KOSMOS secondo numero 2009-2010 - IIS Morelli
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KOSMOS secondo numero 2009-2010 - IIS Morelli
Liceo Ginnasio Statale “M.Morelli” - Vibo Valentia Direttore responsabile: Ing. Raffaele Suppa Coordinamento: Prof. Bianca Cimato Prof. Caterina Scolieri Articolisti di questo numero: Carnovale Marica II D Crispino Elena II E Giofrè Antonio II E Ierardo Chiara II E Lo Cane Danilo V E Lo Iudice Marianna IV E Lucibello Sofia Anna IV D Malta Claudio III D Marchese Raffaele V E Parisi Lavinia V D Parrone Francesco V E Pisani Matteo V C Procacci Chiara III C Ranieli Simone I D Riga Maria Giovanna II E Sangineto Fabiola II E Scolieri prof. ssa Katia Strangis Nicola V A Stuppia Noemi IV C Suppa Ing. Raffaele PROGETTI PON FSE 2009/2010 Obiettivo Azione Tipologia Intervento Titolo Progetto B4 C1 Percorsi formativi Percorsi formativi Capirsi per capire ECDL Studenti C1 Percorsi formativi La cellula, microcosmo di ogni essere vivente C1 Percorsi formativi Acquisire competenze per una scelta consapevole C1 C1 Percorsi formativi Percorsi formativi Target English Comunicare, collaborare, partecipare per costruire una cittadinanza attiva C1 Percorsi formativi Teatro a scuola: sistemi e valori di culture diverse C1 Percorsi formativi C4 C4 Percorsi formativi Percorsi formativi Saper Sapere: imparo ad imparare 'Sapere per volare' ―Aude sapere‖ PROGETTI PON FESR 2007 / 2013 Obiettivo Azione Tipologia Intervento Titolo Progetto B-2.B-FESR-2008-63‖ Ambienti per l‘apprendimento “Laboratorio multimediale per ampliare le conoscenze linguistiche” B-2-A-FESR-2008-84 Ambienti per l‘apprendimento “ Il laboratorio spaziosituazione in cui si sviluppano le competenze scientifiche” A-2-FESR-2008-80 Ambienti per l‘apprendimento “Gli strumenti per la NEA PAIDEIA” Vignettisti: Melidoni Caterina III C Consulenza ed elaborazione grafica: F R E E D O M Carullo Gregorio I D Crispino Elena II E Marchese Raffaele V E Matera Giuseppe IV A Parrone Francesco V E Il giornale degli studenti del Liceo-Ginnasio M. Morelli di Vibo Valentia Le mille voci di un’idea Pag. 3 Victor Jara e la coerenza di una “preghiera contadina” Las venas abiertas de America Latina L‟America Latina e il sogno del prigioniero Ragioni e passioni della rivoluzione di Zeno Saltini: quando il marxismo incotra la figura di Cristo La resistenza continua? Specchio Pag. 10 „68, Beat Revolution. Perché no? I giorni uguali dei white collars in un cielo senza nuvole. Pasolini e le sue profezie realizzate …Gente che spara, gente che spera… I cieli senza nuvole di Calvino e Kundera Sant‟Agostino, confesso che ho vissuto: la dannazione, il peccato, l a ricerca e la conquista della fede “Aveva la pelle segnata dal tiepido vento dell'Argentina gli occhi color della gente che muore ai piedi del colonizzatore La neve, la fragola, le stelle, il sorriso degli dei. Il vedeva la gente di Cuba andare all'inferno valore della poesia e la poesia del valore al grido di Terra e Libertà L‟amore tra Catullo e Salinas [.] 2000-2010.: Craxi, “duci ed ombre” dalle Ande agli Appennini da Belfast a Madrid Scandalo a corte: tutti gli uomini del Presidente todos somos indios del mundo señor Comikosmos Pag. 20 e nelle notti armate di San Cristobal ancora c'è chi sogna Yo-oh, mangiamoci su! Terra e Libertà” Grande Fratello, ci piace!...Ma anche no!!! Terra e libertà (Atarassia Gröp) La Biblioteca di Sherazade Pag. 24 Il mondo, il povero mondo sospeso tra le pallottole Avatar: le tre D di Washington, les enfants de la guerre e le preghiere di libertà dei "banditi", dei rivoluzionari che chiedono spazi e ragioni Non baciatevi più alla verità mancata che affiora dalle fatiche del vivere; la veri Pessoa: la solitudine del poeta fingitore tà negata dai "pagliacci assassini, gli uomini del denaro insanguinato che sparano ancora quelle pallottole di Washington". Die Welle: il silenzio della storia Una strada, quella della libertà, e i suoi sentieri, la repressioPag. 28 ne, la barbarie e il fronte eversivo e rivoluzionario; e se la bal- Accade al Liceo Classico lata dei dittatori ferisce la dignità dei diserteurs che resistono al L‟urlo delle emozioni: quando l‟angoscia cattura la ―balletto‖ degli impiccati, se la rabbia di giustizia sociale atmente traversa le strade insanguinate delle favelas di ogni città I Colloqui Fiorentini ―invisible‖ che esalta un‘‖invisibile‖ democrazia, ecco che i Il dovere di ricordare 27 gennaio: onore alla shoah passi di libertà nella nebbia della memoria stanca di uomini distratti dal demone dell‘autoaffermazione e del carrierismo Cronikosmos sono l‘unica soglia su cui si può attendere un nuovo giro di Sicily Mon Amour! stagione…. Beautiful Siracusian Days: Splendido Splendente! La professoressa Fuduli: ioni di tutto il mondo unitevi! Le Terze Liceali: finalmente fuori dalle….. Aule voi ho condiviso un altro anno da dirigente, ho intrattenuto relazioni e confronti, a tratti problematici, ma con buoni propositi ed intense emozioni che hanno evidenziato quella concretezza che caratterizza il modo di essere ed agire dei giovani dentro e fuori della scuola, in ciò potendosi indirettamente promuovere quello spirito costruttivo della cittadinanza attiva. In voi ho potuto cogliere quella capacità di vivere la figura del Dirigente Scolastico senza il prevedibile timore reverenziale che spesso contraddistingue il rapporto giovani - adulti. Nei cinque anni che avete trascorso in questo Liceo avete scritto una pagina importante della vostra vita e del vostro avvenire: qui siete entrati appena adolescenti e anche se con qualche anno in più ne uscite persone mature e responsabili in grado di costruire un avvenire. Il tempo che avete trascorso in questa scuola è stato apparentemente lungo, ma in realtà così ricco e stimolante che non potrete concludere senza fare una riflessione, che è insieme di gratitudine e premonitrice di un po‘ di nostalgia. Ai vostri docenti, che vi hanno accompagnato in questi anni, manifesterete i migliori sentimenti ricordando le ansie, le amarezze e le gioie per aver condiviso insieme a loro un percorso di crescita e formativo che lascerà in tutti voi un ricordo particolare ed un attaccamena questa scuola. Anni di studio anche duro e di sacrifici, ma Lettera del dirigente scolastico a tutti gli stu- to anche di discussioni animate con i compagni e con gli amici e perché no anche di sfide culturali. Il vostro entusiasmo, la vodenti del III Liceo glia di fare, l‘accettazione del rischio, questi sono i ricordi che porterete per gli anni a venire. In questa scuola non vi siete limitati a fare scuola - la frequenza alle lezioni, l‘attenzione, il are ragazze e cari ragazzi, lavorare al meglio, l‘imparare ad apprendere - ma avete iniziato anche quest‘anno, per voi che lasciate il Liceo Morelli, nel mo- a costruire la vostra personalità e cominciato a costruire il vostro mento in cui vi accingete a concludere gli studi per affrontare futuro ed intrapreso il vostro cammino di vita. Fate tesoro degli insegnamenti, dei principi e dei valori fondamentali che questa scuola vi ha trasmesso. Voi contribuirete a costituire la classe dirigente di un domani molto prossimo. Da voi tutti si attendono di più! Siate sempre rispettosi delle regole della civile convivenza, dei principi di libertà e democrazia, mettete al centro del vostro progetto di vita l‘amicizia e la solidarietà. Guardate sempre avanti, credeteci nel percorso che avete in mente, non mollate mai e, quando sarete al traguardo, ricordate la scuola ed i vostri insegnanti, quello che vi hanno dato e ritornate a trovarli perché saranno orgogliosi dei loro insegnamenti e dei risultati prodotti. C Un caloroso abbraccio nuove sfide e proseguire la costruzione del vostro progetto di vita, mi è gradita l‘occasione per far pervenire a tutti voi il mio saluto più caloroso e l‘augurio di un avvenire che, sono certo, vi consentirà di ottenere i migliori risultati da tutti sperati. Con Pagina 2 Il Dirigente Scolastico Ing. Raffaele Suppa Pagina 35 Le parole leggere di un animo sobrio: Bianca Fuduli e la sua missione educativa Q uanto vale un sorriso sommesso al proprio impiego, a una devozione nobile, figlia di un tempo lunghissimo, generoso tiranno di migliaia e migliaia di sensazioni forti inglobate in una memoria che lei con la sua delicata compostezza ha reso meravigliosamente nostra? E‘ una stima non quantificabile, fatta di dettagli, piccoli gesti, piccoli passi, i suoi, di audace timidezza nei consumati corridoi del nostro Liceo divenuto casa per lei, per la sua materna delicatezza più che per ogni altro in tutti questi anni. Varcare di continuo quella soglia con una leggerezza immutata nel tempo, calcare quel pavimento ingrigito e consunto regalandosi alla protezione del muro contro centinaia di passi veloci, frenetici, sottraendosi anno dopo anno a un flusso temporale che sembrava e sembra cogliere sempre gli altri nella loro ansia esagitata e mai i suoi occhi di disarmante serenità, ebbene, quanto può valere? Molto più di un cavillo burocratico indubbiamente, dell‘ ultimo tratto di ogni percorso lavorativo, di una parola che tenta, amara carceriera, di imbrigliare stagioni su stagioni solcate d‘affetto e ligia professionalità in otto lettere di superba vuotezza, molto più del senso opaco del termine ―pensione‖. Lei saprà colmarlo della sua essenza, non c‘è dubbio, saprà addolcire la pillola a noi che la saluteremo velati di obbligata nostalgia mettendo a tacere l‘evento con una delle sue proverbiali e gradevoli battute dialettali, infilate tra l‘altro qui e lì dentro formule chimiche o strutture cellulari varie a testimonianza del fatto che ancor prima d‘essere impeccabile docente lei è mamma e donna di singolare umanità. Pertanto Bianca, per quanto circostanziale e irrisorio possa essere un grazie lo accetti come profonda espressione di una commozione che è genesi straordinaria di ogni sua premurosa attenzione nei nostri confronti, della fragilità che sempre ha celato sotto l‘amorevole inganno di un sorriso, del suo discreto osservarci attraverso le severe lenti di un occhiale spigoloso che mai ha turbato d‘altro canto la tenerezza del suo viso stanco, comunque gentile e oramai familiare ….. Grazie per i suoi insegnamenti, fatti di precisione continua e meticolosa osservanza, ornati di un‘umanità di chi ha sempre privilegiato il dialogo, la comprensione e la pazienza dell‘attesa … Grazie per il Tuo smisurato cuore di mamma e, dote rara, per un animo sublimemente sobrio…. I suoi cari alunni Pagina 34 Il saluto alla prof.ssa Fuduli che va in pensione G entile prof.ssa Fuduli, in questa fase finale dell‘anno scolastico, che conclude anche il suo servizio, mi è gradita l‘occasione per porgerLe, anche a nome di tutto il personale docente e non docente, un affettuoso saluto e qualche riflessione. Desidero innanzitutto ringraziarLa per il suo impegno costante e costruttivo nella scuola e per aver saputo interpretare quella consapevolezza che la scuola è un momento significativo per la formazione e la crescita di ciascuno e di tutti. La vogliamo ringraziare per l‘insegnamento che ha lasciato a tante generazioni di giovani ragazzi e ragazze che, come tutti hanno avuto modo di apprezzare, non riguardava esclusivamente l‘aspetto didattico, ma anche insegnamenti di vita al di fuori dell‘ambiente scolastico. La ringraziamo per essere stata punto fermo, per anni, di molti alunni che hanno avuto la possibilità di conoscerla e averla come insegnante di Scienze; sempre presente e rispettosa delle regole, persona affidabile, ha contribuito alla storia di questa scuola. In lei tante generazioni hanno potuto apprezzare l‘educatrice responsabile ed anche materna. Resterà una testimone importante della storia di questa scuola e custode di una grande esperienza educativa, che ci mancherà e mancherà ai ragazzi. La ringraziamo dal profondo del cuore per tutto quello che ci ha dato e un arrivederci perché non si dimentichi di noi. Un caloroso abbraccio da noi tutti Il Dirigente Scolastico Ing. Raffaele Suppa Victor Jara e la coerenza di una “preghiera contadina” E ra un assolato pomeriggio d‘estate quando, sù, nella soffitta di mio zio, tra le innumerevoli statue di Madonne decapitate e le cartoline ammassate e lievemente ricoperte dalla polvere, intravidi per la prima volta nello scaffale dei suoi vecchi e affascinanti 33 giri ponderatamente ordinati , il volto di un bel tipo riccioluto che guardava lontano: il suo nome echeggiò cruento tra grida di rivolta in una antica e remota propagazione di terra dall‘altra parte del mondo, il suo nome è ormai proverbiale e cristallizzato sinonimo di libertà, di protesta e tragedia, il suo nome, giunto dalle coriacee e nere valli del Cile, era Victor Jara. Vellutate melodie, cosparse di olezzanti aromi e di inebrianti riverberi di chitarre cristalline, sono i versi, le canzoni di questo poeta d‘oltreoceano. Ereditata la chitarra della madre Manuela, variopinta donna cilena e conoscitrice delle calde sonorità sudamericane, Victor cominciò ad intraprendere il suo lungo viaggio nella musica e nella poesia, conficcando le sue forti e profonde radici nella fertile terra del folclore e della popolarità cilena. Un viaggio questo, lungo tutta una vita che, attraverso i salmodianti gorgheggi gregoriani e l‘eterea elaborazione liturgica del seminario, attraverso il duro e temprante lavoro nei campi e nella fabbrica ed attraverso infine le assi e vermigli sipari dei palcoscenici da lui diretti in qualità di regista, ci consegnò l‘opera di una voce pura ed eletta, tesa ad allargare, in un prospero discorso che coinvolge l‘intero continente, l‘impegno del ―revival‖ cileno, in obbedienza al percorso illuminato tracciato da Violeta Parra, ―maestra‖ d‘amore, comprensione e condiscendenza senza eguali per tutta una generazione di giovani cileni. Victor Jara non aveva forse la disincantata e sottile ―verità‖ popolare di Violeta Parra, ―verità‖ inseguita lungo le impervie strade della vita del popolo, condivisa e sofferta fino alla morte, ma la sua forza comunicativa, più urbana, rispecchiava la condizione della nuova realtà cilena, nella speranza, nell‘illusione e poi nella tragedia. Una tragedia infatti, improvvisa e inaspettata che brucia ancora di eterno dolore, che offese le terre del Cile, salate per sempre dalle lacrime, e sprofondò le sue regioni in un interminabile martirio e le macchiò di tracce di sangue secco e di delitti, travolse Victor Jara: l‘ 11 Settembre del 1973, rintuzzando il rigoglio smanioso e democratico della vita del governo del Presidente Salvador Allende, il generale Augusto Pinochet, avido di sangue e di livida morte, che era stato nominato ingenuamente Comandante in Capo dell‘esercito dallo stesso Presidente, tradendo la sua fiducia si impossessò del paese non senza il velato e sordido ausilio degli Stati Uniti d‘America e diede inizio alla sua fine, rivestendolo di cimiteri solitari e di tombe piene d‘ossa senza suono. Il nome di Victor era iscritto nelle liste degli sgraditissimi da molto tempo, ai primi posti sui cuadernos de la muerte di Pinochet, non tanto perché fosse un militante del Partido comunista de Chile e quindi un dissidente del golpe, quanto più perché era stato una vibrante e sgradita voce di protesta, di libertà: sorpreso all‘università, venne condotto allo Stadio del Cile, secco palmo di terra trasformato in campo di concentramento e, quali oscuri angeli dalle trecce smorte e dalle vesti ch‘hanno un lieve stormire d‘albero, i golpisti lo costrinsero ad un‘agonia lunga, interminabile nella quale la sua essenza si è eternata, consegnandosi al tempo e alla polvere, librandosi come un sogno pieno di velocità, dando vita ad una croce non di legno, bensì di luce. Ora però nella luce di questa primavera appena incombente ascolto i canti di quest‘angelo crocifisso e risorto, non come testimonianza di un martirio subito, perché non si costruisce un radioso avvenire, anche nei momenti più cupi, con la celebrazione o la commozione: li ascolto bensì come voce viva e palpitante del Cile.. Salva la tua luce, o patria, mantieni La tua dura spiga di speranza In mezzo alla cieca aria temibile. ( Pablo Neruda) Simone Ranieli I D Pagina 3 L LAS VENAS ABIERTAS DE AMERICA LATINA Y la lucha seguirà hasta cerrar las venas abiertas de America as venas abiertas de America Latina tienen muLatina chos nombres se llaman huasipungo en Ecuador latifundio y explotaciòn en Colombia Le vene aperte dell'America Latina hanno molti nomi si chiaestaño y soledad en Bolivia mano huasipungo in Ecuador, en Costa Rica se llaman United Fruit y explotaciòn latifondo e sfruttamento in Colombia, stagno e solitudine in en Cuba, el burdel de America y explotaciòn Bolivia, in Costa Rica si chiamano United Fruit en Chile mineros masacrados y explotaciòn e sfruttamento a Cuba, il bordello dell'America en Argentina la primera dictatura militar e sfruttamento in Cile minatori massacrati