampiamente apprezzato, più che dalla dotta critica, dal pubblico stesso, che,
si sa, è sovrano.
Sofia Anna Lucibello IV D
N
el 600‘ Calderòn de la Barca mise in scena
un‘interessante commedia: ―Il grande teatro
del mondo‖. L‘autore esorta il Mondo ad organizzare uno spettacolo, allestendogli un palcoscenico.
Vengono poste due porte che rappresentano la Culla e la Tomba.
L‘autore colloca sette personaggi
esemplari: il Ricco, il Re, il Contadino, il Mendicante, la Bellezza, la
Discrezione, il Bimbo. Uscendo
dalla culla, ciascuno dei personaggi,
che rappresentano la vita degli uomini, dovrà recitare una parte, improvvisando, sino al momento di
calare nella tomba. Immaginate
questa gente aggirarsi confusamente
sul palcoscenico in preda all‘ansia da
improvvisazione? Così come il teatro, la vita, per quanto ognuno di
noi cerchi di imparare dalle proprie
esperienze, altro non è che
un‘improvvisazione … Dice Kundera: ―L‘uomo vive ogni cosa subito e
per la prima volta, senza preparazioni. Come un attore che entra in
scena senza aver mai provato. Ma
che valore può avere la vita se la
prima volta è già la vita stessa?
(Einmal ist Keinmal)‖. Tutto ciò che
facciamo, le decisioni che prendiamo
e di conseguenza la vita stessa poiché si ripetono una sola volta è come se non fossero mai esistite, un
po‘ come quando le impronte lasciate sulla sabbia vengono
cancellate da un leggero e silenzioso riflusso d‘acqua. Chi
potrà mai dire d‘esser passato di lì? Eppure continuiamo ad
andare avanti tranquillamente … Chi giustamente si preoccupa del fatto che le sue orme sono state cancellate o si gira
per controllare? Secondo Kundera, proprio per la loro casualità, le nostre azioni diventano leggere, ma questa loro leggerezza muta ben presto in trascurabilità, mancanza di significato, e divengono per questo motivo anche insostenibilmente pesanti. Ecco dunque l‘insostenibile leggerezza
dell‘essere. Il personaggio forse più esemplificativo di tale
leggerezza nell‘opera di Kundera potrebbe essere Sabina, la
donna dei tradimenti che scopre che tutti gli ideali cui ci si
rivolge sono falsi ed illusori. Possiede l‘animo più leggero e
al contempo più pesante che la rende però il personaggio
più enigmatico ed affascinante. La lunga strada di tradimenti che intraprende la condurranno ad un vuoto incolmabile,
chi altro le resta da tradire dopo aver tradito tutto e tutti? È
a questo punto che avverte il peso insostenibile della sua
leggerezza. Tomas l‘uomo/ sesso con le sue duecento concubine ed un unico amore, ci chiarisce ancor meglio questo
concetto. Quando si rende conto che la sua storia d‘amore è
fondata su ben sei coincidenze e dunque sulla casualità, non
può che avvertire il peso di un‘inevitabile inconsistenza. È
impossibile essere leggeri. Siamo tutti come Atlante costretti a portare un opprimente
peso, sia esso dovuto alla
nostra leggerezza o pesantezza, con la sola differenza
che non esiste per noi nessun Eracle disposto a sostituirci anche solo temporaneamente! Per Calvino la
leggerezza è una qualità, un
valore riscontrabile in diversi capolavori della storia,
della letteratura, della filosofia, e della scienza. Secondo Calvino ―L‘insostenibile
leggerezza dell‘essere ‖ è in
realtà ―un‘amara constatazione dell‘Ineluttabile Pesantezza del vivere‖,
―l‘oggetto irraggiungibile
di una quête senza fine‖.
Nasce spontaneo il paragone con l‘Orlando Furioso.
Tutti i protagonisti vanno
alla ricerca di qualcosa di
perduto (un amore, un elmo, una spada …), ma la
loro ricerca sarà sempre
fallimentare … Che cosa
accomuna Ariosto e Kundera? La cruda considerazione della realtà umana. Ariosto
vive in un‘età in cui, pensa, ci si aspetti troppo e perciò si
rimane delusi troppo facilmente, per Kundera invece tale
considerazione deriva dalla condizione d‘oppressione disperata che è toccata in sorte al suo sventurato paese. La leggerezza in quanto sottrazione di peso è creatività e vita. La
nostra cultura (letteratura, arte, architettura, ma anche moda, cucina) in fin dei conti è un continuo tentativo di sottrazione. L‘importante è recuperare la dimensione aurorale
della cultura, alleggerire fino a provare gli stupori senza
tempo di giovani dei.
Maria Giovanna Riga II E
Pagina 13
Sant’Agostino.
Confesso che ho vissuto: la dannazione, il
peccato, la ricerca e la conquista della fede.
“F
actus eram ipse mihi magna
quaestio‖… (“Confessiones‖).
Prima di essere un uomo di fede,
Sant‘ Agostino era innanzitutto un
uomo, un uomo come tutti gli altri,
un uomo scisso dalle sue infinite contraddizioni, lacerato
dalla spasmodica ricerca di una verità inafferrabile, permeato dal desiderio di abbandonarsi a Dio con la stessa dedizione che prima aveva speso nell‘inseguire passioni smodate
che egli, nella sua umana imperfezione, identificava con la
felicità. Ma qual è il senso profondo delle sue parole?
―Io stesso ero diventato per me un grosso problema‖.
