Tutto Craxi per chi ha perso la memoria

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Tutto Craxi per chi ha perso la memoria
Tutto Craxi per chi ha perso
la memoria
TUTTO CRAXI
Via Bettino Craxi, 1934-2000, politico, corrotto e latitante
Fonte:IdvStaff
Roma, 29 dic – Il sindaco di Milano Letizia Moratti vuole intitolare una via o un
giardino all’interno di un parco di Milano a Bettino Craxi, a dieci anni dalla sua
morte. E’ quanto riferiscono oggi alcuni quotidiani, secondo i quali la scelta della
Moratti dovrebbe avvenire subito prima o dopo il 19 gennaio, quando il leader
socialista verra’ ricordato con una cerimonia al Senato.
Sui quotidiani di oggi ci sono degli articoli a dir poco
interessanti: la menzogna viene spacciata per verità.
Mettono in evidenza che si deve celebrare il decennale di
Bettino Craxi: un omaggio di Berlusconi.
Dopo tutto, chi altri poteva omaggiare un latitante,
pluricondannato e corrotto che, commettendo innumerevoli reati,
ha rovinato sia la credibilità del Paese che quella delle
Istituzioni, se non proprio lui, Silvio Berlusconi? Tra simili
si ritrovano.
Ebbene, l’Italia dei Valori lo dice forte e chiaro: abbiamo
pietà per i morti, ma nessuna pietà per chi mente. Craxi non era una persona in
esilio, era un latitante. Nessuno lo ha cacciato. E’ lui che è fuggito per non
rispondere delle sue azioni davanti alla giustizia. E’ scappato via perché è stato
condannato con sentenza penale passata in giudicato. Era accusato di corruzione e
finanziamento illecito ai partiti, cosa di cui i giornali non fanno alcuna menzione
per poterlo spacciare come “grande statista”.
Ma quale statista!?
Quello che con la DC della Prima Repubblica ha indebitato oltremodo le casse dello
Stato?
Quello che ha dato la possibilità ad una classe imprenditoriale di crescere non in
ragione delle proprie capacità imprenditoriali ma delle mazzette che pagava?
Ritengo che questo fine d’anno volga al termine nella maniera peggiore: un anno in
cui il fratellastro di Craxi è stato al governo con il solo fine di produrre leggi
per non farsi processare. Un anno che viene sublimato, come dice il sindaco di
Milano, dedicando una strada o una piazza al ricordo di Bettino Craxi.
E allora facciamola questa piazza: Piazza Bettino Craxi.
Sotto il nome, però, come in tutte le targhe, scriviamoci anche quel che era:
“politico, corrotto, latitante”.
Craxi, Letizia Moratti e l’insulto agli elettori
di P.Gomez
Fonte:www.voglioscendere.ilcannocchiale.it
La decisione del sindaco di Milano, Letizia Moratti, di intitolare una via o un
parco pubblico a Bettino Craxi è destinata a segnare un’epoca. Potremmo spendere
centinaia di parole per ricostruire, con carte e testimonianze alla mano, i molti
crimini contro la cosa pubblica commessi
dall’ex segretario del Psi, morto latitante in Tunisia. O potremmo ricordare un suo
celebre intervento in Parlamento in cui, nel luglio del 1993, lui stesso ammetteva
che durante gli Settanta, Ottanta e Novanta si era “diffusa nel paese, nella vita
delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni una rete di corruttele grandi e
piccole“, dimenticandosi però di aggiungere come né lui, né gli altri leader
politici (spesso a pieno titolo complici del sistema), avessero fatto nulla per
cercare d’invertire la rotta.
Ma il punto oggi è un altro. Al di là del contenuto delle sentenze, a Milano, come
nel resto d’Italia, una parte rilevante dei cittadini (probabilmente la maggioranza)
ritiene Craxi un politico corrotto. E questa pessima reputazione è diffusa anche tra
chi considera l’ex segretario del garofano uno dei pochi parlamentari italiani di
quegli anni dotati di respiro e leadership internazionale.
Per questo la scelta di Letizia Moratti segna un’epoca. Dimostra infatti che le
nostre classi dirigenti sono sempre più scollegate dal Paese. E che, anche quando
sono al governo, non hanno nessuna intenzione di prendere decisioni condivise, ma
preferiscono adottare provvedimenti che dividono, invece che unire. Il fatto poi che
una presa di posizione del genere arrivi dal sindaco di una città in cui ancora
tutti ricordano come, durante gli anni della Milano da bere, le casse del comune
fossero vuote perché ogni appalto pubblico (vedi, ad esempio, la costruzione della
metropolitana, in cui il pentapartito si spartiva le mazzette con il Pci) costava il
doppio del normale a causa del sovrapprezzo delle tangenti, non può che spaventare.
In Italia, spiega la Banca Mondiale, la corruzione costa ai cittadini circa 50
miliardi di euro l’anno. Una parte importante del denaro dei contribuenti se ne va
per foraggiare cacicchi, pseudo imprenditori, burocrazie e amministrazioni
(corrotte) di destra e di sinistra. Erigere monumenti, o intitolare vie, a chi è
diventato simbolo di questo modo di governare (male), non è insomma solo un insulto
all’etica o alla morale. Ma all’intelligenza (e alle tasche) degli elettori.
