Guida ETF 2012 - Finanza e Diritto
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Guida ETF 2012 - Finanza e Diritto
Guida agli ETF 2012 GUIDA AGLI ETF 2012 Editrice Le Fonti Tutti i diritti sono riservati. E’ vietata la riproduzione e la distribuzione anche parziale e con qualsiasi strumento del presente prodotto editoriale senza previo consenso scritto dell’Editore. Tutte le informazioni riportate sono state verificate nel migliore dei modi dagli autori e dall’editore. Tuttavia entrambi declinano la responsabilità per eventuali ed involontari errori. Le opinioni ed i punti di vista non necessariamente coincidono e rispecchiano quelli degli altri autori e/o dell’editore. ISBN 978-88-6109-113-9 Dicembre 2011 Copyright © 2011 Editrice Le Fonti S.r.l. Via R. Franchetti, 1 20124 Milano Tel. 02.87386306 r.a. Fax 02.70635839 Email [email protected] Stampa: Laser CC S.r.l., Milano 1. 2. 3. 4. 5. Armellini, Cesare Bellingeri, Emanuele Calzolari, Michele Francia, Nicola Giangrande, Mauro 6 9 2 5 7 6 3 1 4 6. 7. 8. 9. Linhares, Joe Siano, Massimo Trezzi, Sergio Verdecanna, Danilo INDICE I- Profilo storico degli Exchange Traded Funds: i “proto-prodotti” e i primi ETF 11 II - Introduzione ai tratti salienti degli Exchange Traded Funds 23 III - La struttura e i meccanismi degli ETF 39 IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 59 V- Gli ETF e l’indicizzazione 87 VI - Evoluzione e involuzione degli ETF. Gli ETC, ETN, ETP Verso standard globali per il mondo degli ETF Alessia Liparoti, Redazione editrice le fonti di Finanzaediritto.it 109 ETFplus: Segmentazione e microstruttura 111 ETF ed ETC: le principali differenze A cura della redazione finanzaediritto.it 119 8 Guida agli ETF 2012 VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori Un’opportunità d’investimento: il debito dei paesi emergenti in valuta locale Danilo Verdecanna, Managing Director State Street Global Advisors Italia 123 Intervista con Emanuele Bellingeri, Managing Director e Responsabile di iShares per l’Italia A cura della redazione 134 Interview with Joe Linhares, Head of iShares EMEA Alessia Liparoti 140 Dal 25esimo alla battaglia contro la Tobin Tax. Intervista esclusiva a Michele Calzolari, Presidente di ASSOSIM A cura della redazione 143 Intervista a Sergio Trezzi, Co-Head European Retail Business at Invesco Ltd A cura della redazione 147 “L’oro è il mercurio nel termometro dell’economia”. Intervista a Massimo Siano, Head of Italian Market ETF Securities A cura della redazione 151 DEUTSCHE BANK CONFERMA: ‘ETF, nel 2011 flussi positivi per 19 miliardi di euro’. Intervista esclusiva a Mauro Giangrande, Responsabile db X-trackers Italia A cura della redazione 155 Intervista a Cesare Armellini, Amministratore Delegato di Consultique SIM Spa e Presidente NAFOP A cura della redazione 159 Indice 9 Intervista a Nicola Francia, Responsabile Strumenti Quotati Italia RBS A cura della redazione 162 Amundi: “The basic premise of ETFs is transparency”. Interview with Vincenzo Sagone, ETF Institutional Sales CA Cheuvreux Alessia Liparoti 165 Intervista a Danilo Verdecanna, Managing Director State Street Global Advisors Italia A cura della redazione 169 FinanzaeDiritto.it protagonista al TOL con gli operatori Forex ed ETF A cura della redazione 172 Excellence in ETF Industry: iShares (Blackrock Group) 174 VIII - Alta formazione in finanza 175 Master di alta formazione con Editrice Le Fonti Finanzaediritto IX - I principali operatori del settore 193 Capitolo I Profilo storico degli Exchange Traded Funds: i “proto-prodotti” e i primi ETF Profilo storico degli Exchange Traded Funds: i “proto-prodotti” e i primi ETF* Gabriele Candita Gli ETF segnano il passo di un’evoluzione in tema di prodotti finanziari, un’evoluzione che è ben lungi dall’arrestarsi, andando di pari passo con la tecnologia, con i moderni metodi organizzativi, con i nuovi e sempre più efficienti supporti telematici e con una legislazione che cerca di assecondarne gli sviluppi. La storia degli ETF comincia ufficialmente il 22 gennaio 1993, quando compaiono per la prima volta sull’American Stock Exchange i primi Standard and Poor’s Depository Receipts (acronimo SPDRs), meglio conosciuti come Spiders. Essi hanno, quindi, una storia ancora abbastanza breve e, soprattutto, prospettive di sviluppo enormi che probabilmente nei prossimi anni vedranno il sorgere di nuove e più evolute tipologie di ETF. La nascita di questi strumenti, naturalmente, non è stata né improvvisa né casuale, ma è stata piuttosto frutto di un processo graduale che ha visto tanti organismi coinvolti e di uno sforzo generale mirato al raggiungimento dell’obiettivo di trattare un portafoglio di azioni come fosse un unico titolo. Dapprima questo è stato possibile solo per gli investitori istituzionali, poi, successivamente questa possibilità è stata estesa anche agli investitori retail, dando il là a perfezionamenti ulteriori che hanno condotto, nei primi anni ’90, alla nascita dei primi Exchange traded funds. In questo paragrafo saranno presentati gli strumenti che hanno preceduto gli ETF, i quali hanno in qualche modo preparato il loro avvento. In vari studi sugli ETF, la cronistoria dei “proto-prodotti” segue due differenti orientamenti: il primo e il più seguito si basa sull’idea di ETF come di un prodotto la cui caratteristica principale è quella di essere un fondo indicizzato presentando, di conseguenza, nel percorso di avvicinamento agli ETF, un resoconto di come si sia evoluta la pratica dell’indicizzazione dai primi anni ’70 ai giorni nostri; il secondo orientamento considera gli ETF * Tratto dal libro “Guida agli ETF 2008. Guida per l'investimento consapevole e globale con gli Exchange Traded Funds”, Editrice Le Fonti 2008. 14 Guida agli ETF 2012 nella propria qualità peculiare di strumenti scambiati sul mercato e, quindi, presenta i passaggi attraverso i quali questa caratteristica si è sviluppata fino alla costituzione del primo ETF. Seguendo l’autorevole opinione di Gary L. Gastineau1, il secondo è certamente quello che più è congeniale all’idea di “Fondi Scambiati sul Mercato”. Infatti, l’evidenza che tutti gli attuali ETF siano fondi indicizzati non implica che questa sia una caratteristica congenita di questo strumento; come vedremo più avanti, nulla vieta, in effetti, di immaginare un futuro abbastanza prossimo in cui gli ETF indicizzati saranno affiancati da ETF a gestione attiva. Tuttavia l’indicizzazione è stata, senza ombra di dubbio, uno dei fattori fondamentali dell’ascesa degli ETF, nonché un elemento imprescindibile nel determinarne l’attuale successo. Le due differenti concezioni, quindi, sono entrambe utili alla nostra causa. Di conseguenza, le faremo nostre presentando i due diversi percorsi, ampliando e completando, così, il quadro relativo alla storia dell’ETF. Seguirà, poi, un’elencazione dei più famosi e più trattati ETF nel mercato americano e un breve resoconto di come questi strumenti stanno inserendosi nel mercato italiano. 1.1 I precedenti 1.1.1 Indicizzazione Questo fenomeno prende il via a partire dagli studi di Fama e dalla sua rivoluzionaria tesi sull’efficienza del mercato. Nel 1965 viene pubblicato sul “Journal of Business” un suo studio dal titolo: “The Behavior of Stock Market Prices”, in cui egli afferma che in un mercato efficiente in forma forte, in cui tutte le informazioni sono disponibili, è difficile che in media un operatore professionale possa battere il mercato con strategie di stock picking e market timing (approfondiremo più avanti queste considerazioni). Nel 1971 la Wells Fargo Bank crea il primo fondo indicizzato, destinato ad investitori istituzionali, con dotazione iniziale di 6 milioni di dollari provenienti dal fondo pensione Samsonite Co. Nel 1976 John C. Bogle, fondatore, nello stesso anno, del gruppo Vanguard, crea il primo fondo indicizzato destinato agli investitori privati, il First Index Investment Trust, poi rinominato Vanguard 500 Index Fund, che 1 Gastineau, Gary L. The Exchange Traded Funds Manual. John Wiley & Sons, pagg. 31-33. Capitolo I - Profilo storico degli Exchange Traded Funds: i “proto-prodotti” e i primi ETF 15 replicava lo Standard and Poor 500, l’indice dei 500 più grandi emittenti del paese. Il fondo, dapprima accolto con scetticismo, ebbe poi una crescita considerevole (al 31/12/2003 conta 72 miliardi di dollari in asset2). All’inizio degli anni ’80, infine, l’introduzione dei primi futures permise agli investitori istituzionali di prendere posizione sui titoli costituenti un indice. 1.2 Verso l’ETF 1.2.1 Portfolio trading L’idea di scambiare un intero portafoglio come fosse un’azione era già presente alla fine degli anni ’70. Il primo esempio di questa abilità è conosciuto col nome di portfolio trading o program trading. Il portfolio trading fu un metodo usato dalle grandi imprese di brokeraggio per scambiare, su ordine di un grande investitore istituzionale, un intero portafoglio, consistente in un gran numero di titoli diversi, a volte finanche comprendente tutti e 500 i titoli dell’indice S&P 500. Naturalmente per quegli anni questa possibilità era un fatto eccezionale, anche in considerazione dell’utilizzo ancora scarso di sistemi telematici, ma non di scarsa importanza era il fatto che queste transazioni erano disponibili solo ai grandi investitori istituzionali, dati gli elevati importi, inaccessibili ai medi e piccoli investitori. Fu sempre più sentita, allora, la necessità di un prodotto con tali caratteristiche, ma che fosse disponibile per importi minori e accessibile quindi ai piccoli investitori. I tentativi successivi furono tutti in tal senso. Tra questi, gli “esperimenti” con più vasta risonanza furono certamente gli IPS e i TIPS. 1.2.2 IPS (Index Participation Shares) Fu il primo prodotto finanziario circolante sul mercato disponibile al grande pubblico. Gli IPS replicavano alcuni indici noti, tra cui il più importante era lo S&P 500, l’indice che comprende le 500 più grandi imprese degli Stati Uniti. Essi iniziarono a circolare nell’American Stock Exchange e nel Philadelphia Stock Exchange nel 1989 e conobbero immediatamente una crescita sostanziale, riscontrando un significativo interesse nel pubblico degli investitori. 2 Fonte: Pedone Alessandro. Mercato efficiente e gestione indicizzata: ripercussioni sull’attività del promotore finanziario. Tab1: Classifica dei fondi americani per patrimonio in gestione (NAV). 16 Guida agli ETF 2012 Questi strumenti erano molto simili ad un future (come questi presentavano una posizione corta per ogni posizione lunga) anche se venivano trattati come azioni. Fornivano essenzialmente lo stesso ritorno dei titoli dell’indice sottostante, short o long, a seconda delle posizioni detenute e prevedevano ogni tre mesi l’accredito, per posizioni lunghe, o l’addebito, per posizioni corte, a titolo di dividendo. Purtroppo questa loro struttura poneva qualche dubbio riguardo la sua legittimità. Ci fu un contenzioso in cui la Commodity Futures Trading Commission (CFTC) accusava gli IPS di essere a tutti gli effetti un futures, che andava di conseguenza scambiato in mercato di futures, controllato dalla CFTC stessa. Il contenzioso si concluse con una sentenza che dichiarava gli IPS futures illegali a tutti gli effetti. Conseguenza logica fu il fallimento degli IPS, che vennero ritirati dal mercato, con la richiesta agli investitori di liquidare le loro posizioni. 1.2.3 TIPS (Toronto Index Participation Shares) Contemporaneamente all’esperienza americana degli IPS, in Canada cominciò a circolare uno strumento all’apparenza analogo ma con caratteristiche diverse. Il TIPS era costruito per replicare l’indice TSE-35 (in seguito anche il TSE-100). Presentava un T.E.R. (Total Expense Ratio) estremamente basso, a volte persino negativo, grazie alla capacità del trustee (la State Street Bank) di dare in prestito titoli e alla grande richiesta di prestito di azioni delle grandi imprese. Questo fattore determinò il temporaneo successo dei TIPS, ma allo stesso tempo preparava il suo declino. Infatti il prodotto fu subito accolto dagli investitori canadesi nonché da quelli internazionali, attratti dai suoi bassi costi, e conobbe una crescita rapida e rilevante. Si dimostrò, però, costoso per il Mercato e per alcuni suoi partecipanti, che non riuscivano a recuperare i costi sostenuti, girandoli agli investitori. Questo segnò il suo declino e spinse il Toronto Stock Exchange ad abbandonarlo all’inizio del 2000. Tutte le quote furono liquidate o convertite in un fondo indicizzato BGI ad opzione dell’investitore. 1.2.4 Supershares Furono un tentativo non molto fortunato di sviluppare e diffondere nel mercato un prodotto complesso, la cui struttura sottostante era, se possibile, ancor più complessa (un trust e un fondo comune, uno dentro l’al- Capitolo I - Profilo storico degli Exchange Traded Funds: i “proto-prodotti” e i primi ETF 17 tro). Per questo motivo la vendita di questi titoli fu molto difficoltosa e confusionale. I Supershares non circolarono mai. Contemporaneamente, comunque, si stava già preparando all’ingresso nel mercato un nuovo prodotto rivoluzionario, che rappresentava il punto d’arrivo di un percorso durato poco più di un decennio e il punto di riferimento per i successivi modelli di investimento collettivo del risparmio: gli Standard and Poor Depository Receipts. 1.3 Alcuni ETF 1.3.1 Spiders (Standard and Poor’s Depository Receipts) Il 22 gennaio 1993 viene lanciato ufficialmente sul mercato il primo ETF: lo Standard and Poor Depository Receipts, acronimo SPDR. Subito dopo verrà denominato Spider, su richiesta dei direttori marketing, secondo i quali un “marchio” più attraente avrebbe giovato alla diffusione del prodotto; oggi è con questo nome che lo SPDR è conosciuto in tutto il mondo. Il suo principale artefice fu Nate Moss, responsabile del “product development” dell’American Stock Exchange, considerato dai più “l’architetto degli ETF”. L’AMEX sviluppò il prodotto e la struttura sottostante con l’aiuto della State Street Bank di Boston. L’obiettivo era soprattutto quello di creare uno strumento a basso costo disponibile per tutte le tipologie di investitori. La prima caratteristica che spicca a questo proposito è l’indicizzazione del fondo. Gli Spider replicano infatti, piuttosto fedelmente, lo S&P 500 e, precisamente, ognuno di essi quota un decimo del prezzo dell’indice sottostante. Di conseguenza, i costi di gestione del fondo calano sensibilmente, dato che non è necessario pagare un manager che gestisca il portafoglio. Le spese di commissione erano inizialmente di 18,45 basis point, portate ora a 12 basis point. In secondo luogo, non potendo prevedere quale sarebbe stato il riscontro tra il pubblico degli investitori, un altro accorgimento fu quello di utilizzare la struttura dello Unit Investment Trust (UIT), più snella ed economica di un fondo comune. Un fondo tradizionale, infatti, doveva sostenere delle spese fisse per il mantenimento di un consiglio di amministrazione, indipendentemente dalle dimensioni del fondo stesso, spese che la struttura scelta per gli Spider permetteva di evitare. Un unit trust prevede tra le sue regole quella di essere un “accordo a termine”. Per gli Spiders la data di fine mandato è fissata al 22 gennaio 2018. Lasciando ora da parte le caratteristiche che gli SPDR hanno in comune 18 Guida agli ETF 2012 con gli altri ETF, che avremo modo di vedere più avanti, ci concentriamo su quello che gli analisti hanno indicato come un probabile difetto di questo strumento: il cosiddetto dividend drag (letteralmente, “il freno dei dividendi”). Il problema risiede nella caratteristica strutturale del trust, che limita la possibilità di reinvestire i dividendi rilasciati dalle società presenti in portafoglio, fino alla data di distribuzione degli stessi, la quale ha cadenza trimestrale. Uno studio sul fenomeno è stato effettuato da Edwin J. Elton3 ed altri studiosi delle Università di New York e Georgetown. Essi hanno calcolato che in media un dividendo distribuito in capo ad una azione permane, non investito, nelle mani del fondo per un mese e mezzo (ovvero metà del tempo intercorrente tra un pagamento e il successivo) e, osservando che gli stessi dividendi, in media, non vengono distribuiti se non un mese dopo la data della loro delibera, hanno stabilito in 2,5/12 la perdita in termini di performance nei confronti del benchmark per i dividendi non distribuiti. Considerando un tasso di distribuzione dei dividendi del 2,2% e una performance media nel periodo analizzato del 22,2%, la perdita stimata risulta di 10,2 basis point, secondo il seguente calcolo: 22,2% * 2,2/100 * 2,5/12 = 0,10175% Questo risultato è molto vicino a quello riscontrato nelle osservazioni fatte nel periodo campione. Inoltre, a suffragare questa ipotesi si aggiunge il fatto che in condizioni di ribasso del mercato gli SPDR tendono a sovraperformare l’indice. E’ evidente che, in questo caso, i dividendi non essendo reinvestiti, non contribuiscono ad “alimentare” le perdite. Il problema del dividend drag, comunque, può essere risolto con una apposita norma da parte della Security Exchange Commission (SEC) che preveda l’annullamento di questa limitazione. Lo stesso studio già citato metteva in evidenza come gli Spider sottoperformassero il diretto concorrente Vanguard 500, a cui abbiamo già accennato. Questo scostamento negativo è dovuto soprattutto al già menzionato dividend drag e all’impossibilità di dare in prestito i titoli in portafoglio. Tale risultato però non tiene conto dell’abbassamento delle spese di com3 Elton, Edwin J. e al. Spiders: Where are the bugs? Journal of Business, Luglio 2002. Capitolo I - Profilo storico degli Exchange Traded Funds: i “proto-prodotti” e i primi ETF 19 missione a 12 basis point e della maggiore efficienza fiscale degli ETF rispetto ai fondi comuni tradizionali (di cui parleremo largamente in seguito). Nonostante queste evidenze la crescita degli Spider, è stata sensazionale, arrivando ad una consistenza dell’ordine di decine di miliardi di dollari, che li pone attualmente al primo posto tra tutti gli ETF esistenti e un volume giornaliero di scambi che, in dollari, superava, nel 1999, qualsiasi altro strumento scambiato sul mercato. Un interesse particolare è rivolto, infine, ai cosiddetti Select Sector Spider, sviluppati qualche anno dopo dalla Merril Lynch, che costituiscono ognuno una frazione dell’indice S&P 500. Con questi prodotti si è cercato di proporre all’investitore esposizioni in settori specifici piuttosto che nell’intero mercato nazionale, dando la possibilità agli investitori di diversificare il portafoglio in maniera più autonoma e più ampia. Essi presentano, però, dei difetti abbastanza evidenti: innanzitutto, essendo solo una frazione dell’indice, sono meno diversificati e quindi più rischiosi (alcuni di questi hanno anche una decina di azioni); secondo, i costi di transazione sono molto più elevati rispetto agli ETF globali, compensando in questo modo i potenziali vantaggi di una differenziazione più “mirata”. Di questi Sector Spider solo il settore tecnologico e, in qualche misura, quello finanziario hanno avuto un discreto successo. 1.3.2 I Cubes (Nasdaq 100 Index Tracking Stock) Nonostante non siano immediatamente successivi agli SPDR, è doveroso, nel presentare gli ETF più significativi, dare la precedenza a questi strumenti prescindendo da un ordine puramente cronologico, per l’importanza che essi rivestono tra gli ETF, essendo già, nonostante la loro breve vita, il titolo più scambiato nei mercati americani. Fanno la loro prima comparsa sull’AMEX il 10 marzo 1999. Attualmente sono scambiati anche sul New York Stock Exchange (NYSE), sul Chicago Stock Exchange (CSE) e su altri mercati minori. I Cubes, noti anche col nome di QQQ, sperimentano fin dall’inizio un riscontro straordinario tra gli investitori, sia istituzionali che privati. Il motivo principale di questo successo è probabilmente la natura speculativa insita in un investimento in QQQ, il quale, replicando il Nasdaq 100, fornisce un’importante esposizione nel settore tecnologico, che no- 20 Guida agli ETF 2012 toriamente ha una volatilità e una rischiosità molto elevate. Risulta, da uno studio effettuato da Richard J.Curcio4 della Kent State University, che la deviazione standard dei rendimenti giornalieri per i Cubes è del 3,82%, contro l’1,35% stimato per gli Spiders. Un altro dato interessante è quello relativo al beta delle due attività: mentre lo SPDR presenta un valore del beta di 0,99, il QQQ ha addirittura un valore di 2,12. Di non minore importanza è il fatto che, a differenza degli Spider, in cui gli investitori istituzionali costituiscono una gran parte dei detentori del titolo, per quest’ultimo il successo è dovuto per una larga parte proprio agli investitori privati, che sembrano costituire una frazione molto ampia del capitale investito. 1.3.3 I WEBS (World Equity Benchmark Shares) Nascono nel 1996 su iniziativa della Morgan Stanley, in stretta collaborazione con Barclay Global Investor, che in quell’anno lancia contemporaneamente 17 di questi fondi, che replicano altrettanti indici MSCI. L’importanza di questi nello sviluppo degli ETF è dovuta a due considerazioni: innanzitutto furono i primi ETF basati su titoli esteri. Per la precisione si trattava di titoli esteri trattati sui listini statunitensi. Secondo, fu il primo ETF ad utilizzare la struttura del fondo comune (Investment Company). Questa struttura permette una maggiore flessibilità negli investimenti e, data la normativa vigente, evita i vincoli già visti per le unit trust: il dividend drag e l’impossibilità di dare in prestito titoli. I successivi ETF seguiranno per la maggior parte questa struttura, anche se un cambiamento, auspicato, delle norme potrebbe, eliminando i limiti imposti alle unit trust, rendere pressoché indifferente la scelta. I WEBS furono poi rinominati iShares MSCI series, i quali, sotto la forte spinta propulsiva della Barclay Global Investor, coprono ora una vasta gamma di settori e di indici nazionali e sono offerti e scambiati, in pratica, in tutti i mercati più sviluppati. 1.4 Gli ETF in Italia5 L’introduzione degli ETF in Italia è piuttosto recente: risale, infatti al 30 Settembre 2002. L’emissione del primo titolo è stata preceduta da una faCurcio, Richard J. e al. Cubes and the individual investor. Financial services review, estate 2004. 5 Le notizie qui riportate sono per la maggior parte prese dal sito: www.etfworld.it. 4 Capitolo I - Profilo storico degli Exchange Traded Funds: i “proto-prodotti” e i primi ETF 21 se di preparazione del mercato italiano ad accogliere il nuovo tipo di strumento. A luglio dello stesso anno, infatti, era stato lanciato un nuovo segmento sull’MTA: il Mercato Telematico dei Fondi (MTF), creato con lo scopo principale di permettere la circolazione degli ETF. Inizialmente, all’interno dell’MTF circolavano solo quote di fondi chiusi, ma, il 30 settembre, appunto, Lyxor Asset Management, del gruppo Societè Gènèrale, emette il DJ Euro Stoxx 50 Master Unit, che comprende le 50 più grandi imprese dell’area euro. Da quella data, nel giro di pochi mesi il numero degli ETF scambiati sul mercato italiano è aumentato fino a giungere ai 20 alla fine del 2004, di cui 16 fondi azionari e quattro ETF obbligazionari. La crescita del volume di scambi evidenzia la buona accoglienza da parte del mercato, soprattutto da parte degli investitori istituzionali. La tabella 1 illustra la progressione nel numero di contratti conclusi e nel controvalore totale di ogni anno a partire dal 30 settembre 2002, data di introduzione degli ETF, fino al 31 dicembre 2004. Tabella 1: volume degli scambi di ETF su Borsa Italiana S.P.A. dall’introduzione ad oggi 2002 dal 30/9 al 31/12 2003 2004 Numero contratti 5124 54219 133039 Controvalore (mln €) 205,7 1469,4 3226 Fonte: http://borsaitalia.it. ETF di Borsa Italiana: statistiche 1 mese: 30/11/2004-31/12/2004 Escludendo il 2002, il cui dato è riferito solamente agli ultimi tre mesi dell’anno, da un confronto tra i dati del 2003 e del 2004, emerge un trend di crescita molto rapido, sia nel numero dei contratti, sia come controvalore degli scambi: entrambi, infatti, sono più che raddoppiati rispetto all’anno precedente. Il dato non dovrebbe, però, sorprendere, se si considera che il mercato è qui ancora nella sua fase iniziale e i valori si attestano su livelli relativamente bassi. Nel novembre 2003 è stato lanciato, ancora ad opera di Lyxor A.M., il primo ETF replicante un indice italiano: l’S&P/Mib Master Unit. L’indice di riferimento è l’S&P/Mib, creato recentemente da Standard & Poor in collaborazione con Borsa Italiana Spa, che comprende le 40 più grandi im- 22 Guida agli ETF 2012 prese italiane, in termini di capitalizzazione del flottante. E’ fortemente correlato con l’indice Mib30. La correlazione dei due indici sfiora, infatti, il 100% (99,9%6). Lo S&P/Mib Master Unit ha conosciuto uno sviluppo immediato e rapido, che lo ha portato in pochi mesi ad essere il titolo più scambiato sull’MTF. Nonostante lo sviluppo e la moltiplicazione del numero dei fondi, però, la copertura di più vaste aree geografiche e di diversi settori può definirsi tutt’altro che completata. Sono quindi attesi sul mercato nuovi ETF. Inoltre, la risposta degli investitori è ancora piuttosto debole. Il motivo forse più importante di questo lento avvio è la poca conoscenza che essi hanno del prodotto. Una più vasta accoglienza del prodotto nel portafoglio degli italiani non può prescindere, quindi, da una adeguata campagna di informazione e di sensibilizzazione.7 Fonte: Lyxor A.M. Le considerazioni di cui sopra sono leggermente da rivedere alla luce degli ultimi sviluppi sul mercato italiano degli ETF. Si veda a tal proposito l’appendice A. 6 7 Capitolo II Introduzione ai tratti salienti degli Exchange Traded Funds Introduzione ai tratti salienti degli Exchange Traded Funds* Gabriele Candita Dal giorno della loro comparsa, gli ETF sono al centro di una querelle tra chi ne elogia spassionatamente le caratteristiche di economicità, trasparenza, efficienza fiscale e chi, invece, ne denuncia l’inefficienza in termini di rendimento o alcune contraddizioni insite nella struttura e nelle caratteristiche dello stesso. Due schieramenti opposti: da una parte i fautori degli ETF, dall’altra i sostenitori dei fondi comuni tradizionali; da una parte chi sostiene i fondi indicizzati, dall’altra chi ritiene che un buon fondo a gestione attiva possa sovraperformare il mercato. Ognuna delle due parti porta a sostegno della propria tesi argomentazioni ineccepibili supportate da dati reali, ma che dimostrano, nella maggior parte dei casi, ristrettezza di vedute o, per lo meno, una voluta faziosità. Come in quasi tutte le dispute, infatti, “la verità sta nel mezzo”. Quindi, ben lungi dall’affermare che gli ETF sono in tutto e per tutto migliori di qualsiasi altro strumento esistente, rifiutiamo, allo stesso modo, di accettare chi afferma l’esatto contrario, come chi dichiara che “gli ETF non vanno acquistati, semplicemente perché, nella maggior parte dei casi, si può fare meglio1”. Introdurremo, quindi, le caratteristiche degli ETF, che li distinguono dai fondi comuni tradizionali, indicando di volta in volta quali possono rappresentare dei vantaggi, reali o potenziali, e quali degli svantaggi. Gli ETF saranno inoltre, nei capitoli successivi, comparati con altri strumenti alternativi nei cui confronti saranno analizzati i punti di forza e debolezza relativi. Non bisogna dimenticare, ad ogni modo, che, nel giudicare la convenienza di un prodotto finanziario, si devono confrontare le caratteristiche di que* Tratto dal libro “Guida agli ETF 2008. Guida per l'investimento consapevole e globale con gli Exchange Traded Funds”, Editrice Le Fonti 2008. 1 Si può leggere frase in questione sulla rivista online dedicata all’asset allocation, www.EfficientFrontier.com, di William J. Bernstein: “How do I really feel about ETF? I don’t buy them. […] The reason? Because, in most cases, you can do better.” La stessa frase è riportata in Glassmann, J.K.. Exchange-Traded Finds. The Washington Post. 11 aprile 2004. 26 Guida agli ETF 2012 st’ultimo con i bisogni degli investitori, bisogni che possono variare da individuo a individuo e che dipendono da un insieme di fattori, quali ad esempio la propensione al rischio, la fascia di reddito a cui si appartiene (ai fini fiscali), l’obiettivo assegnato all’investimento e la disponibilità o meno, in termini di tempo o di convenienza relativa, a gestire autonomamente il proprio patrimonio, seguendo costantemente i propri investimenti ed operando qualora se ne presentasse la necessità. E’ in quest’ottica, quindi, che valuteremo gli ETF e gli altri strumenti, tenendo sempre presente che una caratteristica, se fornisce utilità ad alcuni investitori, non necessariamente sarà valutata ugualmente da tutti. Vedremo, ad esempio, che il fatto che gli ETF circolino come azioni non viene tenuto in considerazione da quegli investitori che attuano una strategia “buy-and-hold”, mentre per altri, orientati al trading intraday, questa caratteristica può risultare preziosa. 2.1 Caratteristiche 2.1.2 Il mercato secondario ETF significa, letteralmente, “Fondi Scambiati in Borsa” e, se si pensa al meccanismo di negoziazione delle quote dei tradizionali fondi comuni, questa può apparire, perlomeno ad un primo impatto, una contraddizione. Per rendere l’idea della differenza sostanziale che questa definizione implica, è necessario fare un piccolo passo indietro ed esporre, in breve, il meccanismo di emissione delle quote da parte di un fondo comune. L’investitore si trova davanti a due figure istituzionali: la banca depositaria e la Società di Gestione del Risparmio (SGR). Mentre all’ultima è assegnato il compito di gestire il patrimonio del fondo, alla prima sono affidate le disponibilità raccolte dalla società di gestione, insieme al compito di regolare le operazioni disposte dalla stessa. Tra queste rientrano l’esecuzione delle operazioni disposte dalla società di gestione, la custodia dei valori del fondo, la ricezione delle sottoscrizioni dei risparmiatori e la liquidazione delle quote del fondo. Non ci sono canali alternativi di vendita. Un investitore che voglia acquistare quote di un fondo deve rivolgersi necessariamente alla banca depositaria ed effettuare una sottoscrizione, pagando, per ogni quota, il prezzo fissato giornalmente dalla stessa società di gestione e ricevendo, in cambio, certificati rappresentativi delle quote sottoscritte. Similmente, per liquidare le proprie quote, dovrà presentare i certificati alla stessa banca Capitolo II - Introduzione ai tratti salienti degli Exchange Traded Funds 27 depositaria per ricevere in cambio una somma pari al numero delle quote possedute per il prezzo fissato dalla società di gestione nel giorno della richiesta di liquidazione. Il prezzo di cui si argomenta non è altro che il cosiddetto Net Asset Value, ovvero la somma dei valori dei titoli posseduti dal fondo più le disponibilità liquide, diviso per il numero di quote componenti il fondo stesso. Un investitore che voglia acquistare un ETF si rivolgerà, invece, esclusivamente al mercato. Gli ETF, infatti, possono essere negoziati come le azioni sul mercato secondario e, anzi, hanno tutte le caratteristiche di queste ultime: come queste, sono infatti quotati continuamente sul mercato di riferimento, con un prezzo, tra l’altro, che non è strettamente correlato col valore delle azioni sottostanti, ma riflette anche la dinamica di domanda e offerta delle quote stesse. Per questo motivo il prezzo degli ETF può scostarsi, a volte anche in misura significativa, dal NAV. Affronteremo in seguito questa problematica in dettaglio. Il lotto minimo di negoziazione è solitamente di una quota, permettendo ai piccoli investitori di operare anche con importi ridotti. Per gli ETF sono, inoltre, previste le stesse opzioni di negoziazione possibili per le azioni e anche la possibilità di operare vendite allo scoperto (se il servizio viene offerto dall’intermediario attraverso il quale si opera). Come le azioni, gli ETF distribuiscono “dividendi”. Infatti, annualmente, il fondo, che ha accumulato i dividendi distribuiti dalle azioni sottostanti, li distribuisce a sua volta ai possessori delle quote. Sorge un problema, seppur praticamente irrilevante, quando, come spesso accade, i dividendi non sono distribuiti contestualmente a quelli delle azioni sottostanti, ma in una data diversa. In questo modo, fino alla data di distribuzione dei dividendi del fondo, il valore del fondo evidenzierà dei piccoli scostamenti rispetto al benchmark sottostante. Per statuto, comunque, è possibile prevedere il reinvestimento automatico dei dividendi percepiti dal fondo in relazione ai titoli presenti in portafoglio. In merito alla negoziazione degli ETF da parte degli investitori, inoltre, come abbiamo già visto, il mercato secondario degli ETF ha trovato la sua piattaforma in un segmento dell’MTA, appositamente creato: il Mercato Telematico Fondi. Ne tratteremo il funzionamento più avanti. Introduciamo, infine, due questioni molto discusse riguardanti questa caratteristica. In primo luogo, i critici degli ETF hanno messo in evidenza un rischio connesso con la possibilità di negoziare continuamente sul mer- 28 Guida agli ETF 2012 cato le quote di un fondo: secondo questi, ciò potrebbe dare adito a vendite irrazionali da parte degli investitori. Inoltre, la capacità di acquistare e vendere in ogni momento si scontra con l’evidenza che il miglior “utilizzo” dell’ETF è una strategia buy-and-hold. Senza voler, per il momento, approfondire l’argomento, basti per ora la considerazione che il fatto di poter negoziare un titolo in qualsiasi momento della giornata non implica che lo si debba fare necessariamente. 2.1.2 Il mercato primario L’investitore individuale non ha, in alcun modo, la possibilità di acquistare quote di ETF di nuova creazione. Ciò è permesso solo agli investitori autorizzati (o “Authorized Participants”) e per lotti minimi, detti anche creation unit, di solito non inferiori a 50000 quote. La creazione di nuove quote avviene attraverso un processo conosciuto come “creation in kind” o “sottoscrizione in natura”: l’investitore autorizzato, di norma un investitore istituzionale, come un broker o un dealer, acquista sul mercato le azioni componenti il portafoglio del fondo, nelle proporzioni dovute, e aggiunge una percentuale cash, formando così un “creation basket” (detto anche paniere perfetto). La composizione del creation basket è dichiarata giornalmente dal fondo stesso e, normalmente corrisponde a 50000 quote, mentre la somma pagata in contanti serve in parte a coprire i dividendi già pagati da alcune delle azioni in portafoglio, ma ancora detenuti in capo al fondo. Ciò implica che la sottoscrizione di quote del fondo può avvenire solo per un numero di 50000 quote o suoi multipli. A questo punto avviene lo scambio “in natura”: il fondo riceve dall’investitore autorizzato i titoli componenti il paniere perfetto, cedendo in cambio le quote di ETF corrispondenti. E’ importante sottolineare che la sottoscrizione di quote di ETF avviene al Net Asset Value. Questa circostanza è importante, come vedremo in seguito, per innescare il fenomeno di arbitraggio che contribuisce a mantenere molto basso lo spread prezzo-NAV. Per quanto riguarda, poi, il riscatto delle quote, avviene il processo inverso: il broker/dealer che desidera riscattare quote dell’ETF acquisterà sul mercato un numero di quote pari alla creation unit (50000) o suoi multipli e li presenterà al fondo, ricevendo in cambio i titoli che compongono il portafoglio del fondo, che possono anche non essere gli stessi presenti in portafoglio al momento della sottoscrizione. Capitolo II - Introduzione ai tratti salienti degli Exchange Traded Funds 29 Il processo di “sottoscrizione e riscatto in natura” determina numerosi vantaggi di costo e offre occasioni per aumentare l’efficienza fiscale attraverso il differimento dei capital gain. Inoltre, vista la necessità, da parte del fondo, di comunicare di volta in volta la composizione del creation basket, per permettere il processo di creation in kind, si intuisce come questo favorisca una maggiore trasparenza nella gestione del portafoglio, qualità molto gradita agli investitori. 2.1.3 L’efficienza fiscale Il meccanismo di creation/redemption in kind è senza dubbio il primo e più importante fattore di efficienza fiscale. Con esso si ottiene un differimento sostanziale di capital gain, che può finanche risultare in un assenza totale di capital gain distribuiti per un numero indefinito di anni2. Questo meccanismo opera in due modi differenti: in primo luogo, lo scambio di titoli con quote del fondo non obbliga quest’ultimo a mobilitare le sue azioni per andare incontro alle richieste di riscatto da parte degli investitori, evitando, in questo modo, al fondo stesso, di registrare guadagni in conto capitale derivanti dalla vendita di titoli apprezzati, guadagni che possono anche essere consistenti. In secondo luogo, nel riscattare le quote di ETF, il fondo cede in cambio le azioni a minor costo, conservando così quelle a costo maggiore. In caso di cambiamento di basket, reso necessario, come vedremo, dal cambiamento di un indice o da una fusione, nella necessità quindi di vendere alcuni titoli in portafoglio, il fondo venderà titoli high-cost basis generando capital gain minimi. Questo meccanismo appare ancor più efficiente se confrontato con il processo di riscatto dei mutual fund tradizionali. Innanzitutto, per questi si parla di cash redemption, per cui il gestore di un fondo comune aperto si trova costretto a vendere titoli del portafoglio per soddisfare le richiesta di riscatto da parte degli investitori. In caso di titoli che si sono apprezzati dal momento del loro acquisto, il gestore sta sostanzialmente distribuendo un capital gain tassabile. Non solo: per evitare elevati capital gain nell’immediato, il gestore del 2 Si veda a tal proposito tabella 6 dell’articolo di Bansal, V.K. e altri: Exchange Traded Funds: Challenge to Traditional Mutual Funds. Review of Business. Fall 2002. Qui gli Spiders risultano avere, dal 1997 al 1999, un capital gain nullo. Altri dati mostrano come la maggior parte degli ETF abbia avuto lo stesso comportamento e gli stessi risultati. 30 Guida agli ETF 2012 fondo comune si vede costretto a smobilizzare i titoli a costo più elevato. Di conseguenza permangono in portafoglio i titoli a minor costo che, in caso di uscita successiva dal portafoglio, provocheranno sostanziali distribuzioni di capital gain. Vedremo, nel capitolo dedicato all’efficienza fiscale, come questi eventi colpiscano soprattutto chi continua a detenere quote del fondo, ai quali ricade l’onere della tassazione di capital gain non a loro attribuibili, e come, viceversa, i meccanismi propri degli ETF eliminino questa sperequazione. Un secondo fattore di efficienza fiscale è l’indicizzazione. Come vedremo in maniera più estesa, questa comporta una gestione passiva del portafoglio e, quindi, un basso turnover dei titoli. La composizione del portafoglio può variare solo in conseguenza di eventi ben definiti e non per scelta di un manager, così come nella gestione attiva. Di conseguenza saranno poche le occasioni per la formazione di guadagni in conto capitale. E’ naturale che l’efficienza fiscale continua ad avere un significato fino a che l’investitore compra e detiene per un tempo molto lungo le quote di ETF. Nel momento in cui l’investitore volesse implementare un trading attivo, acquistando e rivendendo gli ETF per approfittare di eventuali fluttuazioni del loro prezzo, l’efficienza fiscale offerta dai meccanismi dell’ETF perde completamente di significato. 2.1.4 I costi Da uno sguardo ai prospetti di un qualsiasi ETF, balzano all’attenzione le commissioni molto contenute. Innanzitutto non esistono commissioni di ingresso, di uscita e di performance; le sole commissioni previste sono quelle di gestione del fondo che sono, oltretutto, estremamente basse. Ne consegue che i costi per un investitore in quote di ETF sono relativamente ridotti, soprattutto se confrontati con altri tipi di fondi comuni. La gestione di un normale fondo a gestione attiva, infatti, presenta, tra commissioni di gestione e di performance e, quando previste, anche di entrata e uscita, un costo per l’investitore compreso tra l’1 e il 3 per cento annuo (con picchi anche del 4%). Per un normale fondo a gestione passiva, il costo va dai 18 ai 70 punti base. Gli ETF presentano, invece, costi che vanno da 10 a 60 punti base, inferiori, quindi, anche ai fondi comuni indicizzati, di circa 10 punti base3. I motivi dei bassi costi sono da ricercare in tutta una serie di fattori pro- Capitolo II - Introduzione ai tratti salienti degli Exchange Traded Funds 31 pri di questi strumenti: innanzitutto, essi sono fondi indicizzati e, di conseguenza, fondi a gestione passiva. Non hanno bisogno, quindi, di pagare manager esperti che gestiscano il portafoglio per cercare di trarre il maggior profitto possibile, perché la loro gestione è affidata a regole predeterminate, per far sì che il fondo possa replicare l’indice prescelto. Questo fattore influenza anche i costi di transazione: una gestione passiva, infatti, implica, come già visto, un basso turnover, quindi un numero ridotto di operazioni di acquisto e di vendita e di conseguenza, costi di transazione contenuti. A parte, però, questa caratteristica, che gli ETF condividono con i fondi comuni indicizzati, altri elementi, peculiari degli ETF, contribuiscono a contenere ulteriormente i costi: in primo luogo, la redemption in kind. Un fondo comune tradizionale, infatti, in risposta ad una richiesta di riscatto, vende sul mercato i titoli costituenti il portafoglio sopportando dei costi di transazione. Un Exchange Traded Fund, invece, a fronte di una richiesta di riscatto da parte di un investitore istituzionale, cede direttamente a questi i titoli del basket in cambio della restituzione delle quote del fondo. Altro fattore importante è l’eliminazione della gestione dell’account in capo al fondo. Infatti, i fondi comuni tengono il conto degli investitori e, di conseguenza affrontano maggiori spese per la gestione degli account e per inviare periodicamente l’aggiornamento relativo alla posizione di ogni cliente. Gli ETF non hanno, invece, questa incombenza. I titoli sono affidati all’amministrazione accentrata di un singolo organo istituzionale: Monte Titoli S.p.A. (M.T.), che, per legge, dal 1991, gestisce e regola gli scambi di tutti i titoli negoziati in borsa, tra cui anche, dal 2002, gli ETF, appunto. Qui i titoli sono tenuti per conto degli intermediari e sono questi ultimi, infine, a gestire l’account degli investitori con riferimento alle quote di ETF. I fattori appena visti contribuiscono a mantenere, per gli ETF, un Total Expense Ratio (T.E.R.) molto basso. Un investitore che detiene quote di ETF I dati sintetici sono presi da http://fondionline.it. Faravelli A. Mettiamo a confronto i tradizionali mutual fund con gli Exchange Traded Funds. I dati si riferiscono a fondi azionari americani, dove il comparto dei fondi indicizzati è più sviluppato. Per l’Italia, gli ETF presentano costi di commissione che vanno dallo 0,20% allo 0,90% per il comparto azionario e dallo 0,1650% allo 0,20% per quello obbligazionario. Il motivo per cui i costi sono leggermente superiori in Italia è che il mercato non è così vasto né tanto sviluppato quanto quello americano. 