Lo sviluppo del sé - Benvenuti nel sito Web di Petali Azzurri

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Lo sviluppo del sé - Benvenuti nel sito Web di Petali Azzurri
Lo sviluppo del sé
UO di Neuropsichiatria infantile
Responsabile Dr. Maurizio Pincherle
Ospedale di Macerata
Dr. Pirri Barbara
Petali azzurri
Medico-Neuropsichiatra infantile
Lo sviluppo del sé
Vedremo insieme come si sviluppa la
personalità del bambino nel corso dei primi
anni di vita. La base genetica, le relazioni
affettive e gli eventi ambientali contribuiscono
a delineare il “sé” del bambino, che si definisce
progressivamente come individuo adulto.
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Linee evolutive
Riguardo alle pulsioni abbiamo la sequenza delle fasi lipidiche:
9 fase orale
9 fase anale
9 fase edipica
9 periodo di latenza
9 preadolescenza
9 adolescenza
Riguardo la pulsione aggressiva a ciascuna fase lipidica corrisponde una differente
modalità di espressione dell’aggressività:
9 fase oraleÆ mordere, sputare, divorare con l’oralità
9 fase analeÆ torturare, picchiare, calciare, distruggere
9 fase edipicaÆ sopraffare, dominare, comportarsi in modo spavaldo.
9 AdolescenzaÆ sconsideratezza, crudeltà mentale, scoppi di dissocialità.
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Fasi di
sviluppo
Fase orale
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Fase anale
Fase edipica
Linee evolutive
9 Le funzioni dell’Io sono: il senso di realtà, le attività
difensive, il senso morale e le potenzialità cognitive
possono fornire delle indicazioni.
9 Le linee evolutive tracciano lo sviluppo graduale degli
atteggiamenti di dipendenza, irrazionali, verso un
progressivo controllo del mondo esterno e interno.
9 Ogni livello raggiunto da un dato bambino sotto un
aspetto (alimentazione, pulizia e controllo sfinterico,
relazioni sociali, studio/attività lavorativa) rappresenta
il risultato di un’interazione tra l’evoluzione e la
reazione alle influenze ambientali.
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Sviluppo del sé
™Dalla dipendenza all’autonomia affettiva
™Dall’allattamento all’alimentazione
™Controllo degli sfinteri
™Prendersi cura del proprio corpo
™Dall’egocentrismo alla socievolezza
™Dal corpo al gioco allo studio/lavoro
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Dalla dipendenza
all’autonomia affettiva
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Dalla dipendenza, all’autonomia affettiva
e alle relazioni oggettuali adulte
9 La principale linea evolutiva conduce dalla totale dipendenza del neonato dalle
cure materne all’autonomia affettiva e materiale del giovane adulto.
9 L’unità biologica della coppia madre-neonato è caratterizzata dal fatto che il
bambino include la madre nel proprio ambiente narcisistico interno. Questo
periodo è diviso nelle fasi autistica, simbiotica e di separazione-individuazione
(M. Mahler).
9 La fase di soddisfazione dei bisogni che si basa sull’urgenza delle esigenze
somatiche e dei derivati delle pulsioni è intermittente e fluttuante, poiché
l’oggetto viene investito sotto la pressione di desideri imperiosi e viene
disinvestito, quando la soddisfazione viene raggiunta (M. Klein)ÆAllattamento.
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La fase della costanza dell’oggetto permette di mantenere un’immagine
interna positiva dell’oggetto, indipendentemente da soddisfazioni o
insoddisfazioni (6-8 mesi).
Il rapporto ambivalente della fase anale è caratterizzato da tendenze dell’io
ad attaccarsi agli oggetti d’amore a torturarli, dominarli e controllarli.
La fase edipica è caratterizzata dal possesso del genitore del sesso opposto e
dalla gelosia del genitore dello stesso sesso. Sono presenti atteggiamenti
protettivi, curiosità, richieste di ammirazione, atteggiamenti esibizionistici.
Il periodo di latenza si caratterizza per lo smorzamento delle pressioni
istintuali, per lo spostamento della libido dalle figure parentali ai coetanei ai
gruppi, agli insegnanti, agli idoli, agli interessi. Si evidenzia disillusione e
denigrazione delle figure genitoriali.
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Adolescenza
9L’adolescenza nega, abbandona, abbatte il legame con gli oggetti
infantili. Si trasferisce l’investimento lipidico su oggetti di sesso
opposto e sul gruppo.
9Non è possibile opporsi all’allentamento dei legami con la
famiglia dell’adolescenza.
9In base alle linee evolutive è possibile stabilire gli effetti di una
separazione dalle figure genitoriali. Le reazioni all’adozione/affido
sono molto gravi al termine del periodo di latenza in
preadolescenza, quando inizia la disillusione verso le figure
genitoriali. Questo è per i bambini adottati il periodo più delicato.