L‘uomo per sua natura si lascia facilmente sedurre dall‘ideale
della perfezione… nel tentativo di raggiungerla, nella ricerca ansimante dell‘infinito, prende coscienza della propria
inconsistenza, della propria piccolezza. E viene irretito nelle
maglie della debolezza, imperfezione. La ricerca è la dimensione essenziale dell‘uomo-Agostino sempre alle prese con le
malattie, i dubbi e la vulnerabilità della propria anima.
L‘atteggiamento di confessione che assunse è pertanto da
considerarsi un atto di grande umiltà, ma non solo, anche di
grande coraggio perché non sempre l‘uomo è disposto ad
estraniarsi dal mondo che lo circonda, dai rumori e dalle luci
della quotidianità, per porgere uno sguardo silenzioso alla
propria
coscienza,
per
capire se la
strada che sta
percorrendo è
la più giusta o
la più facile.
Nelle
sue―Confessiones”,
Sant'Agostino
ricorda e rielabora tutte le
tappe della sua
vita, che racconta
senza
censure. La sua
sincerità è disarmante. la
Pagina 14
sua vita è stata, infatti, un continuo anelito alla verità. La
verità dei fatti, per quanto tremenda, è sempre e comunque
ineludibile… , è facile, infatti, mentire agli altri, quasi
quanto è impossibile mentire a se stessi. La strada che Agostino percorse nel periodo della fanciullezza, fino ai
trent‘anni, fu piena di insidie e di errori. Nelle Confessioni
scrive di essere sempre andato alla ricerca di una verità che
avesse potuto dare un senso alla sua vita e alla realtà che lo
circondava. Così facendo si lasciò travolgere dal sottile e
irresistibile fascino del male, facendo esperienza di quella
che egli stesso chiama ―perversione della volontà‖, abbandonandosi ai piaceri del godimento amoroso, ad ogni dissolutezza, alle gioie della vanagloria e dell'amor proprio. Addirittura, disgustato dal Cristianesimo e da tutto ciò che esso
professava, aveva aderito al Manichesimo lasciandosi persuadere da una dottrina che ostentava verità.
Anche Agostino toccò il fondo della putredine e della dannazione dell‘uomo. Totalmente in balìa della filosofia, della
retorica, del fanatismo manicheo e della sua presunzione di
superiorità, ammaliato dal piacere del proibito e della ribellione ad una madre cristiana e ad un padre assente ed egoista, Agostino aveva perso le coordinate della sua esistenza
senza nemmeno rendersene conto. ―Così il cibo dei sogni è
in tutto simile a quello della veglia, eppure i dormienti non
si nutrono, perché dormono‖. (―Confessiones‖)
Esattamente in questo consiste la più grande illusione
dell‘uomo: vivere nella convinzione di potersi imporre sul
mondo e allo stesso tempo di poterlo possedere. Ogni uomo
ha bisogno di costruirsi attorno una torre d‘avorio in cui
vivere e di cui sentirsi padrone, soprattutto. Ogni attimo
che passa lo accompagna verso la morte; il presente e il passato sono l‘unica certezza. Da questa consapevolezza scaturisce l‘ansia di vivere…la voglia di godere lo scorrere di un
tempo dal corso inarrestabile. Questo era l‘uomo-Agostino.
Ognuno di noi ha paura dell‘ignoto e ciascuno cerca risposte. Talvolta questa ricerca ci porta a diventare schiavi di noi
stessi, dei nostri vizi, e noi non riusciamo ad ammetterlo;
non riusciamo a capire che vivere è anche godere
dell‘intimità del nostro essere…vivere vuol dire anche scoprire che la chiave della felicità è l‘amore, tutto il resto è
solo apparente e fuggevole ilarità. In questo senso la grandiosità di Sant‘Agostino sta nell‘aver ―imparato a vivere‖ e
nell‘ essere riuscito a risollevarsi dal fondo in cui era caduto.
Infatti ad un certo punto delle “Confessiones” egli scrive: ―Mio
Dio, ma quale vita era ormai quella?‖. Agostino aveva dunque deciso di abbandonare una vita che ormai non sentiva
più sua. Il suo Io però era continuamente combattuto tra il
diritto della ragione, che non voleva abbandonare le sicurezze dell‘abitudine, le esigenze di uno spirito lacerato martoriato dal peccato e desideroso di redenzione. In questo senso
l‘uomo-Agostino era diventato per Sant‘Agostino un vero
problema.
PRINCIPE; questo, autoassegnatosi da un concorrente
in preda ad un eccesso di
umiltà, anche se, a parer
mio, sarebbe stato molto più
appropriato LAPO, giusto
per testimoniare la perfetta
conoscenza e padronanza
della lingua italiana che ha
in comune con Lapo Elkann
(roba da fare invidia
all‘insulso: ―Batti lei!‖, del
ragionier Filini in
―Fantozzi‖!). Non parliamo
poi di crisi isteriche, urla,
pianti, litigate, parolacce
(talmente tante da suscitare
la commozione di un camionista) che, come è giusto che sia
in una televisione che si propone di educare le generazioni
future, non sono mai più di trenta su dieci parole pronunciate (cosa credete? Qui c‘è gente seria, che tiene PERSONALMENTE all‘istruzione dei vostri figli! Certe sconcezze le dovranno pur imparare da qualche parte!)...tutte emozioni VERE, per persone VERE, in una trasmissione VERA (appare
un cartellino della redazione: ―SCOPPIA A PIANGERE‖. Il
concorrente scoppia a piangere...), ―che *sigh* voi gente
normale *sigh* da fuori *snif* non potrete mai capire
*snif*!‖.