NOSTRO COMMENTO: Come si fà a intitolare una via della città a Bettino Craxi
condannato con sentenza passata in giudicato per corruzione e finanziamento illecito
ai partiti e scappato via dall’Italia per sfuggire alla giustizia? Mah! Rimaniamo
allibiti!
ANCORA SU BETTINO CRAXI
20 ottobre 2009 – 25° Anniversario Decreto Salva Fininvest – Caro Bettino
Fonte:IDVstaff
Articolo di Marco Travaglio pubblicato su “il Fatto Quotidiano“ di oggi a pagina 6.
Ogni commento è superfluo, buona lettura.
“Al momento della morte, nel gennaio del 2000, Bettino Craxi era stato condannato in
via definitiva a 10 anni per corruzione e finanziamento illecito (5 anni e 6 mesi
per le tangenti Eni-Sai; 4 anni e 6 mesi per quelle della Metropolitana milanese).
Altri processi furono estinti “per morte del reo”: quelli in cui aveva collezionato
tre condanne in appello a 3 anni per la maxitangente Enimont (finanziamento
illecito), a 5 anni e 5 mesi per le tangenti Enel (corruzione), a 5 anni e 9 mesi
per il conto Protezione (bancarotta fraudolenta Banco Ambrosiano); una condanna in
primo grado prescritta in appello per All Iberian; tre rinvii a giudizio per la
mega-evasione fiscale sulle tangenti, per le mazzette della Milano-Serravalle e
della cooperazione col Terzo Mondo.
Nella caccia al tesoro, anzi ai tesori di Craxi sparsi per il mondo tra Svizzera,
Liechtenstein, Caraibi ed Estremo Oriente, il pool Mani Pulite ha accertato introiti
per almeno 150 miliardi di lire, movimentati e gestiti da vari prestanome:
Giallombardo, Tradati, Raggio, Vallado, Larini e il duo Gianfranco Troielli &
Agostino Ruju (protagonisti di un tourbillon di conti e operazioni fra HongKong e
Bahamas, tuttora avvolti nel mistero per le mancate risposte alle rogatorie).
Finanziamenti per il Psi?
No, Craxi rubava soprattutto
per
sé
e
i
suoi
cari.
Principalmente su quattro conti personali: quello intestato
alla società panamense Constellation Financière presso la
banca Sbs di Lugano; il Northern Holding 7105 presso la
Claridien Bank di Ginevra; quello intestato a un’altra
panamense, la International Gold Coast, presso l’American
Express di Ginevra; e quello aperto a Lugano a nome della
fondazione Arano di Vaduz. “Craxi – si legge nella sentenza
All Iberian confermata in Cassazione – è incontrovertibilmente
responsabile come ideatore e promotore dell’apertura dei conti
destinati alla raccolta delle somme versategli a titolo di
illecito finanziamento quale deputato e segretario esponente
del Psi. La gestione di tali conti… non confluiva in quella
amministrativa ordinaria del Psi, ma veniva trattata
separatamente dall’imputato tramite suoi fiduciari…
Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito
questi conti”.
Su Constellation Financiere e Northern Holding – conti gestiti
dal suo compagno di scuola Giorgio Tradati – riceve nel 1991‘92 la maxitangente da 21 miliardi versata da Berlusconi dopo
la legge Mammì. Sul Northern Holding incassa almeno 35
miliardi da aziende pubbliche, come Ansaldo e Italimpianti, e
private, come Calcestruzzi e Techint.
Nel 1998 la Cassazione dispone il sequestro conservativo dei beni di Craxi per 54
miliardi. Ma nel frattempo sono spariti. Secondo i laudatores, Craxi fu condannato
in base al teorema “non poteva non sapere”. Ma nessuna condanna definitiva cita mai
quell’espressione. Anzi la Corte d’appello di Milano scrive nella sentenza All
Iberian poi divenuta definitiva: “Non ha alcun fondamento la linea difensiva
incentrata sul presunto addebito a Craxi di responsabilità di ‘posizione’ per fatti
da altri commessi, risultando dalle dichiarazioni di Tradati che egli si informava
sempre dettagliatamente dello stato dei conti esteri e dei movimenti sugli stessi
compiuti”.
Tutto era cominciato “nei primi anni 80” quando – racconta Tradati a Di Pietro –
“Bettino mi pregò di aprirgli un conto in Svizzera. Io lo feci, alla Sbs di Chiasso,
intestandolo a una società panamense (Constellation Financière, ndr). Funzionava
cosí: la prova della proprietà consisteva in una azione al portatore, che consegnai
a Bettino. Io restavo il procuratore del conto”. Su cui cominciano ad arrivare
“somme consistenti”: nel 1986 ammontano già a 15 miliardi.
Poi il deposito si sdoppia e nasce il conto International Gold Coast, affiancato dal
conto
di
transito
Northern
Holding,
messo
a
disposizione
dal
funzionario
dell’American Express, Hugo Cimenti, per rendere meno identificabili i versamenti.
Anche lí confluiscono ben presto 15 miliardi.
Come distinguere i versamenti per Cimenti da quelli per Tradati, cioè per Craxi?