pero un ioven empezaba un largo camino en motocicleta e sfruttamento in Argentina la prima dittatura militare para conocer el corazòn ma un giovane comincia un lungo viaggio de un continente in motocicletta su nombre era Ernesto per conoscere il cuore del continente Guevara il suo nome era Ernesto Guevara y màs tarde serìa conopiù tardi l'avrebbero conosciuto tutti come cido como el Che.. El Che. En Centro America E in centroamerica, en Guatemala siempre in Guatemala resta sempre viva una delle hay una de las ideas de idee di Arbenz Arbenz in Messico trova riparo sotto una rivoluen Mexico se cobija bajo zione tradita una revoluciòn traicioe lì germoglia il sogno di una nuova rivonada luzione y alli germina el sueño che due anni dopo, a Cuba de una nueva revoluciòn lancia la seconda deliberazione dell'Avaa los dos anhos en Cuba na se esucha la segunda e da ora in poi la storia dovrà tenere deliberaciòn de La Haconto dei poveri d'America. bana In Bolivia il generale Torres è a capo di y ahora la historia tenun governo popolare drà que contar e in Perù Velasco è a capo di un governo con los pobres de Amepopolare rica. in Brasile Joao Goulart è a capo di un En Bolivia el general governo popolare Torres encabeza un e in Cile s'impone Venceremos e comincia gobierno popular Memorial de Latinoamérica, Sao Paulo, Brasil, il sogno dei mille giorni di Allende y en Perù Velasco encaescultura de Oscar Niemeyer che finisce con la lunga notte tragica della beza un goberno popudittatura. lar Ma la lotta continua. en Brasil Joao Goulart Disse il Che: se cado che altre mani raccolgano il mio fucile encabeza un goberno popular y en Chile se impone el Venceremos e continuino a combattere. y comienza el sueño de los mil dias de Allende E combattono in Nicaragua il Fronte Sandinista di Liberazioque termina con la larga noche tràgica de la dictatura. ne Nazionale Pero la lucha sigue.. in Salvador, il Fronte Farabundo Martì di Liberazione Dijo el Che: si caigo que otras manos recojan mi fucil e la speranza continua y continuen el combate. in Cile, il Fronte Patriottico Manuel Rodrìguez y lo prosiguen en Nicaragua eò Frente Sandinista de Liberae in Chiapas, l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale ciòn Nacional e la lotta continua en El Salvador el Frente Farabundo Marti de Liberaciòn. fino a chiudere le vene aperte dell'America Latina. La esperanza sigue.. En Chile el Frente Patriòtico Manuel Rodriguez Paolo Coelho y en Chiapas el Ejèrcito Zapatista de Liberaciòn Nacional. Pagina 4 Beautiful Syracusian days: splendido splendente! I primi bagliori di quel fatidico giorno, il 13 maggio, e un chiassoso sciame di sveglie accompagnavano il trepidante e frenetico risveglio di circa settanta ragazzi. Tutti diversi ma accomunati dal desiderio di realizzare il così tanto agognato sogno: la gita. Il caos di macchine e valige che affollavano la piazza, i volti sorridenti e impazienti, l‘arrivo trionfale dei pullman accolto da un boato di felicità, la gara per accaparrarsi i posti più ambiti ci proiettavano già nel vivo del nostro viaggio. Un viaggio che ci avrebbe fatto scappare per tre giorni dalla monotona vita da studente, lasciandoci alle spalle manuali di greco e interrogazioni di latino, per avventurarci in un‘esperienza nuova. Gettarci a braccia aperte nel divertimento più sfrenato e al contempo assistere alle tragedie greche. Un bel salto di qualità. Passare dalla profanità di Vibo Valentia alla sacralità di Siracusa e al suo immenso patrimonio artistico e culturale, dagli scomodi e brutti banchi di scuola alle gloriose (e altrettanto scomode) gradinate di marmo del Teatro Greco. Un salto di qualità anche per la storia. Da Euripide e Sofocle alle quinte ginnasiali del Liceo Morelli. Giunto il momento di traghettare una sottile striscia di mare ci divideva dalla ―terra dei sogni‖. Ed eccoci in Sicilia. Prima tappa: Acireale. Sole, caldo, profumo di barocco, un bel parco nel quale era possibile regredire all‘infanzia, fra altalene e scivoli. La sera, una lunga camminata tra le strade di Ortigia, tra una granita e scorci paesaggistici suggestivi, ci ha fatto riscoprire la bellezza artistica della Sicilia. Il nostro viaggio ha poi fatto sosta a Noto. È una piccola cittadina assolata e piena di colori, in cui fra acquisti di cappelli e souvenir, visite ad antichi palazzi e castelli, partite a pallavolo e qualche arrabbiatura dei professori, abbiamo potuto inspirare i suadenti profumi dell‘arte sici- liana settecentesca. La mattinata è stata trasportata via dalla brezza primaverile e il gruppo colorato e sorridente si è riversato nel teatro greco. Qui abbiamo assistito alla rappresentazione di due tragedie, entrambe coinvolgenti e avvincenti. La prima, ―Ippolito Incoronato‖, è la storia di una donna che per l‘ira di Afrodite si innamora del proprio figliastro e causa la morte di entrambi, la seconda è la tragedia di un guerriero coraggioso e audace, ―Aiace‖, che precipita in una sola notte nella più profonda vergogna. Durante la rappresentazione dell‘―Aiace‖ la pioggia incessante che è caduta ci ha permesso di essere ancora più coinvolti e partecipi delle emozioni che sprigionava. Ottima esca per l‘attenzione femminile la presenza del bellissimo attore Massimo Nicolini, bersaglio di foto e autografi dalla sue fan più sfegatate. La componente maschile, invece, nell‘―Ippolito Incoronato‖ ha potuto assistere con godimento all‘invettiva contro le donne, «grande disgrazia e male spregevole dell‘umanità». Ma con la stessa naturalezza con cui questo meraviglioso viaggio era cominciato stava per concludersi. Durante tutto il viaggio di ritorno siamo stati tra i sedili del bus, assieme, a cantare ogni genere di canzoni, da Valerio Scanu a Massimo Ranieri, sino a perdere la voce. E, finito di cantare il cantabile, a intonare cori da stadio, melodie natalizie e applausi di ringraziamento. Ci stavamo ormai lasciando alle spalle la Sicilia e con lei i nostri sogni. Stavamo tornando a casa, alle verifiche e ai compiti di fine anno, consapevoli però di aver vissuto un piccolo ma delizioso assaggio di vacanze! Raffaele Marchese V E Lavinia Parisi V D Pagina 33 Sicily mon amour! 13 Maggio: Viaggio d‘istruzione o meglio di evasione per noi, poveri studenti, impelagati in una stressante vita scolastica; noi ragazzi, sparsi in diversi capannelli e persi nelle nuvole di pensieri leggeri e frivoli, in attesa di autobus e professoresse, ci siamo messi a parlare di argomenti di vitale importanza: il peso e le dimensioni delle valigie, i vestiti e, argomento supremo, le ―derrate alimentari‖. Poi9 la partenza, un viaggio di alcune ore ma per nulla noioso, grazie alla simpatia dei compagni, a qualche briscola e ad un coro improvvisato che si divertiva a riproporre in continuazione le hit dell‘ultimo Sanremo. Attraversato anche lo stretto di Messina, ci siamo diretti nella bella città di Acireale e seduti all‘ombra degli alberi del parco della città abbiamo consumato il nostro pranzo a sacco. A quel punto siamo ripartiti e dopo un‘oretta circa siamo arrivati a Siracusa. Alle 17:45 ci siamo diretti al teatro greco, il più grande teatro ellenico del mondo antico e che ha ospitato greci Pindaro, Platone, Archimede e Saffo: un ‗emozione indescrivibile. La prima tragedia rappresentata dall‘ INDA era la Fedra di Euripide, la seconda l‘Aiace di Sofocle. Nella prima, detta anche Ippolito portatore di corona, si narra il dramma di Fedra, moglie di Teseo, vittima della vendetta della dea Afrodite, offesa da Ippolito, il figliastro della protagonista, che l‘aveva proclamata la peggiore delle divinità. La dea infonde in Fedra un‘insana passione per il giovane Ippolito che, messo al corrente dalla nutrice dei sentimenti della matrigna, fugge mentre la donna, dopo aver scritto una lettera a Teseo dove diceva di essere stata violentata dal figlio, ormai dilaniata dal disonore si suicida. Al ritorno, Teseo legge la lettera e, indignato con Ippolito, scatena una maledizione ed il giovane perde la vita. Alla fine è Artemide a riportare l‘ordine; rivela a Teseo la verità e concede al morente Ippolito immensi onori nella città di Trezene. La seconda, molto più travolgente della prima, grazie anche alla suggestiva scenografia, raccontava la fine di Aiace. Alla morte di Achille le sue armi vengono assegnate ad Ulisse invece che al protagonista, suscitando in lui un‘ira tanto Pagina 32 forte verso i compagni da desiderarne lo stermino. L‘ironia tragica irrompe nella struttura drammaturgica e crea conflitti e tensioni. Atena produce follia nella mente dell‘eroe che, credendo di aver davanti i Greci, fa strage di bestiame. Atena chiama Ulisse fuori dalla tenda e gli mostra Aiace in preda alla sua pazzia, ma l‘eroe omerico invece di schernirlo si abbandona ad una riflessione sulla fragilità dell‘uomo. Intanto Aiace ritorna in sé e, afflitto per la vergogna, decide di uccidersi. Nella seconda parte della tragedia si apre un dibattito sulle sorti del cadavere: da una parte si collocano Agamennone e Menelao, contrari alla sepoltura, dall‘altra Teucro, fratello di Aiace, desideroso di dare sepoltura all‘eroe. Alla fine Ulisse consiglia saggiamente Agamennone affinché Teucro renda omaggio al defunto. Magistrali le interpretazioni della fedra, passionale e demoniaca, di Elisabetta Pozzi e dell‘Aiace, guerriero fiero e uomo vinto, di Maurizio Donadoni. Sono rimasto affascinato dai costumi, dai fondali scenografici. Abbiamo visitato anche Ortigia, il sito originario di Siracusa, e il Museo Archeologico Nazionale Paolo Orsi con il suo importante corredo testimoniale di reperti c he coprono un‘estensione temporale compresa tra la preistoria e l‘età classica della Grecia. È stato doloroso lasciare quella meravigliosa terra, ma non ci siamo fatti abbattere e come siamo partiti ce ne siamo tornati, salendo sull‘autobus con tanta vitalità ed allegria. Certo, dopo due notti svegli a parlare e a vagare per i corridoi e dopo le chilometriche passeggiate proposte dalla professoressa Gramendola, eravamo stanchi, molto stanchi. E‘ stata una gita indimenticabile. Ringrazio le professoresse che ci hanno accompagnato, i ragazzi delle altre classi per la simpatia, i miei compagni di stanza, le mie compagne per aver allietato il viaggio con i loro acuti e in generale tutta la mia classe. Ragazzi siete davvero speciali! Già dimenticavo, un ringraziamento speciale va soprattutto alle professoresse Gramendola e Marino per averci impedito di acquistare i cannoli e per aver contribuito alla rabbia dei miei parenti che li aspettavano con tanta gioia e che ancora non me lo hanno perdonato. Nicola Strangis V A L’America Latina e il sogno del prigioniero C ‘è una storia lontana, molto lontana dagli occhi di un‘ Europa distratta e soddisfatta dalle sue ―libertà immaginate‖ all‘ombra del crollo di un muro più ideologico che di cemento che ha diviso la città di Berlino in Est ed Ovest dal 1961 al 1989 e ha consegnato l‘Europa su un piatto d‘argento in pasto agli imprenditori, agli ai mercenari, ai banchieri, in mano al libero mercato: veramente libero di soddisfarne desideri e capricci! È la storia di un uomo che come tanti nacque sotto l‘oppressione di un governo dispotico e indolente, ma soprattutto un uomo che come pochi non accettò questa oppressione. Ernesto Guevara sentiva il peso del ―piede straniero‖ sopra il cuore di un popolo che rivendicava il proprio diritto di patria e credeva in questo molto più che in qualche capitalista che di Cuba conosceva solamente i ribassi e i rialzi che il prezzo dello zucchero subiva. Il popolo cubano si conquistò il diritto di esistere, la libertà sottoforma d‘indipendenza. Tutto però ebbe inizio molto tempo prima… Era il lontanissimo 1492 quando Cristoforo Colombo per mandato della Corona spagnola in nome di Cristo toccò le spiagge delle Bahamas ―allargando il regno di Dio sulla terra‖. In queste zone viveva già una popolazione, che lo stesso Colombo seguendo l‘idea Aristotelica collocava nella categoria di ―uomini schiavi per natura‖. Quando ci si accorse di trovarsi dinanzi ad un nuovo territorio, la chiesa non tardò a consacrare la scoperta ―dono di dio‖. Papa Alessandro VI benedì la Spagna, ambasciatore armato delle crociate contro l‘Islam e che aveva nella propria regina Isabella la madrina della Santa Inquisizione, come padrona del Nuovo Mondo. La stessa Chiesa stentava però nel riconoscere un anima agli abitanti del luogo; gli indios che nel frattempo venivano sterminati con l‘accusa di eresia. Passata l‘euforia della conquista, la Coscienza Cattolica tentò di pulire il sangue dalle spade dei conquistadores rei del genocidio Indios e rintracciare nell‘epidemia la causa più grave dello spopolamento sistematico, mentre gli Spagnoli organizzarono il loro piano di sfruttamento. Scoperte le ingenti ricchezze minerali dell‘ America latina, seguiti poi da Portoghesi, Inglesi, Francesi e Olandesi si avventarono sul territorio abusando degli indigeni, perlomeno di coloro che casualmente erano sopravvissuti, come ―operai senza salario‖, cioè schiavi dalle cui braccia raccogliere comodamente i frutti della fatica. Mentre il denaro europeo s‘impregnava del sangue indigeno, si gettarono le basi di una dipendenza secolare destinando al sottosviluppo l‘intera regione. Le città sorgevano e scomparivano con la stessa rapidità, vincolate nel destino alle loro, purtroppo esauribili, risorse naturali. L‘Europa che usciva dal Medioevo aveva trovato negli Indios e nei neri d‘Africa, nei minatori di Potosì e nei raccoglitori di cotone, il carburatore che l‘avrebbe spinta verso quel mito agognato chiamato Progresso. Il Rinascimento si nutrì dell‘oro e dell‘argento sudamericano. La ricchezza divenne la disgrazia di questi territori: i conquistadores spagnoli e portoghesi giungevano attirati dalle ingenti quantità di minerali e incantati dal mito di Eldorado. Usufruendo dell‘abbondante manodopera servile di indigeni e africani trapiantati traevano i profitti con cui rifornire i mercati europei. Contemporaneamente nelle povere e trascurate regioni del Centro e dell‘ Ovest, pellegrini provenienti dal New England attraversavano l‘oceano e i monti Appalacchi e massacrando gli indigeni incontrati nel cammino, si stanziavano nelle aperte praterie. Ottenuta la vittoria nella Guerra di Secessione del XIX secolo, I ―rifiuti‖ europei furono dei coloni liberi di organizzare una società sul modello del loro vecchio continente dando impulso ad un mercato interno per le tredici colonie del Nord. Ma dal punto di vista economico, le risorse che l‘America Latina poteva ancora offrire ―al mondo intero‖ rimanevano molto più allettanti. Il divario tra le due Americhe era destinato ad estendersi: mentre gli Stati Uniti si affermavano come sistema economicamente autonomo, il resto del continente sussisteva alla corte della Chiesa e di Sua Maestà. Finché con l‘affermarsi degli Stati Uniti come prima potenza economica mondiale e della bandiera a stelle e strisce come simbolo del Capitalismo, gli stessi divennero la prima nazione militarmente presente ed economicamente influente sul territorio sudamericano con blocchi economici e pressioni commerciali in tutte le parti del mondo, con attività sovversive, lanci e sbarchi di armi ed esplosivi dall‘aria e dal mare, attacchi pirata, infiltrazioni di spie e invasioni di mercenari. Pagina 5 donne e delle bambine, mentre la sua popolazione aumenta ‖mostruosamente‖ (saranno d‘accordo i molti capitalisti d‘Occidente nell‘utilizzo di questo termine). ―Un fiume inquinato‖ pronto a straripare nel Puro Mare d‘America e che probabilmente neppure il muro voluto dagli Stati Uniti al confine con il Messico potrà arrestare. Impegnati così a manomettere anche la vita i marines sono chiamati a combattere una nuova guerra che non ha più la terra, il mare o il cielo come campi di battaglia, bensì quegli uteri in cui ―i semi del male‖ sbocciano in altre braccia da sfamare e in altre rivendicazioni di libertà. La distribuzione gratuita di preservativi per le favelas del Brasile e negli altri ghetti dell‘America Latina è divenuta un autentica operazione militare. I latinoamericani, macchiati anche del crimine d‘amore, indotti fin dai tempi della conquista ad accettare tutto ciò come se fosse un disegno divino, con le ventate di cultura che i conquistatori e i mercenari hanno lasciato al loro passaggio iniziano a crearsi una coscienza e disilludersi nell‘aiuto degli ―amici‖ che spensierati muovono nell‘ american way of life. Le vene aperte dell‘America Latina sono una ferita che ancora non si è chiusa e che potrà essere curata solamente da chi avrà il coraggio di rimanere e lottare, piuttosto che fuggire e addentare la grande mela. Parrone Francesco V E ancora oggi le nazioni del Sudamerica patiscono la stanchezza di chi ha già dato tutto e straziato dalle continue imposizioni del mercato non ha più la forza per rialzarsi. L‘indipendenza è stata una trappola tutta