Eh no, caro il mio bamboccione! Sei tu che non capisci cosa
voglia dire! Alzarsi la mattina presto, andare al lavoro
(scuola, per i colleghi), sentire il sudore scendere dalla propria fronte (è passata già un‘ora, la versione di greco è lunga
quindici righe e io sono immersa nel liquame fino al collo!!!),
tutte cose che non esistono nel tuo vocabolario (sempre che
tu sappia cos‘è un vocabolario...), mentre io capisco benissimo! Capisco che, se in questo preciso istante mi fiondassi lì,
con una mazza da baseball in mano, e la poggiassi amorevolmente sulla tua preziosa dentatura per ben 32 volte (una per
ogni dente ), tu ti ritroveresti sdentato, ricoperto di sangue e
molto probabilmente con qualche altro osso in meno (la matematica non è un‘opinione!
E le 32 mazzate neanche...) e, forse, forse, ti passerebbe la
voglia di fare tanto lo spiritoso e rifletteresti bene prima di
far uscire qualsiasi cosa dal quella fogna che ti ostini a chiamare bocca (nonostante adesso sia un ammasso confuso di
forme e colori...potresti fare concorrenza a Picasso, sul serio!
Non ti piacerebbe diventare famoso???). Bene, dopo questo
scatto di pura violenza (scusate, ma ci voleva!!!), concludo
con un ultimo annuncio: per chiunque volesse unirsi a me nel
progetto ―Pesta anche tu a sangue un gieffino!‖, il numero è
347/*******. No, dai, stavo solo scherzando! In realtà mettere il numero completo è impossibile, quindi facciamo che ci
incontriamo all‘uscita da scuola. A presto miei prodi! Preparate le armi per il grande giorno!
Il capo rivoltoso e il suo fedele mitra.
Ah, quasi dimenticavo: Donne! Se vostro marito si presenta
davanti la porta di casa “con pantaloni scozzesi e mocassini rossi,
farfugliando frasi senza senso” (citazione necessaria), del tipo:
“Io sono il Principe!Ma non soltanto il principe della bontà e della
giustizia, ma anche il principe dell’inequità (sic!),dell’irroganze
(sic!), ecc. ecc. ecc.” (altra citazione necessaria), ricordategli che
l‘Italia è ufficialmente una repubblica dal 2 Giungo 1946 e
fategli capire che, se si sente tanto principe, i suoi disturbi
psichici può tranquillamente andarli a sfogare da quella ritardata di una principessa delle fiabe, magari insieme a tutti gli
oggetti di grande classe che lui ha voluto comprare (come
dimenticare il celebre tosatore per peli del naso, con incorporati stereo, lettore DVD High Definition e forno a microonde!) e al puzzo di sudore dei suoi innumerevoli vestiti.
Marica Carnovale, II D
Pagina 23
La neve, la fragola, le stelle, il sorriso degli
dei. Il valore della poesia e la poesia del
valore
C
―Ridipingere casa: meglio un pennello grande o un grande
pennello?‖, dubbio amletico di proporzioni cosmiche...dalla
risposta dipenderà la salvezza della terra!!!), facendo la loro
parca (e a questo punto anche porca) figura, quando rimarranno in silenzio di fronte alla domanda della conduttrice di
turno che, col chiaro scopo di metterli in difficoltà, avrà subdolamente chiesto loro di computare correttamente il proprio
nome (insomma! Come puoi pretendere che io sappia se Pasquale si scrive con la C di casa o
la Q di quadro? Mi vuoi proprio
rovinare!!!). In alcune occasioni,
tra i concorrenti vi sono anche i
cosiddetti ―casi umani‖, ossia
uomini, donne, uomini-donna e
donne-uomo (fate un po‘ voi),
con una difficilissima situazione
alle spalle, che hanno deciso di
partecipare al ―gioco‖ (così lo
chiamano) per dimostrare al
mondo che non sono delle nullità
(nullità no, cerebrolesi sì!), che la
speranza è l‘ultima a morire, che
anche se tutti gli altri ti vengono
contro, alla fine sarai tu ad averla
vinta, che gli ultimi saranno i
primi, che...SIGH, SIGH, SNIF! (Lacrime di commozione ).
Come puoi pretendere che io sappia se Pasquale si scrive con
la C di casa o la Q di quadro? Mi vuoi proprio rovinare!!!). In
alcune occasioni, tra i concorrenti vi sono anche i cosiddetti
―casi umani‖, ossia uomini, donne, uomini-donna e donneuomo (fate un po‘ voi), con una difficilissima situazione alle
spalle, che hanno deciso di partecipare al ―gioco‖ (così lo
chiamano) per dimostrare al mondo che non sono delle nullità (nullità no, cerebrolesi sì!), che la speranza è l‘ultima a
morire, che anche se tutti gli altri ti vengono contro, alla fine
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sarai tu ad averla vinta, che gli ultimi saranno i primi,
che...SIGH, SIGH, SNIF! (Lacrime di commozione).
Appartengono a questa categoria anche coloro che provengono da paesi stranieri (possibilmente afflitti da povertà, miseria e qualsiasi altro tipo di disgrazia), ma, in questo caso, il
nostro caro GF deve fare i conti con i due più grandi ―uffici
di collocamento/sfruttamento per immigrati‖ presenti in
Italia; vedesi INTER e, un po‘ più in basso, nella sottosezione
―Albania‖, AMICI DI MARIA DE
FILIPPI (con annessa descrizione
dettagliata di: partenza in gommone da Ostuni, recupero dei ―giovani
talentuosi e ubriachi di sogni‖ che
s i c ur am e n t e fa r an n o s al i r e
l‘audience, pranzo al sacco e felice
ritorno in patria, accompagnato
dall‘allegro motivetto: ―OOOOH,
Maria!Ti amo!OOOOH, Maria!Ti
voglio!‖). Spesso i nostri goliardici
concorrenti sogliono darsi dei nomignoli affettuosi, che mettano in risalto le strabilianti qualità dei loro
compagni di viaggio, quali: PITBULL, volto a sottolineare la particolare docilità di carattere del soggetto in questione, o forse la bava che ha alla bocca ogni qual
volta sente nominare la parola ―cibo‖ (come se non ne avesse
già abbastanza!); ER PEZZETTA, perché sto povero disgraziato, invece di mangiare, bere, andare a spasso ( si cerchi su
Google: ―Arte di Michelasso‖), produrre melodiosi suoni intestinali ogni qual volta se ne presenta l‘occasione, raschiare
aristocraticamente le parti intime e vivere in un letamaio,
preferisce di gran lunga mantenere un certo contegno e abitare in una casa pulita e ordinata (davvero uno sfigato, perdinci!);
“Così in me due volontà, una vecchia, l'altra nuova, la prima
carnale, la seconda spirituale, si scontravano e il loro dissidio
lacerava la mia anima‖.