“Per i nostri – risponde Tradati – si usava il riferimento ‘Grain’. Che vuol dire
grano”. Poi esplode Tangentopoli. “Il 10 febbraio ‘93 Bettino mi chiese di far
sparire il denaro da quei conti, per evitare che fossero scoperti dai giudici di
Mani pulite. Ma io rifiutai e fu incaricato qualcun altro (Raggio, ndr): so che
hanno comperato anche 15 chili di lingotti d’oro… I soldi non finirono al partito, a
parte 2 miliardi per pagare gli stipendi”.
Raggio va in Svizzera, spazzola il bottino di Bettino e fugge in Messico con 40
miliardi e la contessa Vacca Agusta. I soldi finiscono su depositi cifrati alle
Bahamas, alle Cayman e a Panama.
Che uso faceva Craxi dei fondi esteri? “Craxi – riepilogano i giudici – dispose
prelievi sia a fini di investimento immobiliare (l’acquisto di un appartamento a New
York), sia per versare alla stazione televisiva Roma Cine Tv (di cui era direttrice
generale Anja Pieroni, legata a Craxi da rapporti sentimentali) un contributo
mensile di 100 milioni di lire. Lo stesso Craxi, poi, dispose l’acquisto di una casa
e di un albergo [l’Ivanohe] a Roma, intestati alla Pieroni”. Alla quale faceva pure
pagare “la servitú, l’autista e la segretaria”.
Alla tv della Pieroni arrivarono poi 1 miliardo da Giallombardo e 3 da Raggio. Craxi
lo diceva sempre, a Tradati: “Diversificare gli investimenti”.
Tradati eseguiva: “Due operazioni immobiliari a Milano, una a Madonna di Campiglio,
una a La Thuile”. Bettino regalò una villa e un prestito di 500 milioni per il
fratello Antonio (seguace del guru Sai Baba).
E il Psi, finito in bolletta per esaurimento dei canali di finanziamento occulto?
“Raggio ha manifestato stupore per il fatto che, dopo la sua cessazione dalla carica
di segretario del Psi, Craxi si sia astenuto dal consegnare al suo successore i
fondi contenuti nei conti esteri”.
Anche Raggio vuota il sacco e confessa di avere speso 15 miliardi del tesoro
craxiano per le spese della sua sontuosa latitanza in Messico.
E il resto?
Lo restituì a Bettino, oltre ad acquistargli un aereo privato Sitation da 1,5
milioni di dollari e a disporre –scrivono i giudici– “bonifici specificatamente
ordinati da Craxi, tutti in favore di banche elvetiche, tranne che per i seguenti
accrediti: 100.000 dollari al finanziere arabo Zuhair AlKatheeb” e 80 milioni di
lire(«$ 40.000/s. Fr. 50.000 Bank of Kuwait Lnd») per “un’abitazione affittata dal
figlio di Craxi (Bobo, ndr) in Costa Azzurra”, a Saint-Tropez, “per sottrarlo –
spiega Raggio – al clima poco favorevole creatosi a Milano”.
Anche Bobo, a suo modo, esule.
Quando i difensori di Craxi ricorrono davanti alla Corte europea dei diritti
dell’uomo, nella speranza di ribaltare la condanna Mm, vengono respinti con perdite.
“Non è possibile – scrivono i giudici di Strasburgo il 31 ottobre 2001 – pensare che
i rappresentanti della Procura abbiano abusato dei loro poteri”. Anzi, l’iter
dibattimentale “seguí i canoni del giusto processo” e le proteste dell’imputato
sulla parzialità dei giudici “non si fondano su nessun elemento concreto… Va
ricordato che il ricorrente è stato condannato per corruzione e non per le sue idee
politiche”.
NOSTRO COMMENTO: Sono d’accordo con Di Pietro: “OGNI COMMENTO E’ SUPERFLUO” Possimao
tranquillamente dire: “abbiamo toccato il fondo!”
GUARDATE ANCHE
BETTINO NOSTRO CHE SEI NEI CIELI (5 Gennaio 2009):
di Marco Travaglio
DAL BLOG DI BEPPE GRILLO, SI RIPORTA:
“Buongiorno a tutti.
Chi di noi ha avuto la sfortuna di essere sintonizzato su Canale 5 ieri a mezza
sera, avrà notato uno spettacolino degno della Korea di Kim Il Sung, una specie di
monumento equestre in versione televisiva a Bettino Craxi, nel nono anniversario
della sua scomparsa.
Un filmino messo insieme da alcuni suoi ex famigli e ovviamente trasmesso in pompa
magna, è il caso di dirlo, da Mediaset.
E’ chiara la devozione di Mediaset al suo santo protettore: senza Craxi, Berlusconi
non sarebbe dov’è, Mediaset non sarebbe lì visto che è sopravvissuta alle varie
violazioni di legge che prima Fininvest e poi Mediaset hanno perpetrato in barba
alle normative nazionali, europee, alla Corte Costituzionale, eccetera.
Grazie al padrinaggio di Craxi e poi al padrinaggio dello stesso Berlusconi che poi
è andato in politica a sostituirlo.
Si comprende la ragione per cui Mediaset e Fininvest e il mondo Berlusconiano sono
così affezionati allo scomparso leader pregiudicato e latitante.
