Diapositiva 1 - Università di Sassari
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Università di Sassari Modulo 2 Principali aspetti di rischio nelle farmacie e nei laboratori di ricerca (1) SASSARI Luglio 2013 Gianfranco Scano Aree tematiche y y y y y y y y I rischi infortunistici e i rischi per la salute. Individuazione e valutazione dei rischi. La sorveglianza sanitaria. I rischi da postura: l’uso del videoterminale. Il rischio da movimentazione manuale dei carichi. I rischi da agenti fisici. Il rischio chimico e cancerogeno. Il rischio biologico. Definizioni ‐ Salute (art. 2) È stata introdotta la definizione di salute, salute corrispondente alla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La salute è lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità. I rischi per la sicurezza e la salute • • • A) RISCHI PER LA SICUREZZA (rischi di natura infortunistica) • • • • • • B) RISCHI PER LA SALUTE (rischi di natura igienico ambientale) • • • • C) RISCHI PER LA SICUREZZA E LA SALUTE (rischi di tipo cosiddetto trasversale) • • derivanti da carenze strutturali derivanti da carenze ambientali dei locali e posti di lavoro derivanti da probabilità di incendi e/o esplosioni derivanti dall'uso di energia elettrica derivanti da carenze negli impianti, attrezzature e macchinari derivanti dalla presenza o dall'impiego di sostanze pericolose da agenti fisici da agenti chimici da agenti cancerogeni, mutageni e teratogeni da agenti biologici da movimentazione manuale di carichi da uso di attrezzature munite di videoterminali derivanti da carenze nell'organizzazione del lavoro (manutenzione - procedure per situazioni di emergenza - informazione e formazione) derivanti da fattori ergonomici condizioni di lavoro difficili I rischi per la sicurezza e la salute Tra i fattori di rischio più difficili da individuare e interpretare vi è il fattore umano. Gli infortuni dovuti a comportamenti inadeguati dei lavoratori, in un enorme numero dei casi, sono dovuti quindi ai così detti “Human factors” L’oggettiva difficoltà di gestire il fattore umano ed il relativo errore umano impedisce, in genere, una previsione ed un controllo dei comportamenti lavorativi inerenti la sicurezza Una buona percentuale degli eventi infortunistici è determinata NON già da condizioni o dispositivi di sicurezza carenti ma da… “COMPORTAMENTI INADEGUATI DEI LAVORATORI” I rischi per la sicurezza e la salute y Ad esempio dovuti a carenze nell’organizzazione del lavoro (carenza di y y y y y y y y y y y informazione/formazione, mancanza di procedure, ecc.), oppure a: Disattenzione Scarso senso di riflessione Eccessiva confidenza col pericolo Errori operativi Scarsa conoscenza del lavoro svolto Non osservazione delle prescrizioni e/o delle disposizioni impartite Manomissione dei dispositivi di sicurezza Scarsa attitudine al lavoro svolto Atti imprudenti, come lavori non autorizzati Abbigliamento non adeguato al tipo di lavoro Mancato uso dei DPI Principali fattori di rischio per la salute ¾ Biologici • Contatto con animali, trattamento campioni biologici, manipolazione rifiuti biologici, prelievi, etc. ¾ Fisici • • • Esposizione a radiazioni ionizzanti (raggi x) e non (laser, UV, IR, etc.) Esposizione a radiofrequenze e microonde (ultrasuoni, etc) Microclima ¾ Chimici • • • • Sostanze pericolose Sterilizzanti Anestetici Farmaci ¾ Movimentazione dei carichi ¾ Stress correlato al lavoro ¾ Uso dei videoterminali Principali fattori di rischio per la sicurezza ¾ Incendio ¾ Ustioni • • • • • Da contatto con superfici calde Dall’uso di fiamme libere Oggetti surriscaldati Materiali surraffreddati e liquidi criogenici Da agenti chimici irritanti o corrosivi ¾ Tagli • • Da oggetti metallici taglienti o appuntiti Dall’uso di vetreria di laboratorio ¾ Esplosioni • • Da reazioni incontrollate e dall’uso di gas infiammabili Di apparecchiature in pressione o sottovuoto ¾ Elettrocuzione • Uso di impianti, apparecchiature e strumentazioni elettriche I casi nei quali è prevista la sorveglianza sanitaria Rischio chimico per la salute “non irrilevante” Esposizione a cancerogeni certi e a mutageni Rischio biologico Utilizzo intenso di VDT (almeno 20h/settimana) Movimentazione manuale di carichi (nella normale attività) Rumore (se supera nell’attività lavorativa determinate soglie di esposizione) Vibrazioni Le malattie professionali yLa malattia professionale è un evento dannoso alla persona che si manifesta in modo lento, graduale e progressivo, involontario e in occasione del lavoro. La malattia deve essere contratta proprio nell’esercizio ed a CAUSA di quell’attività lavorativa o per l’esposizione a quel determinato agente di rischio per la salute y “qualsiasi stato morboso che possa essere posto in rapporto causale con lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa” Le malattie professionali Una caratteristica essenziale delle malattie professionale è la latenza temporale che intercorre tra la prima esposizione e la manifestazione della malattia, compromettendo talvolta la facile attribuzione del contesto lavorativo e del periodo di tempo dell'esposizione determinante. In base alla latenza è possibile suddividere le malattie professionali in: ylatenza breve o brevissima: la manifestazione della malattia è dell'ordine di giorni o mesi e le metodiche per la rilevazione di tali malattie sono analoghe a quelle degli infortuni sul lavoro; ylatenza media: la manifestazione della malattia è dell'ordine di alcuni anni; ylatenza lunga: la manifestazione della malattia è dell'ordine di molti anni o addirittura decenni. Le malattie professionali In Italia le malattie professionali sono soggette ad assicurazione obbligatoria presso l'INAIL, che in caso di patologia eroga al lavoratore malato diverse tipologie di prestazioni previdenziali. L'elenco delle malattie professionali indennizzabili è contenuto nel DPR n. 1124/65 (cd. malattie "tabellate"), ma ciò non esclude che altre malattie siano riconosciute come tali in seguito a specifici accertamenti, anche giudiziali. Con decreto ministeriale del 9 aprile 2008 è stato emanato un elenco aggiornato delle malattie professionali dell'industria e dell'agricoltura, per il cui riconoscimento vige la presunzione legale d'origine. Le malattie professionali Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia Riferimento D.M. 14/01/2008 y Gruppo 1‐ Malattie da agenti chimici y Gruppo 2‐ Malattie da agenti fisici y Gruppo 3‐ Malattie da agenti biologici y Gruppo 4‐ Malattie dell’apparato respiratorio y Gruppo 5‐ Malattie della pelle y Gruppo 6‐ Tumori professionali y Gruppo 7‐ Malattie psichiche e psicosomatiche da disfunzioni dell’organizzazione del lavoro incluse solo nella lista II I rischi per la sicurezza in laboratorio 1. Rischio di lesioni per ferite da taglio ySono senza dubbio fra gli infortuni più frequenti nei laboratori, soprattutto quelli didattici. (il rischio aumenta se l’operazione comporta una tensione del vetro, come l’asportazione di tappi di vetro smerigliato, l’estrazione di pezzi in vetro da tappi di gomma…..) I rischi per la sicurezza in laboratorio 2. Rischio di lesioni da ustioni termiche y A causa del contatto con superfici calde o con fiamme, è abbastanza frequente nelle attività di laboratorio la possibilità di ustioni termiche, in quanto buona parte delle operazioni chimiche è favorita dalla temperatura. Rischio di ustioni da freddo, in occasione di esperimenti a basse temperature. 