L`assistenza infermieristica in Italia
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L`assistenza infermieristica in Italia
L’assistenza infermieristica in Italia 1. I Luoghi della cura Se il merito dell’organizzazione di una moderna ed efficiente istruzione professionale delle infermiere va attribuito all’opera di Florence Nightingale (Firenze 1820 - Londra 1910), infermiera britannica che durante la guerra di Crimea (1854-1856) diresse con capacità e dedizione il settore sanitario dell’esercito inglese, l’assistenza e la cura degli ammalati e degli infermi hanno dietro di sé una lunga tradizione. Nel corso del Medio Evo l’idea di Caritas cristiana aveva portato alla costituzione di una serie di Pia loca, dove si distribuivano elemosine e si elargivano cure spirituali e corporali ai poveri e agli indigenti. L’idea di povertà medioevale accostava, infatti, il povero alla figura del Cristo, visto come una creatura sofferente e bisognosa di aiuto. Il Servo di Dio si convertiva gradatamente nel Servus infirmorum. I Servi degli infermi erano pertanto tutti coloro che, religiosi o laici, esercitavano un’attività caritatevole nei confronti dei poveri malati o degli ammalati indigenti. Le Regulae medioevali, del resto, segnalavano dettagliatamente le operazioni e i servizi da compiere per un’assistenza il più possibile completa: nella Regula Benedicti, ispirata da Benedetto da Norcia (480-546), ad esempio, si affermava la necessità di accudire i malati: “Prima di tutto e sopra tutto bisogna curare l’assistenza agli infermi, dimodoché si serva a loro proprio come a Cristo in persona”. Oltre ai Luoghi Pii, altri luoghi deputati all’accoglienza del pauper Christi erano gli ospizi dei monasteri, gli Hôtel Dieu e una vasta rete d’istituzioni ospitaliere dove, pur essendo prestate anche delle cure, non si riscontrava ancora la presenza permanente del medico. A partire dal XII secolo, l’hospitale medievale, luogo dove venivano offerte ospitalità e cure ai poveri bisognosi, cominciò a delinearsi come realtà autonoma anche da un punto di vista giuridico: “La creazione di un ospedale avveniva in genere per fondazione, come causa pia, cioè come atto di carità, di aiuto nei confronti del prossimo bisognoso”. Generalmente il patrimonio dell’ospedale era costituito dal lasciti testamentari e donazioni che potevano comprendere possedimenti fondiari, case, beni materiali e denaro. Nell’arco di pochi decenni centinaia di ospedali, spesso di piccole dimensioni, sorsero all’interno o nelle vicinanze delle città: fratres e sorores, coadiuvati da conversi, accoglievano e curavano gli ammalati con impegno e dedizione. Tra il XIV e il XV secolo la straordinaria crescita degli hospitalia subì una pesante battuta d’arresto culminata con la crisi e l’abbandono delle strutture ospedaliere: “La crisi del sistema è certo legata al costante, inesorabile peggioramento del rapporto fra popolazione e risorse, culminato con l’emergenza sanitaria e la comparsa della peste nel XIV secolo, ma non di meno agli abusi e ai conflitti che si erano verificati”. Per prevenire sperperi derivanti dallo sfruttamento dei patrimoni ospedalieri da parte di chi li amministrava, l’autorità ecclesiastica promulgò nel 1311 la decretale Quia contingit che obbligava le fondazioni ospedaliere a rispettare le finalità presenti nelle norme statutarie. I mutamenti avvenuti all’interno della società civile dettero il via “all’adozione di misure radicali in grado di cambiare il sistema amministrativo e al tempo stesso di aprire la strada all’ospedale moderno, superando nei fatti l’idea di un ricovero indifferenziato”. laiche ed ecclesiastiche I grandi progetti di riforma ospedaliera avviati dalle autorità nel Quattrocento si preoccuparono di effettuare una razionalizzazione e una concentrazione delle istituzioni ospitaliere presenti sul territorio, accentuandone nel contempo le finalità terapeutiche. La trasformazione degli ospedali procedeva di pari passo con quella del personale dedito all’assistenza e alla cura degli ammalati: il Servus infirmorum, si trasformò in Infirmarius. Agli infermieri e ai medici venivano ora richieste conoscenze tecniche sui medicinali o sulle malattie da curare, mentre l’assistenza prestata agli ammalati, da generica divenne sempre più specialistica. 