Il Cielo di Una Stanza

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Il Cielo di Una Stanza
Università di Pisa
Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere
Laurea Magistrale in Storia e Civiltà
Tesi di Laurea Magistrale
Il cielo di una stanza
Oggetti, foto, collezioni
in camere da letto ventenni
Relatore
Prof. Fabio Dei
Candidato
Dario Danti
Anno Accademico 2012/2013
a mia madre
perché c’è sempre una seconda volta
2
2
Senza Alessandro Iannella questo lavoro non sarebbe stato possibile.
Alessandro ha seguito tutto il progetto e la sua realizzazione:
dall’affinamento dell’idea iniziale, passando per il lavoro di equipe, fino
alla sbobinatura e impaginazione. I suoi consigli e il confronto quotidiano
sono stati l’anima de Il cielo di una stanza.
3
Indice
Introduzione
La cassetta degli attrezzi..............................................................6
Con occhi di donna.......................................................6
Disciplinamento e protogerarchia..............................13
Ordine/disordine.........................................................16
Confini/passaggi.........................................................19
Dicotomie di lettura....................................................21
Parte Prima
Sguardi, corpi, segni...................................................................24
Davide.........................................................................25
Giulia..........................................................................35
Luca.............................................................................44
Nicole..........................................................................57
Martina.......................................................................64
Gianmarco..................................................................71
Alberto.........................................................................81
Eleonora......................................................................89
Lorenzo........................................................................98
Greta.........................................................................106
4
4
Parte Seconda
L’ordine e i confini
Il disordine e i passaggi...........................................................114
1. Le fotografie.........................................................115
2. Le collezioni.........................................................121
3. Il cassetto segreto................................................130
4. La porta...............................................................138
5. L’alterità..............................................................143
Ipotesi conclusiva
«… mettero’ assieme pezzo a pezzo…»..............................154
Bibliografia di riferimento......................................................162
5
Introduzione
La cassetta degli attrezzi
Che cosa è una casa? Come possiamo definirla?
Vi sono alcuni concetti chiave – determinate discriminanti – dai quali dover
partire per condurre un’analisi che delimiti un perimetro semantico denso di
significati?
Proveremo a dotarci di una minima cassetta degli attrezzi attraverso uno
sguardo di genere alla casa e ai soggetti che la abitano.
Con occhi di donna
Secondo Mary Douglas la casa non deve essere necessariamente uno spazio
ampio, «ma uno spazio ci deve comunque essere: la casa comincia tenendo
sotto controllo un qualche spazio. Trovare un rifugio non equivale ad avere
una casa; nè avere una casa (home) equivale a possedere un edificio (house)
o una famiglia (household)»1.
1
M. Douglas, Il concetto di casa: un tipo di spazio, in Aa. V.v., La materia del
quotidiano. Per un’antropologia degli oggetti ordinari, a cura di S. Bernardi, F. Dei, P.
Meloni, Pacini Editore, Pisa 2011, p. 26.
6
6
Dare ordine e senso allo spazio, aggiunge Carla Pasquinelli, come fosse
«una colonizzazione silenziosa compiuta da gesti minimali» 2. Riordinare
abitudinariamente uno spazio, lo spazio. Avere una quota, un angolo di
mondo assegnato, dunque, rendendolo una seconda natura protettiva e
rassicurante, sostiene ancora Pasquinelli. Un guanto che si fa pelle, le fa
eco Douglas 3.
La casa è un mondo di oggetti su cui si depositano quotidianamente
abitudini e vizi; l’obiettivo è renderlo funzionale, ordinarlo. L’ordine tiene
insieme il soggetto e il mondo. E il mondo è quello di un ambiente, degli
utensili, dei significati. L’ordine quale modalità concreta «di disporre le
cose in maniera tra loro coordinata e possibilmente coerente secondo
determinate regole per conseguire un qualche fine» 4.
Avanza una tesi, Pasquinelli, che noi riproponiamo sotto forma di domanda:
siamo noi a mettere in ordine lo spazio o è lo spazio, al contrario, che ci
ordina?5. In questa affermazione sembra riecheggiare il grande tema
lévistraussiano dei miti che pensano noi (e non noi che pensiamo i miti)6.
2
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine. Il rapporto tra Sé e la casa, Baldini Castoldi
Dalai, Milano 2004, p. 9.
3
Questi due concetti sono usati da Douglas, nel testo scritto con Baron Isherwood, Il
mondo delle cose. Oggetti, valori, consumo (il Mulino, Bologna 1984), in riferimento alla
cultura, ma noi possiamo, a buon diritto, estendere il loro utilizzo anche a questo
contesto.
4
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 12.
5
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 13.
6
Cfr. C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, Il Saggiatore, Milano 1960.
7
Ecco dunque, sempre secondo Pasquinelli, incontrarsi/scontrarsi due ordini:
il nostro e quello dello spazio. Qui entra in scena proprio la cultura, perché
lo spazio non è eminentemente fisico: lo spazio è anche, soprattutto,
culturale. Allora, avvalersi di schemi, di classificazioni – quindi della logica
– può essere molto utile: mettere in ordine la casa, ovvero associare un
luogo mentale a un luogo spaziale, biunivocamente7. “Ogni cosa al suo
posto”, “a ciascuno il suo posto”, si dice in gergo. Alla parola ordine,
Douglas associa anche un altro termine: sincronia 8.
Oggi, però, sostiene Carla Pasquinelli, l’ordine rischia di divenire
inafferrabile e ubiquo, liquido9 (per usare una categoria abusata dal
sociologo Zygmunt Bauman). Qui il parallelo potrebbe essere fatto con il
computer: accesso plurimo al medesimo file/oggetto entro mosse seriali
convergenti, proprio come al supermercato (tanti modi differenti di ottenere
lo stesso prodotto). Le regole, a questo livello, funzionerebbero come
riduttore di complessità rispetto a un margine di complessità della scelta
troppo ampio. Semplificare seguendo una regola, dunque. Deve esservi
«qualcosa di regolare» 10, per dirla con Douglas. Come per cucinare o
facendo del giardinaggio 11.