3. Rischio da incendi ed esplosioni. y Per questo rischio si rimanda alla trattazione relativa ai pericoli derivanti dalle sostanze esplosive ed infiammabili presenti in laboratorio I rischi per la sicurezza in laboratorio 4. Rischio di lesioni legate alle apparecchiature sotto pressione y Alcune operazioni chimiche richiedono di operare sotto pressione di gas. Le operazioni devono essere condotte in appositi recipienti realizzati in modo da sopportare le pressioni richieste. Durante lo svolgimento delle varie operazioni gli operatori devono sempre indossare occhiali di sicurezza o schermi facciali y Apparecchi che operano sotto pressione Autoclavi Bombole di gas compressi y Apparecchiature operanti a pressione ridotta L’implosione comporta la formazione di schegge di vetro e la dispersione delle sostanze contenute nella apparecchiatura I rischi per la sicurezza in laboratorio 5. Rischi da elettrocuzione y La possibilità di contatto con parti in tensione sono assai numerose poiché tutte le apparecchiature e le strumentazioni sono alimentate elettricamente. Per elettrocuzione si intende una scarica accidentale di corrente elettrica attraverso l’organismo. Ciò può provocare effetti nocivi e/o letali sull’organismo a seconda dell’intensità e della frequenza della corrente nonchè del tempo di esposizione. La scarica può provocare ustioni e, nel caso della corrente alternata, fibrillazione cardiaca con conseguente arresto del cuore. Essa agisce anche sulla muscolatura provocando crampi mentre sul sistema nervoso provocando paralisi Definizioni ‐ Valutazione dei rischi (art. 2) La valutazione dei rischi è una valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza. Oggetto della valutazione dei rischi (art. 28) La VALUTAZIONE, VALUTAZIONE nella scelta delle attrezzature di lavoro, nella scelta delle sostanze o dei preparati chimici impiegati e nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui quelli collegati allo stress lavoro-correlato, i rischi riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri paesi. LE DISPOSIZIONI SULLA VALUTAZIONE DEI RISCHI E SULLA REDAZIONE DEL RELATIVO DOCUMENTO SONO ENTRATE IN VIGORE IL 16 MAGGIO 2009 Significato della valutazione dei rischi La Guida della CEE per la sicurezza e la salute nelle piccole e medie imprese prevede: una verifica dell’accettabilità delle condizioni di lavoro si può basare su una capacità generale di giudizio, senza sistemi complicati. Un orientamento utile è quello di controllare se per i rischi in questione esistono misure protettive che hanno dato prova di applicabilità ed efficacia. Si può inoltre verificare l’accettabilità delle condizioni di lavoro in relazione a un esame oggettivo delle entità e dei tempi delle lavorazioni in base a un confronto con situazioni analoghe. La valutazione potrà essere condotta tenendo conto dei dati di esposizione desunti da indagini su larga scala effettuate in relatà lavorative similari. Chi concorre alla valutazione L'obbligo di realizzare il processo di valutazione, controllo e gestione dei rischi lavorativi riguarda essenzialmente il datore di lavoro. E' evidente, tuttavia, che dal punto di vista tecnico, operativo e procedurale il datore di lavoro dovrà allo scopo avvalersi di alcune competenze professionali e gestionali, peraltro in larga misura indicate dallo stesso D.Lgs. 81/08. In primo luogo è opportuno prevedere che al processo di valutazione/gestione dei rischi partecipi l'intera "linea" aziendale rappresentata dai dirigenti e dai preposti; gli stessi sono infatti, al contempo, depositari di importanti conoscenze e titolari di obblighi, per cui è opportuno prevedere un loro ampio coinvolgimento in questa fase del processo. Alla valutazione collaborano altresì il responsabile (e/o gli addetti) del servizio di prevenzione e protezione nonchè, ove previsto, il medico competente: essi forniscono il loro contributo di conoscenze, per il rispettivo ambito professionale, utili all'inquadramento (e qualificazione) dei rischi lavorativi e alle strategie più idonee per il loro contenimento. La valutazione si avvale, inoltre, del contributo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Il DVR (art. 28) Il DOCUMENTO (art. 17, c.1, lett. a, D.Lgs. 81/08 ) redatto a conclusione della valutazione, deve avere “data certa” e contenere: una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, dove sono specificati i criteri adottati per la valutazione; l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati a seguito della valutazione; il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare e dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri; Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi (art. 29) La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata nei seguenti casi: in occasione di modifiche del processo produttivo o della riorganizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenziano la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate e il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali. Il documento di valutazione dei rischi deve essere custodito presso l’unità produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi. Il rischio elettrico I rischi principali connessi all’utilizzo dell’energia elettrica sono essenzialmente dovuti a : • Contatti diretti • Contatti indiretti • Sovratensioni Il rischio elettrico Il rischio elettrico deriva dagli effetti dannosi corrente che elettrica la può produrre sul corpo umano sia per azione indiretta. diretta che Il rischio elettrico Da un punto di vista circuitale il corpo umano può essere rappresentato tramite quattro resistenze (quadripolo equivalente ad una persona): Per gli effetti sul cuore bisogna tener conto anche del percorso della corrente. Ad esempio, tra i più pericolosi, abbiamo i percorsi mano sinistra‐torace, mano destra‐torace, mani‐piedi. Il valore della corrente elettrica dipende anche dalla resistenza che il corpo umano oppone. Questa diminuisce con pelle umida o in presenza di ferite, aumentando la pressione del contatto e aumentando la superficie di contatto. La resistenza aumenta, invece, in presenza di zone callose. Si possono ritenere come livelli di sicurezza i 25 volt in corrente alternata e i 60 volt in corrente continua. Correnti ad alta frequenza (f>>50 Hz) sono meno pericolose di quelle a 50 Hz. Il rischio elettrico In figura sono rappresentate, in base al valore della corrente (espresso in