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Dall’allattamento
all’alimentazione
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Dall’allattamento all’alimentazione razionale
9 Il bambino percorre un lungo cammino prima di riuscire a
regolare la propria alimentazione in modo attivo e razionale.
9 L’allattamento al seno o artificiale a orario fisso o a richiesta.
Ingiustificate attese dei pasti, il razionamento o l’alimentazione
forzata possono causare i primi e spesso durevoli disturbi del
rapporto positivo con il cibo.
9 Lo svezzamento dal seno o dal biberon iniziato dal bambino
stesso o per desiderio della madre. In questo secondo caso e
soprattutto se il passaggio avviene troppo bruscamente, la protesta
del bambino contro la privazione orale produce risultati negativi
per il normale godimento del cibo. Si possono avere difficoltà di
ingestione di cibi solidi e nuovi gusti o nuove densità possono
essere rifiutati.
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Dall’allattamento all’alimentazione razionale
9 Il passaggio dal farsi imboccare al mangiare da soli. In questa
fase permane ancora l’identificazione tra cibo e madre.
9 L’introduzione dell’uso delle posate. Si hanno conflitti tra madre
e bambino sulle buone maniere a tavola; compare il desiderio di
dolci come sostituto dei piaceri orali della suzione; emergono
manie alimentari, collegate all’educazione sfinteriale (disgusto
per alcuni cibi).
9 Nella fase edipica ci possono essere atteggiamenti irrazionali
riguardo al cibo legati ai dubbi rispetto al concepimento e alla
nascita (paura del veleno, di ingrassare, di vomitare).
9 Nel periodo di latenza aumentano gli atteggiamenti razionali
verso il cibo. In questo momento si formano le abitudini
alimentari e le preferenze.
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L’equazione madre-cibo spiega perché un distacco dalla madre
può essere tradotto nei primi periodi come un rifiuto del cibo.
I disturbi alimentari della fase edipica
invece sono legati a conflitti interni (nevrosi infantili).
Nelle fasi successive si possono avere disturbi
del comportamento alimentare (anoressia e bulimia),
manie alimentari, disturbi digestivi di tipo nevrotico
(dolori addominali ricorrenti, acalasia, vomito periodico).
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Controllo
degli
sfinteri
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Dall’incontinenza al controllo sfinteriale
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Lo scopo a cui mira questa linea evolutiva è il controllo delle
tendenze uretrali ed anali. In questo campo i conflitti tra Es, Io e
Super-io diventano particolarmente evidenti.
La durata della prima fase, nella quale il bambino ha completa
libertà di bagnarsi e di sporcarsi, è determinata dal processo di
maturazione e da circostanze ambientali. Il momento in cui si
decide di lavorare sul controllo degli sfinteri è condizionato dai
bisogni personali della madre, dalle convenzioni familiari, sociali
(es. prossimo ingresso alla scuola materna) o mediche. Questa fase
dura da due a tre anni. Si basa sul rapporto oggettuale e sul
controllo dell’Io (trattenere/cedere).
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Controllo degli sfinteri
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Il ruolo dominante nell’attività pulsionale della seconda fase passa dalla zona
orale alla zona anale.
Dal momento che in questa fase i prodotti del corpo sono investiti intensamente
di libido, essi sono preziosi per il bambino e sono considerati doni, consegnati
alla madre come oggetti di amore; poiché sono investiti anche di aggressività,
essi divengono anche armi grazie alle quali la rabbia, la collera e la delusione
possono scaricarsi nell’ambito del rapporto oggettuale. Conformemente a
questo duplice investimento dei prodotti del corpo, tutto l’atteggiamento del
bambino verso il mondo oggettuale è dominato dall’ambivalenza, cioè da
violenti passaggi dall’odio all’amore.
A ciò si combina sul versante dell’Io la curiosità diretta verso l’interno del
corpo, il piacere di sporcare, giocare con la terra, trattenere, svuotare,
accumulare e anche dominare, possedere, distruggere.
Se la madre riuscirà ad operare un’operazione equilibrata tra pressione
dell’ambiente verso la pulizia e le opposte tendenze anali e uretrali del
bambino, l’educazione sfinteriale procederà gradualmente senza crisi e senza
scosse.
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Controllo degli sfinteri
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Nella terza fase il bambino accetta e fa suoi gli atteggiamenti della madre e
dell’ambiente verso la pulizia e attraverso l’identificazione li rende parte
integrante delle esigenze del suo Io e Super-Io: d’ora in poi l’aspirazione alla
pulizia diverrà un precetto interno e verranno quindi erette barriere interne
contro i desideri uretrali ed anali attraverso l’attività difensiva della rimozione o
della sublimazione (es. dipingere, cucinare, ecc….).
