Medici, Anaao: Per la riforma non basta uno spot

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Medici, Anaao: Per la riforma non basta
uno spot
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(AGENPARL) – Roma, 15 nov 2016 – Sostiene la Fnomceo, non a torto, che un tema
dell’importanza, e della complessità, della formazione medica post laurea mal si presta ad
essere trattato a colpi di emendamenti legislativi, che lo sottraggono al dibattito pubblico,
destinati a confluire, se accolti, in maxiemendamenti, che lo sottraggono anche al dibattito
parlamentare. Non è in discussione – commenta il Segretario Nazionale Anaao Assomed,
Costantino Troise – la necessità di un adeguamento economico della borsa di studio della
formazione in Medicina Generale, fin da ora e non a futura memoria. Né la previsione,
finalmente, di una laurea di per sé abilitante alla professione, senza inutili parcheggi in
attesa di un esame.
Ma fare e disfare percorsi formativi, attribuendo un nuovo (ed improprio?) onere al FSN, per
costruire una nuova relazione dell’Università con il territorio, aggiungendo un altro capitolo
al delicato tema dei rapporti tra SSN ed Università, non costituisce un segnale di modernità,
se non agli occhi di chi ha sabotato il tavolo dell’art. 22 per non disturbare il manovratore.
Non è un miglioramento disegnare l’assetto delle reti cliniche, ospedaliere e territoriali,
intorno alle necessità, vere o presunte della didattica universitaria, e non a quelle del SSN,
finendo con il clinicizzare distretti e dipartimenti di prevenzione dopo le unità operative
ospedaliere. Già oggi assistiamo al miracolo della pietra filosofale che trasforma, a spese
dei contribuenti, in professori universitari primari ospedalieri che portano in dote l’intera
struttura operativa. Tenere in piedi un gigantismo universitario, anche nel sistema della
formazione post laurea, non è soluzione ai problemi della sanità italiana, così come non lo
è il nanismo delle proposte regionali.
In tempi dove la velocità è un mantra, fare presto non significa necessariamente fare bene.
Chi ben conosce il problema, per essere anche medico in formazione specialistica, non può
pensare di risolverlo saltando a piè pari l’impegno decennale della Professione tutta, a tutti i
livelli istituzionali, o semplicemente chiamando alla responsabilità della docenza anche
medici non universitari, chissà perché solo convenzionati, o utilizzando una meritoria
graduatoria nazionale con gradi di flessibilità solo per alcuni.
Mettere mano alla legge 368, ed al modello formativo che propone, si può e si deve, come
da anni andiamo sostenendo, ma per anticipare l’incontro con il mondo del lavoro ed
aumentare il numero di contratti per rispondere alla drammatica carenza di medici,
specialisti e di medicina generale, prevista per il prossimo quinquennio, e risolvere il
problema degli ultimi tra gli ultimi, cioè le migliaia di medici esclusi da ogni formazione post
laurea. Un problema così rilevante non può essere ostaggio e vittima di chi vince la mano,
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magari facendo leva su un cerchio ristretto di relazioni amicali o su circostanze dettate da
altri interessi.
Se è importante rimettere al centro della discussione il tema della formazione post laurea,
serve mettere mano ad una riforma vera ed organica della legge 368, e dei rapporti SSNUniversità.
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Formazione medica post laurea, Anaao: “Per la riforma non basta uno spot” - 15-11-2016
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Dott. Costantino Troise
Roma, 15 novembre 2016 – Sostiene la Fnomceo, non a torto, che un tema dell’importanza, e della
complessità, della formazione medica post laurea mal si presta ad essere trattato a colpi di emendamenti
legislativi, che lo sottraggono al dibattito pubblico, destinati a confluire, se accolti, in maxiemendamenti,
che lo sottraggono anche al dibattito parlamentare. Non è in discussione – commenta il Segretario
Nazionale Anaao Assomed, Costantino Troise – la necessità di un adeguamento economico della borsa di
studio della formazione in Medicina Generale, fin da ora e non a futura memoria. Né la previsione,
finalmente, di una laurea di per sé abilitante alla professione, senza inutili parcheggi in attesa di un esame.