La cosa interessante è che probabilmente nemmeno Mediaset si era mai ridotta così
male, si era mai abbassata e umiliata a tal punto, nella sua campagna revisionista e
negazionista di quello che è avvenuto nella storia italiana negli ultimi quindicivent’anni.
Si provava imbarazzo persino per Mediaset, ieri sera, nel vedere scorrere quella
specie di vita dei Santi, quella specie di agiografia di Santa Maria Goretti con gli
occhiali e il garofano.
Purtroppo, molti di quelli che hanno visto quella cosa, spero pochi grazie alle
vacanze, erano persone che hanno dimenticato, altri sono persone che non hanno mai
saputo, altri sono persone che non c’erano perché sono giovani e quindi non hanno
gli strumenti per verificare.
Forse è il caso di mettere qualche puntino sugli “i” per evitare gli effetti
collaterali di queste vere e proprie armi di distruzione di massa intellettuale e
cerebrale e della memoria collettiva, onde evitare che poi queste radiazioni si
propaghino per anni.
Meglio fermarle, meglio immunizzarsi.
Intanto era chiaro a tutti che se fosse vero quello che è stato raccontato non si
capirebbe per quale motivo questo signore è dovuto scappare dall’Italia in fretta e
furia, per sfuggire a varie sentenze di condanna e a un destino di galera, visto che
Craxi era stato condannato a dieci anni di galera.
Voi sapete com’è difficile in Italia riuscire a condannare un potente, non dico a
dieci anni ma a dieci minuti di galera.
Lui era riuscito a totalizzare dieci anni e, se non fosse morto prematuramente, ne
avrebbe totalizzati altri perché c’erano tanti altri processi per tangenti che
avevano già superato la prima fase e probabilmente Craxi se la sarebbe cavata con
una ventina d’anni di galera, visto quel poco che si era scoperto rispetto a quello
che aveva fatto.
Soprattutto, non si capirebbe per quale motivo questo statista di fama mondiale, nei
periodi di massimo fulgore, riuscisse a ottenere il 14 e qualcosa percento dei voti.
All’epoca si votava col proporzionale. Il miglior Craxi ha ottenuto meno voti del
peggior Fini, perché voi vi rendiate conto di quanto poco gli italiani si fossero
accorti di questo tesoro che avevano in casa, incompreso.
Il tesoro di Craxi
In compenso il tesoro ce l’aveva Craxi che in Svizzera era tenutario di due conti,
il conto Constellation finanzier e il conto Northen Holding, che gli gestiva un suo
compagno di scuola, Giorgio Tradati, fiduciariamente – un prestanome – sui quali
accumulava i soldi delle tangenti che le più grandi imprese italiane gli pagavano.
Dalla Fiat, all’Olivetti, alla Fininvest, il gruppo Ligresti, il gruppo Torno… vari
grandi costruttori, piccoli e medi.
Soldi suoi, non soldi del partito. Poi c’erano anche le tangenti per il partito che
venivano gestite su altri conti, sempre in Svizzera, da un altro gestore che era il
tesoriere del partito, l’On. Vincenzo Balzamo.
Sui soldi personali di Craxi andò poi a spazzolare tutto un barista di Portofino che
Craxi designò al posto di Tradati, quando nel 1993 temeva che Di Pietro e il pool di
Milano gli sequestrassero la roba sua.
Cioè era roba nostra però se ne era appropriato lui.
Raggio fu mandato in Svizzera: era il fidanzato della contessa Vacca Agusta , una
vecchia amica di Craxi che abitava a Portofino, spazzolò i conti, portò via
cinquanta miliardi di lire che Craxi teneva in quel momento e scappò in Messico,
dove rimase latitante per un paio d’anni.
Una volta preso confessò e fece la lista della spesa, dimostrando che Craxi quei
soldi non li usava per il partito ma per se, e infatti i giudici poi hanno
ricostruito questa lista della spesa.
Una lista che fa un po’ spavento se uno pensa alla fama che hanno costruito intorno
a questo presunto statista, che in realtà era un comune ladro, se “ladro” ha ancora
il senso che gli abbiamo dato nei vocabolari: persona che si appropria di denaro
altrui.
Si era comprato appartamenti a Barcellona, New York, La Tuille, Milano, Madonna di
Campiglio.
Si era comprato un aereo privato del valore di un milione e mezzo di dollari, aveva
regalato alla sua amica – la possiamo chiamare così – Ania Pieroni una televisione.
Non un televisore, proprio una stazione televisiva, Roma CineTV, che pagava a botte
di cento milioni al mese.
Non bastando, le pagava anche la servitù, l’autista, la colf e le acquistò – sempre
a questa ragazza dalle doti spettacolari – un hotel, l’hotel Ivanhoe, a Roma e un
appartamento.
Poi, naturalmente, c’erano gli affetti familiari: il fratello Antonio era un
signore, dev’essere anche simpatico, che si era invaghito del guru Sai Baba, quindi
pascolava per le indie al seguito del Sai Baba.
Era piuttosto squattrinato e una Craxi, coi soldi nostri, gli comprò una villa e
un’altra volta gli prestò 500 milioni di lire che non rivide mai più, tanto non
erano suoi.
C’era la cognata che si occupava di queste vicende, mi pare che si chiami Silvy.