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Il disgusto, il senso dell’ordine e della pulizia, l’avversione per le mani sporche,
lo proteggeranno contro il riemergere del rimosso. Puntualità, coscienziosità,
serietà sono sottoprodotti della regolarità anale. L’inclinazione al risparmio e al
collezionismo saranno segni dello spostamento di un intenso investimento anale.
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Controllo degli sfinteri
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Questi traguardi si fondano su identificazioni e
interiorizzazioni e non sono pienamente consolidati prima della
risoluzione del complesso edipico. Una delusione, un trauma o
una separazione dalla figura materna possono dare luogo a
manifestazioni di enuresi ed encopresi.
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Nella quarta fase il controllo sfinteriale diventa stabile. Questo
succede quando l’interesse per l’igiene si dissocia dai legami
oggettuali e raggiunge lo stato di interesse dell’io e del super-io
pienamente neutralizzato ed autonomo.
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Prendersi cura
del proprio corpo
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Prendersi cura del proprio corpo
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In modo lento e graduale i bambini arrivano a prendersi cura di se stessi e
del proprio corpo. Inizialmente il bambino lascia alla madre la cura e la
protezione del suo corpo e si permette atteggiamenti di indifferenza e di
disinteresse o di totale irresponsabilità, come arma di una eventuale lotta
contro di lei. Solo il bambino che non gode di buona assistenza materna o
quello privo di madre gioca col proprio corpo a madre-bambino, come
fanno gli ipocondriaci (somatizzazione del disagio emotivo).
La linea evolutiva segue queste tappe:
Come tappa evolutiva nei primissimi mesi, vi è un cambiamento nella
direzione dell’aggressività, che prima viene vissuta sul proprio corpo e poi
viene dirottata verso il mondo esterno. Questo fatto pone dei limiti agli atti
autolesivi del mordersi, graffiarsi, ecc…, sebbene dei residui si possano
riscontrare in età più avanzate. Questo progresso è in parte dovuto alla
maturazione delle vie sensitive e all’istaurarsi della soglia del dolore, in
parte è una risposta del bambino all’investimento libidico del suo corpo da
parte della madre.
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Prendersi cura del proprio corpo
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Successivamente si manifestano i progressi nel funzionamento dell’io, come la
capacità di orientarsi nel mondo esterno, la comprensione del rapporto
causa/effetto, il controllo dei desideri pericolosi al servizio del principio di
realtà. Queste nuove funzioni proteggono il bambino contro pericoli esterni
come l’acqua, il fuoco, le cadute, ecc…
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Ma vi sono molti casi di bambini in cui, a causa di una deficienza in una di
queste funzioni dell’io, tale progresso è ritardato. Essi rimangono inermi e
vulnerabili, quando non sono protetti dal mondo degli adulti.
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In ultimo il bambino aderisce volontariamente alle regole dell’igiene e alla
necessità delle cure mediche. Evitare le malattie, prendere farmaci, diete o
restrizioni del moto sono poco accettati fino al termine dell’adolescenza e il
compito di proteggere la loro salute viene lasciato ai genitori.
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Dall’egocentrism
alla socievolezza
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Dall’egocentrismo alla socievolezza
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Nella prima fase si assiste ad una visione del mondo esterno
orientata in modo egoistico e narcisistico, nella quale gli altri
bambini non esistono o vengono percepiti solo come elementi di
disturbo nel rapporto madre-bambino e come rivali nell’amore dei
genitori.
9 In seguito (fase seconda) gli altri bambini vengono visti come
oggetti inanimati, cioè come giocattoli che possono essere
adoperati, maneggiati, scelti e scaricati a seconda dell’umore e dai
quali non ci si attende alcuna reazione né positiva, né negativa.
9 Nella terza fase gli altri bambini sono visti come elementi di aiuto
per portare a termine uno scopo desiderato, come giocare,
costruire, distruggere, fare qualche marachella; la durata
dell’associazione è determinata dallo scopo che si sono prefissati
edazzurri
è secondaria ad essa.
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Nella quarta fase gli altri bambini sono visti come compagni e
come oggetti a sé stanti; il bambino può ammirarli, temerli,
competere con loro; può amarli o odiarli, identificarsi con i
loro sentimenti, conoscere i loro desideri e spesso rispettarli.
Può dividere con loro il possesso di altre cose su una base di
uguaglianza.
Nelle prime due fasi il bambino è asociale. La vita sociale a
questo livello può essere sopportata, ma non è utile. Il terzo
stadio rappresenta il livello minimo per la socializzazione sotto
forma di accettazione dei fratelli e del gruppo dei coetanei
nella scuola materna. Solo il quarto stadio permette al bambino
di stabilire rapporti di amicizia di qualunque tipo e durata.
