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4/10/2015
Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto
LETTERATURA HOME
Alla ricerca del tempo perduto (À la recherche du temps perdu) ciclo di sette romanzi dello scrittore
francese Marcel Proust (1871­1922), pubblicati tra il 1913 e il 1927. Il ciclo
comprende: Un amore di Swann, All'ombra delle fanciulle in fiore, I Guermantes, Sodoma e Gomorra, La
prigioniera, Albertina scomparsa, Il tempo ritrovato (gli ultimi tre romanzi pubblicati postumi).
Un amore di Swann (Du cotè de chez Swann ­ Dal lato di casa Swann). E' il primo romanzo del ciclo Alla
ricerca del tempo perduto. La pubblicazione dell'opera, avvenuta nel 1913 a spese dell'autore, passò quasi
inosservata. La prosa di Proust fu ritenuta noiosa, anche da personalità come Gide, che poi dovettero ricredersi:
difatti Proust nelle sue "pagine"di memorie e metafore compi una vera rivoluzione nell'ambito del romanzo e
proprio per questa sua capacità innovatrice non fu subito compreso. In Un amore di Swann giù vengono
presentati molti dei personaggi. che troveremo via via negli altri romanzi: anzitutto il narratore­protagonista
Marcel, la sua vita di adolescente, le sue ambiguità, le lunghe estati passate nella piccola città di Combray e,
accanto al mondo di Marcel. di sua madre, di suo padre, della governante Francoise, altri mondi, altre famiglie:
nella fantasia dell'adolescente questi incontri ora più profondi, ora solo superficiali, eppure sottili, creano
reazioni, meditazioni. Marcel certo non critica apertamente questo mondo borghese e nobiliare che lo avvolge:
eppure. pur amandolo. pur amando l'eleganza dei dandy, le raffinatezze dei ricchi, sa anche analizzarlo con
sguardo lucido. Di qui l'enorme tensione interiore di questo, come degli altri romanzi. Qui la parte principale è
rappresentata. appunto, dalla storia dell'amore di Swann, un ricco signore di origine ebraica, molto fine, molto
colto, assai stimato dai genitori di Marcel, per la cocotte Odette. Costei è furba, quanto intelligente: e riesce a
farsi sposare, con scandalo del mondo di cui Swann faceva parte. Odette riesce nel suo intento perché è amata
da Swann teneramente, perché gioca con i suoi sentimenti: ha una figlia da lui, Gilberte, e vuole"tenerla per sé",
finché l'uomo non cede: e cede quando non l'ama più. Ha così inizio l'ascesa dell'"arrampicatrice sociale"Odette.
Gilberte sarà una delle"fanciulle in fiore"e susciterà un tenero amore, ancora infantile, nel cuore di Marcel.
All'ombra delle fanciulle in fiore (A' l'ombre des jeunes filles en fleur). Venne pubblicato nel 1919, dopo che
era uscito, nel 1913, il primo romanzo della serie, cioè Dal Iato di casa Swann (noto in Italia anche con il titolo
amore di Swann). In All'ombra delle fanciulle in fiore si evocano le esperienze interiori, amorose, mondane,
artistiche, del protagonista Marcel, nella sua più giovane età. Due nomi femminili dominano questo libro,
Gilberte, la figlia di Swann, e Albertine: la prima, ritrovata al Bois de Boulogne, a Parigi; la seconda, amata in
modo sottile e contraddittorio a Balbec, dove Marcel con la sua famiglia passava l'estate. Non solo Albertine,
ma anche altre­fanciulle in fiore­turbano Marcel, il quale esita fra loro: e il gioco sottile dei sentimenti, le
estenuate meditazioni e fantasie costituiscono larga parte del tessuto poetico del libro. L'opera si apre con la
descrizione di un pranzo in casa di Marcel, al quale partecipa, come invitato d'onore, il signor di Norpois, un ex
ambasciatore le cui opinioni sono tenute in gran conto dal padre e dalla madre del protagonista. Con l'estrema
minuzia con cui Proust esprime il mondo dei suoi personaggi, anche qui la catena dei rapporti esterni e interni si
intreccia in un continuum stilistico­poetico dal quale ogni più sottile movimento dell'anima esce poeticamente
rappresentato, evocato, e ogni personaggio è al centro di un mondo, di relazioni e di analogie, e tutti questi
mondi si incontrano, sui vari piani della realtà, della memoria, del desiderio, sui vari toni del linguaggio. Cosi
ritorna Gilberte, la fanciulla amata, e si conferma l'opinione che i genitori di Marcel avevano per Swann, il
nobile e sensibile padre di Gilberte, per Odette, sua madre, la donna che lotta per inserirsi nell'alta società, lei
che era stata una cocotte di lusso. Marcel ascolta la voce del suo sangue, il sottile movimento della sua anima
tesa a "capire" il mondo. E l'arte. E l'amore. Così il mondo degli artisti, per esempio l'attrice Berma, o i dipinti
del Tiziano ai Frari di Venezia o del Carpaccio a San Giorgio degli Schiavoni, entrano come "oggetti di poesia"
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allo stesso modo del bue freddo in gelatina, con carote, capolavoro di Francoise, la fedele e bravissima cuoca
della famiglia di Marcel. A pranzo si parla naturalmente dello scrittore idoleggiato allora da Marcel, Bergotte,
che in parte ha come modello Anatole France. Quindi incontriamo Marcel, il quale riesce a farsi ricevere da
Odette, tramite Gilberte: l'amore per Gilberte è complicato dai timori e dalle sottili reazioni degli adolescenti. Il
gioco delle conoscenze si svolge, anche qui, su piani diversi: Gilberte riceve i suoi giovani amici per la
merenda, mentre, in un'altra parte della splendida casa degli Swann, Odette riceve le amiche; cosi affiorano i
pettegolezzi ad alto livello, problemi (posti per esempio dai genitori di Marcel) sulle persone ricevute dalla