7
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 14.
8
M. Douglas, Il concetto di casa: un tipo di spazio, cit., p. 37. E ancora, di seguito:
«Intorno alla tavola ciascuno sa dove sedere: l’ordine dei posti corrisponde ad altri ordini,
come quello delle faccende domestiche, quello della nascita e dei privilegi, quello
dell’ora di andare a dormire. […] Nessuno può servirsi prima degli altri, o segretamente,
perché tutti devono esser fisicamente presenti».
9
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 24.
10
M. Douglas, Il concetto di casa: un tipo di spazio, cit., p. 27.
11
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 26.
8
8
Ma l’ordine, comprese le sue regole, può diventare ossessivo, un inferno a
porte chiuse12?
Possiamo fare un’equazione: l’ordine sta al disordine, come la memoria sta
all’oblio. Con una differenza, però: l’oblio è vuoto, il disordine è pieno e
«fornisce anche del materiale al modello»13. E poi il disordine non è
oggettivo: «il fatto che in una stanza le cose siano sparse qua e là non è
necessariamente un segno di disordine»14. Anche il disordine è una
questione di pelle: «il disordine è quella cosa che non ci fa sentire a nostro
agio e non ci permette di trovare qualunque cosa in qualunque momento,
nemmeno se è tutto in ordine»15. Anzi, l’ordine, molte volte, è il miglior
nascondiglio del disordine.
Disordine come ordine di un altro 16; disordine romantico, geniale e
sregolato; disordine asociale o autistico. Fonte di disagio: è Pasquinelli a
citare esplicitamente Douglas: un bagno ricavato in una vecchia casa
(inglese), limitandosi a mettere le porte alle due estremità di un corridoio
(che comunque resta un corridoio), reca disagio. «In questo caso il
disordine era dovuto all’accostamento tra due funzioni così diverse che
12
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 15.
13
M. Douglas, Purezza e pericolo. Un’analisi dei concetti di contaminazione e tabù, il
Mulino, Bologna 1998, p. 157.
14
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 19.
15
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 21.
16
«Ogni disordine è quasi sempre una forma diversa di ordine, un ordine che risponde
ad altre regole e ad altri modelli» (C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 48).
9
faceva di quel bagno-corridoio una cosa fuori posto, non solo perché
alterava la percezione dello spazio, ma anche perché comunicava una
sgradevole sensazione di contaminazione tra due luoghi che siamo abituati
a considerare separati» 17. Ecco fare capolino il concetto di contaminazione.
Il rischio della contaminazione da parte del disordine. Il campanello
d’allarme è rappresentato dalla difficoltà di adattamento che manifesta il
nostro corpo nel nuovo contesto (o nel piccolo mutamento intervenuto nel
medesimo contesto). «Il disordine non è altro che una forma di
spaesamento»18, «un’alterazione, una sorta di squilibrio o di insondabile
equilibrio»19 . Che fare allora? Accettarlo, provare a controllarlo
circoscrivendo gli effetti peggiori, resta, probabilmente, l’unica modalità di
contenimento.
«La casalinga è di fatto un’intellettuale a tempo pieno che passa gran parte
della propria vita a classificare un numero spropositato di oggetti diversi,
decidendo ogni volta quali criteri adottare, se ordinarli secondo la
grandezza, il colore, il contenuto o il contenitore o quant’altro» 20. Ma la
casalinga non è la sola che prova la vertigine domestica e l’ossessione per
l’ordine.
Ognuno di noi ha, almeno una volta, riordinato la scrivania o la libreria,
sistemati gli attrezzi del giardino, rassettato la stanza da letto. Pasquinelli
17
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 22.
18
Ibidem.
19
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 24.
20
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 14.
10
10
sostiene che è «difficile fermarsi in tempo» 21. Il rapporto con gli oggetti
diventa onnivoro nel momento in cui ogni oggetto se ne porta dietro un
altro che «richiede imperiosamente le nostre cure» 22. Diventiamo, dunque,
onnivori dell’ordine, come se quella volta mettessimo in ordine una volta e
per sempre: la stabilità permanente dell’ordine adesso necessiterà soltanto
di una terapia di mantenimento. Tutto questo, però, è autoreferenziale
perché non fa i conti fino in fondo col fatto che l’ordine non può vivere
senza il disordine. Ma un certo totalitarismo dell’ordine rischia di rovinare
le vite. E questo totalitarismo dell’ordine, questo anelito a una «immobilità
coatta» 23, il più delle volte, è messo in campo da casalinghe dispotiche24 e
claustrofobiche 25. E non solo da loro. (Siamo tutti casalinghe?).
Eppure, seguendo il filo del ragionamento di Douglas, sembra che un’autoorganizzazione personale/impersonale operi un controllo tirannico sulla
mente e sul corpo di chi abita la casa 26. Occorre vigilanza. Ecco perché i
figli vorrebbero lasciarla – la casa – oppure sovvertirne l’ordine e quando
formano una nuova famiglia non vorrebbero riprodurre questo modello
claustrofobico. Casa claustrofobica negli orari scanditi, tirannica nei gusti
21
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 16.
22
Ibidem.
23
Ibidem.
24
Ibidem.
25
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 20.
26
M. Douglas, Il concetto di casa: un tipo di spazio, cit., p. 39.
11
alimentari, che, addirittura, opera censure rispetto al linguaggio27.
Apartheid dello spazio, segregazione nel tempo. La casa ha anche una
struttura temporale, infatti. Non c’è tempo lineare nella scansione dei ritmi
della vita sociale della casa, bensì «un tempo ciclico avvitato su se stesso ed
evocato ogni giorno dagli stessi gesti che si susseguono immutati con
estenuante monotonia» 28. La percezione del tempo e quella delle attività
nella casa vengono naturalizzate. Destorificazione del tempo che, in questo
senso, risulta eternamente recuperabile, che può essere dilatato o contratto a
piacimento. E la misurazione del tempo rischia di essere fornita, una volta e
per sempre, dall’orologio della casalinga29: l’ora di sparecchiare, l’ora di
rifare i letti, l’ora di andare a fare la spesa, etc. Ritmi sociali versus tempi
biologici, osserva Pasquinelli: “l’ora di pranzo”, “l’ora di cena”, “l’ora di
andare a letto”, e così via, indipendentemente dal momento esatto in cui si
sente il bisogno di espletare quella determinata funzione biologica. E i ritmi
sociali penetrano anche in profondità nell’organizzazione complessiva di
tutto il lavoro domestico. Sembra quasi che questa scansione, ancorata a un
eterno ritorno del presente, determini, necessariamente, anche il passato e il
futuro.