capitalista: il libero mercato e la libera concorrenza soffocavano le nascenti industrie manifatturiere che avrebbero dovuto in qualche modo competere con quelle dei Paesi sviluppati, impedendo così l‘espansione di un mercato interno. n America Latina il mito del progresso è un utopia. Non basta una semplice insurrezione popolare, imbracciare un fucile: i colpi di Stato si rivelano troppo spesso tentavi fallimentari, avvicendamenti di speranze vane. A Cuba dopo la rivoluzione del 1959, venne effettuata la riforma agraria, sostituendo alla monocoltura che faceva dipendere da un prodotto l‘economia di uno stato, la policoltura che favoriva la produttività agricola e il lavoro stesso. Il surplus ricavato venne reinvestito per lo sviluppo dell‘industria; l‘assistenza medica resa gratuita; l‘analfabetismo e l‘ignoranza che in passato avevano reso docile il popolo dinanzi ad ogni ingiustizia combattuti. Oltre a presentare il socialismo come valida alternativa al Capitalismo Nordamericano, Cuba rappresenta oggi una speranza per milioni di persone. Una speranza che l‘Organizzazione degli Stati Americani ha sempre combattuto e purtroppo anche oppresso, come avvenne nel 1965 per la Repubblica Dominicana. La storia ad oltre mezzo secolo dalla scoperta dell‘America continua a non cambiare. Altri problemi intanto flagellano questo continente: la gran parte del Pil di queste nazioni è ricavato dal commercio di droghe e dallo sfruttamento delle Pagina 6 corso PON ―La cellula, microcosmo di ogni essere vivente‖, Progetto Comenius: sette alunni del appartenenti alle classi II A, II B e I C, e gli allievi che hanno nostro liceo (Rebecca Barbuto, Sophia aderito al Progetto Comenius. Falcone, Maddalena Messina, Fiorenzo Polito, Maria Giovanna Riga, Rossella Romano e Nicola Strangis), accompagnati da tre docenti facenti parte del coordiIl giorno 20 maggio, presso l‘Aula manamento del progetto Comenius, la professoressa Morelli, la gna del nostro liceo, gli alunni delle classi II E professoressa Cimato e la professoressa Murgo, si sono recati e II B, insieme ai rappresentanti di tutte le classi del nella città di Fetesti, in Romania, per partecipare a uno dei ginnasio e del liceo, hanno incontrato il dottor Umberto Ursetmeeting previsti nella pianificazione delle attività del progetto. ta, che ha presentato il suo saggio dal titolo ―Mafia e potere alla L‘incontro ha visto impegnati studenti e insegnanti dal 12/04 al 17/04 (anche se sono stati trattenuti a Bucarest fino al 21/04 a sbarra‖. Nel suo ultimo lavoro, Ursetta si è preoccupato di ricausa della nube tossica che ha comportato il blocco dei voli portare i processi e le sentenze emesse in merito a Calogero Vizeuropei e che ha quindi ritardato il loro ritorno a Vibo), che per zini, storico capomafia siciliano, ed ha esaminato soprattutto lo i primi tre giorni sono stati ospiti dei cittadini di Fetesti, mentre stretto rapporto tra mafia e società, in particolare quella parte negli ultimi tre si sono recati in visita sul delta del Danubio e di società che Ursetta chiama ―colletti bianchi‖, le classi medionella città di Costanza. Il meeting, intitolato ―La Capsula del alte che colludono con le associazioni a delinquere. Il magistrato Tempo‖, ha previsto la designazione, da parte di ognuno dei ha incentrato su questo aspetto socio-storico il suo interessante paesi partecipanti (Bulgaria, Grecia, Italia, Polonia, Portogallo e intervento, che si è poi concluso con una discussione partecipata Romania), di quattro personaggi e una località che fossero parti- tra gli studenti e Ursetta stesso. La conferenza rientra colarmente rappresentativi del paese d‘origine e che avessero all‘interno delle iniziative del progetto Gutenberg, di cui sono dato un contributo importante all‘Europa. Il ―team‖ del nostro referenti e responsabili le docenti Anna Melecrinis e Maria Roliceo ha presentato Alcide De Gasperi per la storia, Eugenio saria Rinaldi. Montale per la letteratura, Federica Pellegrini per lo sport, Guglielmo Marconi per la scienza e le isole Eolie per la Natura. Venerdì 21 Maggio, presso l‘Aula Magna del Liceo Classico ―M. Morelli‖ si è tenuta la conferenza dal titolo ―Ragione e Passione‖. Il prof. G. Cognetti, docente di storia della Conferenza pathos e mathos: ―Soffrire/ filosofia moderna presso l‘Università di Siena, ha analizzato il sapere: trasformazioni di un motivo tragico tra rapporto che intercorre tra la sfera dell‘irrazionale e del razionaEschilo e Sofocle‖. Questo è l‘interessante titolo della le sin dalla sua nascita nel dualismo conferenza che ha avuto luogo spirito/corpo in Platone, per arrivare a Niein data 29/04 presso l‘Aula tzsche nella sua indagine sull‘origine della Magna del nostro liceo. Dopo tragedia e la divisione tra spirito apollineo e i saluti del nostro Dirigente dionisiaco. Scolastico, l‘Ingegnere Raffaele Suppa, e l‘introduzione dell‘argomento da parte del I n d a t a coordinatore della conferenza 03/06/2010, presso il Castessa nonché ex Dirigente stello Normanno-Svevo di Vibo Scolastico di questo istituto, il Valentia, si terrà la rappresentazione teaprofessor Giacinto Namia, trale a cura del Laboratorio Teatrale del noattualmente presidente della stro liceo inserito all‘interno dell‘area progetsede provinciale tuale, da quest‘anno PON. La tragedia, curata dell‘Associazione Italiana Cultura Classica, ha avuto inizio la dalle docenti Maria Pia Periti e Iole D‘Angelo e con la collaborelazione vera e propria, tenuta dal professor Federico Condello, razione dell‘esperta esterna Isa Borrello, è il risultato di un viagdel Dipartimento di Filologia Classica e Medievale gio passionale e appassionato nel sistema letterario, privilegiandell‘Università di Bologna, che, attraverso l‘esplorazione delle do l‘orizzontalità e la ripresa costante di temi e modelli: a fianco tematiche del teatro greco classico, ha messo in evidenza il rap- delle tematiche sofoclee, si ritrovano infatti inserimenti e riferiporto che intercorre tra le difficoltà e le esperienze dell‘esistenza menti di origine spesso lontana nel tempo e nello spazio, dai umana: la sofferenza che diventa maestra di vita. La conferenza lirici greci agli autori italiani del Novecento, alla Commedia era particolarmente indirizzata agli alunni delle classi quinte Nuova alla letteratura russa. ―ς è ς‖: il significato ginnasiali e seconde e terze liceali. del dolore nell‘interpretazione del mondo, sia esso pagano, sia esso cattolico — cristiano e oltre, viene affrontato attraverso la Sabato 8 maggio 2010 alle ore continua contaminatio di fonti letterarie, e viene analizzato in 11.15, presso l‘Aula magna del no- tutte le sue sfaccettature, dalla sofferenza dell‘eroe a quella stro liceo, ha avuto luogo la Giornata dell‘uomo comune protagonista delle commedie greche, e prodell‘Europa – Azioni PON FSE-FSER, in cui sono prio in questo frangente è sorprendente scoprire come in realtà stati presentati i progetti PON realizzati nel nostro istituto. commedia e tragedia si muovano in un percorso parallelo di Hanno partecipato i rappresentanti di ogni classe, i corsisti del fronte alle problematiche della vita. Pagina 31 Il dovere di ricordare 27\01\2010: onore alla Shoah. I l 27 gennaio del 1945 i soldati sovietici dell‘Armata Rossa abbatterono i cancelli di Auschwitz, facendo conoscere all‘intera umanità le mostruosità dei campi di sterminio nazisti. Sessantacinque anni dopo lo spettacolo sembra quasi più agghiacciante. L‘eliminazione sistematica di tredici milioni di persone attuata dal Fürher rischia di entrare nella futilità e nella superficialità della nostra quotidianità. Dieci anni fa la legge del 20 luglio istituì la Giornata della Memoria, una giornata nata dalla volontà di non dimenticare le vittime del genocidio della II Guerra Mondiale. Oggi la Giornata della Memoria è una giornata che ha seppellito realtà storiche sotto cumuli di retorica istituzionalizzata, lasciando cancellare lentamente negli anni alcuni dati rilevanti che furono rimpiazzati da verità parziali, nutrendo così il mito della Shoà. Ci si è dimenticati, ad esempio, che gli ebrei non furono le sole vittime dei campi di concentramento, ma che furono sterminati anche disabili, omosessuali, soldati sovietici, oppositori politici, che, evidentemente, non meritano di essere ricordati. Nel 2010 si è diffuso un senso comune che tende a deresponsabilizzare gli italiani dalle proprie colpe storiche. «Il carnefice fotografato dall‘iconografia istituzionale è un tedesco, ha la divisa delle SS e agisce sempre come un corpo estraneo al luogo in cui opera». Ma nel caso del genocidio non si può operare una semplicistica distinzione in diavoli e angeli, giusti e ingiusti. Hitler e i nazisti, infatti, non avrebbero potuto realizzare il loro progetto di sterminio d i massa senza il res t o degli europei, senza l a brava gente italiana che accus ò , collaborò a i r a - Pagina 30 strellamenti accompagnando i cattivi sino alla porta di casa, al nascondiglio di amici, vicini, parenti, condannandoli ad una deportazione senza ritorno. Nessuno fu colpevole, ma tutti furono complici. Incoscienti di ciò tutte le scuole il 27 Gennaio si mobilitano per offrire pubblico all‘evento e non c‘è chi non venga reclutato per testimoniare nelle vesti più svariate. Il paradosso di questa Giornata è la gita ad Auschwitz. La verità è che il turismo della Memoria ha deprezzato eventi storici realmente accaduti. Un vero e proprio last minute dell’indifferenza. Non si parla di come gli altri genocidi dell‘uomo siano stati condannati a sopravvivere nell‘ombra della protagonista Shoà. Non si parla dello sterminio dell‘80 % del popolazione degli Herero, in Africa, nel 1904, della deportazione e dell‘esecuzione di quasi due milioni di armeni nel 1915, dello sterminio di sei milioni di ucraini nel 1933, dell‘esecuzione pianificata e dello stupro di massa di un milione di ruandesi nel 1994. Una delle realtà più sconsolanti della società attuale è che all‘abbondanza delle élites coincide la miseria della maggioranza. Oggi si costruiscono imperi di denaro e ricchezza sulle disgrazie altrui. La gozzoviglia capitalistica ha trasformato episodi di truci crudeltà in veri e propri ―eventi‖ da cui ricavare profitto, pubblicizzati come un Mondiale di calcio e attorno a cui ruota ―colui che tutto muove‖: il denaro. La scoperta dell‘America dovrebbe essere ricordata più che come l‘azione che permise di rivoluzionare la geografia mondiale, come il più imponente sterminio di una popolazione che la storia ricordi: nell‘arco di cento anni l‘America Latina perse i 4/5 della sua popolazione. Dal 1519 al 1605 solo il Messico perse 24 milioni di abitanti, il Perù 11 milioni. L‘8 marzo, la Festa della Donna, si ―festeggia‖ in realtà la morte di 192 donne arse vive. Non è tollerabile l‘ipocrisia istituzionalizzata della società moderna. Non ci si accorge che il rassicurante e incoraggiante slogan ―MAI PIÚ‖, ormai divenuto un imperativo etico, con cui si cala il sipario sul 27 gennaio di ogni anno, è trasgredito ogni giorno. Si può essere complici degli episodi di razzismo a Rosarno e nello stesso tempo celebrare la Giornata della Memoria? Raffaele Marchese VE Il 17/04/2010, presso l‘Auditorium della Scuola di Polizia, si è tenuta la cerimonia di consegna del premio ―Operatore d‘Oro edizione 2010‖, destinato ai personaggi di rilievo pubblico che operano nel sociale e soprattutto nell‘ambito della legalità. Il premio è stato assegnato al procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, e al sostituto procuratore Fabrizio Garofalo, protagonisti nel nostro territorio della lotta contro la criminalità organizzata. Gli studenti del nostro liceo e di altre scuole della provincia, si sono confrontati con i premiati sul valore delle istituzioni e la cultura della legalità. Ragioni e passioni della rivoluzione di Zeno Saltini: quando il marxismo incontra la figura di Cristo. “C attocomunismo‖ è una parola nata dal dibattito politico che negli anni sessanta offrì in Italia terreno fertile ad un‘improbabile e imbarazzante convergenza di obiettivi tra dottrina sociale della chiesa e marxismo. Il ―cattocomunismo‖ è il vano tentativo di creare una mediazione tra due schieramenti in competizione; un‘ambigua fusione ideologica, spinta dall‘utopistico obiettivo di sconfiggere i demoni di un sistema politico degenerato e di una ―società verticistica composta da schiavi e padroni‖. Un‘ibridazione ideologica che trovò la sua applicazione politica nel sandinismo nicaraguese. Nata come proposta di palingenesi politica, finì per ostacolare l‘esitante rivoluzione di un Centro-America che intraprese timidamente il braccio di ferro con feroci dittature militari protette dallo scudo capitalista che, approfittando dell‘intrecciarsi di contraddizioni in un Paese già frastornato dalla confusione ideologica, infierirono sull‘instabile economia nicaraguese favorendo la rapina imperialista ai danni dei paesi dipendenti. Oggi―cattocomunismo‖ è un‘operazione di sincretismo linguistico che rimanda a due assenze ideologiche e attivistiche e mostra il disagio di una realtà depotenziata di ogni sistema di valori, non più integra e compatta e coerente, ma frantumata, parcellizzata, travolta dalla sirena della massificazione ideologica e dell‘individualismo. La formula del ―né a destra né a sinistra‖ accomuna, dai piccoli ceti medi sfilacciati al sottoproletariato urbano, una società perennemente sospesa tra rassegnazione e protesta, tra ribellismo e delega passiva all‘autorità. Il vuoto ideologico e l‘indifferenziato di un‘appartenenza affondano una politica cui spetta il gravoso compito di realizzare concretamente l‘umanità nell‘abisso dell‘indifferenza, del qualunquismo, dell‘opportunismo, dell‘antipolitica. È un Paese che ha smarrito l‘orientamento tra aspirazioni politiche poco realiste e scandalosi retroscena, in cui, come un ritornello ossessivo, si sente ripetere da anni che destra e sinistra non esistono più. Ma quando col fiorire degli anni cinquanta alcuni gruppi e personalità cercarono di curare le piaghe di una società bipolarizzata in poveri e ricchi, agendo fuori dagli schieramenti e preoccupandosi della concretezza del ―ben fare‖ piuttosto che della ―bandiera‖, furono bloccati dai richiami all‘―ordine‖ da parte della Chiesa (cosa che divenne una costante dell‘esperienza minoritaria in Italia). Zeno Saltini, vittima fra le vittime di un sistema sempre pronto ad osannare o crocifiggere, sempre a metà fra il paradiso e l‘inferno, fu una di queste personalità. Una di quelle personalità le cui scomode propalazioni gli valsero l‘etichetta di megalomane, estremista, illuso, truffatore. Solo per aver manifestato l‘intolleranza verso uno Stato in cui la prospettiva di un ―paese civile‖ fu vinta dall‘avidità economica di pochi e dalla loro capacità di corrompere la politica e la volontà di liberare l‘uomo dallo stigma alienante della povertà e dall‘azzeramento delle disparità sociali, culturali ed economiche! E pensare che la Conferenza Episcopale toscana ha dato il suo assenso all'apertura del processo di beatificazione di don Zeno Saltini…L'intuito per i sentimenti collettivi gli mostrò la vastità delle lacerazioni prodotte dallo scontro tra ideologie contrapposte e le controversie controproducenti di una popolazione alla deriva del mercato globale e condannata ad alimentare la sua baldoria consumistica. Don Zeno stigmatizzò le fondamenta di San Pietro imputando lo scompiglio delle coscienze alle opere di Dio e intravedendo nella Chiesa una spiritualità evanescente, condannando i legami tra autorità ecclesiastica e potere politico. Si convinse che l'unica risposta alle angosce del paese fosse l'accendersi di una grande rivoluzione egalitaria nel nome del Vangelo, che culminò con l‘attuazione di uno straordinario esperimento sociale: la fondazione di Nomadelfia, ―dove la fraternità è legge‖. La dedizione alle masse di ragazze e ragazzi sfregiati dalla tragedia bellica e la predicazione politica finalizzata ad una sperequazione degli strati sociali fu la proposta di una svolta in Italia lasciata però sprofondare nel baratro del dimenticatoio dalle irrisioni dei leader politici. Ecco cosa ci insegna la storia: nonostante la rivendicazione di un mondo più giusto al grido di libertà, legalità e fraternità ci si dimostra sempre più intrappolati dalle catene di cui ci si vuole liberare.. Raffaele Marchese V E Pagina 7 La Resistenza continua? N La preghiera dei banditi ati noi non fummo per esistere, ma dati al mondo per resistere con nuovi nomi al volto. Si cambiò l'orgoglio in desiderio, le sconfitte in determinazione, il pianto in lacrime di piombo. Così, nei dintorni dell'otto settembre, fummo pronti a fare a pugni con la vita… Così, senza mai piegarci alla fatica, affrontammo una salita che non finiva mai. Quando ribellarsi non assomigliava affatto al vanto di una sera ci scegliemmo la bandiera. Signore dei banditi, oltre