signora Swann, come la moglie del celebre medico Cottard. C'è poi un altro grande e solenne pranzo in casa
Swann, cui è invitato anche Marcel il quale, emozionatissimo, conosce di persona il celebre Bergotte. Di qui
una serie di entusiasmi e di delusioni, perché ogni accento, ogni parola, ogni sfumatura di Bergotte è percepita,
"elaborata'', analizzata dall'anima e dalla mente di Marcel. L'amore per Gilberte si svolge in modo sempre più
complesso, perché lei racchiude in sé come due anime, quella di suo padre e quella di sua madre: "Negli occhi
di Gilberte c'era lo sguardo buono e leale del padre; era quello che lei aveva avuto quando mi aveva regalato la
biglia d'agata, dicendomi: `Tenetela, come ricordo della nostra amicizia'. Ma bastava porre a Gilberte una
domanda su quel che aveva fatto per vedere in quegli occhi l'imbarazzo, l'incertezza, la dissimulazione che un
tempo si manifestavano in Odette, quando Swann le chiedeva dove fosse stata ... Spesso ai Champs­Elysées,
vedere in Gilberte quello sguardo, mi riempiva d'inquietudine". Ma, per un gioco dei caratteri e delle giovanili
ostinazioni, gli incontri, le visite di Marcel a Gilberte si fanno più radi; la ragazza sembra indifferente:
basterebbe che Marcel facesse un primo passo, ma lui esita: e molte belle pagine del libro sono dedicate alla
descrizione di questi sentimenti. Quando si decide ad andare da Gilberte, intravede nel parco due figure vicine,
una ragazza e un giovane: la ragazza gli sembra Gilberte (in realtà non lo è) e questo basta a interrompere
l'amore. Nella seconda metà del libro, Marcel si reca con la nonna a Balbec, "un piccolo universo a
parte in mezzo al grande". Il mondo della lussuosa cittadina di villeggiatura, la spiaggia, gli incontri sono narrati
da Proust con la sua naturale maestria. Una fitta rete di relazioni sociali, di 'attrazioni e di rifiuti si tesse nella
cittadina, dominata dai favolosi duchi di Guermantes, con tutta la loro parentela, fra cui Saint­Loup e il signore
di Charlus. Ma, naturalmente, a spiccare su tutto sono le fanciulle in fiore: oltre ad Albertine, Rosamonde,
Gisèle, Andrée: ­Non ne amavo nessuna, amandole tutte­. Con Albertine, che ritroveremo nei romanzi
successivi e che morirà (in Albertina scomparsa), Marcel ha un rapporto più intenso e complicato. tra le
numerose nuove conoscenze di Marcel c'è anche un pittore, Elstir, il ­pittore delle metafore­ con il quale il
protagonista sviluppa discussioni d'arte. Splendida è la descrizione del portale della chiesa di Balbec fatta da
Elstir. Il romanzo, che si sviluppa nella molteplicità dei piani espressivi e nei rapporti tra i personaggi e tra i
loro sentimenti, si chiude con la partenza di Marcel, di sua nonna e di Francoise. Ormai le fanciulle in fiore
sono partite, la spiaggia e deserta; il freddo e l'umidità divengono troppo penetranti. Marcel avrebbe ricordato
non i giorni piovosi ma l'estate di Balbec, le tende viola della sua camera, i giochi della sua immaginazione,
quando doveva restarsene a letto. E i volti e il riflusso delle onde.
I Guermantes (Le cóté de Guermantes ­ Il lato dei Guermantes) pubblicato nel 1920. Continua l'educazione e
l'avanzata sociale del protagonista, il giovane Marcel. Continuano le sue complicate esperienze sentimentali, i
suoi incontri. Ora quella nobilissima famiglia dei Guermantes che a Marcel fanciullo e adolescente, sembrava
irraggiungibile, remota, isolata nell'alto castello della sua nobiltà, diviene più vicina: la casa dei Guermantes si
apre, per così dire, a Marcel. Egli comincia a entrare, sia pure fino a un certo punto, in quel mondo che
sembrava inaccessibile. La famiglia di Marcel cambia casa, a Parigi, e va ad abitare proprio in un appartamento
del palazzo dei duchi. di Guermantes. Compaiono quindi il duca di Guermantes e sua moglie, la bella Oriane; il
nipote del duca, figlio di una sua sorella (la viscontessa di Marsantes) e cioè Robert di Saint­Loup, che diventa
amico di Marcel; un nobilissimo cugino, il principe di Guermantes; inoltre entra in scena un fratello del duca, il
Barone di Charlus, dalle inclinazioni un po' particolari, che avrà una certa parte in questo romanzo; c'è la zia
della duchessa, la signora di Villeparisis. Marcel s'innamora, da adolescente, della duchessa di Guermantes, e fa
di tutto per incontrarla, la segue continuamente: non si accorge così di diventare la favola di tutti. Ormai il
mondo magico dei Guermantes si traduce in realtà, in sentimenti contradditori e, specialmente, sembra
incarnarsi nella bellezza della duchessa Oriane. Il palazzo dei Guermantes a Parigi diventa come una terra
affascinante nella quale vivono i più interessanti personaggi, con i loro segreti. Marcel, che in realtà è molto
ambizioso, potrebbe essere definito, se noi fosse così sensibile e intelligente, un"arrampicatore sociale": e se in
lui all'ambizione non si mescolassero altri sentimenti, affetti autentici, ricordi dell'infanzia, e un bisogno
d'amore, che gli fa perdere la testa dietro l'affascinante duchessa. Amore che non dura molto, in realtà, sia
perché lei non lo corrisponde certamente, sia perché inaspettatamente da Balbec ritorna Albertine: ora è più
arrendevole di un tempo e il suo corpo non è più quello di una ragazzina. La prima parte del romanzo è dedicata
alla suggestiva descrizione della casa dei Guermantes, vista attraverso gli occhi della fantesca Francoise.