27
Ibidem. Aggiunge Douglas: «Prevede luoghi e tempi specifici per differenti toni di
voce, per argomenti di conversazione, per registri linguistici. In nome della comunità, alla
quale ci si riferisce come “noi” o “tutti”, non sono consentite nè le urla (in quanto
dominanti) nè i sussurri (perché troppo segreti ed esclusivi); nè durante i pasti sono
consentite conversazioni private».
28
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 28.
29
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 29.
12
12
Disciplinamento e protogerarchia
Marcel Mauss ci ha parlato del codice segreto delle tecniche del corpo 30:
l’attività domestica – casalinga in primis – come tutte le nostre
manifestazioni corporee, non sfugge a quel codice. Si tratta di tecniche
collettive incorporate attraverso la ripetizione e, in seguito, rese autonome
dall’abitudine: costituiscono il tessuto sociale di una attività coerente sia per
l’attore che per l’osservatore. Organicità e idoneità a «compiere i gesti
giusti per spazzare, spolverare, riordinare la cucina o rifare i letti secondo
uno stile socialmente condiviso (da un gruppo etnico, una classe, un ceto o
una nazione), ad assicurare una forma di riconoscibilità sociale a
quell’enorme dispendio quotidiano di energie che viene investito nel far
diventare ogni giorno ordinata e presentabile la nostra casa» 31. Le tecniche
del corpo si nutrono della distinzione fra gusti di classe (dominante) e stili
di vita (conseguenti)32.
L’impressione sul corpo, dunque la modellazione del corpo da parte di
determinate tecniche. Una seconda natura. Sul corpo femminile:
incarnando le tecniche casalinghe, il corpo annulla la sua disponibilità per
altre indicazioni di senso e, da quel momento, assume in sé il significante
che l’ha segnato e che riproduce se stesso nei corpi. Non dice più di sé 33.
30
M. Mauss, Le tecniche del corpo, in Teoria generale della magia e altri saggi,
Einaudi, Torino 1965.
31
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 34.
32
Cfr. P. Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, il Mulino, Bologna 2001.
33
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 36.
13
«Ognuno di noi vive lo spazio a partire dal proprio corpo, che gli conferisce
misura e ordine. Sono i corpi che qualificano lo spazio, sottraendolo alla
rappresentazione puntiforme della geometria euclidea, a uno spazio
omogeneo e neutro che, per quanto possa venire sezionato e delimitato, non
dà luogo a nessuna differenziazione qualitativa. è solo l’iscrizione dei nostri
corpi nello spazio che ne disaggrega l’uniformità per introdurvi una
discontinuità che lo rende leggibile» 34. Corpi infiniti come infiniti saranno i
modelli di casa: la chiave di lettura di un habitat sta negli habitus che ne
garantiscono la relazione con i corpi di chi vi abita. Corpi e luoghi che si
danno senso a vicenda.
In questo quadro, Pasquinelli chiama direttamente in causa Norbert Elias
(rimozione del corpo)35 e Michel Foucault (disciplinamento dei corpi)36 .
Con Foucault potremmo parlare dell’ordine domestico quale antefatto –
rispetto alle scuole, alle caserme, ai luoghi di lavoro – per
l’assoggettamento da parte della società37. Disposizione degli ambienti, da
un lato, e, dall’altro, assegnazione del proprio posto a ogni individuo
attribuendo una parte specifica della cura del corpo, ripartendo così le
34
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 86.
35
Cfr. N. Elias, La civiltà delle buone maniere, il Mulino, Bologna 1982.
36
Cfr. M. Foucault, Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino 1989.
37
«È un quadro fosco, a tinte cupe, quello tratteggiato da Foucault, che coincide con
l’alba tragica della modernità, con il momento in cui i corpi sono stati catturati all’interno
di invisibili reticoli spaziali che ne hanno predisposto l’addestramento secondo schemi di
docilità e/o di rigore, rendendo pressochè impossibile sottrarsi alla loro presa. Corpi
reclusi in collegi, ospedali, opifici, conventi, prigioni, e resi ostaggio di
un’organizzazione capillare dello spazio – fondata su una sorveglianza a tutto campo –
che provvede ad assegnare “a ogni individuo il suo posto” e a piazzare “in ogni posto il
suo individuo”, in modo da rendere ciascuno facilmente reperibile o comunque
classificabile e soprattutto trasparente» (C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., pp.
92-93).
14
14
persone entro uno spazio gerarchico. Ecco dove risiede la premessa per
«quella confisca del corpo da parte delle altre istituzioni sociali che
imprigionandone le forze all’interno dei loro differenti sistemi di regole
fabbricano individui disciplinati e sottomessi» 38.
Se, come afferma Foucault, la casa è uno spazio disciplinare non dissimile
dai tanti altri che scandiscono la nostra quotidianità, margini, accessi,
barriere, passaggi, centri e confini rischiano di diventare luoghi (nonluoghi?) di cui nessuno sembra consapevole. La foucoltiana “microfisica
del potere” – che vede al suo interno logiche tassonomiche e prescrittive
dello spazio e del tempo – governa in maniera discreta le nostre vite,
dunque le nostre vite nei luoghi dove abitiamo.