Ero io a volere, ero io a non volere: ero io, io‖; così nelle Confessioni il filosofo descrive quella paralizzante volontà di scegliere e di prendere la decisione che pure considerava più
giusta. Il momento tanto sofferto della decisione coincide
dunque con la conversione, con la liberazione dell‘anima da
ogni legame con la dimensione terrena e con il conseguente
abbandono totale alla perfezione, all‘assoluto, a Dio.
Non bisogna pensare che quello di Agostino fu un passaggio
dall‘ateismo alla fede, dal paganesimo al cristianesimo. Egli
non fu mai un vero pagano, ma nel suo intimo fu sempre un
cristiano, almeno per quanto può essere possibile esserlo senza prendere da subito una decisione.
―Tu eri dentro di me ed io fuori……eri con me ed io non ero
con te‖.
Il messaggio lasciato da Sant‘Agostino dunque sfida qualsiasi
realtà temporale e spaziale: l‘unico vero viaggio che l‘uomo
può compiere è quello che percorre il labirinto della propria
anima, senza avere paura di mettersi in discussione; la dimensione del dubbio è fondamentale per l‘uomo, perché proprio da questa nasce la consapevolezza di esistere, di significare qualcosa nell‘infinitezza dell‘Universo.
““Riconosci dunque qual è la suprema armonia: non uscire fuori di
te, rientra in te stesso, la verità abita nel profondo dell’uomo”
(“La vera religione”).
Chiara Ierardo II E
onsidero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola,
la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle
stelle.
Considero valore il vino finche' dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si e' risparmiato, due vecchi che si
amano.
Considero valore quello che domani non varra' piu' niente e quello
che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di
sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che .
Considero valore sapere in una stanza dov'e' il nord, qual'e' il nome
del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
Erri de Luca, scrittore, poeta, autore della poesia "considero
valore" della raccolta ―poesie sull'acqua‖, racconta in maniera
scarna e diretta ciò che considera valore. Spesso quest‘autore
tende a rapportarsi con il passato, con il proprio mondo e la
propria infanzia e lascia riemergere quei sentimenti, quelle
sensazioni ,quegli odori che fanno parte della semplicità e
quotidianità della sua
vita. Valori.
Oggi
che
cosa
sono? ma
soprattutto.. esistono ancora?
Oggi si è
perso
il
senso
di
ogni cosa,
se ne conosce l'utilità
ma
non
l'essenza.
Pagina 15
Nella poesia di De Luca, il poeta considera valore la semplicità. Tutto ciò che ha valore è un semplice sorriso involontario,la neve,una fragola,persino una mosca e il valore della
"stanchezza di chi non si è risparmiato". Rapportato al mondo di oggi, parlare di valore senza specificare a cosa ci si sta
Eppure,se ci pensassimo un attimo, i soldi sono solo pezzi
di carta che hanno il potere di far uscire fuori di testa uomini in giacca e cravatta, arroganti ed avari che, con aria
di sufficienza e imbevuti di acqua di colonia, si impegnano
in una specie di mondiale gara d'appalto,impigliandosi
nella rete complessa e senza uscita delle leggi del mercato.
Bisogna cambiare questa visione della vita e ritrovare un
senso in ogni cosa e azione,oggetto e persona, non nel denaro. Come diceva il Matto (Richard Basehart) parlando a
Gelsomina (Giulietta Masina) nel film "la strada" di Federico Fellini < tu non ci crederai ma tutto quello che c'è a
questo mondo serve a qualcosa. Quel sasso lì per esempio.
Anche questo serve a qualcosa..anche questo sassetto.
Non lo so a cosa serve! Se lo sapessi sai chi sarei? Il padre
eterno che sa tutto: quando nasci quando muori ... non lo
so a cosa serve questo sasso ma a qualcosa deve servire
perché se questo è inutile allora è inutile tutto anche le
stelle>.
Fabiola Sangineto II E
riferendo molti lo assocerebbero subito al denaro perché in
una società come la nostra il valore di un oggetto si identifica
con il suo prezzo non con il suo significato reale. Non si percepisce più la bellezza che si può trovare nella purezza e semplicità di ogni cosa,nella pazienza,nel saper tacere in tempo
nel chiedere permesso prima di sedersi. I valori, quelli veri,
sono puri e sani sono quelli capaci di nutrire sogni e sentimenti di renderti felice anche con poco,di riempirti l'anima
non come il denaro che invece ti sopprime coprendoti all'apparenza e lasciandoti vuoto dentro. Spesso si dice che viaggiando si riesca a ritrovare angoli di mondo che portano con
loro i valori che abbiamo perduto. Ma parlare ad una società
materialista basata sulla morale del guadagno, confusa,superficiale,distratta e mancante di principi è come spiegare ad un avaro il senso della condivisione. La società tecnologica moderna non potrà mai comprendere ed accogliere valori come risparmiare l'acqua o riparare un paio di scarpe. Non
si riesce a comprendere che ciò che conta non è l'atto in sé
ma lo sforzo che si è dovuto fare per raggiungere un risultato, il gesto che può dare un senso alla quotidianità e renderla
al contempo straordinaria. Sarà che alla parola valore attribuiamo un duplice significato etico e numerico. Eppure oggi
sembra prevalere arrogantemente il secondo sul primo.