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Seguono quindi lunghi discorsi tra Marcel e Robert di Saint­Loup, il quale presta servizio come ufficiale di
guarnigione in una città presso Parigi: Marcel va a trovarlo (Saint­Loup, che sposerà Gilberte, è ora un giovane
ardente e appassionato: in lui non si manifesta ancora quella tendeza della quale è ormai prigioniero il barone di
Charlus, suo zio. Fra i discorsi all'ordine del giorno c'è la questione Dreyfus: tutti i Francesi sono divisi in due
campi, i dreyfusardi, che sono convinti dell'innocenza di Drevfus e pensano che le accuse e le condanne contro
di lui siano dovute all'antisemitismo dei ceti dirigenti, e gli antidreyfusardi, che spesso sono antisemiti, e che
comunque sono nazionalisti e reazionari. Swann (che ricorda di essere ebreo) e Saint­Loup sono dreyfusardi,
ma nel mondo frequentato da Marcel le opinioni sono discordi. La duchessa di Guermantes invita a pranzo
Marcel. E Proust secondo il suo metodo, introduce una folla di personaggi. di incontri ora fuggevoli, ora più
profondi: la principessa di Parma, o il signor di Borodino. Aristocratici antichi e meno antichi, borghesi, tutto il
mondo di Parigi fine secolo ci scorre davanti, evocato dallo stile di Proust, il quale dedica molte pagine alla
descrizione dell'amata nonna di Marcel (ma Marcel sembrerà rendersi conto in seguito della perdita), al suo
incontro d'amore con Albertine, ai baci di Albertine, alla scenata veramente strana del signor di Charlus, che ora
grida, ora lo umilia ricordandogli la propria dignità. Il romanzo, in cui leggiamo alcune tra le pagine più famose
della Recherche come appunto il bacio di Albertine, o la descrizione dei vestiti di Oriane (il cappellino. la
piuma di struzzo), si chiude con l'addio a Swann, vicino alla morte.
Sodoma e Gomorra (Sodome et Gomorrhe) pubblicato nel 1922. Al centro c'è la figura del barone di Charlus
con le sue tendenze omosessuali. La sua vicenda drammatica si svolge tra le altre vicende che hanno come
teatro i salotti della signora di Guermantes e la casa di campagna dei Verdurin. Ma neanche Albertine, l'amata
Albertine, è libera dal vizio: come il barone di Charlus appartiene alla stirpe infelice di coloro che discendono
dai perseguitati di Sodoma, così Albertine appartiene alla città di Gomorra. Lo stesso autore ad apertura di libro,
nella didascalia o in una specie di "riassunto" emblematico della parte, introduce il discorso sulla "Prima
apparizione degli uomini donna, discendenti di quegli abitanti di Sodoma che furono risparmiati dal fuoco
celeste". Il narratore (e protagonista) è sempre Marcel. protagonista e spettatore. Direttamente interessato, per il
suo amore verso Albertine, Marcel è dunque testimone (a ciò lo portava la sua innata, invincibile curiosità) di
un incontro forse involontario tra il barone di Charlus con l'ex farsettaio Jupien, col quale aveva una relazione.
L'incontro è evocato con frequenti allusioni al mondo degli insetti e dei fiori. Proust analizza poi, in pagine assai
note, la "storia tipo" di un discendente di Sodoma, le sue sofferenze, le sue speranze, le sue gelosie: "Certo,
ognuno degli uomini simili al signor di Charlus è una creatura straordinaria, poiché, se non fa concessioni alle
possibilità della vita, egli ricerca essenzialmente l'amore di un uomo dell'altra razza, cioè di un uomo che ama le
donne (e che, per conseguenza, non lo potrà amare); contrariamente a quanto pensavo nel cortile dove avevo
visto Jupien girare intorno al signor di Charlus e l'orchidea civettare col calabrone, questi esseri di eccezione
che si suole commiserare sono una moltitudine, come vedremo nel corso di quest'opera, per una ragione che non
sarà svelata che in fine, ed essi stessi sogliono dolersi piuttosto d'essere troppo numerosi che non troppo pochi.
Giacché i due angeli che furono posti alle porte di Sodoma per sapere se i suoi abitanti, dice il Genesi, fossero
tutti colpevoli di quelle cose il cui grido era salito fino all'Altissimo, erano stati, e non possiamo che
rallegrarcene, assai male scelti dal Signore, il quale avrebbe dovuto affidare tale incarico a un sodomita. Questi,
le scuse: 'Padre di sei figli, ho due concubine ecc..' non lo avrebbero indotto ad abbassare la spada
fiammeggiante e ad addolcire le sanzioni, egli avrebbe risposto: 'Si, e tua moglie soffre le torture della gelosia.