Poi c’era il figlio Bobo, che a Milano in quel periodo sentiva un’aria poco
favorevole, e gli affittò un bel villino a Saint Tropez perché andasse anche lui
esule a svernare lontano da occhi indiscreti e malevoli.
Queste ed altre sono le destinazioni di quei soldi, ma ieri sera la parola
“tangenti” non è mai risuonata in tutta l’ora del cosiddetto documentario perché si
parlava d’altro.
Craxi, lo Statista che fece la Storia.
Voi avete visto, a Craxi sono stati attribuiti tutti i grandi avvenimenti
dell’ultimo secolo, mancava soltanto, per motivi anagrafici, che gli attribuissero
anche la vittoria nella prima Guerra Mondiale alla battaglia di Vittorio Veneto o
alla guerra di Crimea ai tempi del Risorgimento, o un ruolo decisivo nel Congresso
di Vienna.
Ma solo perché non era nato, altrimenti l’avremmo visto spuntare anche al Congresso
di Vienna con un bel parrucchino.
In compenso gli hanno attribuito la caduta di Pinochet, il ritorno della democrazia
in Cile; la Primavera di Praga; la battaglia dell’Occidente contro i missili
dell’Unione Sovietica.
Se l’Unione Sovietica ha dovuto disarmare e poi è tracollata è stato merito di
Craxi.
Gli hanno attribuito meriti clamorosi nella vittoria di Solidarnosc in Polonia, gli
hanno attribuito addirittura la paternità di Blair.
Blair sarebbe un figlioccio di Craxi: Blair non lo sa ma è un figlioccio di Craxi.
Gli hanno attribuito la caduta del Muro di Berlino, trionfi in tutto il mondo e su
tutto l’Orbe Terracqueo.
Addirittura, a un certo punto, si è sentito che Craxi sarebbe il padre dell’Europa.
Noi credevamo che fossero De Gasperi, Shuman e Adenauer: no, l’Europa che ci piace
come la conosciamo ora nasce a Milano negli anni Ottanta, per merito di Craxi.
Questo abbiamo sentito dire ieri sera: Craxi che lotta contro i militari
sudamericani, Craxi anticomunista perché l’Italia, se non lo sapevate, è stata
governata per cinquant’anni dai comunisti, tranne il periodo in cui c’è stato Craxi.
Questa è la versione che ci hanno dato, e quando si faceva accenno alla Democrazia
Cristiana era per dire che questa stava con i comunisti.
In realtà non c’è mai stato nessun governo con ministri comunisti, mentre dagli anni
Sessanta al Novantadue tutti i governi, salvo rare eccezioni, hanno avuto ministri
democristiani e socialisti.
Si sono dimenticati di dire che questo portentoso anticomunista di Craxi governava a
Roma con i democristiani e nelle giunte locali con i comunisti.
Lui governava sempre, l’alleato cambiava a seconda di chi era a disposizione.
A Milano, per esempio, le giunte rosse erano capitanate da suo cognato Pillitteri.
Ma anche di questo familismo amorale di Craxi, che aveva sistemato il cognato a
sindaco di Milano, il figlio al vertice del Partito Socialista milanese, una corte
di nani e ballerine non si è minimamente sentito raccontare.
E’ stato elogiato Craxi perché si opponeva alla linea della fermezza, cioè voleva
trattare con le Brigate Rosse, e questo elogio arriva dagli stessi che oggi ci
dicono che bisogna avere una linea della fermezza contro il terrorismo, quello degli
altri: quando il terrorismo ci tocca allora bisogna trattare.
Questa è la loro posizione.
Ci hanno raccontato che Pertini era un grande amico di Craxi, proprio un suo
sponsor, mentre sappiamo benissimo che Pertini non sopportava Craxi e faceva delle
sfuriate incredibili, anche pubbliche, nei confronti di questo ducetto che si
comportava come se l’Italia fosse diventata una Repubblica presidenziale o, anzi,
come una Repubblica dove comanda il premier.
Ci hanno fatto vedere che Craxi fu il primo a toccare il tabù della intoccabilità
della Costituzione, come se fosse un bene predicare contro la Costituzione del
proprio Paese – una cosa che si può fare soltanto in Italia, quello di sputare sulla
propria Costituzione e di vantarsene come se fosse un merito.
Fu il primo a denunciare la politicizzazione della magistratura: non hanno precisato
che Craxi si accorse della politicizzazione della magistratura quando i magistrati
cominciarono ad arrestare i socialisti che rubavano.
Quando presero i socialisti della giunta di Torino, giunta rossa, che rubavano.
Giunta capitanata da un galantuomo, come Diego Novelli, ma dentro c’erano anche
delle persone che si sono scoperte essere permale e che infatti Novelli
immediatamente segnalò, grazie alla denuncia di un imprenditore alla Procura della
Repubblica.
Quando i magistrati andarono a prendere un altro boss socialista, Teardo, in
Liguria, quando furono scoperti scandali che riguardavano ruberie socialiste in
tutti gli anni Ottanta; quando Beppe Grillo fu cacciato dalla Rai per avere
cominciato a dire quello che la vox populi sapeva e diceva sottovoce da tempo, cioè
che i socialisti erano diventati dei gran bei forchettoni.