3 32 Guida agli ETF 2012 senza velleità di operare attivamente sul mercato dovrebbe, quindi, tenere molto in considerazione questo aspetto, oltre a quello fiscale, già esaminato. Come abbiamo già ribadito in precedenza, nessuno strumento è perfetto in tutto e per tutto e gli ETF non rappresentano alcuna eccezione alla regola. Gli ETF presentano alcuni costi, reali o potenziali, non previsti per i fondi comuni, che possono avvantaggiare questi ultimi e, al limite, rovesciare l’ordine di scelta. Facciamo notare, già da ora, che questi costi colpiscono esclusivamente chi effettua trading su ETF e sono strettamente correlati alla qualità peculiare dei “fondi scambiati sul mercato” di circolare, a tutti gli effetti, come azioni. In primo luogo, per ogni operazione riguardante gli ETF, un investitore deve sostenere un costo per le commissioni dovute al broker, commissioni che equivalgono a quelle pagate per le negoziazioni di un qualsiasi altro titolo scambiato sul mercato. Queste possono incidere anche in maniera rilevante per investimenti di piccoli importi, di cui le commissioni potrebbero rappresentare anche fino a qualche punto percentuale. Gli intermediari U.S.A., ad esempio, applicano una commissione di negoziazione, per gli ETF, che va dai cinque ai trenta dollari per transazione4. La presenza di tali commissioni rende sconveniente un investimento per somme inferiori ai mille dollari, allontanando i piccoli investitori dalla possibilità di investire in ETF. Va un po’ meglio con i broker online, che applicano costi di commissione di molto inferiori. Un intermediario di questo tipo5, in Italia, applica una tariffa progressiva, di due euro fino a mille euro di valore dei titoli negoziati e dello 0,19% del valore per somme superiori a mille euro. Un aumento di questi cosiddetti discount broker e una riduzione generale delle spese di commissione per l’acquisto e la vendita di titoli, mitigherebbe gli effetti negativi di questo fattore. Un’altra fonte di costo, legata a doppio filo con la struttura del mercato sottostante gli scambi dell’ETF, è data dallo spread denaro-lettera. Questo fattore dipende molto dalla liquidità dello strumento e precisamente è inversamente correlato ad essa, ovvero ad un aumento della liquidità corrisponde una diminuzione dello spread. Per questo, come vedremo, la regolamentazione dei mercati prevede dettami specifici per far sì che la liquidità sia garantita e mantenuta costantemente. Di solito questo spread 4 5 Fonte: http://fondionline.it. Gialanella R. Il mercato statunitense premia gli ETF. Fineco. Capitolo II - Introduzione ai tratti salienti degli Exchange Traded Funds 33 è contenuto e non può, per regolamento di Borsa Italiana, superare l’un per cento del valore del titolo (tranne alcune eccezioni). Il valore reale della quota si pone tra i due valori, bid e ask, e il costo implicito in caso di acquisto o di vendita è dato dal valore assoluto della differenza tra valore reale e, rispettivamente, i valori ask e bid. Quindi, il costo insito nell’operazione si può supporre all’incirca uguale ad un mezzo dello spread denaro-lettera. Un’ultima fonte, questa volta potenziale, di “costo”, può essere rappresentata dalla possibilità di acquistare quote di ETF sul mercato ad un premium price, ovvero ad un valore maggiore del NAV, o di venderle ad un discount price, ovvero ad un valore minore del NAV, poiché non sempre prezzo e Net Asset Value coincidono. Vedremo in seguito come possono esserci tali scostamenti e come l’arbitraggio tende ad annullarli in un lasso di tempo molto breve. Per ora ci basta considerare che questi scostamenti esistono ed esiste, di conseguenza, la possibilità di acquistare e vendere a prezzi discosti dal valore reale della quota. La conseguenza evidente è che un piccolo investitore, che acquista e vende al prezzo di mercato, può trarre vantaggio dal prezzo se questo si discosta dal NAV nella direzione a lui favorevole, ovvero se è minore in caso di acquisto e maggiore in caso di vendita; viceversa avrà una riduzione dell’eventuale profitto in misura pari al valore assoluto della differenza tra il prezzo e il Net Asset Value. Tutti i costi appena elencati, in considerazione anche dei vantaggi fiscali che gli ETF permettono agli ongoing investors, depongono in favore di una strategia buy-and-hold, piuttosto che un investimento con finalità di trading attivo o comunque di breve periodo. 2.1.5 L’indicizzazione e la gestione passiva La tesi alla base dell’indicizzazione è che non si può ottenere, in media, un risultato migliore di quello del mercato. Il motivo è, essenzialmente, che, se il mercato è costituito da tutti gli investitori e, di conseguenza, la performance di mercato non è altro che la media delle performance dei singoli investitori ponderata per il loro peso, per definizione la totalità degli investitori ottiene, in media, una performance pari a quella di mercato6. In sintesi, gli investitori non possono sovraperformare sé stessi. E’ la posizione di Sharpe in merito, che analizzeremo in maniera approfondita nel capitolo dedicato all’indicizzazione. 6 34 Guida agli ETF 2012 Se si aggiunge, inoltre, la considerazione che i fondi a gestione attiva presentano costi di gestione sostanzialmente più elevati rispetto a quelli a gestione passiva, per i motivi di cui abbiamo detto, e che la gestione passiva permette un’efficienza fiscale maggiore, dovuta al minor turnover delle azioni in portafoglio, la conclusione logica è che i fondi indicizzati abbiano performance, al netto delle spese e delle imposte, superiori ai fondi gestiti attivamente. I dati sembrano, a una prima analisi, supportare questa tesi: secondo uno studio effettuato dalla Lipper Vanguard7 sui fondi a gestione attiva, per esempio, risulta che, in un periodo compreso tra il 1992 e il 2002, solo il 35% dei fondi sovraperformavano l’indice di riferimento, mentre il restante 65% otteneva una performance inferiore. Nella figura 1 i fondi comuni analizzati sono divisi in ordine di sotto/sovraperformance rispetto all’indice. Dal grafico risulta che, su un campione di 813 fondi, 532 (il 65% appunto) sottoperformavano l’indice mentre i restanti 281 (il 35%) ottenevano performance superiori. I risultati cambiano, però, se si prende come riferimento l’ultimo quinquennio o l’ultimo triennio. Si osservi la figura 2, in cui è riportata, anno per anno, la percentuale di fondi che sottoperformano l’indice benchmark. Gli ultimi tre valori rappresentano le medie, rispettivamente, dei periodi 2000-2002, 1998-2002 e, infine, 1993-2002, di cui abbiamo già analizzato i risultati in dettaglio.Ad ogni modo, l’impressione che si ricava da questo Figura 1: distribuzione performance FCI US vs. MSCI US Investable Markets 2500 Index Fonte: Lipper Vanguard 7 Si veda http://norisk.it: Dai fondi di investimento agli ETF: fine di un monopolio. Capitolo II - Introduzione ai tratti salienti degli Exchange Traded Funds 35 Figura 2: percentuale di FCI US che sottoperformano. MSCI US IM 2500 Index Fonte: Lipper Vanguard e da altri studi, è che una risposta definitiva al riguardo non può essere data, anche se una soluzione logica imporrebbe che in un mercato efficiente, come può definirsi quello italiano, l’ago della bilancia dovrebbe favorire la gestione passiva. Gli attuali ETF sono tutti fondi indicizzati: ognuno replica un indice nazionale (ad es. gli SPDRs), internazionale (ad es. DJ Euro Stoxx 50) o settoriale (come ad esempio i Select Sector Spiders). Di conseguenza un investitore può esporsi in un determinato mercato o settore acquistando un solo titolo e può diversificare il proprio portafoglio in maniera molto più semplice ed economica rispetto all’acquisto di un gran numero di singole azioni. Solitamente, gli Exchange Traded Funds quotano sul mercato ad un prezzo più o meno8 uguale ad 1/100 o anche 1/1000 dell’indice di riferimento. Solitamente, oltretutto, gli indici a cui gli ETF sono agganciati sono indici molto noti, come il Nasdaq 100 per i Cubes o l’S&P/Mib per l’ETF omonimo. Tutto questo si traduce in una maggior trasparenza rispetto ai tradizionali mutual fund, poiché un investitore può conoscere in qualsiasi momento la composizione dell’indice e sapere come l’ETF dovrebbe essere composto e, osservando il valore dell’indice, può farsi un’idea dell’andamento dell’ETF che lo replica. Non sempre, però, la replica dell’indice è totale. Anzi, per la maggior parte dei casi non è così. Per indici con molte centinaia di titoli, infatti, risulterebbe poco conveniente operare con la totalità di questi e i costi connessi con il processo di creation e redemption in kind potrebbero essere molto elevati, soprattutto per gli investitori autorizzati, che devono raccogliere sul 8 A causa del tracking error. 36 Guida agli ETF 2012 mercato tutti i titoli componenti il basket. Un metodo più efficiente per giungere allo stesso risultato è allora la replica parziale, per cui si selezionano alcuni titoli facenti parte dell’indice da replicare in modo che il portafoglio sia comunque strettamente correlato con il benchmark. A titolo di esempio, se in un indice sono presenti 50 titoli del settore assicurativo, che in tutto rappresentano, in termini di peso, poniamo, il 10% dell’indice, potrebbe essere sufficiente detenere 10 di questi, per un peso uguale sempre al 10% dell’intero portafoglio. La maggior parte degli ETF presenti in Italia prevedono questa modalità di replica. Un argomento importante riguardante l’indicizzazione è il tracking error. Questo, infatti, è l’argomento più spesso addotto dai critici dell’indicizzazione come causa della sua inefficienza. Un fondo comune, infatti, per quanto fedelmente cerchi di replicare un indice, non sempre ci riesce, poiché, a differenza dell’indice sottostante, deve dividersi tra la ricerca del basket efficiente, l’equilibrio tra azioni e liquidità per fronteggiare la continua richiesta di sottoscrizioni e riscatti di quote, il reinvestimento dei dividendi e altri fattori, che sono, invece, esogeni all’indice. Come vedremo, solitamente il tracking error è uno scostamento negativo rispetto all’indice ed è dovuto a più di una causa. Abbiamo già parlato del fenomeno dei dividend drag per gli Spiders; parleremo, tra le altre cose, del cash drag, un ostacolo dei fondi comuni che la creation/redemption in-kind permette di superare. In conclusione l’indicizzazione è una qualità importante degli odierni ETF. Daremo, perciò molto spazio, più avanti nella trattazione, allo studio delle problematiche connesse all’indicizzazione e agli indici in genere. Capitolo III La struttura e i meccanismi degli ETF La struttura e i meccanismi degli ETF* Gabriele Candita In questo capitolo analizzeremo in dettaglio i meccanismi che regolano il funzionamento degli Exchange Traded Funds. Partiremo con una breve presentazione delle diverse strutture sottostanti gli ETF, definendone i tratti essenziali. In seguito descriveremo in maniera approfondita il meccanismo di creation/redemption in kind, spiegandone le motivazioni alla base dell’utilizzo. Oltre che con questo meccanismo, che caratterizza il mercato primario degli ETF, questi possono essere negoziati anche sul mercato secondario. Analizzeremo questa caratteristica degli ETF e ne discuteremo brevemente le problematiche connesse. Sono, quelle appena elencate, peculiarità degli ETF, che li distinguono dai normali fondi comuni. Ognuna di esse presenta delle implicazioni in termini di costi o di efficienza fiscale, per cui saranno riprese nel momento in cui le problematiche in parola verranno trattate più in dettaglio. 3.1 La struttura Gli Exchange-Traded Funds, secondo quanto indicato da più parti, possono avere tre differenti strutture: Unit Investment Trust (UIT), Index Mutual Fund o Grantor Trust. Ognuna di queste ha diverse caratteristiche, che verranno qui analizzate. 3.1.1 Unit Investment Trust (UIT) E’ stata la prima ad essere utilizzata per un ETF. Tra quelli più conosciuti, gli Spiders e i Cubes, come già visto, sono organizzati in questo modo, oltre ai Diamonds, che replicano l’indice Dow Jones Industrial Average (DJIA). Il motivo dell’utilizzo di questa struttura fu, come già visto, la ricerca di una minimizzazione dei costi in un contesto in cui non si prevedeva quale sarebbe stata l’accoglienza di questi strumenti sul mercato. Natural* Tratto dal libro “Guida agli ETF 2008. Guida per l'investimento consapevole e globale con gli Exchange Traded Funds”, Editrice Le Fonti 2008. 40 Guida agli ETF 2012 mente in un mercato ancora molto ristretto, la sua convenienza relativa stava nel fatto che essa aveva bassi costi fissi. L’UIT è un accordo con i sottoscrittori di quote, secondo il quale il gestore, detto anche trustee, deve replicare perfettamente l’indice sottostante, seguendo delle regole predeterminate. La struttura in questione ha molte limitazioni di natura giuridica: innanzitutto, non c’è possibilità di variare il portafoglio in funzione di scelte discrezionali del manager. L’indice deve essere replicato in maniera rigida e non è permesso, ad esempio, l’utilizzo di derivati. Ciò, se da un lato può favorire la trasparenza dei metodi utilizzati, dall’altro non permette di ottimizzare l’indicizzazione con alcuni accorgimenti che, come vedremo, sono a volte indispensabili. Come già visto, inoltre, l’UIT è affetto dal cosiddetto dividend drag, dato dall’impossibilità, per legge, di reinvestire i dividendi pagati dalle società emittenti in portafoglio. Questa limitazione è tanto più importante quanto più il mercato è in crescita poiché la perdita derivante dai dividendi non reinvestiti equivale al guadagno mancato, con riferimento a quella quantità aggiuntiva di capitale. Un altro “difetto” della struttura in questione è rappresentato dall’impossibilità di dare in prestito titoli per permettere vendite allo scoperto. Come già detto, però, una norma dell’organismo che regola il mercato potrebbe redimere questi difetti. Tornando ai meccanismi che la regolano, la sottoscrizione e il riscatto delle quote avviene di solito per un lotto minimo di 50000 quote, mentre la circolazione sul mercato secondario è possibile anche con una singola quota. L’UIT, inoltre, distribuisce periodicamente (trimestralmente o annualmente) i dividendi percepiti dalle azioni in portafoglio. 3.1.2 Open-End Index Mutual Fund (Fondo aperto indicizzato) La maggior parte degli ETF odierni utilizza questa struttura e tra i primi ad utilizzarla ci sono i WEBS (ora iShares) e i Sector Spiders. Questa struttura è quella per cui più propriamente si parla di Exchange Traded Fund. E’, infatti, un fondo comune, con tutte le regole e i meccanismi che questo prevede. Il gestore ha più ampia discrezionalità: può scegliere liberamente in che modo replicare l’indice e ha accesso all’utilizzo di derivati. Può, inoltre, gestire il pagamento dei dividendi, ma soprattutto, non è limitato nel loro reinvestimento nel periodo di detenzione Capitolo III - La struttura e i meccanismi degli ETF 41 “forzata” da parte del fondo. Alcuni fondi possono anche prevederne il reinvestimento automatico, escludendo, quindi, la loro distribuzione. Con riguardo al meccanismo di sottoscrizione e riscatto, il funzionamento è identico a quello delle UIT: per entrambi si hanno scambi in natura e i lotti minimi sono di 50000 quote. Infine, per il mercato secondario vale la stessa considerazione che non esistono lotti minimi. 3.1.3 Grantor Trust Il maggior rappresentante di questo tipo di ETF è, senza dubbio, l’Holding Company Depository Receipts, detto anche HOLDRs. Definito impropriamente ETF, il grantor trust viene, però, solitamente accomunato a quest’ultimo dalla maggior parte degli esperti1 a causa di alcune caratteristiche che lo rendono molto simile agli ETF veri e propri. Le caratteristiche in questione sono la creation/redemption in-kind e il fatto che un intero portafoglio di titoli possa essere scambiato come una singola azione. Le somiglianze, però, si fermano qui e, anzi, già le due caratteristiche viste si configurano in maniera leggermente diversa. Infatti, la sottoscrizione di quote, a differenza di quanto visto in precedenza, avviene per lotti minimi di 100 quote. Lo stesso lotto minimo di negoziazione (100 quote) è previsto per la circolazione di questi strumenti sul mercato, mentre per le strutture precedenti non è previsto alcun lotto minimo. Le altre differenze sono ancor più marcate: detenere un HOLDRs, infatti, a differenza degli ETF, equivale a detenere ognuna delle azioni del portafoglio sottostante, con tutto ciò che ne consegue. Innanzitutto, vi è la possibilità di realizzare una perdita su una singola azione all’interno del portafoglio per compensare capital gain ottenuti altrove, opportunità, questa, che determina un piccolo vantaggio fiscale rispetto agli ETF. Il vantaggio però è più che compensato dall’impossibilità di eliminare posizioni low-cost basis senza determinare un capital gain per l’investitore (cosa invece possibile con la redemption in-kind degli ETF). Ultima, ma non per importanza, differenza rispetto agli ETF, sta nel fatto che gli HOLDRs non sono agganciati a un indice, ma sono costituiti da un portafoglio statico. Questa circostanza rende gli HOLDRs più rischiosi, nel senso che hanno bisogno di un’attenzione maggiore da parte dell’investiAltri, invece, come Gastineau, non la includono affatto tra i modelli di ETF (vd. Gastineau, Gary L.: “The Exchange Traded Funds Manual”). 1 42 Guida agli ETF 2012 tore. Il grantor trust, inoltre, in conseguenza di fusioni o acquisizioni, non prevede la sostituzione del titolo oggetto di fusione o acquisizione, per cui, l’azione scompare dal portafoglio senza che ci sia una compensazione tramite l’aggiunta di una posizione equivalente. Per alcuni trust è previsto, per questo motivo, lo scioglimento, nel caso in cui il numero di titoli in portafoglio cada al di sotto di una soglia minima prefissata. Alla luce di quanto detto risulta evidente come la struttura in questione abbia molto poco di un ETF. In effetti essa, per le caratteristiche appena viste, si adatta maggiormente a prodotti statici che hanno poca probabilità di subire modifiche nel tempo, come ad esempio l’oro2, e non condivide molte delle qualità che noi abbiamo attribuito agli Exchange Traded Funds. Nel prosieguo della trattazione, quindi, ci riferiremo agli ETF come a quegli strumenti che hanno come struttura di base una delle prime due menzionate, ovvero l’Unit Investment Trust o il Fondo comune aperto indicizzato. 3.2 Le peculiarità 3.2.1 La creation/redemption in-kind Il meccanismo di sottoscrizione e riscatto in natura è l’elemento fondamentale degli ETF. L’idea di fondo che guidò Nate Moss nella costruzione di un prodotto basato su questo meccanismo, quale fu poi lo SPDR, era quella di promuovere uno strumento in cui non bisognava pagare per avere una quota di partecipazione al portafoglio di un fondo, ma si contribuiva direttamente a costruire, o meglio, ad ingrandire, questo portafoglio, depositando i titoli del basket fissato e ricevendo in cambio le quote corrispondenti. In questo modo, un intermediario o grande investitore che volesse acquisire quote del fondo, mette insieme il basket di azioni, depositandole in cambio delle quote. Nel periodo di detenzione delle quote parteciperebbe a tutti i guadagni o le perdite del fondo in proporzione alla quota posseduta e anche a qualsiasi cambiamento del basket sottostante la quota. Qualora, in un qualsiasi momento, volesse liquidare la propria partecipazione, procederebbe a depositare le quote possedute in cambio dei titoli del portafoglio sottostante, che, eventualmente, potrà risultare diverso dal basket depositato in origine. Si veda Bernstein, Robert S.; Comparison in Tax Efficiency. Corporate Taxation. marzo/aprile 2004. Il World Gold Council ha pensato di utilizzare per un fondo di nuova creazione che investe in lingotti d’oro, l’Equity Gold Trust, la struttura del grantor trust, appunto. 2 Capitolo III - La struttura e i meccanismi degli ETF 43 Il processo di sottoscrizione e riscatto degli attuali ETF non è altro che l’implementazione dell’idea appena enunciata. La figura 3, alla pagina seguente, illustra questo meccanismo. Il processo parte con la comunicazione del creation basket (detto anche paniere perfetto), ovvero il paniere di titoli occorrente per avere il lotto minimo di quote del fondo (solitamente 50000 quote). A questo punto intervengono gli Authorized Participants, intermediari autorizzati alla sottoscrizione di quote del fondo in qualità di specialist, market makers, liquidity providers o arbitraggisti. Questi, allo scopo di sottoscrivere le quote di ETF, si rivolgono al mercato azionario, acquistando i titoli componenti il portafoglio del fondo, in modo da comporre il paniere perfetto. A questo punto avviene il passaggio centrale di tutto il processo: l’investitore autorizzato deposita il creation basket, composto dai titoli in portafoglio più una parte cash, e riceve in cambio le quote di ETF di nuova creazione. La parte in contanti prevista nel creation basket “copre” la differenza tra Net Asset Value del fondo e valore di tutti i titoli presenti nel portafoglio. A volte questa differenza può anche essere negativa e, in tal caso, il creation basket prevederà una componente cash negativa (ovvero un movimento di contanti dal fondo all’Authorized Participant). E’ importante già da ora sottolineare che la componente cash presente in un Exchange Traded Fund è molto bassa, in confronto ai tradizionali mutual Figura 3: La sottoscrizione in natura di quote di ETF Fonte: Lipper Vanguard 44 Guida agli ETF 2012 fund, perché, proprio per questo meccanismo, non è necessario detenere contanti per fronteggiare una richiesta netta di riscatto di quote. Questa componente, negli ETF, è dovuta solitamente a dividendi riscossi dal fondo e non ancora distribuiti agli investitori. Ancora, la sottoscrizione avviene al Net Asset Value e ciò è fondamentale per permettere che il prezzo dell’ETF sul mercato rifletta il valore dei titoli sottostanti. Come vedremo, infatti, l’arbitraggio da parte di grandi investitori fa sì che lo spread tra il prezzo del titolo e il suo NAV resti sempre molto vicino allo zero. Senza voler, per ora, approfondire l’argomento, diciamo solo che, nel caso della sottoscrizione, l’arbitraggio serve a “spianare” differenze positive tra prezzo e NAV (ovvero se il prezzo delle quote è maggiore del NAV). Il NAV, così come per i fondi comuni tradizionali, è calcolato sommando i valori delle azioni sottostanti rilevati alla chiusura delle contrattazioni. Per il riscatto delle quote, il processo appena delineato deve essere semplicemente ripercorso al contrario. Infatti l’Authorized Participant che vuole riscattare le quote di ETF per ottenere i titoli sottostanti, acquista sul mercato secondario un numero di quote sufficiente a formare una creation unit (soltamente 50000 quote), o suoi multipli, e li consegna al fondo, ricevendo in cambio il redemption basket, che è formato dai titoli nel portafoglio del fondo più una componente cash pari alla differenza tra NAV e prezzo delle azioni sottostanti. Anche il riscatto avviene al Net Asset Value, dando modo di operare l’arbitraggio per scopi speculari a quelli per cui lo si opera con la sottoscrizione di nuove quote, ovvero, in questo caso, per approfittare della differenza negativa tra prezzo e NAV (prezzo delle quote minore del NAV). Naturalmente il redemption basket è uguale al creation basket della giornata in corso, ma può non essere uguale al basket per cui le stesse quote in procinto di riscatto sono state sottoscritte. Infatti, il paniere perfetto può cambiare in seguito al cambiamento dell’indice benchmark. Di conseguenza possono variare da un giorno all’altro i titoli che gli investitori autorizzati devono acquistare al fine di sottoscrivere le quote di ETF. Analizziamo brevemente cosa succede nel momento in cui viene annunciato un cambiamento nella composizione dell’indice. Innanzitutto il gestore del fondo comunica agli Authorized Participants il nuovo creation basket per il giorno seguente, il quale comprende i cambiamenti occorsi all’indice nella giornata di contrattazione in chiusura. Ovviamente il por- Capitolo III - La struttura e i meccanismi degli ETF 45 tafoglio del fondo rispecchia ancora la vecchia composizione dell’indice. Nel giorno successivo i nuovi creation basket vengono depositati presso il fondo e, contestualmente, il gestore provvede a modificare l’asset del fondo, vendendo le azioni eventualmente non più comprese nell’indice e acquistando quelle che le hanno sostituite, fino a completare il cambiamento annunciato. Per chiarire il concetto, immaginiamo un ETF il cui paniere perfetto, derivante a sua volta dalla composizione dell’indice, preveda, in data 22 novembre 20043, 10 azioni FIAT, 8 azioni ENI, 10 azioni Telecom Italia Mobile (TIM): Creation basket al 22/11/2004, prima dell’annuncio del cambiamento. FIAT 10 azioni ENI 8 azioni TIM 10 azioni Il provider dell’indice comunica il cambiamento di quest’ultimo. La nuova composizione prevede ancora 10 azioni FIAT e 8 azioni ENI, ma le azioni TIM sono sostituite da 17 azioni Telecom Italia3. Prima della chiusura della giornata, il gestore comunica il nuovo creation basket, che riflette già i cambiamenti occorsi nell’indice di riferimento: Nuovo creation basket, comunicato prima della fine del giorno 1. FIAT 10 azioni ENI 8 azioni Telecom Italia 17 azioni L’asset del fondo riflette, però, ancora la composizione dell’indice prima del cambiamento: Asset del fondo alla fine del giorno 1. FIAT 1000 azioni ENI 800 azioni TIM 1000 azioni Vd nota successiva. Al prezzo di chiusura in data 22/11/2004, le azioni Telecom Italia quotano 2,89 euro e le azioni TIM 4,90 euro. Con riferimento a questi prezzi il rapporto approssimato tra le quantità dei due titoli è di 17 azioni Telecom Italia ogni 10 azioni TIM. Fonte dei dati: Borsa Italiana S.p.A.. 3 4 Guida agli ETF 2012 46 Il giorno seguente, il gestore del fondo opera lo scambio, vendendo sul mercato le azioni Telecom Italia e comprando le azioni TIM: Operazione del gestore al fine di agganciare il portafoglio del fondo al nuovo indice. Vende FIAT 1000 azioni Telecom Italia 1700 azioni Compra Poniamo, ora, che un intermediario autorizzato raccolga sul mercato le azioni necessarie per formare un creation basket (10 azioni FIAT, 8 azioni ENI, 17 azioni Telecom Italia) e le depositi presso il fondo, ricevendo in cambio 50000 quote. Il nuovo asset del fondo è, così, il risultato del cambiamento dei componenti in portafoglio, più l’apporto ulteriore di azioni derivanti dal deposito titoli dell’Authorized Participant: Asset del fondo alla fine del giorno 2. FIAT 1000 azioni ENI 808 azioni Telecom Italia 1700 azioni Il processo, così, si conclude con l’asset del fondo che replica nuovamente in maniera perfetta l’indice. Se nessun cambiamento nella composizione di questo è annunciato dai fornitori d’indice, il gestore comunicherà agli interessati un creation basket invariato per le sottoscrizioni del giorno successivo. E’ utile, ora, soffermarsi brevemente su una questione che scaturisce dall’esempio appena esposto: il cambiamento del portafoglio del fondo presenta uno sfasamento temporale più o meno grande rispetto al cambiamento del benchmark. Nel periodo di tempo in cui ancora non si è verificata la convergenza, l’andamento dei prezzi dei titoli interessati può provocare un tracking error anche piuttosto consistente. Se si considera, tra l’altro, che, nel giorno in cui l’indice cambia, tutti i fondi che replicano quell’indice dovranno operare lo stesso cambiamento, si rischia di avere un eccesso di offerta per il titolo da espellere dal portafoglio, con conseguente caduta del prezzo, e un eccesso di domanda, invece, per il titolo da inserire in portafoglio, con conseguente aumento del prezzo. Il costo per il riallineamento, quindi, può risultare anche molto alto. Questo a cui abbiamo appena accennato, è un problema che gli ETF, in Capitolo III - La struttura e i meccanismi degli ETF 47 veste di OICR indicizzati, condividono con i fondi comuni tradizionali di tipo indicizzato. Per questo motivo faremo alcune considerazioni a riguardo nel capitolo 6, in cui tratteremo in maniera approfondita i temi dell’indicizzazione e della gestione passiva. 3.2.2 Motivazioni alla base del meccanismo Il processo di sottoscrizione e riscatto in natura è stato originariamente concepito allo scopo di proteggere gli investitori di lungo periodo dai costi di transazione sopportati dal fondo per far fronte alle richieste di sottoscrizione o di riscatto da parte di altri investitori, dovendo questo operare sul mercato per l’acquisto o la vendita delle azioni. I fondi comuni tradizionali, infatti, come già detto, riscattano le quote pagando il corrispettivo in contanti. Per questo motivo detengono una parte cash per far fronte a eventuali richieste di riscatto. Può avvenire, però, e spesso accade, che questa non basti a soddisfare tutte le richieste, per cui il gestore deve rivolgersi al mercato, vendendo parte dei titoli in portafoglio e sopportando, di conseguenza, dei costi di transazione. I costi in questione influiscono direttamente sul risultato netto del fondo e, quindi, indirettamente, sugli investitori che detengono quelle quote, invece di essere sopportati, come sarebbe logico, da chi disinveste dal fondo. Il metodo più largamente usato dai fondi comuni per distribuire in maniera più equa i costi tra gli investitori è quello di applicare una commissione d’uscita. Questa ha lo scopo principale di scoraggiare l’in-and-out trading e, allo stesso tempo, di far pagare i costi di transazione a chi indirettamente li provoca. La commissione d’uscita in parola si aggira, solitamente intorno all’1% del valore delle quote riscattate, prescindendo dai reali costi sostenuti dal fondo. Di conseguenza, può accadere che gli investitori passivi ne traggano addirittura vantaggio o, all’opposto, che la commissione non basti a coprire i costi di transazione. Più precisamente, se la transazione avviene in un mercato relativamente calmo i costi sono molto contenuti e, probabilmente, più bassi della commissione applicata agli in-and-out traders. Se il fondo deve operare, invece, in un contesto turbolento, le transazioni avranno un costo superiore ed eventualmente, questo risulterà maggiore anche della commissione d’uscita applicata con conseguente costo per gli shareholders. E’ praticamente impossibile quindi, applicare una tariffa fissa che distribuisca equamente i costi tra gli investitori. 48 Guida agli ETF 2012 Per gli ETF, invece, il problema non si pone affatto. Infatti, qui il fondo non deve effettuare nessuna operazione sul mercato, perché riceve direttamente dall’investitore i titoli, al momento della sottoscrizione, e li cede direttamente a questi in caso di riscatto. La commissione, fissa, applicata dal fondo serve, in questo caso, a coprire le spese per mettere in piedi il processo di sottoscrizione o di riscatto. I costi di transazione sono sostenuti direttamente dagli Authorized Participants. Sono questi, infatti, che si rivolgono al mercato dei capitali per acquistare le azioni necessarie a comporre il paniere perfetto e che al momento del riscatto, devono gestire il paniere di titoli ricevuto e, in caso di vendita, sopportarne i costi di transazione relativi. Questi costi, a loro volta, possono essere girati al pubblico degli investitori attraverso l’attività di market making. Il bid-asked spread, infatti, servirà in parte a coprire questi costi. Ad ogni modo, in questa maniera i costi di transazione non gravano sugli investitori di lungo periodo del fondo. L’attività dei traders attivi, quindi, non influirà in alcun modo sui risultati di chi opta per una strategia buy-and-hold. L’obiettivo principale della creation/redemption in-kind è stato pienamente raggiunto. Oltre a questo, però, il meccanismo di cui si discute ha dimostrato di fornire ulteriori vantaggi: innanzitutto garantisce una maggiore efficienza fiscale grazie al sostanziale differimento dei capital gain, poiché permette al gestore di non vendere sul mercato titoli eventualmente apprezzati, potendoli cedere, invece, attraverso uno scambio in natura ed evitando così di realizzare guadagni in conto capitale. Inoltre, nello scambio di titoli in natura, è possibile cedere i titoli a minor costo, in modo da realizzare minori capital gain in caso di vendita obbligata dei titoli. Un altro vantaggio è quello di tenere sempre basso lo spread tra prezzo e NAV grazie all’arbitraggio che il processo permette, essendo gli scambi in natura effettuati al NAV. Infine, la circostanza che il gestore debba comunicare la composizione del basket al fine dello scambio in natura garantisce una trasparenza che è inconcepibile nei tradizionali mutual funds. La creation/redemption in-kind, quindi, è un elemento importantissimo nella struttura degli ETF, un elemento che influenza trasversalmente tutti gli aspetti riguardanti il prodotto in questione. Sarà ripresa, dunque, più volte nel corso della trattazione, per presentarne, di volta in volta, le implicazioni con l’argomento trattato. Capitolo III - La struttura e i meccanismi degli ETF 49 3.2.3 La circolazione sul mercato Abbiamo accennato in precedenza che un investitore che voglia acquistare quote di un ETF non può rivolgersi direttamente al fondo che le emette (a meno che non faccia parte della piccola schiera di investitori autorizzati). Vista l’impossilità di agire sul mercato primario, il canale attraverso il quale può operare è, quindi, il mercato secondario: qui domanda e offerta si incontrano e vengono effettuate le transazioni tra gli investitori. Gli ETF circolano in maniera del tutto analoga alle normali azioni scambiate in borsa. Non solo, condividono con le azioni alcune caratteristiche distintive, che sono: la quotazione continua, la possibilità di utilizzare le opzioni di negoziazione, il problema della liquidità e il bid-asked spread, la possibilità di vendere allo scoperto e a margine, il pagamento di dividendi. Esaminiamo queste qualità distintive una per volta. Gli ETF sono scambiati sul mercato secondario in ogni momento della giornata di contrattazioni e presentano una quotazione continua. Come per le azioni, infatti, vengono inserite nel book di negoziazione, proposte in acquisto e vendita e vengono quindi conclusi i contratti qualora si incontrino le volontà di due controparti. Il prezzo di mercato è fissato al prezzo a cui è concluso l’ultimo contratto nella seduta di contrattazione in corso e, in base alla dinamica di domanda e offerta del titolo, può oscillare, subendo, nel corso della giornata, variazioni al ribasso o al rialzo. Potenzialmente, quindi, c’è la possibilità da parte di un’investitore attivo di attuare un trading intraday, speculando sulle variazioni di prezzo della quota durante la giornata di contrattazione. Supponiamo, ad esempio, che il valore della quota non abbia subìto variazioni da un giorno al successivo, ma abbia avuto, durante la giornata, un minimo e un massimo con uno scarto relativo di un punto percentuale o più. Supponiamo, quindi, che l’investitore in questione abbia la fortuna di acquistare al minimo e poi rivendere al massimo prezzo spuntato in giornata. In questo caso limite, nonostante il titolo non abbia subito alcuna variazione, c’è stata la possibilità per un guadagno speculativo. L’altro lato della medaglia, in questo caso, è che se da una parte cè chi profitta di questo trading di brevissimo termine, ci dev’essere una controparte che subisce, invece, delle perdite, poiché, in una situazione quale quella dell’esempio precedente, ci si trova naturalmente di fronte a un gioco a somma zero. La negoziazione continua sul mercato comporta un ulteriore opportunità: il fatto di poter acquistare e vendere in ogni momento della giornata, 50 Guida agli ETF 2012 infatti, assicura che, in caso di cadute catastrofiche del valore del titolo, l’investitore accorto possa liquidare in tempo breve la propria quota, limitando così le perdite. All’opposto, per i fondi comuni, non esistono variazioni infragiornaliere del prezzo e, conseguentemente, nessuna possibilità di trading intraday nè di liquidazione immediata delle quote, poiché acquisto e vendita di queste da parte degli investitori vedono come controparte sempre il fondo, e come prezzo degli scambi il NAV giornaliero. Esso è fissato, di solito, giornalmente, ma a volte anche con cadenze superiori. In questo modo, ad esempio, un investitore di un fondo che replica il Dow Jones, il quale abbia richiesto il riscatto delle quote la mattina del 19 ottobre 19875, avrà scoperto successivamente che il valore a cui le sue quote verranno riscattate, ovvero il NAV delle quote, è diminuito del 23%! Un investitore in ETF, invece, avrebbe potuto sfruttare la capacità di disinvestire tempestivamente. Naturalmente questo è un caso limite e non l’ordinaria amministrazione, ma è un esempio eloquente che mette in evidenza l’utilità potenziale di questa caratteristica. Altro elemento che accomuna la negoziazione degli ETF alle azioni è la possibilità di immettere nel mercato proposte di negoziazione con limite di prezzo, ma ancora più importante, di utilizzare tutte le opzioni di negoziazione previste per le azioni nella fase di negoziazione continua. In particolare i parametri di negoziazione possibili sono6: 1) esegui e cancella (EEC), con cui si esegue la transazione al prezzo migliore disponibile ed eventuali residui vengono cancellati e non immessi nel book di negoziazione; 2) esegui comunque (ECO), con cui, se al prezzo di mercato la proposta non è soddisfatta per l’intero quantitativo, la quantità ineseguita non viene esposta sul book nel versante opposto, ma viene eseguita ugualmente ai prezzi via via disponibili (si dice, in tal caso che la proposta “risale il book”); 3) esegui per quantità minima (EQM), per cui l’ordine viene eseguito solo se, al prezzo limite (o a prezzi migliori), può essere eseguito per la quantità minima indicata o, naturalmente, per quantità superiori; 4) tutto o niente (TON): l’ordine esposto con questa opzione potrà essere eseguito solo totalmente e se ciò non è possibile, questo sarà immediatamente cancellato dal book di negoziazione; 5) esponi fino al 5 In questa data il Dow Jones Industrial Average perde, in un sol colpo il 22,6%. Fonte: http://soldionline.it 6 Si veda Banfi, A. (2001). I mercati e gli strumenti fianziari. Pagg. 254 e ss.. Capitolo III - La struttura e i meccanismi degli ETF 51 raggiungimento del prezzo (ERP), per cui la proposta non viene esposta nel book fino al raggiungimento del prezzo indicato. Quest’ultimo parametro è molto utile per attuare strategie di “stop-loss”: se un investitore teme una discesa del prezzo della quota, può limitare i danni utilizzando questa opzione. In caso il prezzo raggiunga il limite fissato, la proposta verrebbe esposta e l’ordine eseguito, evitando ulteriori perdite. Come qualsiasi altro mercato di capitali, il mercato di ogni ETF si scontra necessariamente con esigenze di liquidità. Per gli ETF questa è garantita da intermediari a ciò preposti in qualità di specialist, di market makers non ufficiali e dagli arbitraggisti. Il compito di questi soggetti è di sostenere le contrattazioni con l’esposizione continuativa di prezzi in acquisto e in vendita, con uno spread contenuto. In questo modo si garantiscono due elementi chiave del mercato per il suo perfetto funzionamento, lo spessore e l’ampiezza, i quali, a loro volta, costituiscono un presupposto fondamentale per la liquidità. Ancora, conseguenza di una maggiore liquidità del mercato di un prodotto è la diminuzione dello spread tra i prezzi delle proposte in acquisto e in vendita, il cosiddetto bid-asked spread. Tratteremo più approfonditamente questo argomento, quando parleremo dei costi negli ETF, essendo, questa, una componente a volte rilevante dei costi connessi con la loro negoziazione. Gli ETF, così come le azioni e diversamente dai fondi comuni tradizionali, possono essere venduti allo scoperto o acquistati a margine. La vendita allo scoperto (o short selling) può essere effettuata dall’investitore retail, qualora il proprio intermediario offra questo servizio7. Essa permette di “scommettere” su un trend al ribasso del titolo e, nel caso degli ETF, dell’indice sottostante. Per effettuare questo tipo di operazione si ricevono quote di ETF in prestito dal proprio intermediario e le si vendono, per poi ricomprarle successivamente. In questo modo, se il valore delle quote nel frattempo è diminuito, l’investitore avrà ottenuto un profitto. La marginazione permette di sfruttare l’effetto leva, funzionando praticamente allo stesso modo delle opzioni. Per la marginazione valgono le stesse considerazioni riguardo l’offerta del servizio da parte dell’intermediario. Quest’ultimo permette all’investitore di pagare, per ogni quota di ETF, solo una frazione del suo valore, ottenendo un profitto potenziale molto 7 Così si legge anche nelle schede degli ETF negoziati su Borsa Italiana. 52 Guida agli ETF 2012 più elevato, ma anche una perdita potenziale moltiplicata dall’effetto leva. Se l’intermediario, ad esempio, permette un margine del 10%8, i profitti così come le perdite potenziali che si possono verificare, sono dieci volte maggiori dei profitti o delle perdite normali (in termini percentuali, il 1000% in più!). Infine, così come le azioni, gli Exchange Traded Funds pagano dei “dividendi”. Anche se sono definiti in questo modo impropriamente, essi rappresentano il pagamento indiretto dei dividendi riscossi attraverso le azioni in portafoglio. Un possessore di quote di ETF non rinuncia, quindi, ai dividendi distribuiti dalle azioni sottostanti. Il fondo, infatti, riceve in date diverse le cedole delle azioni in portafoglio e le distribuisce ai detentori delle quote tutte insieme in un'unica data. La distribuzione dei dividendi per gli ETF italiani ha, solitamente, cadenza annuale, mentre negli Stati Uniti più frequentemente la cadenza è trimestrale. Alcuni ETF possono però prevedere per regolamento, il reinvestimento automatico dei dividendi percepiti, mentre altri, ancora, possono distribuirne solo una parte, reinvestendo automaticamente la parte restante secondo il regolamento del fondo stesso. A conclusione del discorso, vogliamo presentare delle critiche mosse da alcuni delatori degli Exchange Traded Funds: secondo questi la possibilità di negoziare le quote di ETF in ogni istante può condurre a vendite irrazionali, ma soprattutto incoraggiare gli investitori retail all’in-and-out trading, in contrasto con quanto la struttura dei costi e l’efficienza fiscale degli ETF suggerisce. In parole povere, mentre tutte le caratteristiche degli ETF conducono alla conclusione che la strategia ottimale sia di acquistare e detenere le quote per più tempo possibile (almeno dieci anni), la circostanza che queste possano essere negoziate continuamente sembra spingere l’investitore ad un comportamento completamente antitetico. I meccanismi dei mutual funds tradizionali, invece, sempre secondo i critici in parola, non rendendo praticabile questo tipo di attività, protegge l’investitore da sé stesso. E’ provato, infatti, che, visti i costi di transazione per ogni operazione e gli svantaggi fiscali derivanti dalle realizzazioni di capital gain, il trading attivo tende ad annullare tutti i vantaggi forniti dagli ETF, per cui, in media, questa strategia sottoperforma la strategia buy-and-hold. Seguendo queste critiche, la caratteristica in questione dovrebbe essere 8 Si veda Fineco. Capitolo III - La struttura e i meccanismi degli ETF 53 considerata in maniera totalmente negativa. Vale, però, la considerazione che “il fatto che un investitore possa negoziare una posizione in un Exchange Traded Fund molto di frequente non implica che questi debba negoziare di frequente9”. Ciò significa, in pratica, che non si può trasformare quella che rappresenta un’opportunità e un’opzione aggiuntiva per gli investitori (o per alcuni di essi) in un difetto o in un motivo di critica del prodotto in questione. Un titolare di quote di ETF può, infatti, comportarsi allo stesso modo che se detenesse quote di un fondo comune tradizionale; in più, però, ha la possibilità di liquidare le quote in ogni momento e di operare attivamente sul mercato se egli crede di poterne trarre un qualche profitto. La questione, quindi, è che l’investitore ha la libertà di scegliere e di comportarsi nel modo che crede sia per lui più vantaggioso. D’altronde, prendendo in prestito dall’economia aziendale la definizione di prodotto come “paniere di attributi”, non possiamo fare a meno di riconoscere che questo attributo aggiuntivo può solo apportare un vantaggio. Se, infatti, per la maggior parte degli investitori, questo è un fattore trascurabile, ci sarà una frazione di costoro per cui esso determina delle opportunità, ovvero aggiunge utilità all’investitore. Restando ancora in tema di paniere di attributi, perché non aggiungere il fattore educativo e quello prettamente ludico dell’attività di trading? Molti piccoli investitori, infatti, provano un senso di piacere e soddisfazione personale nel gestire personalmente il proprio portafoglio titoli e nell’operare frequentemente sul mercato, senza contare che questa attività si accompagna ad un processo di apprendimento delle leggi che regolano il mercato. Per questi attributi l’investitore potrebbe anche essere disposto a sostenere dei costi in termini di minori performance di lungo periodo. In conclusione, la strategia buy-and-hold resta quella più efficace nonché quella suggerita da tutti gli esperti, ma non si può trascurare che il “fattore exchange-traded” sia una delle determinanti del successo degli ETF e, quindi, una nuova opportunità per l’investitore, il quale ha la libertà di sfruttarla o meno, a sua discrezione. 