mA - milliampere) e alla durata del fenomeno (in secondi), quattro zone di pericolosità, per una frequenza compresa tra i 15 e i 100 Hz: - zona 1 - al di sotto di 0,5 mA la corrente elettrica non viene percepita (si tenga presente che una piccola lampada da 15 watt assorbe circa 70 mA); - zona 2 - la corrente elettrica viene percepita senza effetti dannosi; - zona 3 - si possono avere tetanizzazione e disturbi reversibili al cuore, aumento della pressione sanguigna, difficoltà di respirazione; - zona 4 - si può arrivare alla fibrillazione ventricolare e alle ustioni. Il rischio elettrico L’incendio invece può essere causato da un surriscaldamento dei conduttori (sezione inadeguata dei conduttori, posa errata degli stessi, difetto d’isolamento fra conduttori, scelta non corretta dei dispositivi di protezione termica), sovracorrenti sulle linee e sulle prese a spina (oppure “resistenze di contatto”) con possibile conseguente cortocircuito, e per la contemporanea presenza di materiale infiammabile e componenti elettrici con un grado di protezione non adeguato. Il rischio elettrico •La protezione dai contatti diretti, si attua attraverso la segregazione delle parti elettriche in tensione attraverso schermi isolanti (es. isolanti dei cavi) oppure attraverso distanziatori meccanici che impediscono l’avvicinamento alle parti in tensione (es. doppio isolamento). Il rischio elettrico • La protezione dai contatti indiretti, si attua essenzialmente mediante accorgimenti impiantistici, come la messa a terra delle apparecchiature metalliche e la protezione differenziale costituita da particolari dispositivi (cosiddetti "salvavita") che interrompono le correnti di dispersione delle reti elettriche a valori molto bassi (ad es. 0.03 A). Il rischio elettrico Il rischio elettrico y NON FORZARE SPINE SU PRESE NON ADATTE y y y y y (PER ESEMPIO SPINA TEDESCA SU PRESA ITALIANA) EVITARE GRAPPOLI DI SPINE NELLA STESSA PRESA MULTIPLA EVITARE SOLUZIONI IMPROVVISATE QUALI CAVI VOLANTI NON APRIRE APPARECCHI ELETTRICI SENZA AVERLI PRIMA DISINSERITI DALLA CORRENTE NON USARE ACQUA PER SPEGNERE INCENDI SU APPARECCHIATURE ELETTRICHE, SENZA PRIMA AVERE TOLTO LA CORRENTE LE PORTE DEI QUADRI ELETTRICI DEVONO RIMANERE CHIUSE A CHIAVE Il rischio elettrico y I CAVI DETERIORATI VANNO SOSTITUITI SUBITO y I CAVI DEVONO ESSERE DOTATI DI IDONEA RESISTENZA MECCANICA IN RELAZIONE ALLE CONDIZIONI DI IMPIEGO, SPECIE SE POSATI A PAVIMENTO E SOGGETTI AL CALPESTIO (terzo isolante) y ATTENZIONE ALLA VICINANZA DEI CAVI ALLE SORGENTI DI CALORE. IN TAL CASO SI UTILIZZANO CAVI CON ISOLANTE AL SILICONE y AMBIENTI CON ATMOSFERE CORROSIVE NECESSITANO DI CAVI SPECIALI y LE SPINE DEVONO ESSERE TALI DA RENDERE IMPOSSIBILE IL CONTATTO ACCIDENTALE CON LE PARTI IN TENSIONE DELLA SPINA Il rischio elettrico 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Presenza delle certificazioni degli impianti Esame a vista degli impianti e dei quadri elettrici Esame dei locali e delle condizioni di lavoro in cui è presente un maggior rischio di folgorazione (cabine elettriche, luoghi umidi, laboratori, etc.) Requisiti tecnico progettuali di apparecchiature elettriche (apparecchi portatili e mobili, gruppi elettrogeni, gruppi di continuità, etc.) Presenza di apparecchiature non marcate CE Presenza dei documenti di verifica periodica degli impianti e delle apparecchiature Formazione, informazione e addestramento I rischi da postura: l’uso del videoterminale y Tutti gli studi e le indagini epidemiologiche sinora svolti portano ad escludere rischi specifici derivanti da radiazioni, ionizzanti e non ionizzanti, sia a carico dell’operatore che della prole. y In particolare, la presenza della marcatura CE comporta che i campi elettromagnetici siano mantenuti al di sotto dei limiti raccomandati e riscontrabili nei comuni ambienti di vita I rischi da postura: l’uso del videoterminale La movimentazione dei carichi La movimentazione dei carichi La movimentazione dei carichi La movimentazione dei carichi La movimentazione dei carichi La movimentazione dei carichi La prevenzione si attua: y Formazione, addestramento e informazione y Organizzazione del lavoro y Fornitura di ausili y Ergonomia dei luoghi di lavoro y Allenamento dei lavoratori Rischi da agenti fisici y Radiazioni non ionizzanti y Radiazioni ionizzanti y Rumore y Vibrazioni Lo spettro elettromagnetico Lo spettro elettromagnetico Le radiazioni elettromagnetiche yIonizzanti yNon Ionizzanti yProtoni, particelle Alfa, elettroni yRadiazioni elettromagnetiche di frequenza non troppo elevata (luce,radiazione ylaser, radiazione radar…), yoscillazioni meccaniche y(suoni, ultrasuoni, infrasuoni, rumori…) positivi e negativi, muoni positivi e negativi, pioni positivi e negativi, raggi X, raggi gamma, neutroni Effetti delle radiazioni sui tessuti biologici Gli effetti dell’interazione dei campi elettrici e magnetici con i tessuti biologici si differenziano in relazione alle frequenze del campo elettrico e magnetico; si prendono pertanto in considerazione due differenti tipologie di campi elettromagnetici: 1. Campi elettromagnetici a radiofrequenze e microonde (10 kHz – 300 GHz). 2. Campi elettromagnetici ELF (frequenze estremamente basse) e statici Effetti delle radiazioni sui tessuti biologici Il campo elettromagnetico cede energia al sistema esposto sia attraverso il campo elettrico che quello magnetico. I meccanismi responsabili del trasferimento di energia del campo elettrico sono: • Correnti di conduzione indotte dal campo attraverso le forze esercitate su cariche libere presenti nel sistema. A tali correnti è associato lo sviluppo di calore per effetto joule. • Induzione di dipoli; il campo elettrico esercita delle forze di verso opposto sulle cariche positive e negative di un sistema legato allontanandole (polarizzazione indotta). • Allineamento di dipoli esistenti come ad esempio le molecole d’acqua Effetti delle radiazioni sui tessuti biologici All’interno del corpo umano sottoposto al campo elettromagnetico si generano correnti elettriche Effetti delle radiazioni sui tessuti biologici Gli effetti biologici sono essenzialmente legati al tipo di tessuto e alla frequenza. A basse frequenze prevale il fenomeno di induzione di correnti, mentre ad alte frequenze prevale la cessione di energia sotto forma di calore Protezione dai campi elettromagnetici Le normative per la prevenzione dei rischi da esposizione ai campi elettromagnetici sono differenziate rispetto a: 1) lavoratori 2) popolazione generale In ambiente lavorativo sono rilevanti le norme specifiche per entrambe queste due categorie infatti la legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (Legge 22 febbraio 2001, n. 36) definisce l’esposizione dei lavoratori come “ogni tipo di esposizione dei lavoratori e delle lavoratrici che per la loro specifica attività lavorativa sono esposti a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, quindi… Le radiazioni ottiche