deltanabla - ITALYROCKLIVE
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SETTEMBRE 2011 DELTANABLA DELTANABLA STRUTTURE DELTANABLA Parto subito chiedendoti di presentarti ai lettori di Note Live. Mi chiamo Armando Polito, ma preferisco farmi chiamare “Deltanabla”. Sono nato nel lontano 1977 e sono cresciuto a Sessa Aurunca, un piccolo paese in provincia di Caserta. Ho trascorso gran parte della mia adolescenza davanti al pianoforte a alla chitarra. Ho cominciato a scrivere canzoni all’età di 14 anni. Per me era una valvola di sfogo, un modo per raccontare e tirare fuori tutto quello che non riuscivo a dire da solo con le parole, a causa della mia timidezza. Il bisogno di scrivere canzoni è cresciuto con me e mi ha accompagnato fino ad oggi, nonostante le difficoltà, nonostante le prime resistenze in famiglia, nonostante tutto..... Qual’è la genesi del tuo nome d’arte? É una bella domanda. Ti racconterò com’è andata. Siamo nel 2007. Partecipavo ad un concorso nazionale per solisti e gruppi emergenti: il “Tour Music Fest”. Mi ricordo che le selezioni erano itineranti e venivano fatte in tutta Italia. Funzionavano come vere e proprie audizioni: esibizione a porte chiuse... tu e una giuria di 4 elementi. La mia audizione si tenne a Dragoni, in provincia di Caserta, dentro un megastore di musica chiamato “La cicala”, il più grande della Campania. Andai con il brano che ha vinto il Summer Giovani dell’anno scorso: “Matto sono di te”. Le selezioni erano a gironi. Io superai la prima, poi mi richiamarono a Roma a fare uno stage di quattro giorni in una struttura turistica. Lo stage terminava con un’altra audizione in cui eri dentro o fuori. Dopo lo stage un’ultima audizione... Se la superavi andavi in finale al Piper di Roma, con tanto di conferenza stampa, telecamere, discografici e Mogol come presidente di giuria. Ma ci pensi? Io parto con un pezzo scritto da me e con una base audio realizzata sempre da me tra le mura domestiche... e arrivo tra i primi 5 finalista tra più di 2500 partecipanti provenienti da tutta Italia!! Quando me lo dissero non ci volevo credere. Insomma allo stage conobbi una cantante di Roma... Una persona eccezionale. Nacque subito un’intesa di anime tra noi. Prima dell’ultima audizione lei mi invitò a casa e mi consegnò in mano un plico. Sopra c’era scritto “Global Star Registry”. La matta mi aveva regalato una stella, con tanto di coordinate. Guarda caso la stella si chiama “Deltanabla” e si tro- va in prossimità dell’Orsa Maggiore. Beh.... io sbiancai, accettai il regalo e decisi di scegliere il nome della stella come nome d’arte. Quindi ogni volta che guarderai su nel cielo e vedrai la costellazione del Grande Carro, pensa che lì ci sono anche io..... Come componi i brani? Altra bella domanda. Premetto che per il sottoscritto non esiste un procedimento preconfezionato o una ricetta standard. Stiamo parlando di arte. Io nella mia vita ragiono sempre per ispirazione...... su ogni scelta, su ogni manifestazione di me. Per le canzoni che scrivo è la stessa cosa. Se c’è l’ispirazione scrivo, altrimenti non faccio altro che aprire gli occhi, le orecchie, sento gli odori, i sapori.... e aspetto... aspetto il punto zero, il momento in cui ti congedi dal mondo e prendi il coraggio per dire la tua. Quando arriva il punto zero è il momento di sedersi davanti al piano o di imbracciare la mia chitarra. Da lì in poi comincia un moto perpetuo che mi tormenta e ha termine solo quando il brano è ultimato. E quando comincia ti assicuro che per me non ci sono più orari che tengano. I bioritmi vanno a farsi benedire. Subito dopo sopravviene una sensazione chiara di svuotamento e stanchezza fisica. Ti senti come se avessi fatto i mille metri di fondo. Se chiedi ai miei amici più cari, tutti sanno che quando sparisco e non rispondo al telefono vuol dire che sono in fase creativa. I testi ricoprono un ruolo importante; risultano musicali e di impatto. Come nascono? Anche qui siamo in una situazione analoga alla precedente. Ma per quanto riguarda i testi io credo di essere controcorrente. Tutti dicono che i testi ricoprono un ruolo importante... In parte è vero, ma io ho la sensazione che qui in Italia l’attenzione sia troppo traslata sui testi e poco sulla musica. Scusami la