Aveva proprio ragione Oscar Wilde: oggi si conosce il
prezzo di tutto e il valore di niente. Purtroppo è proprio
così : oggi ogni cosa è evanescente, senza senso e più basso
è il suo prezzo più basso è automaticamente il suo valore.
Pagina 16
L’amore da Catullo a Salinas
R
itorna, improvvisa ed esaltante, l‘avventura
dell‘amore. Catullo e Salinas e la fascinazione
cosmica dell‘appartenenza, del tormento e della
grazia ―divina‖ di un bacio.
Odi et amo, quare id faciam fortasse requiris
Nescio, sed fieri sentio et excrucior
E sto abbracciato a te
senza chiederti nulla, per timore
che non sia vero
che tu vivi e mi ami.
E sto abbracciato a te
senza guardare e senza toccarti.
Non debba mai scoprire
con domande, con carezze
quella solitudine immensa
d’amarti solo io.
L‘amore come ―pathos‖, tra l‘estasi del sentimento di appartenenza e il dolore dell‘assenza e della non-partecipazione.
Due espressioni dello stesso concetto: l‘amore come ineludibile continuità di impalpabili tremiti e tremori di chi rimane
ancorato a un sentimento necessario e vitale, seppure nel
certo dubbio di non essere corrisposto.
Grande Fratello: ci piace!... Ma anche no!!!
U
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!
Alcuni di voi si staranno chiedendo se l‘autrice
di questo articolo è diventata pazza, se le è appena andato di traverso qualcosa (ragion per cui adesso si
ritrova ad imitare il verso del tacchino strozzato) o se ha da
poco dato inizio ad una collaborazione con Stewie Griffin per
la realizzazione di un malefico piano di conquista del mondo
(da cui la perfida risata )...niente di tutto questo. Pazza, mi
spiace deludervi, lo era già da tempo, che qualcosa le si sia
incastrato in gola è fuori discussione, dal momento che, purtroppo, non è ancora ora di cena e per quanto riguarda Stewie Griffin...siamo ancora in fase di trattativa. La realtà è che
questa ragazza sta godendo, GODENDO, grazia
all‘immensa bontà della generosa redazione che, dopo Federico il Moccios...pardon, Moccia, le ha permesso di scrivere un
articolo sull‘altro rifiuto organico di proporzioni cosmiche
che da anni continua ad inquinare il nostro pianeta. No, non
sto parlando di Ilvio
Erlusconi ( ma sì, vediamo quanto siete sagaci! ), bensì di quella deliziosa, nonché adorabile
perla di trasmissione che
è il Grande Fratello.
Delusi forse? Amareggiati perché ―è iL VsTr
S3knDo IdHol0 k
iGnoBBilM3ntE TNT
(Oddio, una BOMBA!!!)
D
diStRgGer3‖ (EH???)?
Come si dice a Roma:
―Nun me ne po‘ fregà de
meno!‖. Anzi: tanto di
cappello ai vostri gusti
raffinati e alla vostra
somma erudizione! Un
appendiabiti in coppia
con Luca Giurato avrebbe saputo fare scelte migliori...ma torniamo a
noi. Per fare capire alla
gente di un certo spessore culturale (e in possesso
di un numero decente di neuroni) di cosa stiamo parlando: il
Grande Fratello è un reality-show (AHAHAH!Come no!)
costituito da una casa, una presentatrice e dei concorrenti, tra
i quali la palma d‘oro dell‘intelligenza è detenuta dalla casa (i
concorrenti, per quanto numerosi, non arrivano insieme a
formare un cervello funzionante). Esso è il raccoglitore di
tutte le persone più inutili della società (a partire dal
―commentatore‖, nonché ―iettatore‖ ufficiale della trasmissione, Alfonso Signorini), tra cui: gli impiegati postali (se le
poste chiudono alle 13:00 - lo dice il cartello!!!- perché diamine TU, PAGATO per garantirmi un servizio almeno decente, ti prendi il lusso di chiudere la baracca un‘ora prima o
di farti le meches/manicure/pedicure/conversazione di tre ore
al telefono con l‘amica del momento - uomini inclusi!!!- anziché muovere quella gigantesca petroliera che ti ritrovi al limitare della schiena e assolvere al tuo dovere???), figli di papà pieni di soldi, che sgorgano come acqua dalle orecchie (e
lascio a voi il compito di immaginare da quale altro pertugio
del nostro corpo...) e nullafacenti da ogni parte del globo, la
cui massima aspirazione è quella di diventare opinionisti ―lavoro‖ di grande utilità, pure questo! -, posare per un calendario, sposare una velina/ un calciatore e apparire in varie
trasmissioni televisive di indubbia qualità culturale
(argomento del giorno:
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La cenere degli astri, l‘immoto andare di chi parte per restare e
soffre il viaggio che desidera col tormento di chi invoca la libertà di essere; e l‘odio, un sentimento non diverso e antitetico
dell‘amore, ma sempre congiunto alla passione amorosa.
L‘odio-amore come unico sentimento dominante, come immagine della contraddizione dell‘anima stessa, e il mito ideale della
fantasia, che fonde bellezza suprema e volgare miseria.
insperanti, hoc est gratum animo proprie.