artificiali (ROA) La radiazione ottica comprende le componenti dello spettro elettromagnetico di lunghezza d’onda minore dei campi elettromagnetici e maggiore di quelle delle radiazioni ionizzanti. Le sorgenti di radiazioni ottiche possono inoltre essere classificate in coerenti e non coerenti. Le prime emettono radiazioni in fase fra di loro (i minimi e i massimi delle radiazioni coincidono), mentre le seconde emettono radiazioni sfasate. Le radiazioni ottiche artificiali (ROA) Le radiazioni ottiche artificiali (ROA) Il DLgs. 27/01/2010 n.17 prevede che se una macchina emette radiazioni non ionizzanti (quindi comprese anche le ROA) che possono nuocere all’operatore o alle persone esposte, soprattutto se portatrici di dispositivi medici impiantati (per le ROA: il cristallino artificiale), il costruttore deve riportare nel manuale di istruzioni le relative informazioni. Le radiazioni UV I raggi ultravioletti occupano la regione spettrale compresa fra 100 e 400 nm e rappresentano le radiazioni non ionizzanti a minore lunghezza d’onda (e a maggiore frequenza). Sono presenti nello spettro solare e possono essere prodotte artificialmente mediante arco voltaico fra elettrodi di carbone o mediante lampade a vapori di mercurio. La regione spettrale degli UV viene usualmente suddivisa in tre zone spettrali: UV‐A con lunghezza d’onda compresa fra 400 e 315 nm; viene anche detta “luce nera” per la proprietà di indurre fluorescenza in molte sostanze UV‐B con lunghezza d’onda compresa fra 315 e 280 nm: viene detta “regione eritemale” UV‐C con lunghezza d’onda compresa fra 280 e 100 nm: viene detta “regione germicida” Le radiazioni UV EFFETTI BIOLOGICI L'effetto biologico sull'uomo è condizionato dal fatto che pur avendo lunghezza d'onda discretamente piccola queste radiazioni hanno un potere di penetrazione dei materiali biologici ridotto (alcuni decimi di millimetro). Pertanto gli effetti dell'esposizione sono fondamentalmente a carico della cute e dell'occhio con danni a breve e a lungo termine. A livello cutaneo possono provocare eritema ed influenzare lo stato di pigmentazione cutanea; per esposizioni intense e prolungate possono avere anche attività oncogena con l'insorgenza di carcinomi basocellulari, spinocellulari e di melanomi maligni; le bande di raggi ultravioletti responsabili di questi effetti neoplastici hanno lunghezza d'onda compresa tra 280 e 315 nm. A livello oculare possono causare congiuntiviti e cheratiti; alcune bande di raggi ultravioletti di lunghezza d'onda superiore a 295 nm possono, attraverso la cornea, raggiungere il cristallino e provocare cataratta. Le radiazioni UV MISURE DI SICUREZZA Consistono nell'adozione di adeguati sistemi di protezione ambientale (schermature delle sorgenti) e di protezione personale (occhiali idonei, guanti , indumenti). L'ACGIH (American Conference Governmental Industrial Hygienist) ha stabilito che un'irradiazione totale nell’UV‐A minore di 10 W/m2 e un'irradianza efficace nell'UV‐B e UV‐C minore di 1mW/m2 non comportano rischi professionali da radiazioni ultraviolette per effetti a breve termine. E’ inoltre utile non esporre i soggetti con una maggiore suscettibilità agli ultravioletti per difetti congeniti o acquisiti (albini, soggetti affetti da porfiria) o affetti da alterazioni oculari recidivanti o lesioni cutanee di tipo cronico La radiazione LASER I L.A.S.E.R. (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation) sono sorgenti di radiazioni ottiche artificiali coerenti, mentre tutte le altre sono non coerenti. I laser sono dispositivi che emettono radiazioni ottiche di un’unica lunghezza d’onda, direzionali e di elevata intensità. La lunghezza d’onda è determinata principalmente dal materiale attivo impiegato e può trovarsi sia nell’infrarosso, sia nel visibile, sia nell’ultravioletto. La radiazione LASER Un laser è costituito tipicamente da un cilindro allungato di materiale “attivo”, in grado cioè di amplificare la radiazione che lo attraversa, inserito fra una coppia di specchi contrapposti che rinviano continuamente la radiazione attraverso il materiale stesso; uno dei due specchi è parzialmente trasparente per consentire l’uscita del fascio. Per rendere il mezzo “attivo” occorre un sistema di eccitazione (pompaggio) che agisca sul materiale. La radiazione LASER Apparati laser di classe 1 Sono apparati intrinsecamente sicuri in quanto il livello di esposizione permessa non può in nessun caso essere superato anche per osservazione diretta e prolungata del fascio. Apparati laser di classe 2 L’osservazione diretta del fascio non è pericolosa per tempi inferiori a 0,25 secondi, come accade se interviene come meccanismo di protezione il riflesso palpebrale o la reazione di avversione dell’occhio. Apparati laser di classe 3A E’ pericolosa l’osservazione diretta del fascio mediante sistemi ottici quali binocoli o oculari. L’osservazione a occhio nudo non è pericolosa se l’occhio mette in atto entro 0,25 secondi meccanismi di protezione (chiusura delle palpebre o avversione) Apparati laser di classe 3B E’ pericolosa l’osservazione diretta del fascio a occhio nudo. Non è pericolosa l’osservazione della luce diffusa da uno schermo per tempi minori di 10 secondi. Apparati laser di classe 4 E’ pericolosa anche l’osservazione della radiazione diffusa da uno schermo. La radiazione LASER Gli effetti biologici indotti dalla radiazione Laser, in relazione all’alto livello di energia e alla collimazione del fascio, derivano dalla trasmissione di quantità eccessive di energia ai tessuti. L’assorbimento e la diffusione della radiazione dipendono dalla lunghezza d’onda, dalla durata dell’impulso e dalle caratteristiche fisicobiologiche del tessuto. Occhi e cute costituiscono comunque gli organi più esposti agli effetti nocivi della radiazione laser. La radiazione LASER Misure di sicurezza Quando vengono impiegati i laser appartenenti alle classi 3A o superiori è necessario servirsi della consulenza di un tecnico laser o di un addetto alla sicurezza laser con competenze specifiche; devono inoltre essere applicate etichette di avvertimento sulle parti amovibili e sulle connessioni di servizio per segnalare il pericolo esistente qualora tali parti venissero spostate o sconnesse. Sempre per laser di classe 3B e 4, a queste misure preliminari vanno aggiunti: 1. l’uso del connettore di blocco a distanza 2. arresto del fascio o attenuatore 3. segnali di avvertimento 4. protezione degli occhi 5. vestiti di protezione 6. eliminazione delle riflessioni 7. formazione del personale Rischio da rumore Definizioni fondamentali Il rumore si può definire come fenomeno sonoro indesiderato di qualunque tipo, tale definizione è però fortemente soggettiva, e pertanto quantificabile con difficoltà; ma le conseguenze dell'esposizione sono certe e vanno da sensazioni di disagio al danneggiamento dell'organismo umano. Rischio da rumore Gli effetti nocivi che il rumore può causare