Craxi, quando cominciarono a prendere i ladri di casa sua, sentendo ovviamente
avvicinare le sirene a se stesso, tuonò contro la politicizzazione della
magistratura e questo viene addotto come un suo merito, mentre in realtà è l’inizio
di una deriva devastante del potere politico che attacca il potere giudiziario
quando questo ci vede molto bene e le rare volte che faceva il suo dovere, negli
anni Ottanta.
Craxi aveva magistrati amici suoi: consulente a Palazzo Chigi, quando Craxi fu
presidente del Consiglio tra l’83 e l’87, c’era il giudice Squillante che poi si è
scoperto prendere soldi in Svizzera dagli avvocati dei suoi imputati, a cominciare
da Previti.
Squillante era il consigliere giuridico di Craxi, era una specie di attaché del
Partito Socialista nella magistratura romana dove era il vice capo dell’ufficio
istruzione e, con il nuovo codice, il capo dell’ufficio GIP.
Era quello che decideva chi si arresta e chi no, chi si rinvia a giudizio e chi no,
e infatti non rinviava a giudizio e non arrestava mai nessun socialista, nemmeno
sotto tortura, era contro i suoi princìpi.
Ma questo, naturalmente, non era un giudice politicizzato perché era un giudice che,
ad honorem, aveva la tessera del PSI, anzi la tessera col faccione di Bettino Craxi.
Berlinguer tirò fuori la questione morale e infatti, nel documentario, viene dipinto
come un losco figuro, uno che parla di questione morale in casa socialista è come
uno che parla di corda in casa dell’impiccato, o meglio uno che parla di manette in
casa del ladro.
Ci viene raccontato che quando Berlinguer manifestava contro gli euromissili era
pagato per fare quelle manifestazioni dall’Unione Sovietica.
Craxi, i terroristi e Saddam Hussein.
Ci viene raccontato l’episodio di Sigonella, che ancora purtroppo, secondo molti, è
considerato uno degli aspetti migliori della carriera politica di Craxi perché
nessuno si ricorda più come andarono le cose.
Un commando di terroristi dell’OLP, capitanati da Abu Abbas, aveva sequestrato una
nave da crociera dell’Achille Lauro in acque italiane, nel mediterraneo.
Il governo italiano, presidente del Consiglio Craxi, ministro degli esteri
Andreotti, ministro della difesa Spadolini, trattarono con il presidente egiziano
Mubarak perché si arrivasse ad una soluzione incruenta e promisero a lui, e quindi
ai palestinesi che erano in collegamento diretto con Arafat che come al solito
faceva il doppio gioco, che se se si fossero consegnati non sarebbero stati affidati
agli americani ma sarebbero stati giudicati dalla giustizia italiana.
Questo ufficialmente venne detto, cosa fu pattuito segretamente lo possiamo
immaginare da quello che successe dopo.
Quando i terroristi, una volta consegnati, arrivarono su un aereo militare nella
base americana di Sigonella, successe che gli americani tentarono di farseli
consegnare per portarli in America e processarli.
Li volevano processare perché, contrariamente a quello che si erano impegnati a
fare, cioè una fine incruenta del sequestro, si era scoperto che questi tagliagole
dell’OLP, di Abu Abbas e dei suoi uomini, avevano assassinato un ebreo paralitico
anziano americano, che era in crociera in carrozzella, Leo Klinghofer, e avevano
lanciato il cadavere nel mare.
C’era la chiglia dell’Achille Lauro sporca del suo sangue.
Questi assassini gli americani li volevano processare nel loro Paese: giustamente,
l’Italia disse: “il delitto è avvenuto in Italia, li processiamo noi”.
Certo, ma si sarebbe dovuto prendere questi terroristi e affidarli alla giustizia
italiana.
Invece, si presero i pesci piccoli cioè i membri del commando, ma il capo della
banda, l’ideatore del sequestro, Abu Abbas, fu caricato su un aereo dei servizi
segreti, spedito in Iugoslavia e di lì mandato in Irak, dove c’era Saddam Hussein
pronto ad accoglierlo a braccia aperte.
Il governo Craxi ha preso il capo di una banda di terroristi che hanno sequestrato
una nave e hanno assassinato un ebreo paralitico anziano in carrozzella a sangue
freddo e lo ha gentilmente consegnato a Saddam Hussein, per evitare che venisse
processato in base a un delitto commesso in Italia.
Tant’è che Abu Abbas fu condannato in contumacia all’ergastolo, ma non scontò mai la
pena ed è morto due o tre anni fa a Baghdad durante le operazioni di guerra,
peraltro per ragioni naturali.
Questo è il caso Sigonella: non è vero che Craxi difese a spada tratta la sovranità
italiana, Craxi sottrasse il capo di una banda di assassini terroristi alla
giustizia italiana per farlo scappare in Irak, dove in quel periodo c’erano le armi
di distruzione di massa perché Saddam Hussein si stava occupando di gassare curdi e
altre minoranze.
Ieri questo non ci è stato raccontato, ci è stato raccontato che fu un capolavoro
diplomatico e che anzi furono tutti contenti, che la cosa finì a tarallucci e vino
tra applausi generali.
L’On. Gerry Scotti e boom del debito pubblico.
Per fortuna c’erano gli spot, in questo vergognoso documentario, e si vedeva Gerry
Scotti che annunciava qualche programma da lui presentato.