Ma quand'anche queste donne non siano state da te scelte a Gomorra, tu trascorri le tue notti con un pastore
dell'Hebron. E immediatamente l'avrebbe fatto tornare indietro, alla città che presto avrebbe distrutto la pioggia
di zolfo e di fuoco. Al contrario a tutti i più ignominiosi sodomiti fu concessa la fuga'. Nella seconda parte
troviamo il signor di Charlus che frequenta l'alta società: frequenta anche i Verdurin, attratto dal giovane
musicista Morel, il quale si serve di tutti i possibili mezzi pur di affermarsi, di "arrivare''; è difatti un
arrampicatore sociale di prima qualità: ma è anche un ottimo violinista. E Marcel attende Albertine: l'attende
per lunghe ore, poi Albertine arriva a tarda sera. I tormenti dell'attesa e della gelosia per le menzogne di
Albertine, sembrano svanire al sapore dei suoi baci, che hanno il gusto dell'arancia spremuta nell'acqua. Marcel
torna a Balbec, dove si riuniscono tutti: Albertine, le sue amiche, i Guermantes, i Verdurin. Vi passa Charlus e
vi dimorano i Bloch. E molti altri. La vita di Marcel procede, dapprima, nel rimpianto doloroso della nonna
morta, che a poco a poco svanisce. E le carezze di Albertine, le lunghe passeggiate, il trenino locale, le
escursioni o le visite ai paesetti vicini, le merende sugli scogli e i pranzi all'albergo. Ma anche i sospetti e le
gelosie: perché Albertine appartiene alla stirpe di Gomorra, o per lo meno e attratta da costoro. C'è dapprima la
"crudele diffidenza" di Marcel. Le parole del dottor Cottard, quando vede Albertine e la sua amica Andrée
ballare teneramente abbracciate, e poi le menzogne di Albumine, gli sguardi: "quando nel salone del casinò due
Fanciulle si desideravano, s'attuava come un fenomeno luminoso, una specie di scia fosforescente che andava
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dall'una all'altra"; "attraverso questi segni astrali i quali fan divampare tutta una zona dell'atmosfera, Gomorra
dispersa tende, in ogni città, in ogni villaggio, a ricongiungere i suoi membri disseminati, a riformare la città
biblica". Marcel dimentica i suoi dolori, i suoi dubbi nei piaceri mondani: dai ricevimenti alle fanciulle in fiore.
Accanto alla tristezza e alle angosce del signor di Charlus, le tristezze, i turbamenti di Marcel: stanco di
Albertine, vorrebbe rompere con lei: ma non riesce a farlo, parte con lei per Parigi. Questa decisione fù in un
certo senso improvvisa. Marcel aveva annunciato alla madre di essere irrevocabilmente deciso a non sposare
Albertine; le aveva detto che tra poco avrebbe cessato di vederla. Doveva dirlo ad Albertine: l'amata, l'ambigua
Albertine. Voleva dedicarsi ad Andrée, l'amica di Albertine. Ma lei, Albertine, doveva sapere che Marcel non
l'amava. Ma è proprio l'ambiguità di Albertine che gli impedisce di staccarsi da lei. Marcel era ora certo del
vizio di Albertine: l'affetto di Albertine per l'amica della signorina Vinteuil non poteva essere innocente,
Albertine era stata iniziata ed era nata con la predisposizione al vizio. Proprio per questa certezza Marcel vuole
che Albertine sia la sua prigioniera (questo sarà appunto il titolo del romanzo successivo), perciò dice a sua
madre: "So quale dispiacere sto per darti. Anzitutto invece di restare qui come volevi parto quando parti tu. Ma
questo non e ancora nulla. Sto male qui, preferisco tornare a casa. Ma ascoltami, non ti addolorare troppo. Ecco,
mi sono ingannato in buona fede, ieri, ho riflettuto tutta la notte. E assolutamente necessario. e decidiamolo
subito perché me ne rendo conto bene ora, perché non cambierò più e diversamente non potrei vivere, è
assolutamente necessario che io sposi Albertine".