Di contro, Douglas sostiene che il suo modello di casa, pur avendo a
disposizione molta autorità, non è autoritario 39; inoltre è gerarchico, ma non
per questo centralizzato40. Ci sono reciproche consultazioni. Aggiustando
sistemi interconnessi di regole, si cerca di soddisfare sia i requisiti
funzionali, sia le richieste dei singoli circa le disponibilità di spazio, tempo
e risorse ulteriori rispetto a quelle programmate, seguendo il criterio
dell’equa distribuzione. Questo tipo di casa, ammette Douglas, è assai
complicato: «è difficile entrarvi ed è difficile cambiarla. Questa casa
emerge come il risultato di strategie di controllo individuali che tuttavia si
appellano alla sua difesa come bene comune. Idealmente è la madre che fa
38
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 39.
39
M. Douglas, Il concetto di casa: un tipo di spazio, cit., p. 41.
40
M. Douglas, Il concetto di casa: un tipo di spazio, cit., p. 42.
15
funzionare il sistema, ma lo stesso si può dire del padre e, indubbiamente,
dei bambini. è un sistema estremamente coercitivo, ma la coercizione è
anonima, il controllo è generalizzato»41.
Non un latente spazio disciplinare, ma una spontanea protogerarchia.
Ordine/disordine
Mettere in ordine la casa, tornando al concetto iniziale. La casa che resta
una forma di rapporto, di relazione fra le persone42 . A partire dalla
rappresentazione di sé (nei limiti di uno spazio). Uno spazio personale –
«realizzazione di idee» 43, contenitore simbolico della propria identità –
proiezione all’esterno di un ordine interno che acquista, in questo modo,
visibilità e concretezza. Una domanda: l’ordine esterno rispecchia l’ordine
interno? La risposta di Pasquinelli è netta: spesso «si mette in ordine fuori
per cercare di fare ordine dentro di noi»44. Riordinare la casa, ovvero
riappropriarsi dello spazio. Ricercare, cioè, l’ordine in modo duplice: come
sfida a se stessi e agli altri; quale replica di un modello standardizzato. E
poi c’è la fuga senza fine di chi, alla ricerca di una perfezione impossibile,
fa e disfa freneticamente qualsiasi sistemazione ordinata della propria casa.
41
M. Douglas, Il concetto di casa: un tipo di spazio, cit., pp. 41-42.
42
«L’organizzazione dello spazio è una funzione delle relazioni tra le persone nel
momento stesso in cui le rappresenta. Così un/una single organizzerà la sua casa in
maniera molto diversa da una coppia e una coppia appena sposata da una famiglia» (C.
Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 55).
43
M. Douglas, Il concetto di casa: un tipo di spazio, cit., p. 27.
44
Ibidem.
16
16
Ecco affiorare il pensiero di Ernesto de Martino: se il disordine è il caos,
ovvero la perdita di un centro, succede l’irreparabile. La catastrofe dell’Io e
del mondo. Il disordine diventa «mancanza di qualsiasi criterio di
collocazione e disposizione delle cose», sintomo più vistoso di sofferenza
psichica. «Il segno di una deriva patologica che si manifesta
simbolicamente nella rinuncia a ogni opera di selezione e nell’accumulo
dissennato di oggetti che hanno smarrito ogni funzione» 45. Il centro è il
punto di riferimento, dunque.
Una digressione. Ernesto de Martino, durante un viaggio calabrese in auto,
s’imbattè in un pastore al quale chiese la strada giusta, la direzione valida;
l’uomo venne poi invitato a salire in macchina per condurre i passeggeri
alla meta desiderata. Salì con qualche diffidenza. Appena allontanatisi e
perduta «la vista familiare del campanile di Marcellinara, punto di
riferimento del suo minuscolo spazio esistenziale», la diffidenza del pastore
si tramutò in vera propria angoscia. Decisero di riportarlo indietro. Sulla via
del ritorno il pastore stava sempre con la testa fuori dal finestrino, alla
ricerca del suo punto di riferimento: appena lo rivide apparire in tutta la sua
domesticità si rasserenò avendo ritrovato la patria perduta. «Ciò significa
che la presenza entra in rischio quando tocca i confini della sua patria
esistenziale, quando non vede più il “campanile di Marcellinara”, quando
perde l’orizzonte culturalizzato oltre il quale non può andare e dentro il
45
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 54.
17
quale consuma i suoi “oltre” operativi: quando cioè si affaccia il nulla»46.
Piantare un palo totemico in terra rappresenta il centro, come la nostra casa
che rappresenta il centro del mondo47. E come «ogni mondo ha un suo
inizio mitico, così ogni casa ne ha uno suo. L’arredo di una casa è
l’equivalente di un atto cosmogonico, la fondazione del suo ordine, che
regolamenterà lo spazio e la vita di quanti vi abitano collocando ogni cosa
al posto giusto»48. Arredare, dunque vivere: proiettare la propria personalità
nello spazio della casa.
46
Ernesto de Martino, La fine del mondo. Contributo all’analisi delle apocalissi
culturali, a cura di C. Gallini, Einaudi, Torino 1977 e 2002, brano 271 pp. 479-480. Il
caso del vecchio pastore calabrese ha un cospicuo precedente nel saggio sul mito achilpa
del centro del mondo. In questo studio dedicato all’analisi di un mito delle origini
raccolto da Spencer e Gillen presso gli Achilpa, una popolazione nomade dell’Australia
centrale, de Martino elabora la nozione di «angoscia territoriale» per indicare il rischio di
spaesamento totale a cui sono esposti questi gruppi di cacciatori-raccoglitori a causa di
continui spostamenti attraverso territori sempre diversi. Il «riscatto culturale» da questa
angoscia si realizza mediante il kauwa-auwa, un palo che costituisce il legame simbolico
con l’eroe-culturale Numbakulla, ordinatore del mondo, e che ha la funzione di rendere
familiare e domestico un paesaggio mai incontrato prima ed estraneo. Come centro del
mondo il kauwa-auwa cosmicizza tutto ciò che, senza di esso, sarebbe caos, inquietante
estraneità, e, sempre come centro del mondo, garantisce al gruppo achilpa la possibilità di
non essere mai al di fuori dell’orizzonte delle cose da sempre note. Perdere il centro del
mondo vuol dire precipitare nel non-senso, nel caos. Come narra il mito, questa perdita è
possibile: un qualche incidente può determinare la rottura del kauwa-auwa provocando
l’angoscia territoriale. La paralisi catatonica in cui sarebbe caduto il gruppo a cui s’era
spezzato il palo-simbolo, nonchè la morte rapidamente sopraggiunta, dà senso allo
svuotamento ontologico proprio dell’angoscia territoriale. Si veda E. de Martino,
Angoscia territoriale e riscatto culturale nel mito achilpa delle origini. Contributo allo
studio della mitologia degli aranda, in «Studi e Materiali di Storia delle Religioni»,
XXIII, 1951-1952, pp. 51-66; ora in Id., Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del
magismo, Bollati Boringhieri, Torino 2000, pp. 225-239.