Ma fare e disfare percorsi formativi, attribuendo un nuovo (ed improprio?) onere al FSN, per costruire
una nuova relazione dell’Università con il territorio, aggiungendo un altro capitolo al delicato tema dei
rapporti tra SSN ed Università, non costituisce un segnale di modernità, se non agli occhi di chi ha
sabotato il tavolo dell’art. 22 per non disturbare il manovratore. Non è un miglioramento disegnare
l’assetto delle reti cliniche, ospedaliere e territoriali, intorno alle necessità, vere o presunte della didattica
universitaria, e non a quelle del SSN, finendo con il clinicizzare distretti e dipartimenti di prevenzione
dopo le unità operative ospedaliere.
Già oggi assistiamo al miracolo della pietra filosofale che trasforma, a spese dei contribuenti, in
professori universitari primari ospedalieri che portano in dote l’intera struttura operativa. Tenere in piedi
un gigantismo universitario, anche nel sistema della formazione post laurea, non è soluzione ai problemi
della sanità italiana, così come non lo è il nanismo delle proposte regionali.
In tempi dove la velocità è un mantra, fare presto non significa necessariamente fare bene. Chi ben
conosce il problema, per essere anche medico in formazione specialistica, non può pensare di risolverlo
saltando a piè pari l’impegno decennale della Professione tutta, a tutti i livelli istituzionali, o
semplicemente chiamando alla responsabilità della docenza anche medici non universitari, chissà perché
solo convenzionati, o utilizzando una meritoria graduatoria nazionale con gradi di flessibilità solo per
alcuni.
Mettere mano alla legge 368, ed al modello formativo che propone, si può e si deve, come da anni
andiamo sostenendo, ma per anticipare l’incontro con il mondo del lavoro ed aumentare il numero di
contratti per rispondere alla drammatica carenza di medici, specialisti e di medicina generale, prevista per
il prossimo quinquennio, e risolvere il problema degli ultimi tra gli ultimi, cioè le migliaia di medici
esclusi da ogni formazione post laurea. Un problema così rilevante non può essere ostaggio e vittima di
chi vince la mano, magari facendo leva su un cerchio ristretto di relazioni amicali o su circostanze dettate
da altri interessi.
Se è importante rimettere al centro della discussione il tema della formazione post laurea, serve mettere
mano ad una riforma vera ed organica della legge 368, e dei rapporti SSN-Università.
fonte: ufficio stampa
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Panorama della Sanità
Troise (Anaao Assomed): Per la riforma della formazione
medica non basta uno spot
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«Sostiene la Fnomceo, non a torto, che un tema dell’importanza, e della complessità, della formazione
medica post laurea mal si presta ad essere trattato a colpi di emendamenti legislativi, che lo
sottraggono al dibattito pubblico, destinati a confluire, se accolti, in maxiemendamenti, che lo
sottraggono anche al dibattito parlamentare. Non è in discussione» commenta il Segretario Nazionale
Anaao Assomed, Costantino Troise «la necessità di un adeguamento economico della borsa di studio
della formazione in Medicina Generale, fin da ora e non a futura memoria. Né la previsione, finalmente,
di una laurea di per sé abilitante alla professione, senza inutili parcheggi in attesa di un esame. Ma fare
e disfare percorsi formativi, attribuendo un nuovo (ed improprio?) onere al FSN, per costruire una nuova
relazione dell’Università con il territorio, aggiungendo un altro capitolo al delicato tema dei rapporti tra
SSN ed Università, non costituisce un segnale di modernità, se non agli occhi di chi ha sabotato il
tavolo dell’art. 22 per non disturbare il manovratore. Non è un miglioramento disegnare l’assetto delle
reti cliniche, ospedaliere e territoriali, intorno alle necessità, vere o presunte della didattica universitaria,
e non a quelle del SSN, finendo con il clinicizzare distretti e dipartimenti di prevenzione dopo le unità
operative ospedaliere. Già oggi assistiamo al miracolo della pietra filosofale che trasforma, a spese dei
contribuenti, in professori universitari primari ospedalieri che portano in dote l’intera struttura operativa.