alla pelle non abbiamo altro da dare se non questa preghiera: Fa' che i figli del nostro sacrificio portino nel cuore sangue e libertà… Fa' che ancora tra cent'anni ci sarà chi curerà questa ferita che non guarisce mai. Fa' che non sia mai una bugia il nostro sangue sulla neve, che non si chiami nostalgia l'urlo delle camice nere. E se cadremo fa' che un fiore, o una poesia, nasca per farci compagnia. Atarassia Gröp Siamo entrati nel sessantacinquesimo anniversario della resistenza. In quel 25 aprile del 1945, veniva proclamata dal CLN l'insurrezione generale che poneva fine al potere politico pluriventennale del blocco imperialistico-fascista, sostenuto dal clero. Fino all'ultimo istante della sua esistenza il potere fascista ha ucciso uomini, donne, bambini, attraverso le forze del brigatismo nero (ricordiamo l'opera delle brigate nere di Ettore Muti), è stato il braccio armato di stragi di interi paesi, oggi dimenticati dalla storia delle grandi firme. Ha violentato le donne. Ha circuito migliaia di innocenti con il ricatto e la corruzione. Ha affamato intere popolazioni per consentire ad una cricca di fanatici, residuati bellici della marcia su Roma, nonché ai piccoli grandi imprenditori, che avevano lucrato sulla pelle di intere generazioni di lavoratori, di restare in sella per qualche mese in più.I partigiani che scrissero la parola fine con l'atto di piaz- Pagina 8 zale Loreto trovarono sul loro cammino altrettanti giovani che erano stati impiccati dai fascisti ai lampioni delle strade, alcuni squartati come bestie.... La violenza fascista non fu, quindi, mai attenuata, non conobbe quella pacificazione nazionale, che oggi i vecchi repubblichini auspicano per morire con la coscienza dei bravi cittadini. Noi comunisti onoriamo il venticinque aprile per la forza delle migliaia di uomini e donne che fu salvifica e annientò l'antiumanesimo fascista. Noi non accettiamo che questa data segni una pacificazione che il fascismo non merita, in quanto i germi di questa ideologia sono sempre fertili per il capitalismo straccione. Il capitalismo si serve del fascismo quando le condizioni internazionali determinano un arretramento in termini del margine di profitto. Democrazie e fascismi sono le variabili dipendenti del vero potere oligarchico finanziario, che usa queste coperture politiche per ingannare il popolo. Noi siamo, tuttavia, disgustati dall'opportunismo che si cela dietro alle celebrazioni. In queste sedi troviamo l'ipocrisia di chi applaude al sacrificio dei partigiani, e piega la testa davanti ai padroni, per codardia, corruzione e putrescente individualismo. Troviamo gli stessi sfruttatori con le maschere della democrazia rappresentativa a bella posa di fotografie e consenso. Discorsi di vuota retorica, tesi, tutti, alla concertazione tra dominatori e dominati. In questi discorsi la lotta partigiana non è più descritta secondo i canoni dell'onestà storica; ovvero un movimento di lotta armata che si contrappose alla violenza istituzionalizzata del potere politico. La resistenza è mitizzata come un movimento culturale, apolitico, quando è vero il contrario. I partigiani erano attori politici. Molti tra di essi erano i comunisti delle brigate garibaldi..... Celebrazioni che possiamo ben dire solo di facciata, vuoti esercizi di retorica, infarciti di un volemose bene, che in questi anni un certo ceto politico ex PCI ha messo in conto pur di divenire un nuovo referente dei funzionari del capitale d'oltreoceano che a torto vengono chiamati "liberatori". Necessitiamo di mettere a fuoco un dato storico, politico incontrovertibile e acclarato, cioe' che fu sì lotta di popolo per emanciparsi dalla tirannide fascista, che come ben conosciamo fu armata e costruita finanziata e ideologicamente strutturata nelle stanze dei poteri finanziari d'oltre oceano per combattere la grande rivoluzione liberatrice che fu quella che nacque dalla rivoluzione bolscevica condotta da due giganti Lenin e STALIN, ma anche lotta di popolo che voleva tenere il solco dell'Ottobre. I colloqui fiorentini (Progetto PON C 4 “sapere per volare”) S iano innanzitutto perdonate le dimenticanze su data e ora di partenza a un cronista smemorato. A suo favore, d‘altro canto, deponga il fatto che nemmeno quel giorno, a nessuno dei ―dieci dei Colloqui‖ importassero locuzioni temporali varie. Sapevamo d‘un Espresso notte, di cuccette e risate, di ciò che ci aspettava all‘arrivo in una Firenze stregata, intrisa di conoscenza, d‘un albergo in centro, dell‘agognato miraggio dei ―Colloqui fiorentini‖. Il lettore saprà dissolvere parte del miraggio, le ore in treno che per motivi di spazio saranno lasciate alla sua immaginazione e non all‘ausilio della scrittura. La memoria del cronista, comunque, riprende a pulsare all‘arrivo in hotel. Pensione squisita, arredamento stile rococò, personale presumibilmente filippino. Alloggiati in piazza della Repubblica, a due passi da Santa Maria del Fiore e da Ponte Vecchio, a tre dalla sede dei Colloqui. Dieci ragazzi, dieci di noi, sia contemplata l‘enfasi della prima persona, in una Firenze a portata di mano, bellissima, e il primo giorno di permanenza, fatto soltanto di shopping e libertà era una cornice di straordinaria euforia. Ma tutto passa e, inesorabilmente, ripercorre il pensiero la giornata successiva. Giorno X, prende corpo il motivo del viaggio. Il palazzo dei Colloqui aveva l‘aria d‘essere una struttura enorme dato che le migliaia di ragazzi festosi, inebriati, come noi del resto, da un misticismo che tutt‘ora rimane una strabiliante incognita, non riuscivano a colmarla. Tutta Italia o quasi, spalmata prima nelle trame dell‘edificio, raccolta poi nella sala conferenze. Tema del congresso: Leopardi…. In questo primo stralcio d‘articolo un indecente compilatore ha dimenticato di rendergli l‘onore legittimo ma i doveri di una cronaca obiettiva impongono l‘imprescindibile e scarno resoconto dei fatti. D‘altronde un autore che raduna l‘intero Paese e favorisce la magniloquenza dei conferenzieri si commenta da sé. I conferenzieri appunto..Danno il via a una tre giorni di approfondimenti e dibattiti il Prof. Baroni, l‘avvocato Antonio Gherdovich e il Prof. Cristaldi. L‘ultimo, coadiuvato dall‘attenzione dell‘uditorio, mette in atto un lungo intervento, saturo di contenuti e spunti. La mattinata viene presto fagocitata da un pomeriggio di seminari e confronti con altri alunni. I ―dieci dei Colloqui‖ in una sala a tinte verdastre, a fare a spallate con altri duecento coetanei e un moderatore, il Prof. Rialti, che infiammava la diatriba più che sedarla sono un ulteriore rinvio alla sagace immaginazione del lettore. Da quel burrascoso punto il giorno corre via, la serata offre spazio a un buon pasto, bottino graditissimo di una fervida battaglia. ―Giorno X Due‖, specchio fedele del primo. Stesso programma, colazione che per noi assumeva il significato d‘un amore ritrovato, nuovamente Colloqui. Questa volta i seminari si offrivano a una mattinata incupita dal grigiore di una pioggia inattesa. Il copione appariva il medesimo della giornata precedente. Prof. Rialti in aula, alunni sorprendentemente famelici, il fronte acceso più che mai. In seguito a riflessioni su un ―Leopardi ottimista‖ e ―rocker anni ‗70‖ e considerazioni fortunatamente più ponderate viene alla luce un nuovo meriggio. Professoressa Landoni in sala e un uditorio stanco ma ugualmente recettivo. ―Ed è subito sera‖… L‘abile ricordo dipinge i ―dieci‖ di fronte a un tavolino a sorseggiare una bevanda. Il tempo concede attimi di svago, Firenze di sera è un dolce spettacolo. Un artista di strada pizzicava con sensualità le corde della propria chitarra, che pareva animarsi, femminea, e rapire il suono e soffiarlo nell‘attonito viandante. L‘ultima notte in albergo assumeva un fascino tattile. Lo stesso fascino che la voce del poeta Davide Rondoni sembrava regalare all‘umile pubblico in sala al termine dell‘esperienza dei Colloqui. La lettura del ―Canto notturno‖ era composta di note divine, esuberanze poetiche, straordinarie divagazioni metatestuali. Il senso più bello di tre giornate leopardiane racchiuso nelle parole d‘una languida poesia dava spazio solo a silenzi e sguardi di stupefacente impotenza. Ma la poesia non ha motivo d‘essere quando c‘è da decretare un vincitore. E i Colloqui prima che un congresso erano un confronto. La parola ―sconfitta‖ alle volte diventa un acre guazzetto e i ―dieci dei Colloqui‖ loro malgrado l‘hanno dovuto assaporare. Ma anche il sugo peggiore, quello più asprigno può apparire gradevolmente commestibile se servito in un otre bagnato sul bordo di miele setoso. E passate le labbra sul margine, memori di un‘esperienza bellissima, di confronti, di piccole vittorie e sonore batoste, di ―Giacomo‖ e del suo poetare candido, perdere è un verbo che non fa più tanto male. Siano infine perdonate le dimenticanze su data e orario di ritorno nella nostra Vibo a un cronista smemorato. A suo favore deponga il fatto che una Firenze eterna e un‘escursione di singolare bellezza hanno obliato da tempo il tempo stesso. Claudio Malta III D Pagina 29 L’urlo delle emozioni: quando l’angoscia cattura la mente. “A mpliare la conoscenza di noi stessi‖, queste le ragioni e le emozioni dell‘incontro tenutosi giorno 5 Marzo alle 15.30 nell‘aula magna del Liceo Classico tra gli studenti del Liceo e il Dr. Carullo, psichiatra e psicoanalista di fama. Un incontro che rientra nelle attività di formazione della redazione del giornale d‘istituto ―Kosmos‖. Gioviale, cortese, con un linguaggio semplice e un raffinato senso dell‘umorismo, ancora una volta unendo esperienza personale, competenze mediche e amore per la cultura, il Dr. Carullo ha tentato di definire il sentimento primordiale dell‘uomo: l‘angoscia e le sue affascinanti, pur se temibili, sfaccettature. Il dottore stimola, incuriosisce, offre spunti di riflessione, da ampio spazio a radici etimologiche e divagazioni filosofiche, sempre però alleggeriti da un controcanto ironico. Così Kierkegaard e Heidegger vengono accompagnati dal buffo e tenero Linus, saldamente aggrappato alla sua copertina che stringe a sé come se fosse il grembo di sua madre; la sua copertina diventa un oggetto transazionale, non diversamente dai peluches e dalle bambole che dormivano (e in qualche caso ancora lo fanno) insieme a noi, quando ancora piccoli avevamo la pretesa di essere già abbastanza grandi per non dormire con la mamma. Ma l‘angoscia, ancora lei, avrebbe preso il sopravvento senza quel pupazzo, quella copertina, così come avrebbe preso il sopravvento su Giacomo Leopardi se non ci fosse stata quella siepe a impedirgli la vista e la creazione di interminati spazi…‖ l‘infinito, così come il libero arbitrio, mette così paura? E‘ il rifiuto del limite ad attirare sempre la curiosità dell‘uomo, e a spingerlo poi verso la catastrofe. Per vincere angosce tacitamente celate all‘interno dell‘animo, moltissimi ragazzi sfidano quotidianamente il limite della morte, perché : per sentirsi vivi, si avverte il bisogno di sconfiggere la paura della morte, la sua drammatica eventualità . Così nascono la corse clandestine, la follia dello sballo del sabato sera, i chilometri bruciati alla velocità della luce: sentirsi immortali per non percepire la linea di demarcazione tra vita e morte, non comprenderne il senso. La volontà di reprimere quell‘istinto di sopravvivenza che deriva dal comportamento animale dei primi uomini: combatti o fuggi, valuta ciò che ti conviene. La volontà di sconfiggere il panico. Continua il nostro viaggio nella psiche umana, stavolta attraverso la scienza vera e propria, i meccanismi che scattano nell‘organismo al presentarsi dell‘ansia e degli attacchi di panico: un iniziale, leggero senso di paura, con poco stimolo, libera adrenalina, che provoca tachicardia e iperventilazione; quest‘ultima abbassa la CO2 e fa aumentare l‘O2, il pH sanguigno si altera, e come conseguenza si hanno vertigini e spasmofilia. Una cosa pazzesca che ho imparato da questa Pagina 28 conferenza quindi è che è assolutamente controindicato respirare profondamente durante un attacco di panico. Non l‘avrei mai detto. Arriva poi il turno delle patologie correlate con l‘ansia, accompagnato da risatine e ammissioni di colpa: c‘è qualcuno che si ritrova nella fobia sociale, meglio nota come paura da palcoscenico; c‘è chi si ricorda di strani parenti affetti da altrettanto strane manie igieniche o assillati dal pensiero di non aver chiuso la macchina, chiare sindromi da disturbo ossessivo-compulsivo; il momento migliore comunque è quello che riguarda le fobie specifiche, e il successivo riconoscimento della propria personale fobia: sembra assurdo che possa esistere qualcuno che ha paura delle farfalle. Direste lo stesso di una persona che soffre di fobia causata dalla presenza di palloncini? ;) A questo punto travolti dall‘onda anomala delle anomalie collettive, si, ci crediamo tutti squilibrati: per fortuna il dottore ci tranquillizza, l‘ansia non è sempre patologica, molte volte è una reazione naturale del corpo che serve a trasmettere e percepire il senso del pericolo per sfuggire da esso. In questo senso, la patologia consiste nell‘incoscienza dello stimolo dell‘ansia: ne sapeva qualcosa Archimede che non fu intimorito dal soldato improvvisamente piombato a casa sua e continuò tranquillamente a svolgere i suoi esercizi di matematica, e pagò con la vita questa sua ―leggerezza‖. Se avesse avuto paura, probabilmente non sarebbe morto. L‘ansia, da elemento patologico a reazione difensiva fino a poter diventare condizione permanente dell‘animo: questo avviene a causa del ricordo dell‘ansia stessa, che fa tramutare il tormento psicologico in paura della paura. Spesso, il verificarsi di un attacco di panico provoca in chi lo ha subito la paura di poterne avere un altro. Altre volte, il soggetto colpito tende, per reazione uguale e contraria, ad evitare la situazione in cui l‘attacco si è presentato. E‘ quello che è successo ad Emily Dickinson, che all‘età di trent‘anni, si chiuse in casa senza più avere contatti col mondo esterno, lasciandoci come unica testimonianza del suo vissuto i suoi struggenti componimenti. Il Dr. Carullo chiude la lezione definendo lo stato d‘ansia come scintillante ed oscura emozione che agisce come elemento catalizzante di alcune esperienze creative, e mette in evidenza quanto l‘ansia sia parte integrante della vita, stimoli in chi la vive un livello di introspezione e creatività tale che le migliori opere d‘arte nascono da questa stessa condizione: è il caso della Dickinson, di Leopardi e di Munch. L‘ascolto della lezione del Dr. Carullo e il confronto dialettico con gli altri ragazzi si sono tradotti nella convinzione che quando l‘angoscia cattura la mente, è il genio creativo dell‘uomo a trovare piena soddisfazione. E con un ringraziamento al relatore, che ha saputo rendere arguta e coinvolgente una materia di difficile comprensione, mostrandosi sempre disponibile ai dubbi e al confronto con i ragazzi. Che cos‘altro è rimasto? Il rimpianto personale per non essere intervenuta… chiedo venia, ma l‘ansia da palcoscenico ha avuto il sopravvento! Ma quella grande epopea popolare italiana, guidata dai combattenti resistenti comunisti, fu svenduta; svenduta dai codardi dirigenti di quelle migliaia di operai contadini, studenti, professionisti che diedero sangue e nervi a quella rivoluzione tradita. Questi codardi insieme ai traditori dell'antifascismo liberaldemocratico, (Partito D'azione ED ALTRI ) svendettero quella lotta la sviarono sui binario del democraticismo borghese consegnando ai "vincitori" angloamericani. i veri mentori del fascismo italico e del nazismo tedesco, l'Italia ed il suo popolo. La storia che ne e' seguita ha visto la sostituzione dell' orbacie e della vuota retorica nazionalista -sciovinista imperialista fascista con l'imperialsimo anglosassone, in altri termini dal servo al padrone, dal parvenu straccione alla rapace oligarchia anglosassone. La potenza di fuoco di questi sciacalli permise di riscrivere la storia con le prezzolate penne di scribacchini corrotti e comprati. Ci furono imposte nuove condizioni dagli pseudo vincitori (i veri liberatori furono le armate rosse del tanto deprecato Josif stalin che sopportano immensi sacrifici e la potenza di fuoco delle armate naziste), 300 basi militari, 90 TESTATE ATOMICHE, costrizione a partecipare a guerre di conquista IMPERIALISTE nel nome della "democrazia al fosforo DA ESPORTARE " (EX JUGOSLAVIA, SOMALIA, LIBANO, DUE VOLTE IN IRAQ, OGGI IN AFGHANISTAN DOMANI IN IRAN), miliardi spesi in armamenti e avventu- rette da sub dominanti ..PERDEMMO LA NOSTRA SOVRANITA (L'AVESSIMO ..MAI AVUTA ?); non festa di Liberazione, in quanto non fu vera liberazione, ma solo un cambio da servo a padrone. LE CONDIZIONI STORICHE OGGETTIVE NON CAMBIERANNO. Il popolo celebra gli eroi disconoscendone la vera storia. E, per giunta, queste masse, i