47
«La fondazione di un centro è infatti l’atto preliminare che conferisce una forma
allo spazio, provocando una soluzione di continuità che ne disarticola la distesa informe
per trasformarlo in un’organizzazione spaziale ordinata, in un “territorio
cosmizzato”» (C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 115).
48
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 55.
18
18
Confini/passaggi
La casa ha orientamento. Seguendo tutti e quattro gli assi: fronte-retro,
sotto-sopra, due lati e interno-esterno49.
La protezione dell’ordine è dentro l’orientamento? Se lo spazio domestico è
il perimetro dell’ordine, è necessario mantenerlo il più possibile uguale a se
stesso al fine di proteggere chi lo abita da un esterno demoniacamaente
ostile50? Se, come sostiene Edward Hall, i nostri confini non coincidono col
nostro corpo, ma sono «una vera e propria estensione dell’organismo»51 –
espandendosi e contraendosi a seconda dell’area di pertinenza – la casa
«può essere considerata un territorio dai confini definiti in maniera piuttosto
rigida all’esterno e aperti al suo interno, in modo tale che lo spazio può fare
indifferentemente da tramite o da ostacolo tra quanti lo condividono» 52.
Attenzione, dunque, alla microconflittualità quotidiana degli sconfinamenti
territoriali: piccoli spostamenti e variazioni anche impercettibili. Debordare
dai propri confini, prolungare i propri confini: torna il tema del disordine, o
meglio della creazione del disordine.
Quasi una contaminazione. Si sfocia in ciò che è indifferenziato,
accorciando/annullando le distanze, le differenze. «È solamente esagerando
la differenza tra unito e separato, sopra e sotto, maschio e femmina, con e
49
M. Douglas, Il concetto di casa: un tipo di spazio, cit., p. 27.
50
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 11.
51
Cfr. E.T. Hall, La dimensione nascosta, Bompiani, Milano 1988.
52
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 45.
19
contro, che si crea l’apparenza dell’ordine»53. In una casa, si ristabilisce la
giusta distanza – riperimetrando i confini e mettendo a posto
contestualmente persone e cose – attraverso la pulizia. Far ritornare l’ordine
per difendersi dall’assedio del disordine, «dall’assedio cronico di persone e
cose che instancabilmente trasmigrano nello spazio» 54. Pulizia, che in
Occidente è sinonimo di purezza.
A proteggere la casa dall’assedio esterno non basta il confine di una porta.
Pasquinelli, infatti, indaga il concetto di soglia, intesa come zona di transito
«sia in entrata sia in uscita la cui funzione non è solo quella di distinguere
due diverse regioni dello spazio ma anche di fare da tramite» 55. Luoghi di
travestimenti e metamorfosi che segnano passaggi e cambiamenti.
«Passaggi ad alto rischio dove andare e venire tra dentro e fuori non investe
di simbolicità solo la soglia ma anche chi vi transita, contaminandone
intenzioni e gesti, che ne rivelano la capacità performativa di trasformare
una persona in un’altra, segnandone un destino di salvezza o di
perdizione» 56. Arnold Van Gennep, in questo senso, immaginò la società
come una casa con delle stanze e dei corridoi in cui passare dalle une alle
altre è pericoloso57. «Il pericolo sta negli stati di transizione, semplicemente
perché la transizione non è più uno stato e non è ancora l’altro: è
indefinibile. La persona che passa dall’uno all’altro è essa stessa in pericolo
53
M. Douglas, Purezza e pericolo, cit., p. 35.
54
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 47.
55
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 123.
56
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 124.
57
Cfr. A. Van Gennep, I riti di passaggio, Bollati Boringhieri, Torino 1985.
20
20
e trasmette il pericolo agli altri» 58. Pericolo per sé e pericolo per gli altri. E
pericolo anche come monito, come avvertimento. Secondo Douglas, infatti,
«l’ordine ideale di una società viene garantito dai pericoli che minacciano
coloro che lo trasgrediscono» 59.
Se la soglia di casa60 diventa il punto fisso dal quale ci sporgiamo sul
mondo, ne consegue che lo spazio non è più organizzato dal centro.
«Diventa qualcosa di mobile, di animato dalle nostre operazioni e dalle
traiettorie che disegniamo con i nostri copri al suo interno. È il movimento
che, secondo la felice intuizione di Michel de Certeau, produce lo spazio,
facendone un luogo praticato, costruito dalle persone che vi transitano e dai
loro percorsi» 61.
Dicotomie di lettura
Queste due dicotomie – ordine/disordine, confini/passaggi – descrittive,
come abbiamo visto, del concetto “casa”, possono essere utili strumenti per
la nostra cassetta degli attrezzi. Le utilizzeremo per condurre un’analisi
comparativa di un luogo specifico della casa. Il cielo di una stanza: dieci
58
M. Douglas, Purezza e pericolo, cit., p. 159.
59
M. Douglas, Purezza e pericolo, cit., p. 33.
60
«Perché lo sposo porta la sposa in braccio dentro la casa? Perché il giardino, la trave
e gli stipiti della porta creano una cornice che è la condizione necessaria ogni giorno per
entrare in casa. L’esperienza casalinga di attraversare una porta può esprimere tanti tipi di
entrate, e così pure i crocicchi e gli archi, le nuove stagioni, gli abiti nuovi e così via.