Nessuno ha raccontato che l’uomo che si vedeva negli spot, Gerry Scotti, fu
candidato al Parlamento da Craxi e fu eletto deputato.
Pensate, abbiamo avuto Gerry Scotti deputato, nessuno se lo ricorda.
E’ stato uno delle più grosse conquiste ottenute da Craxi a livello politico,
insieme a candidature be più terrificanti, visto che in Parlamento c’erano nani
ballerine e diversi furfanti.
A Craxi è stata attribuita anche la crescita delle piccole e medie imprese: faceva
tutto lui, era una cosa fenomenale.
Nessuno ha ricordato che per la sua politica economica – che è stata elogiata per
tutto il documentario come se fosse un grande economista, uno che ha salvato
l’economia italiana – nei quattro anni in cui fu al governo il debito pubblico passò
da quattrocentomila miliardi a un milione di miliardi.
Cioè, è più che raddoppiato.
Il rapporto tra il debito e il Pil, fondamentale per rientrare nei parametri europei
di Maastricht, passò dal 70 al 90%.
In quattro anni un debito pubblico che era ancora abbastanza accettabile esplose e
ci portò completamente fuori.
Questo è il salvatore dell’economia italiana, lo stiamo pagando ancora adesso.
Quando voi sentite dire che abbiamo settanta miliardi di euro di interessi sul
debito e viene sempre attribuito a misteriose eredità del passato, bene il grosso
dell’eredità si chiama Craxi.
Naturalmente, nessuno ha fatto vedere i suoi rapporti affettuosi con Licio Gelli,
con Squillante, con personaggi addirittura della mala milanese.
Ci è stato detto, invece, che lui ha abbattuto l’inflazione a due cifre, ci ha
trasformati in una quinta potenza mondiale, sempre naturalmente contro i comunisti
che lavoravano nell’ombra perché erano i padroni dell’Italia, figuratevi.
La latitanza di Craxi.
Ci è stato detto che nel 1992 il pentapartito era in grande salute, ha ottenuto un
bel cinquantadue percento dei voti e poi non si capisce cosa sia successo perché il
narratore smette di parlare e si cominciano a vedere gazzelle della guardia di
finanza, i magistrati di Mani Pulite, facce, circostanze e titoli di giornale.
Ma non c’è nessuno che descrive quello che è successo: è ovvio, perché se avessero
dovuto descrivere quello che è successo avrebbero dovuto raccontarvi i nomi dei
conti in Svizzera, i cinquanta miliardi che c’erano dentro, le spese private
personali e familiari che faceva coi soldi che aveva rubato a noi.
La fuga per sfuggire, latitante, alle leggi del suo Paese, le condanne che nel
frattempo si accumulavano, le confessioni che tutti quelli che gli avevano dato i
soldi stavano facendo.
Alla fine ci hanno fatto sentire solo la sua versione dei fatti, cioè il suo
discorso alla camera che è un altro dei grandi fraintendimenti, delle grandi
leggende metropolitane perché ci viene raccontato come un grande discorso di verità
e di coraggio.
In realtà non ci vuole nessun coraggio, essendo protetti dall’immunità parlamentare,
ad andare in Parlamento e dire: “Signori, qui abbiamo rubato tutti: chi pensa che
non sia vero si alzi in piedi e giuri”.
Questo ha fatto lui e questo si è vantato di avere fatto in un’intervista trasmessa
in questo documentario.
Non ci vuole nessun coraggio perché non è che Craxi, alla fine di quel discorso,
visto che diceva “ho rubato anche io”, per la sua parte di furti si è spogliato
dell’immunità parlamentare e si è consegnato nella più vicina questura o caserma dei
Carabinieri o della Guardia di Finanza perché gli mettessero le manette e lo
portassero via a espiare la pena delle porcate che aveva commesso.
No, lui diceva “abbiamo rubato tutti” perché sottintendeva “quindi ci salviamo
tutti, con una bella legge salvaladri”.
Questo era il discorso di Bettino Craxi.
Indipendentemente dal fatto che avessero rubato tanti altri – e infatti ne hanno
presi tanti altri di sinistra, di centro, di destra; Mani Pulite sapete che ha preso
di tutto, comunisti, persino un missino, democristiani, repubblicani, liberali – tu
sai quello che hai fatto, l’hai appena detto, vai e paghi.
Questo non è avvenuto e non c’è niente di coraggioso in quello che ha fatto.
Quello era un ricatto, era un discorso ricattatorio e se c’è qualunquismo in Italia,
se si dice nei bar che è tutto un magna magna, che rubano tutti, che sono tutti
uguali, è colpa di discorsi come quelli.
E’ colpa di chi va in Parlamento e dice che rubano tutti.
Quando dici “qua rubano tutti” autorizzi la gente a pensare che sono tutti uguali.
Voi potete pensare che i mille parlamentari che c’erano in quel momento tra Camera e
Senato rubassero tutti? Evidentemente no, c’erano un sacco di persone perbene.
Semplicemente non potevano giurare sull’onestà di tutto il resto del loro partito,
ma dato che la responsabilità penale è personale, su Craxi e su tanti altri si sono
trovate le prove perché c’erano ma magari su altri non si sono trovate perché le
hanno nascoste, su altri ancora non si sono trovate perché non c’erano.