nostri giovani, i nostri lavoratori sono compressi da una violenza, altrettanto devastante. Un sistema, quello attuale, che impedisce, nella pratica, una vita degna, limitando l'accesso al lavoro, o rendendo questo elementare diritto dell'uomo, in qualsiasi momento alienabile dal padrone, che limita l'istruzione e la svuota di contenuti, che privatizza i servizi naturali (acqua, casa, sanità) e li appalta a terzi che impongono un monopolio affaristico. Queste celebrazioni sono, dunque, svuotate dell'alito vitale che contraddistingue una popolazione in piedi rispetto ad una popolazione in ginocchio. E questo Paese è ormai piegato da nuove forme di squadrismo, apparentemente mascherate dall'involucro democratico. Katia Scolieri Elena Crispino II E Pagina 9 '68 Beat revolution. perché no? 2010: "invisible involution" ...quando il giocattolo della democrazia si rompe S i è rotto, il giocattolo della democrazia si è rotto e la libertà non è più partecipazione, non è più condivisione di un sistema di valori e difesa dal pericolo strisciante delle autocrazie di ieri e di oggi. I nuovi mostri si riflettono negli specchi infranti di un popolo che non è più, di una sovranità che non gli appartiene, di una coscienza civile e di una forza identitaria che ormai sopravvivono come gusci vuoti ad uso e consumo di ogni strumentalizzazione. E i padri terribili di pasoliniana memoria guardano i figli terribili e provano l‘orrore di idee che muoiono lungo le barricate immaginarie di una protesta inesistente o svilita dai personalismi e dalle piccole rivalse costruite in modo surrettizio per risarcire la privazione di libertà presunte o pretese. Concetti che ormai denunciano solo l'ignoranza di chi se ne riempie la bocca per puro esercizio di stile o per strappare consensi. La democrazia e l‘esercizio della responsabilità, la libertà e il libertinaggio percepito come estensione lasciva della libertà, rappresentazione edonistica della libertà. La democrazia viene manipolata e distorta nella grandezza delle sue ragioni e nella forza della sua coerenza da chiunque se ne appropri indebitamente e non sappia rispettarne i tempi, i modi, la dimensione collettiva di processo decisionale. La forza deliberante di una collettività che vive la libertà delle decisioni criticamente ponderate e condivise è la mano tesa che ci salva dall'opzione soggettiva, indiscriminatamente esibita e mascherata dietro le nobili ragioni e passioni di una rivoluzione. Pagina 10 2010...Dalla rivoluzione all'involuzione...l'incontro scontro di cieli conquistati e dimenticati...un giovane "vecchio" e un "vecchio" ancora giovane? forse.. un ragazzo come tanti con la sua ansia di rivoluzione, la sua frivola avventura di libertà, la splendida leggerezza di un vintage che diventa ideologia nel vuoto di ogni ideologia.. converse, jeans consumati, felpa del Che, capelli alla Ringo Starr, il figlio "terribile" di una generazione X, un esame da sostenere, un futuro da costruire, le ceneri di una rivoluzione da raccogliere..e dall'altro della cattedra e delle barricate e della vita, un professore universitario, in abito scuro "borghese" e dall'aria severa, un ex sessantottino ormai intrappolato nel ricordo di una rivoluzione ed egli stesso forse ombra e proiezione di una rivoluzione. Due vite parallele, e l'esclusività di una ragione, di un dissenso, di un'ideologia. e improvvisamente il figlio del nostro e del vostro tempo cerca un confronto… Non si è pentito della sua rabbia da messico e nuvole, di una risata che non ha seppellito il potere, di un'immaginazione sbiadita dal cappio del regime? Forse mi pento solo di aver lottato così tanto per vedere poi, quarantadue anni dopo ragazzi come te che delle nostre avventure di libertà, e di liberazione han colto solo la superficie,di un modo di vestire contro la forza deflagrante di un modo di essere. ragazzi che si nascondono in un passato che non gli appartiene, una terra straniera che non conoscono. Perché tanto sospetto nei confronti dei ragazzi della mia generazione? la sua generazione non ha commesso nessun errore? Dovresti tu parlarmi della tua generazione ed io parlarti della mia. La mia generazione? La mia generazione è totalmente vuota, priva di ideali e valori...Io non riesco a sentire mia nessuna posizione. E' una società in cui prevale l'avere sull'essere, una società materialista, e come se non bastasse la rassegnazione dilaga, e nessuno fa niente per cambiare le cose. Quali sono gli spazi vuoti che ti fanno pensare ad una realtà così desolante? Die Welle: Il silenzio della storia I l potere attraverso la disciplina". E' questo uno dei principi fondamentali per la diffusione dell'autarchia, la temibile forma di governo che tutti credono ormai scomparsa. In realtà, come dimostra il regista tedesco Dennis Gansel nel suo film L'Onda, q u e s t a "ideologia" è ancora presente nelle società occidentali. Il film, uscito nelle sale italiane il 27 febbraio 2009, è tratto dall'omonimo libro di Todd Strasser, che a sua volta si rifà a un esperimento avvenuto in una scuola superiore della California nel 1967, dove l'insegnante Ron Jones dà origine a un movimento denominato The Third Wave. Nel film il prof. Rainer Wenger, stereotipo del personaggio che, per essere accettato dagli altri, finge un anticonformismo paradossalmente divenuto simbolo dell'appartenenza alla massa, conduce nella sua classe un "piccolo esperimento", solo per far piacere il suo corso a dei ragazzi annoiati dalla routine, che in ogni modo possibile vogliono sperimentare sulla propria pelle qualcosa di diverso e di eccitante. In una settimana a tema il professore da vita a un movimento giovanilistico, detto l'Onda, dove i ragazzi contano principalmente sull'unione e la forza del gruppo, perseguitando ed escludendo studenti e professori con opinioni contrarie. Dapprima negando ogni possibilità di ricreare un nuovo regime totalitario ("lo escludo, ne conosciamo le conseguenze"), i membri dell'onda dovranno ricredersi, perché si ritroveranno nell'arco di una breve ma interminabile settimana trasformati in dei mostri, mentre la situazione, ormai priva di alcun controllo da parte di Wenger, degenererà. Le conseguenze di quello che era creduto un innocuo esperimento, ma che invece si è rivelato catastrofico, saranno tremende. Tim, il ragazzo che più era arrivato a identificarsi nel gruppo, alla notizia dello scioglimento di ciò in cui credeva di più e riponeva tutte le sue aspettative, arriva a compiere il gesto estremo, uccidendo un compagno e poi suicidandosi davanti all´intera assemblea degli studenti. Sono stati questi gli eventi che hanno portate all‘ inevitabile arresto del professore. Il film finisce in un silenzio tombale, urlo straziante dei ragazzi allibiti e spaventati, che hanno combattuto per ideali inesistenti, a cui è stata strappata via la personalità, per essere sostituita da una banale camicia bianca. L´inutile lotta per la resistenza da parte di due ragazze, l´esclusione, la repressione della libertà e dell´individualità e il finale tragico impressionano lo spettatore con un forte senso di deja-vu, facendo capire che ciò che è stato potrebbe di nuovo succedere.. Marianna Lo Iudice IV E Pagina 27 La stessa futile ricerca di un'identità politica: quell'identificarsi in un'ideologia come se fosse propria, si è ridotta ad una formale etichetta che non è neppure necessario avere. Scioperi. Manifestazioni di piazza che non hanno nessun esito. Ragazzi che si fermano a portare quattro striscioni per rappresentare il nulla. Ed il timore delle istituzioni, si pensa sempre e troppo alle conseguenze. Dove sono andate a finire le rivoluzioni leggere del '68? Dove è finito il "perché no?" della lotta al sistema? Perché non dire ciò che si pensa? Perché non portare la minigonna o i capelli lunghi? Perché non guardare in faccia la realtà ma solo subire, subire e subire? Ed oggi esiste un "perché no?" E se esiste copre spazi di significato? Non lo so. Troppo spesso il "perché no?" dei miei coetanei è il senso di una ribellione senza scopo; una domanda che è passata dal collettivo all'individuale, se prima il "perché no?" si riferiva al perché non cambiare le regole o al perché non opporsi alle imposizioni di un sistema, ora invece si tratta di un "perché no?" che non vuole conoscere le ragioni e le passioni. Fernando Pessoa il libro dell’inquietudine. Anatomia dell’irrequietezza Sempre più distante dagli oggetti, dalla percezione della pagina tra le dita, in un‘ astrazione alienante ―Il libro dell‘inquietudine‖ di Fernando Pessoa sveste l‘uomo della sottile rete di certezze, lo aliena da ogni segno tangibile di mondo reale, mettendone a nudo i tormenti del quotidiano. L‘amore, e la sua felicità, non offusca la visuale del poeta e rimane solo un inganno alla propria coscienza, un rifiuto alla solitudine e, dunque, a se stessi. Con lo sguardo del bambino presente in ogni uomo si ritrova l‘incanto di riscoprire in qualche banalissimo particolare un infinito nascosto e poco prima sconosciuto. Nella solitudine del proprio semieteronimo Bernardo Soares, Fernando Pessoa si isola per sentirsi e sentire, senza barriere tra mondo interiore ed esteriore nella stessa unità costituita dal tutto e dal nulla, e contemplare nel fluire incessante di emozioni, di paure, nelle improvvise folgorazioni dell‘animo, l‘universo delle piccole e grandi cose. Dalla stessa immaginaria finestra da cui Bernardo scruta il mondo con sguardi di rassegnazione e coscienziosa tranquillità si affaccia Fernando Pessoa. Una finestra a doppia visuale per guardare fuori e dentro, il mondo e la propria anima. Dietro le inquietudini di un impiegato si cela il pensiero dell‘artista portoghese che medita sul tutto e sul niente. Livro de Desassosego: un caleidoscopio dei temi più disparati: l‘amore, la morte, il tradimento, la noia, un libro ―ipotetico‖, ricavato dai fogli dispersi che l‘autore aveva disposto senza alcun criterio logico e ritrovati dopo la sua morte in un baule; assemblati mezzo secolo dopo e tradotti in lingua italiana dalla passione di Antonio Tabucchi. Una r ac c o l t a di ―pensieri in Pagina 26 Spiegati meglio. libertà‖: lo zibaldone filosofico di Pessoa; un diario che ad una lettura distratta potrebbe apparire come l‘accumulo confuso delle visionarietà di un impiegato condannato a svolgere meccanicamente il suo lavoro di contabile nella sua ―prigione‖, un ufficio a Dos Douradores nel Portogallo del Primo Novecento; una divagazione sul nulla, se quel nulla giornaliero e monotono non venisse metafisicamente colmato da un‘ inquietante ricerca di significati. Ogni giorno per quanto possa ―apparire‖ uguale non lo ―è‖, appare solamente. L‘inquietudine ed il fascino dell‘ignoto scandiscono queste giornate: dentro di noi ogni giorno è diverso. Oggi non sarà uguale a ieri, né a domani. In questo disperato universo di assenze, l‘idea è la nostra ―prora‖, ―atomo‖ di conoscenza della realtà. Francesco Parrone V E Professore ma non siete sempre voi a dire "ma che colpa abbiamo noi"? Ed oggi le colpe che pensate di avere non nascono forse dall'idea di giovani che conoscono solo "il libro del riso e dell'oblio". Il nostro "perché no?". Drammaticamente semplice: Perché non andare in discoteca a bere fino a dimenticarsi di esistere? Perché non organizzare uno sciopero, se serve a perdere un giorno di scuola? Anche il '68 ha le sue zone d'ombra. Anche il '68 ha i suoi figli terribili. Sarà così, ma anche i suoi giovani dei innamorati della libertà, mentre noi siamo solo i figli di un dio minore. Anche la musica che ascoltavate dava forza alle barricate. Si trattava di musica impegnata professore, di un simbolo di protesta. Cantava Paolo Pietrangeli nel '69, mentre ora la musica ha il colore del disimpegno e ha creato oasi di indifferenza verso la politica esprimendo solo la leggerezza frivola di un amore da fast food. Non pensare che in quegli anni l'amore non esistesse o non fosse cantato; era semplicemente un amore diverso. Il rapporto fra i sessi era diverso. Le ragazze, con i primi segni di emancipazione, dopo anni di repressione, avevano trovato la forza di ribellarsi a famiglie-galera, e avevano voglia di esprimere se stesse. Oggi la musica è un prodotto confezionato per ragazzi che considerano la politica e l'impegno sociale noioso e futile esercizio di partecipazione. Sai che la musica è lo specchio della società e il supermercato mediatico di oggi guarda con indifferenza alle pagine rivoluzionarie del '68. I ragazzi della mia generazione non leggono più, non ne sentono il bisogno e quando si accostano ad un libro lo fanno per dovere, per imposizione, per necessità contingente, forse mai per passione. Nel '68 perché leggevate? Leggevamo per capire il mondo. Come si può capire il mondo se non lo si conosce? "Non basta essere intelligenti e creativi, bisogna essere anche colti e preparati per lasciare sul proprio passaggio segni preziosi". Perché adesso non si pensa a protestare e a costruire il futuro? ...Vibo Valentia 13 Marzo 2010, pomeriggio di pioggia e noia...o forse gioia di condividere questa nebbia di pensieri sul '68. L: E tu Matteo? M: E tu Lavinia? L: E noi? Che cosa abbiamo fatto noi? Non dovremmo sentire un forte rumore di niente? Perchè vogliamo tutto e subito noi? M: Non anche tu nel tranello delle facili critiche alla nostra generazione...Non è colpa nostra se siamo "caduti nel tempo" della tecnologia, della vittoria facile e di un generale benessere. L: Sarà così Matteo, ma forse perdiamo troppo tempo a parlarne, forse se smettessimo di giudicare e di criticare e di guardare al passato e di esserne la copia imperfetta e sbiadita, forse se non fossimo il luogo comune con cui ci liquidano gli altri, riusciremmo ad essere i giovani figli di una rivoluzione mancata. M: Ma abbiamo motivo di protestare? O siamo noi gli assassini di ogni sole e di ogni cielo? L: Forse se trovassimo ragioni serie potremmo dimostrare a tutti che non è vero che non ci importa...e che non siamo passivi né qualunquisti.... Forse....nel 2068 Lavinia Parisi V D Matteo Pisani V C Pagina 11 I giorni uguali dei white collars in un cielo senza nuvole. Pasolini e le sue profezie realizzate O ggi la profezia più conosciuta è quella della presunta fine del mondo nel 2012, attribuibile ai sacerdoti Maya; alcuni ci ridono sopra, altri si chiedono ―e se succedesse sul serio?‖; io non mi preoccuperei del futuro, quanto del nostro tempo privo di consap volezze. È assurdo ma è così! E ancora più assurdo è il fatto che questa ―profezia‖ sia stata pronunciata da un poeta, un Golconda, Magrittte, Houston (Texas) romanziere, un giornalista, un regista: P. Pasolini. Egli diceva: ―Vi troverete vecchi senza l‘amore per i libri e per la vita. Schizzinosi, complessati, razzisti borghesucci di seconda serie‖; è così! La nostra massima aspirazione quotidiana da studenti è quella di trascorrere un‘intera giornata davanti al PC ammazzando intelligenza e grammatica su facebook a caccia di link senza senso, mentre qualche schifezza piena di calorie,ci rende schiavi della paura dei chili di troppo e ci assale il tedio per assenza di stimoli, quando non abbiamo neanche la voglia di alzarci dalla sedia per andare a chiudere la porta! Rifiutiamo ogni attività proposta dalle proff. deluse dal nostro menefreghismo, dal nostro disinteresse verso tutto e tutti che giustifichiamo con una qualche mancanza di ispirazione. Mentre provo vergogna ecco di nuovo la leggerezza profetica di Pasolini: ―la liberalizzazione sessuale anziché dare leggerezza e felicità ai giovani e ai ragazzi li ha resi infelici, chiusi, e di conseguenza stupidamente presuntuosi e aggressivi.