La Prigioniera (La prisonniére) pubblicato postumo nel 1923. I.a "prigioniera" è Albertine, la ragazza di cui
Marcel è innamorato, e che tiene in casa, trattandola più o meno come un oggetto. Quando lei è docile, e
obbedisce a Marcel, lui la considera come un soprammobile prezioso. Nello stesso tempo teme che gli sfugga,
che si annoi, e Albertine effettivamente si annoia, gli sfugge e poi lo lascia: "Anche fisicamente non era più la
stessa. I suoi lunghi occhi blu, ancor più allungati. avevano cambiato forma, avevano, sì, lo stesso colore, ma
sembrava fossero passati allo stato liquido: talchè, quando li chiudeva, era come quando dei tendaggi ci tolgono
la vista del mare. Era questa senza dubbio la parte di lei che mi rimaneva nella memoria, ogni notte, quando la
lasciavo". I rapporti tra Albertine e Marcel sono naturalmente narrati nel modo minuzioso ed evocativo proprio
di Proust. Particolarmente sottile è l'analisi delle complicate bugie di Albertine, legata a Marcel da un rapporto
di amore­noia, e dal desiderio di tradirlo continuamente, dal gioco di questi tradimenti. Albertine e Marcel
vivono a Parigi, in un appartamento assai bello e ben arredato, come si addice ai loro gusti raffinati: vivono soli
con i servi, fra cui Francoise, che deve accettare la situazione di quel "fidanzamento", ma che non prova certo
molta simpatia per la capricciosa e bugiarda Albertine. Albertine è veramente prigioniera di Marcel, e lo è come
Marcel è prigioniero di lei: lui, difatti, è disposto a tutto: vorrebbe lasciarla, farla finita con i suoi tradimenti e i
suoi vizi, con le sue menzogne e i suoi capricci: ma nei momento stesso, in cui è certo del suo tradimento, la
vuole tenere ancora più stretta. Si arriva a un punto che sembra di calma, di serenità: Albertine sembra non
voler più fuggire, ed è proprio il momento in cui Albertine lascia per sempre Marcel. "Da quando Albertine non
sembrava più in collera con me, il possesso di lei non mi pareva più uno di quei beni ai quali si è disposti a
sacrificare tutti gli altri ... Ora che la vita di Albertine era diventata possibile sentivo che non ne avrei potuto
trarre altro che infelicità, perché Albertine non mi amava: meglio separarci con la dolcezza del suo consenso,
che il mio ricordo avrebbe prolungata". Marcel si preparava dunque a partire, a lasciare Albertine in "una bella
giornata ... in cui lei mi fosse indifférente" (in realtà quella giornata non sarebbe mai venuta). Ma Albertine
precede Marcel e un giorno Francoise gli annuncia, timorosa: "Stamane alle otto la signorina Albertine mi ha
chiesto i suoi bauli; non osavo dirle di no, avevo paura che il signore mi sgridasse, se lo avessi svegliato. Ho
cercato invano di catechismarla, di convincerla ad aspettare un'ora, sperando sempre che il signore sonasse; lei
non ha voluto: mi ha lasciato questa lettera per il signore, e alle nove è partita". Un tema collaterale ma
importante del romanzo è l'amore del barone di Charlus per il giovane violinista Morel: durante una festa
organizzata dai Verdurin, costoro (che, da arricchiti quali sono, manifestano non solo volgarità, ma anche
invidia di basso livello e spesso pura malvagità) fanno in modo da provocare una crisi nei rapporti tra Morel e il
barone. More!, dietro la sua aria timida, è in realtà un arrivista dei più sfrenati e non esita di fronte a nulla (non
esita a fingere di contraccambiare l'amore di un omosessuale come Charlus pur di averne la protezione e gli
aiuti): il violinista decide che è il momento di rompere ogni rapporto con il barone e sobillato dai Verdurin gli fa
una scenata incredibile. Charlus se ne va sconvolto: il suo sentimento per Morel era complesso, vi entrava anche
una punta di affetto quasi paterno. Morel troverà un altro protettore nel nipote di Charlus, Saint Loup.
Albertina scomparsa (Albertine disparue) Venne pubblicato nel 1925. Anche Albertina scomparsa venne
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pubblicato, dopo la morte dell'autore, dall'editore Grassa: ormai Proust era un nome famoso, e la sua opera
monumento della civiltà decadentistica, con tutte le infinite sfumature di una vita concepita come arte, come
identificazione con l'arte. Una vita vissuta all'estremo limite della più sottile e complicata esperienza spirituale
da un protagonista, Marcel, che è la proiezione dell'autore (Marcel, l'uomo "senza qualità'', un "non costruttore",
che però vive sul piano mentale, spirituale e fisico nel modo che costituisce il punto d'arrivo estremo di una
civiltà raffinata)."La signorina Albertine se n'è andata": con queste parole della governante di Marcel,
Francoise, si apre il romanzo. Albertine e Marcel vivevano insieme, a Parigi: erano passati diversi anni dal
primo, fuggevole incontro, a Balbec: quando ancora il ricordo di Gilberte era vivo nell'anima di Marcel. E ora
Albertine se n'era andata, lasciandogli una lettera: "Non voglio diventare la tua nemica, mio caro ragazzo. Sarà
già abbastanza doloroso, per me, sapere che a poco a poco ti diventerò indifferente, e molto presto". Marcel
vuol convincere se stesso che "Albertine sarà di ritorno questa sera stessa", e vive con questa frenesia. Spera che
lei torni da un giorno all'altro, e ordina a Francoise di preparare per lei il letto nello studio. In realtà molte
piccole cose provano che Albertine aveva da tempo meditato la fuga, e che era stata una bugiarda: la scoperta di
due anelli con incise due aquile uguali, con le medesime iniziali, prova che la donna aveva amici misteriosi, che
le facevano doni. Si scopre inoltre che ad Albertine piacevano anche le donne: proprio perché affermava il
contrario, la vita in comune di Albertine e di Marcel si era svolta su una continua menzogna. Marcel ama e
soffre perAlbertine, riesce a sapere dove si trova, le manda lettere, lei gli risponde: parole gentili, e piene di
ricordi, ma parole. Marcel manda l'amico Saint­l.oup dalla zia di Albertine (la giovane donna era da lei) per
indurla a tornare. Infine, disperato, rinuncia al suo orgoglio e le spedisce un telegramma in cui le chiede di
tornare, senza alcuna condizione, se non il permesso di poterla baciare per un minuto tre volte la settimana,
prima che si addormenti. Ma Albertine non può tornare; Marcel riceve un telegramma dalla signora Bontemps:
"La nostra piccola Albertine non e più... Il cavallo, durante la passeggiata, l'ha scagliata contro un albero".