3.3 Il Mercato degli ETF in Italia 3.3.1 Il Mercato Telematico dei Fondi Dal 2002 il mercato telematico azionario presenta al suo interno un seg9 Traduzione libera da Gastineau G.L. The Exchange Traded Funds Manual. Pag 252. 54 Guida agli ETF 2012 mento destinato esclusivamente ai fondi e, tra questi, agli Exchange Traded Funds. Il segmento in questione è il Mercato Telematico dei Fondi (MTF). E’ stato creato da Borsa Italiana S.p.A. nel luglio 2002, al fine di ospitare le quote dei fondi indicizzati, dei fondi chiusi, ma soprattutto per favorire l’introduzione del nuovo strumento finanziario, che è avvenuta il 30 settembre dello stesso anno: vengono introdotti in tale data cinque ETF, l’iShares Dj Stoxx 50, l’iShares Dj Euro Stoxx 50, il Dj Euro Stoxx 50 Master Unit, lo SPDR Euro e lo Europe 350. I primi due sono comparti di una Sicav irlandese (creati da BGI), il terzo un fondo di diritto francese, gestito dal gruppo Societè Gènèrale, mentre gli ultimi due sono lanciati dal Crèdit Lyonnais. Il Mercato Telematico dei Fondi è concepito come un mercato order driven, con sistema ad asta, diviso in due classi separate, con diversi criteri di negoziazione. La prima classe comprende gli OICR indicizzati, tra cui anche gli ETF, mentre nella seconda sono negoziati i fondi chiusi mobiliari e i fondi chiusi immobiliari. La classe 2, dei fondi chiusi, funziona con il meccanismo di “asta a chiamata” e, precisamente, prevede un’asta di apertura cui segue immediatamente quella di chiusura, senza una fase intermedia di negoziazione continua. All’opposto, la classe 1, in cui sono negoziati gli ETF, prevede il solo meccanismo di “negoziazione continua”, con proposte di negoziazione in acquisto e in vendita che si incontrano continuamente nell’intero arco della giornata di contrattazione, che va dalle 9,15 alle 17,25. I soggetti che possono negoziare in questo segmento sono gli stessi intermediari già abilitati alle negoziazioni sull’MTA, “senza alcun onere amministrativo o tecnologico aggiuntivo”. L’abilitazione a negoziare sull’MTF è automatica per tutti gli intermediari che già operino sull’MTA. La quota minima di negoziazione come già visto, è di una quota e sono previsti, inoltre, tick di negoziazione, ovvero variazioni minime di prezzo, di 0,01 euro per tutti gli ETF, con l’eccezione dell’ETF S&P/Mib, per il quale questo è fissato a 0,001 euro. Così come per tutti i titoli nel mercato azionario le proposte di negoziazione sono accoppiate quando prezzo in acquisto e prezzo in vendita coincidono. A parità di prezzo tra due PDN, ha la priorità nell’esecuzione quella che è stata immessa prima nel book di negoziazione (criterio di priorità temporale). L’MTF è caratterizzato dalla presenza obbligatoria nel mercato di uno Spe- Capitolo III - La struttura e i meccanismi degli ETF 55 cialist con l’obbligo di mantenere continuamente le quotazioni, al fine di garantire la liquidità del mercato in questione. In particolare lo specialist, detto anche primary market maker o market maker ufficiale, ha obblighi di quotazione in termini di spread massimo, il quale varia da un ETF all’altro; ulteriore obbligo riguarda la quantità minima che lo specialist deve necessariamente esporre. Oltre a questa figura, per ogni strumento negoziato, sono presenti più market makers non ufficiali, detti anche liquidity providers, e gli arbitraggisti. I primi non hanno alcun obbligo di quotazione, bensì incentivi da parte di Borsa Italiana se assicurano spread bid-ask minimi. Borsa Italiana può prevedere anche la presenza, in un mercato, di uno o più liquidity providers, per una maggiore garanzia di liquidità. I secondi, invece, operano sul mercato con fini di arbitraggio, aumentando così, ulteriormente, la liquidità dello strumento negoziato e diminuendo, quindi, lo spread. Praticamente, la liquidità sul mercato di ogni ETF non dipende assolutamente dai volumi scambiati, poiché i soggetti appena visti garantiscono liquidità in ogni momento, anche nel caso in cui, al limite, non ci sia nessuno scambio sul mercato. I regolamenti, comunque, prevedono che lo spread denaro-lettera non superi una soglia prefissata, solitamente intorno all’1% del valore delle quote, ma con alcune eccezioni: per l’ETF S&P/Mib Master Unit, ad esempio, questo non può superare lo 0,25%, mentre il limite è fissato all’1,5% per il Nasdaq-100 European Tracker (EQQQ). Gli spread reali, però, si attestano su valori molto inferiori al limite: da una recente analisi10 fatta sugli spread medi nell’ultimo anno, risulta che questi rientrano, per tutti gli ETF tranne due, in una fascia compresa tra lo 0,06% e lo 0,52%. Il regolamento di Borsa Italiana prevede ulteriori condizioni nella negoziazione degli ETF, analogamente a quanto accade per i normali titoli azionari. Sono previste, infatti, a garanzia del corretto svolgimento delle negoziazioni, alcune condizioni, in termini di variazioni massime consentite nell’arco di una giornata: 1) limite massimo di variazione delle proposte di negoziazione rispetto al prezzo di controllo; fissato al 10% del valore del titolo; 10 Fonte: Borsa Italiana S.p.A.. 56 Guida agli ETF 2012 2) limite massimo di variazione dei prezzi dei contratti rispetto al prezzo di controllo; originariamente fissato al 3,5%, ora aumentato al 5%. 3) limite massimo di variazione di prezzo tra due contratti consecutivi. Questo era fissato originariamente all’1,5% ed è stato ora aumentato al 2,5%. Il prezzo di controllo, a cui sono rapportati questi valori, varia nel corso della giornata e viene fissato calcolando la media ponderata dell’ultimo 10% delle quantità negoziate. Oltre al prezzo di controllo, al prezzo dell’ultimo contratto e ad altri valori pubblicati costantemente, che gli ETF hanno in comune con le azioni, per ognuno di essi viene pubblicato l’indicative Net Asset Value (iNAV), che, calcolato ogni momento in base all’andamento infragiornaliero dei prezzi delle singole azioni sottostanti, rappresenta una proiezione del NAV del fondo alla fine della giornata. Reuters e Bloomberg sono le due agenzie che si occupano del calcolo del valore dell’iNAV degli ETF all’interno della giornata. Il settlement e la liquidazione dei contratti, infine, avviene con valuta T+3 in maniera accentrata presso Monte Titoli, il depositario nazionale centrale per tutti gli strumenti finanziari di diritto italiano o comunque circolanti nel mercato italiano, avvalendosi del servizio di riscontro e rettifica giornalieri secondo la liquidazione a contante garantita (RRG-LCG), con il quale si raccolgono le informazioni necessarie alla liquidazione dei contratti e se ne verificano la correttezza e la completezza, prima di provvedere alla determinazione dei saldi in titoli e in contanti. Dopo due anni di vita e nonostante fosse uno dei mercati di ETF più giovani in Europa, l’MTF aveva già assunto una grande rilevanza all’interno del mercato europeo, giungendo ad essere il mercato più “attivo” del continente. Uno sguardo panoramico sui mercati europei degli ETF11, infatti, metteva in luce come il mercato italiano fosse quello con il maggior numero di contratti giornalieri conclusi. Abbiamo inoltre già visto, nel capitolo 1, come la crescita del numero dei contratti e dei volumi negoziati sia esponenziale, con un aumento costante del numero dei prodotti offerti. Fonte: rielaborazione di Borsa Italiana S.p.A. su dati Reuters. Mercati osservati: Euronext, Deutsche Boerse, London Stock Exchange, Swiss Exchange e Borsa Italiana. Il periodo di osservazione va dal 01/11/2004 al 15/11/2004, ma già nei periodi precedenti, l’MTF aveva confermato questi risultati. 11 Capitolo III - La struttura e i meccanismi degli ETF 57 Se si osserva attentamente tutti gli ETF negoziati sul mercato italiano, però, si può notare che nessuno di questi è un prodotto di diritto italiano. Tutti gli ETF negoziati in Italia, infatti, sono creati e diffusi da gruppi esteri come BGI o Merril Lynch e, soprattutto, sono assoggettati al diritto di paesi diversi dall’Italia (l’Irlanda, ad esempio, o la Francia), Stati in cui la legge fornisce alcuni vantaggi fiscali. Finanche l’ETF S&P/Mib, il primo a replicare un indice italiano, è un prodotto di diritto estero. Sono attesi, quindi, nuovi strumenti di diritto italiano sul mercato MTF, ma, probabilmente, bisognerà attendere ancora qualche anno perché questo avvenga. 3.3.2 Dopo l’MTF: L’Etf-Plus Il 2 aprile 2007 Borsa Italiana ha lanciato Etf-Plus, la nuova piattaforma dedicata esclusivamente alla negoziazione degli ETF, con lo scopo di accogliere in un unico ambiente le nuove strutture di Exchange Traded Funds nonché gli Exchange Traded Commodities (ETC), strumenti finanziari innovativi assimilabili agli ETF per funzionamento e modalità di negoziazione12. Etf-Plus rappresenta la naturale evoluzione del mercato, visto il sempre maggior peso assunto dagli ETF e la necessità di organizzare in un ambiente unico la crescente varietà di strumenti negoziati. Proprio a tale scopo il nuovo mercato è articolato in tre segmenti, che riflettono le tre diverse tipologie di ETF: il segmento a) è dedicato alla negoziazione degli ETF tradizionali; il segmento b) è riservato agli ETF strutturati; il segmento c) è dedicato infine alla negoziazione degli Exchange Traded Commodities. A loro volta i segmenti a) e b) sono divisi in due classi, così come evidenziato dalla tabella seguente. Tabella 2: struttura del mercato Etf-Plus di Borsa Italiana SEGMENTI CLASSI INTERNE a) OICR aperti indicizzati Classe 1: Etf obbligazionari (ETF) Classe 2: Etf azionari b) OICR aperti strutturati Classe 1: Etf strutturati senza effetto leva (ETF strutturati) Classe 2: Etf strutturati con effetto leva c) Exchange Traded Commodities (ETC) 12 Gli ETF strutturati e gli ETC saranno trattati in maniera approfondita nell’appendice A. 58 Guida agli ETF 2012 Nulla cambia rispetto alla vecchia piattaforma con riguardo alle modalità e agli orari di negoziazione, né per gli obblighi di quotazione continua e di bid-ask spread minimi previsti per i primary market maker. Il segmento MTF, che fino alla creazione della nuova piattaforma era stato sede delle negoziazioni degli ETF, in seguito ai cambiamenti appena enunciati non è stato soppresso, ma rimane dedicato alla negoziazione di quote di fondi chiusi e di azioni di Investment Companies. Capitolo IV Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF* Gabriele Candita Ciò che colpisce, a prima vista, analizzando il prospetto di un ETF, sono sicuramente le commissioni di gestione, che presentano valori molto bassi. Gli ETF più diffusi, infatti, hanno un costo annuo di gestione che non supera di molto i 10 punti base; anche i fondi più costosi raramente superano i 50-60 punti base. Uno degli scopi originari dei “creatori” degli ETF era, infatti, quello di creare un prodotto a basso costo, in grado di attrarre un gran numero di investitori. I risultati sono stati senza dubbio all’altezza delle aspettative. L’argomento che si affronterà in questo capitolo è l’esempio più esplicito della capacità degli ETF di proteggere gli investitori da spese non dovute al gestore. Come vedremo, infatti, essi garantiscono agli investitori passivi, quelli che acquistano quote del fondo per detenerle a lungo, una serie di vantaggi in termini di minori costi. D’altra parte, però, presentano anche dei costi aggiuntivi, che i normali fondi comuni non prevedono e che rappresentano quindi uno svantaggio relativo. A ben vedere, questi costi aggiuntivi sono imputabili ad una medesima causa, ovvero alla possibilità degli ETF di essere scambiati sul mercato secondario. Detti costi ineriscono alla negoziazione sui mercati finanziari dello strumento in parola: in altri termini, un investitore affronta tali costi esclusivamente in caso di acquisto o vendita delle quote di ETF, configurandoli, quindi, come costi di transazione veri e propri. I costi di cui si parla si possono dividere principalmente in tre componenti: le commissioni dei broker, dovute per ogni transazione effettuata sul mercato per loro tramite; lo spread denaro-lettera, ovvero la differenza tra i prezzi in acquisto e in vendita presenti nel book di negoziazione sul mercato secondario; il differenziale prezzo-NAV, cioè lo scostamento dei prezzi che si registra sul mercato dell’ETF rispetto al valore reale dei titoli del portafoglio sottostante le quote. * Tratto dal libro “Guida agli ETF 2008. Guida per l'investimento consapevole e globale con gli Exchange Traded Funds”, Editrice Le Fonti 2008. 62 Guida agli ETF 2012 Gli investitori che negoziano ETF, quindi, devono tener presente questi oneri ulteriori al momento di effettuare transazioni e devono valutare attentamente la convenienza di un trading frequente e di breve periodo, poiché l’opportunità di maggiore profitto da questa strategia può essere completamente annullata dai maggiori costi sostenuti. Un investitore, invece, che non abbia questa velleità, è favorito dall’efficienza interna di costo degli ETF, data dalla loro particolare struttura e dai loro meccanismi. Sono tre i fattori da cui scaturisce il vantaggio di costo degli ETF: la gestione passiva, la creation/redemption in-kind e l’eliminazione della gestione dell’account in capo al fondo. Questi fattori contribuiscono congiuntamente a mantenere i costi di gestione (e le relative commissioni richieste agli investitori) su livelli sorprendentemente bassi. Considerando tutti i fattori di costo degli ETF, si configura, quindi, un quadro generale in cui agli svantaggi costituiti dai costi di transazione, si contrappongono alcuni vantaggi, dati dagli elementi appena visti, in termini di minori costi di gestione. Per dare un’idea ancora più limpida della netta contrapposizione tra i due gruppi di fattori, daremo a tali costi una definizione più intuitiva: chiameremo, quindi, costi interni i costi di gestione sostenuti dal fondo e costi esterni i costi di transazione sopportati dall’investitore. In questo capitolo presenteremo, dunque, in primo luogo, i costi interni, analizzandone individualmente i fattori che ne favoriscono il contenimento. In seguito analizzeremo i fattori di costi esterni, spiegando in che modo e soprattutto in che misura essi influiscono nel determinare i costi di transazione in parola. A conclusione dell’argomento saranno analizzati alcuni dati empirici sui vantaggi e svantaggi di costo degli ETF rispetto ai fondi comuni tradizionali indicizzati, alla luce dei fattori analizzati. Allo scopo di un confronto più completo, si riconosce, inoltre, un costo di transazione ai fondi comuni tradizionali, in termini di costo opportunità, per il ritardo del pagamento in occasione della richiesta di riscatto. Infine, dopo aver analizzato in questo capitolo e nel precedente, sia l’efficienza fiscale che i fattori di costo insiti nella struttura dell’ETF, presenteremo un’analisi di convenienza relativa degli investimenti in ETF e in fondi indicizzati, considerando come macro-variabili i costi di gestione, i costi di transazione e, appunto, l’efficienza fiscale. Capitolo IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 63 4.1 I vantaggi nei costi di gestione 4.1.1 Gestione passiva Abbiamo già indicato altrove l’indicizzazione come fonte di efficienza di costo. Essa permette di contrarre i costi di gestione del fondo attraverso due fattori: il primo è, naturalmente, la gestione passiva che essa logicamente comporta. I fondi a gestione passiva, infatti, contrariamente a quanto accade per quelli a gestione attiva, sono regolati da semplici regole matematico-finanziarie predeterminate allo scopo di replicare fedelmente un indice prescelto. Conseguenza logica è che l’ETF, così come i fondi comuni indicizzati, evita i costi connessi alla retribuzione di manager esperti e riconosciuti, poiché l’attività del fondo si limita alla detenzione dei titoli costituenti l’indice e all’acquisto e vendita di questi, qualora, in caso di cambiamenti nella composizione dell’indice in questione, ciò sia funzionale alla sua replica da parte del fondo. Gli ETF, inoltre, evitano tutti i costi connessi all’assunzione di informazioni rilevanti da parte del fondo, ovvero di quelle informazioni ancora non presenti sul mercato e che possono avere un’influenza, positiva o negativa, sul prezzo delle azioni. Avere a disposizione una notizia che può influenzare il prezzo di un’azione, in anticipo rispetto alla totalità degli investitori, può essere un vantaggio fondamentale, ma l’acquisizione di tali informazioni in tempo utile per essere adeguatamente sfruttate non è assolutamente facile, vista la concorrenza di investitori istituzionali alla ricerca di informazioni “privilegiate”, e, oltretutto, la loro continua ricerca comporta dei costi notevoli. Costi che i fondi a gestione passiva, non avendo nessuna pretesa di battere il mercato, non hanno ragione di sostenere. Questo tema ritornerà più volte nel prossimo capitolo. La seconda causa dei minori costi nei fondi indicizzati è il basso turnover delle azioni in portafoglio. I fondi a gestione attiva, infatti, tendono ad avere un più alto turnover, poiché i manager di questi fondi tendono ad acquistare e a vendere frequentemente i titoli in portafoglio secondo particolari strategie di stock picking. I fondi a gestione passiva, invece, raramente vedono modificarsi il proprio paniere di titoli. Questo, come già detto, varia in conseguenza di una variazione dell’indice. A sua volta l’indice varia la sua composizione molto di rado. Essendo, infatti, basato anch’esso su precise regole, i cambiamenti avvengono solo nel caso in cui modificazioni delle dimensioni relative di alcune imprese impongano una sostituzione, o in caso di fusioni o acquisizioni. Il basso turnover che ne 64 Guida agli ETF 2012 deriva permette, infine, di contrarre in maniera sostanziale i costi di transazione. Economia di costi di gestione e diminuzione dei costi di transazione, quindi, sono le due componenti del minor costo associato al fattore indicizzazione. Per una trattazione più approfondita dell’argomento, comunque, si rinvia al prossimo capitolo, dedicato all’indicizzazione e alla gestione passiva. 4.1.2 Vantaggi di costo del meccanismo di creation e redemption in-kind Abbiamo già discusso ampiamente dei vantaggi di costo e della protezione fornita all’ongoing shareholder grazie al meccanismo di sottoscrizione e riscatto in natura. In questo modo, come già detto, il fondo evita i costi di transazione connessi all’acquisto di titoli per investire i risparmi affluenti da nuovi investitori e alla vendita di titoli per far fronte alle richieste di riscatto. Questi costi di transazione ricadrebbero sugli investitori passivi (gli ongoing shareholders, appunto), per cui evitandoli si garantisce la protezione di questi ultimi da costi non dovuti. Il meccanismo in questione fornisce, però, un ulteriore vantaggio di costo: permette, cioè, agli ETF di fare a meno di detenere una componente cash, come cuscinetto per le richieste di riscatto di quote, eliminando in tal modo il fenomeno conosciuto come cash drag. Si tratta, in questo caso, di un costo opportunità. I fondi tradizionali, infatti, mantengono un certo livello di denaro liquido per far fronte a una domanda netta di riscatto (ovvero a una situazione in cui le richieste di riscatto superino le richieste di sottoscrizione), in modo da evitare, fin quando possibile, di rivolgersi al mercato per vendere titoli alla ricerca di liquidità, operando, quindi, come un vero e proprio cuscinetto. Infatti, se le richieste di riscatto sono pari alle richieste di sottoscrizione, queste si compensano a vicenda, ovvero il gestore incrocia tali richieste. Nel momento in cui, invece, le richieste di riscatto sono superiori alle richieste di sottoscrizione, l’incontro delle due parti contrapposte non basta, materializzandosi, così, una richiesta netta di riscatto. Ogni qualvolta si verifica questa fattispecie il gestore dovrebbe vendere il numero di titoli necessario a compensare le quote da riscattare, andando incontro, così, ogni volta, ai costi di transazione connessi all’utilizzo del mercato. La componente liquida, permette, però, di riscattare un certo numero di quote senza rivolgersi al mercato ed è in ciò che si manifesta la funzione di cusci- Capitolo IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 65 netto: se, infatti, richieste nette di riscatto sono seguite da richieste nette di sottoscrizione, il fondo non deve vendere i titoli per poi ricomprarli a seguito delle nuove sottoscrizioni, ma si limita ad utilizzare le risorse liquide per riscattare le quote, salvo poi ricostituire tali risorse nel momento in cui si verificano sottoscrizioni nette. Si evitano, così, due volte i costi di transazione. La componente cash in questione, però, rimane inutilizzata, ovvero non viene investita in strumenti finanziari, perdendosi, così, l’opportunità di realizzare un rendimento positivo su una buona parte del patrimonio del fondo. Per gli ETF questo bisogno non si manifesta, proprio in virtù del meccanismo di sottoscrizione e riscatto in natura, poiché anche nel caso di una richiesta di riscatto, il fondo non effettua, comunque, nessuna transazione sul mercato e non si pone, quindi, il problema di evitare vendite di titoli. La componente che viene liberata dalla sua funzione di cuscinet-to, può essere così liberamente investita. Il vantaggio in questione risulta evidente soprattutto in situazioni di forte rialzo del mercato, in cui il costo opportunità di non investire una parte del patrimonio del fondo è molto elevato. 4.1.3 L’eliminazione della gestione dell’account in capo al fondo Il terzo fattore del vantaggio di costo è l’eliminazione della funzione di agenzia di trasferimento a livello del fondo. Gli ETF, infatti, a differenza dei fondi comuni, non gestiscono il conto degli investitori, né hanno l’incombenza di identificare i venditori delle quote in modo da creare una “traccia” della loro circolazione. Gli ETF in Italia hanno un unico shareholder registrato: Monte Titoli S.p.A. (negli Stati Uniti questo ruolo è ricoperto dalla Depository Trust Company). E’ questa che detiene, nella sua funzione di gestione accentrata dei titoli, i certificati delle quote di ETF. Gli intermediari registrati presso Monte Titoli, a loro volta, hanno la titolarità delle quote, la quale è infine girata agli investitori retail in qualità di clienti degli intermediari stessi. Nel percorso appena delineato, quindi, i fondi non rientrano in alcun modo, se non nel momento della creazione delle quote in parola. Il gestore di un ETF non deve, quindi, preoccuparsi di gestire i movimenti degli investitori, ma si occupa esclusivamente della gestione del patrimonio in proprio possesso. Materialmente, quindi, non ha l’incombenza di in- 66 Guida agli ETF 2012 viare mensilmente, così come fanno abitualmente i fondi comuni, l’aggiornamento relativo alla posizione di ogni cliente, evitando, così, le spese connesse. Il meccanismo della creation/redemption in-kind, inoltre, prevedendo lotti minimi molto alti, tende praticamente a porre la gestione del fondo in un ambiente isolato e statico, non “turbato” da continui movimenti in entrata e in uscita dal fondo, così come avviene invece per la maggior parte dei fondi comuni aperti. I costi di gestione del fondo diventano, perciò, più funzione dell’asset gestito che del numero di investitori che ne detengono le quote. E’ stato calcolato che il vantaggio fornito da questo fattore determina una diminuzione dei costi di gestione di almeno cinque basis point e, probabilmente, nella maggior parte dei casi, anche molto di più1. 4.2 Gli svantaggi. I costi di transazione per l’investitore 4.2.1 Le commissioni dei broker Un individuo che voglia effettuare un investimento in quote di ETF deve necessariamente confrontarsi con i costi di transazione che tale investimento implica e fare una considerazione di convenienza relativa in un confronto dei costi di fondi comuni tradizionali. La maggior parte di questi ultimi presenta delle commissioni di ingresso (fisse o in percentuale della somma investita) e delle commissioni d’uscita (per il motivo già analizzato2). Alcuni fondi, però, non presentano commissioni di negoziazione di nessun genere, né per l’entrata, né per l’uscita: sono i cosiddetti no-load funds. E’ in confronto a questi che va valutato lo svantaggio relativo, in termini di costi di transazione per l’investitore retail, degli ETF. Ricordiamo, però, a tal proposito, che neanche questi ultimi, seguendo quanto riportato nelle schede dei diversi ETF, prevedono commissioni di entrata e di uscita per il retail, anche se, in realtà, tali commissioni sono pagate al fondo dagli intermediari autorizzati, sotto forma di spese fisse, al momento della sottoscrizione o del riscatto, allo scopo di coprire i costi sostenuti dal fondo per mettere in piedi il processo di scambio in natura. L’investitore individuale, comunque non paga al fondo alcuna commissione. Paga, invece, costi di transazione più o meno espliciti. 1 2 Vedi Gastineau, Gary L., testo cit., pag. 43. Si veda cap. 3, creation/redemption in-kind, motivazioni alla base del meccanismo. Capitolo IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 67 Il primo fattore di tali costi è la commissione richiesta dal broker per negoziare le quote sul mercato secondario per conto del proprio cliente. Solitamente tali commissioni sono le stesse di quelle richieste per la negoziazione di titoli azionari. Queste possono essere quote fisse da pagare per ogni transazione, a prescindere dal volume e dal valore in euro delle quote negoziate, oppure possono consistere in una percentuale del valore di queste o, ancora, in una quota fissa per ogni azione negoziata (ad esempio, 2 centesimi di euro per ogni azione). Alcuni broker prevedono una commissione, per così dire, a scaglioni: applicano, cioè, fino ad un certo valore, una commissione fissa e oltre tale valore, una percentuale di questo. Le commissioni applicate variano da alcuni euro ad alcune decine di euro, a seconda del tipo di broker e del volume delle negoziazioni. La scelta del broker dipende dalle esigenze dell’investitore: se questi vuole assegnare al broker funzioni aggiuntive oltre a quella di negoziazione, come ad esempio la funzione di consulenza, dev’essere natural-mente, disposto a pagare di più per i suoi servizi; se, invece, egli non ha tali esigenze può rivolgersi ai cosiddetti discount broker, che forniscono il solo servizio di negoziazione titoli a costi contenuti. Tra questi, negli ultimi tempi, hanno fatto capolino i broker online, che si distinguono per le commissioni minime applicate. Ad ogni modo, gli investitori si trovano ad affrontare una spesa aggiuntiva per l’acquisto e per la vendita delle quote, spesa che va in diminuzione del rendimento totale che essi possono trarre dell’investimento e che, comunque, nel migliore dei casi, ammonta ad alcune decine di punti base fino a raggiungere anche alcuni punti percentuali per transazioni di piccolo importo. 4.2.2 Lo spread denaro-lettera. Un secondo fattore di costo può essere considerato lo spread denaro-lettera o bid-ask spread. Si tratta, in questo caso, di un costo implicito, perché esso non è esplicitamente previsto né viene materialmente pagato dall’investitore, ma rappresenta comunque un costo, in quanto chi acquista o vende quote di ETF, così come per le azioni, non riesce a spuntare per il titolo un prezzo uguale al valore reale, ma acquista a un prezzo superiore e vende a un prezzo inferiore. Il costo che si materializza non è altro che l’entità di questo scarto dal prezzo reale. Guida agli ETF 2012 68 Ma da cosa deriva lo spread denaro-lettera e cosa può materialmente influenzarlo? La variabile principale è senza dubbio la liquidità. Quanto maggiore è la liquidità di uno strumento tanto minore risulterà lo spread in questione e, inoltre, sarà minore la possibilità di un “vuoto” tra domanda e offerta nel book di negoziazione. La liquidità fornita dal mercato è a sua volta dipendente da due variabili: lo spessore e l’ampiezza. Il primo sussiste quando ci sono ordini di acquisto o di vendita con prezzi molto vicini al prezzo di mercato, ovvero al prezzo a cui si effettuano le transazioni in un dato istante. Si dice, invece che il mercato è ampio quando gli ordini, oltre a essere molto vicini al prezzo negoziato, sono anche di importo consistente3. Figura 4: le variabili che influenzano il bid-ask spread Per chiarire il concetto si confrontino i due book di negoziazione qui di seguito: Tabella 5: book di negoziazione “spesso e ampio” 3 Quantità DENARO LETTERA 1500 2,51 2,52 Quantità 1400 2600 2,50 2,53 2400 1700 2,49 2,54 1800 1000 2,48 2,55 1350 1220 2,47 2,56 1200 1050 2,46 2,57 990 950 2,45 2,58 980 700 2,44 2,59 650 380 2,43 2,60 280 Si veda Banfi A., I mercati e gli strumenti finanziari, pagg. 11-12. Capitolo IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 69 Tabella 6: book di negoziazione mancante dei requisiti di spessore e ampiezza Quantità DENARO LETTERA Quantità 500 2,51 2,52 100 250 2,45 2,58 25 300 2,42 2,65 400 650 2,36 2,73 2800 Il primo (tabella 5) è caratterizzato da spessore e ampiezza: le proposte di negoziazione, infatti, si distribuiscono tutti su valori molto prossimi al valore di mercato e la quantità di ogni ordine è consistente. Ipotizziamo, in questa situazione, un acquisto con l’opzione “esegui comunque” di 3000 quote. A transazione avvenuta, il book presenterà ancora proposte di negoziazione al prezzo di 2,53, molto vicino al prezzo reale dei titoli e lo spread, senza considerare ulteriori immissioni di proposte, si mantiene comunque minimo. Consideriamo, ora il secondo book di negoziazione (tabella 6). Qui i requisiti di spessore è ampiezza sono assenti: gli ordini si collocano a prezzi molto distanti dal prezzo di mercato. Di conseguenza si creano i presupposti per il verificarsi di un “buco” tra domanda e offerta. Se, ad esempio, lo stesso acquisto ipotizzato in precedenza, fosse effettuato in tale contesto, il nuovo book di negoziazione esporrebbe, sul versante dell’offerta, proposte di negoziazione al prezzo di 2,73, molto distante dal reale prezzo del titolo. La situazione di illiquidità appena illustrata porterebbe, quindi, l’investitore a pagare un costo molto grande in termini di bid-ask spread, ovvero, nella fattispecie, per chi acquista, un maggior prezzo spuntato rispetto al valore del titolo. Finora abbiamo parlato di valore o di prezzo reale del titolo. Si intende, con ciò, il valore che domanda e offerta assegnano implicitamente al titolo stesso. Questo valore, naturalmente, è compreso tra il miglior prezzo in acquisto e il miglior prezzo in vendita e può essere differente dal prezzo di mercato, fissato dall’ultima transazione avvenuta. Il costo implicito nello spread denaro-lettera, quindi, è uguale alla differenza in valore assoluto (poiché in caso di vendita essa è negativa) del prezzo spuntato dal prezzo reale del titolo. Non conoscendo con certezza tale valore, si può supporre, ragionevolmente, che esso assuma una posizione equi- 70 Guida agli ETF 2012 distante dai migliori prezzi bid e ask. Il costo in parola, quindi, può essere supposto uguale alla metà dello spread denaro-lettera. Tornando alla questione della liquidità, è importante sottolineare la particolare attenzione dedicata dagli organismi regolatori del mercato all’aspetto in questione. Come abbiamo già detto, infatti, il mercato degli ETF prevede sempre, obbligatoriamente, per ogni prodotto scambiato, un intermediario con la funzione di market maker primario e, possibilmente, uno o più market maker secondari (detti anche, non a caso, liquidity provider), allo scopo di garantire in ogni momento adeguata liquidità allo strumento. Questi intermediari espongono continuativamente proposte di acquisto e di vendita con uno spread che non può superare alcuni limiti tassativi imposti dal regolatore. Borsa Italiana S.p.A. ha imposto, come già accennato, per tutti gli ETF negoziati in Italia, uno spread massimo dell’1% del valore delle quote, ad eccezione dello S&P/Mib Master Unit, per cui questo è fissato allo 0,25%, e dell’EQQQ Nasdaq 100, per cui è previsto, invece, uno spread massimo dell’1,5%. Limiti inferiori all’1% sono previsti anche per alcuni ETF obbligazionari. Se lo spread massimo è un limite da non superare, non è detto, però, che gli spread effettivi debbano avvicinarsi a questa soglia. In effetti, gli spread delle proposte immesse dai market maker sono solitamente inferiori alla soglia massima e ciò è dovuto in buona parte alla concorrenza tra questi, per cui lo spread si attesta su un valore che trovi d’accordo la maggior parte degli intermediari attivi in un mercato e che, dato il volume di scambi in quel mercato, permetta, naturalmente, agli intermediari di trarne profitto. Gli investitori retail, inoltre, hanno la possibilità di immettere sul mercato proposte di negoziazione che si inseriscano tra i due valori offerti dai market maker. In questo modo, piccoli ordini possono incontrarsi anche all’interno dello “spread istituzionale”. Una semplice formula è stata concepita per ricavare approssimativamente lo spread effettivo, conoscendo lo spread garantito dai market maker (Sg) e la percentuale di retail che negoziano entro lo spread (R)4. La formula è riportata qui di seguito: Spread effettivo (Se) = Sg * ( 1 – R ) 4 Si veda: Zigler Brad. ETFs Finish In First Place. Paper reperibile sul sito http://financialplanning.com. Capitolo IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 71 Semplicemente, lo spread garantito dai market maker è moltiplicato per la percentuale di investitori che non negoziano entro tale spread. Questa percentuale è stata calcolata e si attesta intorno al 52,5% (R = 47,5%). Tenendo fermo questo valore, quindi, lo spread effettivo può essere calcolato semplicemente moltiplicando Sg per 0,525. Con questo metodo sono stati misurati i valori dello spread di alcuni ETF presenti sul mercato americano. I valori sono riportati nella tabella che segue: Tabella 7: Bid-asked spread su alcuni ETF negoziati in U.S.A Spread bid-ask “effettivo” Standard & Poor 500 0,04% S&P MidCap 400 0,12% Russell 2000 0,26% S&P 500/Barra Value 0,10% S&P SmallCap 600/Barra Value 0,07% S&P 500/Barra Growth 0,08% S&P SmallCap 600/Barra Growth 0,15% Media 0,12% Fonte: Bloomberg Come si può notare, i valori sono molto bassi e il costo che ne deriva è minimo, risultando nella metà dello spread in questione, ma resta comunque una componente di costo da non trascurare completamente. In Italia, i valori di cui si parla sono leggermente più alti, ma anche qui essi raramente superano il mezzo punto percentuale. La crescita dei volumi negoziati e l’espansione del mercato degli ETF porterà, probabilmente, anche l’Italia a raggiungere livelli dello spread denaro-lettera analoghi a quelli registrati nei mercati statunitensi. 4.2.3 Differenziale prezzo-NAV Un’ulteriore fonte di costi “esterni” è dato dalla differenza tra il prezzo d’acquisto della quota sul mercato e il valore netto del portafoglio, o Net Asset Value. Come il bid-asked spread, è anch’esso un costo implicito, ma in questo caso si tratta anche di un costo potenziale. La formazione dei prezzi sul mercato, infatti, dipende in gran parte dalla dinamica della domanda e dell’offerta e, a seconda del prevalere di una o dell’altra, il prezzo può 72 Guida agli ETF 2012 variare verso il basso o verso l’alto. Una quota di ETF può essere, quindi, negoziata sul mercato a prezzi discosti dal NAV, sia per eccesso che per difetto5. Tale scostamento può influenzare un investitore in due modi, ovvero può risultare in un’op-portunità o in un costo. In particolare, se egli acquista, avrà un vantaggio nel caso in cui il prezzo è minore del NAV (discount price), perché pagherà le quote meno di quanto valgono realmente, mentre pagherà un costo nel caso contrario. Se vende, avrà un’opportunità di maggior profitto se il titolo quota a un premium price, ovvero se il prezzo è maggiore del NAV e, viceversa, invece, dovrà sopportare un costo. Il problema, quindi, non si pone nel caso in cui il differenziale favorisca l’investitore. La questione importante, invece, è che nel momento dell’acquisto o della vendita, nel caso in cui il differenziale in parola sfavorisca l’investitore, questi può trovarsi a pagare inconsapevolmente un costo implicito, il quale, di conseguenza, influisce negativamente sul ritorno atteso dal titolo. Un investitore individuale, infatti, a differenza dei grandi investitori, non ha né il tempo né una reale convenienza a seguire costantemente il valore dei titoli componenti il basket del fondo per riscontrare eventuali scostamenti, al fine di evitare l’acquisto o la vendita in situazioni svantaggiose. A ben vedere, però, tale problema, per gli ETF, è sopravvalutato. Il differenziale tra il prezzo di mercato e il NAV, infatti, è solitamente molto contenuto e, inoltre, grazie ad un processo di arbitraggio, che sfrutta il meccanismo, più volte citato, della creation/redemption in-kind, questo si risolve in uno scostamento di breve durata. Per quanto riguarda l’entità di tale scostamento, un’analisi effettuata sugli Spider6, mostra, ad esempio, che il differenziale in questione è, per l’82% circa delle osservazioni, contenuto in 15 centesimi di dollaro, sia in eccesso che in difetto, e, in termini percentuali sul valore delle quote, (per circa l’87% delle osservazioni) questo non supera una differenza di 25 pun5 Diverso è il problema di prezzi dell’ETF con indici internazionali (come ad esempio la serie degli iShares) che si discostano dal NAV dei titoli in portafoglio, nel momento in cui le borse dei titoli sottostanti sono già chiuse, mentre il mercato in cui è negoziato l’ETF è ancora aperto. In questo caso, il prezzo che si forma per gli ETF può essere considerato una proiezione dei prezzi d’apertura del giorno successivo nel mercato dei titoli sottostanti. Ad ogni modo, in tal caso non si può materialmente parlare di scostamento prezzo-NAV. 6 Elton E.J. et al., Spiders: Where are the bugs, tavola 4. Capitolo IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 73 ti base, sia positiva che negativa. La differenza percentuale media, invece, si attesta sullo 0,18%. Inoltre, il processo di arbitraggio, messo in piedi dagli intermediari, tende ad annullare immediatamente tale scostamento. Il processo in questione può realizzarsi grazie alla possibilità di sottoscrivere o riscattare le quote, in creation unit, al Net Asset Value. Gli intermediari autorizzati hanno, infatti, la possibilità di sfruttare il differenziale prezzo-NAV per ricavarne un profitto. Se, infatti, il prezzo di mercato delle quote è più elevato del NAV, ovvero del valore dei titoli in portafoglio, questi possono raccogliere i titoli necessari e sottoscrivere quote di ETF, per poi rivendere queste ultime sul mercato, ricavandone un margine. All’opposto, se il prezzo di mercato è minore del valore del portafoglio, questi hanno l’opportunità di acquistare le quote sul mercato per costituire i lotti minimi necessari per il riscatto in natura, che verrà poi effettuato al NAV, più alto del prezzo di mercato, generando così un profitto con la conseguente vendita dei titoli del basket. L’arbitraggio in parola provoca, come conseguenza, il riallineamento dei prezzi degli ETF al loro NAV, ovvero ai prezzi dei titoli del portafoglio sottostante. Operando, infatti, su entrambi i fronti, gli intermediari fanno da tramite tra il mercato degli ETF e il mercato dei titoli in portafoglio, determinando pressioni opposte sui prezzi. Nel caso in cui le quote siano quotate a sconto rispetto al NAV, infatti, l’arbitraggio comporta un aumento della domanda sul mercato degli ETF e un aumento contestuale dell’offerta nel mercato dei titoli componenti il basket, con le conseguenze note sui prezzi dei titoli. Nel caso di quotazione a premio delle quote si verifica la situazione opposta, ma l’effetto dell’arbitraggio sui prezzi relativi di quote e azioni resta invariato. Il meccanismo descritto è rappresentato nella figura 5. Il riaggiustamento dei prezzi, in seguito al processo di arbitraggio, non dura, solitamente, più di un minuto. In considerazione di quanto detto sinora, si può affermare con ragione che “large deviations from value […] are relatively rare and very short lived”7. Nonostante tutto ciò, però, è stato riscontrato che gli ETF presentano, in media, un leggero sconto rispetto al NAV. Nella tabella 8 sono rappresentati i valori del premio/sconto dei prezzi di alcuni ETF americani rispetto al loro valore. 7 Curcio R.J., Cubes and the individual investor. Financial service review. Guida agli ETF 2012 74 Figura 5: Processo di arbitraggio e aggiustamento dei prezzi Tabella 8: premio/sconto effettivo su alcuni ETF negoziati in U.S.A Premium/discount Standard & Poor 500 -0,04% S&P MidCap 400 -0,07% Russell 2000 -0,07% S&P 500/Barra Value 0,00% S&P SmallCap 600/Barra Value -0,03% S&P 500/Barra Growth -0,03% S&P SmallCap 600/Barra Growth -0,02% Media -0,04% Fonte: Bloomberg Per il calcolo del differenziale è stato preso come prezzo di riferimento il punto medio dell’ultimo bid-ask spread quotato sul mercato, in modo da eliminare dal calcolo questo fattore. Lo sconto che risulta per i titoli analizzati è nullo solo per uno di essi, mentre per gli altri va da un minimo di 0,02% a un massimo di 0,07%, per una media di 4 punti base di sconto per tutti i titoli studiati. Un valore, quindi, non molto elevato, ma che si aggiunge ai fattori di costo visti in precedenza, nella determinazione di un costo totale di transazione che non deve assolutamente essere trascurato, soprattutto da chi acquista e vende frequentemente sul mercato. Capitolo IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 75 Specialmente questo gruppo di investitori, infatti, subirà una riduzione dei rendimenti, tanto più ampia quanto più è elevata la propensione ad operare sul mercato e, salvo che questa strategia non porti a rendimenti nettamente superiori, cosa che raramente accade, registrerà una sottoperformance sostanziale rispetto agli investitori che detengono le quote per lungo tempo. In ultima analisi, alla luce dei costi appena analizzati, la strategia di trading attivo su ETF riduce, a volte anche fino ad annullarli, tutti i vantaggi di costo garantiti dallo strumento8. 