Quare hoc est gratum, nobis quoque carius auro,
quos te restituis, Lesbia, mi cupido,
restituis cupido atque isperanti, ipsa refers te
nobis. O lucem candidiore nota!
Quis me uno vivit felicior aut magis me est
optandus vita, dicere quis poterit?
Nunc te cognovi: quare etsi impensius uror,
multo mi tamen es vilior et levior.
Qui potis est? inquis. Quod amantem iniuria talis
cogita mare magis, sed bene velle minus.
Yohoo mangiamoci su!
A
vanti, voglio sapere chi non ha mai detto o pensato la frase ―Ho bisogno di Nutella!‖ penso nessuno! Allergici a parte (poverini, non assaggeranno
mai il cibo degli dei!) quasi tutti hanno almeno una volta
assaggiato la Nutella. Perché ormai sappiamo per certo che
questa dipendenza si riscontra sempre nella vita di un individuo medio, all‘inizio non sappiamo bene cosa sia, le nostre
papille gustative hanno bisogno di qualcosa,
ma non sappiamo cosa! Ed ecco che arriva,
sotto forma di panna, di cioccolato
(mmmmmmmmmmhmm), caramelle, enormi dolci ricoperti di glassa … arriva la nostra medicina per tutto, per i brutti voti, per
le litigate con gli amici e fidanzati nonché la
cura per dimenticare i divieti dei genitori:ammettiamolo...queste prelibatezze ci
possono far provare emozioni, sensazioni e
brividi... che vanno oltre l‘immaginabile! Sì,
sono amici fidati nei momenti di tristezza,
protagonisti di lunghissimi pigiama party, e
angeli custodi negli attimi più tristi di una
giornata; altro che bietole, carciofi, o roba
simile! Nonostante questo principio sia assolutamente comune tra i giovani d‘oggi purtroppo ancora oggi ci sono donne e
uomini (purtroppo soprattutto le donne)che si ostinano a
proporre ai propri figli come pranzo questa―roba‖! Che scandalo ragazzi lo so, ma la realtà è difficile da affrontare e lo
stato ha cose più importanti a cui pensare. Peccato che non
basterà questo urlo disperato per far cambiare idea ai genitori
di tutto il mondo; perché si dia il caso che (a loro dire) quello
che noi chiamiamo ―roba‖ faccia ―bene‖; ma vi assicuro che
anche la nutella fa bene! Ma i boss della situazione sono loro
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quindi la nostra unica scelta è mangiare la sbobba e sgattaiolare solo in seguito in cucina alla ricerca segreta di cioccolato, panna e fragole e nutella! Purtroppo in questo mondo
niente si ha per niente, e ci sono i famosissimi e temutissimi
―effetti collaterali‖ delle nostre abbuffate! Già finisce il barattolo, finisce il tubo di pringles e il giorno dopo come premio
per il buon lavoro svolto un bel brufolo sulla guancia! Si ragazzi proprio oggi che vi dovevate vedere con il vostro ragazzo, e non c‘è fondotinta che regga! Il brufolo c‘è e rimarrà!!
―Disastro‖ penserete! E ora siete ancora sicuri che
quell‘abbuffata sia stata una
cosa giusta? In molti penserete che non lo farete più,
che questa dipendenza vi sta
facendo solo ingrassare e
che dovete smettere: da
oggi dieta!Ecco a queste
parole la nutella che sta in
casa nell‘armadio trema! E
pensa: ―Se non mi mangerà
più lei chi lo farà?‖. Ecco
guardate cosa avete fatto!
Ora è triste! Eppure nonostante voi l‘abbiate pugnalata al petto lei non vi abbandonerà, che ragazza unica! Infatti anche se quando tornerete
a casa, mangerete a occhi chiusi disgustati quell‘infinito piatto di minestrone, non la guarderete neanche e gli chiuderete
l‘anta in faccia lei non vi lascerà soli; tutt‘altro, appena starete male per qualsiasi motivo, lei ci sarà! E lo sapete benissimo
che tornerete da lei alla prima delusione; in fondo hanno
ragione (ormai lo sappiamo tutti lo slogan): ―Che mondo
sarebbe senza Nutella?‖ Non ci possiamo fare niente, quando
una cosa è buona è buona.. e non ci sono barrette integrali o
cereali che tengano!
Noemi Stuppia IV C
L‘anticonformismo eroico che effettua il rovesciamento dei rapporti convenzionali e accorda alla donna un ruolo centrale, ponendola a un livello di dignità spesso sconosciuta o ignorata, e
che invece fa dell‘amante un fanciullo, un servo d‘amore, pieno
Il discorso amoroso che diventa monologo interiore, ma non per di passione e al tempo stesso di reverenza nei confronti
questo rinuncia alla drammatizzazione dello stato d‘animo stes- dell‘amata, madre e padrona, fredda e austera, sovrana inconso; la sofferta oscillaziotrastata nel mondo appane tra la saggezza, che
rente ma soprattutto
cerca di ricondurre alla
nella difficile interiorità
ragione un‘interiorità
del poeta.
irragionevole, e la smaniosa ricerca della follia
Tu vivi sempre nei tuoi atti.
amorosa…
Con la punta delle dita
sfiori il mondo, gli strappi
Se mi chiamassi, si,
aurore, trionfi, colori,
se mi chiamassi!
allegrie: è la tua musica.
Io lascerei tutto,
La vita è ciò che tu suoni.
tutto io getterei:
Dai tuoi occhi solamente
i prezzi, i cataloghi,
emana la luce che guida
l’azzurro dell’oceano sulle
i tuoi passi. Cammini
carte,
fra ciò che vedi. Soltanto.
i giorni e le loro notti,
E se un dubbio ti fa cenno
i telegrammi vecchi
a diecimila chilometri,
ed un amore.
abbandoni tutto, ti lanci
Les amants, Magritte.