Marcel aveva ricevuto anche due lettere di Albertine, spedite prima della tragica morte: e in una di esse la
ragazza gli diceva che sarebbe partita immediatamente, se lui avesse voluto, che sarebbe tornata. A un lungo
periodo di meditazioni, di sofferenze. a poco a poco, fa seguito l'oblio. "Avrei dato la camera di Albertine a una
qualsiasi venuta, come avevo dato ad Albertine la biglia d'agata e gli altri doni di Gilberte''. Senza alcun
dolore."Amavo ancora Albertine. Ma non come negli ultimi tempi. Era come in un tempo più remoto". Marcel
passeggia per il Bois de Boulogne, e osserva le giovani donne, sperando di scorgere in esse il volto di Albertine
scomparsa. Un giorno vede tre giovani donne eleganti, tra cui una bionda dall'aria delicata e un po' malata, che
ricambia come sorpresa il suo sguardo. Marcel per un gioco dell'immagmazione se ne innamora pazzamente:
amore impetuoso quanto strano e di breve durata. Cerca di informarsi sul conto della giovane donna, i cui
lineamenti gli ricordano incontri di molti anni prima. Un giorno, invitato dalla duchessa di Guermantes, la
ritrova nel salotto della duchessa. Il suo cognome è Francheville: è l'antico amore di Marcel, è Gilberte,
diventata ora Francheville perché Odette, sua madre, dopo la morte del signor Swann si è risposata con il signor
di Francheville (la famiglia di questi, a causa delle ricchezze di Odette, ha dato il permesso). Odette continua la
sua "scalata" all'alta società e anche Gilberte preferisce chiamarsi Francheville che Swann. Il ricordo fugace si
ravviva, ma Gilberte è destinata a sposarsi con Saint­Loup. II terzo, splendido capitolo di Albertina scomparsa è
dedicato a Venezia, dove Marcel si reca con sua madre. Venezia è un elemento indispensabile, assoluto della
civiltà decadentistica. E Marcel gode l'aria, l'acqua, l'arte, le case, l'atmosfera dell'inimitabile città, i cui palazzi,
lungo i canali, sembravano, come dice l'autore, non opera dell'uomo, ma della natura: però di una natura che
avesse creato le proprie opere con immaginazione umana. A Venezia Marcel ritrova vecchie conoscenze: fra
queste il signor di Norpois che nel 1870 era stato ambasciatore di Francia presso un paese tedesco (alla vigilia
della guerra franco­pressiana). II signor di Norpois vive a Venezia con una decrepita amante, un tempo
splendida quanto malvagia, la marchesa di Villeparisis. Costei aveva fatto impazzire e rovinare il padre della
signora Sazerat, una conoscente di Marcel e della madre: la signora Sazerat vuol vedere, ed è molto turbata,
colei che era stata la causa della rovina della propria famiglia: e non vede altri che una vecchietta gobba,
paonazza, orrenda. Il tema di Norpois; permette a Marcel di introdurre accenni alla situazione politica del
tempo, in particolare italiana, sulla presidenza di Giolitti alla vigilia della guerra. Ma sono la magia di Venezia e
poi di Padova ad affascinare Marcel, nel cui animo esisteva anche una Venezia interiore, esistevano i "piombi"
che a volte aprivano i loro arruginiti cancelli sul passato: il passato era anche Albertine, che per molto tempo era
vissuta in Marcel come un fascio di pensieri. E ora ecco un misterioso telegramma in cui "Albertine" gli
comunica che si sarebbe sposata. L'idea che fosse viva non suscitava più nessuna passione o sentimento in
Marcel: anche il fascio di pensieri che era per lui Albertine si era spento. In realtà il telegramma era stato un
errore, uno scherzo del destino. La firma era "Gilberte", l'impiegato dei telegrafi aveva letto "Alberte" e .Marcel
aveva frainteso. Era Gilberte, come poi ella stessa gli comunica ancora, non ricevendo risposta, che gli
annunciava il proprio matrimonio con Saint­Loop. L'ultimo capitolo del romanzo è dedicato al signor di Saint­
Loop, il quale si rende conto di avere le stesse tendenze omosessuali di suo zio, il signor di Charlus.
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4/10/2015
Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto
Il tempo ritrovato (Le temps retrouvè) pubblicato nel 1927. E l'ultima parte del ciclo Alla ricerca del tempo
perduto, alla quale Proust lavorò fino alla morte e i cui ultimi volumi vennero pubblicati postumi. Il tempo
procede nella sua opera contro la quale, forse, solo una memoria riesce, un poco, a resistere: l'atmosfera in cui si
muovono i personaggi proustiani è sempre la stessa. O, meglio, quasi la stessa, apparentemente: ché nel
profondo tanti mutamenti sono avvenuti e solo lo sforzo, appunto, della memoria permette a Marcel di vivere le
esperienze del passato. In realtà i personaggi sono divenuti irriconoscibili, la vecchiaia vittoriosa ha devastato i
corpi e le anime, il mondo dei Guermantes, del signor di Charlus, degli altri, si è decomposto: e Marcel (che è
Proust) vuol respingere lo scorrere del tempo, si rifugia nella memoria: come se Albertine fosse ancora viva, ne
sente la presenza in modo doloroso. E' la memoria che permette all'uomo di conquistare una realta più concreta,
inattaccabile. Il libro è diviso in tre capitoli: il primo è Tansonville, dal nome della località climatica dove
Marcel trascorse diverso tempo, nella casa della zia. A Tansonville, che con Balbec e Combray e uno dei suoi
tre "luoghi" di campagna. Marcel s'incontra con Gilberte e con suo marito Robert de Saint­Loup. Ma Robert è
ormai diventato omosessuale. come lo zio, il barone di Charlus. Per soddisfare il suo vizio Robert, che pure ama
molto la moglie, si reca spesso in città, frequenta posti equivoci, inventa scuse con Gilberte: che forse capisce e
forse no. Lei pensa infatti che la strana condotta del marito sia dovuta a capricci o infatuazioni per altre donne.