Nessuna esperienza è troppo bassa da non poter essere assunta a rituale e rivestire così un
significato sublime» (M. Douglas, Purezza e pericolo, cit., p. 185).
61
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., p. 124; cfr. M. de Certeau, L’invention
du quotidien. 1. Arts de faire, Gallimard, Paris 1990.
21
camere da letto di dieci ragazzi e ragazze di età compresa fra i 19 e i 23
anni (cinque maschi e cinque femmine).
Il nostro tentativo non ha l’ambizione di fornire un’analisi sociologica,
tantomeno di sviluppare indicatori tassonomici. Proprio per questo, non
abbiamo voluto rendere centrale e dirimente, nell’analisi, l’origine sociale
dei nostri dieci intervistati, comunque appartenenti, nella quasi totalità, a
famiglie di ceto medio e con alto capitale culturale. La presente ricerca,
pertanto, vuole evidenziare caratterizzazioni permanenti ed elementi
strutturanti nelle stanze prese in esame e, dunque, anche ricorrenti nelle
dieci vite ventenni.
L’ordine (e il disordine) della/nella camera: quello che è simboleggiato dal
“campanile di Marcellinara” per il contadino calabrese descritto da Ernesto
de Martino, ovvero un territorio cosmizzato per dirla con Carla Pasquinelli.
Soggetto che mette in ordine lo spazio, oppure spazio che ordina il
soggetto? Esiste un centro di gravità permanente?
I confini e i passaggi non sono soltanto l’apertura e la chiusura di una porta
(sia essa della casa e/o della camera da letto). La capacità performativa di
trasformare una persona in un’altra, la soglia da varcare, è anche una soglia
interiore di cambiamenti e processi aperti. Soprattutto in età di repentine
maturazioni ed evoluzioni. Proveremo a leggerle attraverso le
contaminazioni fra gli oggetti di una stanza, tenendo conto che soglia allude
al movimento/mutamento dei “corpi” e non alla staticità dell’ordine del
22
22
“campanile”. Proprio perché il centro – inteso come territorio cosmizzato –
non deve essere necessariamente sinonimo di staticità, bensì di
performatività.
Per venire alla composizione del presente lavoro, nel capitolo seguente
esporremo le caratteristiche fondamentali dei dieci luoghi visitati
attraverso i nostri e gli occhi di coloro i quali ci hanno aperto le porte delle
loro case per mostrarci un “pezzo” di mondo materiale e interiore.
Successivamente, condurremo una comparazione fra le dieci camere da
letto, cercando di utilizzare le due dicotomie precedentemente individuate
per strutturare un’analisi comparata delle stanze e delle vite di quelle
stanze. Infine, proveremo a trovare delle prime ipotesi conclusive.
23
Parte Prima
Sguardi, corpi, segni
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24
DAVIDE GRAVINA
21 anni, Medicina&Chirurgia
25
Davide, 21 anni, vive e studia a Pisa dove frequenta la facoltà di Medicina
e Chirurgia.
Amante dello sport, in particolare del basket e del tennis, è anche
appassionato di letteratura, di filosofia e, in particolare, di scrittura creativa.
Un po’ imbarazzato, ma sorridente e composto, Davide ci introduce nella
sua camera da letto, cedutagli nel 2009 dalla sorella maggiore.
I. I
Una camera museo
Prima di presentarci la sua stanza, Davide chiarisce che la disposizione è in
fieri e cambia in base al periodo che sta vivendo. Specifica inoltre che, in
genere, gli oggetti degli anni passati vengono messi da parte, ad esempio
nella soffitta, perché ormai poco importanti da un punto di vista emotivo.
26
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L’aggiornamento, pertanto, comporta sia un togliere che un aggiungere:
dell’infanzia e della prima adolescenza il ragazzo ha mantenuto i giochi da
tavola preferiti, i peluche, le foto dei viaggi con i genitori e con gli amici e
le locandine dei film che lo hanno più segnato (vd. Genio Ribelle, Il
Padrino).
La sistemazione attuale è stata adottata negli ultimi due-tre mesi ed è
particolarmente minimalista.
La camera si presenta bianca sia nei mobili che nelle pareti, nonostante
spicchino i diversi colori della numerosa oggettistica presente.
Due delle quattro pareti sono infatti occupate da librerie, concepite come
piccole vetrine espositive, simili a quelle di un museo.
Davide sceglie così di “esporre” la propria vita mettendo in risalto gli
aspetti più importanti: la musica, il cinema, la letteratura, lo sport, solo per
27
citarne alcuni.
Al centro della pièce si trova una piccola scrivania e una grande poltrona,
che Davide, scherzosamente, paragona più volte a quella di un dirigente
aziendale.
I settori delle due librerie hanno l’obiettivo di far risaltare determinati
elementi e, a detta del giovane, di farlo sentire a proprio agio. È curioso
come i contenitori dei dvd (Fellini, De Niro), i libri (d’arte o di letteratura
28
28
italiana e latina) e i cd musicali (Gaber, Led Zeppelin) siano orientati
frontalmente o aperti a mo’ di spartito su di un leggio.
Le “vetrine” più alte sono occupate dai peluche che legano Davide alle sue
storie d’amore o alla propria infanzia e che riescono ancora oggi a
strappargli un sorriso.
Spicca, in particolare, un orsacchiotto che il ragazzo considera la propria
“coperta di Linus”.
Proiettato indietro nel tempo, Davide ricorda con fare particolarmente
nostalgico di essere stato accompagnato dal suo teddy quasi
quotidianamente per i primi sei anni della propria vita.
Sugli altri ripiani vediamo invece diversi profumi, i libri scolastici e
29
universitari, i trofei sportivi, i cimeli del basket e i giochi di magia, altra
grande passione del ragazzo. L’accostamento degli oggetti dello stesso tipo
segue per lo più la cromaticità dei medesimi. I giocattoli in sé e per sé,
invece, non sono più presenti.