E’ quello che porta al qualunquismo, ed è strano che un uomo che con quel discorso e
con le sue ruberie ha distrutto il più antico e glorioso partito cento anni dopo la
sua nascita – perché il Partito Socialista è stato il primo partito italiano e Craxi
lo ha distrutto, non i giudici, come Moggi ha portato la Juventus in serie B e non i
magistrati – non venga ricordato come il distruttore del Partito Socialista.
Dopo che la gente ci era morta per costruirlo e per ricostruirlo durante la
Resistenza, la gente ci aveva speso, dal più umile dei militanti ai grandi leader
come Pertini, Nenni, Riccardo Lombardi, Turati.
Perché continuano a beatificare proprio quello che lo ha distrutto, portandolo nel
fango e nello sterco?
Perché certi favori poi si pagano anche postumi: invece di raccontarci le tangenti,
le valigette, i soldi, ci hanno raccontato la giustizia politica, la giustizia a
orologeria, i suicidi in carcere.
Sappiate che per Mani Pulite non si è suicidato nemmeno un imputato. Quando dico
nemmeno uno, vuol dire nemmeno uno: zero sono i suicidi in carcere dell’inchiesta
Mani Pulite.
Abbiamo sentito parlare di golpe.
A un certo punto Craxi fa un parallelo tra l’inchiesta Mani Pulite e le bombe che la
mafia sta mettendo in quel momento.
Di Berlusconi non si è parlato in tutto il documentario, come se Berlusconi non
esistesse, come se gli imprenditori fossero solo De Benedetti e Romiti.
Berlusconi non c’era: i ventuno miliardi che ha pagato a Craxi tramite la All
Iberian sui conti in Svizzera, le due leggi che gli ha fatto Craxi negli anni
Ottanta per neutralizzare le ordinanze dei pretori sulla Fininvest, la legge Mammì
che gli ha scritto su misura per mantenere il suo monopolio sulla TV privata.
Craxi che festeggia con Berlusconi lo scampato pericolo quando nell’Aprile 1993 la
Camera nega l’autorizzazione a procedere chiesta dai giudici di Milano.
Berlusconi che scende in campo calpestando la memoria di Craxi, fingendo quasi di
non conoscerlo e dicendo: “Io sono Mani Pulite, basta con questi partiti che
rubano”.
Non si è detto una parola su niente, non s’è detto una parola sui rapporti tra Craxi
e l’imprenditoria più losca del Paese.
Craxi è stato presentato come uno che contrastava le grandi famiglie del salotto
buono del capitalismo, quando poi in Svizzera nei suoi conti arrivavano i soldi
dalle grandi famiglie del salotto buono.
Persino De Benedetti a un certo punto confessò di aver pagato tangenti a Craxi
perché se no nella pubblica amministrazione non lo lasciavano entrare.
Che la Fiat l’abbia pagato è scritto in sentenze definitive, eppure Craxi viene
presentato come un ostacolo, una pietra d’inciampo delle grandi famiglie.
Alla fine si vede la spiaggia di Hammamet, il mare, il tramonto e ogni tanto
compaiono anche i ritratti di Mazzini e Garibaldi, come per dire “avete capito che
questo non è un latitante, ma un esule”.
Purtroppo Mazzini e Garibaldi non rubavano, questa era la differenza: non erano
scappati dall’Italia perché rubavano ma evidentemente per motivi politici.
Per chi vorrà approfondire è inutile che vi dica che ci sono libri, documenti, delle
sentenze (ne metteremo altre sui nostri blog).
Tenete presente che c’è un motivo per cui va in onda oggi.
Non c’è nemmeno la cifra tonda dei dieci anni, sono nove gli anni dalla scomparsa di
Craxi.
La ragione per cui è andata in onda questa agiografia è perché, insieme a Licio
Gelli, si sta avverando il progetto craxiano: presidenzialismo e controllo politico
sulla magistratura.
E’ sembrato giusto, a chi di dovere, dopo il grande ritorno televisivo del Gran
Maestro Unico Licio Gelli, con tanto di grembiulino, omaggiare anche un altro
ispiratore di questi tempi mefitici e laidi che stiamo vivendo.
Passate parola.”
NOSTRO COMMENTO: Bravo Marco! La trasmissione Televisiva di cui tu parli, non l’ho
vista. Ma immagino! (se hai un video. Fammelo avere!)
Conosco bene la vicenda
giudiziaria di Craxi con annessi e connessi. Hai fatto bene ad illustrare, con la
tua solita chiarezza, il personaggio Craxi. Più di una volta hanno tentato di
mettergli un’aureola in testa ad un personaggio che è scappato dall’Italia per non
cadere nelle grinfie della Magistratura. Gli Italiani devono essere informati dei
fatti così possono giudicare meglio anche chi ci governa. Io che ho qualche anno più
di Te, ho conosciuto tutta la vicenda di Tangentopoli (Mani pulite) con tutti i
personaggi che si sono susseguiti nelle scenario politico a cominciare dai
democristiani ed a finire ai socialisti, Lega compresa. Ma, purtroppo, le condanne
di tangentopoli sono valse a poco! Come si suol dire gli attuali discepoli hanno
superato i Maestri. Chissà dove andremo a finire!