schiettezza ma io la chiamo la sindrome cantautorale. Se un brano fosse maggiormente testo, dovremmo parlare di poesia musicale. I grandi in questa “pratica” già ci sono stati, ma poi il mondo è andato avanti. Insomma se parliamo di canzoni per me musica e testo sono due parti complementari. Ti faccio questa premessa semplicemente per dire che nel mio modo di scrivere, assieme al messaggio del testo, viene associata una chiara funzione sonora e ritmica delle parole, che possono diventare per esempio una ghost note. Per questo motivo i mie testi nascono insieme alla musica. A volte contemporaneamente, a volte nasce un testo cantato mentre sei in auto e prendi di corsa il registratore per non dimenticare il “lampo di genio”, a volte usi il finto inglese per dare una forma ritmica e poi adattare il testo in italiano successivamente. La musica cantautoriale italiana sta soffrendo da anni l’arrivo di gruppi musicali Pop di grande impatto scenico ma a volte, di poca sostanza artistica. Che idea ti sei fatto e come sarà il futuro della musica d’autore italiana? Difficile farsi un’idea precisa per me. Io vedo un mercato discografico in cui è vero tutto e il contrario di tutto. Non credo alla crisi del settore. Un negozio in crisi chiude, una banca in crisi fallisce, un matrimonio in crisi finisce. Il mercato discografico italiano continua a produrre e vendere dischi. Di quale crisi stiamo parlando? Per me è una crisi di contenuti. Sono le idee a essere in crisi. Una crisi immersa in un circuito mediatico che non aiuta certamente, ma che fagocita l’anima delle persone in nome del fenomeno del momento. Non importa quanto sei bravo, ma solo quanto puoi durare sotto lo stress delle telecamere. Per il futuro della musica d’autore italiana posso solo dire una cosa. Per un’ora al giorno proviamo a spegnere la tv e ad ascoltare buona musica, andiamo a cercare la storia dei grandi nomi nella storia della musica italiana e internazionale, nutriamo le nostre orecchie solo di cose belle, e forse la prossima volta che andremo a sentire un concerto saremo in grado riconoscere da noi la bellezza in un progetto musicale. Quali sono i gruppi dai quali trai ispirazione? Ora non saprei proprio dirtelo, ma ho ascoltato e ascolto di tutto. Ti cito qualcosina. Ho cominciato con il Rock. Led zeppelin Pink floyd, Nirvana, Queen, Europe, ma anche Red Hot, Korn, Rage Against the Machine, Disturbed. Anche roba italiana: Le vibrazioni, i Subsonica, Gazzè, Niccolò Fabi, Baroni. Poi ho ascoltato anche Alanis Morisette, Michael Jackson, Stevie Wonder, gli Incognito, Jamiroquai, Prince..... Insomma tutto quello che ho ascoltato non me lo ricordo, ma sicuramente mi sarò ispirato a qualcosa, non credi? Qual’è secondo te la caratteristica che ti distingue maggiormente rispetto agli altri? La ritmica del testo, lo scat, l’uso delle loop station.... La voglia di dire tutto e subito... ora e mai più. Riesci a ritagliarti spazi all’interno delle programmazione dei locali della nostra zona? A volte si, a volte no. Purtroppo qui non è come l’America. Qui in Italia non esiste una fascia intermedia di musicisti. O sei in cima al mercato e guadagni tanto, o sei in fondo e arranchi per un giusto compenso in cambio dell’arte. Riusciresti a descrivere le sensazioni che secondo te dai al pubblico che ti ascolta? Sinceramente non è un problema che mi pongo. O meglio me lo pongo quando scrivo, e quando scrivo credo di trasferire le cose che sento io: Patos, tensione, a volte rabbia, ma anche ironia verso la vita. Voglia di condividere con gli altri. Ma in fase di performance la domanda non si pone proprio. Sul palco canto e mi prendo il piacere di farlo, solo così c’è ricambio di energia tra me e chi mi ascolta. Qual’è stata l’esperienza più bella che hai vissuto come musicista? Sono state tutte belle fino ad ora, anche quella che apparentemente poteva sembrare la più insignificante. Ogni volta è sempre come se fosse l’ultima, quindi è preziosa. Com’è nato l’incontro con i musicisti noti come “Dirotta su Cuba”? É stata pura casualità. Una cara amica di Arezzo mi ha messo in contatto con il tastierista. Ho mandato una demo alla band e loro hanno accettato di provare ad arrangiare alcuni miei brani inediti.... è stato un sodalizio di stile. C’è