Tu, che non sei il mio amosu prore, su ali,
re,
sei subito lì: con i baci,
se mi chiamassi!
coi denti lo laceri:
non è più dubbio.
… e l‘ultimo conforto possibile, cercato nella celata disperazione Tu mai puoi dubitare.
di un congedo duro e sprezzante, rivolto al fantasma dell‘amata, Perché tu hai capovolto
i misteri…I prodigi
in un estremo e impossibile desiderio di rivalsa.
che sono già decifrati.
Vale, puella. Iam Catullus obdurat,
E mai ti sei sbagliata,
nec te requiret nec rogabit invitam:
solo una volta, una notte
at tu dolebis, cum rogaberis nulla.
che t’invaghisti di un’ombra
- l’unica che ti è piaciutaLa celebrazione del sentimento che rinnega i toni scanzonati di
un’ombra pareva.
chi frantuma un‘esperienza amorosa dopo l‘altra senza una torE volesti abbracciarla.
mentata partecipazione, anzi che riflette su di sé i sintomi di
Ed ero io.
uno straziante motivo di vita, a tratti tortura e fonte d‘infelicità,
a tratti pienezza gioiosa del sentirsi amati.
Si quicquid cupido optantique obtigit unquam
Elena Crispino II E
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2000-2010: Craxi, “Duci ed ombre”
M
ilano, 24 Febbraio 1934: nasce Benedetto
Craxi.
1970: diventa vicesegretario nazionale, su
nomina di Giacomo Mancini.
Roma, 16 Luglio 1976: viene eletto segretario del PSI.
1979: è il primo Socialista Presidente del
Consiglio.
1986: scoppia lo scandalo Tangentopoli.
15 Dicembre 1992: riceve il primo degli
avvisi di garanzia della Procura di Milano.
Roma, 30 Aprile 1993: all‘uscita dall‘hotel
Raphael, viene bersagliato dal lancio di
monetine: è la sua fine politica.
12 Maggio 1994: fugge in Tunisia, ad
Hammamet.
21 Luglio 1995: viene ufficialmente definito latitante.
Hammamet, 19 gennaio 2000: Bettino
Craxi muore per un arresto cardiaco.
“Soffiava un forte vento su Hammamet‖ quel
Dicembre di dieci anni fa.
Soffiava un forte vento sulle vicende di un
leader che salì sugli altari del potere, promuovendo lo sviluppo capitalistico, il riformismo gradualista e moderato del Partito del Garantismo, che cadde nella
polvere più turpe tirando con se il PSI. Un forte vento che
spazzò via il regno della ―Sacra famiglia‖, quella di Craxi,
costruito approfittando della devastazione dello Stato Italiano e innalzato sui ―solidi pilastri‖ dell‘ipocrisia e degli obbrobri della classe politica, che comandava distribuendo i
pani e i pesci che si moltiplicavano grazie alla tagliola delle
tangenti imposta a livello industriale. Fu l‘eroe italiano degli
anni ‗80 costruito da Pietro Nenni, dall‘arrogante rivalutazione degli stereotipi
marxisti e dalla teorizzazione
dell‘eretico Proudhon e dalla tanto pubblicizzata e propugnata Grande Riforma economica e istituzionale. Con
l‘apoteosi dell‘operato politico di Craxi e delle perorazioni di
innovazione e risanamento economico si cerca di sviare
dall‘innegabile crescita del debito pubblico italiano che dal
1984 al 1992 passò da 240 miliardi di euro a 800 miliardi
di euro proiettandoci verso la più grave crisi economica dal
dopoguerra. Oggi il debito pubblico è di 1.600 miliardi di
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euro, 27.500 euro per ogni cittadino, compresi i neonati,
con 75 miliardi di interessi annui. È pur vero che il fenomeno Tangentopoli non fu limitato solo al PSI, ma coinvolse
molti partiti ai vertici del mondo politico e finanziario italiano. Indubbiamente la politica craxiana spinse alla corruttela
dilagante e all‘occupazione delle istituzioni alle cui copiose
acque attinsero in molti, anche la DC di Andreotti. Dal
1972 al 2006, con i governi Andreotti e Berlusconi il debito
pubblico è aumentato di 285.106 milioni di euro. Le questioni tutt‘oggi aperte circa il sistema politico craxiano sono
i tentativi (vani) di chi finge di non vedere gli effetti che il
―decennio Craxi‖ ha determinato sul Paese e di chi si sforza
a coglierne aspetti positivi (che in realtà non si trovano!)
rinforzando il muro di ipocrisia eretto tra la il ―labor‖ di
utopiche ideologie politiche e i veri esiti
del disegno di potere di un uomo condannato a dieci anni di reclusione per
finanziamento illecito e per corruzione.
Un teorema che merita di essere valutato
attentamente, inoltre, è quello dei parallelismi tra la situazione politica del ventennio scorso e quella attuale e della continuità della storia politica CraxiBerlusconi, di cui lo stesso Cavaliere si
fece dichiaratamente erede nel secondo
anniversario della morte di Craxi, celebrando nel leader del PSI il premier che
si accorse per primo della crisi dell‘URSS
e che gettò a mare le nefandezze del marxismo (vista anche la legge Mammì e
considerato il fatto che Craxi fiutò le
magnifiche sorti della tv commerciale,
spianando così la strada del successo a
Berlusconi!).
Oggi la situazione si ribalta: in primo piano torna il protagonista della vicenda giudiziaria, ma stavolta come vittima.