I. II
Le foto
Davide ha scelto di collocare le proprie foto su due grandi pannelli appesi
alla parete: ci sono quelle dei viaggi, quelle dello sport e dei ricordi
scolastici.
Di fianco si trova il calendario regalatogli da Giulia - la sua fidanzata caratterizzato dalle foto dei loro momenti più importanti.
30
30
I. III
La scatola segreta
Sono pochi gli oggetti non esposti: i cassetti e le ante dell’armadio, infatti,
racchiudono, al di là di qualche scritto di natura creativa, solo vestiti e
intimo.
Davide, quindi, non ha un posto o una scatola segreta che racchiuda affetti
così personali da tenere preferibilmente solo per sé.
Si veda, tuttavia, il paragrafo I.V.
I. IV
Il punto di vista di Davide
Con in mano la cinepresa, Davide sceglie di partire dal “reparto” (così lo
chiama) dei libri elogiando, in particolare, i Frammenti di un discorso
amoroso di Barth. Passa poi a quello cinematografico, a quello artistico e ai
peluche.
Descrive, inoltre, i film, gli LP, le foto con Giulia e i trofei sportivi vinti nel
corso degli anni, elementi importantissimi della propria vita.
La ripresa si conclude sul piccolo canestro da basket posto sopra la porta
d’ingresso alla camera.
31
L’analisi degli spazi, molto lineare, segue l’esposizione degli oggetti nelle
diverse librerie sviluppandosi lungo la circonferenza della stanza.
I. V
Un caffè con la mamma
Davanti a un caffè con la mamma di Davide non si può non notare che il
mobilio del soggiorno, molto classico, si presenti in forte disarmonia
stilistica rispetto alla camera del ragazzo.
Tuttavia, la modalità di esposizione, “lineare e museale”, è la stessa.
La mamma sottolinea come questa caratteristica rispecchi un po’ il carattere
estroverso della famiglia: la stanza del ragazzo, infatti, si presenta come un
libro aperto, ricco di soprammobili da mostrare.
32
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Ogni dettaglio è talmente curato da poter essere ritenuto un biglietto da
visita della persona.
Un aspetto, già analizzato in I.III, ma che colpisce sicuramente molto è il
fatto che manchi il “classico” cassetto dei segreti e che non ci sia alcun
piccolo cimelio da tenere in un certo senso solo per sé.
Davide, però, si ricorda che nella stanza precedente, attualmente della
sorella, teneva nascosto sul fondo dell’armadio una piccola scatola da
scarpe ricoperta di disegni e forata sulla parte superiore.
Piena di piccoli oggettini, la scatola conteneva tra le altre cose una penna
regalatagli dal padre, un giocattolo donatogli dalla baby-sitter e una musicassetta di canzoni di un animatore a cui si era particolarmente affezionato
durante le vacanze estive alla casa al mare.
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Benché non sappia dove si trovi, Davide è ancora legato a questi vecchi
ricordi e vorrebbe ritrovarli, anche giusto per osservarli qualche secondo; la
mamma si mostra invece distaccata, forse poco interessata a questo ricordo.
L’elemento “scatola dei ricordi” ci permette di risalire a due livelli: a quello
degli oggetti segreti, ma che ogni tanto vengono mostrati a un’altra persona,
oppure a quello degli oggetti volutamente messi quasi a tacere in un finto
oblio personale di cui si preferisce negare l’esistenza.
Che Davide si trovi in balia di entrambi?
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GIULIA SANNINO
21 anni, Medicina&Chirurgia
35
Anche la ventunenne Giulia, fidanzata di Davide, studia Medicina e
Chirurgia a Pisa.
Di origini napoletane, fortemente appassionata di moda, si mostra solare e
aperta a quest’avventura e ci accoglie con una ventata di allegria nella sua
stanza, ordinata e particolarmente luminosa.
II. I
Una stanza disegnata su misura
La camera di Giulia è, sostanzialmente, nuova: sono stati infatti da poco
ridipinti i muri e cambiati i mobili in modo tale da ottenere più spazio.
La ragazza ha scelto di giocare sul verde e sul marrone, cercando di
ottenere più luminosità rispetto a prima e ha ordinato su misura la propria
scrivania, particolarmente grande.
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La libreria di Giulia è costituita da una scrivania a incastro e da diversi
quadranti a mensola contenenti libri, giocattoli dell’infanzia e altri cimeli.
L’oggettistica è costituita in particolare dalle foto dei momenti più belli
dell’infanzia, dalle piccole sorprese contenute nell’uovo di Pasqua o nei
dolcetti e da tazze contenenti per lo più penne e segnalibri.
Cromaticamente ordinati sono, invece, le video-cassette dei Classici Disney
o di film fantasy che la ragazza ama guardare ancora oggi perché ritenuti
una medicina contro l’ansia e la tristezza.
Giulia si mostra dolcemente infantile e fantasiosa come un Peter-Pan tutto
al femminile: la scrivania sottostante, nonostante veda la presenza dei libri
di Anatomia I, di un PC e della televisione, è caratterizzata da piccoli
giocattoli, pupazzi, tazze piene di penne, foto e cianfrusaglie di ogni genere.
È presente, inoltre, una cornice ancora vuota che, a detta della ragazza la
37
cui voce si fa sempre più misteriosa e malinconica, sta ancora aspettando di
essere riempita.
Sul letto color limone Giulia ha posizionato il peluche di una foca, regalo
del fidanzato Davide: è l’oggetto a cui tiene di più.
II. II
La porta
La porta della camera di Giulia è caratterizzata da una forte creatività. Il
lato frontale è stato riempito da diverse scritte del proprio nome, indice di
sicurezza e di una forte personalità, e dalle foto del liceo che sono ricordi di
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anni bellissimi, ovvero del periodo che ha vissuto con maggiore intensità.
Le foto delle scuole medie, invece, non sono presenti perché evocano
ancora un periodo in cui Giulia ha stretto poche amicizie e che preferisce
non ricordare.
Sul retro della porta si trovano alcuni disegni, compiti di Storia dell’Arte
svolti durante il Liceo scientifico, ricordi che legano la ragazza ad un suo
ex-professore.