sull'uomo dipendono da tre fattori: yintensità del rumore yfrequenza del rumore ydurata nel tempo dell'esposizione al rumore Rischio da rumore Questi effetti possono essere distinti in: y effetti uditivi: vanno ad incidere negativamente a carico dell'organo dell'udito provocando ipoacusia y effetti extra‐uditivi: insonnia, diminuzione della capacità di concentrazione, facile irritabilità, ecc... Rischio da rumore Onde sonore Da un punto di vista fisico si definisce onda sonora un’onda elastica longitudinale che si propaga in un mezzo materiale e provoca nell’uomo una percezione di tipo uditivo (variazioni di pressione sonora di ampiezza superiore a 2⋅10-5 N/m2 , frequenze comprese fra 16 Hz e 20000 Hz). Le grandezze fondamentali cui si fa riferimento quando si descrive un fenomeno sonoro sono la pressione sonora, la potenza sonora e l’intensità sonora. E’ possibile descrivere l’onda meccanica come una serie di compressioni e decompressioni di strati successivi di aria a partire dalla sorgente, si definisce dunque pressione sonora la variazione di pressione indotta dal passaggio dell’onda sonora, rispetto alla pressione ambientale di equilibrio. Si misura in Pascal [Pa]. Rischio da rumore Quando si consideri una sorgente che emette suono si fa riferimento spesso alla potenza sonora, cioè l’energia emessa nell’unità di tempo (si misura in W); La potenza sonora è una grandezza che dipende unicamente dalle caratteristiche della sorgente, mentre la pressione sonora risultante è influenzata dalle caratteristiche acustiche dell’ambiente in cui ha luogo il fenomeno (ad es. se ci si trova in ambiente aperto o chiuso, oppure in presenza di materiali acusticamente assorbenti, …). L’intensità sonora rappresenta invece la quantità di energia meccanica trasportata nell’unità di tempo da un’onda sonora attraverso una superficie unitaria (si misura in W/m2). Rischio da rumore L’orecchio umano è sensibile alle variazioni di pressione sonora: sarà dunque questa la grandezza fisica che interessa; in secondo luogo il campo su cui si estende la capacità di percezione è estremamente vasto: rispetto ad una scala lineare è preferibile l’utilizzo di una scala logaritmica, infine si deve tenere presente che la sensazione uditiva è funzione sia della pressione sonora, sia della frequenza, pertanto la pressione sonora andrà pesata in ampiezza e frequenza sulla base della fisiologia dell'orecchio umano. Il campo di escursione delle intensità udibili si estende da 10-12 [W/m2] ad oltre 1 [W/m2] (pressioni sonore da 2⋅10-5 N/m2 ad oltre 2 N/m2). Rischio da rumore L'orecchio umano è sensibile solo a vibrazioni meccaniche di frequenza compresa tra i 16 Hz e i 20000 Hz e di intensità superiore a 10-12 W/m2. La risposta dell'orecchio non segue una legge di proporzionalità rispetto allo stimolo acustico (pressione sonora) e non sono percepiti allo stesso modo livelli di pressione corrispondenti a frequenze differenti. Rischio da rumore Danni derivanti da esposizione al rumore L'organismo umano, sottoposto a rumori di una certa intensità, subisce alterazioni temporanee o permanenti della propria funzionalità: per importanza relativa, e per facilità di misura, i danni sono divisi in due categorie: danni uditivi e danni extra uditivi; i primi da tempo riconosciuti come malattia professionale (D.P.R. 9/7/75 n. 482), sui secondi la ricerca medica è ancora in fase di sviluppo. Rischio da rumore Danni uditivi L'orecchio umano, ove sollecitato da uno stimolo acustico intenso, instaura automaticamente dei meccanismi di difesa, infatti si verifica uno spostamento temporaneo di soglia (TTS, Temporary Threshold Shift) che può essere recuperato in parte o del tutto nel tempo; se però la sollecitazione è eccessiva può non essere in grado di ripristinare le sue condizioni normali di funzionamento; quando questo avvenga ne deriva un danneggiamento dell'organo dell'udito. In tal caso allora lo spostamento è un fenomeno irreversibile ed è detto spostamento definitivo di soglia (PTS, Permanent Threshold Shift); esso è rilevabile ad oltre un mese dalla cessazione dell'esposizione al rumore; naturalmente il PTS va correlato con lo spostamento di soglia dovuto all'età. Rischio da rumore Quando il rumore assume livelli elevati, il tempo di esposizione deve essere limitato per permettere all'orecchio di recuperare la sua funzionalità, limitazione che deve essere correlata con il livello di rumore stesso ed il suo spettro di frequenza. Il principio ispiratore è quello di limitare l'energia sonora incidente sull'orecchio durante l'orario di lavoro. Gli agenti chimici Si intende per agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato. Quindi Quindiad adesempio: esempio:prodotti prodottinaturali, naturali,intermedi, intermedi,sottoprodotti sottoprodotti (anche (anchenon nonprodotti prodotti intenzionalmente), impurezze, etc. intenzionalmente), impurezze, etc. Il rischio chimico La presenza in ambito lavorativo di sostanze chimiche rappresenta un fattore di rischio sia per la sicurezza che per la salute degli operatori. Per quanto riguarda i rischi per la salute, che possono causare effetti acuti o cronici, le vie di penetrazione nell'organismo sono il contatto (pelle, mucose, ferite), l'inalazione (naso, bocca) e l'ingestione (bocca). I rischi per la sicurezza sono determinati dalle caratteristiche chimico‐fisiche delle sostanze, dai sistemi e dai quantitativi di stoccaggio, dai processi lavorativi. Il rischio chimico Quegli agenti chimici che possono comportare un rischio a causa: ¾ del contenuto di sostanze e preparati classificati nocivi, tossici e molto tossici ¾ delle loro proprietà chimico ‐ fisiche, chimiche e tossicologiche pur non essendo già classificati tali ¾ delle modalità con cui sono utilizzate o presenti sul luogo di lavoro Il rischio chimico y Se si individua in un luogo di lavoro un rischio di tipo chimico si deve procedere alla sua valutazione. Si arriverà così a definire se il rischio è basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori oppure no. y Nella valutazione del rischio chimico si deve tenere conto delle attività svolte e, in maniera distinta, dei relativi rischi per la salute e di natura infortunistica dei lavoratori Rischio chimico e sorveglianza sanitaria Quando i lavoratori sono esposti ad agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi, sensibilizzanti, corrosivi, irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo, cancerogeni e mutageni di categoria 3 La valutazione del rischio chimico Nella valutazione si prendono in considerazione in particolare: a) le proprietà pericolose degli agenti chimici utilizzati; b) le informazioni sulla salute e sicurezza presenti sulle etichette e nelle schede di sicurezza; c) il livello, il tipo e la durata dell’esposizione dei lavoratori; d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di agenti chimici e le quantità in