4.3 Un quadro sinottico A conclusione dell’argomento, riportiamo i valori dei costi di gestione e dei costi esterni degli ETF in confronto ai diretti concorrenti, riportati nello studio in precedenza citato9, su alcuni strumenti statunitensi. Si veda, a tal proposito, la tabella 9. Tabella 9: quadro sinottico dei costi di alcuni ETF e mutual fund indicizzati Total Expense Ratio ETF Costi Costi esterni ETF mutual fund MF Somma dei costi Delay Standard & Poor 500 0,09% 0,18% 0,08% 0,19% S&P MidCap 400 0,20% 0,25% 0,19% 0,27% Russell 2000 0,20% 0,27% 0,33% 0,36% S&P 500/Barra Value 0,18% 0,22% 0,10% 0,15% S&P SmallCap 600/ 0,25% 0,27% 0,10% 0,17% Barra Value S&P 500/Barra Growth 0,18% 0,22% 0,11% 0,31% S&P SmallCap 600/Barra Growth 0,25% 0,27% 0,17% 0,34% Media 0,19% 0,24% 0,16% 0,26% Fonte: Bloomberg NOTE: 1. La voce “Costi esterni ETF” è la somma dei valori del bid-ask spread e del premio/sconto, riportati in precedenza, presi in valore assoluto. 2. Per il calcolo del “Delay”, il valore del fattore di avversione al rischio, lambda, posto a 10, è moltiplicato per la varianza dei rendimenti dei singoli strumenti. 8 L’analisi riportata alla fine del capitolo può dare un’idea del contributo del trading attivo ai costi totali degli ETF. 9 Si veda nota 1. 76 Guida agli ETF 2012 Al fine di ottenere un quadro completo dei costi totali di ETF e fondi comuni tradizionali, nello studio in questione viene rilevata un’ulteriore componente di costo per questi ultimi (riportata come “delay” nella tabella). Si tratta, più specificamente, di un costo opportunità. Esso è dato dalla circostanza che un investitore di un fondo comune deve attendere la fine della giornata di contrattazione per l’esecuzione degli ordini, perdendo così un’opportunità di profitto data dalle variazioni intraday del mercato. Più precisamente, tali variazioni potrebbero comportare per l’investitore sia una perdita che un profitto. La misura della perdita, in termini di costo opportunità, dipende dalla volatilità del mercato, nonché dalla propensione al rischio dell’investitore. Dalla stima di questi sono stati ricavati i valori riportati. A una prima osservazione gli ETF sembrano avere un vantaggio in termini di costo rispetto ai fondi comuni tradizionali. Dal punto di vista dei costi interni, il vantaggio di costo sembra essere innegabile e indiscutibile, confermando la validità degli strumenti di gestione sopra descritti. Anche il confronto tra i costi esterni sopra evidenziati sembra assegnare un vantaggio di costo agli ETF, di 10 punti base. Se, però, il confronto tra i costi di gestione non dà adito a dubbi circa la superiorità degli strumenti in questione, per i costi di transazione il discorso è più complesso. Se si presta attenzione, infatti, al metodo di formazione dei valori sopra rappresentati, si deve considerare per il delay, indicato come costo dei fondi comuni, che tali valori dipendono in gran parte dalla propensione al rischio, per cui il costo in parola può variare da investitore a investitore ed è, al limite, nullo per un investitore neutrale al rischio. Inoltre, aspetto ben più importante, nell’analisi non sono stati considerati né i costi associati al necessario utilizzo degli intermediari per le transazioni di ETF, né eventuali commissioni di entrata o di uscita da parte dei fondi comuni tradizionali. Tenuto conto, però, che tra i mutual funds vi sono anche fondi che non applicano alcuna commissione (i cosiddetti no-load funds) e ritenendo opportuno considerare questi come termine di paragone, l’aspetto appena rimarcato va a tutto svantaggio degli ETF. I costi dei broker possono variare anche di molto, come detto, a seconda del tipo di servizio e delle dimensioni dell’investimento, per cui non è possibile effettuare una stima puntuale dello svantaggio dato da tale fattore. Ciò che si può affermare con certezza è che le commissioni pagate agli intermediari incidono ben più di quei 10 punti base di differenza evidenziati sopra. Capitolo IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 77 Per cui, aggiungendo, nel confronto, quest’ultimo elemento come fattore gravante sugli ETF, il quadro che ne scaturisce è ampiamente favorevole ai fondi comuni. In conclusione, possiamo affermare che, se i costi di gestione vedono un vantaggio sostanziale degli ETF nei confronti degli index mutual funds, i costi di transazione vedono nettamente prevalere i secondi, non essendo questi gravati dai costi connessi con la negoziazione sul mercato, costi che, invece, chi investe in ETF deve sopportare. Sinteticamente, quindi, possiamo concludere che gli ETF possono dare un certo vantaggio rispetto ai fondi comuni se acquistati una volta e detenuti per molti anni, mentre il rapporto è totalmente rovesciato se questi sono oggetto di continue transazioni. Qual è, però, il “punto di pareggio”, in termini di tempo, ammontare investito, numero di transazioni, per l’investitore? ovvero: dopo quanto tempo, oltre quale ammontare ed entro quale numero di transazioni, i rapporti di convenienza tra ETF e mutual fund sono ribaltati a favore dei primi? Nel paragrafo che segue si cercherà di dare una risposta a queste domande. 4.4 Uno studio analitico a supporto della scelta: ETF o mutual funds? A corollario delle argomentazioni esposte in questo e nel precedente capitolo, qui di seguito è presentato uno studio analitico della convenienza relativa di ETF e fondi comuni tradizionali10, che tiene conto di diverse variabili, tutte però ricollegabili a tre variabili principali: i costi di gestione, l’efficienza fiscale e i costi di transazione per gli investitori. I primi due, come visto, favoriscono gli ETF in quanto più efficienti sia dal punto di vista fiscale che dal punto di vista dei costi interni; la terza voce, invece, sfavorisce gli ETF, i quali presentano costi di transazione estranei ai fondi comuni. 4.4.1 Analisi uniperiodale Il presupposto di partenza è che un investitore basi le proprie scelte sull’aspettativa di rendimento finale dell’investimento, il quale è a sua volta influenzato da molti fattori. Kostovetsky, L., Index Mutual Funds and Exchange-Traded Funds. Journal of Portfolio Management. I dati sono stati riadattati alla luce di alcune differenti condizioni del contesto italiano... 10 78 Guida agli ETF 2012 Ipotizziamo un investitore che voglia effettuare una serie di N acquisti di quote di fondi ai prezzi P0, P1, …, Pn. Egli paga per ogni acquisto una commissione fissa C. Le spese di transazione totali per l’investitore sono quindi uguali a C*N. Alla fine del periodo t le quote presentano un capital gain k e distribuiscono, inoltre, un dividendo d, per cui, il valore pre-imposte è il seguente: (1) VFai = (I – CN)(1 + k + d) ovvero, l’investimento netto, aumentato del capital gain ottenuto e dei dividendi distribuiti. Si noti che k e d sono espressi non come valore in euro ma come percentuali dell’investimento netto. L’investitore pagherà, però, le imposte sul capital gain e sui dividendi distribuiti dal fondo. Per le prime è utile conoscere la frazione di capital gain che viene distribuita. La variabile ␣ rappresenta questa grandezza. Le tasse sui capital gain, quindi, hanno il seguente valore: (2) ⌻k = ␣ [(I – CN) k] k dove k indica l’aliquota fiscale per i capital gain. Le tasse sui dividendi, invece, sono calcolate nel modo seguente: (3) Td = [(I – CN) d] d dove d indica l’aliquota fiscale per i dividendi. Sottraendo all’equazione (1), la (2) e la (3), si ottiene il valore dell’investimento dopo le tasse e prima delle spese di gestione: (4) VFl = (I – CN)(1 + k + d) - · [(I – CN) k] k - [(I – CN) d] d A questo valore, infine, vengono applicate le commissioni di gestione del fondo (e), espresse anch’esse in valore percentuale. L’equazione completa risulta la seguente: (5) VF = (1 – e)(I – CN)(1 + k + d) - · [(I – CN) k] k - [(I – CN) d] d Capitolo IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 79 e raccogliendo il fattore (I – CN): (6) VF = (1 – e)(I – CN)[ 1 + k (1 - ·k) + d (1- d)] Prima di procedere è utile soffermarsi su alcune assunzioni alla base della formula, che servono ad interpretarne correttamente i risultati. Innanzitutto, si assume che tutti i dividendi e i capital gain distribuiti siano reinvestiti. Se l’investitore vendesse tutte le sue quote dovrebbe pagare immediatamente le tasse relative al capital gain, e ciò eliminerebbe tutti i vantaggi dati dal suo differimento. Secondo, si assume che i dividendi siano una percentuale dell’investimento iniziale e non del suo valore finale. E’ un’assunzione irrilevante per l’analisi ed è scelta per pura semplicità di calcolo. Terzo, si assume che C sia fisso e indipendente dal volume delle quote scambiate. Ciò non è proprio vero, soprattutto se si pensa agli ETF poco liquidi in cui il bid-ask spread per grandi volumi è piuttosto ampio. Si assume, di conseguenza, che l’analisi discuta solo gli ETF più liquidi, come ad esempio gli SPIDERs o i QQQs, in cui l’assunzione fatta approssima abbastanza bene la realtà. La variabile C, quindi, ingloba solo le commissioni dei broker, trascurando i costi per il bid-ask spread. Infine, si assume che N non sia correlato con k. In realtà il numero di transazioni effettuate può avere degli effetti non prevedibili sui guadagni realizzati, attraverso la successione dei prezzi delle quote acquistate. Considerando, però, che gli effetti in parola sono uguali per entrambi i tipi di fondo analizzati e che quindi tale assunzione non influisce particolarmente sul risultato dell’analisi, questa può essere accettata nel confronto. Passando all’equazione di scelta, la (6) può essere utilizzata sia per i fondi comuni che per gli ETF, semplicemente facendo alcune congetture per ognuno dei due. In base a valori osservati e stimati, infatti, alcuni valori cambiano nel confronto tra i due prodotti. In particolare, sono tre le variabili che differenziano fondi comuni ed ETF: 1. le commissioni di gestione (e), che rappresentano l’efficienza di costo. In questo fattore può essere compreso anche il tracking error come fonte di costo. 2. i costi di transazione (C), in cui si manifesta lo svantaggio degli ETF. 3. il tasso di capital gain distribuito (␣), che rappresenta l’efficienza fiscale. 80 Guida agli ETF 2012 Useremo, per queste variabili, la dicitura i (pedice) per i fondi comuni indicizzati e la dicitura e (pedice) per gli ETF. L’equazione di scelta, quindi, non è altro che il confronto tra i valori finali dell’investimento in entrambi gli strumenti: (7)VFi – VFe = (1 – ei)(I – CiN)[ 1 + k (1 – ␣i k) + d (1 - d)] + - (1 – ee)(I – CeN)[ 1 + k (1 – ␣ek) + d (1 - d)] ovvero, essa è la differenza tra il valore finale dell’investimento in fondi comuni e il valore finale dell’investimento in ETF. Quando tale differenza è positiva, la scelta ricade sui fondi indicizzati. Viceversa, quando il risultato è negativo la preferenza va agli ETF. Cosa succede, dunque, se, a parità di altre condizioni, varia l’ammontare investito, I? A tal fine, si sono definiti i valori degli altri fattori, che di seguito sono riportati: N = 12 (si ipotizzano 12 investimenti mensili per il periodo di un anno) ei = 0,25% (comprende oltre alle commissioni di gestione, anche il tracking error) e⑀ = 0,14% (comprende oltre alle commissioni di gestione, anche il tracking error) ␣i = 0,2 (da dati storici sulle distribuzioni da parte di index funds) ␣⑀ = 0 (da considerazioni fatte sugli ETF: essi, quasi mai distribuiscono capital gain) k = 12,5% (aliquota imposte sul capital gain, in ipotesi di risparmio amministrato) d = 12,5% (aliquota imposte sui dividendi, in ipotesi di risparmio amministrato) Ci = 0 (i fondi comuni non hanno costi di transazione) C⑀ = 10€ (media delle commissioni richieste dai broker, con riferimento ai discount broker) k = 8% (da dati storici sui capital gain degli indici) d = 2% (da recenti dati storici su dividendi delle azioni degli indici) Riportando tali valori nell’equazione di scelta e procedendo poi per tentativi, si ricava un valore di 41.070 euro. Con tale somma, cioè, è indifferente investire in ETF o in fondi comuni indicizzati. La prima considerazione che si può fare è che la somma è piuttosto alta Capitolo IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 81 per un investitore retail (ricordiamo che abbiamo assunto un investimento annuale). Tale risultato, però, non è molto indicativo, dipendendo molto dai valori scelti per le altre variabili. Più importante è notare che la derivata prima è negativa e costante (-0,003205), il che significa che la performance relativa degli ETF migliora di 3,205 euro ogni 1000 euro di investimento aggiuntivo. Vediamo ora come cambia il risultato appena visto, quando cambiano le condizioni sottostanti, ovvero quando si modificano i valori delle altre variabili. Nella tabella seguente sono raffigurati i valori dell’investimento (I) che rendono nulla l’equazione di scelta, quando variano il tasso di distribuzione di capital gain e l’expense ratio dei fondi indicizzati, i costi di transazione degli ETF, il numero di acquisti mensili e l’aliquota dell’imposta sui capital gain. Dall’analisi della tabella, alcuni risultati sono come ci si potrebbe logicamente attendere: aumentando il valore di ␣i, di ei e di k, l’investimento minimo richiesto diminuisce, poiché aumentano i vantaggi relativi degli ETF, sia in valore assoluto che marginale (la derivata prima, in valore assoluto, aumenta gradualmente). In tutti e cinque i casi, inoltre, la derivata prima è negativa, il che significa che aumenti ulteriori dell’importo investito comportano sempre un beneficio per gli ETF. Ci sono anche alcune implicazioni un po’ meno ovvie. Ad esempio, l’aumento di N e Ce comporta un aumento dell’importo richiesto nel punto di pareggio, ma per entrambi non ha alcun effetto marginale (la derivata prima rimane costante). La conclusione che si trae, comunque, dall’analisi appena effettuata, è che, eccezion fatta per alcuni casi che raramente si verificano (ad esempio, commissioni dei fondi indice uguali all’1%), in questo caso l’investimento in ETF non è conveniente per i retail. I costi di transazione, per cifre relativamente modeste, incidono talmente tanto sul risultato finale, da più che compensare i vantaggi di costo e fiscali garantiti dagli ETF. Risulta, quindi, che un piccolo investitore che voglia investire per un breve periodo di tempo non ha alcun motivo economicamente valido per scegliere gli ETF. Naturalmente tale ordine di scelta può essere invertito se invece di considerare un solo periodo (ad esempio l’anno) si considera un arco di tempo più ampio, in cui i vantaggi di costo e fiscali hanno una incidenza maggiore sul risultato. 108938 -1,208 I derivata*1000 k=0% derivata*1000 Cambiando k 3422 -3,205 I N=1 -1,015 derivata*1000 Cambiando N 130053 0,05% -3,205 0 Ce=0 I Cambiando ei derivata*1000 I Cambiando Ce -1,209 derivata*1000 ␣i=0 108939 I Cambiando ␣i -3,205 41070 k=12,5% -3,205 6845 N=2 -2,106 62426 0,15% -3,205 8214 Ce=2 -2,247 59651 ␣i=10% -4,4 29895 k=20% -3,205 13690 N=4 -3,205 41070 0,25% -3,205 41070 Ce=10 -3,205 41070 ␣i=20% -5,996 21937 k=30% -3,205 20535 N=6 -4,844 27142 0,40% -3,205 82140 Ce=20 -4,199 31315 ␣i=30% -7,432 17697 k=39% -3,205 41070 N=12 -7,036 18690 0,60% -3,205 143744 Ce=35 -5,196 25305 ␣i=40% -8,387 15677 k=45% -3,205 82140 N=24 -11,416 11518 1% -3,205 205349 Ce=50 Tabella 10: Livelli d’investimento richiesti per rendere indifferente la scelta, al variare di alcune variabili chiave -3,205 410698 Ce=100 82 Guida agli ETF 2012 Capitolo IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 83 4.4.2 Analisi multiperiodale Si supponga che un investitore voglia investire in un fondo, come nella situazione precedente, ma che questa volta detenga le quote per un periodo di n anni. Egli, quindi, come prima, effettua N investimenti periodici per il periodo di un anno e dal primo anno in poi reinveste semplicemente i dividendi e i capital gain percepiti, senza ulteriori aggiunte di denaro. Alla fine del periodo considerato, egli vende tutte le suo quote e paga le corrispondenti tasse sul capital gain finora realizzato e le eventuali commissioni di transazione per la vendita. Ipotizziamo per semplicità, che il tasso di distribuzione di capital gain, k, e dei dividendi, d, non vari durante il periodo di detenzione. Ipotizziamo, ancora, che il reinvestimento dei dividendi e dei capital gain non comporti ulteriori costi di transazione. Il valore finale delle quote investite, quindi, è: (8) VQn = (I – CN) * {(1 - e)[1 + k (1 - ·k) + d (1- d)]}n Al momento della vendita di queste l’investitore dovrà pagare l’imposta sul capital gain realizzato nella vendita (VQn – I) e un costo di transazione, supposto fisso, per la vendita stessa delle quote, per cui il valore finale dell’investimento risulta il seguente: (9) VFn = VQn - k(VQn – I) – C dove VQn è il risultato dell’equazione (8). Allo stesso modo che nell’analisi uniperiodale, qui si calcolano i valori finali in entrambi gli strumenti e si confrontano tra di loro. L’equazione di scelta, di conseguenza, è: (10) Scelta = VFin – VFen dove i valori finali di ETF e index fund sono calcolati con le formule (8) e (9), utilizzando per ognuna i valori propri di C, e, e ␣. Quali sono i vantaggi rispetto al modello precedente? Innanzitutto, elimina l’assunzione, troppo semplicistica, di non-riscatto delle quote alla fine del periodo. Inoltre, ancor più importante, permette di conoscere come varia la scelta al variare dell’orizzonte temporale. Guida agli ETF 2012 84 Si è calcolato come varia l’ammontare minimo richiesto perché sia preferito l’ETF, con dieci orizzonti temporali diversi, da uno a dieci anni di detenzione delle quote. Per facilitare il calcolo la (9) è stata modificata come segue: (11) VFn = VQn (1 - k) + k*I – C I risultati sono esposti nella tabella 11. Come ci si sarebbe atteso, ad un aumento di n corrisponde una diminuzione del valore di I. Quel che è meno immediato è che il vantaggio degli ETF sui fondi indicizzati non aumenta in maniera lineare, ma piuttosto esponenziale. La derivata prima, infatti, è, logicamente, ancora negativa, ma con l’aumentare degli anni aumenta, in valore assoluto, dapprima lentamente, poi sempre più velocemente. Tabella 11: variazione dell’investimento di “indifferenza” al variare di n n=1 n=2 n=3 n=4 n=5 Valore di I 44639 22196 14723 10993 8760 derivata*1000 -2,806 -6,132 -10,067 -14,689 -20,099 n=10 Valore di I derivata*1000 n=6 n=7 n=8 n=9 7274 6216 5424 4810 4320 -26,389 -33,695 -42,143 -51,877 -63,083 A riprova di ciò, analizziamo come varia il vantaggio relativo degli ETF nei confronti degli index mutual fund al variare del periodo di detenzione, mantenendo costante il livello di investimento. Poniamo, ad esempio, I uguale a 5000 euro. I risultati sono raffigurati nella tabella che segue: Tabella 12: vantaggio relativo degli ETF n=1 Vantaggio relativo Vantaggio relativo n=2 n=3 -111,066 -105,456 -97,886 n=4 n=5 -88,039 -75,550 n=6 n=7 n=8 n=9 n=10 -60,011 -40,955 -17,857 9,875 42,911 Capitolo IV - Costi: punti di forza e di debolezza della struttura e dei meccanismi degli ETF 85 La rappresentazione grafica dei risultati è raffigurata qui di seguito: Figura 6: andamento del vantaggio relativo degli ETF all’aumentare di n Come si può notare, la curva, inizialmente, si muove molto lentamente, per poi spostarsi sempre più velocemente verso l’alto. Inizialmente, infatti, il vantaggio nei costi fissi degli index fund rende ancora preferibili questi strumenti; con l’incremento del periodo di detenzione, però, la superiore efficienza fiscale e le minori spese di gestione degli ETF assumono un peso sempre maggiore sul risultato finale. La scelta di un diverso livello d’investimento, posto nel nostro esempio uguale a cinquemila euro, non cambia, sostanzialmente, le considerazioni fatte, ma, variando l’ammontare investito, si può notare che la pendenza della curva diviene tanto più marcata quanto più alto è l’investimento. In conclusione, abbiamo confrontato i risultati degli ETF e dei fondi comuni indicizzati, considerando in particolare il vantaggio dei primi nei costi di gestione e nella tassazione dei capital gain e la superiorità dei secondi nei costi di transazione in capo all’investitore. Dall’analisi scaturisce un risultato inequivocabile: per brevi periodi non si ha nessun motivo di scegliere gli ETF, in quanto i vantaggi di costo e fiscali non riescono a compensare i maggiori costi pagati inizialmente. Per un piccolo investitore, che pensa detenere le quote per un periodo di, poniamo, quattro o cinque anni, conviene, quindi, acquistare quote di fondi comuni. Quando il periodo di detenzione si allunga, però, il vantaggio 86 Guida agli ETF 2012 relativo si sposta verso gli ETF. Per un periodo molto lungo, dunque, questi strumenti hanno un netto vantaggio sui loro diretti concorrenti. Per cui, se un investitore ha intenzione di effettuare un investimento a lungo termine, otterrà un risultato migliore acquistando quote di ETF. Vista dalla prospettiva opposta, perciò, chi investe modesti importi in quote di ETF, tipicamente l’investitore individuale, per sfruttare i punti di forza dello strumento e ottenere un risultato efficiente, dovrebbe detenere le quote acquistate per un periodo molto lungo, verosimilmente dai dieci anni in su. Capitolo V Gli ETF e l’indicizzazione Gli ETF e l’indicizzazione* Gabriele Candita E’ un dato di fatto che tutti gli attuali ETF seguono una strategia di gestione passiva, ovvero sono fondi indicizzati. Una delle motivazioni di questa scelta da parte degli ETF è senz’altro la ricerca del contenimento dei costi allo scopo di proporre un prodotto competitivo. Ma ciò che realmente sta alla base della scelta di una strategia passiva è da ricercarsi in tutto un filone di pensiero che risale a metà degli anni sessanta e che propugna la superiorità dell’indicizzazione sulla gestione attiva. Nei primi paragrafi del capitolo tratteremo alcune delle teorie più importanti a favore dell’indicizzazione. La prima, appartenente a Eugene Fama, è la teoria sui random walks, con la quale egli dimostra che in un mercato efficiente è impossibile ottenere performance superiori grazie all’analisi tecnica e all’analisi fondamentale, le due principali tecniche utilizzate dagli investitori attivi. La seconda teoria appartiene, invece, a William Sharpe. Egli dimostra, con un semplice ragionamento, che un investitore attivo non può fare, in media, meglio del mercato. Inoltre l’investitore attivo otterrà, al netto dei costi, performance inferiori. Questi, infatti, operando costantemente sul mercato per seguire determinate scelte di stock picking, sostiene maggiori costi rispetto ai fondi passivi. Tali costi possono avere diverse fonti, che saranno analizzate brevemente. Sharpe, nel suo ragionamento, si riferisce al gestore medio, ammettendo implicitamente la possibilità che manager superiori alla media possano battere il mercato. Cercheremo, allora, di dare una risposta alla domanda se sia possibile individuare i manager migliori. Un problema che affligge i fondi indicizzati è il tracking error, ovvero lo scostamento negativo della performance del fondo da quella dell’indice. Lo analizzeremo, quindi, nel dettaglio, elencando dapprima i fattori di tracking error per i fondi comuni tradizionali e presentando in secondo * Tratto dal libro “Guida agli ETF 2008. Guida per l'investimento consapevole e globale con gli Exchange Traded Funds”, Editrice Le Fonti 2008. 90 Guida agli ETF 2012 luogo alcuni vantaggi degli ETF, che permettono di minimizzare lo scostamento in parola in maniera più efficace. In tema di tracking error e di efficiente gestione dei fondi passivi, è auspicato l’utilizzo di indici che facilitino l’operato dei gestori, diminuendone il turnover di portafoglio e di conseguenza costi e tassazione, i quali a loro volta influiscono positivamente sul tracking error. Tali indici sono definiti “fund friendly indexes” e saranno argomento dell’ultimo paragrafo. 5.1 Gestione attiva e gestione passiva: un confronto La disputa sulla superiorità della gestione attiva o della gestione passiva è una costante tra gli studiosi di finanza ormai da qualche decennio, ed è un dibattito che è ben lungi dall’essere concluso, ma che si protrarrà, probabilmente, per molti anni. La gestione attiva è stata messa seriamente in discussione per la prima volta negli anni ’60 da Eugene Fama, con il suo articolo “Random Walks in Stock Market Prices”, che prende il via da un filone di studi precedente sui random walks1, rappresentandone il naturale completamento dal punto di vista statistico-matematico. Fama si basa sull’assunto di efficienza dei mercati per spiegare che le tecniche utilizzate dagli investitori attivi non danno alcun vantaggio reale rispetto alla più semplice strategia buy-and-hold. Apparso sul Financial Analists Journal nell’ottobre del 1965, è stato subito accolto con favore da numerosi studiosi. Da allora molti studi empirici sono volti a confermare l’ipotesi di efficienza dei mercati e la conseguente ipotesi di inefficacia delle tecniche utilizzate dagli investitori attivi. Sull’altro versante, i sostenitori della gestione attiva cercano evidenze a supporto della loro tesi e allo stesso tempo evidenziano le debolezze delle dimostrazioni empiriche a favore dell’indicizzazione, sottolineando quindi la loro incapacità a spiegare l’intero universo delle situazioni possibili. Un elemento da tenere presente è il fatto che molto spesso l’orizzonte temporale è troppo ristretto per poter dare ai risultati ottenuti validità generale. In altri casi la scelta di alcuni dati o di un determinato orizzonte temporale piuttosto che un altro, possono dare dei risultati distorti o che rappresentino soltanto un tassello dell’intero puzzle. Un esempio valga su tutti: John Bogle, in un suo articolo2, dimostrò la su1 La random walk theory è nata agli inizi del novecento ed ha avuto numerosi esponenti già prima di Fama. Molti studiosi, inoltre, si cimentarono, già nei primi anni ’60, ad analizzare l’andamento reale dei prezzi e a trovare conferma all’ipotesi di random walks. Capitolo V - Gli ETF e l’indicizzazione 91 periorità di alcuni index funds in confronto ai rispettivi fondi attivi, tramite uno studio effettuato su un periodo di cinque anni, dal 1992 al 1996. Il risultato era innegabilmente a favore dei fondi indicizzati. A Bogle rispose un’analisi di Dylan B. Minor3, in tutto e per tutto uguale alla precedente, con la sola differenza del periodo di osservazione: questo era stato semplicemente spostato indietro di due anni, quindi dal 1990 al 1994. Il risultato era sorprendentemente stato ribaltato: i fondi a gestione attiva risultavano avvantaggiati rispetto ai loro concorrenti passivi. Il problema è, quindi, che non si può inglobare in uno studio la totalità dei casi e si deve necessariamente attuare un processo inferenziale con riferimento ad un insieme di dati parziali. Prendendo in prestito una brillante metafora usata dello stesso Minor, è come il cieco che si trova davanti ad un elefante: toccando la proboscide direbbe che è un serpente, mentre toccando una zampa affermerebbe con certezza che è un albero. Gli studi finora effettuati rientrano, in misura più o meno grande, in questa metafora. L’evidenza, visto l’elevato numero di studi che conferma l’ipotesi di partenza di Fama, sembra dar ragione alla gestione passiva; ma se è vero che i risultati degli studi già effettuati (parziali se presi singolarmente) si rafforzano e si completano a vicenda e se è innegabile che nuovi studi possono irrobustire la validità dei risultati, è pur vero che l’intero universo delle situazioni probabili è ben più vasto di quanto sia possibile tenere sotto controllo e studiare in maniera sistematica. Anche ammesso che ciò sia fattibile, l’aver riscontrato con sicurezza che in passato le cose sono andate in una certa direzione, non autorizza a prevedere che ciò accada anche in futuro, specie in un contesto per sua natura incerto come quello dei mercati mobiliari. Da queste considerazioni si intuisce come sia molto improbabile che questa disputa arrivi ad una conclusione definitiva in favore dell’una o dell’altra politica di gestione. Nell’esporre le teorie che hanno dato l’input alla formazione dei fondi a gestione passiva, quindi, non avremo nessuna pretesa di descrivere la realtà, né supporte-remo l’una o l’altra fazione, limitandoci a esporre il pensiero e i ragionamenti alla base di tali teorie. 2 Bogle J., “The Implications of Style Analysis for Mutual Fund Performance Evualuation.” The Journal of Portfolio Management, estate 1998. 3 Minor, D.B., “Beware of Index Fund Fundmentalists”. The Journal of Portfolio Management, estate 2001. 92 Guida agli ETF 2012 Presenteremo anche, brevemente, alcuni studi empirici, tenendo ben presente le considerazioni fin qui fatte, riguardo alla loro significatività e capacità di spiegare l’intero fenomeno. 5.2 Fama e l’efficienza informativa I supporters della gestione attiva ritengono di poter aggiungere valore e di ottenere quindi performance superiori attraverso alcune tecniche o sfruttando maggiori informazioni disponibili rispetto al resto degli operatori. Le operazioni che contraddistinguono la gestione attiva sono il market timing e lo stock picking. Il primo consiste nel decidere se, quando e quanta liquidità detenere in portafoglio. L’investimento della liquidità dipende dalle aspettative del gestore: se sono positive, la liquidità sarà investita completamente o in larga parte. Lo stock picking invece, consiste nel selezionare soltanto i titoli che ci si aspetta avranno un andamento positivo e nel pesare maggiormente tra questi, quelli le cui attese sono molto positive. Gli approcci con cui si intende predire il prezzo delle azioni a tal fine, sono due: 1. L’analisi tecnica 2. L’analisi fondamentale La prima si basa sull’assunto che la storia tende a ripetersi e quindi, ad esempio, comportamenti passati dei prezzi di un determinato titolo tenderanno a ricorrere anche in futuro. Per questo i “chartist” cercano di individuare delle regolarità nell’andamento dei prezzi in passato per predire in base a queste l’andamento futuro dei prezzi. La seconda, invece si basa sul valore intrinseco dell’azione e sul confronto tra questo valore e il prezzo che si evidenzia sul mercato. Il valore intrinseco di un azione in ogni momento è dato dal valore attuale di tutti i guadagni potenziali che esso produrrà in futuro. Questi approcci “funzionano” solo in situazioni di inefficienza del mercato, ovvero quando il prezzo non ingloba tutte le informazioni disponibili. In situazioni di inefficienza, infatti, un investitore informato potrebbe attendersi con molta probabilità un risultato superiore alla media. Secondo Fama, però, tutti i maggiori mercati sono efficienti, il che esclude l’efficacia di tali metodi. Egli distingue fra tre tipi di efficienza: 1. efficienza in senso debole: quando i prezzi sul mercato riflettono pienamente le informazioni derivanti dalle serie dei prezzi passati. Capitolo V - Gli ETF e l’indicizzazione 93 2. efficienza in senso semiforte: quando i prezzi, oltre a riflettere le informazioni derivanti dalle serie dei prezzi passati, inglobano anche tutte le informazioni disponibili pubblicamente, come ad esempio gli utili, il tasso di distribuzione dei dividendi, Etc. 3. efficienza in senso forte: quando i prezzi riflettono, oltre alle informazioni dei primi due punti, anche tutte le informazioni riservate. Dire che il mercato è efficiente, nelle tre accezioni appena viste, significa che gli investitori informati non riusciranno ad ottenere, in media, performance superiori. In un mercato efficiente, quindi, il rendimento atteso da un investitore informato è uguale al rendimento atteso da un investitore non informato. In formule: E(rt+1|⌽t) = E(rt+1) Dove: rt+1 = rendimenti al tempo t+1 ⌽t = informazioni disponibili al tempo t Quindi: E(rt+1|⌽t) = rendimenti attesi condizionati dalle informazioni disponibili al tempo t E(rt+1) = rendimenti attesi incondizionati. La prima forma di efficienza rende inefficace l’analisi tecnica, perché essa non dà nessuna informazione riguardo al prezzo che non sia già inglobata nel prezzo stesso. L’ipotesi di efficienza semiforte, invece, renderebbe inefficace l’analisi fondamentale. Essa, infatti, implica che il prezzo che si forma sul mercato sia non altro che il valore intrinseco misurato con l’analisi fondamentale. Meglio, vista l’incertezza insita nei mercati finanziari, il prezzo manifesto sul mercato, che deriva dal disaccordo di alcuni agenti riguardo il reale valore del titolo, devia casualmente dal valore intrinseco (con errori che si distribuiscono secondo una normale, con media di conseguenza uguale a zero). Qualora ci siano errori sistematici, i più rapidi ad individuarli e a sfruttarli ne trarrebbero un vantaggio, ma scoperta tale irregolarità nella distribuzione dei prezzi, il vantaggio verrebbe subito annullato. 94 Guida agli ETF 2012 Alla diffusione di nuove informazioni che contribuiscono a modificare il valore intrinseco, chi ne ha notizia dovrebbe coglierne i vantaggi, ma in un mercato efficiente in cui c’è molta concorrenza tra gli operatori, il prezzo rifletterà “istantaneamente” le nuove informazioni. In seguito il prezzo torna ad oscillare intorno al valore intrinseco con oscillazioni casuali intorno a tale valore (è questo il concetto di random walks). Altro discorso è l’efficienza in senso forte, che Fama stesso considerava un’ipotesi esclusivamente teorica. E’ importante però considerare che qualora un’informazione riservata venga utilizzata a scopo speculativo, si configura una situazione di insider trading. In sintesi, l’efficienza informativa del mercato implica che né le strategie implementate in base all’analisi tecnica, né quelle che si basano sull’analisi fondamentale possono produrre, in media, risultati migliori, perché tutte le informazioni disponibili sul mercato sono già riflesse nei prezzi. Questi ultimi, in pratica, si comportano come se tutti conoscessero tutte le informazioni disponibili. Secondo un’affermazione di Fama: “il mercato impiega correttamente tutte le informazioni disponibili”. 5.2.1 Evidenze empiriche Le ricerche empiriche per verificare l’indipendenza degli scostamenti dei prezzi si possono dividere in due approcci principali: il primo analizza i prezzi e i suoi cambiamenti cercando, con i tradizionali strumenti statistici, di inferire l’indipendenza tra prezzi successivi; il secondo consiste, invece, nel testare direttamente le diverse trading rules solitamente applicate, in un confronto con la strategia buy-and-hold. Senza entrare nei particolari, basti considerare che entrambi gli approcci hanno dato risultati evidenti in favore dell’ipotesi di non correlazione, anche se sono molte le critiche, come già anticipato, su procedimenti seguiti, basi dati utilizzate e altri elementi degli studi in questione. In questi studi sono emerse, però, delle anomalie nella distribuzione dei prezzi che contrasterebbero con la teoria di random walk. E’ stato evidenziato, ad esempio, che vi sono dei rendimenti anomali in specifiche date dell’anno (il cosiddetto effetto gennaio) o della settimana (l’effetto lunedì). Importante, ancora, è l’effetto della dimensione aziendale sul rendimento atteso, che risulta maggiore per piccole imprese a parità di volatilità del titolo (anche se è naturale che gli investitori assegnino una maggiore rischiosità ad un’azienda piccola piuttosto che ad una grande e consolida- Capitolo V - Gli ETF e l’indicizzazione 95 ta). La sempre maggiore conoscenza di tali anomalie da parte del pubblico degli investitori annulla, però, il vantaggio potenziale. 5.3 Sharpe e l’aritmetica del gestore attivo. William Sharpe, in un suo articolo del 19914, delinea un ragionamento di una logicità e di una semplicità disarmante. Come lo stesso afferma, egli si serve esclusivamente dell’aritmetica elementare: somma, sottrazione, moltiplicazione e divisione sono le uniche regole che guidano il procedimento logico. La conclusione a cui arriva è, ancora una volta, che l’investitore medio non può battere sistematicamente il mercato. Vediamo come Sharpe arriva a tale conclusione. Egli ipotizza un mercato in cui agiscono due tipi di investitori: - l’investitore passivo: si “accontenta” di replicare le performance del mercato, quindi detiene tutti i titoli nella stessa proporzione in cui sono presenti sul mercato stesso. Il che significa che se un investitore vuole replicare il mercato italiano e FIAT, ad esempio, costituisce il 6% del mercato, egli deterrà un numero di azioni FIAT pari al 6% del portafoglio e così per tutti gli altri titoli. - l’investitore attivo: opera in base a percezioni di mispricing dei titoli o a considerazioni derivanti dall’analisi tecnica. Su questa base, detiene sempre i titoli presenti sul mercato, ma in proporzioni diverse dal benchmark e, di conseguenza, dal portafoglio dell’investitore passivo. In particolare, deterrà in maggior proporzione i titoli a suo parere sottovalutati o che, in base a considerazioni sull’analisi tecnica, egli presume avere maggiori potenzialità di crescita e, viceversa, deterrà in minor proporzione (o no deterrà affatto) titoli sopravvalutati o con minori potenzialità. Il mercato è costituito esclusivamente da questi due tipi di attori. Fatta questa premessa, devono necessariamente valere le seguenti asserzioni: 1. Al lordo dei costi, il rendimento medio ponderato del denaro gestito attivamente sarà uguale a quello gestito passivamente. 2. Al netto dei costi, il rendimento medio ponderato del denaro gestito attivamente sarà inferiore a quello gestito passivamente. La prima affermazione segue da un ragionamento logico-matematico estremamente semplice: essendo il mercato costituito da gestori attivi e passivi, la performance di mercato non è altro che la media ponderata delle Sharpe, W.F., “The Arithmetic of Active Management”, The Financial Analysts’ Journal (vol. 47, n. 1), gennaio- febbraio 1991. 4 96 Guida agli ETF 2012 performance di investitori attivi e passivi; i gestori passivi ottengono performance uguali a quelle di mercato; ne consegue che la media delle performance dei gestori attivi deve uguagliare quella di mercato, nonché quella dei gestori passivi. La seconda affermazione deriva dalla semplice osservazione che un investitore attivo sostiene maggiori costi per attuare le proprie strategie di stock picking e market timing. Elenchiamo brevemente quali sono le categorie di costo cui va incontro un gestore attivo5: 1. Costi di gestione: si fanno rientrare in questa categoria i maggiori costi sostenuti da un fondo attivo per la retribuzione di personale qualificato, per l’amministrazione, per la ricerca Etc. 2. Costo della liquidità: un fondo attivo, di norma, mantiene un 10% di liquidità, da tenere disponibile per sfruttare immediatamente le occasioni che si presentano. Questa componente liquida provoca un’underperformance in situazione di mercato in crescita, poiché è una parte del patrimonio che non viene sfruttata adeguatamente. E’ stato calcolato che in 15 anni, del 1984 al 1998 i fondi attivi americani “pagavano”, in termini di costo della liquidità, l’1,2% annuo. Questa definizione, però, è da prendere con la dovuta cautela: le performance inferiori sono dovute ad una minore esposizione e quindi ad una minore rischiosità dell’investi-mento. In base al valore stimato per la liquidità dei fondi attivi (10%), infatti, la rischiosità dei portafogli in questione sarà, in media, uguale al 90% di quella di mercato. 3. Costi di negoziazione: sono i costi connessi con l’uso del mercato. Come già visto6, si possono dividere idealmente in due componenti: una, esplicita, che è la commissione di negoziazione; l’altra, implicita, rappresentata dallo spread denaro-lettera. Mentre la prima componente è fissa, la seconda può variare da mercato a mercato e, più precisamente, il relativo costo è più alto in mercati meno liquidi e viceversa. I fondi attivi quindi, affrontano costi di negoziazione che sono tanto più elevati quanto più elevato è il turnover di portafoglio. 4. Costi relativi al market impact: i gestori di fondi che hanno a che fare con grossi portafogli e si trovano a negoziare grossi pacchetti azionari, possono incorrere in un altro costo implicito dovuto all’impatto della pro5 Si veda Pedone A., “Mercato efficiente e gestione indicizzata: ripercussioni sull’attività del promotore finanziario.” Siena, 2 marzo 2002, pag. 12 e ss.. 6 Capitolo 5, Gli svantaggi. I costi di transazione per l’investitore. Capitolo V - Gli ETF e l’indicizzazione 97 posta di negoziazione sul prezzo del titolo. Dato il forte turnover di portafoglio, dato quindi il gran numero di acquisti e vendite, un fondo attivo di grandi dimensioni rischia di subire perdite di performance sostanziali. Naturalmente l’effetto del market impact è più blando in un mercato molto liquido. 5. Costi legati alla tassazione: sono i costi derivanti dai maggiori capital gain realizzati dalla gestione attiva . Ma qual’è la conclusione che deriva dall’affermazione di Sharpe? Se la gestione attiva rende, mediamente, quanto il mercato, ci possono essere investitori che ottengono risultati migliori del mercato; ma una sovraperformance da parte di questi deve essere necessariamente compensata da una sottoperformance della stessa entità da parte di un altro gruppo di investitori. La gestione attiva, quindi, è un gioco a somma zero. Necessaria conseguenza, giungendo al fulcro della questione, è che l’investitore medio, come già anticipato, non può battere sistematicamente il mercato. La validità di questa affermazione è indiscutibile e molte sono le verifiche empiriche che lo confermano. Dando ciò per assodato ed evitando di soffermarci sulle analisi a sostegno della tesi di Sharpe, quel che rileva ora conoscere è se ci siano manager capaci di battere il mercato (ovvero manager al di sopra della media) e se sia possibile, in un mercato efficiente, individuare i gestori più capaci al fine di ottenere performance superiori. 5.3.1 E’ possibile individuare i manager più bravi? Alcune analisi sembrano dimostrare che la capacità del manager può influire positivamente sui risultati. Ad esempio, è stato osservato che se la distribuzione delle performance fosse realmente casuale le performance dei vari fondi dovrebbero convergere con la radice quadrata del tempo. In realtà, la convergenza è più graduale, il che sta a significare che, anche dopo molti anni, le differenze possono essere sostanziali. Tali differenze possono essere spiegate con la diversa capacità dei manager di creare valore. Per individuare i manager più capaci, sono utilizzati diversi criteri. Le statistiche annuali sulle performance dei fondi danno delle indicazioni su chi ha ottenuto risultati al di sopra della media e su chi invece ha registrato performance mediocri. Naturalmente è difficile pensare che osservando le performance di un solo anno si possano individuare capacità superiori alla media. 