‖ e poi ―…è giunto il momento di dire ai giovani che il loro modo di acconciarsi è orribile perché ser- Pagina 12 vile e volgare…la partecipazione delle masse alle grandi decisione storiche formali è in realtà voluta dal potere,il quale ha appunto bisogno di un consumo di massa…la massa è manipolata dal potere attraverso l‘imposizione di altri valori e altre ideologie… oggi la libertà sessuale della maggioranza è una convenzione,un obbligo un dovere sociale,un‘ansia sociale,una caratteristica della qualità della vita del consumatore…‖. Oggi noi siamo gli assassini di tutti i soli! L‘omosessualità è liquidata come eccessivo esibizionismo, eliminata perchè non conforme alla ―normalità‖ imposta dalla massa che sottopone la natura all‘osservanza di schemi prestabiliti;oggi è inconcepibile che vi sia amore fra due persone dello stesso sesso,anzi si rischia la morte se lo si manifesta,mentre vedere un ragazzo massacrato per la sua ―diversità‖ da persone che pretendono di essere ―normali‖ è giusto e li si lascia fare; questo perchè l‘assenza di valori porta molti ragazzi a rifugiarsi in una pseudo etica di un religione inadeguata e popolare che impone alla mente umana schemi di pensiero e comportamento dogmatici e senza senso, basati sul pregiudizio. Tutto ciò che non risponde alle leggi della massa è quanto di più marcio esista a questo mondo, bisogna essere ― normali‖: normalità che si riduce ad una mediocre imitazione, all‘adeguarsi a quelle regole dettate dai ―piani alti‖ basate sul nulla, ma che sono comunque ―giuste‖ e devono essere seguite, perché qualcuno o qualcosa ha voluto così,non si sa perché ma è così e lo si accetta! Che meraviglia sono completamente in sintonia con le linee di tendenza, a che serve pensare quando qualcuno più in alto pensa per me? L‘importante è portare 500 euro di vestiti quotidianamente così da essere perfettamente inserito nella massa così da non essere giudicato male ma essere unico a mio modo! Si unico come una bestia da allevamento che indefessa segue il suo gregge chi sa dove e chi sa perché! E fu così che morirono lotte e rivolte, valori e soprattutto idee e originalità. Che fortuna, la nostra schiena su cui grava già il peso del giudizio collettivo non deve anche subire il peso del cervello e di tante altre cose inutili e superflue! Ora la cosa che mi ha fatto sorridere di amarezza è stato il prendere consapevolezza del fatto che in questa assenza di ideali forti e la conseguente assenza di odio e contrapposizione sostituite da odio e conformismo tuttavia ci si definisce ancora comunisti o fascisti: ―Sono diventati uguali,hanno tutti lo stesso odore di morte addosso…‖; bene tralasciando il fatto che con estrema facilità si abbandonano quelle idee di ieri per condividere quelle di oggi per poi tornare a quelle abbandonate, possiamo benissimo osservare già nel nostro liceo che fascisti e comunisti vestono allo stesso modo, parlano allo stesso modo, partecipano alle stesse feste e ascoltano la stessa musica in un clima tutt‘altro che teso! È patetico vederli litigare così aspramente per difendere il proprio partito fino alle 22.00…adesso inizia la festa, amici come prima e tutti a ballare l‘house! Pasolini? Chi lo conosce? Chi se ne frega? Antonio Giofrè II E Non baciatevi più C on questo articolo c‘è stato un problema. Non sono riuscita a trovare un qualcosa da cui iniziare per parlare di questo film. Non sono riuscita a trovare nulla di cui parlare riguardo a questo film. il fatto è che a me i sequel non piacciono. E poi questo, in particolare, è brutto. È brutto perché non regge il confronto con ―L‘ultimo bacio‖. È brutto perché i personaggi,che dovrebbero essere cresciuti e fare i conti con i loro 40 anni, in realtà sono ancora fermi ai 30, con un po‘ di rughe, problemi e finzioni in più. È brutto perché in effetti ―L‘ultimo bacio‖ era la storia di tutte le storie d‘amore, e invece ―Baciami ancora‖ è la storia di tutti gli incapaci ad amare della Storia. È brutto perché dura ben 160 min. è brutto perché come sempre i film di Muccino, almeno in Italia, parlano esclusivamente delle persone dagli 80.000 euro di reddito in su. È brutto perché i personaggi fanno finta d‘amarsi, ma comunque si tradiscono,si lasciano, si fanno del male e nessun rapporto riesce a sopravvivere se non dopo un‘apocalittica avventura. È brutto perché cade nello stereotipo della morte di un personaggio. È brutto perché la scena dell‘obitorio è tale e quale ad una scena di ―Saturno Contro‖ di Ferzan Ozpetek (e ci sono anche gli stessi attori). È brutto perché non se ne può più della faccia affranta da cane bastonato di Accorsi, perpetuo traditore. È brutto perché non si arriva da nessuna parte, se non che i trentenni di allora sono meglio dei quarantenni di oggi. È brutto perché Giorgio Pasotti (il galeotto Adriano) ha un gatto morto in testa. È brutto perché, insomma, è tutto una finzione! E dell‘amore di cui si parlava nel primo film, della passione, dei problemi del crescere, della paura e del saper perdonare in ―Baciami ancora‖ non c‘è nulla. Soprattutto non c‘è l‘allora divina Giovanna Mezzogiorno, e si può anche ben capire perché abbia rifiutato la parte. Però in quest‘ultima opera di Muccino,che in America sembra sia più capace, ci sono due piccole cose che non spingono lo spettatore al suicidio appena entrato nella prima ora del film. Queste due piccole cose si chiamano Claudio Santamaria e Sabrina Impacciatore. Rispettivamente Paolo, l‘amico ormai caduto nella schizofrenia e sotto psicofarmaci, e Livia, mamma abbandonata dal marito Adriano nel primo film. Pazzi, isterici, urlatori professionisti per Muccino (che si sa, se non si urla in un suo film è come se mancasse una cucina in uno di Ozpetek), pieni di amore l‘uno per l‘altra, di responsabilità o di disinteresse per se stessi, sopravvissuti al crollo delle loro vite sono ora alla soglia dei quarant‘anni finalmente pronti a ricominciare e a continuare in ogni caso a combattere, senza però dimenticare quello che hanno ricevuto dalla vita fino a quel momento,continuando a temere le scelte ma a volerle fare. Sono loro due, con gli occhi gonfi, la faccia segnata dalle occhiaie, la capacità di sembrare davvero quel Paolo e quella Livia che alla fine del film un po‘ di tremore al cuore te lo fanno venire. E quasi ti viene da dire che si,è un bel film. Ma poi c‘è Accorsi e tutti gli altri. Le esagerazioni e le maschere,le maschere di un mondo, quello dei ricchi di Roma,in cui sembra che l‘amore non esista proprio. E sembra che quel bacio, l‘ultimo, abbia davvero chiuso una storia e che questi non siano altro che ― scintillanti spettacoli di cui non resta assolutamente nulla‖. Chiara Procacci III C Pagina 25 I cieli senza nuvole di Calvino e Kundera Avatar: le tre “d” N el 2154, un ex marine di nome Jake Sully viene arruolato, al posto del fratello defunto, nel Programma Avatar che prevede lo studio della popolazione indigena di Pandora attraverso il collegamento della coscienza umana a un avatar, un corpo ibrido derivato dall‘incrocio tra Na‘vi e specie umana. Raggiunge quindi l‘avamposto degli umani dove un‘organizzazione terrestre è impegnata nell‘estrazione di un raro minerale, l‘Unobtainium, indispensabile alla sopravvivenza della vita sulla Terra, dove le risorse minerarie sono ormai tutte esaurite. Riacquistato l‘uso delle gambe dopo anni passati su una sedia a rotelle, Jake si infiltra del mondo dei Na‘vi e incontra Neytiri, che, innamoratasi di lui, intercede per lui presso il suo clan e fa in modo che il giovane avatar venga accolto. In seguito a questa improvvisa conoscenza della realtà Na‘vi, che vivono a contatto con la natura in un mondo completamente incontaminato né dai mezzi né dalla bramosia umana, e a causa del sentimento per Neytiri che suo malgrado si accresce sempre di più, il giovane si ritrova combattuto tra l‘impegno preso con gli scienziati del Programma Avatar e la nuova vita che i Na‘vi gli offrono benevolmente, conscio anche dell‘idea del colonnello Quaritch di distruggere l‘ecosistema di Pandora per appropriarsi completamente dell‘Unobtainium. Il film, diversamente da quanto è possibile desumere dalla trama, è divenuto uno dei più discussi del nostro secolo: campione d‘incassi, entrato già nella storia come il kolossal più visto degli ultimi anni, tuttavia Avatar è ben presto diventato un vivo argomento di scontro nella critica cinematografica contemporanea. Le opinioni su di esso sono contrastanti: non mancano gli aspri rimproveri al regista James Cameron (già autore di capolavori quali ―Titanic‖ e ―Terminator‖) a causa della scarsa originalità applicata soprattutto in merito allo sviluppo della vicenda, non di rado paragonata al capolavoro della Walt Pagina 24 Disney ―Pocahontas‖. Nei giudizi negativi espressi nei confronti di Avatar, però, i critici fanno troppo riferimento all‘intreccio narrativo, senza considerare, come invece sarebbe opportuno, la serietà dell‘argomento trattato: la possibilità, in contrapposizione ad un‘esistenza trascorsa tra gli affanni della vita moderna e invasa da desideri smodati ed eccessivi che rendono spesso folle l‘uomo, di una vita vissuta in comunione con il mondo naturale e in pieno rispetto di esso; in definitiva, i Na‘vi, come noterà lo stesso Jake osservando la curiosa conformazione del corpo di queste creature, rappresentano una concezione della natura che va al di là del mero sfruttamento delle sue risorse volto esclusivamente ad interessi economici e che invece mette in rilievo l‘importanza di quella che potremmo definire un‘ ―educazione alla natura‖. In ultima analisi, dunque, il film si fa portavoce di spunti ecologici notevoli, i quali, calati nell‘attuale contesto sociale, si rivelano estremamente educativi e conferiscono dignità alla pellicola. L‘altro punto di contrasto tra i pareri critici riguarda l‘impiego delle nuove tecnologie nella realizzazione tecnica del kolossal, il quale, si è notato, avrebbe avuto un impatto decisamente minore sugli spettatori se non fosse stato ideato con le nuove tecniche cinematografiche tridimensionali: è stato possibile, infatti, grazie ad esse, realizzare nel dettaglio i movimenti e i gesti dei Na‘vi, che hanno naturalmente conferito al film forti elementi realistici. L‘utilizzo della tecnologia 3D, contro la quale sono stati espressi giudizi spesso negativi, poiché si è pensato che il regista volesse valorizzare, da un certo punto di vista, più la forma che il contenuto, è invece da guardare sotto un nuovo punto di vista: per mezzo di esso è stata resa più semplice l‘immedesimazione degli spettatori nella vicenda. E‘ opportuno riconoscere dunque ad Avatar i suoi meriti: attraverso lo sfruttamento di strumenti all‘avanguardia, James Cameron ha realizzato un maggiore coinvolgimento del pubblico nella storia, e quindi ha ottenuto risultati più soddisfacenti per quanto riguarda la diffusione del messaggio che la pellicola stessa aveva in sé e che è stato perciò ampiamente apprezzato, più che dalla dotta critica, dal pubblico stesso, che, si sa, è sovrano. Sofia Anna Lucibello IV D N el 600‘ Calderòn de la Barca mise in scena un‘interessante commedia: ―Il grande teatro del mondo‖. L‘autore esorta il Mondo ad organizzare uno spettacolo, allestendogli un palcoscenico. Vengono poste due porte che rappresentano la Culla e la Tomba. L‘autore colloca sette personaggi esemplari: il Ricco, il Re, il Contadino, il Mendicante, la Bellezza, la Discrezione, il Bimbo. Uscendo dalla culla, ciascuno dei personaggi, che rappresentano la vita degli uomini, dovrà recitare una parte, improvvisando, sino al momento di calare nella tomba. Immaginate questa gente aggirarsi confusamente sul palcoscenico in preda all‘ansia da improvvisazione? Così come il teatro, la vita, per quanto ognuno di noi cerchi di imparare dalle proprie esperienze, altro non è che un‘improvvisazione … Dice Kundera: ―L‘uomo vive ogni cosa subito e per la prima volta, senza preparazioni. Come un attore che entra in scena senza aver mai provato. Ma che valore può avere la vita se la prima volta è già la vita stessa? (Einmal ist Keinmal)‖. Tutto ciò che facciamo, le decisioni che prendiamo e di conseguenza la vita stessa poiché si ripetono una sola volta è come se non fossero mai esistite, un po‘ come quando le impronte lasciate sulla sabbia vengono cancellate da un leggero e silenzioso riflusso d‘acqua. Chi potrà mai dire d‘esser passato di lì? Eppure continuiamo ad andare avanti tranquillamente … Chi giustamente si preoccupa del fatto che le sue orme sono state cancellate o si gira per controllare? Secondo Kundera, proprio per la loro casualità, le nostre azioni diventano leggere, ma questa loro leggerezza muta ben presto in trascurabilità, mancanza di significato, e divengono per questo motivo anche insostenibilmente pesanti. Ecco dunque l‘insostenibile leggerezza dell‘essere. Il personaggio forse più esemplificativo di tale leggerezza nell‘opera di Kundera potrebbe essere Sabina, la donna dei tradimenti che scopre che tutti gli ideali cui ci si rivolge sono falsi ed illusori. Possiede l‘animo più leggero e al contempo più pesante che la rende però il personaggio più enigmatico ed affascinante. La lunga strada di tradimenti che intraprende la condurranno ad un vuoto incolmabile, chi altro le resta da tradire dopo aver tradito tutto e tutti? È a questo punto che avverte il peso insostenibile della sua leggerezza. Tomas l‘uomo/ sesso con le sue duecento concubine ed un unico amore, ci chiarisce ancor meglio questo concetto. Quando si rende conto che la sua storia d‘amore è fondata su ben sei coincidenze e dunque sulla casualità, non può che avvertire il peso di un‘inevitabile inconsistenza. È impossibile essere leggeri. Siamo tutti come Atlante costretti a portare un opprimente peso, sia esso dovuto alla nostra leggerezza o pesantezza, con la sola differenza che non esiste per noi nessun Eracle disposto a sostituirci anche solo temporaneamente! Per Calvino la leggerezza è una qualità, un valore riscontrabile in diversi capolavori della storia, della letteratura, della filosofia, e della scienza. Secondo Calvino ―L‘insostenibile leggerezza dell‘essere ‖ è in realtà ―un‘amara constatazione dell‘Ineluttabile Pesantezza del vivere‖, ―l‘oggetto irraggiungibile di una quête senza fine‖. Nasce spontaneo il paragone con l‘Orlando Furioso. Tutti i protagonisti vanno alla ricerca di qualcosa di perduto (un amore, un elmo, una spada …), ma la loro ricerca sarà sempre fallimentare … Che cosa accomuna Ariosto e Kundera? La cruda considerazione della realtà umana. Ariosto vive in un‘età in cui, pensa, ci si aspetti troppo e perciò si rimane delusi troppo facilmente, per Kundera invece tale considerazione deriva dalla condizione d‘oppressione disperata che è toccata in sorte al suo sventurato paese. La leggerezza in quanto sottrazione di peso è creatività e vita. La nostra cultura (letteratura, arte, architettura, ma anche moda, cucina) in fin dei conti è un continuo tentativo di sottrazione. L‘importante è recuperare la dimensione aurorale della cultura, alleggerire fino a provare gli stupori senza tempo di giovani dei. Maria Giovanna Riga II E Pagina 13 Sant’Agostino. Confesso che ho vissuto: la dannazione, il peccato, la ricerca e la conquista della fede. “F actus eram ipse mihi magna quaestio‖… (“Confessiones‖). Prima di essere un uomo di fede, Sant‘ Agostino era innanzitutto un uomo, un uomo come tutti gli altri, un uomo scisso dalle sue infinite contraddizioni, lacerato dalla spasmodica ricerca di una verità inafferrabile, permeato dal desiderio di abbandonarsi a Dio con la stessa dedizione che prima aveva speso nell‘inseguire passioni smodate che egli, nella sua umana imperfezione, identificava con la felicità. Ma qual è il senso profondo delle sue parole? ―Io stesso ero diventato per me un grosso problema‖. L‘uomo per sua natura si lascia facilmente sedurre dall‘ideale della perfezione… nel tentativo di raggiungerla, nella ricerca ansimante dell‘infinito, prende coscienza della propria inconsistenza, della propria piccolezza. E viene irretito nelle maglie della debolezza, imperfezione. La ricerca è la dimensione essenziale dell‘uomo-Agostino sempre alle prese con le malattie, i dubbi e la vulnerabilità della propria anima. L‘atteggiamento di confessione che assunse è pertanto da considerarsi un atto di grande umiltà, ma non solo, anche di grande coraggio perché non sempre l‘uomo è disposto ad estraniarsi dal mondo che lo circonda, dai rumori e dalle luci della quotidianità, per porgere uno sguardo silenzioso alla propria coscienza, per capire se la strada che sta percorrendo è la più giusta o la più facile. Nelle sue―Confessiones”, Sant'Agostino ricorda e rielabora tutte le tappe della sua vita, che racconta senza censure. La sua sincerità è disarmante. la Pagina 14 sua vita è stata, infatti, un continuo anelito alla verità. La verità dei fatti, per quanto tremenda, è sempre e comunque ineludibile… , è facile, infatti, mentire agli altri, quasi quanto è impossibile mentire a se stessi. La strada che Agostino percorse nel periodo della fanciullezza, fino ai trent‘anni, fu piena di insidie e di errori. Nelle Confessioni scrive di essere sempre andato alla ricerca di una verità che avesse potuto dare un senso alla sua vita e alla realtà che lo circondava. Così facendo si lasciò travolgere dal sottile e irresistibile fascino del male, facendo esperienza di quella che egli stesso chiama ―perversione della volontà‖, abbandonandosi ai piaceri del godimento amoroso, ad ogni dissolutezza, alle gioie della vanagloria e dell'amor proprio. Addirittura, disgustato dal Cristianesimo e da tutto ciò che esso professava, aveva aderito al Manichesimo lasciandosi persuadere da una dottrina che ostentava verità. Anche Agostino toccò il fondo della putredine e della dannazione dell‘uomo. Totalmente in balìa della filosofia, della retorica, del fanatismo manicheo e della sua presunzione di superiorità, ammaliato dal piacere del proibito e della ribellione ad una madre cristiana e ad un padre assente ed egoista, Agostino aveva perso le coordinate della sua esistenza senza nemmeno rendersene conto. ―Così il cibo dei sogni è in tutto simile a quello della veglia, eppure i dormienti non si nutrono, perché dormono‖. (―Confessiones‖) Esattamente in questo consiste la più grande illusione dell‘uomo: vivere nella convinzione di potersi imporre sul mondo e allo stesso tempo di poterlo possedere. Ogni uomo ha bisogno di costruirsi attorno una torre d‘avorio in cui vivere e di cui sentirsi padrone, soprattutto. Ogni attimo che passa lo accompagna verso la morte; il presente e il passato sono l‘unica certezza. Da questa consapevolezza scaturisce l‘ansia di vivere…la voglia di godere lo scorrere di un tempo dal corso inarrestabile. Questo era l‘uomo-Agostino. Ognuno di noi ha paura dell‘ignoto e ciascuno cerca risposte. Talvolta questa ricerca ci porta a diventare schiavi di noi stessi, dei nostri vizi, e noi non riusciamo ad ammetterlo; non riusciamo a capire che vivere è anche godere dell‘intimità del nostro essere…vivere vuol dire anche scoprire che la chiave della felicità è l‘amore, tutto il resto è solo apparente e fuggevole ilarità. In questo senso la grandiosità di Sant‘Agostino sta nell‘aver ―imparato a vivere‖ e nell‘ essere riuscito a risollevarsi dal fondo in cui era caduto. Infatti ad un certo punto delle “Confessiones” egli scrive: ―Mio Dio, ma quale vita era ormai quella?