gioco; e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici; f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare; g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria già intraprese. La valutazione del rischio chimico La valutazione del rischio può includere la giustificazione che la natura e l’entità dei rischi connessi con gli agenti chimici pericolosi rendono non necessaria una ulteriore valutazione maggiormente dettagliata dei rischi. La valutazione del rischio chimico Le attività da prendere in considerazione sono le seguenti: ¾ ¾ ¾ ¾ Produzione Manipolazione Immagazzinamento Trasporto eliminazione e trasporto dei rifiuti I rischi di esposizione connessi con l’impiego di sostanze chimiche, tossiche o nocive sono in relazione ai tempi di contatto ed alla loro pericolosità e quindi al tipo di esposizione dei lavoratori e alla sua durata (es. il lavoratore viene a contatto con una grande quantità dell’agente chimico per più intervalli durante il turno di lavoro oppure con piccole quantità ma continuativamente) e alle modalità di uso (es. il lavoratore viene a contatto diretto con l’agente chimico compiendo una determinata operazione), La valutazione del rischio chimico Rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute Rischio basso per la sicurezza ma non irrilevante per la salute Rischio alto per la sicurezza e irrilevante per la salute Rischio alto per la salute e rilevante per la salute Solo misure generali di prevenzione Misure specifiche di protezione e di prevenzione Disposizioni da adottare in caso di incidenti o di emergenze Sorveglianza sanitaria Formazione, informazione e addestramento dei lavoratori Gli agenti chimici I prodotti pericolosi solamente per l’ambiente Non sono considerati ai fini della tutela della salute Il rischio chimico Possono essere pericolose le sostanze e i preparati a causa di una o più delle seguenti proprietà: TOSSICOLOGICHE Tossici Nocivi CHIMICO-FISICHE Infiammabili Esplosivi Asfissianti Sensibilizzanti Gli agenti chimici Gli agenti chimici si possono ritrovare in diverse forme, non tutte danno luogo allo stesso tipo ed entità dell’esposizione ‐ possono possedere o non ‐ caratteristiche di pericolosità Polveri Polveri Solidi Solidi Gas Gas Vapori Vapori Aerosol Aerosol Liquidi Liquidi Fumi Fumi Gli agenti chimici ART.2 del REGOLAMENTO (CE) N. 1272/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 7) sostanza: un elemento chimico e i suoi composti, allo stato naturale od ottenuti per mezzo di un procedimento di fabbricazione, compresi gli additivi necessari a mantenerne la stabilità e le impurezze derivanti dal procedimento utilizzato, ma esclusi i solventi che possono essere separati senza compromettere la stabilità della sostanza o modificarne la composizione; 8) miscela: una miscela o una soluzione composta di due o più sostanze; Gli agenti chimici: classificazione e etichettatura Attualmente esistono diversi sistemi di classificazione ed etichettatura (C&L: Classification & Labelling) a livello mondiale. La stessa sostanza potrebbe essere classificata come "tossica" negli Stati Uniti, "nociva" nell'Unione Europea e "non pericolosa" in Cina. Per eliminare queste differenze e migliorare la protezione della salute umana e dell'ambiente in tutti i paesi, si è deciso di sviluppare un Sistema globale armonizzato (GHS) per la classificazione e l'etichettatura dei prodotti chimici sotto l'egida delle Nazioni Unite Gli agenti chimici: classificazione e etichettatura Gli agenti chimici: classificazione e etichettatura Gli agenti chimici: classificazione e etichettatura Gli agenti chimici: classificazione e etichettatura Gli agenti chimici: classificazione e etichettatura Gli agenti chimici: classificazione e etichettatura Gli agenti chimici: classificazione e etichettatura Il regolamento CE1272/2008 non si applica alle sostanze e alle miscele nelle forme seguenti, allo stato finito, destinate all'utilizzatore finale: medicinali come definiti nella direttiva 2001/83/CE; medicinali veterinari come definiti nella direttiva 2001/82/CE; prodotti cosmetici come definiti nella direttiva 76/768/CEE; dispositivi medici come definiti nelle direttive 90/385/CEE e 93/42/CEE, di carattere invasivo o utilizzati in contatto fisico diretto con il corpo umano, e nella direttiva 98/79/CE; alimenti o mangimi come definiti nel regolamento (CE) n. 178/2002, anche quando sono utilizzati: come additivi alimentari in prodotti alimentari che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 89/107/CEE; come sostanze aromatizzanti in prodotti alimentari che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 88/388/CEE e della decisione 1999/217/CE; come additivi in mangimi che rientrano nell'ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1831/2003; negli alimenti per animali che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 82/471/CEE. Gli agenti chimici: classificazione e etichettatura Gli agenti chimici: classificazione e etichettatura Come è possibile avere informazioni sulla pericolosità di una sostanza od un preparato? Gli strumenti con cui le informazioni sulla pericolosità delle sostanze e dei preparati commerciali vengono divulgate sono l'etichetta e le schede dei dati di sicurezza. Gli agenti chimici: classificazione e etichettatura La scheda di sicurezza Le schede di sicurezza accompagnano obbligatoriamente i prodotti pericolosi in commercio e sono composte da 16 voci standardizzate redatte nella lingua del paese d’impiego. Nelle schede di sicurezza sono contenute informazioni più approfondite rispetto all’etichetta e sono riportate le seguenti informazioni: 1. Identificazione preparato/produttore 9. Proprietà fisiche/chimiche 2. Composizione/informazione sui componenti 10. Stabilità e reattività 3. Identificazione dei pericoli 11. Informazioni tossicologiche 4. Misure primo soccorso 12.. Informazioni ecologiche 5. Misure antincendio 13. Considerazioni sullo smaltimento 6. Misure per fuoruscita accidentale 14. Informazioni sul trasporto 7. Manipolazione e stoccaggio 15. Informazioni sulla regolamentazione 8. Controllo esposizione/protezione individuale 16. Altre informazioni La scheda di sicurezza I valori limite di soglia Per quanto attiene l’esposizione professionale, sono stati elaborati dai vari paesi diversi “valori limiti di soglia”, definiti in inglese Threshold Limit Value (TLV). Rappresentano una soglia di concentrazione - generalmente espressa in parti per milione, ppm - di una data sostanza pericolosa nell'aria, al di sotto della quale vi è sicurezza per "quasi tutte" le persone esposte. Nella definizione si parla di "quasi tutte" le persone poiché non si possono escludere a priori casi di ipersensibilità o la possibilità che alcuni individui, pure a concentrazioni minori, possano riportare per vari motivi danni alla salute. Nell’allegato XXXVIII del D.Lgs. n.81/08 è riportato un elenco di sostanze con i valori limite di esposizione professionale. Per tutte le sostanze non presenti