stata intesa fin da subito. Di qui la decisione di tornare al Summer Giovani con tutta la band al completo. Durante l’esibizione del 20 luglio respiravamo tutti adrenalina. É stato meraviglioso davvero. Quali saranno i prossimi impegni? Sicuramente in cantiere c’è la produzione di un singolo con la loro collaborazione. Da lì in poi sono aperte tutte le possibilità. Stiamo parlando di una progettualità che è appena nata, ma che potrebbe portare grandi frutti. É un work in progress, ma ti terrò informato su ogni sviluppo. Grazie per l’intervista e complimenti per il tuo progetto. Note Live è con voi! LIVE REPORT: SLASH + Japanese Voyeurs A Cura di: Charlie E’ la terza volta che il buon vecchio Slash fa tappa a Milano con il suo progetto solista e per la terza volta gli organizzatori possono vantare un tutto esaurito. C’è poco da fare... il pubblico italiano è rimasto particolarmente affezionato al riccioluto chitarrista ex Guns N’ Roses e anche il suo nuovo progetto solista, pur non paragonabile ai numeri raccolti negli storici anni dei GNR, non è passato affatto inosservato, grazie anche al supporto di un certo Myles Kennedy. Ma andiamo con ordine... Grande affluenza di pubblico sin dal pomeriggio, al di fuori dei cancelli dell’Arena Civica, in un Parco Sempione trasformato in ritrovo di nostalgici dell’hard rock, venditori ambulanti (magliette col volto di Slash veramente ovunque) e bagarini (botteghini aperti solo per il ritiro prenotazioni, a causa del già menzionato sold out registrato in prevendita). Alle 19:30 le tribune (nonostante la distanza) sono pressochè gremite e il prato è già quasi pieno di fans in attesa (per quanto possibile: la capienza dell’Arena è ridotta e potrebbe in realtà contenere molte più persone sul campo da gioco); vincente quindi la scelta dell’organizzazione di istituire un biglietto unico con libero accesso fra i due settori che ha permesso agilmente ai presenti di scegliere la posizione a loro più consona. Non sembra essere invece molto accomodante la enorme nube nera che fa capolino fra i palazzi nella zona retro palco, la quale avanza minacciosa diretta verso l’Arena come se intenzionata a partecipare al concerto. Durante l’attesa in molti guardano verso il cielo con perplessità, ma quando salgono sul palco gli opening act Japanese Voyeurs (poco dopo le 20:30) la situazione meteorologica pare comunque stabile. Così, fra la quasi indifferenza generale, Romily Alice e soci iniziano il loro show sulle note di “You’re So Cool”. Penalizzati fortemente dai suoni, i britannici non fanno una gran figura agli occhi e alle orecchie dei molti che non li conoscono e sembrano riscuotere pochi consensi tra i presenti; la voce esile di Romily viene sovrastata dalle frequenze “grosse” degli strumenti a corda (basso in primis.. altissimo, ma colonna portante in quasi tutte le canzoni) e dal rullante. Ma diciamola tutta, il pubblico magari si aspettava una band hard rock, qualche emulo dei Guns, oppure qualche virtuoso della chitarra. E invece Slash (o chi per lui) ha scelto per questo tour un opening act totalmente diverso, un qualcosa di non paragonabile, neanche lontanamente: voce femminile, zero soli, un post grunge con chitarre pesanti... immaginate la cantante dei Cardigans che si è messa a suonare con ragazzi cresciuti a pane e Nirvana, ma su una base più dura... Ecco chi sono i Japanese Voyeurs e fra il pubblico chi li conosce porge attenzione e cerca di leggere fra le righe di questo quaderno “sbiadito”, ma non totalmente per colpa di chi è sul palco. Con un album d’esordio appena uscito (di fatto una raccolta di brani riregistrati per l’occasione e già apparsi negli ep precedenti) questi giovani ragazzi inglesi hanno attirato l’attenzione nel Regno Unito partecipando a numerose kermesse più e meno importanti e colpendo per la loro strategia che li ha visti rilasciare ben tre videoclip (di cui almeno uno, “Milk Teeth”, di fattura molto interessante) prima ancora di avere un album sulle spalle. E adesso ecco l’occasione, a fianco di uno dei nomi che hanno fatto la storia del rock. Difficilmente da questo ingarbugliato live, durato mezzora scarsa, potremo pronosticare qualcosa sul loro futuro, ma c’è da dire che i pezzi tirano e che la voce di Romily (quando