‖. Agostino aveva dunque deciso di abbandonare una vita che ormai non sentiva più sua. Il suo Io però era continuamente combattuto tra il diritto della ragione, che non voleva abbandonare le sicurezze dell‘abitudine, le esigenze di uno spirito lacerato martoriato dal peccato e desideroso di redenzione. In questo senso l‘uomo-Agostino era diventato per Sant‘Agostino un vero problema. PRINCIPE; questo, autoassegnatosi da un concorrente in preda ad un eccesso di umiltà, anche se, a parer mio, sarebbe stato molto più appropriato LAPO, giusto per testimoniare la perfetta conoscenza e padronanza della lingua italiana che ha in comune con Lapo Elkann (roba da fare invidia all‘insulso: ―Batti lei!‖, del ragionier Filini in ―Fantozzi‖!). Non parliamo poi di crisi isteriche, urla, pianti, litigate, parolacce (talmente tante da suscitare la commozione di un camionista) che, come è giusto che sia in una televisione che si propone di educare le generazioni future, non sono mai più di trenta su dieci parole pronunciate (cosa credete? Qui c‘è gente seria, che tiene PERSONALMENTE all‘istruzione dei vostri figli! Certe sconcezze le dovranno pur imparare da qualche parte!)...tutte emozioni VERE, per persone VERE, in una trasmissione VERA (appare un cartellino della redazione: ―SCOPPIA A PIANGERE‖. Il concorrente scoppia a piangere...), ―che *sigh* voi gente normale *sigh* da fuori *snif* non potrete mai capire *snif*!‖. Eh no, caro il mio bamboccione! Sei tu che non capisci cosa voglia dire! Alzarsi la mattina presto, andare al lavoro (scuola, per i colleghi), sentire il sudore scendere dalla propria fronte (è passata già un‘ora, la versione di greco è lunga quindici righe e io sono immersa nel liquame fino al collo!!!), tutte cose che non esistono nel tuo vocabolario (sempre che tu sappia cos‘è un vocabolario...), mentre io capisco benissimo! Capisco che, se in questo preciso istante mi fiondassi lì, con una mazza da baseball in mano, e la poggiassi amorevolmente sulla tua preziosa dentatura per ben 32 volte (una per ogni dente ), tu ti ritroveresti sdentato, ricoperto di sangue e molto probabilmente con qualche altro osso in meno (la matematica non è un‘opinione! E le 32 mazzate neanche...) e, forse, forse, ti passerebbe la voglia di fare tanto lo spiritoso e rifletteresti bene prima di far uscire qualsiasi cosa dal quella fogna che ti ostini a chiamare bocca (nonostante adesso sia un ammasso confuso di forme e colori...potresti fare concorrenza a Picasso, sul serio! Non ti piacerebbe diventare famoso???). Bene, dopo questo scatto di pura violenza (scusate, ma ci voleva!!!), concludo con un ultimo annuncio: per chiunque volesse unirsi a me nel progetto ―Pesta anche tu a sangue un gieffino!‖, il numero è 347/*******. No, dai, stavo solo scherzando! In realtà mettere il numero completo è impossibile, quindi facciamo che ci incontriamo all‘uscita da scuola. A presto miei prodi! Preparate le armi per il grande giorno! Il capo rivoltoso e il suo fedele mitra. Ah, quasi dimenticavo: Donne! Se vostro marito si presenta davanti la porta di casa “con pantaloni scozzesi e mocassini rossi, farfugliando frasi senza senso” (citazione necessaria), del tipo: “Io sono il Principe!Ma non soltanto il principe della bontà e della giustizia, ma anche il principe dell’inequità (sic!),dell’irroganze (sic!), ecc. ecc. ecc.” (altra citazione necessaria), ricordategli che l‘Italia è ufficialmente una repubblica dal 2 Giungo 1946 e fategli capire che, se si sente tanto principe, i suoi disturbi psichici può tranquillamente andarli a sfogare da quella ritardata di una principessa delle fiabe, magari insieme a tutti gli oggetti di grande classe che lui ha voluto comprare (come dimenticare il celebre tosatore per peli del naso, con incorporati stereo, lettore DVD High Definition e forno a microonde!) e al puzzo di sudore dei suoi innumerevoli vestiti. Marica Carnovale, II D Pagina 23 La neve, la fragola, le stelle, il sorriso degli dei. Il valore della poesia e la poesia del valore C ―Ridipingere casa: meglio un pennello grande o un grande pennello?‖, dubbio amletico di proporzioni cosmiche...dalla risposta dipenderà la salvezza della terra!!!), facendo la loro parca (e a questo punto anche porca) figura, quando rimarranno in silenzio di fronte alla domanda della conduttrice di turno che, col chiaro scopo di metterli in difficoltà, avrà subdolamente chiesto loro di computare correttamente il proprio nome (insomma! Come puoi pretendere che io sappia se Pasquale si scrive con la C di casa o la Q di quadro? Mi vuoi proprio rovinare!!!). In alcune occasioni, tra i concorrenti vi sono anche i cosiddetti ―casi umani‖, ossia uomini, donne, uomini-donna e donne-uomo (fate un po‘ voi), con una difficilissima situazione alle spalle, che hanno deciso di partecipare al ―gioco‖ (così lo chiamano) per dimostrare al mondo che non sono delle nullità (nullità no, cerebrolesi sì!), che la speranza è l‘ultima a morire, che anche se tutti gli altri ti vengono contro, alla fine sarai tu ad averla vinta, che gli ultimi saranno i primi, che...SIGH, SIGH, SNIF! (Lacrime di commozione ). Come puoi pretendere che io sappia se Pasquale si scrive con la C di casa o la Q di quadro? Mi vuoi proprio rovinare!!!). In alcune occasioni, tra i concorrenti vi sono anche i cosiddetti ―casi umani‖, ossia uomini, donne, uomini-donna e donneuomo (fate un po‘ voi), con una difficilissima situazione alle spalle, che hanno deciso di partecipare al ―gioco‖ (così lo chiamano) per dimostrare al mondo che non sono delle nullità (nullità no, cerebrolesi sì!), che la speranza è l‘ultima a morire, che anche se tutti gli altri ti vengono contro, alla fine Pagina 22 sarai tu ad averla vinta, che gli ultimi saranno i primi, che...SIGH, SIGH, SNIF! (Lacrime di commozione). Appartengono a questa categoria anche coloro che provengono da paesi stranieri (possibilmente afflitti da povertà, miseria e qualsiasi altro tipo di disgrazia), ma, in questo caso, il nostro caro GF deve fare i conti con i due più grandi ―uffici di collocamento/sfruttamento per immigrati‖ presenti in Italia; vedesi INTER e, un po‘ più in basso, nella sottosezione ―Albania‖, AMICI DI MARIA DE FILIPPI (con annessa descrizione dettagliata di: partenza in gommone da Ostuni, recupero dei ―giovani talentuosi e ubriachi di sogni‖ che s i c ur am e n t e fa r an n o s al i r e l‘audience, pranzo al sacco e felice ritorno in patria, accompagnato dall‘allegro motivetto: ―OOOOH, Maria!Ti amo!OOOOH, Maria!Ti voglio!‖). Spesso i nostri goliardici concorrenti sogliono darsi dei nomignoli affettuosi, che mettano in risalto le strabilianti qualità dei loro compagni di viaggio, quali: PITBULL, volto a sottolineare la particolare docilità di carattere del soggetto in questione, o forse la bava che ha alla bocca ogni qual volta sente nominare la parola ―cibo‖ (come se non ne avesse già abbastanza!); ER PEZZETTA, perché sto povero disgraziato, invece di mangiare, bere, andare a spasso ( si cerchi su Google: ―Arte di Michelasso‖), produrre melodiosi suoni intestinali ogni qual volta se ne presenta l‘occasione, raschiare aristocraticamente le parti intime e vivere in un letamaio, preferisce di gran lunga mantenere un certo contegno e abitare in una casa pulita e ordinata (davvero uno sfigato, perdinci!); “Così in me due volontà, una vecchia, l'altra nuova, la prima carnale, la seconda spirituale, si scontravano e il loro dissidio lacerava la mia anima‖. Ero io a volere, ero io a non volere: ero io, io‖; così nelle Confessioni il filosofo descrive quella paralizzante volontà di scegliere e di prendere la decisione che pure considerava più giusta. Il momento tanto sofferto della decisione coincide dunque con la conversione, con la liberazione dell‘anima da ogni legame con la dimensione terrena e con il conseguente abbandono totale alla perfezione, all‘assoluto, a Dio. Non bisogna pensare che quello di Agostino fu un passaggio dall‘ateismo alla fede, dal paganesimo al cristianesimo. Egli non fu mai un vero pagano, ma nel suo intimo fu sempre un cristiano, almeno per quanto può essere possibile esserlo senza prendere da subito una decisione. ―Tu eri dentro di me ed io fuori……eri con me ed io non ero con te‖. Il messaggio lasciato da Sant‘Agostino dunque sfida qualsiasi realtà temporale e spaziale: l‘unico vero viaggio che l‘uomo può compiere è quello che percorre il labirinto della propria anima, senza avere paura di mettersi in discussione; la dimensione del dubbio è fondamentale per l‘uomo, perché proprio da questa nasce la consapevolezza di esistere, di significare qualcosa nell‘infinitezza dell‘Universo. ““Riconosci dunque qual è la suprema armonia: non uscire fuori di te, rientra in te stesso, la verità abita nel profondo dell’uomo” (“La vera religione”). Chiara Ierardo II E onsidero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca. Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle. Considero valore il vino finche' dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si e' risparmiato, due vecchi che si amano. Considero valore quello che domani non varra' piu' niente e quello che oggi vale ancora poco. Considero valore tutte le ferite. Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che . Considero valore sapere in una stanza dov'e' il nord, qual'e' il nome del vento che sta asciugando il bucato. Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia. Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore. Molti di questi valori non ho conosciuto. Erri de Luca, scrittore, poeta, autore della poesia "considero valore" della raccolta ―poesie sull'acqua‖, racconta in maniera scarna e diretta ciò che considera valore. Spesso quest‘autore tende a rapportarsi con il passato, con il proprio mondo e la propria infanzia e lascia riemergere quei sentimenti, quelle sensazioni ,quegli odori che fanno parte della semplicità e quotidianità della sua vita. Valori. Oggi che cosa sono? ma soprattutto.. esistono ancora? Oggi si è perso il senso di ogni cosa, se ne conosce l'utilità ma non l'essenza. Pagina 15 Nella poesia di De Luca, il poeta considera valore la semplicità. Tutto ciò che ha valore è un semplice sorriso involontario,la neve,una fragola,persino una mosca e il valore della "stanchezza di chi non si è risparmiato". Rapportato al mondo di oggi, parlare di valore senza specificare a cosa ci si sta Eppure,se ci pensassimo un attimo, i soldi sono solo pezzi di carta che hanno il potere di far uscire fuori di testa uomini in giacca e cravatta, arroganti ed avari che, con aria di sufficienza e imbevuti di acqua di colonia, si impegnano in una specie di mondiale gara d'appalto,impigliandosi nella rete complessa e senza uscita delle leggi del mercato. Bisogna cambiare questa visione della vita e ritrovare un senso in ogni cosa e azione,oggetto e persona, non nel denaro. Come diceva il Matto (Richard Basehart) parlando a Gelsomina (Giulietta Masina) nel film "la strada" di Federico Fellini < tu non ci crederai ma tutto quello che c'è a questo mondo serve a qualcosa. Quel sasso lì per esempio. Anche questo serve a qualcosa..anche questo sassetto. Non lo so a cosa serve! Se lo sapessi sai chi sarei? Il padre eterno che sa tutto: quando nasci quando muori ... non lo so a cosa serve questo sasso ma a qualcosa deve servire perché se questo è inutile allora è inutile tutto anche le stelle>. Fabiola Sangineto II E riferendo molti lo assocerebbero subito al denaro perché in una società come la nostra il valore di un oggetto si identifica con il suo prezzo non con il suo significato reale. Non si percepisce più la bellezza che si può trovare nella purezza e semplicità di ogni cosa,nella pazienza,nel saper tacere in tempo nel chiedere permesso prima di sedersi. I valori, quelli veri, sono puri e sani sono quelli capaci di nutrire sogni e sentimenti di renderti felice anche con poco,di riempirti l'anima non come il denaro che invece ti sopprime coprendoti all'apparenza e lasciandoti vuoto dentro. Spesso si dice che viaggiando si riesca a ritrovare angoli di mondo che portano con loro i valori che abbiamo perduto. Ma parlare ad una società materialista basata sulla morale del guadagno, confusa,superficiale,distratta e mancante di principi è come spiegare ad un avaro il senso della condivisione. La società tecnologica moderna non potrà mai comprendere ed accogliere valori come risparmiare l'acqua o riparare un paio di scarpe. Non si riesce a comprendere che ciò che conta non è l'atto in sé ma lo sforzo che si è dovuto fare per raggiungere un risultato, il gesto che può dare un senso alla quotidianità e renderla al contempo straordinaria. Sarà che alla parola valore attribuiamo un duplice significato etico e numerico. Eppure oggi sembra prevalere arrogantemente il secondo sul primo. Aveva proprio ragione Oscar Wilde: oggi si conosce il prezzo di tutto e il valore di niente. Purtroppo è proprio così : oggi ogni cosa è evanescente, senza senso e più basso è il suo prezzo più basso è automaticamente il suo valore. Pagina 16 L’amore da Catullo a Salinas R itorna, improvvisa ed esaltante, l‘avventura dell‘amore. Catullo e Salinas e la fascinazione cosmica dell‘appartenenza, del tormento e della grazia ―divina‖ di un bacio. Odi et amo, quare id faciam fortasse requiris Nescio, sed fieri sentio et excrucior E sto abbracciato a te senza chiederti nulla, per timore che non sia vero che tu vivi e mi ami. E sto abbracciato a te senza guardare e senza toccarti. Non debba mai scoprire con domande, con carezze quella solitudine immensa d’amarti solo io. L‘amore come ―pathos‖, tra l‘estasi del sentimento di appartenenza e il dolore dell‘assenza e della non-partecipazione. Due espressioni dello stesso concetto: l‘amore come ineludibile continuità di impalpabili tremiti e tremori di chi rimane ancorato a un sentimento necessario e vitale, seppure nel certo dubbio di non essere corrisposto. Grande Fratello: ci piace!... Ma anche no!!! U AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH! Alcuni di voi si staranno chiedendo se l‘autrice di questo articolo è diventata pazza, se le è appena andato di traverso qualcosa (ragion per cui adesso si ritrova ad imitare il verso del tacchino strozzato) o se ha da poco dato inizio ad una collaborazione con Stewie Griffin per la realizzazione di un malefico piano di conquista del mondo (da cui la perfida risata )...niente di tutto questo. Pazza, mi spiace deludervi, lo era già da tempo, che qualcosa le si sia incastrato in gola è fuori discussione, dal momento che, purtroppo, non è ancora ora di cena e per quanto riguarda Stewie Griffin...siamo ancora in fase di trattativa. La realtà è che questa ragazza sta godendo, GODENDO, grazia all‘immensa bontà della generosa redazione che, dopo Federico il Moccios...pardon, Moccia, le ha permesso di scrivere un articolo sull‘altro rifiuto organico di proporzioni cosmiche che da anni continua ad inquinare il nostro pianeta. No, non sto parlando di Ilvio Erlusconi ( ma sì, vediamo quanto siete sagaci! ), bensì di quella deliziosa, nonché adorabile perla di trasmissione che è il Grande Fratello. Delusi forse? Amareggiati perché ―è iL VsTr S3knDo IdHol0 k iGnoBBilM3ntE TNT (Oddio, una BOMBA!!!) D diStRgGer3‖ (EH???)? Come si dice a Roma: ―Nun me ne po‘ fregà de meno!