98 Guida agli ETF 2012 Un passo ulteriore, quindi, consisterebbe nel valutare le performance dei gestori su un arco temporale di più anni. Il fatto che per un numero consistente di anni un fondo abbia fatto meglio del proprio benchmark, per alcuni, può essere un dato molto significativo. Una maniera più efficiente e più pratica di valutare le performance relative dei manager è l’indice di Sharpe (o Sharpe Ratio) che mette il risultato di portafoglio, diminuito del tasso privo di rischio, in correlazione con la relativa rischiosità. Formalmente: S = (Ir – Rf)/Ri Dove (Ir) è la performance dell’investimento, (Rf) il tasso risk free e (Ri) la rischiosità dell’investimento, calcolata come deviazione standard delle performance dello stesso. Generalmente valori dell’indice più elevati sono desiderabili, poiché indicano una maggiore performance a parità di rischio oppure che la stessa performance è ottenuta sopportando un rischio minore. I metodi appena elencati, però, hanno in comune una grossa lacuna: non distinguono tra bravura e fortuna. Ne deriva che buone performance ottenute in passato non possono dare alcuna certezza che tali performance si ripetano anche in futuro. Anche analizzando un orizzonte temporale piuttosto ampio, le indicazioni che si ricavano potrebbero essere poco significative, perché anche serie positive di più anni ci dicono poco su come queste sono state ottenute e, soprattutto, non chiariscono in alcun modo se tali risultati sono frutto di una capacità superiore alla media o di una fortuna superiore alla media. Il punto qui è, giova ribadirlo, che in un contesto incerto quale quello dei mercato mobiliari, è molto difficile, se non impossibile, fare delle previsioni future in base a dati passati. Rispondendo alla domanda iniziale, quindi, l’individuazione dei manager migliori è un compito molto arduo. Analogamente all’individuazione dei titoli migliori, d’altronde, anche qui si tratta di un gioco a somma zero, per cui dopo la scelta del manager, gli investitori otterranno in media, al lordo delle spese, sempre e comunque il rendimento di mercato. Capitolo V - Gli ETF e l’indicizzazione 99 5.4 Un confronto in chiave evolutiva Da quanto detto in precedenza emerge che la gestione attiva non riesce, in un mercato efficiente, a fornire reali vantaggi all’investitore. La strategia passiva, d’altro canto, non può essere l’unico tipo di gestione presente sul mercato. In tal caso, infatti, le occasioni di mispricing sarebbero molteplici e ci sarebbe occasione per gli investitori attivi di trarre sostanziali extraprofitti, il che equivale a dire che, in assenza di investitori attivi, il mercato diviene inefficiente. Si configura, qui, quello che viene definito7 “il paradosso della gestione passiva”: se fosse dimostrato senza ombra di dubbio che la gestione passiva è superiore a quella attiva, tutti gli investitori sceglierebbero una strategia passiva, ma si creerebbero, così, i presupposti per ottenere extraprofitti attraverso un investimento attivo; se, viceversa, fosse dimostrato il vantaggio della gestione attiva, tutti gli investitori gestirebbero attivamente il proprio portafoglio, ma la concorrenza (oltre ai costi) sarebbe tale da rendere impossibile qualsiasi extraprofitto. E’ come dire, quindi, che la gestione passiva non può prescindere da quella attiva, né la gestione attiva da quella passiva. Vista in chiave evolutiva, seguendo uno studio effettuato da Abn Amro, i due tipi di gestione sono fortemente correlati e la loro distribuzione dipende essenzialmente dal grado di maturità del mercato. I mercati immaturi sono altamente inefficienti e le potenzialità di extraprofitto molto alte, per cui c’è ampio spazio d’azione per i gestori attivi. Con l’aumentare di questi, aumenta l’informazione presente sul mercato e la competitività può diventare così forte che alcuni fondi attivi soccombono ed escono dal mercato, permettendo l’ingresso a fondi gestiti passivamente. Il punto di equilibrio si avrà quando i fondi attivi saranno abbastanza da garantire che tutte le informazioni siano considerate e riflesse nei prezzi, ma non tanti da compromettere i risultati con costi eccessivamente elevati. 5.5 Il tracking error Il gestore di un fondo passivo, come detto, ha l’obiettivo di replicare il più fedelmente possibile la performance del benchmark di riferimento. Questi si scontra però con la realtà del mercato, che presenta evidenti “frizioni”, determinando scostamenti, evidentemente di segno negativo, dei ri7 Si veda Minor, D.B., articolo cit.. 100 Guida agli ETF 2012 sultati del fondo da quelli dell’indice. Questo fenomeno è identificato col nome di tracking error. La difficoltà dei manager passivi nel replicare perfettamente l’indice risiede nel fatto che questo è semplicemente una formula matematica applicata ad un portafoglio titoli, con l’assunto che eventuali cambiamenti nei pesi relativi siano attuati automaticamente e, soprattutto, senza costi. I fondi, invece, hanno di fronte tutta una serie di frizioni del mercato, che devono essere minimizzate per ridurre al minimo il tracking error. Frino e Gallagher8 ne individuano diversi fattori: 1. Trattamento dei dividendi da parte dell’indice 2. Costi di transazione 3. Cambiamento di composizione dell’indice 4. Cash-flows del fondo 5. Volatilità del benchmark 6. Attività delle imprese Il trattamento dei dividendi da parte dell’indice, secondo lo studio da essi effettuato, sembra essere la componente principale del tracking error. I dividendi, infatti, non sono percepiti dal fondo nello stesso giorno in cui vengono deliberati, anzi, a volte il ritardo della riscossione dei dividendi dalla ex-dividend date può essere di svariate settimane. Se l’indice, quindi, incorpora i dividendi nella data ex-dividendo, il ritardo provocherà uno scarto di performance dato dall’impossibilità dei gestori di investire immediatamente tali proventi. A riprova di ciò, Frino e Gallagher hanno constatato, analizzando il tracking error mensile dei fondi analizzati, che questo presenta dei picchi a intervalli di tre mesi, precisamente nei mesi successivi alla deliberazione dei dividendi9. Il gestore potrebbe limitare le perdite partecipando ai “dividend reinvestment plans”, ma non tutte le imprese prevedono un reinvestimento automatico dei dividendi. I costi di transazione sono un’altra consistente fonte di tracking error; essa si manifesta quando il manager deve rivolgersi al mercato per qualsiasi operazione. Stretta-mente legati a questo fattore sono, quindi, il cambiamento di composizione dell’indice e il cash flow del fondo. L’indice cambia composizione in base a regole predeterminate che si posFrino, A., Gallagher, D.R., “Tracking S&P 500 Index Funds”, The Journal of Portfolio Management, Fall 2001. I due studiosi analizzano 42 fondi indicizzati che replicano lo S&P 500 nei cinque anni terminanti nel febbraio 1999. 9 Si ricorda che negli Stati Uniti i dividendi vengono pagati trimestralmente. 8 Capitolo V - Gli ETF e l’indicizzazione 101 sono basare sulla capitalizzazione delle aziende, sul flottante, Etc., o anche in base a criteri discrezionali dei provider10. Le cause di cambiamento nella composizione dell’indice possono essere diverse. Innanzitutto ci può essere l’aggiunta di imprese (e la contestuale eliminazione di altre) qualora i pesi relativi, nei termini presi come riferimento dall’indice, (capitalizzazione, Etc.) siano cambiati a favore di un’impresa e a discapito di un’altra appartenente all’indice. In secondo luogo, si può verificare un cambiamento in seguito a processi di fusione o acquisizione di imprese. Infine, un’ultima situazione è quella dell’eliminazione dall’indice di un’impresa che scompare. A fronte di questi cambiamenti il gestore deve effettuare le dovute operazioni sul mercato, in modo da adeguare il portafoglio all’indice, pagando le relative commissioni di negoziazione, nonché costi impliciti dovuti al bid-ask spread. Attenzione, in questa fattispecie, anche al costo dovuto al market impact. Infatti, soprattutto per un indice seguito da molti fondi passivi, il cambiamento contemporaneo nella composizione di molti fondi, provoca squilibri nella domanda e nell’offerta: il titolo uscente dall’indice evidenzierà squilibri nell’offerta con conseguente diminuzione del prezzo e, viceversa, il titolo entrante avrà uno squilibrio dalla parte della domanda, con conseguente aumento del prezzo. Tutto questo può risultare in un costo implicito per i fondi indicizzati e in una ulteriore fonte di tracking error. Per quanto riguarda, invece, il cash flow in entrata e in uscita dei fondi, il gestore ha la necessità, ogniqualvolta si determina un flusso netto di fondi in entrata, di investire immediatamente la liquidità in entrata. Allo stesso modo, se si ha una richiesta netta di riscatti, è necessario vendere i titoli in portafoglio per soddisfare tali richieste. In ogni caso, il gestore dovrà sopportare i relativi costi di transazione. Un modo già visto per evitare continui interventi sul mercato è quello di detenere una certa percentuale liquida come cuscinetto per richieste nette di sottoscrizione e riscatto. E’ un’accortezza, questa, usata praticamente da tutti i fondi comuni. Per i fondi passivi, in particolare, è stato calcolato che in media la liquidità rappresenta il 2% del patrimonio del fondo11. Così i provider dell’indice S&P 500, che, a fronte di cambiamenti dei pesi relativi di imprese dentro e fuori dall’indice, possono decidere se e quando inserire le nuove imprese nell’indice. Si veda Gastineau Gary L., testo cit., pag 147 e ss.. 11 Kostovetsky L., documento cit.. 10 102 Guida agli ETF 2012 Questa somma non investita, però, influisce sul risultato del fondo, negativamente in situazioni di crescita del mercato, data la perdita di opportunità che ne deriva. Questo fenomeno, noto come cash drag, contribuisce al tracking error di tutti i fondi comuni indicizzati. La volatilità dell’indice non è fonte di tracking error per quei fondi che adottano una replica totale dell’indice. In tal caso, infatti, la volatilità del fondo sarà uguale a quella del suo benchmark. Il problema sussiste quando la strategia adottata prevede una replica parziale. Questa modalità di replica ha la sua giustificazione nella riduzione di spese nel caso di replica di un indice molto ampio, comprendente, diciamo, da un centinaio di titoli in su. L’eccessiva numerosità dei titoli in portafoglio e il conseguente maggior turnover, comporterebbero una spesa molto elevata e un problema di inefficienza fiscale. Perciò nasce l’esigenza e l’opportunità di una replica per così dire “campionaria” dell’indice, attraverso una tecnica viene definita representative sampling (letteralmente, “campione rappresentativo”), che cerca di approssimare la composizione del benchmark utilizzando solo una parte dei titoli dell’indice. Un breve esempio di tale strategia è stato esposto al paragrafo 2.1.5. Nel caso di replica parziale, però, la volatilità dell’indice può comportare degli scostamenti tra l’indice e l’index fund. Questi scostamenti, dovuti alla differente composizione di fondo e indice, possono essere di segno sia positivo che negativo. In ultimo, l’attività delle imprese può influire sul tracking error in diversi modi. Ad esempio, se un’impresa facente parte dell’indice fosse soggetta ad una ristrutturazione aziendale oppure ad una fusione o acquisizione da parte di un’altra impresa al di fuori dell’indice, ci potrebbe essere un ritardo tra il momento in cui l’impresa viene rimossa dall’indice e il momento in cui il fondo riceve il pagamento, provocando una perdita di opportunità che è causa di tracking error. Alle categorie di fattori elencate da Frino e Gallagher se ne aggiunge un’altra, che questi fanno rientrare tra i costi di transazione, ma che merita una menzione separata: la tassazione dei capital gain. Nell’operare sul mercato, infatti, il fondo non solo sopporta costi di transazione, ma, nell’eventualità che l’operazione in parola abbia visto la realizzazione di capital gain, dovrà pagare le relative tasse, con conseguente erosione dei risultati. Quel che rileva osservare, a questo punto, è che un indice non paga le tasse. Poiché l’indice opera i cambiamenti in maniera automatica, il suo valore Capitolo V - Gli ETF e l’indicizzazione 103 rifletterà esclusivamente il valore dei titoli che rappresenta, non considerando né, come visto, i costi sostenuti per il cambiamento, né la tassazione del capital gain realizzato dai fondi comuni. Di conseguenza l’imposizione fiscale in capo ai fondi può essere fonte di tracking error. Un gestore può cercare di ridurlo minimizzando la realizzazione di capital gain laddove possibile, ma è improbabile che riesca ad eludere totalmente il problema. 5.5.1 ETF e tracking error: alcuni vantaggi rispetto ai fondi comuni. Rispetto ai fattori appena visti, gli ETF presentano alcuni vantaggi rispetto ai fondi comuni tradizionali. Tutti questi vantaggi derivano dal meccanismo peculiare di sottoscrizione e riscatto delle quote in natura. Li analizziamo brevemente uno per uno. Innanzitutto gli ETF evitano i costi di transazione legati all’in-and-out degli investitori nel fondo. Il gestore di un ETF non ha, per effetto della creation/redemption in kind, l’incombenza di investire immediatamente liquidità in entrata o di vendere i titoli in portafoglio per far fronte a richieste di riscatto e non deve sopportare i relativi costi. In secondo luogo, per effetto dell’esenzione fiscale per i riscatti in natura, un ETF si vedrà riconosciuti meno capital gain tassabili rispetto ai fondi comuni tradizionali. In ultimo, il meccanismo di sottoscrizione e riscatto in natura permette ai gestori di ETF di investire anche quella parte di liquidità che i gestori dei tradizionali fondi comuni riservano per far fronte a richieste nette di riscatto senza ricorso al mercato. In pratica, gli ETF, effettuando riscatti di quote solo tramite lo scambio con le azioni sottostanti, eliminano in tal modo il fenomeno del cash drag. Naturalmente, per tutti gli altri fenomeni analizzati nel precedente paragrafo, anche gli ETF sono esposti al rischio di tracking error, ma i vantaggi appena visti contribuiscono, nel complesso, a ridurre le differenze tra la performance del fondo e quella dell’indice, rispetto ai fondi comuni tradizionali. 5.5.2 Fund Friendly Indexes Al fine di incontrare l’esigenza dei manager passivi di replicare l’indice limitandone al minimo gli scostamenti, viene suggerito12 l’utilizzo di in12 Gastineau, Gary L., testo cit., pag. 130 e ss.. 104 Guida agli ETF 2012 dici costruiti, piuttosto che per valutare le performance del mercato nel complesso o di alcuni suoi segmenti (indici benchmark), per facilitare la gestione dei portafogli passivi e minimizzare le operazioni necessarie. Questi sono i cosiddetti Fund Friendly Indexes. Analizziamo brevemente quali sono le caratteristiche che tali indici devono avere per rispondere alle esigenze di un gestore di fondi indicizzati. Innanzitutto, devono rispettare i limiti di concentrazione imposti ai fondi comuni dalla normativa UCITS (Undertakings for a Collective Investment in Transferable Securities) in Europa e RIC (Regulated Investment Company) in America, per permettere a questi ultimi di replicare perfettamente l’indice senza oltrepassare i limiti imposti. E’utile soffermarci brevemente sulle limitazioni imposte dalla normativa europea: la direttiva 2001/108/CE, che modifica la direttiva 85/611/CEE, al fine di garantire un’adeguata diversificazione, pone i seguenti limiti di concentrazione alla composizione del portafoglio dei fondi: 1. limite del 5% di valori mobiliari o monetari di uno stesso emittente 2. il limite del 10% può essere previsto da legge nazionale; in tal caso, però, i titoli detenuti in una percentuale maggiore del 5% non devono superare, nel totale, il 40% dell’intero portafoglio. 3. un’altra eccezione è prevista appositamente per i fondi in cui “l’obiettivo della politica di investimento […] è riprodurre la composizione di un determinato indice”, ovvero per i fondi indicizzati. In tal caso il limite per l’investimento in titoli di un solo emittente può essere elevato al 20%13. Altre disposizioni previste dalla direttiva citata esulano dall’argomento in questione, per cui non vengono riportate. L’indice di un fondo di diritto comunitario, quindi, per essere considerato fund friendly, dovrà rispettare i requisiti appena esposti. Oltre a ciò, altra caratteristica desiderabile per gli indici in parola è costituita dalle regole di ribilanciamento e di sostituzione dei titoli. Queste regole devono essere strutturate in modo da ridurre il turnover del portafoglio. I cambiamenti, quindi, devono essere meno frequenti e più “oculati”. Naturalmente, una minor frequenza nei cambiamenti comporta che, tra un cambiamento e l’altro, un titolo che abbia acquisito i requisiti per far parte dell’indice non venga inserito immediatamente, creando uno scarto tra indice reale e indice “teorico”. In tal caso si configura un trade-off tra Rientra in questa fattispecie il titolo ENI SpA, contenuto nell’indice S&P/Mib con un peso sul totale del 16,35%. 13 Capitolo V - Gli ETF e l’indicizzazione 105 minori costi per il ri-bilanciamento e la possibilità di una differenza di performance dall’indice “teorico”. Quest’ultimo valore, però è talmente basso da giustificare una frequenza minore per i cambiamenti dell’indice. Per quanto riguarda l’oculatezza dei cambiamenti, sono molte le considerazioni che il provider deve fare, considerazioni che possono variare in base ai diversi contesti di mercato. Ad esempio, se un indice è seguito da molti fondi indicizzati, il cambiamento nella composizione dell’indice e i conseguenti aggiustamenti da parte dei fondi, provocherebbero un forte impatto sul mercato. Per diminuire il market impact, quindi, il provider dovrebbe basare la composizione dell’indice su regole che tengano conto anche dell’entità del flottante. Ancora, l’indice dovrebbe essere guidato da regole precise e non affidato, a meno di casi eccezionali, a decisioni arbitrarie del provider. Questo in modo da rendere prevedibili i cambiamenti e permettere ai fondi un miglior market timing e un minor market impact. Per quest’ultimo fine, inoltre, un indice fund friendly può prevedere diversi accorgimenti. In caso di fusioni o acquisizioni, ad esempio, l’indice in parola potrebbe effettuare il cambiamento nel momento in cui viene raggiunto l’accordo per l’acquisizione o la fusione anticipando, così, il momento in cui tale operazione viene completata. Per esempio, nel caso dell’OPA Telecom su TIM del 2004, un fund friendly index avrebbe eliminato l’azione TIM già nel momento in cui l’OPA fosse stata conclusa, anche se formalmente l’acquisizione sarebbe stata completata alcuni mesi più tardi. Con tale misura i fondi avrebbero tempo per adeguare il proprio portafoglio scegliendo il momento opportuno per effettuare il cambio ed evitando di incorrere in costi impliciti derivanti dal market impact. Concludendo, quindi, un indice così formato darebbe senz’altro ai fondi la possibilità di una migliore gestione del portafoglio, che fornirebbe maggior efficienza fiscale e efficienza nei costi, rendendo minima, così, la possibilità di tracking error. Capitolo VI Evoluzione e involuzione degli ETF. Gli ETC, ETN, ETP Verso standard globali per il mondo degli ETF Alessia Liparoti, Redazione editrice le fonti di Finanzaediritto.it Creare standard globali sulle modalità di etichettatura e classificazione nel mondo degli ETF. È questo l’ambizioso e pioneristico obiettivo lanciato da iShares, la piattaforma di Exchange Traded Funds (ETF) di BlackRock e presentato il 26 ottobre 2011, a livello europeo attraverso la campagna «Due Diligence». Si tratta di un’iniziativa volta a supportare gli investitori professionali nel processo di valutazione e selezione degli Exchage Traded Product (ETP). Una guida nata a seguito della crescita degli ETP, sia in termini di asset che di prodotti, che ha comportato la richiesta di maggiore trasparenza e di standard di servizio più elevati da parte degli investitori e delle Autorità di Vigilanza. BlackRock, sensibile a questa tematica, tanto da aver avanzato recentemente proposte di riforma e di promozione del mercato ETF, attraverso iShares ha presentato un nuovo sistema di classificazione degli ETF, basato su tre tipi di categorie: ETF (ETF a replica fisica piena o ottimizzata/parziale e ETF a replica tramite derivati), ETN/ETC (Commodity con sottostanti fisici) ed ETI (Exchange Traded Instruments per identificare fondamentalmente i prodotti quotati non ETF). «La campagna “Due Diligence” - ha spiegato Emanuele Bellingeri, Responsabile per l’Italia di iShares - stabilisce un quadro di riferimento preciso e coerente, utile agli investitori professionali nel valutare e capire il rischio strutturale di un prodotto, oltre a quello di mercato. Tale quadro consta di sei criteri chiave che devono essere analizzati prima di investire in qualsiasi ETP: struttura, fiscalità, rendimento, negoziazione e valorizzazione, costo totale associato al prodotto e attività di prestito titoli». L’idea di base è che «tutto stia nel porsi le domande giuste»: la guida propone infatti un elenco di quesiti a cui gli investitori dovrebbero trovare risposta per raffrontare dettagliatamente le varie strutture di prodotto individuate nelle nuove classificazioni proposte dalla piattaforma targata BlackRock. Non mancano case study concrete per illustrare le quattro fasi del processo decisionale e i sei criteri strategici. «Come ogni prodotto di investi- 110 Guida agli ETF 2012 mento - ha evidenziato Joe Linhares, Responsabile per la regione EMEA (Europa, Medio Oriente, Africa) di iShares - gli investitori devono essere sicuri che gli ETP che acquistano siano per loro idonei e diano loro esattamente l’esposizione a cui mirano. La campagna “Due Diligence” è una fase successiva a quella già intrapresa, volta alla standardizzazione della nomenclatura di ETF, ETN ed ETC, e focalizzata a supportare chi investe nel compiere scelte consapevoli e appropriate nell’ottica della chiarezza e della trasparenza». ETFplus: Segmentazione e microstruttura ETFplus - Il mercato degli ETF e degli strumenti finanziari derivati cartolarizzati (ETC/ETN) ETFplus è il mercato regolamentato telematico di Borsa Italiana interamente dedicato alla negoziazione in tempo reale degli strumenti che replicano l’andamento di indici e di singole materie prime: • ETF (Exchange traded funds) • ETF strutturati • Strumenti finanziari derivati cartolarizzati (ETC/ETN) Gli ETF sono Fondi o SICAV a basse commissioni di gestione negoziati in borsa come le normali azioni. Si caratterizzano per il fatto di avere come unico obbiettivo quello di replicare fedelmente l’andamento e quindi il rendimento di indici azionari, obbligazionari o di materie prime. Quotati su Borsa Italiana a partire dal settembre 2002 gli ETF hanno conseguito un successo crescente sia tra gli investitori istituzionali che tra gli investitori privati, testimoniato dal sensibile incremento dei volumi scambiati e il sempre più elevato numero di nuovi strumenti in negoziazione. Sul mercato ETFplus sono inoltre negoziati OICR innovativi (ETF strutturati), che non si limitano a replicare il mercato a cui si riferiscono ma permettono agli investitori di accedere a particolari strategie di investimento come la possibilità prendere posizione su un mercato con effetto leva (leveraged ETF) oppure di proteggersi da eccessivi ribassi del mercato di riferimento (ETF protective put) nonchè di scommettere con o senza leva sui ribassi (ETF short). ETFplus risponde inoltre alla necessità di creare un ambiente unico in cui negoziare, oltre agli ETF, altre tipologie di strumenti finanziari che pur non essendo fondi sono a loro assimilabili per meccanismo di funzionamento. Si tratta degli strumenti finanziari derivati cartolarizzati quotati su ETFplus, strumenti finanziari emessi a fronte dell'investimento diretto dell'emittente nel sottostante o in contratti derivati sulle materie prime. Il loro prezzo è, pertanto, legato direttamente o indirettamente all'andamento del sottostante, esattamente come il prezzo di un ETF è legato al valore dell’indice a cui fa riferimento. 112 Guida agli ETF 2012 Gli strumenti finanziari derivati cartolarizzati si dividono a seconda della natura del sottostante, sotto un profilo anagrafico, in: Exchange Traded Commodities: Strumenti finanziari derivati cartolarizzati che replicano passivamente la performance di materie prime o di indici di materie prime. Exchange Traded Notes: Strumenti finanziari derivati cartolarizzati che replicano passivamente la performance di sottostanti o indici diversi dalle materie prime o indici di materie prime. Si intendono ETN strumenti finanziari derivati cartolarizzati che replicano, ad esempio, indici di valute, indici azionari o obbligazionari. Segmentazione Borsa Italiana, grazie al mercato ETFplus, ha creato il contesto ideale per la negoziazione di ETF, ETF strutturati ed ETC/ETN, con il preciso obiettivo di: • ampliare le possibilità di investimento dei risparmiatori, offrendo un’ampia gamma di strumenti che si adattano a differenti profili di rischio e che consentono di aumentare il livello di efficienza e di diversificazione del portafoglio di investimento; • tutelare gli investitori attraverso l’applicazione di regole chiare che hanno la finalità di garantire elevata liquidità, spread contenuti e massima trasparenza informativa. Sul mercato ETFplus sono negoziati strumenti che, pur condividendo i medesimi meccanismi di funzionamento, presentano caratteristiche e peculiarità proprie. Al fine quindi di facilitare il risparmiatore nell’attività di selezione degli strumenti che più si adattano al proprio profilo di rischio-rendimento e alle proprie aspettative, sono previsti tre segmenti (eventualmente divisi in classi) che presentano le stesse modalità di negoziazione: Segmento OICR aperti indicizzati (ETF), ripartito nelle seguenti classi: • classe 1: ETF il cui indice di riferimento è di tipo obbligazionario • classe 2: ETF il cui indice di riferimento è di tipo azionario Segmento ETF strutturati, ripartito nelle seguenti classi: • classe 1: ETF strutturati senza effetto leva • classe 2: ETF strutturati con effetto leva Segmento strumenti finanziari derivati cartolarizzati (ETC/ETN), ripartito nelle seguenti classi: Capitolo VI - Evoluzione e involuzione degli ETF. Gli ETC, ETN, ETP 113 • classe 1: ETC/ETN senza effetto leva • classe 2: ETC/ETN con effetto leva Liquidità La liquidità di uno strumento finanziario è supportata dalla presenza continuativa sul book di negoziazione di proposte sia in acquisto che in vendita, con spread competitivi e quantità offerte elevate. La liquidità degli strumenti negoziati su ETFplus è assicurata dalla presenza costante su ciascun strumento di: • uno specialista, che si assume obblighi sia in termini di quantità minima da esporre in acquisto e in vendita, sia in termini di massimo differenziale tra il prezzo cosiddetto denaro (bid) e il prezzo cosiddetto lettera (ask) e con l’obbligo di reintegro delle quotazioni entro 5 minuti in caso di applicazione. Borsa Italiana monitora il rispetto di questi impegni in via continuativa; • diversi liquidity provider, che pur non avendo nessun obbligo di quotazione, espongono in conto proprio proposte di negoziazione in acquisto e vendita fornendo ulteriore liquidità agli strumenti. Vai alla sezione “specialist e liquidy provider” degli ETC/ETN. Negoziazione Le negoziazioni di ETC e di ETN si svolgono in continua dalle 9.00 alle 17.25 (senza aste di apertura e di chiusura). I contratti vengono conclusi mediante l’abbinamento automatico delle proposte in acquisto e in vendita ordinate secondo criteri di priorità prezzo/tempo. Durante la negoziazione continua possono essere immesse, tramite il proprio intermediario, proposte con limite di prezzo o senza limite di prezzo e possono essere specificate, tra le altre, le modalità “valida fino a cancellazione” e “valida fino alla data specificata”. Per garantire il regolare svolgimento delle negoziazioni, come per le azioni, sono fissati limiti massimi all’oscillazione dei prezzi. È stabilito un limite massimo di variazione del prezzo delle proposte immesse sul mercato rispetto al prezzo di controllo, un limite massimo di variazione del prezzo dei contratti sempre rispetto al prezzo di controllo e infine un limite massimo di variazione dei prezzi tra due contratti consecutivi. La liquidazione dei contratti viene realizzata presso Monte Titoli (la società di gestione accentrata, liquidazione e regolamento di Borsa Italiana 114 Guida agli ETF 2012 - London Stock Exchange Group) il terzo giorno di mercato aperto successivo all’esecuzione dei contratti, che godono inoltre della garanzia di buon fine fornita dalla controparte centrale (Cassa di Compensazione e Garanzia). Il lotto minimo di negoziazione è di un ETC/ETN e quindi, anche con importi minimi, è possibile esporsi al mercato delle commodities (ETC) o di altre asset classes (vedi ETN su valute). Cos'è un ETC? Gli Exchange Traded Commodities (ETC) sono strumenti finanziari emessi a fronte dell'investimento diretto dell'emittente o in materie prime fisiche (in questo caso sono definiti ETC physically-backed) o in contratti derivati su materie prime. Il prezzo degli ETC è, pertanto, legato direttamente o indirettamente all'andamento del sottostante. Similarmente agli ETF gli ETC: • Sono negoziati in Borsa come delle azioni • Replicano passivamente la performance della materia prima o degli indici di materie prime a cui fanno riferimento rientrando a pieno merito nella famiglia dei “cloni” Con gli ETC si ampliano le opportunità d’investimento: il risparmiatore potrà, infatti, prendere posizione su di una singola materia prima (oro, petrolio, gas, zucchero, soia, zinco…), possibilità preclusa agli ETF che, per ragioni di natura regolamentare (Direttiva sugli Organismi d’Investimento Collettivi del Risparmio UCITS III), devono garantire un certo grado di diversificazione. Gli ETC, infatti, anziché OICR sono titoli senza scadenza emessi da una società veicolo a fronte dell’investimento diretto nella materia prima (ETC physically-backed) o dell’investimento in contratti su merci stipulati dall’emittente con operatori internazionali di elevato standing. Ciò che accomuna gli ETF e gli ETC è l’esistenza, per ciascuna classe di titoli, di un mercato primario e di un mercato secondario. Il mercato primario, accessibile esclusivamente agli intermediari autorizzati, consente la sottoscrizione e il rimborso dei titoli su base giornaliera al valore ufficiale dell'ETC, per gli ETC physically-backed è prevista però la possibilità di effettuare la sottoscrizione anche in natura, ossia consegnando all’emittente direttamente la materia prima. Il mercato secondario è rappresentato dalla Borsa, dove tutti gli altri investitori possono negoziare gli ETC al prezzo de- Capitolo VI - Evoluzione e involuzione degli ETF. Gli ETC, ETN, ETP 115 terminato dalle migliori proposte in acquisto e in vendita presenti sul book di negoziazione. La procedura di sottoscrizione e rimborso sul mercato primario consente agli intermediari specializzati di effettuare arbitraggi che fanno si che il prezzo degli ETC sul secondario sia sempre costantemente allineato al valore di mercato della materia prima sottostante come avviene per gli ETF. Principali caratteristiche Il mercato ETFplus, grazie alla quotazione in tempo reale degli ETC, ha reso accessibile a tutti gli investitori in maniera semplice, trasparente e con elevata liquidità, il mercato delle materie prime. In sintesi un ETC consente di: • Accedere direttamente al mercato delle commodities: Gli ETC replicano la performance di una singola commodity o di indici di commodities, grazie all’investimento diretto da parte della società emittente nella materia prima fisica o in contratti derivati sulla materia prima. In questo secondo caso gli ETC consentono agli investitori di avere un’esposizione simile a quella che si otterrebbe gestendo una posizione a lungo in contratti future senza leva finanziaria. • Rimanere costantemente allineato alle performance delle materie prime: A differenza di una posizione in future, gli ETC non comportano la necessità di riposizionarsi da un contratto future ad un altro, non richiedono nessun margine e non comportano altre spese di intermediazione/sostituzione dei contratti derivati in scadenza in quanto tali attività sono incorporate nello strumento. Infine gli ETC che investono direttamente nelle materie prime consentono di evitare gli oneri e i rischi legati al loro stoccaggio. • Ottenere una esposizione ad un rendimento assoluto (total return): In caso di ETC legati al prezzo di contratti future sulla materia prima, il risparmiatore ha accesso ad un rendimento assoluto che comprende tre diverse componenti: - rendimento spot: è quello derivante dall’oscillazione del prezzo del future della materia prima sottostante; - rendimento legato al rolling (che può essere positivo o negativo): è il rendimento associato all’attività di sostituzione dei contratti future in scadenza che consente di mantenere la posizione sul sottostante, ed è negativo (riporto o contango) quando il contratto in scadenza ha un prezzo in- 116 Guida agli ETF 2012 feriore a quello successivo, o positivo (deporto o backwardation) nel caso opposto; - rendimento del collaterale: è l’interesse che si ottiene dall’investimento del collaterale (l’acquisto di un future non richiede infatti alcun investimento se non il mantenimento di un margine che però è anch’esso remunerato). Infine considerato che gran parte delle materie prime sono trattate in dollari il valore dell'investimento sarà influenzato positivamente o negativamente dall'andamento del tasso di cambio eur/usd. • Accedere al mercato delle commodities ad un costo molto contenuto: Come per gli ETF nessuna commissione di “Entrata”, di “Uscita” e di “Performance” è a carico dell’investitore, le commissioni di gestione sono contenute e sono applicate in proporzione al tempo di possesso del titolo attraverso la riduzione della quantità di materia prima di cui si ha diritto. Infine come per l’acquisto di un qualsiasi altro titolo sul mercato vanno considerate le commissioni di negoziazione applicate dalla propria banca/Sim. Modalità di investimento La gamma di commodities replicata dagli ETC è molto ampia e non si limita alle singole materie prime, ma si estende ai loro indici, sotto-indici e indici forward. Tutto ciò permette al risparmiatore, a seconda delle sue aspettative e della sua propensione al rischio, sia di scommettere sull’andamento positivo di una singola materia prima, sia di ottenere una posizione ben diversificata su un paniere di commodities acquistando: • più ETC su singole materie prime (Alluminio, Caffè, Rame, Granoturco, Cotone, Benzina, Oro, Olio Combustibile, Petrolio Brent, Petrolio Wti, Suini Magri, Bestiame Vivo, Gas Naturale, Nickel, Argento, Olio di Semi di Soia, Semi di Soia, Zucchero, Platino, Palladio, Frumento e Zinco); • gli ETC su indici legati a panieri omogenei di merci (Prodotti Agricoli, Energia, Cereali, Metalli Industriali, Bestiame, Petrolio, Metalli Preziosi, ecc.); • gli ETC su indici globali di commodities; • gli ETC su indici forward di commodities. Grazie alla negoziazione in Borsa gli ETC consentono un’ampia flessibilità di utilizzo, che li rende strumenti adatti a sfruttare qualsiasi aspettativa sull’evoluzione dei mercati o esigenza dei risparmiatori; possono in- Capitolo VI - Evoluzione e involuzione degli ETF. Gli ETC, ETN, ETP 117 fatti essere utilizzati sia per investimenti di breve periodo, al fine di cogliere i movimenti di una singola seduta di Borsa, che per quelli con un orizzonte temporale lungo, considerato che gli ETC non hanno una scadenza. Infine, se il proprio intermediario lo consente, possono essere venduti allo scoperto puntando al ribasso, o marginati al fine di porsi a leva sul loro andamento. Cosa è un ETN? Gli Exchange Traded Notes (ETN) sono strumenti finanziari emessi a fronte dell'investimento diretto dell'emittente nel sottostante (diverso dalle commodities) o in contratti derivati sul medesimo. Il prezzo degli ETN è, pertanto, legato direttamente o indirettamente all'andamento del sottostante. Similarmente agli ETF gli ETN: • sono negoziati in Borsa come delle azioni • replicano passivamente la performance del sottostante (tipicamente un indice) a cui fanno riferimento rientrando a pieno merito nella famiglia dei “cloni” Con gli ETN si ampliano le opportunità d’investimento; gli ETN infatti consentono agli investitori l’accesso a indici e sottostanti diversi dalle materie prime già coperte dagli ETC. Per ETN, infatti, si intende uno strumento finanziario derivato cartolarizzato emesso da una società veicolo che replica un indice azionario, obbligazionario, di valute o singole valute, tassi ecc. Il criterio che distingue gli ETN dagli ETC è esclusivamente la natura del sottostante: quando è una materia prima ci si riferisce agli ETC, mentre in tutti gli altri casi agli ETN. Entrambi gli strumenti condividono, invece, le medesime caratteristiche a proposito dell’emittente e della struttura dell’operazione. Gli ETN, infatti, al pari degli ETC anziché OICR sono titoli senza scadenza emessi da una società veicolo a fronte dell’investimento diretto nel sottostante o dell’investimento in contratti sul sottostante medesimo stipulati dall’emittente con operatori internazionali di elevato standing. Ciò che accomuna gli ETC e gli ETN è l’esistenza, per ciascuna classe di titoli, di un mercato primario e di un mercato secondario. Il mercato primario, accessibile esclusivamente agli intermediari autorizzati, consente la sottoscrizione e il rimborso dei titoli su base giornaliera al valore ufficiale dell'ETN. Il mercato secondario è rappresentato dal mercato di quotazione, dove tutti gli altri investitori possono negoziare gli ETN al prezzo deter- 118 Guida agli ETF 2012 minato dalle migliori proposte in acquisto e in vendita presenti sul book di negoziazione. La procedura di sottoscrizione e rimborso sul mercato primario consente agli intermediari specializzati di effettuare arbitraggi che fanno sì che il prezzo degli ETN sul secondario sia costantemente allineato al valore di mercato del sottostante come avviene per gli ETC. Principali caratteristiche Il mercato ETFplus, grazie alla quotazione in tempo reale degli ETN, ha reso accessibile a tutti gli investitori in maniera semplice, trasparente e con elevata liquidità, indici e sottostanti altrimenti non raggiungibili né con ETF né con ETC. In sintesi un ETN consente di: • Accedere direttamente al mercato sottostante: gli ETN replicano la performance di indici di diversa natura (di valute, tassi d’interesse, azionari, obbligazionari), grazie all’investimento diretto da parte della società emittente in contratti derivati sul sottostante stesso. Gli ETN consentono agli investitori di avere un’esposizione simile a quella che si otterrebbe gestendo una posizione lunga sull’indice sottostante. Ad oggi esistono ETN che replicano la performance di strategie su valute con leva finanziaria. • Accedere ad indici difficilmente investibili ad un costo contenuto: come per gli ETC nessuna commissione di “Entrata”, di “Uscita” e di “Performance” è a carico dell’investitore, le commissioni sono applicate in proporzione al tempo di possesso del titolo. Infine come per l’acquisto di un qualsiasi altro titolo sul mercato vanno considerate le commissioni di negoziazione applicate dalla propria banca/Sim. Fonte: Borsa Italiana ETF ed ETC: le principali differenze A cura della redazione finanzaediritto.it Cosa Sono gli ETC Gli Exchange Traded Commodities (ETC) sono strumenti finanziari emessi a fronte dell’investimento diretto dell’emittente o in materie prime fisiche o in contratti derivati su materie prime. Il prezzo degli ETC è, pertanto, legato direttamente o indirettamente all’andamento del sottostante. Le somiglianze tra ETC ed ETF sono quelle che seguono: - strumenti replicanti; - su entrambi gli strumenti finanziari citati esiste un mercato primario, riservato ad investitori professionali, ed uno secondario in cui vengono negoziati i titoli al prezzo determinato dalla migliore proposta in acquisto ed in vendita; - negoziati in continuo con caratteristiche del mercato simile (market maker ecc); - i costi di gestione sono bassi, inferiori all’1% e non vi sono costi di entrata o uscita (eccetto le commissioni di negoziazione) oppure commissioni di performance. Adesso passiamo alle differenze principali: - gli ETC sono titoli senza scadenza emessi da una società veicolo a fronte dell’investimento diretto nella materia prima; - il trattamento fiscale previsto per gli ETC è uguale a quello di altri strumenti finanziari come le azioni, infatti non sono assimilati ai fondi come gli etf e questo ha anche effetti dal punto di vista tributario. Capitolo VII ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori Un’opportunità d’investimento: il debito dei paesi emergenti in valuta locale Danilo Verdecanna, Managing Director State Street Global Advisors Italia PERCHE’ INVESTIRE NEL DEBITO DEI PAESI EMERGENTI IN VALUTA LOCALE? Se è vero che gli strumenti azionari dei paesi emergenti stanno diventando sempre più una componente standard dei portafogli di molti gestori istituzionali, gli investimenti in obbligazioni dei Paesi Emergenti sono stati finora molto meno comuni. Ad oggi la capitalizzazione dei mercati azionari emergenti costituisce il 26% di quella mondiale, mentre la stessa, solo alla fine del 2005, ne rappresentava il 13%1. Gli investitori hanno riflesso tale crescita all’interno dei propri portafogli, andando ad incrementare l’allocazione sull’azionario dei paesi emergenti, attirati dal superiore profilo di apprezzamento e dai benefici in termini di diversificazione offerti da tale asset class. Lo stesso fenomeno sta ora diffondendosi sul segmento del debito dei paesi emergenti. Si consideri infatti che il debito in valuta locale dei paesi emergenti al 31 Dicembre 2010 era pari a 1.300 miliardi di Dollari, con un aumento di oltre il 50% da inizio 20092. Considerato che le economie, le valute e l’efficienza dei mercati di questi paesi tenderanno a rafforzarsi, gli investitori potrebbero beneficiare dall’esposizione in valuta locale al debito dei mercati emergenti. L’opportunità di investire nel debito dei paesi emergenti in valuta locale si fonda su: - la possibilità di beneficiare della crescita dell’economia dei paesi emergenti e sulla loro solidità creditizia; - benefici derivanti dalla diversificazione; - rendimenti più elevati; - potenzialità di rendimento derivante dall’apprezzamento delle valute estere. 1 2 FactSet, SSgA Global ETF Strategy & Research, as of 31/3/2011. Barclays Capital Live, SSgA Global ETF Strategy & Research, as of 31/1/2011. 