in elenco ci si deve rifare alle altre tabelle elaborate nei vari paesi. I valori limite di soglia vengono riportati sulla scheda di sicurezza I valori limite di soglia Tra i più diffusi ed autorevoli valori limite professionali, vi sono quelli elaborati dalla Conferenza Americana degli Igienisti Industriali (ACGIH) per quanto riguarda l’inalazione degli agenti chimici: TLV‐TWA (time‐weighed average): è definita come concentrazione media ponderata per giornata lavorativa di 8 ore e/o 40 ore settimanali ed è il valore massimo consentito per un'esposizione prolungata. Viene comunemente indicato semplicemente come TLV, sottintendendo l'altro termine. TLV‐STEL (short‐term exposure limit): è il valore massimo consentito per esposizioni brevi ‐ non oltre 15 minuti ‐ ed occasionali ‐ non oltre quattro esposizioni nelle 24 ore, intervallate almeno ad un'ora di distanza l'una dall'altra. TLV‐C (ceiling): è il valore limite che non deve essere mai oltrepassato in nessun caso. Gli agenti chimici: i rischi per la sicurezza Oltre Oltre ai ai dati dati tossicologici tossicologici sono sono molto molto importanti importanti ai ai fini fini della della sicurezza sicurezza ii dati dati chimico-fisici chimico-fisici Gli agenti chimici: i rischi per la sicurezza Dati importanti da conoscere di sostanze e preparati: TEMPERATURA DI IGNIZIONE PUNTO DI INFIAMMABILITA’ LIMITI DI ESPLOSIONE Gli agenti chimici: i rischi per la sicurezza TEMPERATURA DI IGNIZIONE O DI ACCENSIONE È la temperatura minima alla quale i vapori si accendono spontaneamente all’aria o esplodono Gli agenti chimici: i rischi per la sicurezza PUNTO O TEMPERATURA DI INFIAMMABILITA’ È la minima temperatura alla quale, alla pressione ambiente, il liquido (o il solido) combustibile emette gas o vapori in quantità tale da formare con l’aria una miscela incendiabile. Ad esempio il gasolio ha una temperatura di infiammabilità di ca. 65 °C per cui a temperatura ambiente (es. 20 °C) non evapora in quantità tale da formare con l’aria una miscela infiammabile. Gli agenti chimici: i rischi per la sicurezza Acetilene Gli agenti chimici: i rischi per la sicurezza Ad esempio, i gas possono essere pericolosi per svariati motivi Classificazione dei gas nocivi Asfissianti Ö impediscono la respirazione (es. argon, elio, anidride carbonica) Soffocanti Ö provocano edema polmonare (es. cloro, ammoniaca) Tossici Ö agiscono sul sangue, sul sistema nervoso o su altri sistemi organici (es. ossido di carbonio) Gli agenti chimici: i rischi per la sicurezza I gas possono accumularsi verso l’alto o verso il basso è importante perciò conoscerne il peso specifico ¾ Ö ¾ Peso specifico assoluto Peso specifico assoluto Ö peso peso di di unità unità di di volume volume di di una una sostanza sostanza (per (per i i 3 gas g/l o kg/m gas g/l o kg/m3 generalmente a 0 °C generalmente a 0 °C e 760 mbar) e 760 mbar) es. peso specifico dell’aria 1,29 kg/m es. peso specifico dell’aria 1,29 kg/m33 ¾ ¾ Peso specifico relativo Ö Peso specifico relativo Ö rapporto tra il peso di un determinato volume di una rapporto tra il peso di un determinato volume di una sostanza ed il peso di un ugual volume di un’altra sostanza di riferimento (per i gas sostanza ed il peso di un ugual volume di un’altra sostanza di riferimento (per i gas generalmente l’aria) generalmente l’aria) Gli agenti chimici: i rischi per la sicurezza Anche l’ossigeno è molto pericoloso Ossigeno in volumeCondizione risultante effetti fisiologici 23.5 % e oltre Eccesso di O2, rischio di incendio molto elevato 20% Concentrazione normale nell’aria 19.5% Livello minimo di sicurezza (OSHA, NIOSH) 16% Disorientamento, difficoltà nella concentrazione e nel respiro 14% Concentrazione impossibile, rapido affaticamento 8% Blocco mentale, svenimento 6% Respirazione difficoltosa, morte in pochi minuti Soprattutto quando non ce n’è a sufficienza Gli agenti chimici: i rischi per la sicurezza E i gas inerti? non sono infiammabili non sono tossici ma sono asfissianti in concentrazioni sufficienti quali sono? Elio, Azoto, Argon, ... e sono utilizzati nei laboratori, nelle apparecchiature, ecc… provenienti dall’evaporazione di liquidi criogenici Gli agenti chimici: i rischi per la sicurezza Anche i liquidi criogenici sono estremamente pericolosi largamente utilizzati per conservare a bassa temperatura, nelle apparecchiature di Risonanza Magnetica Nucleare,ecc. gli impianti che li utilizzano sono potenzialmente, nel caso di rotture o di sversamenti accidentali, quelli che rilasciano le maggiori quantità di gas inerte nell’ambiente Liquido criogenico [1 litro] Volume di gas prodotto [litri] Azoto liquido (‐195°C) 691 N2 Elio liquido (‐271°C) 748 He Argon liquido (‐189°C) 835 Ar Gli agenti chimici: i rischi per la sicurezza La prevenzione dei rischi nell’uso dei liquidi criogenici si attua garantendo una buona ventilazione dell’ambiente di lavoro rimuovendo le cause che potrebbero portare allo sversamento o alla formazione di schizzi di liquido criogenico utilizzando gli appositi DPI (guanti per bassissime temperature, occhiali con protezioni laterali, ecc.) prevedere una via di fuga per l’abbandono dei locali in caso di necessità o si avvertano sintomi da basso tenore di ossigeno Gli agenti chimici: le misure di contenimento Gli agenti chimici: le misure di contenimento Gli agenti chimici: le allergie Sono molto frequenti i casi di allergopatie, dovute a sostanze chimiche, che si possono manifestare sia come dermatiti da contatto che come attacchi d’asma. Una volta che una sostanza, venuta a contatto con la pelle, ha provocato una sensibilizzazione, una successiva esposizione può indurre una dermatite allergica anche in zone della cute diverse dall’area di contatto con l’allergene. Molto frequenti sono, in ambito sanitario, le allergie dovute all’uso di guanti di lattice o al contatto con farmaci particolari. Gli agenti chimici: incompatibilità Attenzione all’incompatibilità delle sostanze ad esempio: Sostanze incompatibili Pericolo Ipoclorito di sodio (varecchina) con acidi o basi produzione di cloro gassoso Alcali con acidi reazione fortemente esotermica Infiammabili e comburenti (es. ossigeno) reazione fortemente esotermica Infiammabili e tossici produzione vapori tossici Gli agenti cancerogeni Un agente cancerogeno è un fattore (sostanza, agente biologico, radiazione) in grado di causare un cancro o favorirne la propagazione. A differenza degli agenti chimici non vi è una correlazione diretta tra modalità di esposizione e danno. Anche a concentrazioni basse e brevi esposizioni non si può ragionevolmente escludere la possibilità che l’agente cancerogeno possa indurre – anche a distanza di molto tempo – l’insorgenza di un tumore in un organo bersaglio Gli agenti cancerogeni Alcuni agenti cancerogeni noti (IARC – Gruppo 1) Fumo di sigaretta (involontario) (Vol. 83; 2004) Radiazione solare (Vol. 55; 1992) Benzene (Vol. 29, Suppl. 