Assistiamo poi al ritorno di Marcel a Parigi, dopo anni passati in una casa di cura (a parte le vacanze a
Tansonville). A Parigi, in verità, il protagonista torna una prima volta nel 1914, per una visita medica in seguito
alla quale raggiunge la casa di cura. Vi ritorna nel 1916. Il secondo capitolo è il signor di Charlus durante la
guerra: sue opinioni, suoi piaceri. Si apre con la moda delle giovani donne di Parigi: acconciate con alti turbanti
cilindrici, con tuniche egizie dritte, scure (portate per civismo, perché "facevano molto guerra"). con sandali che
allacciavano con corregge e con gonne cortissime. Anche i sandali ricordavano i"nostri cari combattenti". I
personaggi sprofondano nell'abisso del vizio: Charlus, che fra l'altro è anche germanolilo, mantiene con le sue
ricchezze un albergo equivoco che gli permette di soddisfare i suoi istinti: Marcel. capitato per caso in tale
albergo, lo vede, da una finestra segreta, mentre si la frustare da Maurice. "Direttore" dell'albergo é un'antica
conoscenza di Charlus, Jupien. Nell'albergo va anche Robert de Saint­Loup, il quale vi lascia per distrazione la
sua croce al valor militare. Ma Robert si riscatterà, in un certo senso, con la morte sul campo di battaglia. Il
cavalleresco Robert de Saint­Loup esce cosi dal romanzo nobilmente, mentre Charlus invecchia grottescamente
e in modo penoso, nell'oscurità sempre crescente del suo spirito. Marcel, uscendo dall'albergo dove era entrato
solo per riposarsi, senza sapere di che cosa si trattasse e dove aveva trovato Jupien, dovette assistere al
bombardamento di Parigi da parte di un aereo tedesco: le pagine dedicate a questo episodio sono estremamente
suggestive. Il terzo capitolo del romanzo, il più lungo, è dedicato a Un ricevimento dalla principessa di
Guermanies: è questo l'"incontro finale" la cui evocazione, naturalmente frammista a una serie di considerazioni
basate sui più sottili richiami analogici, permette all'autore di dipingere una galleria, un "quadro vivente", dei
personaggi del romanzo, e di osservare il lavoro del tempo su di essi: sui corpi e sulle anime. Ciò permette
anche all'autore di sviluppare, in modo mirabile, la sua concezione dell'arte, fondata sulla memoria, unico
rimedio all'opera devastatrice del tempo. In questo moderno "trionfo" dell'arte c'è tutta la sapienza poetica di
Proust, tutto il suo profondo senso della poesia (naturalmente secondo i canoni della sua poetica, la poetica
dell'evocazione, dei sottili rapporti di memoria). La principessa di Guermantes è ora la ricca borghese, vedova del signor Verdurin: la signora
Verdurin era riuscita a salire ai vertici della scala sociale. Il principe di Guermantes, da lei sposato in seconde
nozze, é il cugino dei duchi di Guermantes, che vivevano a Combray e dei quali Marcel ancora fanciullo si era
formato un'idea fantastica. Il capitolo si apre con le meditazioni di Marcel, che in treno torna dalla casa di cura a
Parigi: Marcel medita sulla "mancanza delle doti letterarie che già m'era parso di scoprire in me sulla strada di
Guermantes".. A Parigi Marcel trova dunque l'invito dai Guermantes, e ci va: mentre vi si reca in carrozza, vede
in un'altra carrozza il barone di Charlus, reduce da un attacco apoplettico; è, in un certo senso, il primo "urto"
con la "realtà del tempo" vedere quale tracollo aveva subito il barone. incapace, a causa dello stato del suo
sistema nervoso, di controllare i propri movimenti. Le meditazioni sull'arte sono, mescolate con i "fatti" (lo
scendere dalla carrozza, i passi fatti a piedi). Ogni persona incontrata (tanta gente si reca dai Guermantes) è
motivo di associazioni, di simboli, di riflessioni, di ricordi e di ricordi di ricordi. E' interessante vedere il
meccanismo felice usato da Proust: "Volgendo nell'animo i tristi pensieri di cui or ora dicevo, ero entrato nel
cortile del palazzo dei Guermantes e, nella mia distrazione, non m'ero accorto di un'autornobile che stava
avanzando: al grido dell'autista, ebbi appena il tempo di scansarmi bruscamente e tanto indietreggiai da andare a
inciampare mio malgrado contro i ciottoli molto mal livellati oltre i quali si trovava una rimessa. Ma nel
momento in cui per ricuperare l'equilibrio, posai il piede su un ciottolo un poco meno rialzato del precedente,
tutto il mio scoraggiamento svanì di fronte alla medesima felicità che, in periodi diversi della mia vita,
m'avevano procurato sia la vista d'alberi che avevo creduto di riconoscere in una passeggiata in carrozza intorno
a Balbec, sia la vista dei campanili di Martinville, sia il sapore di una maddalena inzuppata in un infuso, sia le
molte altre sensazioni di qui ho parlato e che le ultime opere di Vinteuil m'era parso sintetizzassero. Come nel
momento in cui stavo assaporando la maddalena, ogni apprensione per l'avvenire, ogni perplessità del mio
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Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto
intelletto si dissipò...": il sapore della maddalena (questo oggetto­simbolo­memoria ritornerà più volte) evoca
dunque la trama dei ricordi, lo spazio della memoria su cui si fonda l'arte entra per cosi dire in azione: dal
ciottolo più alto alla chiarezza intuitiva che è alla radice della poesia­memoria, dunque. Ancora, più avanti:"Ma