si sente) riesce a dare tanto fastidio inizialmente quanto creare curiosità nel proseguio dell’ascolto. Questo accade specialmente in “Dumb”, nella già citata “Milk Teeth” e in “Blush”, tutti pezzi in cui la interessante (anche fisicamente) singer gioca molto fra voci stridule e urla, ammorbidendosi assieme alla dinamica dei brani quando tendono a scendere. Se mi aspettavo di più dai Japanese Voyeurs in questo live, posso dire che le controverse sensazioni lasciate anche dopo aver ascoltato l’album “Yolk” (unico loro cd in vendita al banco del merchandising - introvabili gli ep sopra citati di cui conoscevo già parte del contenuto) mi creano una gran voglia di rivederli e di sapere come andranno avanti questi ragazzi... meteora o stella? Vedremo. C’è poco da domandarsi invece con Slash: annunciato dalla solita voce fuori campo, sale poco dopo le 21:30 in gran spolvero, dotato di cappello ma senza sigarette o bottiglie varie. I tempi dell’autodistruzione sembrano lontani e se da fan di vecchia data lo vorrei vedere ancora con la bottiglia di Jack Daniel’s in mano (per puro sfizio personale) devo però ammettere con piacere che il signor Hudson sembra proprio riaver acquistato la piena forma. Il resto lo dimostrano i fatti, anzi le note. Una scaletta per tutti i gusti che apre con “Ghost”, “Mean Bone” e “Sucker Train Blues”, mentre i fonici rimettono mano ai suoni cercando di ovviare al limite sui volumi imposto da normative comunali che crea un po’ di frustrazione fra chi vorrebbe sentire quella chitarra distorta almeno un po’ più forte. Alla fine il trucco sarà quello di penalizzare le frequenze basse e il rullante, per dare così maggiore risalto alle mitiche Les Paul (Slash cambia spesso chitarra fra un pezzo e l’altro) che dal quarto brano in scaletta inizieranno ad intonare note melodie care ai presenti: “Nightrain” e “Rocket Queen”, così... una dietro l’altra, con mr. Myles Kennedy che mostra le sue capacità vocali e mentre fra il pubblico (non avaro di applausi, ma poco “scalmanato”) si inizia finalmente a saltare. Piccola pausa, si abbassano le luci e Slash si avvicina finalmente al microfono: appena apre bocca per dare un improbabile “buongiorno” alla folla ecco che arrivano le prime gocce d’acqua dal cielo e subito dopo si parte con “Civil War”, mentre i lampi si fanno vedere sul lato sinistro del palco. Sembra un effetto scenico. Non è così, ma fortunatamente non durerà a lungo. E i presenti, a cui la pioggia sembra non dare troppo fastidio, si beccano anche i complimenti: “True Rock N’ Roll Fans” - dice il cantante. Esecuzione pressochè impeccabile, band ottima (il bassista Todd Kerns -pure troppo esaltato!- avrà il suo momento di gloria vestendo i panni di Lemmy in “Doctor Alibi”) e, dicevamo, Kennedy praticamente perfetto. Chi è rimasto legato alla voce di Axl magari vorrebbe più rabbia, più “graffi” nelle parti acute, mentre lui ci arriva con facilità e sembra quasi non spingere troppo, ma probabilmente è proprio questo il bello: esegue il pezzo, senza copiare, mettendoci del suo, ma senza strafare... come se cantasse con rispetto verso chi quelle parti vocali le ha ideate. E anche su “My Michelle” (“questa non l’abbiamo suonata l’altra volta, se non sbaglio” - dice Slash prima di iniziare con l’arpeggio) c’è solo da godere e divertirsi. E dopo esser passati dagli Snakepit ai Velvet Revolver, c’è tempo anche per una dedica alle vittime del recente e vile attentato in Norvegia, con una “Patience” più elettrica di quanto non ricordassimo, ma ugualmente profonda e toccante. Poi i classici ed immancabili: la citazione del “Padrino”, “Sweet Child O’ Mine”, “Slither” e l’encore con “By The Sword” (in molti pongono il quesito “Alter Bridge o Wolfmother?”) e “Paradise City”, con tanto di coriandoli. Ore 23:30 tutto finito, come da programma. Beato chi andrà a Roma domani sera... Eccovi la SETLIST: 01 - GHOST 02 - MEAN BONE 03 - SUCKER TRAIN BLUES 04 - NIGHTRAIN 05 - ROCKET QUEEN 06 - CIVIL WAR 07 - BACK FROM CALI 08 - PROMISE 09 - STARLIGHT 10 - NOTHING TO SAY 11 - MY MICHELLE 12 - DOCTOR ALIBI 13 - SPEED PARADE 14 - JIZZ DA PIT 15 - JUST LIKE ANYTHING 16 - PATIENCE 17 - GUITAR SOLO / GODFATHER THEME 18 - SWEET CHILD O’ MINE 19 - SLITHER --20 - BY THE SWORD 21 - PARADISE CITY