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Dal corpo
al gioco
al lavoro
Petali azzurri
Dal corpo, al giocattolo, al lavoro
9 Il gioco da principio è per il bambino un’attività che produce piacere.
Coinvolge la bocca, le dita, l’intera superficie del corpo. Questo gioco si
svolge sul corpo del bambino o su quello della madre, senza una distinzione
chiara tra i due.
9 Le proprietà del corpo della madre e di quello del bambino sono trasferite su
qualche oggetto morbido, come una pezza, un cuscino, una coperta, un
orsacchiotto, che servono come primi giocattoli del bambino, come oggetto
transizionale secondo Winnicott, che viene investito di libido narcisistica e
oggettuale.
9 L’attaccamento ad uno specifico oggetto transizionale si evolve in seguito in
una propensione più generica per giocattoli soffici di vario genere che, in
quanto oggetti simbolici, saranno alternativamente vezzeggiati e maltrattati
(investiti di libido e aggressività). Poiché si tratta di oggetti inanimati e quindi
incapaci di ritorsione, il bambino può esprimere verso di loro l’intera gamma
delle sue emozioni.
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I giocattoli morbidi perdono d’importanza, eccetto al momento di andare al letto,
quando fungendo da oggetti transizionali facilitano il passaggio dalla
partecipazione attiva al mondo esterno all’isolamento narcisistico necessario per
dormire.
Durante il giorno il loro posto viene ad essere sempre più rimpiazzato dai
giocattoli, che servono alle attività dell’io e alle fantasie che le sottendono. Tali
attività gratificano una pulsione parziale, oppure sono investite di energie
istintuali spostate o sublimate. La sequenza dei tipi di giocattoli ricercati è la
seguente:
1- Giocattoli che si prestano ad attività dell’io come riempire-svuotare, aprirechiudere, introdurre, pasticciare, ecc….; l’interesse per questi giochi deriva
dallo spostamento dell’interesse per gli orifizi del corpo e le loro funzioni.
2- Giocattoli mobili che permettono attività motorie piacevoli.
3- Materiale da costruire che offre uguale opportunità di costruire e di
distruggere (in corrispondenza con le tendenze ambivalenti della fase sadicoanale), come il pongo e la pasta di sale.
4- Giocattoli che consentono l’espressione di tendenze e atteggiamenti
mascolini o femminili, che vengono usati per giochi solitari o in piccoli
gruppi. Le espressioni della mascolinità può anche spostarsi sulla ginnastica e
della femminilità nella danza.
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Dal corpo, al giocattolo, al lavoro
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La soddisfazione diretta o spostata, ricavata dall’attività ludica stessa, cede
sempre più il posto al godimento tratto dal prodotto finito di questa attività
(il piacere di completare un compito). Questo è considerato un requisito
indispensabile per un buon rendimento scolastico. Per avere il piacere di
riuscire è indispensabile la presenza dell’imitazione, il buon rapporto
madre-bambino, la trasformazione della passività in attività come
meccanismo di difesa e la pressione interna verso la maturazione.
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Il piacere di riuscire è presente anche nei bambini molto piccoli. Maria
Montessori indicava di scegliere fin dalla scuola materna il materiale di
gioco in modo da offrire al bambino la possibilità di sviluppare l’autostima
e la gratificazione attraverso il completamento del compito o la soluzione
del problema. E’ facile constatare come i bambini rispondono in modo
positivo a tali opportunità. Inizialmente il piacere del successo deriva dalla
lode dei genitori o dal mondo degli oggetti. La soddisfazione derivante dal
prodotto finito compare più tardi, come risultato dell’interiorizzazione di
fonti esterne di autostima.
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Dal corpo, al giocattolo, al lavoro
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La capacità di giocare si muta in capacità di lavorare, quando
sono state raggiunte le seguenti acquisizioni: la capacità di
controllare, frenare o modificare gli impulsi ad usare
determinati materiali in modo aggressivo e distruttivo e ad
usarli in modo positivo e costruttivo; la capacità di portare
avanti piani prestabiliti tenendo nel minimo conto la mancanza
del piacere immediato, le frustrazioni transitorie e tenendo
invece nel massimo conto il piacere del risultato finale; la
capacità di compiere il passaggio dal piacere istintuale
primitivo al piacere sublimato, con un alto grado di
neutralizzazione dell’energia impiegata e di passare dal
principio del piacere al principio di realtà.
Vi sono inoltre una serie di attività collaterali significative per
lo sviluppo della personalità: i giochi di fantasia (fino
all’adolescenza), i giochi di gruppo, gli sport e gli hobby.
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Bibliografia
Normalità e Patologia. Anna Freud
Il bambino da 0 a 3 anni e il bambino da 3 a 6
anni. Berry Brazelton
Manuale di psicopatologia dell’infanzia.
Massimo Ammaniti
Psicopatologia del bambino. Daniel Marcelli
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Fine
Grazie dell’attenzione!!!
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