La stessa situazione politico-sociale dei decenni scorsi si ripropone oggi in un PD alle prese con il problema del rapporto fra politica e giustizia (e ne è sempre più coinvolto) e
che non ha risolto il nodo della sua identità politica rimanendo sempre più ―intrappolato in una visione mitica della
modernizzazione craxiana, nel senso di colpa per non averla
fatta propria o nell'illusione che bastasse e basti farla propria
depurandola dalla corruzione perché funzionasse negli anni
Ottanta e funzioni ora. Perché i due lati della medaglia di
Craxi, il leader politico e il politico corrotto, trovassero finalmente una sistemazione coerente è proprio quel mito della
modernizzazione che bisognerebbe smontare, procedendo
finalmente a un'analisi veritiera del decennio craxiano che
nel '93 non si fece consegnandone alla magistratura il seppellimento e dopo non si è fatta consegnandone a Berlusconi
il proseguimento‖.
Scandalo a corte : tutti gli uomini del presidente
I
l cursus honorum di Craxi inizia all‘età di diciannove anni,1953, anno in cui entrò nella federazione
milanese del PS e quattro anni dopo venne eletto
nel comitato centrale del Psi. La sua escalation politica proseguì sino a divenire membro della direzione nazionale. Nel
frattempo fece esperienza come consigliere comunale a
Sant‘angelo Lodigiano e come assessore a Milano, emblema
dell‘attivismo industriale, nel 1960. Per la prima volta venne eletto, nel 1968, in parlamento, ma l‘anno successivo
ricevette la nomina
di vicesegretario nazionale, la quale gli venne
confermata solo nel ‘72
con l‘elezione di De
Martino come segretario del Psi, con il compito di curare i rapporti
internazionale del partito. Dopo la caduta
del governo Moro e la
grave crisi all‘interno
del partito del PSI, a
seguito delle dimissioni
di De Martino, venne
eletto segretario del
partito e nel 1983 divenne presidente del
consiglio. Fu il primo socialista a ricoprire la carica di presidente del consiglio,che detenne, per ben due volte, con
grande lungimiranza e dimostrando grandi doti politiche
(circondandosi di nuove personalità, soprattutto giovani,
dando vita alla rivoluzione dei quarantenni, di cui, ancora a
vent'anni di distanza e dagli opposti fronti degli schieramenti parlamentari, le istituzioni e la gestione della cosa pubblica ancora si avvalgono). Rivoluziona l'intero partito socialista (rivalutazione del pensiero socialista libertario rispetto al
marxismo, abbattendo le fondamenta delle ideologie comuniste (lenista-marxista), con determinazione ed energia, per
dare inizio a ciò che Craxi chiamava "il nuovo corso". Ma in
seguito alle dichiarazioni di Chiesa, venne svelato il complesso marchingegno delle tangenti che prese il nome di
Mani Pulite, per cui Craxi venne accusato di finanziamento
illecito ai partiti, da lui stesso però dichiarati: ―io sono al
corrente della natura non regolare dei finanziamenti ai partiti e al mio partito‖. Da qui in poi verrà accusato di aver
ricevuto nel 1991 la maxitangente da 21 miliardi versato
da Berlusconi dopo legge Mammì, di aver incassato almeno
35 miliardi da aziende pubbliche, come Ansaldo e Italimpianti e private, come Calcestruzzi ed Technit.
Craxi era stato condannato in via definitiva a 10 anni per
corruzione e finanziamento illecito per le tangenti Eni- Sai e
per quelle della metropolitana milanese. Altri processi furono estinti per morte del Reo: quelli in cui aveva collezionato
tre condanne in appello a tre anni per la maxitangente Enimont, cinque anni e cinque mesi per le tangenti Enel
(corruzione), cinque anni e nove mesi per il conto Protezione
(bancarotta fraudolenta Banco Ambrosiano), una condanna
in primo grado prescritta in appello per All Iberian; tre infine a giudizio per la mega- evasione fiscale sulle tangenti, per
le mazzette della Milano-Serravalle e della cooperazione col
terzo mondo. Ma il 3 luglio del 1992, durante la seduta
nella camera dei deputati, Craxi denunciò il fatto che il finanziamento ai partiti in generale era irregolare e illegale e che
nessun responsabile politico poteva affermare il contrario, mentre
i cittadini italiani iniziarono a
protestare contro, non tanto per
natura politica, ma per il semplice diritto di poterlo fare, facendo
svolazzare banconote da 10 lire, e
gridando ―vuoi anche queste‖
Nel 1993, dopo la mancata autorizzazione a procedere all‘arresto
da parte della camera dei deputati, il 30 aprile dello stesso anno
Craxi, all‘uscita dell‘hotel Raphael, viene colpito da un pioggia di
monetine, un gesto che ha segnato l‘epilogo della storia di un
grande uomo politico italiano.
Fuggito poi ad Hammamet in Tunisia, Craxi morì 19 gennaio del 2000.
A 10 anni dalla sua morte, Bettino Craxi figura al centro del
dibattito politico: della sua figura si discute molto, c'è chi
vorrebbe dedicargli una statua e chi pensa sia un mezzo
delinquente, ma agli occhi della storia Craxi è stato trasformato nel capro espiatorio di un sistema che era stato l'ultimo residuo della guerra fredda, basti pensare che il reato
portante di tangentopoli, cioè il finanziamento illecito ai
partiti, era stato oggetto di un'amnistia appena due anni
prima, un colpo di spugna che prese ad alcuni e non ad altri.
La verità è che ad un problema politico fu dato una soluzione giudiziaria e l'unico che ebbe il coraggio di porre in questi termini la questione, cioè Craxi, fu spedito alla ghigliottina".
Danilo Lo Cane V E
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