basta che un rumore, un odore, già udito o respirato altra volta, lo siano di nuovo, a un tempo nel presente e nel
passato, reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l'essenza permanente, e di solito
nascosta delle cose venga liberata, e perché il nostro vero io, che a volte pareva morto da un pezzo, ma che non
lo era affatto, si desti, si animi nel ricevere il nutrimento celeste che gli viene offerto. Un attimo affrancato
dall'ordine temporale ha ricreato in noi, per percepirlo, l'uomo affrancato dall'ordine temporale. E che costui
confidi nella propria gioia è comprensibile, anche se il semplice sapore di una maddalena non sembri
logicamente contenere i motivi di tale gioia, e comprensibile che la parola morte non abbia più senso per lui,
situato fuori del tempo, che dovrebbe mai temere dall'avvenire ... Ma l'illusione non era durevole". Questo
processo della memoria liberatrice è come l'irradiamento di una sensazione ("sapore della maddalena inzuppata,
suono metallico, sensazione di passi disuguali"), per cui luoghi e oggetti e persone lontane si ricongiungono
nell'atto misterioso e profondo della memoria, dalla quale sgorga la poesia. Attraverso questo filtro ombroso
l'intelligenza coglie verità più profonde e più necessarie: "lo dovevo studiarmi d'interpretare le sensazioni come
segni d'altrettante leggi e idee, cercando di pensare, cioè di far uscire dalla penombra ciò che avevo provato, di
convertirlo in un equivalente spirituale. Ora tale metodo che mi pareva il solo, in che altro poteva consistere se
non nella creazione d'un'opera d'arte? E già le conseguenze si affollavano nella mia mente: infatti, o che si
trattasse di reminiscenze sul tipo del rumore della forchetta, o del sapore della maddalena, o di quelle verità
scritte per mezzo di figure delle quali cercavo di cogliere il significato nel ratio pensiero dove ­ campanili, fiori
selvatici ­ esse componevano una complicata e ornata scrittura magica, loro prima caratteristica era ch'io non
ero libero di sceglierle, che mi venivan date cosi come si presentavano. E io intuivo che proprio questo era il
marchio della loro genuinità". Nessuno poteva aiutarlo a rendere leggibile quell'intimo libro di tali sconosciuti
segni": ne alcuna regola, perché tale lettura consisteva in un atto creativo" per il quale nessuno ci può supplire, e
neppure può collaborare con noi". L'artista deve ascoltare il proprio istinto "il che permette all'arte d'essere il
falto più reale, la più austera scuola di vita, e il vero Giudizio Finale". Codesto libro, il più arduo a decifrarsi, è
anche il solo dettatoci dalla realtà, l'unico "impresso" in noi dalla realtà medesima. Di qualunque idea si tratti,
lasciata in noi dalla vita, la sua rappresentazione materiale, impronta dell'impressione ch'essa ha prodotto in noi,
è pur sempre l'attestato della sua indispensabile verità. Le idee formate dall'intelligenza pura non posseggono
che una verità logica, una verità potenziale, e la loro elezione è arbitraria. Le idee che ci formiamo. certo,
possono essere logicamente giuste,"ma non sappiamo se sono vere". Solo l'impressione, continua Proust è un
possibile criterio di verità: "L''impressione è per lo scrittore ciò che è l'esperimento per lo scienziato, con questa
differenza però, che nello scienziato il lavoro dell'intelligenza precede, nello scrittore segue ... E siccome l'arte
ricompone fedelmente la vita, spira intorno a codeste verità attinte nel nostro intimo un'aura di poesia, la
dolcezza d'un mistero che altro non è se non la penombra da noi attraversata". L'opera d'arte preesiste in noi, e
noi dobbiamo scoprirla,"al tempo stesso, perché necessaria e nascosta, come faremmo per una legge di natura".
L'arte vera consiste nel riaferrare quella "realtà da cui viviamo lontani ... Grazie all'arte anziché vedere un solo
inondo, il nostro, noi lo vediamo moltiplicarsi, e quanti più sono gli artisti originali tanti più sono i mondi a
nostra disposizione, diversi gli uni dagli altri più ancora dei mondi roteanti nell'infinito; e molti secoli dopo ch'è
spento il focolaio da cui emanavano ­ si chiamasse esso Rembrandt o Vermeer ­­continuano a inviarci il loro
inconfondibile raggio di luce ... L'opera d'arte era il solo mezzo per ritrovare il Tempo Perduto''. Il libro è in
realtà, in gran parte, uno splendido trattato sulla natura e la funzione dell'arte. Gli episodi, comunque, sono
numerosi: fra questi il penoso episodio della figlia dell'attrice Berma, che aveva organizzato un ricevimento
nello stesso tempo di quello dei Guermantes: ricevimento al quale nessuno era andato: ma il dolore dell'attrice
fu aumentato a dismisura, Fino alla morte, dalla condotta della figlia, che, col marito, pur di entrare nel mondo
dei Guermantes, non esitò ad accettare un invito da parte dell'attrice Rachele la nemica di Berma. Il libro si
chiude con l'eco dello scampanellare della porta della casa di Marcel: l'eco di un episodio lontano, una visita di
Swann alla famiglia di Marcel: e quell'eco, come altri, provoca nel protagonista la vertigine del tempo passato,
come se fossero state migliaia di anni vissuti.
300 €
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