7; 1987) Virus Epatite B e C (Vol. 59; 1994) Formaldeide (Vol. 88; 2006) Neutroni (Vol. 75; 2000) Radon (Vol. 43, Vol. 78; 2001) Amianto (Vol. 14, Suppl. 7; 1987) Ciclosporine (Vol. 50, Vol. 100A) Chlorambucil (Vol. 26, Suppl. 7, Vol. 100A) Ossido di etilene (Vol. 60, Vol. 97; 2008) Gli agenti cancerogeni Cat eg orie di ca ncer og e ni CE CCTN E PA IA RC ACGIH Ca ncer og e no ric on osciut o 1 1 A 1 A1 Ca ncer og e no p rob ab ile 2 2 B 1/B 2 2A A2 Ca ncer og e no so sp et t o 3 3 C 2B A3 N on cla ssif ic ab ile c om e c anc erog en o -- 4 D 3 A4 N on ca ncer og e no -- 5 E 4 A5 CE = Comunità CE = ComunitàEuropea Europea CCTN = Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale CCTN = Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale EPA = Environmental EPA = EnvironmentalProtection ProtectionAgency Agency IARC = International Agency for Research IARC = International Agency for Researchon Cancer on Cancer of Gonvernmental Industrial Hygienist ACGIH = American Conference ACGIH = American Conference of Gonvernmental Industrial Hygienist Gli agenti cancerogeni Secondo la C.E., e come riportato nel D.Lgs.n. 81/08, gli agenti cancerogeni vengono classificati in base ai seguenti criteri (D.Lgs. 3 febbraio 1997, n.52, e 14 marzo 2003, n. 65) Categoria 1: Sostanze note per gli effetti cancerogeni sull'uomo. Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l'esposizione dell'uomo ad una sostanza e lo sviluppo dei tumori. Categoria 2: Sostanze che dovrebbero essere considerate cancerogene per l'uomo. Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l'esposizione dell'uomo ad una sostanza possa provocare lo sviluppo di tumori, in generale sulla base di: ‐ adeguati studi a lungo termine effettuati su animali; altre informazioni specifiche (genotossicità, studi metabolici, ecc.). Categoria 3: Sostanze sospette di effetti cancerogeni sulle quali però non sono disponibili informazioni sufficienti per una valutazione completa. Alcune prove sono state ottenute da opportuni studi su animali, non bastano però per classificare la sostanza nella categoria 2. Gli agenti cancerogeni Curva di correlazione tra dose e risposta per un agente non cancerogeno A dove si ritiene che esista una soglia di concentrazione al di sotto della quale non vi sono rischi sanitari; la curva B è relativa ad un agente cancerogeno per il quale si ipotizza, per eccesso di cautela, che non esista una soglia di concentrazione esente da rischio Gli agenti cancerogeni misure tecniche, organizzative e procedurali •Tra gli agenti chimici utilizzati individuare quale possa essere cancerogeno e/o mutageno • Individuare eventuali sottoprodotti delle lavorazioni con caratteristiche cancerogene e/o mutagene • Approfondire le conoscenze sulla cancerogenicità/mutagenicità delle sostanze identificate • Valutazione della possibilità di esclusione dell’esistenza di tali agenti nel ciclo lavorativo • Se possibile eliminare l’agente cancerogeno/mutageno • Adottare sistemi a ciclo chiuso per evitare l’esposizione • In ogni caso ridurre al minimo possibile l’esposizione Gli agenti cancerogeni misure tecniche, organizzative e procedurali Bisogna ridurre sempre al minimo il numero dei lavoratori esposti. Ma è opportuno ricordare che: ¾ tale limitazione riguarda il numero dei lavoratori impiegati nelle "lavorazioni" che comportano esposizione e non una definitiva scelta dei singoli lavoratori da esporre a cancerogeni e/o mutageni; ¾ la limitazione del numero dei lavoratori da impiegare nelle lavorazioni non deve comportare aumento del rischio di infortuni o di altra natura ¾ la limitazione non deve comportare aumento di livelli di esposizione a cancerogeni e/o mutageni per i lavoratori impegnati; ¾ la limitazione non deve comportare spostamento del rischio a lavoratori esterni all’azienda Gli agenti biologici agente biologico: qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni Definizioni microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari Gli agenti biologici Il rischio è determinato dalla probabilità di danno derivante dall’esposizione a microrganismi che, venuti a contatto con l’uomo, possono penetrare nel suo corpo, moltiplicarsi e provocare una malattia Gli agenti biologici Gli agenti biologici Esistono due situazioni di rischio dovuti all’uso o alla presenza di agenti biologici: uso deliberato di agenti biologici rischio potenziale di esposizione Gli agenti biologici Gli agenti biologici Classificazione degli agenti biologici Gruppo 1: microorganismo che ha poche probabilità di causare malattie nell’uomo e negli animali Gruppo 2: microorganismo che può causare malattie negli uomini e negli animali ma è poco probabile che costituisca un serio rischio per i lavoratori (es. morbillo, rosolia, polio, etc) Gruppo 3: microorganismo che può provocare serie malattie nell’uomo, ma normalmente non si diffonde da un individuo infetto ad un altro (es. epatite, AIDS, etc.) Gruppo 4: microorganismo altamente contagioso che normalmente produce gravi malattie nell’uomo, negli animali e può propagarsi con elevato rischio nella comunità e nell’ambiente (es. Ebola, Lassa, etc.) Gli agenti biologici Il rischio biologico: principali caratteristiche da considerare a) Infettività: capacità di un dato microorganismo patogeno di penetrare nell’ospite e di moltiplicarsi in esso; es. il virus dell’epatite B ha una infettività maggiore delle spore del tetano b) Contagiosità: capacità dell’agente biologico di passare dall’uomo malato all’uomo sano; es. il virus dell’influenza ha una contagiosità maggiore del bacillo della tubercolosi c) Patogenicità: capacità di un microorganismo patogeno di produrre malattie a seguito di infezione. Dipende dalla invasività e dalla tossigenicità delle diverse specie microbiche; es. il virus dell’epatite B ha una patogenicità molto bassa, mentre il virus del morbillo provoca malattia nel 95% dei casi di infezione d) Virulenza: capacità dell’agente biologico di determinare una malattia grave o mortale; es. l’epatite B ha una letalità minore(1/1000) del tetano (50%) e) Neutralizzabilità: disponibilità di efficaci misure profilattiche per prevenire la malattia o di efficaci terapie per la sua cura f) Resistenza: all’ambiente o ai disinfettanti; es. il virus dell’AIDS ha una scarsa resistenza all’aria e ai più comuni disinfettanti, mentre il virus dell’epatite B o il bacillo tubercolare resistono bene nell’ambiente e sono necessari disinfettanti molto energici per inattivarli Gli agenti biologici Il rischio biologico dipende da: livello di esposizione grado di protezione carenze tecnico/progettuali organizzazione del lavoro informazione e la formazione Gli agenti biologici E’ necessario tenere in considerazione il meccanismo di trasmissione degli agenti biologici: • PARENTERALE es. HBV, HCV, HIV (n.b.gruppo 3 allegato XI) • VIA AEREA es. morbillivirus, BK, varicella • DROPLETS es. n.meningitidis, pertosse • CONTATTO es. herpesvirus, scabbia, • OROFECALE es.salmonelle