124 Guida agli ETF 2012 L’EVOLUZIONE DEL DEBITO DEI PAESI EMERGENTI IN VALUTA LOCALE Con riferimento alle proprie istituzioni finanziarie, i paesi emergenti stanno progressivamente divenendo equiparabili ai paesi sviluppati. Grazie alla continua emissione di debito ed alla liberalizzazione del mercato, il mercato obbligazionario di questi paesi si è evoluto in maniera significativa dalla prima volta in cui gli investitori hanno iniziato a guardare verso il debito dei paesi emergenti intorno al 1989-1990, quando, sulla scia dei default sui prestiti, i paesi dell’America Latina iniziarono ad emettere debito denominato in dollari. Per un lungo periodo, il debito emesso in dollari od altre valute dei mercati sviluppati ha dominato le emissioni nei mercati emergenti. Oggi, i governi dei paesi emergenti preferiscono emettere debito denominato nella loro valuta locale. Come risultato, l’ammontare del debito emesso in valuta locale supera quello denominato in dollari. Ciò è parzialmente dovuto alla domanda da parte di fondi pensione e cittadini che hanno raggiunto un livello di benessere superiore. In aggiunta, l’accresciuta liquidità e la possibilità di accesso al mercato hanno attratto investitori stranieri, che mirano a trarre beneficio dalla crescita e dalla diversificazione derivante da questa asset class in continuo sviluppo. L’emissione di debito dei paesi emergenti in valuta locale è cresciuta in modo impressionante. Solo per fornire un esempio, nel biennio conclusosi il 31 Dicembre 20103, tale valore è cresciuto di quasi il 50% - partendo da 880 per arrivare a 1.300 miliardi di Dollari. L’interesse crescente degli investitori nei mercati emergenti sembra essere destinato a continuare. Tale crescita è accompagnata da un aumento della liquidità, che permette allo stesso tempo l’accesso a questa asset class da parte di investitori domestici ed internazionali. Questa espansione ha altresì alimentato lo sviluppo di strategie d’investimento sia passive che attive per il debito dei paesi emergenti in valuta locale. I bilanci dei paesi emergenti sono anch’essi migliorati. Molti di loro detengono sostanziali riserve e sono ricchi di risorse naturali. In aggiunta, le loro economie orientate alla produzione ed all’esportazione contribuiscono ad un robusto livello di occupazione e livello dei consumi. 3 Barclays Capital Live, SSgA Global ETF Strategy & Research, as of 31/12/2010. Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 125 GRAFICO 1: CRESCITA DEL DEBITO NEI MERCATI EMERGENTI Fonte: SSgA Global ETF Strategy & Research, Barclays Capital Live, al 31 Dicembre 2010. GRAFICO 2: RAPPORTO DEFICIT-PIL TRA LE ECONOMIE EMERGENTI ED I PAESI SVILUPPATI Fonte: IMF 2010 (i dati al 2010 ed al 2015 sono proiezioni). 1.00 0.73 0.38 0.27 0.34 0.58 -0.07 0.16 0.01 0.79 0.7 0.61 0.46 0.47 0.58 -0.11 0.46 0.19 1.00 Liquidità EM 0.24 0.37 0.2 0.21 0.48 -0.14 0.33 1.00 Obbligazioni EM in USD -0.2 0.4 0.82 0.62 0.68 -0.27 1.00 Azionario Paesi Emergenti -0.25 0.42 1.00 0.8 0.79 -0.37 Azionario Europa -0.17 0.34 1.00 0.7 -0.36 Azionario Svizzera -0.22 0.25 1.00 -0.37 Azionario USA 0.17 -0.2 1.00 LIBOR 3 mesi Euro 0.46 1.00 1.00 Obbligazioni Obbligazioni Corporate governative Euro Euro Investment Grade Fonte: SSgA Global ETF Strategy & Research, Rexiter, Bloomberg. I rendimenti dell’indice sono non hedged in Euro. Le statistiche sono calcolate nel periodo dal 31 Dicembre 2002 al 30 Settembre 2011. Le asset class e gli indici sono indicati di seguito: Obbligazioni EM Valuta Locale (JPM GBI EM Global Diversified TR), Liquidità EM (JPM ELMI+ TR), Obbligazioni EM in USD (JPM EMBI Global Diversified TR), Azionario Europa (MSCI Europe), Azionario Svizzera (MSCI Switzerland), Azionario USA (S&P 500 TR), LIBOR 3 mesi Euro (BBA Libor 3 Month EUR), Obbligazioni Corporate Euro Investment Grade (BarCap Euro Aggregate Corporates), Obbligazioni governative Euro (BarCap Euro Agg Treasury) Obbligazioni EM Valuta Locale Liquidità EM Obbligazioni EM in USD Azionario Paesi Emergenti Azionario Europa Azionario Svizzera Azionario USA LIBOR 3 mesi Euro Obbligazioni Corporate Euro Investment Grade Obbligazioni governative Euro Obbligazioni EM Valuta Locale GRAFICO 3: LE CORRELAZIONI DEL DEBITO DEI MERCATI EMERGENTI CON LE ASSET CLASS TRADIZIONALI GENNAIO 2002– SETTEMBRE 2011 126 Guida agli ETF 2012 Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 127 Alcuni governi dei paesi emergenti potrebbero essere di fatto più meritevoli di credito rispetto alle loro controparti dei mercati sviluppati, che devono affrontare un significativo deficit pubblico, debito elevato e disoccupazione. La crisi del debito sovrano in Europa ha mostrato che anche i mercati obbligazionari dei paesi sviluppati incorporano dei rischi. Il rapporto deficit – PIL di alcune economie emergenti risulta sensibilmente più interessante di quelli di alcuni paesi sviluppati (Grafico 2). DEBITO DEI PAESI EMERGENTI IN VALUTA LOCALE – BENEFICI PER GLI INVESTITORI DIVERSIFICAZIONE L’investimento in strumenti di debito dei paesi emergenti emessi in valuta locale offre potenzialmente un miglior trade off rischio-rendimento. Storicamente questa asset class ha presentato una correlazione relativamente bassa con le asset class più tradizionali; ad esempio, ha mostrato una correlazione di 0,46 con i titoli obbligazionari investment grade europei e di 0.46 con le azioni europee nel periodo compreso tra il 2002 ed il 2010 (Grafico 3), mentre la correlazione con i titoli azionari dei mercati emergenti è stata di 0,61 durante lo stesso periodo. RENDIMENTI SUPERIORI Storicamente, il debito dei paesi emergenti in valuta locale ha offerto rendimenti significativamente superiori rispetto ai titoli di stato o societari dei paesi sviluppati. L’indice Barclays Capital Global EM Local Currency Liquid Government ad esempio presenta un weighted average yield to maturity di 6,24% rispetto al 2,41% dell’indice Barclays Capital Global Aggregate ed al 1,77% dell’indice Barclays Capital Global Treasury (Grafico 4). Gli indici dei paesi sviluppati internazionali non hanno un elevato yield come le corrispettive controparti dei mercati emergenti. Questa caratteristica potrebbe rivelarsi per quegli investitori che guardano con interesse agli yield e che potenzialmente siano disposti a tollerare una certa volatilità. APPREZZAMENTO DELLE VALUTE ESTERE Variazioni nei tassi di cambio esteri possono rappresentare una componente rilevante dei rendimenti negli investimenti nei mercati emergenti. Questo avviene in particolare per gli investimenti in titoli obbligaziona- Guida agli ETF 2012 128 GRAFICO 4: PROSPETTIVA SUGLI YIELDS NEI MERCATI EMERGENTI YIELD TO MATURITY (%) COUPON MEDIO (%) DURATION MODIFICATA (YRS) BARCLAYS CAPITAL GLOBAL EM LOCAL CURRENCY LIQUID GOVERNMENT INDEX BARCLAYS CAPITAL GLOBAL AGGREGATE INDEX BARCLAYS CAPITAL GLOBAL TREASURY INDEX BARCLAYS CAPITAL GLOBAL AGGREGATE CORPORATE INDEX 6.24 6.19 4.47 2.41 3.63 5.85 1.77 2.90 6.86 4.10 5.08 5.70 Fonte: SSgA Global ETF Strategy & Research, Barclays Capital, al 30 Settembre 2011. ri. Quando l’Euro si indebolisce nei confronti delle valute locali dei mercati emergenti, ad esempio, il prezzo delle obbligazioni di questi ultimi in valuta locale aumenta - e viceversa. Ad esempio, nel 2009 e nel 2010, l’apprezzamento delle valute dei paesi emergenti rispetto al Dollaro USA ha contribuito per quasi il 70% al rendimento totale dell’indice Barclays Capital EM Local Currency Government Bond4. Quando il dollaro si indebolisce rispetto ad una valuta locale, i prezzi dei titoli denominati in tale valuta salgono - e viceversa. Gli investitori sono attratti dalle opportunità di investimento offerte dall’investimento tattico nel debito dei paesi emergenti, in modo da trarre vantaggio dai trend che possono spingere verso l’alto le valute locali. Questi trend includono i seguenti fattori: - Forte crescita economica, specialmente a confronto della crescita dei paesi sviluppati - Inflazione crescente e tassi d’interesse nei paesi emergenti, che sono più elevati rispetto ai paesi sviluppati sotto questo aspetto - Pressione sui paesi dei mercati emergenti per permettere alle loro valute di rafforzarsi. IL PANORAMA DEL DEBITO EMERGENTE Il panorama del debito emergente in valuta locale include più di 370 emissioni in 20 paesi, emesse ognuna nella propria valuta locale. Non sorprende che siano i paesi più prossimi ad essere considerati sviluppati ad Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 129 emettere la maggiore quantità di debito, con conseguente aumento del loro peso negli indici standard. La Corea del Sud, ad esempio, è un paese al confine tra gli emergenti e sviluppati. S&P e MSCI hanno, infatti, opinioni discordanti a riguardo: S&P ha inserito la Corea tra i paesi sviluppati nel 2008, mentre MCSI continua a valutare l’opportunità di promuoverlo a sviluppato. Di conseguenza non deve sorprendere che, con più di 348 miliardi di Dollari di debito sovrano emesso in valuta locale, le emissioni della Corea del Sud superino del 180% quelle del paese che la segue. Inoltre, in fondo alla lista ci sono paesi come l’Argentina con solo 360 milioni di Dollari di debito emesso. La continua espansione del debito emergente in valuta locale come classe di attivo sia dal punto di vista strategico che tattico, genera di conseguenza una richiesta crescente di indici investibili. Nel tentativo di assicurare la diversificazione a livello paese e valutario, e limitare il dominio di un solo paese o valuta sugli altri, molti indici impongono limiti ai pesi di determinate categorie. Inoltre, il carattere illiquido e le difficoltà di accesso ad alcuni mercati di debito locale creano ulteriori barriere restrittive. I provider di indici hanno affrontato questa problematica implementando criteri minimi applicabili alla liquidità o all’ammontare del debito emesso. SPDR® BARCLAYS CAPITAL EMERGING MARKETS LOCAL BOND ETF Come leader nella gestione obbligazionaria globale e pioniere negli indici obbligazionari internazionali, Barclays Capital è tra i provider di indici obbligazionari più stimati e utilizzati. Con l’obbiettivo di creare un indice obbligazionario sui mercati emergenti, Barclays ha lanciato l’indice Barclays Capital EM Local Currency Liquid Government, che lo SPDR Barclays Capital Emerging Markets Local Bond ETF si propone di replicare. L’indice rappresenta un sottoinsieme dell’indice Barclays Capital EM Local Currency Government Bond. La principale differenza rispetto all’indice più ampio risiede nel limite fissato al 10% ed imposto all’esposizione per paese, con ridistribuzione proporzionale del valore di mercato in eccesso. L’indice esclude inoltre tutte le emissioni di ammontare inferiore al miliardo di Dollari. Questo limita l’influenza della Corea del Sud e dello Won, ridistribuendo l’esposizione in eccesso, assicurando in questo modo una migliore diversificazione a livello di paese e di valuta. 130 Guida agli ETF 2012 L’APPROCCIO “STRATIFIED SAMPLING” Lo SPDR Barclays Capital Emerging Markets Local Bond ETF utilizza un approccio denominato stratified sampling per replicare la performance dell’indice sottostante. Tale metodologia prevede la scomposizione del portagolgio secondo fattori di rischio investibili che includono principalmente: esposizione valutaria, curva dei rendimenti, duration, settori, qualità del credito, emittente e liquidità. I portafogli che utilizzano lo stratified sampling seguono delle linee guida di tolleranza per assicurare un’ampia rappresentazione dell’indice su diversi livelli e per generare performance limitando nel contempo il tracking error. SSgA è stata pioniere nelle metodologie di stratified sampling per replicare le caratteristiche significative dei benchmark, anche in contesti caratterizzati da un’elevata volatilità. Nella nostra esperienza, lo stratified sampling è il metodo più efficace di replica degli indici obbligazionari per costruire portafogli ampi qualora la metodologia di “full replication” non costituisca l’opzione più opportuna. Il processo di investimento si fonda su due fasi: - Analisi dell’universo di’investimento utilizzando un’ampia gamma di strumenti analitici. - Costruzione di un portafoglio che rispecchi il più fedelmente possibile le diverse dimensioni delll’indice di riferimento con l’obiettivo di minimizzare i costi di transazione e di mantenere nel contempo riserve di liquidità Utilizzando un approccio di stratified sampling, il tracking error può essere limitato attraverso l’applicazione di rigorose linee guida in merito GRAFICO 5: CARATTERISTICHE DELL’INDICE BARCLAYS CAPITAL EM LOCAL CURRENCY GOVERNMENT INDEX NUMERO DI POSIZIONI 395 PATRIMONIO NETTO (IN MILIARDI DI $) 1,419 MODIFIED DURATION (YRS) 4.41 YIELD TO MATURITY (%) 6.11 CEDOLA(%) 5.75 YIELD TO MATURITY (%) 6.20 BARCLAYS CAPITAL EM LOCAL CURRENCY LIQUID GOVERNMENT INDEX 248 1,302 4.47 6.24 6.19 6.41 Fonte: SSgA Global ETF Strategy & Research, Barclays Capital, JP Morgan, al 30 Settembre 2011. Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 131 FIGURE 6: RIPARTIZIONE PER PAESE Corea del Sud Brasile Messico Polonia Malesia Sud Africa Turchia Russia Tailandia Indonesia Repubblica Ceca Colombia Israele Filippine Ungheria Egitto Perù Cile Croazia BARCLAYS CAPITAL EM LOCAL CURRENCY GOVERNMENT INDEX 24.80 13.82 7.55 7.28 5.26 4.99 4.78 4.70 4.70 4.17 3.56 3.47 2.94 2.51 2.30 1.84 0.72 0.32 0.30 BARCLAYS CAPITAL EM LOCAL CURRENCY LIQUID GOVERNMENT INDEX 10.00 10.00 10.00 10.00 6.64 7.38 7.06 6.23 5.26 5.05 4.91 5.00 4.30 2.61 3.40 1.39 0.76 0.00 0.00 Fonte: SSgA Global ETF Strategy & Research, Barclays Capital, JP Morgan, al 30 Settembre 2011 all’esposizione in termini di duration, qualità del credito, stagionalità, valuta e “opzionalità”. Tale processo è ulteriormente potenziato dall’apporto di gestori esperti che mantengono possibilità di intervento discrezionale, in modo da essere in grado di reagire tempestivamente agli eventi di mercato. CONCLUSIONE É probabile che gli investitori guarderanno al periodo 2008-2010 come al momento in cui il debito dei paesi emergenti in valuta locale ha lasciato il suo stadio iniziale e guadagnato il titolo di classe di attivo comune nei portafogli degli investitori. Con una crescita del 50% negli ultimi due anni, sembra che il debito emergente stia ripercorrendo la strada preceden- 132 Guida agli ETF 2012 temente seguita dalle azioni emergenti. Se aggiungiamo le prospettive di incremento di valore delle valute emergenti per investitori esteri e la copertura naturale di asset in valuta forte nei portafogli, l’outlook può solo rafforzarsi. Crediamo che lo SPDR Barclays Capital Emerging Markets Local Bond ETF costituisca un veicolo efficiente ed economicamente vantaggioso per trarre vantaggio da questa crescita prevista. CHI DOVREBBE INVESTIRE E PERCHÉ? - INVESTITORI CHE CERCANO DI TRARRE VANTAGGIO DALLA CRESCITA DELLE ECONOMIE EMERGENTI: la crescita dei mercati emergenti ha il potenziale di accrescere il valore delle valute locali e delle relative obbligazioni. Inoltre la capacità di credito delle obbligazioni emesse dai paesi emergenti sta guadagnando favore rispetto alle obbligazioni emesse da alcuni paesi sviluppati. - INVESTITORI CHE CERCANO IL RENDIMENTO: le obbligazioni emergenti in valuta locale offrono rendimenti significativamente più alti delle obbligazioni emesse dai paesi industrializzati, purché gli investitori siano pronti a tollerarne la volatilità - INVESTITORI TATTICI CHE INDIVIDUANO OPPORTUNITÀ NEL BREVE TERMINE: l’ETF permette agli investitori di investire nelle obbligazioni emergenti in un momento preciso, quando essi ritengono che siano ben posizionate per ottenere performance superiori RISCHI CONNESSI ALL’INVESTIMENTO IN DEBITO DEI PAESI EMERGENTI IN VALUTA LOCALE - Per trarre vantaggio dalla diversificazione, gli investitori devono tipicamente assumere più rischio. Le obbligazioni dei paesi emergenti in valuta locale presentano alcuni rischi che non sono tipici dei titoli di stato dei paesi sviluppati. Tali rischi comprendono: - La possibilità di accesso e la liquidità nel mercato possono variare rapidamente. Questo è anche dovuto al fatto che nel benchmark sono disponibili meno emissioni di grandi dimensioni rispetto ai paesi sviluppati. I mercati dei paesi emergenti hanno storicamente fatto registrare riduzioni nella liquidità degli scambi duranti le crisi di mercato. Come risultato, la volatilità potrebbe essere potenzialmente elevata. Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 133 - I paesi esteri possono imporre dei controlli valutari o cambiare il livello di tassazione delle obbligazioni, condizioni che possono mettere a rischio la profittabilità degli investimenti. I governi possono restringere i flussi valutari in entrata od uscita. Potrebbero altresì creare od innalzare le tasse connesse agli investimenti. - I rischi politici nei mercati emergenti possono essere superiori rispetto ai paesi sviluppati. Cambiamenti politici potrebbero rendere i paesi meno solvibili. Intervista con Emanuele Bellingeri, Managing Director e Responsabile di iShares per l’Italia A cura della redazione Recentemente, l’industria degli Etf è finita sul banco degli imputati di alcuni organismi regolamentari internazionali che hanno creato nuove pressioni perché questa definisca migliori pratiche in termini di trasparenza e prestito titoli. Quale è la situazione attuale del mercato a seguito di queste preoccupazioni? Per circa due decenni, gli ETF hanno permesso agli investitori di accedere, in modo trasparente e con costi contenuti, ad una vasta gamma di asset class. Quando furono lanciati, gli ETF introdussero, tra gli altri vantaggi per gli investitori, nuovi livelli di trasparenza e informativa. Tuttavia, lo sviluppo di ETF e prodotti affini con strutture progressivamente più complesse, non sono sempre riusciti a mantenere tali standard, introducendo nuovi rischi. I critici si sono chiesti se la vigente normativa garantisca agli investitori un elevato livello di comprensione in merito alle caratteristiche dei prodotti che stanno acquistando, apprezzando, nel contempo, i rischi e i costi ad essi connessi. L’industria ha molto lavoro da fare per affrontare queste critiche, compreso lo sviluppo di nuove regole in tema di trasparenza e di orientamento nei rapidi cambiamenti del mercato. iShares ha risposto positivamente alle sollecitazioni delle Autorità aumentando ancora di più il livello di trasparenza come ad esempio sull’attività di prestito titoli. L’auspicio è che queste best practice vengano prese ad esempio da tutta l’industria. In particolare abbiamo proposto alcune riforme per aiutare gli investitori nella selezione dei prodotti più adatti al proprio profilo, in particolare: 1) Etichettatura chiara della struttura del prodotto e obiettivi di investimento. Nonostante alcune caratteristiche siano comuni a tutti gli ETF, il termine “ETF” ha assunto una valenza generica utilizzata per connotare prodotti che presentano un’ampia gamma di differenti strutture: tale situazione ha portato ad una confusione tra gli investitori. Gli Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 2) 3) 4) 5) 135 investitori dovrebbero invece sapere cosa stanno comprando e quali sono obiettivi di investimento di un certo prodotto. Divulgazione frequente e tempestiva di tutte le partecipazioni e le esposizioni del fondo. Proprio come gli investitori dovrebbero comprendere la struttura di qualsiasi “prodotto quotato (exchange traded) che stanno acquistando, essi dovrebbero anche capire ciò che quel prodotto racchiude. A tal fine, gli emettenti dei vari prodotti dovrebbero essere obbligati a comunicare in modo chiaro ciò che il prodotto contiene, unitamente ad ogni altra esposizione finanziaria connessa. Norme sicure e chiare per diversificare le controparti e la qualità dei collaterali. Oltre alla divulgazione, occorre stabilire delle norme relative l’esposizione alla controparte e la qualità delle garanzie fornita dalle controparti. Come riportato nell’allegato, esistono diversi regimi normativi con altrettanti approcci alla gestione dell’esposizione alla controparte. Guardiamo all’esposizione alla controparte, in generale, per poi focalizzarci sulle best practice in tema di contratti swap e di prestito titoli. Divulgazione di tutte le commissione e costi sostenuti, compresi quelli di controparte. Gli investitori devono avere una completa visibilità su tutti i costi e i ricavi associati a un fondo, in modo da poter stabilire in modo chiaro il costo totale di un ETF. Attualmente la maggior parte dei siti dei provider di ETF pubblicano i costi di gestione, spesso indicati come total expense ratio o TER. Noi riteniamo si debbano stabilire standard globali uniformi che determinino quali commissioni aggiuntive e costi siano inclusi (o esclusi) dal TER, consentendo all’investitore di comprendere il vero costo totale per acquistare, mantenere in portafoglio e vendere un ETF. Reportistica comune per tutti i prodotti negoziati. Una delle principali motivazioni che ha portato alla diffusione degli ETF tra gli investitori riguarda la possibilità di negoziarli in una Borsa riconosciuta per tutto l’arco della giornata. Varie giurisdizioni, tuttavia, hanno regole diverse per quanto riguarda la segnalazione di operazioni in borsa. Una delle principali iniziative normative, sia negli Stati Uniti che in Europa, è quello di spostare le negoziazioni over-the-counter (OTC) dei derivati su un mercato con una Cassa centrale di compensazione. L’obiettivo di queste norme è di di ridurre il rischio sistemico e ad au- 136 Guida agli ETF 2012 mentare la trasparenza. Allo stesso modo, gli ETF devono essere sottoposti ad uno schema di reportistica delle negoziazioni standardizzato. In che modo è possibile, secondo lei, conciliare l’esigenza di fornire un’adeguata informazione ai clienti con quella di tutelare la proprietà intellettuale degli emittenti? E’ necessario fornire sempre un’adeguata informativa agli investitori, ma allo stesso tempo è giusto tutelare la proprietà individuale delle società prodotto. Questa esigenza è inferiore quando si parla di gestione passiva rispetto a quanto avviene per la gestione attiva. In questo caso infatti il gestore compie delle scelte che incidono in misura sostanziale sui risultati della gestione e possono essere facilmente replicati da altri operatori di mercato che beneficerebbero di analisi/intuizioni non proprie. Per quanto riguarda invece la gestione passiva, le expertise dei singoli emittenti sono più difficili da replicare, anche per gli ingenti investimenti che devono essere effettuati per creare una piattaforma efficiente e per le economie di scala necessarie. A questo riguardo, infatti, è bene ricordare che un ETF per raggiungere il break even si stima debba avere mediamente 100 milioni di dollari di masse. Per le ragioni suddette è possibile fornire una disclosure maggiore. D’altro canto non bisogna però correre il rischio di disperdere risorse fornendo informazioni che non vengano effettivamente utilizzate dagli investitori. Un investitore può avvalersi di strumenti semplici ed economici come gli Etf per diversificare i propri investimenti seguendo le diverse fasi del ciclo economico. In che modo? Gli ETF possono essere utilizzati per soddisfare efficacemente innumerevoli esigenze di portafoglio, sia di breve che di medio/lungo periodo, a costi contenuti. Gli stessi rappresentano infatti gli strumenti essenziali per una corretta implementazione dell’asset allocation. Negli anni più recenti proprio l’asset allocation è passata in secondo piano rispetto a stock/fund picking. Sono certo che l’avere sempre più a disposizione strumenti così efficienti ed in grado di coprire le diverse asset class possa portare uno sviluppo maggiore di portafogli costruiti attraverso l’asset allocation come principale motore di alpha. In tutte le situazioni di mercato, il vantaggio principale degli ETF è sicuramente quello di essere liquidi. Nelle fasi di elevata volatilità, come quel- Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 137 la recente, infatti è necessario avere strumenti che permettano all’investitore di entrare ed uscire in tempo reale dal mercato conoscendo il prezzo che viene applicato. Se li confrontiamo con altri prodotti notiamo infatti che, rispetto ad esempio ai fondi comuni, gli ETF posso essere trattati intraday e non bisogna aspettare fine giornata per conoscere il prezzo NAV di acquisto/vendita. Se invece confrontiamo gli ETF con i singoli titoli entrambi sono scambiati in tempo reale con la differenza che se si utilizzano gli ETF con una sola operazione si acquista un paniere di titoli, alcune volte anche molto ampio, quindi con la massima diversificazione. Questa caratteristica è utile particolarmente in fasi di discesa dei mercati per due ragioni. Da una parte i rischi relativi al singolo titolo/emissione in alcuni casi è troppo elevato e dall’altro in queste situazioni le quotazioni molto spesso non riflettono i fondamentali e quindi anche mercati o aziende meritovoli vengono impattati dall’andamento generale del mercato. Molti sostengono che se si intende sviluppare il mercato europeo non si può prescindere dall’Italia, che è in rapida espansione e ha forti volumi su indici non domestici. Questa caratteristica la contraddistingue rispetto ad altri mercati europei, più concentrati sui panieri nazionali. Lei cosa ne pensa? L’Italia rappresenta una delle economie principali dell’area Euro ed uno dei Paesi dove il risparmio delle famiglie risulta più elevato. Conseguentemente, lo sviluppo di strumenti di investimento a livello europeo non può prescindere dall’Italia, come l’esperienza ha mostrato più volte in passato. Per quanto riguarda gli indici ci sono due fattori da considerare, il primo e’ la capitalizzazione dei titoli azionari presenti all’interno dell’indice FTSE MIB, molto più bassa rispetto ad altri indici europei di singoli paesi quali il DAX, o regionali quali Eurostoxx50 oppure americani quali S&P500. Il secondo aspetto e’ dato dalla forte esposizione al settore finanziario domestico, questo ha spinto gli investitori a scegliere, negli ultimi mesi, indici più diversificati dal punto di vista settoriale e geografico. Stiamo però assistendo ad un ritorno di interesse verso l’indice FTSE MIB e potremmo assistere ad una ripresa dell’utilizzo di questo indice nel prossimo futuro. Detto ciò, l’elemento diversificazione rimane molto importante quindi, in generale, è opportuno costruire indici non investendo sul listino nazionale ma diversificando il più possibile. 138 Guida agli ETF 2012 Quanto è importante il tema dell’educazione finanziaria degli investitori affinché essi possano scegliere in modo consapevole, sulla base di informazioni il più possibile complete e non solo di etichette? L’educazione finanziaria riveste un ruolo fondamentale affinchè i patrimoni degli investitori vengano gestiti in maniera consapevole. Tuttavia ogni operatore del settore dovrebbe avere un ruolo relativo alla propria offerta. Mi spiego meglio. Come iShares riteniamo che la nostra principale azione informativa e di education debba essere anzitutto rivolta a investitori professionali, in particolare ai consulenti finanziari. L’ETF è, ad esempio, uno strumento per il portafoglio di clienti privati ma che necessita l’intermediazione di un consulente per la costruzione del portafoglio. Dunque i nostri principali interlocutori sono gli investitori professionali. Agli intermediari tocca, a loro volta, il compito di gestire l’education verso il risparmiatore finale per una gestione più consapevole dei risparmi. Nel processo di selezione degli Etf, quali sono i fattori più importanti che gli investitori devono prendere in considerazione? Nel processo di selezione degli ETF gli investitori devono considerare diversi fattori che possono essere pesati diversamente in base al mandato e agli obbiettivi predefiniti. Un fondo pensione per esempio userà un approccio diverso rispetto ad un private banker. Vi sono comunque degli aspetti comuni indipendenti dalle strategie d’investimento che dovrebbero essere sempre considerati. La struttura per esempio è importante per valutare quale sia il rischio controparte che si intende sopportare. Vi sono infatti quattro principali tipologie di ETF: quelli costruiti con sottostanti fisici che si suddividono a loro volta tra quelli che svolgono attività di prestito titoli o meno e quelli swap based che utilizzano derivati e possono essere unfunded o fullyfunded. La liquidità è un altro aspetto importante perchè, soprattutto nei periodi di elevata volatilità e turbolenza, l’esigenza degli investitori è quella di utilizzare prodotti che presentano una liquidità elevata in modo da poter investire/disinvestire in tempo reale e con costi contenuti. Tracking error e tracking difference misurano la qualità della gestione calcolata come aderenza al benchmark. L’obiettivo degli ETF infatti è quella di replicare il più fedelmente possibile l’indice di riferimento senza presentare scostamenti elevati. Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 139 I costi rappresentano un altro aspetto importante e nella valutazione degli stessi è fondamentale non soffermarsi solo sul TER ma considerare anche i costi di bid/ask spreads, di negoziazione e la riduzione che può apportare ai costi totali l’attività di prestito titoli. Proprio su questo argomento è necessario valutare quali possano essere i benefici e i rischi per l’investitore. In ultimo è necessario fare alcune considerazioni sulle tasse. Acquistare un ETF non Ucits ad esempio, per un investitore italiano, potrebbe comportare un trattamento fiscale diverso rispetto a prodotti Ucits. Quale sarà la vostra strategia nel prossimo futuro in termini di educazione finanziaria e prodotti? iShares da una parte continua il proprio impegno per migliorare i prodotti esistenti e lanciare nuove soluzioni che soddisfano le esigenze degli investitori, dall’altra per aumentare il servizio offerto ai clienti e all’industria nel suo insieme in modo da accrescere gli standard di trasparenza. Per quanto riguarda i prodotti è necessario, infatti, non solo lanciare nuovi ETF, magari cavalcando l’ultima moda del momento o trovando le soluzioni più innovative, ma soprattutto lavorare con i team di gestione e i market maker per rendere più efficienti i prodotti esistenti. Lo sviluppo degli ETF tra gli investitori istituzionali è avvenuto, infatti, grazie anche al miglioramento delle tecniche di replica ed all’aumento degli operatori che forniscono liquidità sul mercato. L’educazione degli investitori rimane uno dei nostri cavalli di battaglia e l’impegno in tal senso sarà sicuramente crescente su tutti i segmenti di utilizzatori. Grazie a queste attività Intendiamo consolidare la nostra leadership a livello modiale ed europeo e considerando i flussi del 2011 il mercato sembra proprio andare nella nostra direzione. La preferenza degli investitori per i prodotti iShares, infatti, a fine settembre ci ha permesso di raggiungere la prima posizione per masse gestite anche in Italia. Interview with Joe Linhares, Head of iShares EMEA Alessia Liparoti Mister Linhares, today iShares presents the new Due Diligence Guide about ETF and recent industrial growth. Which data does this Guide bring out? Over the last decade, Exchange Traded Products (ETPs) have soared in popularity, allowing investors to gain low cost, transparent, liquid and tax efficient access to a broad range of asset classes. The industry has grown from 106 ETPs with assets under management of US$79 billion in 2000, to 3,987 ETPs with assets under management of US$1,626 billion globally at the end of H1 2011. About half of these ETPs (1,737) are located in Europe, with assets under management totalling $355 billion. The types of ETPs have also grown, and have brought new elements of complexity to the ETF market. Despite the growth, ETPs remain a relatively new instrument available to European investors. Since the financial crisis in 2008, which left many investors recognising just how little they knew about their investments, demands for more transparency and insights into the workings of investment products have increased dramatically. Differences between ETPs were thrown into sharp relief when investors realised that some of these structures did not offer the equivalent, or any, of the protections that are inherent in fund structures. In parallel there have been calls for a greater understanding of the fast-growing ETP industry, where transparency and the standardisation of ETP product characteristics have become equally important to investors. The due diligence campaign establishes a consistent and robust framework by which professional investors can evaluate and understand structural risk in addition to market risk. At the heart of the framework are six key criteria to be investigated prior to investing in any ETPs: Structure, Tax, Performance, Trading and Valuation, Total Cost of Ownership and Securities Lending. It all starts with asking the right questions. The framework provides a list of questions investors should ask in order to thoroughly compare and Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 141 contrast the various structures established in iShares’ proposed new classifications. The four step decision process follows six chapters in the Due Diligence guide covering the above-mentioned key criteria in depth, and is illustrated with client case studies. According to iShares, in Europe, ETPs had net outflows of US $688 million in September. Within the equity category, European investors have continued to invest in German equity ETPs. For many investors, German equities are now viewed as both a value play and a more defensive trade within European equity markets. As far as ETFs in Europe are concerned, how do you consider the scenery for the next six months? Yes, however, within the equity category, country ETPs collected US$1.1bn in September 2011. This was primarily driven by Germany with Net New Assets (NNA) of US$0.7bn and the UK, NNA of US$0.3bn. In fact, the iShares DAX is still the largest ETP in Europe as at the end of Q3. iShares increased its market share in September reflecting a growing preference from investors for physically-replicating ETFs over synthetic products. In fact, we have seen a fall in AuM in synthetic products from US$128.6bn at the end of 2010 to US$110.1bn at the end of Q3 2011. We expect this trend to continue throughout 2011 and into the New Year, in line with what we are currently experiencing. What about the importance of Asian and African markets? Is it strategic for iShares to develop the offer of the Islamic finance products in Europe? iShares currently offers Shari’ah compliant products on global, US and Emerging Markets indices. We also offer iShares MSCI South Africa which is available for Italian investors. In a recent interview you said: «We still have space to grow in commodities, there is definitely space in fixed income and we might look more at alternatives» (Ifaonline.co.uk 2/09/2011). Therefore, which are iShares future strategies? Our priorities for 2012 will be to sustain and grow our ETF market share by launching physical backed ETFs which provide the core values investors are looking for in terms of transparency, simplicity and cost efficiency. In terms of asset class exposure, there will be a particular focus on 142 Guida agli ETF 2012 fixed income, commodities and multi-asset class type products. We will continue to spend a significant amount of time educating investors about the uses and benefits of ETFs particularly following the regulatory scrutiny during the course of 2011. Joseph Linhares, Managing Director, is BlackRock’s head of EMEA iShares. Prior to assuming his current role in 2010, Mr. Linhares was the head of US iShares Sales, where he was responsible for sales of exchange traded products in the United States. Mr. Linhares’ service with the firm dates back to 2000, including his years with Barclays Global Investors (BGI), which merged with BlackRock in 2009. At BGI, he previously served in a number of roles in RIA, Institutional and Cash. Prior to joining BGI, Mr. Linhares was a member of Worldwide Securities Services at Citibank, where he was responsible for covering investment managers and insurance companies. Mr. Linhares began his career in 1989 covering financial institutions at Chase. Mr. Linhares earned a BS degree in economics from Arizona State University in 1988 and an MBA degree in finance from Fordham University in 1993. Dal 25esimo alla battaglia contro la Tobin Tax. Intervista esclusiva a Michele Calzolari, Presidente di ASSOSIM A cura della redazione Dottor Calzolari, questo è un anno importante per Assosim che festeggia il 25esimo anniversario. Un bel traguardo… La nostra associazione è nata alla fine degli anni Ottanta ma ha preso la sua forma attuale nel 1991 con la legge sulle Sim. Originariamente è nata per assistere queste nuove figure professionali, evoluzione degli agenti di cambio, e si rivolgeva a un’attività specifica che è quella della negoziazione in Borsa. Nel tempo i mercati sono molto cambiati e oggi la nostra associazione segue diversi investimenti: non solo la negoziazione, ma anche la gestione patrimoniale piuttosto che la consulenza o il collocamento nel mercato primario. È un’associazione a tuttotondo più legata al mondo dei titoli e dei mercati mobiliari. E lunedì 14 novembre i festeggiamenti per il quarto di secolo dell’Associazione sono stati l’occasione per fare il punto della situazione. Quali dibattiti avete affrontato? Per celebrare questo compleanno abbiamo deciso di organizzare un convegno che in Borsa dove sono stati degli studi abbastanza tecnici sui derivati, considerati spesso uno strumento del demonio, mentre noi abbiamo cercato di dimostrare che così non è. A seguire c’è stata una tavola rotonda sull’annosa questione delle quotazioni delle Piccole e Medie Imprese in cui sono stati interpellati non solo gli operatori, ma anche le società che si quotano e gli investitori. Da ultimo abbiamo illustrato una ricerca su un tema specifico di Back Office che si chiama “Target2Securities”, progetto a livello europeo per il regolamento delle operazioni che le diverse banche centrali fanno sul Continente allo scopo di capire a che punto siamo e che tempi ci vorranno. Non è mancato un approfondimento sulla Piazza finanziaria di Milano e sulla sua perdita di importanza, oltre al futuro degli intermediari. Il tutto attraverso l’intervento di personalità di spicco del mondo dell’industria e della finanza oltre al Presidente della Consob che parlerà dell’evoluzione della vigilanza nei prossimi anni. 144 Guida agli ETF 2012 Venendo alle attuali e poco incoraggianti contingenze economiche e al clima di incertezza politica, come state affrontando questo periodo? Su quali fronti vi state orientando? Assosim ha sostanzialmente due funzioni: una di assistenza agli associati, che cerchiamo di aiutare ad adeguarsi ogni volta che ci sono novità legislative; la seconda è quella di fare da interfaccia alle istituzioni europee e italiane per verificare che queste continue norme che vengono approvate non siano tali da essere controproducenti. In particolare cito due casi recenti: una è la questione delle short selling di questa estate, le vendite allo scoperto, dove abbiamo fatto una notevole opposizione. Il mercato funziona in due direzioni e non ha molto senso bloccarne una, soprattutto imponendo delle disposizioni a un singolo Paese o a una singola area col solo effetto di indurre a spostarsi da un’altra parte. Quindi l’idea iniziale di bloccare le vendite allo scoperto solo in Italia sarebbe stato deleterio, perché avrebbe provocato una fuga verso gli altri paesi. Alla fine è stato deciso di adottare questa normativa a livello di quasi tutta Europa per cui l’esito è stato migliore, ma in sostanza si tratta di un tipo di approccio restrittivo che secondo noi va cancellato al più presto. Più di recente si è aperta la discussione sulla cosiddetta Tobin Tax, una tassazione sulle transazioni finanziarie. Anche questo è un provvedimento che secondo noi va valutato attentamente perché avrà un effetto fortissimo sull’industria e dei vantaggi molto modesti. E poi si dovrebbe applicare ai paesi europei, sebbene la Svizzera non sarà toccata e quindi ci sarà un incentivo a spostare le transazioni lì. Immagini tutti i trading online che fanno migliaia e migliaia di operazioni per i quali quel tipo di tassa può diventare devastante. Forse diventa più vantaggioso aprirsi un conto non ufficiale, niente di segreto, ma in un paese che non è intaccato come la Svizzera. Noi come associazione, a livello di Parlamento italiano ed europeo, intendiamo cominciare un confronto il più serrato possibile per vedere di far cambiare idea ai legislatori. Insieme alle altre associazioni europee abbiamo dato il mandato a una società di consulenza importante per fare uno studio ad hoc sulla Tobin Tax. Recentemente, l’industria degli Etf è finita sul banco degli imputati di alcuni organismi regolamentari internazionali che hanno creato nuove pressioni perché questa definisca migliori pratiche in termini di trasparenza e prestito titoli. Quale è la sua opinione a riguardo? Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 145 Io sono sempre stato a favore degli Etf, perché ritengo siano uno strumento molto agile, flessibile, che costa poco, molto adatto a coloro che vogliono fare trading, ma anche per coloro che vogliono avere delle gestioni passive per i quali l’idea di continuare a pagare un fondo di investimento molto caro quando c’è un Etf non sia proficuo. Non credo, come alcuni hanno sostenuto, che ci sia stato un uso esagerato di Etf per superare il blocco delle vendite allo scoperto di cui si accennava prima. Io effettivamente non credo sia stato quello il problema vero. Semmai c’è da discutere, quando si mettono questi blocchi, se le cose funzionano allo stesso modo anche sulle operazioni fatte dai mercati non regolamentati (ad esempio operazioni fatte long su long). Onestamente penso che le possibilità di controllo fatte dalle autorità di vigilanza siano inferiori, quindi sarebbe più opportuno guardare lì che non agli Etf. Invece sul fronte degli Exchange Traded Funds c’è un altro tema che mi preoccupa di più, legato alla trasparenza. In molti casi accade che chi è dietro gli Etf, non prende tutti i titoli, ma si assicura da un altro intermediario attraverso quello che è chiamato un equity swap. In quel caso il risparmiatore che compra l’Etf, senza saperlo si assume il rischio controparte di questa terzo soggetto che, qualora fallisse, non sarebbe in grado di corrispondere all’ignaro risparmiatore il suo denaro. Con lo sviluppo degli Etf, questo secondo me è diventato un problema enorme e serio. Sebbene in diversi casi sia inserita nel prospetto informativo la possibilità che vengano utilizzati anche degli equity swap al posto di acquisire il paniere, credo che il tutto andrebbe esplicitato in maniera più evidente. A proposito di corretta informazione, quanto è importante il tema dell’educazione finanziaria degli investitori affinché possano scegliere in modo consapevole e sulla base di indicazioni il più possibile complete? Il tema della formazione e dell’educazione finanziaria è molto importante e molto sentita. Anche noi abbiamo iniziato una serie di progetti educativi. La difficoltà è che sono fatti su internet. Questo è il modo più semplice e immediato, ma non può dare garanzie sull’effettiva visione e consultazione di questi strumenti. Io credo che l’educazione finanziaria vada fatta comunque a livello scolastico, inserendola come materia obbligatoria. Non parlo di un corso quinquennale, ma le regole basilari secondo me andrebbero insegnate ai giovani in modo tale che si evitino gli errori del passato. A me poi piace molto la cosiddetta “finanza comporta- 146 Guida agli ETF 2012 mentale”, questa nuova teoria della finanza che spiega come mai tutti quanti tendiamo a ripetere gli stessi errori e questo è dovuto a ragioni di ordine psicologico. Queste teorie dimostrano che siamo tutti troppo sensibili, troppo avidi, poco attenti ai rischi, tendiamo a leggere soltanto le notizie che confermano quello che pensiamo e non attribuiamo importanza a quelle che dicono il contrario. Oppure in Borsa: quando si perde si tende a pensare, “ma sì resisto, tanto poi rimbalza”, fino a quando invece non si scopre che si è perso il 30%. Invece dall’altra parte, appena uno comincia a guadagnare, magari vende subito. Sono errori tipici e comuni, difficili da sradicare perché fanno parte del carattere e degli aspetti della psiche umana. Come in ogni occasione, tuttavia, la conoscenza è fondamentale. Risparmiatore informato, mezzo salvato. Un po’ più di educazione non farebbe male a nessuno. Quale sarà la vostra strategia nel prossimo futuro in termini di consulenza agli operatori del mercato mobiliare? L’attività come siamo stati abituati a farla negli ultimi 25 anni non esiste più. Oggi la Borsa è purtroppo, o per fortuna, una cosa diversa. Sta prendendo sempre più piede questo concetto, High Frequency Trading. Ci sono sistemi computerizzati che inseriscono automaticamente gli ordini di continuo e ne cancellano anche centinaia e centinaia in un giorno. È chiaro che è totalmente diverso da quello a cui eravamo abituati noi con la ricerca sul titolo, vedere se era buono o meno, spiegarlo al cliente. Credo che tutti dobbiamo riflettere su qual è il ruolo vero della Borsa. Noi siamo sempre stati abituati a pensare che la Borsa fosse uno dei luoghi dove il risparmio delle famiglie può e viene trasferito alle imprese, quindi con una funzione legata all’economia reale. Oggi è diventata più qualcosa in cui sembra ci sia una scommessa alla base e che se sottostante ci sia un titolo Fiat o quello di una banca non ha alcuna importanza, quello che conta è che tra due secondi e mezzo sia più alto in modo che possa rivendere e guadagnarci. È giusto o sbagliato? Non lo so, io personalmente credo sia un po’ sbagliato, però è qualcosa che sta accadendo. Certo, di fronte a questo è chiaro che anche i nostri intermediari devono cambiare tipo di atteggiamento e quindi anche la nostra associazione deve darsi una mission un po’ diversa. Intervista a Sergio Trezzi, Co-Head European Retail Business at Invesco Ltd A cura della redazione Recentemente, l’industria degli Etf è finita sul banco degli imputati di alcuni organismi regolamentari internazionali che hanno creato nuove pressioni perché questa definisca migliori pratiche in termini di trasparenza e prestito titoli. Quale è la situazione attuale del mercato a seguito di queste preoccupazioni? Se ne è parlato molto nelle ultime settimane e per quanto mi riguarda concordo con il Financial Stability Board sul fatto che fare chiarezza sugli ETF è diventato indispensabile. Si sta andando verso un’etichettatura ben distinta e necessaria per metter ordine tra due tipologie di prodotti ben distinte, ossia fisici (o “cash based”) da una parte e sintetici (“swap based”) dall’altra. Il problema principale tuttavia non credo sia l’utilizzo o meno di derivati all’interno degli ETF - oggi in Europa quasi 3 cloni su 4 ne fanno uso - piuttosto la mancanza d’informazione e poca trasparenza nei confronti degli investitori, principalmente quelli che ancora prediligono il fai da te. Se all’inizio il prodotto veniva semplicemente offerto al cliente, ora è necessario che all’atto di vendita l’investitore sia supportato da informazioni specifiche e chiare, nonchè da una consulenza post-vendita. In che modo è possibile, secondo lei, conciliare l’esigenza di fornire un’adeguata informazione ai clienti con quella di tutelare la proprietà intellettuale degli emittenti? Ritengo ci siano ampi margini di miglioramento per garantire agli investitori la massima trasparenza e informazione possibile e tutte le case emittenti sono chiamate a lavorare in questa direzione, pena la naturale esclusione dal mercato da parte degli stessi risparmiatori. Per quanto riguarda la nostra gamma prodotti Invesco PowerShares ha deciso di adottare la tecnica” cash based” per rispecchiare al meglio le proprie caratteristiche di gestore. La metodologia” swap based” è stata utilizzata in maniera minoritaria, ovvero solo per 3 ETF, per i quali la quantità dei titoli sottostanti (Inveco Powershares FTSE RAFI Development 148 Guida agli ETF 2012 1000) e/o la peculiarità del mercato (Inveco Powershares Middle East North Africa) rendeva inefficiente la scelta della metodologia cash based. In ogni caso, per l’insieme dei nostri ETF abbiamo creato un sito internet specifico dal quale è possibile concoscere, oltre al metodo di replica dell’indice sottostante (fisica o sintetica) anche la composizione del portafoglio su base giornaliera e nel caso degli ETF sintetici il limite massimo dello swap, che nel nostro caso è stato fissato al 3%, ben al di sotto del limite normativo del 10%. Oltre a ciò mettiamo a disposizione un numero verde 800 900 151 per coloro i quali abbiano necessità di ricevere ulteriori delucidazioni sui nostri prodotti. Un investitore può avvalersi di strumenti semplici ed economici come gli Etf per diversificare i propri investimenti seguendo le diverse fasi del ciclo economico. In che modo? Gli ETF hanno ormai raggiunto ampi livelli di offerta, basti pensare che alla fine di Settembre, a livello europeo, il loro numero superava quota 1200 e che solo 3 anni fa, nel 2008 anno del fallimento della Lehamn, erano circa 600; una crescita del 100%, con masse aumentate dai 142.7mld ai 267.4mld di USD. Con l’evolversi della situazione macro-economica quindi anche la domanda verso questi prodotti è cresciuta in maniera esponenziale e sempre più spesso l’ETF viene utilizzato come strumento d’investimento complementare ai più tradizionali fondi comuni. Grazie agli ETF oggi è possibile replicare quasi tutti gli indici di mercato internazionali, tra azionari, obbligazionari, commodities ed inclusi anche quelli storicamente di difficile accesso come i tematici. Diventa pertanto più semplice e più efficiente, visti i costo più contenuti, costruire un portafoglio diversificato in grado di rispondere alle diverse fasi di un ciclo economico. La semplicita’ d’investimento tipica degli ETF deve essere tuttavia accompagnata anche dalla consapevolezza dei rischi che ne potrebbero derivare da un utilizzo improprio o meglio ancora non coerente con il proprio obiettivo e profilo. Molti sostengono che se si intende sviluppare il mercato europeo non si può prescindere dall’Italia, che è in rapida espansione e ha forti volumi su indici non domestici. Questa caratteristica la contraddistingue rispetto ad altri mercati europei, più concentrati sui panieri nazionali. Lei cosa ne pensa? Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 149 Sono d’accordo, quello italiano è un mercato estremamente importante per gli ETF, soprattutto se consideriamo che a distanza di quasi 10 anni dal primo debutto su piazza Affari, oggi gli assets contano circa 20mld di Euro, ripartiti fra circa 600 prodotti e con una media giornaliera dei contratti nel mese di Agosto pari di 17.171 (11.365 nell’agosto 2010) ed una media giornaliera del controvalore che ha raggiunto i 432,6 milioni di Euro (263,6mln nel 2010).(*Fonte: Borsa Italiana) Questi numeri posizionano quindi la piazza italiana tra le più attive a livello europeo e mostrano il continuo e costante interesse da parte degli investitori - retail e istituzionali - verso prodotti sempre più efficienti e che permettono un facile accesso a tutti i principali indici di mercato; per tale motivo ritengo che l’industria Europea non possa fare a meno di quella italiana. Quanto è importante il tema dell’educazione finanziaria degli investitori affinché essi possano scegliere in modo consapevole, sulla base di informazioni il più possibile complete e non solo di etichette? Non ho dubbi a tal proposito: investire signifca anche conoscere. L’educazione finanziaria è un aspetto molto importante e che non va sottovalutato, soprattutto in un contesto - quello recente - che ha visto aumentare da un lato il numero di strumenti d’investimento a disposizione degli investitori e dall’altro il rischio/rendimento sui mercati, quest’ultimi interessati da sostenuti livelli di volatilità. Non a caso la recente crisi economica ha messo in luce quanto sia fondamentale saper scegliere e prendere delle decisioni finanziarie consapevoli senza essere troppo influenzati dalle tendenze del momento. Figure professionali come il promotore e/o il consulente sono a mio avviso un valido strumento in grado di poter sopperire alla mancanza di conoscenza; non a caso le statistiche indicano che sempre più riparmiatori si rivolgono a loro. Per quanto ci riguarda, Invesco si è fatta più volte portavoce di questo aspetto e da sempre mette a disposizione della propria clientela la propria esperienza sia in materia di mercati che di prodotti. Nel processo di selezione degli Etf, quali sono i fattori più importanti che gli investitori devono prendere in considerazione? Da una recente indagine di Morningstar è emerso che i fattori che incidono maggiormente nella scelta degli ETF tra gli investitori, sia di tipo re- 150 Guida agli ETF 2012 tail che istituzionali, sono nell’ordine i costi (23%), la liquidità (22%) e la facilità di acceso ai mercati (20%). Altri aspetti che a mio avviso sono da prendere in considerazione sono il grado di trasparenza, ma anche e soprattutto la qualità e il livello d’esperienza che l’emittente dell’ETF stesso è in grado di offrire; acquistare un ETF emesso da un Asset Manager globale e indipendente è certamente cosa diversa da quello emesso da un entità controllata da gruppi bancari, la cui attivita’ esclusiva non è quella della gestione del risparmio. Quale sarà la vostra strategia nel prossimo futuro in termini di educazione finanziaria e prodotti? Il nostro obiettivo è quello di porre maggior attenzione in fatto di sicurezza e semplicità e per questo motivo non offriamo ETF strutturati o a leva. il focus principale di Invesco PowerShares rimane quindi la replica fisica (o “cash based”), con la quasi totalità della propria gamma d’offerta in Italia ed Europa che mantiene un approccio di tipo tradizionale, a conferma della natura di Asset Managment propria di Invesco. Il numero limitato dei nostri prodotti ha pertanto come scopo principale quello di presidiare la parte core del portafoglio piuttosto che proporre ETF di nicchia. Per quanto riguarda il futuro abbiamo in programma il lancio di nuovi prodotti, ma valuteremo con molta attenzione il momento giusto per farlo, considerando che il mercato sembra essere già abbastanza saturo. Sergio Trezzi, 40 anni, è Co-Head European Retail di Invesco, con diretta responsabilita’ per Germania, Austria, Benelux, Paesi Nordici, Italia e Grecia. In Invesco da 11 anni, Trezzi è Country Head per l’Italia dal 2005. E’ docente di “Introduzione alla Gestione di Portafoglio” presso l’Università Cattolica di Milano per il corso di laurea triennale in Economia dei Mercati e degli Intermediari Finanziari. Ha iniziato la sua carriera lavorativa nel 1995 presso JP Morgan Investment Management per poi passare a Crédit Agricole Indosuez. Nel 2003 ha partecipato a un master all’INSEAD (Fontainebleau, Francia) e nel 2005 ad un corso presso il Centre for Creative Leadership – CCL (Greensboro, US). Nel 1995 ha conseguito la laurea in Scienze Bancarie, Finanziarie ed Assicurative presso l’Università Cattolica di Milano. “L’oro è il mercurio nel termometro dell’economia”. Intervista a Massimo Siano, Head of Italian Market ETF Securities A cura della redazione Dottor Siano, l’oro sta diventando sempre più il termometro della crisi. È tempo di privilegiare i beni rifugio contro gli asset di rischio? In base ai dati storici l’oro è un bene rifugio. L’oro è una moneta, non è una materia prima né una commodity. È una moneta che al contrario della maggior parte della monete in circolazione non dà tassi di interesse: questo è il suo difetto, ma ha il pregio che non si può stampare. Il vantaggio competitivo dell’oro è proprio la garanzia che l’oro non si può stampare. Il mercato perché punta sull’oro? perché semplicemente tutto il resto è carta. Le piazze hanno perso fiducia, le imprese sono ormai a leva. Stiamo assistendo a quello che si definisce deleverage: tutto ciò che è gonfiato da prospettive future eccessive, ad esempio il valore azionario o le obbligazioni, chi mi garantisce che tra cinque anni io ho i soldi indietro? Tutto questo quando il mercato ha paura, cosa fa? Svaluta tutto ciò che è a leva e punto su ciò che è sicuro. Per questo l’oro è forte. L’oro è quello, non c’è leva. Ecco per quale motivo l’oro nei momenti di crescita è l’investimento peggiore, perché non serve a nulla se non nel mercato delle gioiellerie. L’oro è il mercurio nel termometro dell’economia. Se il malato sta male non è colpa del termometro. Se la febbre è a 40° non è colpa del mercurio che segna 40°. È poi sbagliato dire che l’oro è una bolla. È l’economia che è malata. L’oro di per sé è un indicatore dello stato in cui versa l’economia. Uno stato di malattia avanzata e cronicizzata, verrebbe da dire mantenendo la sua metafora… Tra febbraio e marzo di quest’anno, i maggiori indici di borsa azionari erano tutti ai massimi, quindi una parte di colpa di questa convergenza è legata al fatto che il mercato ha creduto tutt’altro fino a marzo 2011. Il primo grande colpevole della situazione in cui ci troviamo, perlomeno in Borsa, sono gli analisti finanziari perché hanno previsto esattamente il 152 Guida agli ETF 2012 contrario. Anche le agenzie di rating sono arrivate in ritardo. Peggio di loro hanno fatto le classi politiche europea e americana che per evitare di risultare impopolari e demagogiche sono state anti-popolari, cioè non hanno fatto i reali interessi della società. È una congiuntura grave perché, al contrario della fine del 2008 inizio 2009 il problema non è solo del sistema bancario, ma anche del sistema governativo. Tranne che per alcuni stati periferici nessuno avrebbe pensato al rischio bancarotta Italia o Spagna. La condizione è peggiorata e le soluzioni politiche sono di breve periodo e demagogiche perché si ha paura di perdere le elezioni. C’è proprio un film che spiega bene la situazione in cui ci troviamo ed è “Titanic”: non siamo ancora arrivati al fondo. Secondo lei chi “ha continuato a suonare mentre la nave affondava”? Chi ha sbagliato tutto e, peggio ancora, non deve rendere conto a nessuno, sono le Banche Centrali che hanno completamente errato politica monetaria poiché tutto quello che hanno detto nel 2008 e nel 2009 non si è assolutamente avverato. Siamo in piena trappola di liquidità, il ribasso e il tasso d’interesse non sono serviti a niente. Hanno dato quella che si dice “illusione monetaria”, ovvero il mercato si è illuso per un anno, un anno e mezzo che con lo stampare moneta le banche potessero diventare virtuose così come i governi. In realtà non è successo niente, si è creata solo una bolla finanziaria di breve periodo che scoppierà il prima possibile. Una bolla che sembrerebbe, almeno per il momento, non interessare il settore delle materie prime di cui vi occupate, vero? Noi siamo il leader mondiale delle materie prime. In questo momento di baratro, i miei clienti vedono tuttavia solo oro e argento. E come dar loro torto. In un contesto del genere le materie prime non sono un buon investimento. Lo sono in congiunture di crescita. Sono un buon investimento le materie prime rifugio per chi ha una visione catastrofistica del 2012. Nel ’92, ’93 l’Italia era come la Grecia: chi all’epoca ha comprato un bond italiano al 16,7%, punto massimo, per 30 anni ha fatto l’affare della vita. Io in questo momento il bicchiere lo vedo mezzo vuoto. Se qualcun altro lo vede mezzo pieno, prevedendo una ripresa economica a breve giro di boa, allora gli conviene investire sui metalli industriali, per esempio. Il 2012 sarà in ogni caso nettamente peggiore di due o tre anni fa: le banche centrali non hanno risolto un bel niente se non gettando benzina sul fuo- Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 153 co. Quando vedo un Unicredit che vale più o meno quanto valeva il Credito Italiano nel 1993, mi rendo conto che la situazione è davvero grave. Anche lo stato di salute dell’euro non è dei migliori e alcune scelte in sede europea, vedasi la proposta di inserimento della cosiddetta Tobin Tax, sembrano voler “punire” la finanza considerata responsabile di questa crisi… L’euro per rimanere forte dovrebbe aumentare ancora i tassi di interesse. A me non piacciono le monete deboli, ma non credo che la svalutazione sia un toccasana, nemmeno per l’Italia. Credo in governi che facciano le riforme e che non siano più in deficit fin da subito, non dopo le elezioni del 2012 o 2014, ma subito, dal dicembre 2011. Questa è la risposta che si aspettano i mercati. Se il mercato vende i Btp italiani, i futures sui Btp l’unica risposta seria dell’Italia è non emettere bond, cioè essere in una situazione di avanzo, non primario, quindi di surplus. Questo è il migliore segnale da dare. Se tu vuoi il 6% all’anno e io non posso garantirtelo, io non mi indebito per dartelo. Teniamo tuttavia presente che l’Italia non è in surplus, così come molti Paesi europei, da 120 anni. Stiamo parlando di una riforma strutturale. Deficit vuol dire vivere meglio adesso e far vivere peggio le generazioni future. In questo momento il surplus significa esattamente il contrario: accettare di vivere peggio adesso per far vivere meglio i nostri figli. Questo per la classe politica significa in sostanza perdere le elezioni, ma facendo qualcosa di lungimirante. Invece si voglio colpire indiscriminatamente gli operatori. Gli unici a gioire di provvedimenti come la Tobin Tax saranno i banchieri svizzeri. Ma conviene la fuga di capitale in Svizzera? Vorrà dire che i governi dovranno trovare altre maniere per avere capitali. Cosa faranno? Stamperanno moneta? Sarebbe la peggiore soluzione,a parer mio. Tornando al mercato degli ETF, qual è il bilancio di quest’anno? Per la prima volta quest’anno probabilmente il mercato degli ETF in Italia non sarà in crescita, dal 2003. Noi comunque cresciamo. Quindi non abbiamo nulla da proporre in più. Le nostre rivoluzioni le abbiamo fatte. Siamo stati i primi a lanciare gli ETF sull’oro, mi sembra sia più utile di altri Etf azionari. Credo che quello degli Etf sia un mercato pieno di Etf provider che non fanno profitti e molti di questi moriranno come le mosche. Chiedo scusa del mio darwinismo, ma noi sopravviveremo perché 154 Guida agli ETF 2012 abbiamo una strategia chiara, siamo i leader nelle materie prime e nessuno ci può colpire in questa nicchia. Quest’anno l’investimento è l’oro, ma negli anni passati l’investimento era sempre almeno in una materia prima. Insomma, forse abbiamo visto giusto. Sebbene sia un ciclo di 10 anni e può darsi che tra un po’ le materie prime non saranno più un buon investimento. Ma nel frattempo i nostri competitor saranno già morti. DEUTSCHE BANK CONFERMA: ‘ETF, nel 2011 flussi positivi per 19 miliardi di euro’. Intervista esclusiva a Mauro Giangrande, Responsabile db X-trackers Italia A cura della redazione Recentemente, l’industria degli Etf è finita sul banco degli imputati di alcuni organismi regolamentari internazionali che hanno creato nuove pressioni perché questa definisca migliori pratiche in termini di trasparenza e prestito titoli. Quale è la situazione attuale del mercato a seguito di queste preoccupazioni? Ritengo che quasi tutti gli ETF provider abbiano saputo cogliere i suggerimenti in tema di maggior trasparenza provenienti dagli organismi regolamentari, ad esempio il Financial Stability Bord, adottando standard sempre più elevati. Per quanto riguarda gli ETF di db X-trackers ad esempio gli investitori possono consultare il sito internet per accedere ad importanti dati quali la composizione puntuale dei titoli nei quali il fondo è effettivamente investito (basket sostitutivo) e l’entità dell’eventuale rischio controparte nei confronti di Deutsche Bank. L’aggiornamento effettuato su base giornaliera pone senz’altro i nostri ETF allo stato dell’arte proprio in tema di trasparenza; basti pensare che i fondi generalmente forniscono informazioni dettagliate sul patrimonio solo ogni sei mesi con la pubblicazione della relazione semestrale. In che modo è possibile, secondo lei, conciliare l’esigenza di fornire un’adeguata informazione ai clienti con quella di tutelare la proprietà intellettuale degli emittenti? Per quanto riguarda gli ETF passivi, quindi quelli che si limitano a replicare l’andamento di un indice sottostante, la massima trasparenza su patrimonio e strategia è per definizione un non-problema. Lo è senz’altro di più per gli ETF a gestione attiva, che comunque non sono ancora stati introdotti sul mercato italiano. Quello che risulta abbastanza evidente è il fatto che gli investitori hanno mostrato apprezzamento per le iniziative intraprese; non solo non si sono registrati deflussi, ma a livello Europeo 156 Guida agli ETF 2012 l’intera industry degli ETF ha registrato da inizio anno flussi netti positivi per 18,9 miliardi di Euro (Fonte Deutsche Bank, European ETF Market Monthly Monitor ottobre 2011), confermando quindi gli importanti tassi di crescita degli anni precedenti. Un investitore può avvalersi di strumenti semplici ed economici come gli Etf per diversificare i propri investimenti seguendo le diverse fasi del ciclo economico. In che modo? Credo che nessuno possa mettere in discussione la principale caratteristica degli ETF che è proprio quella di consentire agli investitori di assumere una posizione diversificata a costi molto limitati e con la flessibilità operativa derivante dalla quotazione in Borsa. Per costruire però un portafoglio equilibrato con esposizioni a più asset class è importante possedere la capacità di saper combinare più ETF; il fai dai te può diventare pericoloso qualora le conoscenze tecnico-finanziarie non fossero adeguate. In tal caso l’investitore dovrebbe comunque ricorrere all’ausilio di esperti del settore prima di prendere qualunque decisione d’investimento. Detto questo è senz’altro possibile tramite gli ETF seguire le diverse fasi del ciclo economico: ad esempio in situazioni di forte turbolenza dei mercati quello che generalmente accade è un fly-to-quality verso asset class quali oro e titoli di stato americani, una generale flessione dei mercati azionari ed un allargamento degli spread sul mercato del credito. Sul mercato di Borsa Italiana esistono ETF che consentono di trarre vantaggio da ciascuna delle situazioni sopra descritte; il problema come detto sta proprio nel saper effettuare le scelte d’investimento corrette al momento giusto. Molti sostengono che se si intende sviluppare il mercato europeo non si può prescindere dall’Italia, che è in rapida espansione e ha forti volumi su indici non domestici. Questa caratteristica la contraddistingue rispetto ad altri mercati europei, più concentrati sui panieri nazionali. Lei cosa ne pensa? L’Italia ha senza dubbio dato un grosso contributo allo sviluppo del mercato degli ETF. ETFplus è ormai da diversi anni il primo mercato in Europa per numero di contratti eseguiti e non ha niente da invidiare a Deusche Boerse ed Euronext per quanto riguarda il grado di liquidità e l’of- Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 157 ferta di prodotti. I volumi sono effettivamente ben distribuiti tra le diverse asset class e non si concentrano sull’indice domestico a dimostrazione del fatto che gli investitori italiani hanno ben compreso le potenzialità di questo strumento proprio dal punto di vista della diversificazione. Quanto è importante il tema dell’educazione finanziaria degli investitori affinché essi possano scegliere in modo consapevole, sulla base di informazioni il più possibile complete e non solo di etichette? L’educazione finanziaria è fondamentale anche perché gli ETF non sono strumenti a capitale protetto o garantito e quelli su indici azionari possono generare perdite rilevanti in caso di turbolenza di mercato. In particolare prima di assumere una decisione di investimento consapevole gli investitori dovrebbero conoscere perfettamente le caratteristiche dell’indice sottostante ed il livello di rischio di mercato ad esso associato. Inoltre sarebbe opportuno approfondire attentamente anche le modalità di esecuzione degli ordini e le regole di borsa. Gli investitori hanno a disposizione un set informativo molto completo, a partire dal prospetto per finire al contenuto dei siti internet degli emittenti e di Borsa Italiana. Tutto sta ad informarsi adeguatamente prima di investire ed in ogni caso è sempre consigliabile rivolgersi al proprio consulente. Nel processo di selezione degli Etf, quali sono i fattori più importanti che gli investitori devono prendere in considerazione? Tutti gli ETF sono fondi ed oltre a godere della separazione patrimoniale devono rispettare gli elevati standard di trasparenza e di diversificazione dettati dalla UCITS. Detto questo, a mio parere l’investitore dovrebbe innanzitutto scegliere l’asset class e l’indice sul quale investire e dopo concentrarsi su altri parametri quali i costi di gestione, la politica di distribuzione dei dividendi, la copertura del rischio cambio qualora esistano ETF con e senza copertura valutaria, lo spread medio osservabile in Borsa. Quale sarà la vostra strategia nel prossimo futuro in termini di educazione finanziaria e prodotti? Come già accennato il canale principale che abbiamo a disposizione per informare i nostri clienti sulle caratteristiche dei prodotti è il sito internet, dove è possibile reperire i prospetti, le brochure e le schede prodotto. Inol- 158 Guida agli ETF 2012 tre puntiamo molto su importanti expo retail quali l’ITF di Rimini e la TOL di Borsa Italiana, nonché su seminari organizzati direttamente sul territorio allo scopo di incontrare di persona investitori, promotori e consulenti che volessero approfondire l’argomento ETF. Mauro Giangrande, laureato in Economia delle Istituzioni e dei Mercati Finanziari all’Università Luigi Bocconi, dal 2007 è il responsabile dell’attività di promozione, distribuzione e marketing degli ETF e degli ETC targati Deutsche Bank sul mercato italiano. Da gennaio 2008 è inoltre head of sales&marketing di X-markets Italia, il team che all’interno della banca tedesca si occupa dell’emissione e della distribuzione di certificati e fondi quantitativi. Prima di entrare in Deusche Bank, Giangrande è stato Responsabile della quotazione e dello sviluppo degli ETF in Italia per Borsa Italiana S.p.A. In precedenza, sempre in Borsa, è stato capo progetto per la realizzazione di ETFplus, il nuovo mercato dedicato alla negoziazione di ETF ed ETC. Intervista a Cesare Armellini, Amministratore Delegato di Consultique SIM Spa e Presidente NAFOP A cura della redazione Recentemente, l’industria degli Etf è finita sul banco degli imputati di alcuni organismi regolamentari internazionali che hanno creato nuove pressioni perché questa definisca migliori pratiche in termini di trasparenza e prestito titoli. Quale è la situazione attuale del mercato a seguito di queste preoccupazioni? Il mercato continua a guardare con estremo interesse all’offerta da parte degli emittenti. Pur riconoscendo la necessità di una sempre maggiore trasparenza (non solo per gli ETF, ma per tutti gli strumenti di investimento), riteniamo che gli ETF rispondano già alle esigenze degli investitori in termini di semplicità di utilizzo e trasparenza. È necessario per l’investitore potersi avvalere di un consulente indipendente che possa affiancarlo nelle scelte operative. In che modo è possibile, secondo lei, conciliare l’esigenza di fornire un’adeguata informazione ai clienti con quella di tutelare la proprietà intellettuale degli emittenti? A nostro avviso, questo si può garantire attraverso prospetti informatici chiari e di facile lettura, che spieghino senza tecnicismi troppo complessi le strutture dei prodotti. Un investitore può avvalersi di strumenti semplici ed economici come gli Etf per diversificare i propri investimenti seguendo le diverse fasi del ciclo economico. In che modo? L’offerta di ETF è abbastanza completa sia in termini di asset class che dal punto di vista geografico, merceologico e settoriale. Periodi di espansione economica e di volatilità in calo suggeriscono il classico posizionamento sugli strumenti azionari. Nelle fasi di rallentamento economico, gli strumenti obbligazionari e monetari possono rappresentare una tipologia di investimento diversificato in termini geografici, di emittente e di duration. Una prolungata fase di tassi in discesa trova negli ETF a duration 160 Guida agli ETF 2012 medio lunga un’adeguata soluzione di investimento. Al contrario, la fase di espansione economica, di solito caratterizzata da tassi in salita, suggerisce l’investimento in ETF legati ai tassi a breve. Sul fronte azionario, in una fase negativa, gli ETF settoriali più difensivi forniscono, in caso di view ribassiste o ad alta volatilità, una buona opportunità per affrontare i down trend attesi; nei casi ancora più radicali di decise cadute dei corsi dei titoli, esistono poi gli ETF short. Infine, è importante l’economicità di questi strumenti: essi permettono di entrare nel mercato per cercare di sfruttare le proprie aspettative circa i cicli economici, semplicemente acquistando uno strumento finanziario quotato e direttamente presso la propria banca. Molti sostengono che se si intende sviluppare il mercato europeo non si può prescindere dall’Italia, che è in rapida espansione e ha forti volumi su indici non domestici. Questa caratteristica la contraddistingue rispetto ad altri mercati europei, più concentrati sui panieri nazionali. Lei cosa ne pensa? Il mercato italiano già da diversi anni si sta mostrando più maturo rispetto ad altre piazze europee. Strumenti come gli ETF sono una condizione necessaria per rendere possibile un aumento della dimensione dei mercati europei; d’altro canto, le risposte positive a tale tematica arrivano dai dati che parlano chiaro: nel 2003, anno del debutto degli ETF nella piazza italiana, la somma di valore degli attivi era pari a 530 milioni di Euro; alla data attuale superano di gran lunga i 10 miliardi di Euro. Il segnale di forte crescita è sintomo di grosso apprezzamento da parte dei mercati per questo tipo di strumenti. Quanto è importante il tema dell’educazione finanziaria degli investitori affinché essi possano scegliere in modo consapevole, sulla base di informazioni il più possibile complete e non solo di etichette? E’ un tema fondamentale. Il risparmiatore deve conoscere in modo completo ciò che viene offerto, in modo da capire se quanto acquistato è in linea con le sue aspettative, senza ritrovarsi sorprese. Con gli associati Nafop, l’associazione dei professionisti e delle società di consulenza che ho fondato e che presiedo, negli ultimi anni abbiamo organizzato sul territorio molti seminari formativi dedicati ai risparmiatori. In occasione della “Settimana dell’Investitore” che si è svolta ad ottobre in tutta Italia do- Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 161 ve è stato possibile partecipare ad incontri gratuiti con i consulenti indipendenti. Nel processo di selezione degli Etf, quali sono i fattori più importanti che gli investitori devono prendere in considerazione? Gli elementi di cui tenere conto sono vari e considerano sia aspetti qualitativi sia aspetti quantitativi. Tra i primi, ovviamente, la capacità dell’ETF di replicare in maniera efficiente il proprio benchmark di riferimento, minimizzando sia i differenziali di rendimento sia la volatilità di questi ultimi. Importante inoltre è lo spread bid ask (denaro/lettera) che l’ETF evidenzia nella fase di contrattazione in continua. Un altro parametro quantitativo è rappresentato poi dalla commissione di gestione, ossia il costo annuo del prodotto. Da un punto di vista qualitativo, l’investitore può, invece, valutare la concentrazione di titoli all’interno del paniere replicato. In ogni caso, esiste per l’investitore il Rating degli ETF quotati in Italia, una valutazione indipendente a cura di Consultique SIM, pubblicata ogni sabato su Plus24 del Sole24Ore. Quale sarà la vostra strategia nel prossimo futuro in termini di educazione finanziaria e prodotti? Continueremo ad organizzare seminari e convegni aperti al pubblico sul territorio nazionale; nei mesi di ottobre/novembre 2011 abbiamo in programma le seguenti città: Udine, Padova, Reggio Emilia, Milano, Brescia, Napoli, Bergamo, Roma. Intervista a Nicola Francia, Responsabile Strumenti Quotati Italia RBS A cura della redazione Recentemente, l’industria degli Etf è finita sul banco degli imputati di alcuni organismi regolamentari internazionali che hanno creato nuove pressioni perché questa definisca migliori pratiche in termini di trasparenza e prestito titoli. Quale è la situazione attuale del mercato a seguito di queste preoccupazioni? A queste polemiche ha fatto seguito un discussion paper pubblicato dall’ESMA, l’Autorità Europea per Titoli e Mercati. Una sorta di consultazione a cui hanno partecipato diversi attori tra cui emittenti, diverse associazioni e Borse. In generale è emersa condivisione verso una maggiore trasparenza. Questa riguarda soprattutto il collaterale utilizzato per coprire sia l’esposizione ai derivati all’interno di ETF sintetici, sia l’attività di prestito titoli di ETF a replica fisica. In molti casi di ETF sintetici è stato raggiunto un alto livello di trasparenza nella documentazione legale e nei siti internet degli emittenti, in aderenza alla normativa UICTS. La stessa trasparenza non è necessariamente riscontrata per il collaterale utilizzato per il prestito titoli degli ETF a replica fisica, in quanto la normativa UICTS è meno stringente al riguardo. Una richiesta di maggiore armonizzazione da questo punto di vista è stato presentata in sede di consultazione. Associato vi è poi un tema che andrebbe trattato con un perimetro più ampio, includendo anche prodotti diversi da ETF. Mi riferisco al tema dei prodotti strutturati o cosiddetti complessi. Non ha senso discutere di questa tematica con ambito limitato agli ETF, che sono per la verità molto meno complessi e strutturati di altri prodotti. Servirebbe un approccio trasversale, possibilmente basato sul concetto di rischiosità dei prodotti, collegata alla complessità degli stessi, e non sulla complessità in quanto tale. In che modo è possibile, secondo lei, conciliare l’esigenza di fornire un’adeguata informazione ai clienti con quella di tutelare la proprietà intellettuale degli emittenti? Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 163 Non penso sia un grande problema. Riguarda solo gli ETF che utilizzano indici proprietari e che rappresentano comunque una tipologia molto limitata. Il maggior utilizzo degli indici proprietari avviene infatti in prodotti diversi dagli ETF. In ogni caso penso che gli emittenti e gli index provider saranno disposti a fornire il giusto grado di trasparenza sul sottostante o eventuali regole di ribilanciamento. Del resto, alcune informazioni considerate riservate, relative ad esempio alla metodologia di calcolo, potrebbero non essere necessariamente utili ai fini degli investitori per valutare le scelte d’investimento. Un investitore può avvalersi di strumenti semplici ed economici come gli Etf per diversificare i propri investimenti seguendo le diverse fasi del ciclo economico. In che modo? Gli ETF svolgono perfettamente questo ruolo. La semplicità ed i bassi costi così come l’efficienza nel replicare l’andamento di un indice li pongono in cima alla classifiche di preferenze degli investitori con gestioni di tipo attiva. Estremizzando il concetto di gestione attiva e spingendosi verso l’attività di trading, riscuotono notevole successo gli ETF a leva che consentono di prendere posizioni direzionali al rialzo o al ribasso a leva 2 in maniera rapida ed economica. Molti sostengono che se si intende sviluppare il mercato europeo non si può prescindere dall’Italia, che è in rapida espansione e ha forti volumi su indici non domestici. Questa caratteristica la contraddistingue rispetto ad altri mercati europei, più concentrati sui panieri nazionali. Lei cosa ne pensa? Il mercato italiano degli ETF è molto promettente e comunque ben diversificato in termini di emittenti, tipologia di prodotti varietà di sottostanti. Inoltre, gode di una forte presenza di investitori retail, molto più alta degli altri mercati europei. Questa caratteristica lo rende unico in Europa, accomunandolo di più al mercato US. Quanto è importante il tema dell’educazione finanziaria degli investitori affinché essi possano scegliere in modo consapevole, sulla base di informazioni il più possibile complete e non solo di etichette? È fondamentale, specialmente in un mercato con prevalenza di investitori privati. Da questo punto di vista gli emittenti hanno investito moltissi- 164 Guida agli ETF 2012 mo nell’ultimo decennio. Vi sono molti appuntamenti in cui gli investitori hanno la possibilità di approfondire tematiche in materia di investimenti in generale e di ETF in particolare. Inoltre, la semplicità degli ETF facilita molto questo compito, rendendo la maggior parte delle informazioni accessibili con un semplice confronto con la propria banca e consulente o più banalmente dalla lettura delle informazioni rese disponibili sui siti internet e nelle brochure. Nel processo di selezione degli Etf, quali sono i fattori più importanti che gli investitori devono prendere in considerazione? Gli ETF sono strumenti semplici ed efficienti per replicare la maggior parte delle strategie di investimento. La selezione dell’asset class su cui si vuol comprare ETF, segue quindi le medesime regole utilizzate per l’allocazione di portafoglio. Successivamente si passa alla scelta del miglior ETF per replicare quell’asset class, mercato o settore. Gli elementi assolutamente da considerare sono i costi, la liquidità e l’efficienza dello strumento nel replicare l’indice. Solitamente questa si misura attraverso il tracking error che molti emittenti pubblicano. Gli ETF sintetici utilizzano contratti swap per minimizzare il tracking error e la loro maggiore efficienza da questo punto di vista è questo il motivo del loro proliferare. Questo meccanismo è stato uno degli argomenti di discussione nel documento ESMA. Quale sarà la vostra strategia nel prossimo futuro in termini di educazione finanziaria e prodotti? Abbiamo sempre puntato sulla formazione attraverso eventi differenziati a seconda della tipologia di clientela. Alle presentazioni tecniche per investitori istituzionali, abbiamo da sempre affiancato eventi dedicati ad investitori privati sia organizzati da noi sia in occasione di fiere. Inoltre, negli ultimi tempi ci stiamo dedicando alla formazione di promotori e consulenti finanziari indipendenti attraverso eventi ad hoc. Per quanto riguarda nuovi prodotti, abbiamo appena quotato sulla Borsa tedesca cinque nuovi ETF che replicano l’andamento di indici di mercati emergenti (MISC Frontier Markets, Africa e Medio Oriente) e di borse sudamericane (Latin America e Brasile) con rischio cambio coperto. Stiamo attualmente lavorando per quotare questi nuovi strumenti anche in Borsa Italiana. Amundi: “The basic premise of ETFs is transparency”. Interview with Vincenzo Sagone, ETF Institutional Sales CA Cheuvreux Alessia Liparoti Recently, the ETF industry is over the dock of some international regulatory systems that have created new pressures because ETF industry defines best practices in terms of transparency and securities lending. What is the current market situation as a result of these concerns? Recent reports have called for a clearer understanding of the risks related to ETFs, particularly in the areas of liquidity and counterparty exposure, which has positively led the ETF world to improved transparency. The other positive effect is that these discussions have highlighted the importance to differentiate between ETFs and other exchange-traded products (ETNs, ETPs, ETCs) which do not adhere to the same strict regulatory guidelines. The European ETF market is continuing to grow, reaching 202 bn € at end of September 2011. And Amundi is the 3rd largest collector of ETF net new assets with 1.8 €bn and 10 % of market share since the beginning of the year (source: Deutsche Bank report, October 2011). In your opinion, how can you balance the need to provide customers with adequate information and, at the same time, protect the intellectual property of issuers? The basic premise of ETFs is transparency, so the information to the investor has to be one of the most important points for all ETF Providers. In practice, many ETF providers, like Amundi, favour well recognised independent third party indices to ensure transparent and clear information. An investor may use easy and affordable tools as ETFs to diversify their investments following the different phases of the business cycle. How? The number of the ETFs in Europe in the first half of 2011 is 1185 which means that there is a wide variety of asset classes are covered on the ETF 166 Guida agli ETF 2012 market: Equity, region, themed indices, Fixed Income, Corporate bond, currencies, commodities, Emerging Market, etc. ETFs can be used in different ways to satisfy the individual needs of an investor: • ETFs can be used in a core/satellite strategy which aims to combine, on one hand, low risk assets (the core) to deliver returns in line with money market performance; and othe other hand, high yield assets which seek to generate outperformance through the use of more specific exposures such as certain sectors, geographic regions or styles • Tactical positions which can be employed during times of high market volatility allowing investors to move and out of exposures quickly to adjust the asset allocation between different asset classes • Cash management as part of a short-term strategy when investors seek to place cash investments on a temporary basis pending allocation to other strategies • Risk management to hedge particular risks or reduce the exposure of a portfolio. Retail investors should seek a financial expert who can help them to allocate the ETFs in their financial portfolio. Many argue that, if you intend to develop the European market, you can’t ignore Italy, which is expanding rapidly and has strong domestic volumes of indexes. This feature distinguishes it from other European markets, more focused on national baskets. What do you think? This is absolutely true, and Italy is a key country for AMUNDI ETF. Historically, among the first three ETFs quoted in Italy at the end of 2002, you will find two AMUNDI ETF (AMUNDI ETF S&P Europe 350 and AMUNDI ETF S&P Euro). The Italian ETF market is very mature: Borsa Italiana is the first ETF Market Exchange in Europe for liquidity and volumes traded. With a strong historical group presence, Italy has a key part to play in the Amundi ETF European development plan. From early 2010, dedicated institutional sales teams were established at CA Cheuvreux and Amundi SGR to provide investors with local expertise in this market. In terms of the product range, over 100 products have been developed, of which 68 are listed on Borsa Italiana. Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 167 How important is the issue of financial education of investors so that they can make informed choices based on information as complete as possible and not just labels? Education is fundamental. Investors have to understand all the features, risks and how they work before investing in ETFs or in any other financial instrument. (Certificate, ETC, ETF, insurance products, etc). Transparency and information on any financial product is the first point to consider before investing. If we speak only about ETFs, investors have to know as much as possible about stock lending or the swap structure in order to make the best choice for the risk management of his portfolio. In the process of selection of ETFs, which are the most important factors that investors have to consider? The index in which they want to invest, the TER (Total expense ratio) of the ETF, and the bid/offer spread on the market. Replication method: while physical replication is a perfectly satisfactory method for tracking a single market index which carries easily accessible liquid stocks, such as the SMI, synthetic replication can offer more efficient tracking in the case of very broad indices (eg MSCI Europe) or indices with exposures to emerging markets which are not very easy to access or those covering a particular sector or investment theme. - Type of index: total (net) return or price return. For total return indices, dividends or coupons paid by underlying index constituents are immediately reinvested in the index thus capturing the performance in terms of price and income value from the dividend payments. For price return indices, dividends or coupons paid by the underlying are retained in cash in the fund and are therefore not factored into the performance. Consequently, total return indices optimise exposure.. - Price: the cost of ETFs has become more competitive in the last few years as the European market has matured. The price is usually expressed as the TER (Total Expense Ratio) but investors should examine whether this includes all the associated costs. However, transaction fees may apply. - Bid/ask spread: the spread is the difference between the purchase price and sale price and represent the cost to the market-maker to buy or sell 168 Guida agli ETF 2012 the ETF on behalf of the investor. There can be quite significant differences between different products tracking the same or similar indices. Amundi ETF works very closely with its market makers to ensure that its spreads are kept to a minimum and therefore help keep the cost for the investor down. What will your strategy be in the next future in terms of financial education and products? We actively participate in third party professional tradeshows and also organise our own tailor-made roadshows. We have recently been present in Rome, Turin and Milan to explain to investors how an ETF is constructed and how an Amundi ETF is constructed with details on all selection criteria. As part of the programme, we also did a focus on our fixed income product range and how these ETFs can be used in a portfolio. Intervista a Danilo Verdecanna, Managing Director State Street Global Advisors Italia A cura della redazione Recentemente, l’industria degli Etf è finita sul banco degli imputati di alcuni organismi regolamentari internazionali che hanno creato nuove pressioni perché questa definisca migliori pratiche in termini di trasparenza e prestito titoli. Quale è la situazione attuale del mercato a seguito di queste preoccupazioni? Ogni qualvolta un regolatore cerca di metter luce e portare maggiore trasparenza sui mercati, troverà sempre favorevolmente predisposta SSgA pronta a fornire il proprio punto di vista sulla materia. Il modello di business SPDR è molto trasparente e chiaro e funziona dal 1993, anno in cui abbiamo lanciato il nostro primo ETF, ma anche il primo ETF in assoluto. Riteniamo che gli ETF siano degli strumenti molto trasparenti e che l’attività di prestito titoli sia già ben regolamentata dalla normativa attuale. Non abbiamo visto scossoni sul mercato a seguito di questi approfondimenti da parte dei regulator, anzi, l’utilizzo degli investitori degli ETF è sempre più ampio. Non a caso, in Europa, la raccolta da inizio anno sugli ETF è molto positiva. In che modo è possibile, secondo lei, conciliare l’esigenza di fornire un’adeguata informazione ai clienti con quella di tutelare la proprietà intellettuale degli emittenti? Gli investitori devono essere informati, ma il livello di informazione non si misura attraverso la numerosità delle informazioni. Gli investitori, principalmente quelli retail, non posseggono gli strumenti adatti per assorbire tutte le informazioni relative alle caratteristiche degli ETF. Quelli che sono in grado di farlo, posso attingere dal prospetto informativo. Bisogna migliorare seguendo un doppio binario: 1) educare sempre di più gli investitori su cosa sono e come funzionano gli ETF, 2) trovare il giusto mix tra informazioni fornite e chiarezza: meglio poche informazioni, ma chiare, che molteplici e confusionarie. Un investitore può avvalersi di strumenti semplici ed economici come gli 170 Guida agli ETF 2012 Etf per diversificare i propri investimenti seguendo le diverse fasi del ciclo economico. In che modo? Certo, assolutamente si. Qui apriamo un capitolo vastissimo sulla bontà dell’utilizzo degli ETF. All’interno della gamma SPDR abbiamo, tra gli altri, 10 SPDR settoriali che possono essere utilizzati proprio per assecondare le varie fasi del ciclo economico. In una fase di recessione, settori difensivi come i consumer staples (beni di consumo non ciclici) e le utility possono rappresentare una buona opportunità di investimento. In caso di ripresa dell’economia, i settori Technology e Consumer Discretionary (beni di consumo ciclici) sono i più adatti, mentre i settori industrials e Materials sono più adeguati in una fase più avanzata del ciclo economico. L’utilizzo di ETF è ideale per implementare strategie settoriali o per quelle non basate sullo stock picking. Molti sostengono che se si intende sviluppare il mercato europeo non si può prescindere dall’Italia, che è in rapida espansione e ha forti volumi su indici non domestici. Questa caratteristica la contraddistingue rispetto ad altri mercati europei, più concentrati sui panieri nazionali. Lei cosa ne pensa? Sono assolutamente d’accordo. Il mercato italiano è un mercato in crescita e ricco di opportunità anche grazie al tasso di risparmio elevato che contraddistingue le famiglie italiane. Inoltre, come correttamente fatto notare, gli investitori non negoziano in Borsa Italiana solo gli indici domestici, ma riscuotono particolare successo anche indici non locali. Sicuramente questo dipende dal più elevato tasso di investitori retail che caratterizza il mercato italiano rispetto a quello europeo. Quanto è importante il tema dell’educazione finanziaria degli investitori affinché essi possano scegliere in modo consapevole, sulla base di informazioni il più possibile complete e non solo di etichette? È fondamentale. Ripeto quanto detto precedentemente. L’investimento deve essere supportato da un’adeguata educazione finanziaria e questa non deve essere solo legata alla selezione dello strumento, ma deve riguardare tutte le decisioni di investimento. A volte i concetti più basilari sfuggono all’investitore retail come il concetto di diversificazione. Ogni qualvolta si decide di investire i propri risparmi (frutto tra l’altro del proprio lavoro), è necessario avere ben chiaro quanto si vuole rischiare e quel è l’obiettivo dell’investimento che si vuole raggioungere. Detto questo, Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 171 una virtuosa politica di diversificazione è necessaria e solo successivamente scegliere lo strumento per poterla attuare. L’educazione finanziaria è fondamentale per supportare un investimento. Nel processo di selezione degli Etf, quali sono i fattori più importanti che gli investitori devono prendere in considerazione? Ovviamente dipende dal tipo di investitore, se istituzionale o retail. A seconda di ciò, un fattore può essere più o meno rilevante. In linea di massima direi: 1. le caratteristiche dell’indice a cui è legato l’ETF. Capire a cosa l’indice e quindi l’ETF, espone; 2) la liquidità, che per gli ETF è un aspetto determinante; 3) la capacità di replica dell’ETF. Quale sarà la vostra strategia nel prossimo futuro in termini di educazione finanziaria e prodotti? In termini di educazione finanziaria, la nostra strategia è già iniziata e sta proseguendo con successo. Il nostro ufficio di ricerca di Londra dedicato a SPDR produce con cadenza regolare materiale didattico sia sullo strumento ETF, sia sul suo potenziale utilizzo che mettiamo a disposizione delle nostre controparti. Facciamo della vicinanza al cliente il nostro punto di forza. L’anno prossimo, saremo più attivi nell’affermare SPDR tra gli investitori retail per cui saremo promotori anche di eventi didattici. Attualmente vantiamo la presenza di 29 SPDR ETF Europei. Gli investitori hanno uno strutturale sottopeso sui mercati emergenti nonostante queste economie contribuiscano al 30% del PIL mondiale. Nel tempo la situazione cambierà con un’attenzione crescente per questi mercati. Sicuramente asseconderemo questo trend con un’offerta innovativa e granulare sui mercati emergenti. Danilo Verdecanna è Managing Director di SSgA Italy da inizio 2011. È entrato in SSgA nel 2007 come responsabile dello sviluppo del canale wholesale in Italia. In tale posizione, ha collaborato allo sviluppo e alla implementazione della piattaforma SPDR ETF in Europa. Proviene da AXA Investment Managers Italy SIM, dove è stato un senior sales nel canale wholesale e precedentemente, product development manager. Ha conseguito una laurea in Economia e Commercio all’Università Tor Vergata di Rome e un master in Economics and Finance presso la Venice International University. FinanzaeDiritto.it protagonista al TOL con gli operatori Forex ed ETF A cura della redazione Il futuro dell’euro e le prospettive di investimento sono state al centro del dibattito proposto dal quotidiano online FinanzaeDiritto.it di Editrice Le Fonti che in occasione del Trading Online Expo 2011 (TOL) ha organizzato un inedito Talkshow insieme ai più accreditati operatori Forex ed Etf. Venerdì 28 ottobre in Borsa Italiana sono state realizzate delle interviste ad hoc con i protagonisti del TOL e con i maggiori esponenti del settore, oltre che con trader indipendenti, come Marco Ciucci di TradingShooter, che hanno preso la parola spiegando i propri metodi e rivolgendo domande agli illustri ospiti presenti. Tra loro Gabriele Vedani, Managing Director di FXCM Italia che ha fornito un’analisi puntuale dell’attuale congiuntura economica e delle sue conseguente sui mercati valutari e presentato le nuove funzionalità di accesso alle strategie di trading promosse dalla propria piattaforma. Grande spazio è stato dato al mondo degli Etf attraverso gli interventi di Emanuele Bellingeri (Responsabile iShares Italia), Danilo Verdecanna (Managing Director State Street Global Advisors Italy) e Mauro Giangrande (Responsabile db X-Trackers Italia del Gruppo Deutsche Bank). Il primo ha illustrato come a fine settembre la preferenza degli investitori abbia permesso ad iShares di raggiungere la prima posizione per masse gestite in Italia grazie all’alto livello di trasparenza dei prodotti su cui la piattaforma Etf di BlackRock punta molto. Non sono mancati i riferimenti alla nuova guida Due Diligence e all’ipotesi di estendere la classificazione degli ETP da loro indicata, ai competitor per favorire una standardizzazione nel settore. Con Danilo Verdecanna di SsgA è stato affrontato il tema del successo degli Exchange Traded Funds nonostante la crisi e nonostante la richiesta da parte dei regolatori internazionali di maggiore limpidezza riguardo a questi strumenti finanziari. Presentati anche i due nuovi Etf (uno sul mercato statunitense e l’altro sui mercati emergenti) recentemente lanciati da SsgA. La propensione verso prodotti legati agli Emerging Markets è stata al centro dell’intervento di Mauro Giangrande di db X-Tackers che ha sottolineato come i Bric, l’Africa e l’Est Capitolo VII - ETF. Le opinioni degli esperti e dei migliori operatori 173 Europa, dove la sua società ha introdotto a metà ottobre 2011 quattro nuovi fondi, rappresentino investimenti sicuri e redditizi. Le misure adottate in sede europea alla fine di ottobre e le loro ripercussioni sulle negoziazioni sono state oggetto dell’intervista a Stefano Gianti di CMC Markets che ha inoltre illustrato le iniziative promosse dalla propria società durante il TOL a partire dai cinque giorni di trading senza rischio. Con Samuele La Rocca, Sales Trader di Activtrades si è parlato di volatilità e di come da oltre sei mesi gli scambi debbano fare i conti con un alto tasso di variazioni non sempre gestibili agevolmente. Tante le novità presentate al TOL dall’operatore Forex basato a Londra: dall’apertura della sede italiana, all’intenzione di diventare sostituto d’imposta; dall’accordo con la software house canadese Molanis alla nuova edizione del ForexContest. Numerose le novità anche in casa X-Trade Brokers Italia. Marco Dall’Ava, Account Manager e Analista Tecnico di Xtb ha infatti spiegato in cosa consistono le “Opzioni Up&Down”, appena lanciate, e l’indicatore di performance futura “Pair Finder”. Con Mario Fabbri, Amministratore Delegato di DIRECTA SIM abbiamo discusso del successo delle seconda edizione delle Universiadi Internazionali del Trading, dell’ampliamento dell’offerta di future con derivati sul Btp, nonché della nuova piattaforma Darwin. Le videointerviste sono disponibili sul canale WEB TV di FinanzaeDiritto: www.finanzaediritto.it Excellence in ETF Industry iShares (Blackrock Group) The IAIR Award 2011 is given to iShares in recognition of its ability to accumulate market share, expertise and customer loyalty in the ETF sector. iShares provides excellence in the ETF industry thanks to its capacity to produce financial products with liquidity and low costs. 2nd: Deutsche Bank - db X Trackers 3rd: BNY Mellon Asset Servicing Capitolo VIII Alta formazione in finanza. Master di alta formazione con Editrice Le Fonti - Finanzaediritto Master di alta formazione con Editrice Le Fonti - Finanzaediritto ® SGQ certificato a fronte della norma ISO 9001:2008 Certificato n. 989 Editrice Le Fonti è un ente di formazione accreditato dalla Regione Lombardia con certificazione di qualità ISO 9001. Perché un Master di alta formazione con Le Fonti? Un master di alta formazione con Le Fonti è indispensabile per le opportunità lavorative che si vengono a creare attraverso il nostro network internazionale di imprese partners, infatti il numero chiuso permette una ristretta platea di partecipanti in modo da favorire e agevolare il dialogo ed i rapporti con i docenti. I nostri corsi sono certificati e patrocinati da importanti strutture diffondendo in Italia e all’estero la cultura in campo scientifico economico finanziario essendo specializzati nei settori citati non solo con lo svolgimento di specifici corsi e convegni ma anche con la pubblicazioni di libri e guide. Attraverso il nostro portale Finanzaediritto.it, i nostri lettori ed i nostri sponsor si è formata una comunità di imprese in forte crescita che agevola continuamente la ricerca del lavoro. A garanzia della qualità del nostro lavoro nel campo formativo e nel campo editoriale è stato introdotto un Comitato di Referaggio accademico unitamente al Comitato Scientifico per il settore formativo. www.finanzaediritto.it/comitato.pdf E’ da segnalare inoltre che al termine dei nostri corsi i migliori elaborati degli studenti potranno essere pubblicati e distribuiti in libreria nonché presso la nostra comunità di imprese del settore. Placement Le Fonti nell’ambito dei propri progetti di alta formazione, ha istituito, sin dalla nascita, all’interno della sua struttura organizzativa, un Ufficio stage e placement la cui finalità è quella di favorire l‘inserimento dei propri allievi nel mondo del lavoro e nel consolidamento della loro carriera 178 Guida agli ETF 2012 professionale. Il nostro network è composto da oltre 70 mila imprese e si articola attraverso i portali di proprietà: www.lavoroemaster.it, www.finanzaediritto.it (sezione imprese e consulenti). L‘Ufficio stage e placement opera attraverso un processo di: - Monitoraggio dell’offerta lavorativa e stage delle Aziende Partner e del mondo imprenditoriale e delle associazioni imprenditoriali; - Monitoraggio dello stato occupazionale degli ex partecipanti ai master/corsi; - Assistenza per la gestione di un colloquio di lavoro e strategie di carriera nazionali e internazionali. L’Ufficio fornisce, inoltre, il servizio di placement e assistenza alle imprese che sono alla ricerca di personale qualificato che ha seguito con profitto i nostri master di alta formazione. In qualità di editori siamo tra i pochissimi enti che organizzano la stesura di project works, da pubblicare presso un vasto pubblico. I project works sono, infatti, un importante strumento di collegamento tra l’aula e la realtà professionale, che permettono agli allievi di confrontarsi con le concrete realtà aziendali. Selezione Il master è rigorosamente a numero chiuso. La selezione per l’ammissione al master avviene attraverso un'analisi delle Domande di Ammissione pervenute. A tal fine ci occorre ricevere: - Curriculum vitae del candidato, aggiornato alla data di invio; - Lettera motivazionale dove il candidato esprime le ragioni della scelta del percorso formativo. Tali informazioni sono importanti per verificare che i potenziali partecipanti posseggano i requisiti necessari per svolgere il percorso in modo efficace e che le loro motivazioni siano in linea con gli obiettivi del master e percorso scelto. E’ importante anche per ipotizzare, unitamente al comitato scientifico, un percorso di studi che permetterà di colmare eventuali lacune del candidato prima dell’inizio del master. La valutazione delle richieste viene effettuata a insindacabile giudizio del Comitato scientifico, è possibile che la valutazione richieda un colloquio diretto con il candidato. Entro alcuni giorni dalla ricezione della Domanda di Ammissione, del cv e della lettera motivazionale provvederemo a Capitolo VIII - Alta formazione in finanza 179 comunicare l’eventuale ammissione e ad inviare la Procedura di Iscrizione, con la quale sarà possibile perfezionare la partecipazione al Master. La risposta tempestiva verrà comunicata anche nei casi di esclusione dal percorso. Le domande e le lettere potranno essere inoltrate via email all’indirizzo [email protected] Per visionare tutti master http://www.editricelefonti.it/nostri_master.php 180 Guida agli ETF 2012 Master in consulenza finanziaria indipendente. Alta formazione in private banking e family office ORGANIZZATORE: Editrice Le Fonti, Centro Studi Finanziari, Giuridici e Sociali, Assofondazioni INDIRIZZO MAIL: [email protected] INDIRIZZO SITO: http://www.editricelefonti.it/master/ NUMERO TELEFONO: 02 8738 6306 BORSE DI STUDIO: Sì DESCRIZIONE CORSO: Il corso, primo e unico nel suo genere in Italia, vanta una anzianità di servizio di alcuni anni avendo formato numerosi partecipanti ed essendo stato accreditato dall’€fpa per il livello €fa. Prepara allo svolgimento della professione di Consulente di Investimento ed è accreditato presso le più importanti strutture nazionali ed internazionali presenti sul mercato finanziario italiano. Hanno frequentato con successo il Master durante le precedenti edizioni a partire dal 2008 funzionari direttivi, promotori finanziari, liberi professionisti, studenti universitari, consulenti operativi, avvocati, ragionieri e dottori commercialisti, alti dirigenti in forza a importanti e prestigiose strutture. DESTINATARI: Il Master si propone di dar vita a un percorso di formazione centrato sulla figura del Private Banking e del consulente finanziario indipendente. Il Master è rivolto a: - Operatori con esperienza in ambito bancario e finanziario laureati in discipline propedeutiche al master - Promotori finanziari - Private bankers - Agenti assicurativi - Consulenti finanziari - Laureati occupati in strutture di private banking, di family office o che lavorano come consulenti finanziari che intendono acquisire una maggiore qualificazione senza interrompere l’attività lavorativa - Neolaureati con forte motivazione a sviluppare un percorso di crescita professionale per un rapido inserimento nel mondo del lavoro nell’ambito del settore private banking o dell’alta consulenza finanziaria - Laureati già inseriti in azienda o neolaureati che intendono collocarsi nel mondo bancario nel settore private o della consulenza finanziaria. PROGRAMMA: I modulo - La rilevazione delle esigenze del cliente 1. Definizione del rapporto cliente-financial advisor Capitolo VIII - Alta formazione in finanza 2. 3. 4. 5. 6. 181 A. Definizione del ruolo del cliente e delle responsabilità dell’advisor. B. Presentazione dei temi e dei concetti relativi al processo di financial planning finalizzato allo sviluppo di un piano complesso ed articolato in grado di soddisfare le esigenze del singolo cliente. C. Presentazione del processo di pianificazione, dell’articolazione temporale “lifecycle” del servizio e individuazione della documentazione necessaria. Raccolta dei dati e delle informazioni relative al cliente e definizione degli obiettivi e delle aspettative A. Raccolta delle informazioni dal cliente, mediante intervista/questionario, relative alla situazione finanziaria sia attiva, sia passiva. B. Conseguente definizione degli obiettivi personali e finanziari del cliente alla luce delle sue priorità e delle sue esigenze. C. Definizione del livello di tolleranza al rischio del cliente. D. Individuazione di particolari esigenze del cliente: istruzione dei figli, sostentamento dei figli/mogli a seguito di divorzio, successioni, malattie, figli disabili, donazioni, coperture sanitarie, integrazioni pensionistiche, ottimizzazioni di natura fiscale. Predisposizione e presentazione di un programma finanziario basato su una logica lifecycle A. Individuazione degli strumenti/prodotti/servizi in grado di rispondere alle diverse esigenze del cliente. B. Presentazione del piano al cliente e relativa revisione periodica. Implementazione del piano finanziario A. Assistenza al cliente nell’implementazione dei consigli/suggerimenti offerti. B. Coordinamento delle prestazioni offerte, quando necessarie, da altri esperti appositamente interpellati (ad esempio notaio, commercialista, agente immobiliare, broker, agente assicurativo, etc.). Monitoraggio nel tempo del piano finanziario A. Monitoraggio e valutazione della bontà delle raccomandazioni offerte. B. Analisi periodica, con il cliente, dei risultati conseguiti. C. Discussione e valutazione delle modifiche nel frattempo intervenute nelle esigenze del cliente (ad es. nascite, decessi, malattie, infortuni, divorzi, pensionamenti, etc.). D. Analisi e valutazione dell’impatto derivante da modifiche nel trattamento giuridico/fiscale di alcuni strumenti/prodotti/servizi. E. Verifica con il cliente delle potenzialità di raggiungimento degli obiettivi inizialmente stabiliti. Software di financial planning e supporti informatici II modulo - La valutazione dei prodotti di investimento 182 Guida agli ETF 2012 1. Le nozioni di base per la valutazione degli investimenti A. Gli elementi fondamentali di matematica finanziaria: - Regime dell’interesse semplice e regime dell’interesse composto - Operazioni di capitalizzazione e attualizzazione - Tassi equivalenti e tassi in capitalizzazione frazionata - Le rendite finanziarie. B. I concetti di rendimento e di rischio e i relativi indicatori - Rendimento medio aritmetico - Rendimento medio geometrico - Deviazione standard o scarto quadratico medio. 2. I prodotti di investimento, i relativi mercati e i criteri di valutazione A. I depositi bancari e i certificati di deposito. B. I titoli obbligazionari: dai titoli di stato ai corporate bonds. C. I mercati dei titoli obbligazionari. D. La valutazione del grado di rendimento e di rischio dei titoli obbligazionari. E. I titoli azionari e le obbligazioni convertibili. F. I mercati dei titoli azionari. G. La valutazione del grado di rendimento e di rischio dei titoli azionari. L’analisi fondamentale (i modelli basati sull’attualizzazione dei dividendi e i multipli). H. La valutazione del grado di rendimento e di rischio dei titoli azionari. L’analisi tecnica (trend, oscillatori, medie mobili). 3. Gli strumenti derivati e i titoli strutturati A. I contratti a termine: aspetti definitori. B. I contratti futures e i relativi mercati. C. I contratti di opzione e i relativi mercati. D. I contratti over the counter: - Forward rate agreement - Interest rate swap - Cap, floor e collar. E. I titoli strutturati: la scomposizione negli elementi base e le logiche di valutazione: - I titoli strutturati del comparto obbligazionario: i reverse floater, obbligazioni collared, CMSbond - I titoli strutturati del comparto azionario: reverse convertible. 4. La tassazione delle attività finanziarie in Italia A. Distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi. B. La tassazione dei redditi di capitale: dividendi, cedole e disaggio di emissione. Capitolo VIII - Alta formazione in finanza 183 C. La tassazione dei redditi diversi nei regimi della dichiarazione e del risparmio amministrato. 5. La regolamentazione dei prodotti di investimento in Europa A. Modalità di collocamento dei titoli governativi. B. Le regole del diritto societario per l’emissione di prestiti obbligazionari convertibili e non. III modulo - Analisi di scenario e Asset allocation strategica 1. L’analisi dello scenario macro-economico A. L’analisi dello scenario macroeconomico: aspetti metodologici. B. Gli obiettivi e gli strumenti della politica economica. C. La relazione fra flussi reali e flussi finanziari. D. Gli obiettivi e gli strumenti della politica monetaria. E. Le aspettative dei mercati: i tassi di interesse e i tassi di cambio. 2. Il processo di asset allocation strategica e la costruzione dei portafogli efficienti A. Le fasi necessarie per la costruzione dei portafogli efficienti. B. Le logiche e i modelli di ottimizzazione di portafoglio: - Il modello di ottimizzazione di Markowitz - I limiti del modello di ottimizzazione di Markowitz - La gestione del problema degli errori di stima C. La combinazione rendimento/rischio delle diverse linee di gestione. D. Dall’asset allocation strategica alla scelta dei benchmark delle diverse linee di gestione. E. Simulazioni su software: la definizione degli input e la costruzione della frontiera efficiente. IV modulo - Tecniche di portfolio management 1. Dall’asset allocation strategica alla valutazione/gestione tattica dei singoli comparti A. Le politiche di composizione/gestione di un portafoglio obbligazionario basate sulla yield curve. B. Le politiche di composizione/gestione di un portafoglio obbligazionario basate sulla term structure. C. L’utilizzo dei derivati nella copertura e nelle politiche di yield enhancement di un portafoglio obbligazionario (cenni). D. Le politiche di composizione/gestione di un portafoglio azionario: le politiche passive e le politiche attive. E. L’utilizzo dei derivati nella gestione tattica di un portafoglio azionario (cenni). F. Le logiche e le politiche di portfolio insurance e il loro utilizzo nella costruzione di prodotti a capitale garantito e a capitale protetto (cenni). 184 Guida agli ETF 2012 G. Gli hedge funds: classificazione e valutazione del profilo di rendimento/rischio. V modulo - I fondi comuni di investimento e la misurazione della performance nel risparmio gestito 1. I fondi comuni di investimento: aspetti definitori A. Gli aspetti amministrativi di un fondo comune: il prospetto, il NAV, il report trimestrale, etc.. B. Le tipologie di fondo: fondi aperti e chiusi, load e no load, a distribuzione e ad accumulazione. C. L’analisi degli oneri a carico del fondo: il total expense ratio (TER). 2. I fondi comuni e i loro obiettivi di investimento A. La classificazione ufficiale dei fondi: la macro-categoria Assogestioni. B. La logica di segmentazione della macro-categoria fondi obbligazionari. C. La logica di segmentazione della macro-categoria fondi azionari. D. Tipologie di fondi particolari: fondi garantiti, fondi protetti, fondi indice, fondi di fondi, fondi flessibili. E. I vincoli relativi all’attività di investimento dei fondi. F. I rating per i fondi comuni di investimento. 3. La tassazione dei fondi comuni di diritto italiano e delle Sicav estere A. La tassazione dei prodotti di risparmio gestito: fondi di diritto italiano, fondi di diritto estero, GPF e GPM. 4. La misurazione della performance e la rendicontazione periodica alla clientela A. Gli standard di presentazione delle performance. B. La determinazione della performance in logica Money Weighted e Time Weighted. C. L’analisi della rischiosità dell’investimento in fondi comuni: misure di volatilità tradizionale, downside risk e drawdown. D. Le misure di risk adjusted performance. E. Stock picking e market timing: definizione. F. L’analisi delle skills dei gestori secondo il modello del CAPM a là Jensen, il modello di Treynor - Mazuy, il modello di Henriksson - Merton. G. L’analisi statica e dinamica dell’asset allocation implicita dei fondi comuni di investimento mobiliare mediante la Returns Based Style Analysis di Sharpe. H. L’approccio multimanager. I. Il contributo della Returns Based Style Analysis nella costruzione di un portafoglio multi-manager. L. Gli obiettivi dell’analisi di performance attribution per un portafoglio composito. M. La performance attribution aritmetica secondo il modello di Brinson Hood Beebower. Capitolo VIII - Alta formazione in finanza 185 VI modulo - La consulenza alla clientela privata in materia assicurativa 1. Principi fondamentali A. Ripresa sulla nozione di rischio puro. B. Principali categorie di rischio puro. C. Principali criteri di strutturazione di un contratto assicurativo. D. Principali tipologie di contratti assicurativi. 2. Aspetti fondamentali di risk management assicurativo A. Le soluzioni di risk management. B. Le modalità operative di traduzione delle soluzioni di cui sopra nella scelta dei contratti assicurativi. 3. Aspetti legali, finanziari e attuariali dei contratti assicurativi A. Principali aspetti civilistici dei contratti assicurativi. B. Il profilo di responsabilità dell’assicurato/contraente e dell’assicuratore. C. Gli aspetti fondamentali di contenuto tecnico attuariale/finanziario di un contratto assicurativo. D. Il profilo di selezione del rischio da assicurare. 4. Identificazione dei profili di rischio vita, infortuni-malattie, perdite patrimoniali e RC nei confronti di un operatore famiglia A. Metodi di identificazione e analisi dei rischi. B. Analisi delle coperture. C. Quantificazione dei profili di rischio non coperti. D. Gestione dei rischi non coperti. 5. Assicurazioni vita A. Identificazione delle macrotipologie di contratti assicurativi vita 1. Forme individuali 2. Forme collettive 3. Rapporto fra contratti assicurativi e contratti più strettamente finanziari distinguendo fra asset e liabilities. B. Tipologia di contratti 1. Polizze temporanee caso morte 2. Polizze miste 3. Polizze con controassicurazione 4. Contratti di capitalizzazione 5. Contratti morte vita intera 6. Rendite 7. Altre garanzie ed opzioni. C. L’importanza delle riserve matematiche. 186 Guida agli ETF 2012 D. La durata contrattuale 1. Le opportunità di allungamento del contratto 2. Le opportunità di accorciamento della durata contrattuale 3. Le opportunità di liquidazione del contratto prima della scadenza. E. Tipologie di premio e diritti/doveri delle parti 1. Contratti a premio unico 2. Contratti a premio unico ricorrente 3. Contratti a premio annuo. F. Profili di rischio/rendimento finanziario dei contratti assicurativi 1. I contratti morte 2. I contratti con gestione rivalutabile 3. I contratti con gestione index 4. I contratti con gestione unit. 6. Contratti assicurativi “property” e responsabilità civile A. I contratti a presidio di eventuali perdite patrimoniali. B. I contratti a presidio della responsabilità civile personale. C. I contratti multirischio abitazione. D. I contratti RC professionale. 7. Assicurazione malattie A. Le tipologie di assicurazione malattia: profili generali. B. Le tipologie di assicurazione infortuni: profili generali. C. Le assicurazioni a copertura delle spese mediche. D. La tipologia di reserve tecniche a carico della compagnia. E. Le coperture Long-Term-Care e Dread Desease. F. Le coperture indirette. 8. Profili tributari dei contratti assicurativi A. Tassazione dei contratti vita 1. Trattamento tributario dei premi sulla base della natura giuridica del sottoscrittore. 2. Trattamento tributario delle somme investite in capo alla compagnia. 3. Profilo fiscale dei riscatti. 4. Profilo fiscale dei prestiti su polizza e delle cessioni dei contratti (cambi di contraenza). 5. Profilo fiscale delle prestazioni in capitale ed in rendita sulla base della natura giuridica del percettore. B. Tassazione dei contratti property-responsabilità civile e malattia 1. Profilo tributario dei premi distinguendo la natura giuridica del sottoscrittore. 2. Profilo tributario delle somme erogate dalla compagnia sulla base della natura giuridica del percettore. Capitolo VIII - Alta formazione in finanza 187 9. Analisi dei prodotti e di particolari tipologie border-line VII modulo (Cenni) - La consulenza alla clientela privata in materia previdenziale VIII modulo - Trust, Fiduciarie e strumenti di gestione del passaggio generazionale - Trust: principali utilizzi operativi - Fiduciarie: principali utilizzi operativi - Patti di famiglia e i principali strumenti giuridici e finanziari per la successione di impresa - Case study IX modulo - Legislazione, regolamentazione e deontologia nell’attività di intermediazione mobiliare/finanziaria 1. La legislazione primaria in materia di intermediazione mobiliare/finanziaria 2. Disciplina dei veicoli di investimento collettivo 3. Disciplina generale dei mercati e del loro funzionamento 4. I codici di autoregolamentazione 5. La nuova legge sulla tutela del risparmio 188 Guida agli ETF 2012 Master in Private Equity e M&A ORGANIZZATORE: Editrice Le Fonti, Centro Studi Finanziari, Giuridici e Sociali, Assofondazioni INDIRIZZO MAIL: [email protected] INDIRIZZO SITO: http://www.editricelefonti.it/mea/ NUMERO TELEFONO: 02 8738 6306 BORSE DI STUDIO: Sì DESCRIZIONE CORSO: Il Master è finalizzato alla creazione di una cultura ampia sul capitale di rischio e del private equity con un’ottica unica multisciplinare che contraddistingue il nostro gruppo editoriale e formativo. Nel Master vengono analizzati sia gli aspetti economici e finanziari che quelli legali e fiscali sia del private equity che delle operazioni di finanza straordinaria sempre più strettamente correlate. Attraverso questo percorso formativo i partecipanti acquisiranno le competenze necessarie per selezionare, valutare e strutturare un’operazione di private equity. La partecipazione al Master rappresenta così un’opportunità per acquisire competeneze qualificate e multidisciplinari sia dal punto di vista teorico, sia soprattutto, sotto l’aspetto delle technicalitis grazie al supporto di docenti che lavorano nel settore e di testimonianze altamente qualificate da parte dei migliori esperti. Le professionalità formate possono trovare uno sbocco naturale nell’ambito delle seguenti tipologie di strutture: - Studi professionali che svolgono attività di consulenza fiscale e legale nell’ambito di operazioni di private equity e M&A - Società di gestione di fondi chiusi di investimento - Advisor di fondi chiusi - Divisioni di private equity di banche commerciali e di investimento - Imprese che hanno internamente strutture dedicate a scissioni di singoli rami d’azienda - Imprese destinatarie di risorse finanziarie con operazioni di private equity - Un’altra possibilità risulta essere quella di costituire una propria impresa e ottenere finanziamenti attraverso il private equity grazie alle conoscenze e ai contatti conosciuti durante il Master. DESTINATARI: Il master è rivolto a: - Operatori con esperienza in ambito bancario e finanziario laureati in discipline propedeutiche al master - Analisti finanziari - Consulenti finanziari - Laureati occupati in strutture di private equity, di family office o che lavorano come consu- Capitolo VIII - Alta formazione in finanza 189 lenti finanziari che intendono acquisire una maggiore qualificazione senza interrompere l’attività lavorativa - Neolaureati con forte motivazione a sviluppare un percorso di crescita professionale per un rapido inserimento nel mondo del lavoro nell’ambito del settore Private Equity, M&A o dell’alta consulenza legale su operazioni straordinarie - Laureati già inseriti in azienda o neolaureati che intendono collocarsi tramite uno stage di minimo tre mesi nel settore del private equity o nel settore legale di riferimento. PROGRAMMA: Modulo I - Il Found raising per l’investitore e l’impresa - La raccolta dei capitali e i mercati finanziari - Le tecniche di lancio di un fondo di private equity - Il financing mix: la ricerca delle combinazioni ottimali - Gli strumenti innovativi di finanziamento del debito - L’emissione di capitale di rischio - Il project financing - Il mezzanine - Casi di studio Modulo II - Il processo di valutazione dell’impresa - Dall’analisi di bilancio ai principali metodi di valutazione d’azienda - La valorizzazione aziendale e le sue variabili - La valutazione delle partecipazioni - La valutazione dei patrimoni immobiliari - La valutazione di imprese in crisi o in dissesto finanziario - Le tecniche innovative di valutazione aziendale - I piani di incentivazione e di creazione di valore - Considerazioni tributarie - Casi di studio Modulo III - Corporate governance e scelte di investimento - L’impatto della riforma del diritto societario sul governo delle S.p.A. - Il valore della governance nelle strategie di investimento - Le novità legislative in materia di OPA - Amministrazione e controllo - I modelli per il controllo interno - Casi di studio 190 Guida agli ETF 2012 Modulo IV - Le fasi del processo di acquisizione e la due diligence - Tecniche di negoziazione - I rischi economico e finanziari delle operazioni di M&A - I rischi fiscali e legali - La due diligence fiscale, contabile e legale - Aspetti contrattuali della fase delle trattative - l contratto di trasferimento - Le condizioni del “closing” - Casi di studio Modulo V - Monitoring e reporting - Il ruolo dell’operatore di private equity nelle scelte strategiche della società - Metodi e strumenti di attuazione di un sistema di controllo interno - Il comitato di controllo interno - Le soluzioni legali a tutela del proprio investimento - La lettura e l’interpretazione dei dati di reporting - Casi di studio Modulo VI - Corporate restructuring e operazioni straordinarie - Strumenti e tecniche di copertura - Buy-outs e leveraged restructuring - La strutturazione di una transazione di buy-out - La composizione dei team di buy-out - Aspetti legali e fiscali del LBO - La fusione societaria. Aspetti civilistici, fiscali e di bilancio - La scissione societaria. Aspetti civilistici, fiscali e di bilancio - Il conferimento. Aspetti civilistici, fiscali e di bilancio - Cessione di partecipazione e cessione di azienda. Aspetti civilistici, fiscali e di bilancio - La trasformazione. Aspetti civilistici, fiscali e di bilancio. - La liquidazione. Aspetti civilistici, fiscali e di bilancio. - Fusioni transfrontaliere e fiscalità internazionale - Casi di studio Modulo VII - Le strategie e le tecniche di way-out e la misurazione della performance - La quotazione in borsa - La scelta della quotazione e l’identificazione del mercato di sbocco - La procedura della quotazione Capitolo VIII - Alta formazione in finanza - La performance dell’operazione - La performance dei finanziatori Modulo VIII - Aspetti contrattuali e chiusura dell’operazione - L’offerta vincolante - La struttura del deal - La negoziazione del contratto di acquisizione - Le clausole put e call - Le clausole sulla determinazione del prezzo - Le problematiche connesse alla revisione del prezzo - Le dichiarazioni, le garanzie e le clausole di indemnity - Il closing e le attività successive al closing. 191 192 Guida agli ETF 2012 Master in Trading OnLine Dalla riscoperta delle tecniche di base alle tecniche avanzate di Trading ORGANIZZATORE: Editrice Le Fonti, Centro Studi Finanziari, Giuridici e Sociali, Assofondazioni INDIRIZZO MAIL: [email protected] INDIRIZZO SITO: http://www.editricelefonti.it/Master_Trading130709.pdf NUMERO TELEFONO: 02 8738 6306 BORSE DI STUDIO: Sì DESTINATARI: Il Master è rivolto a tutte quelle persone con diversa estrazione professionale che avvertono la necessità di acquisire conoscenze e abilità specifiche nel trading finanziario. Il Master in Trading OnLine consente, a coloro che vogliono approfondire e sistematizzare le proprie conoscenze sul Trading online, di acquisire tecniche ed abilità per operare con padronanza. I partecipanti al Master potranno apprendere le principali tecniche utilizzate nell’attività di trading attraverso l’interazione diretta con gli specialisti, le lezioni operative e l’azione diretta sui mercati finanziari, riprodotta nell’aula di formazione. Le tecniche di base apprese sui libri, molto spesso di basso livello, verranno riscoperte attraverso l’insegnamento dei migliori trader. Dalle tecniche di base si passerà alle tecniche più avanzate. Il master è tra i pochi in Europa a prevedere lezioni a mercati aperti con i migliori trader che opereranno in diretta. PROGRAMMA: - Inquadramento tecnico dei principali mercati finanziari - Il Trading con l’analisi fondamentale (cenni) - Il Trading con l’analisi tecnica - Il Trading sui derivati - Strategie di Trading con l’utilizzo di derivati - Intermediari italiani ed esteri, costi e servizi - Le tecniche segrete di W.D.Gann - Tecniche avanzate di Trading Capitolo IX I principali operatori del settore Guida agli ETF 2012 194 BREVE STORIA State Street Global Advisors (SSgA) è il secondo asset manager al mondo con circa 2100 miliardi di $ di masse gestite e con centri di investimento, tra gli altri, a Boston, Parigi, Londra e Tokyo. SSgA investe fortemente in ricerca proprietaria attraverso l’Advanced Research Centre (ARC), gruppo di ricerca quantitativa. SSgA è pioniere e leader nel mercato degli ETF con più di 260 miliardi di $ in gestione. A conferma di ciò, SSgA gestisce, tra gli altri, i due ETF più grandi al mondo: lo SPDR S&P500 (il primo ETF lanciato al mondo nel 1993) con circa 83 miliardi di $ in gestione, e lo SPDR Gold Shares con circa 65 miliardi di USD di masse. La gamma europea di ETF di SSgA, il cui brand è SPDR, è stata lanciata nel 2001 e comprende attualmente 29 ETF. INDIRIZZO TELEFONO E FAX EMAIL WEB SITE ALTA DIRIGENZA - NOMI E CARICHE - Via dei Bossi, 4 - 20121 Milano Tel. 0232066100; Fax 0232066155 www.ssga.com Danilo Verdecanna - Managing Director Capitolo IX - I principali operatori del settore 195 BREVE STORIA iShares è il principale gestore di exchange-traded fund (ETF) a livello mondiale, con oltre 620 miliardi* di dollari investiti in più di 474 fondi. Oltre il 43.0% del totale del patrimonio di ETF gestito a livello mondiale è investito in fondi iShares. Un ETF iShares coniuga i vantaggi della diversificazione di un fondo comune indicizzato con la flessibilità della negoziazione di un titolo azionario. I fondi iShares sono fondi negoziati in Borsa che mirano a replicare la performance di uno specifico indice di mercato. Gli ETF iShares hanno rivoluzionato il mondo degli investimenti, grazie alla loro facile negoziabilità e alla elevata liquidità, permettendo agli investitori di sfruttare i vantaggi della diversificazione, derivanti dall'acquisto di un intero indice con un singolo fondo. Inoltre, grazie alla loro trasparenza, i fondi iShares hanno conquistato gli investitori che desiderano conoscere esattamente la performance dei loro investimenti su base giornaliera. INDIRIZZO - BlackRock Investment Management (UK) Limited Succursale italiana Via Brera 3/5 - 20121 Milano TELEFONO E FAX - Tel. 0291597038; Fax 02 91597472 EMAIL - [email protected] WEB SITE - www.ishares.it ALTA DIRIGENZA - NOMI E CARICHE - Daniela Ballabio Emanuele Bellingeri