Tenere in piedi un gigantismo universitario, anche nel sistema della formazione post laurea, non è
soluzione ai problemi della sanità italiana, così come non lo è il nanismo delle proposte regionali. In
tempi dove la velocità è un mantra, fare presto non significa necessariamente fare bene. Chi ben
conosce il problema, per essere anche medico in formazione specialistica» prosegue Troise, «non può
pensare di risolverlo saltando a piè pari l’impegno decennale della Professione tutta, a tutti i livelli
istituzionali, o semplicemente chiamando alla responsabilità della docenza anche medici non
universitari, chissà perché solo convenzionati, o utilizzando una meritoria graduatoria nazionale con
gradi di flessibilità solo per alcuni. Mettere mano alla legge 368, ed al modello formativo che propone, si
può e si deve, come da anni andiamo sostenendo, ma per anticipare l’incontro con il mondo del lavoro
ed aumentare il numero di contratti per rispondere alla drammatica carenza di medici, specialisti e di
medicina generale, prevista per il prossimo quinquennio, e risolvere il problema degli ultimi tra gli ultimi,
cioè le migliaia di medici esclusi da ogni formazione post laurea. Un problema così rilevante non può
essere ostaggio e vittima di chi vince la mano, magari facendo leva su un cerchio ristretto di relazioni
amicali o su circostanze dettate da altri interessi. Se è importante rimettere al centro della discussione il
tema della formazione post laurea, serve mettere mano» conclude Troise «ad una riforma vera ed
organica della legge 368, e dei rapporti SSN-Università».
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quotidianosanità.it
Martedì 15 NOVEMBRE 2016
Formazione medicina generale. Troise
(Anaao): “Non basta uno spot per fare una
vera riforma”
Fare e disfare percorsi formativi, attribuendo un nuovo (ed improprio?)
onere al FSN, per costruire una nuova relazione dell’Università con il
territorio, aggiungendo un altro capitolo al delicato tema dei rapporti tra
SSN ed Università, non costituisce un segnale di modernità, se non agli
occhi di chi ha sabotato il tavolo dell’art. 22 per non disturbare il
manovratore
Sostiene la Fnomceo, non a torto, che un tema dell’importanza, e della complessità, della formazione
medica post laurea mal si presta ad essere trattato a colpi di emendamenti legislativi, che lo
sottraggono al dibattito pubblico, destinati a confluire, se accolti, in maxiemendamenti, che lo
sottraggono anche al dibattito parlamentare. Non è in discussione la necessità di un adeguamento
economico della borsa di studio della formazione in Medicina Generale, fin da ora e non a futura
memoria. Né la previsione, finalmente, di una laurea di per sé abilitante alla professione, senza inutili
parcheggi in attesa di un esame.
Ma fare e disfare percorsi formativi, attribuendo un nuovo (ed improprio?) onere al FSN, per costruire
una nuova relazione dell’Università con il territorio, aggiungendo un altro capitolo al delicato tema dei
rapporti tra SSN ed Università, non costituisce un segnale di modernità, se non agli occhi di chi ha
sabotato il tavolo dell’art. 22 per non disturbare il manovratore. Non è un miglioramento disegnare
l’assetto delle reti cliniche, ospedaliere e territoriali, intorno alle necessità, vere o presunte della
didattica universitaria, e non a quelle del SSN, finendo con il clinicizzare distretti e dipartimenti di
prevenzione dopo le unità operative ospedaliere.
Già oggi assistiamo al miracolo della pietra filosofale che trasforma, a spese dei contribuenti, in
professori universitari primari ospedalieri che portano in dote l’intera struttura operativa. Tenere in
piedi un gigantismo universitario, anche nel sistema della formazione post laurea, non è soluzione ai
problemi della sanità italiana, così come non lo è il nanismo delle proposte regionali.
In tempi dove la velocità è un mantra, fare presto non significa necessariamente fare bene. Chi ben
conosce il problema, per essere anche medico in formazione specialistica, non può pensare di
risolverlo saltando a piè pari l’impegno decennale della Professione tutta, a tutti i livelli istituzionali, o
semplicemente chiamando alla responsabilità della docenza anche medici non universitari, chissà
perché solo convenzionati, o utilizzando una meritoria graduatoria nazionale con gradi di flessibilità
solo per alcuni.
Mettere mano alla legge 368, ed al modello formativo che propone, si può e si deve, come da anni
andiamo sostenendo, ma per anticipare l’incontro con il mondo del lavoro ed aumentare il numero di
contratti per rispondere alla drammatica carenza di medici, specialisti e di medicina generale, prevista
per il prossimo quinquennio, e risolvere il problema degli ultimi tra gli ultimi, cioè le migliaia di medici
esclusi da ogni formazione post laurea. Un problema così rilevante non può essere ostaggio e vittima
di chi vince la mano, magari facendo leva su un cerchio ristretto di relazioni amicali o su circostanze
dettate da altri interessi. Se è importante rimettere al centro della discussione il tema della formazione
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