2. Cura e governo degli infermi A partire dai secoli XV-XVI, il mendicante e il vagabondo, non più accomunati alla figura di Cristo, erano divenuti potenziali perturbatori dell’ordine sociale e come tali, soggetti da segregare e bandire. Le riforme ospedaliere del Quattrocento successive alla grande epidemia di peste nera del secolo precedente, unite alla necessità di un intervento sulla pubblica sanità da parte delle Autorità cittadine o statali, diedero origine all’Hôpital général, luogo di cura ma anche di reclusione per gli indesiderati. Anche se le sempre maggiori competenze richieste dalla pratica medica non escludevano il permanere di un’ideologia caritatevole, il sistema della Carità, così com’era inteso nel Medioevo, volgeva però al termine. Il malato tendeva ora a trasformarsi in semplice oggetto delle cure mediche, mentre rischiavano di perdersi quei tratti di profonda umanità che avevano caratterizzato il modello assistenziale vivo sino ad allora. Il rinnovamento spirituale avviato dalla Riforma protestante e dalla Controriforma cattolica, garantì però un nuovo impegno su basi volontarie da parte di gruppi di laici o di religiosi, con un consistente miglioramento dell’assistenza infermieristica. La nascita di una serie di nuove Congregazioni tra cui l’Ordine dei Ministri degli Infermi, fondato da Camillo de Lellis (1550-1614), i Fatebenefratelli di Giovanni di Dio (1495-1550), e le Figlie della Carità di Vincenzo de’ Paoli (1581-1660), assicuravano su questo versante, il consolidarsi di un approccio etico nei confronti dei bisogni degli ammalati. Tra le numerose comunità religiose di ispirazione vincenziana ricordiamo quella denominata "Suore della Carità” fondata a Lovere nel 1832 dalle Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa, presente successivamente anche a Milano nel 1842 presso l’Ospedale Ciceri e dal 1845 anche all’Ospedale Maggiore. Il lento declino delle Congregazioni religiose femminili e maschili coincise a partire dalla fine del XIX secolo, con la progressiva laicizzazione della professione infermieristica. 3. Verso nuove forme di assistenza L’opera pionieristica della già menzionata Florence Nightingale responsabilizzava e rendeva più autonoma la figura infermieristica, disciplinandone la formazione attraverso l’istituzione di vere e proprie scuole e influenzando Henri Dunant nell’istituzione della Croce Rossa Internazionale (1863). A tale proposito, è bene ricordare che il problema della formazione professionale e della qualità dell'assistenza avevano trovato in Italia una risposta, peraltro inadeguata rispetto al modello anglosassone, nel RDL del 15 Agosto 1925, n. 1832, convertito nella Legge del 18 Marzo 1926, n. 562, intitolata Facoltà della istituzione delle Scuole convitto professionali per infermiere e di Scuole specializzate di medicina, pubblica igiene e assistenza sociale per Assistenti Sanitarie Visitatrici. Le prime scuole per infermiere erano però sorte già agli inizi del Novecento; dalla Croce Azzurra di Napoli, aperta nel 1896 dalle allieve della Nightingale, Amy Turton e Grace Baxter, al Regina Elena di Roma, aperto con il patrocinio di Elena di Savoia da un gruppo di nobildonne romane, al Principessa Jolanda di Milano, passato nel 1918 dal comitato promotore che la gestiva dal 1912, alla Croce Rossa Italiana, tutte, infatti, avevano la finalità di fornire alle allieve infermiere un adeguato livello di preparazione professionale. In tale contesto, la nascita di numerose associazioni infermieristiche, tra cui l’ “Associazione Nazionale Italiana tra Infermiere” (ANITI), costituita nel 1919 da membri aderenti al Comitato Nazionale delle Donne Italiane (CNDI) e collegata con la Croce Rossa e i movimenti di difesa della donna, rappresentava l’avvio di una più moderna definizione dei principi del nursing. Con la fine del Fascismo venivano sciolti i sindacati di categoria (con la Legge del 29 Luglio 1933, il Sindacato fascista infermiere diplomate aveva sostituito l’A.N.I.T.I.), mentre nel 1946 si ricostituiva la “Consociazione Nazionale” delle “Associazioni Infermiere professionali e Assistenti Sanitarie Visitatrici” affiliata al Consiglio Internazionale delle Infermiere, organismo fondato nel 1899 da Miss Ethel Bedford Fenwich. Dopo l’istituzione dei Collegi IPASVI (Legge del 29 Ottobre 1954, n.1049), i primi anni Settanta rappresentavano l’avvio di un processo di ridefinizione professionale che attraverso l’istituzione delle scuole per dirigenti dell’Assistenza Infermieristica presso gli Atenei Universitari di Roma e Milano, giunge sino ad oggi con l’approvazione della recente riforma universitaria. Maurizio De Filippis [email protected] Bibliografia G. Albini, Tra anima e corpo: modi e luoghi di cura nel Medioevo, in Il Bene e il Bello. I luoghi della cura_cinquemila anni di storia, Milano, Electa, 2000. D. Balestrucci, L’invenzione dell’ospedale. Assistenza e assistiti nel Medioevo, in Il Bene e il Bello. I luoghi della cura_cinquemila anni di storia, Milano, Electa, 2000. G.Cosmacini, L’arte lunga.Storia della medicina dall’antichità a oggi, Laterza, Roma-Bari, 1987. Id., Fra poveri e malati: la gestione delle cure, in La città e i poveri. Milano e le terre lombarde dal Rinascimento all’età spagnola, a cura di D. Zardin, Milano, Jaca Book, 1995. J. P. Gutton, La società e i poveri, Milano, Mondadori, 1977. Henri Dunant e le origini della Croce Rossa, a cura di L. Firpo, Torino, UTET, 1978. G. Ognibene, Legislazione ed organizzazione sanitaria nella seconda metà dell’Ottocento, in Salute e classi lavoratrici in Italia dall’Unità al Fascismo, a cura di M. L. Betri, A. Gigli Marchetti, Milano, FrancoAngeli, 1982. C. Sironi, Storia dell’assistenza infermieristica, NIS, Milano, 1985.