‖. Anzi: tanto di cappello ai vostri gusti raffinati e alla vostra somma erudizione! Un appendiabiti in coppia con Luca Giurato avrebbe saputo fare scelte migliori...ma torniamo a noi. Per fare capire alla gente di un certo spessore culturale (e in possesso di un numero decente di neuroni) di cosa stiamo parlando: il Grande Fratello è un reality-show (AHAHAH!Come no!) costituito da una casa, una presentatrice e dei concorrenti, tra i quali la palma d‘oro dell‘intelligenza è detenuta dalla casa (i concorrenti, per quanto numerosi, non arrivano insieme a formare un cervello funzionante). Esso è il raccoglitore di tutte le persone più inutili della società (a partire dal ―commentatore‖, nonché ―iettatore‖ ufficiale della trasmissione, Alfonso Signorini), tra cui: gli impiegati postali (se le poste chiudono alle 13:00 - lo dice il cartello!!!- perché diamine TU, PAGATO per garantirmi un servizio almeno decente, ti prendi il lusso di chiudere la baracca un‘ora prima o di farti le meches/manicure/pedicure/conversazione di tre ore al telefono con l‘amica del momento - uomini inclusi!!!- anziché muovere quella gigantesca petroliera che ti ritrovi al limitare della schiena e assolvere al tuo dovere???), figli di papà pieni di soldi, che sgorgano come acqua dalle orecchie (e lascio a voi il compito di immaginare da quale altro pertugio del nostro corpo...) e nullafacenti da ogni parte del globo, la cui massima aspirazione è quella di diventare opinionisti ―lavoro‖ di grande utilità, pure questo! -, posare per un calendario, sposare una velina/ un calciatore e apparire in varie trasmissioni televisive di indubbia qualità culturale (argomento del giorno: Pagina 21 La cenere degli astri, l‘immoto andare di chi parte per restare e soffre il viaggio che desidera col tormento di chi invoca la libertà di essere; e l‘odio, un sentimento non diverso e antitetico dell‘amore, ma sempre congiunto alla passione amorosa. L‘odio-amore come unico sentimento dominante, come immagine della contraddizione dell‘anima stessa, e il mito ideale della fantasia, che fonde bellezza suprema e volgare miseria. insperanti, hoc est gratum animo proprie. Quare hoc est gratum, nobis quoque carius auro, quos te restituis, Lesbia, mi cupido, restituis cupido atque isperanti, ipsa refers te nobis. O lucem candidiore nota! Quis me uno vivit felicior aut magis me est optandus vita, dicere quis poterit? Nunc te cognovi: quare etsi impensius uror, multo mi tamen es vilior et levior. Qui potis est? inquis. Quod amantem iniuria talis cogita mare magis, sed bene velle minus. Yohoo mangiamoci su! A vanti, voglio sapere chi non ha mai detto o pensato la frase ―Ho bisogno di Nutella!‖ penso nessuno! Allergici a parte (poverini, non assaggeranno mai il cibo degli dei!) quasi tutti hanno almeno una volta assaggiato la Nutella. Perché ormai sappiamo per certo che questa dipendenza si riscontra sempre nella vita di un individuo medio, all‘inizio non sappiamo bene cosa sia, le nostre papille gustative hanno bisogno di qualcosa, ma non sappiamo cosa! Ed ecco che arriva, sotto forma di panna, di cioccolato (mmmmmmmmmmhmm), caramelle, enormi dolci ricoperti di glassa … arriva la nostra medicina per tutto, per i brutti voti, per le litigate con gli amici e fidanzati nonché la cura per dimenticare i divieti dei genitori:ammettiamolo...queste prelibatezze ci possono far provare emozioni, sensazioni e brividi... che vanno oltre l‘immaginabile! Sì, sono amici fidati nei momenti di tristezza, protagonisti di lunghissimi pigiama party, e angeli custodi negli attimi più tristi di una giornata; altro che bietole, carciofi, o roba simile! Nonostante questo principio sia assolutamente comune tra i giovani d‘oggi purtroppo ancora oggi ci sono donne e uomini (purtroppo soprattutto le donne)che si ostinano a proporre ai propri figli come pranzo questa―roba‖! Che scandalo ragazzi lo so, ma la realtà è difficile da affrontare e lo stato ha cose più importanti a cui pensare. Peccato che non basterà questo urlo disperato per far cambiare idea ai genitori di tutto il mondo; perché si dia il caso che (a loro dire) quello che noi chiamiamo ―roba‖ faccia ―bene‖; ma vi assicuro che anche la nutella fa bene! Ma i boss della situazione sono loro Pagina 20 quindi la nostra unica scelta è mangiare la sbobba e sgattaiolare solo in seguito in cucina alla ricerca segreta di cioccolato, panna e fragole e nutella! Purtroppo in questo mondo niente si ha per niente, e ci sono i famosissimi e temutissimi ―effetti collaterali‖ delle nostre abbuffate! Già finisce il barattolo, finisce il tubo di pringles e il giorno dopo come premio per il buon lavoro svolto un bel brufolo sulla guancia! Si ragazzi proprio oggi che vi dovevate vedere con il vostro ragazzo, e non c‘è fondotinta che regga! Il brufolo c‘è e rimarrà!! ―Disastro‖ penserete! E ora siete ancora sicuri che quell‘abbuffata sia stata una cosa giusta? In molti penserete che non lo farete più, che questa dipendenza vi sta facendo solo ingrassare e che dovete smettere: da oggi dieta!Ecco a queste parole la nutella che sta in casa nell‘armadio trema! E pensa: ―Se non mi mangerà più lei chi lo farà?‖. Ecco guardate cosa avete fatto! Ora è triste! Eppure nonostante voi l‘abbiate pugnalata al petto lei non vi abbandonerà, che ragazza unica! Infatti anche se quando tornerete a casa, mangerete a occhi chiusi disgustati quell‘infinito piatto di minestrone, non la guarderete neanche e gli chiuderete l‘anta in faccia lei non vi lascerà soli; tutt‘altro, appena starete male per qualsiasi motivo, lei ci sarà! E lo sapete benissimo che tornerete da lei alla prima delusione; in fondo hanno ragione (ormai lo sappiamo tutti lo slogan): ―Che mondo sarebbe senza Nutella?‖ Non ci possiamo fare niente, quando una cosa è buona è buona.. e non ci sono barrette integrali o cereali che tengano! Noemi Stuppia IV C L‘anticonformismo eroico che effettua il rovesciamento dei rapporti convenzionali e accorda alla donna un ruolo centrale, ponendola a un livello di dignità spesso sconosciuta o ignorata, e che invece fa dell‘amante un fanciullo, un servo d‘amore, pieno Il discorso amoroso che diventa monologo interiore, ma non per di passione e al tempo stesso di reverenza nei confronti questo rinuncia alla drammatizzazione dello stato d‘animo stes- dell‘amata, madre e padrona, fredda e austera, sovrana inconso; la sofferta oscillaziotrastata nel mondo appane tra la saggezza, che rente ma soprattutto cerca di ricondurre alla nella difficile interiorità ragione un‘interiorità del poeta. irragionevole, e la smaniosa ricerca della follia Tu vivi sempre nei tuoi atti. amorosa… Con la punta delle dita sfiori il mondo, gli strappi Se mi chiamassi, si, aurore, trionfi, colori, se mi chiamassi! allegrie: è la tua musica. Io lascerei tutto, La vita è ciò che tu suoni. tutto io getterei: Dai tuoi occhi solamente i prezzi, i cataloghi, emana la luce che guida l’azzurro dell’oceano sulle i tuoi passi. Cammini carte, fra ciò che vedi. Soltanto. i giorni e le loro notti, E se un dubbio ti fa cenno i telegrammi vecchi a diecimila chilometri, ed un amore. abbandoni tutto, ti lanci Les amants, Magritte. Tu, che non sei il mio amosu prore, su ali, re, sei subito lì: con i baci, se mi chiamassi! coi denti lo laceri: non è più dubbio. … e l‘ultimo conforto possibile, cercato nella celata disperazione Tu mai puoi dubitare. di un congedo duro e sprezzante, rivolto al fantasma dell‘amata, Perché tu hai capovolto i misteri…I prodigi in un estremo e impossibile desiderio di rivalsa. che sono già decifrati. Vale, puella. Iam Catullus obdurat, E mai ti sei sbagliata, nec te requiret nec rogabit invitam: solo una volta, una notte at tu dolebis, cum rogaberis nulla. che t’invaghisti di un’ombra - l’unica che ti è piaciutaLa celebrazione del sentimento che rinnega i toni scanzonati di un’ombra pareva. chi frantuma un‘esperienza amorosa dopo l‘altra senza una torE volesti abbracciarla. mentata partecipazione, anzi che riflette su di sé i sintomi di Ed ero io. uno straziante motivo di vita, a tratti tortura e fonte d‘infelicità, a tratti pienezza gioiosa del sentirsi amati. Si quicquid cupido optantique obtigit unquam Elena Crispino II E Pagina 17 2000-2010: Craxi, “Duci ed ombre” M ilano, 24 Febbraio 1934: nasce Benedetto Craxi. 1970: diventa vicesegretario nazionale, su nomina di Giacomo Mancini. Roma, 16 Luglio 1976: viene eletto segretario del PSI. 1979: è il primo Socialista Presidente del Consiglio. 1986: scoppia lo scandalo Tangentopoli. 15 Dicembre 1992: riceve il primo degli avvisi di garanzia della Procura di Milano. Roma, 30 Aprile 1993: all‘uscita dall‘hotel Raphael, viene bersagliato dal lancio di monetine: è la sua fine politica. 12 Maggio 1994: fugge in Tunisia, ad Hammamet. 21 Luglio 1995: viene ufficialmente definito latitante. Hammamet, 19 gennaio 2000: Bettino Craxi muore per un arresto cardiaco. “Soffiava un forte vento su Hammamet‖ quel Dicembre di dieci anni fa. Soffiava un forte vento sulle vicende di un leader che salì sugli altari del potere, promuovendo lo sviluppo capitalistico, il riformismo gradualista e moderato del Partito del Garantismo, che cadde nella polvere più turpe tirando con se il PSI. Un forte vento che spazzò via il regno della ―Sacra famiglia‖, quella di Craxi, costruito approfittando della devastazione dello Stato Italiano e innalzato sui ―solidi pilastri‖ dell‘ipocrisia e degli obbrobri della classe politica, che comandava distribuendo i pani e i pesci che si moltiplicavano grazie alla tagliola delle tangenti imposta a livello industriale. Fu l‘eroe italiano degli anni ‗80 costruito da Pietro Nenni, dall‘arrogante rivalutazione degli stereotipi marxisti e dalla teorizzazione dell‘eretico Proudhon e dalla tanto pubblicizzata e propugnata Grande Riforma economica e istituzionale. Con l‘apoteosi dell‘operato politico di Craxi e delle perorazioni di innovazione e risanamento economico si cerca di sviare dall‘innegabile crescita del debito pubblico italiano che dal 1984 al 1992 passò da 240 miliardi di euro a 800 miliardi di euro proiettandoci verso la più grave crisi economica dal dopoguerra. Oggi il debito pubblico è di 1.600 miliardi di Pagina 18 euro, 27.500 euro per ogni cittadino, compresi i neonati, con 75 miliardi di interessi annui. È pur vero che il fenomeno Tangentopoli non fu limitato solo al PSI, ma coinvolse molti partiti ai vertici del mondo politico e finanziario italiano. Indubbiamente la politica craxiana spinse alla corruttela dilagante e all‘occupazione delle istituzioni alle cui copiose acque attinsero in molti, anche la DC di Andreotti. Dal 1972 al 2006, con i governi Andreotti e Berlusconi il debito pubblico è aumentato di 285.106 milioni di euro. Le questioni tutt‘oggi aperte circa il sistema politico craxiano sono i tentativi (vani) di chi finge di non vedere gli effetti che il ―decennio Craxi‖ ha determinato sul Paese e di chi si sforza a coglierne aspetti positivi (che in realtà non si trovano!) rinforzando il muro di ipocrisia eretto tra la il ―labor‖ di utopiche ideologie politiche e i veri esiti del disegno di potere di un uomo condannato a dieci anni di reclusione per finanziamento illecito e per corruzione. Un teorema che merita di essere valutato attentamente, inoltre, è quello dei parallelismi tra la situazione politica del ventennio scorso e quella attuale e della continuità della storia politica CraxiBerlusconi, di cui lo stesso Cavaliere si fece dichiaratamente erede nel secondo anniversario della morte di Craxi, celebrando nel leader del PSI il premier che si accorse per primo della crisi dell‘URSS e che gettò a mare le nefandezze del marxismo (vista anche la legge Mammì e considerato il fatto che Craxi fiutò le magnifiche sorti della tv commerciale, spianando così la strada del successo a Berlusconi!). Oggi la situazione si ribalta: in primo piano torna il protagonista della vicenda giudiziaria, ma stavolta come vittima. La stessa situazione politico-sociale dei decenni scorsi si ripropone oggi in un PD alle prese con il problema del rapporto fra politica e giustizia (e ne è sempre più coinvolto) e che non ha risolto il nodo della sua identità politica rimanendo sempre più ―intrappolato in una visione mitica della modernizzazione craxiana, nel senso di colpa per non averla fatta propria o nell'illusione che bastasse e basti farla propria depurandola dalla corruzione perché funzionasse negli anni Ottanta e funzioni ora. Perché i due lati della medaglia di Craxi, il leader politico e il politico corrotto, trovassero finalmente una sistemazione coerente è proprio quel mito della modernizzazione che bisognerebbe smontare, procedendo finalmente a un'analisi veritiera del decennio craxiano che nel '93 non si fece consegnandone alla magistratura il seppellimento e dopo non si è fatta consegnandone a Berlusconi il proseguimento‖. Scandalo a corte : tutti gli uomini del presidente I l cursus honorum di Craxi inizia all‘età di diciannove anni,1953, anno in cui entrò nella federazione milanese del PS e quattro anni dopo venne eletto nel comitato centrale del Psi. La sua escalation politica proseguì sino a divenire membro della direzione nazionale. Nel frattempo fece esperienza come consigliere comunale a Sant‘angelo Lodigiano e come assessore a Milano, emblema dell‘attivismo industriale, nel 1960. Per la prima volta venne eletto, nel 1968, in parlamento, ma l‘anno successivo ricevette la nomina di vicesegretario nazionale, la quale gli venne confermata solo nel ‘72 con l‘elezione di De Martino come segretario del Psi, con il compito di curare i rapporti internazionale del partito. Dopo la caduta del governo Moro e la grave crisi all‘interno del partito del PSI, a seguito delle dimissioni di De Martino, venne eletto segretario del partito e nel 1983 divenne presidente del consiglio. Fu il primo socialista a ricoprire la carica di presidente del consiglio,che detenne, per ben due volte, con grande lungimiranza e dimostrando grandi doti politiche (circondandosi di nuove personalità, soprattutto giovani, dando vita alla rivoluzione dei quarantenni, di cui, ancora a vent'anni di distanza e dagli opposti fronti degli schieramenti parlamentari, le istituzioni e la gestione della cosa pubblica ancora si avvalgono). Rivoluziona l'intero partito socialista (rivalutazione del pensiero socialista libertario rispetto al marxismo, abbattendo le fondamenta delle ideologie comuniste (lenista-marxista), con determinazione ed energia, per dare inizio a ciò che Craxi chiamava "il nuovo corso". Ma in seguito alle dichiarazioni di Chiesa, venne svelato il complesso marchingegno delle tangenti che prese il nome di Mani Pulite, per cui Craxi venne accusato di finanziamento illecito ai partiti, da lui stesso però dichiarati: ―io sono al corrente della natura non regolare dei finanziamenti ai partiti e al mio partito‖. Da qui in poi verrà accusato di aver ricevuto nel 1991 la maxitangente da 21 miliardi versato da Berlusconi dopo legge Mammì, di aver incassato almeno 35 miliardi da aziende pubbliche, come Ansaldo e Italimpianti e private, come Calcestruzzi ed Technit. Craxi era stato condannato in via definitiva a 10 anni per corruzione e finanziamento illecito per le tangenti Eni- Sai e per quelle della metropolitana milanese. Altri processi furono estinti per morte del Reo: quelli in cui aveva collezionato tre condanne in appello a tre anni per la maxitangente Enimont, cinque anni e cinque mesi per le tangenti Enel (corruzione), cinque anni e nove mesi per il conto Protezione (bancarotta fraudolenta Banco Ambrosiano), una condanna in primo grado prescritta in appello per All Iberian; tre infine a giudizio per la mega- evasione fiscale sulle tangenti, per le mazzette della Milano-Serravalle e della cooperazione col terzo mondo. Ma il 3 luglio del 1992, durante la seduta nella camera dei deputati, Craxi denunciò il fatto che il finanziamento ai partiti in generale era irregolare e illegale e che nessun responsabile politico poteva affermare il contrario, mentre i cittadini italiani iniziarono a protestare contro, non tanto per natura politica, ma per il semplice diritto di poterlo fare, facendo svolazzare banconote da 10 lire, e gridando ―vuoi anche queste‖ Nel 1993, dopo la mancata autorizzazione a procedere all‘arresto da parte della camera dei deputati, il 30 aprile dello stesso anno Craxi, all‘uscita dell‘hotel Raphael, viene colpito da un pioggia di monetine, un gesto che ha segnato l‘epilogo della storia di un grande uomo politico italiano. Fuggito poi ad Hammamet in Tunisia, Craxi morì 19 gennaio del 2000. A 10 anni dalla sua morte, Bettino Craxi figura al centro del dibattito politico: della sua figura si discute molto, c'è chi vorrebbe dedicargli una statua e chi pensa sia un mezzo delinquente, ma agli occhi della storia Craxi è stato trasformato nel capro espiatorio di un sistema che era stato l'ultimo residuo della guerra fredda, basti pensare che il reato portante di tangentopoli, cioè il finanziamento illecito ai partiti, era stato oggetto di un'amnistia appena due anni prima, un colpo di spugna che prese ad alcuni e non ad altri. La verità è che ad un problema politico fu dato una soluzione giudiziaria e l'unico che ebbe il coraggio di porre in questi termini la questione, cioè Craxi, fu spedito alla ghigliottina". Danilo Lo Cane V E Pagina 19