39
II. III
Gli orecchini
A colpire particolarmente è un porta-orecchini posto vicino alla porta
d’ingresso alla camera.
Giulia, infatti, adora gli orecchini, sua prima passione, e li colleziona da
anni.
Li ritiene oggetti di design e li sceglie vistosi, colorati, considerandoli una
modalità attraverso la quale mostrare agli altri la propria personalità ed
esprimere elegantemente il proprio umore: la forma che predomina è il
cerchio.
Il porta-orecchini, in legno intarsiato, è stato creato su misura per la stanza.
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40
II. IV
L’armadio-libreria
La libreria di Giulia non vede la presenza di libri.
Aprendo le ante dell’armadio scopriamo infatti che i libri di lettura e di
scuola, oltre ai documenti burocratici di famiglia, sono posti a fianco di
scarpe e vestiti.
Non sembra esserci motivazione per questa scelta.
II. V
Le foto nascoste
Giulia non ha una scatola segreta, ma conserva gelosamente le proprie foto:
seppur presenti sugli scaffali e in bella vista sulla scrivania, la ragazza ha
scelto di tenere in una busta chiusa quelle più belle o a cui tiene di più.
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La ragazza ama infatti riguardarle ogni tanto, per sentirsi ancora più
fortunata di aver vissuto amicizie e momenti davvero speciali.
La presenza di una busta chiusa si contrappone chiaramente all’esposizione
delle foto di classe sul lato anteriore della porta e a quella dei disegni sul
lato posteriore.
II. VI
Il punto di vista di Giulia
Giulia, per la descrizione della propria camera, inizia dalla porta, sulla
quale spende molte parole ricordando, ancora una volta, il periodo felice del
Liceo.
Passa poi alla scrivania, di un metro e ottanta centimetri, creata su misura in
modo da avere abbastanza spazio per studiare comodamente.
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Dopo ai settori della libreria, ai libri e ai manuali, alle foto, alle cartoline
dei viaggi; successivamente ai ricordi dell’infanzia, ai pupazzi, alle videocassette e ad alcuni piccoli oggetti. Giulia chiarisce che tutto è posizionato
senza una particolare logica, senza modalità espositiva.
II. VII
Le precisazioni della mamma
Parlando della stanza di Giulia, la mamma tende a evidenziare come nella
nuova stanza non siano più presenti i doni dei viaggi dei nonni o i peluche
regalati dal papà dopo i viaggi di lavoro. Si parla poi di cromaticità: tutta la
casa è da poco stata dipinta e Giulia non sembra ancora essere del tutto
convinta del colore adottato per le pareti. Avrebbe preferito uno stile
bianco-nero, arricchito da mobili color rosso vermiglio.
Nel soggiorno c’è un elemento
che ricorda particolarmente la
camera della ragazza:
collocata al centro della stanza
si trova una vetrina piena di
gioielli Swarovski che ci
riporta alla tematica della
collezione, cara a Giulia per
quanto riguarda i suoi
orecchini.
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LUCA BUONACCORSI
22 anni, D.I.S.C.O.
44
Luca, 22 anni, ha conseguito la laurea triennale in Discipline dello
Spettacolo e della Comunicazione a Pisa, con indirizzo Cinema.
Ha numerose passioni, tra le quali il cinema e il surf.
Ha due camere da letto: la prima, quella che ci presenta, è nella sua
abitazione; l’altra nell’albergo della mamma, dove passa le vacanze estive.
III. I
Il punto di vista di Luca
Luca inizia la descrizione della propria stanza prendendo in esame le
chitarre regalategli dal padre, appese alla parete di fianco all’ingresso: sono
ormai diversi anni che frequenta corsi di chitarra - classica e non - seguito
da un artista locale.
Successivamente, Luca esamina i due quadri appesi sulla parete di fianco al
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letto: troviamo una foto in alta qualità della luna, simbolo della sua
passione per l’astronomia e un manifesto preso alla Mostra del Cinema di
Torino.
Di fianco al letto, classico e a una piazza, c’è un mobiletto in vetro ricco di
pietre preziose, fossili di ammoniti e pezzi di roccia a cui il ragazzo è
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particolarmente legato. Luca chiarisce che tutti gli elementi sono
minuziosamente catalogati e accompagnati da un piccolo foglio descrittivo.
Al di sopra di questo mobiletto il ragazzo ci fa vedere un collage di foto
regalatogli dagli amici dell’Erasmus a Valencia durante l’anno accademico
2011/2012.
Ogni foto è un ricordo di una serata: i ragazzi, infatti, erano abituati a
ritrovarsi una volta a settimana a casa di uno di loro per una cena
internazionale.
Da notare il fatto che nella stanza non sono presenti foto di altri periodi.
Nella sua descrizione, Luca salta del tutto la libreria e la scrivania
scegliendo di prendere subito in considerazione un libro, un’edizione in
inglese di Peter Pan, che lo lega in particolar modo alla ex-fidanzata: gli
piace pensare che la loro avventura sia stata una sorta di trasposizione nella
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realtà della classica fiaba.
Ultimo elemento a cui Luca presta particolare attenzione è un baule
contenente trucchi e giochi di magia, grandissima passione del ragazzo.
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Sempre con la cinepresa tra le mani, Luca abbandona di colpo la sua stanza,
ancora ricchissima di oggetti inesplorati, per passare al ripostiglio che
racchiude, oltre alla muta da surf, una serie di costumi cuciti su misura per
feste ed eventi, ancora una volta simbolo dell’amore per il teatro e per la
maschera.
III. II
La collezione di pietre
La “raccolta” di pietre preziose ha accompagnato Luca per circa dieci anni:
dall’infanzia fino alla fine delle scuole medie.
Alcune appartengono al padre che, una volta separatosi dalla moglie e
trasferitosi in un’altra abitazione, ha deciso di lasciarle al figlio; altre pietre
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sono, invece, regali della nonna, della mamma o degli amici. Altre ancora
sono state raccolte durante viaggi e gite in montagna o sulle spiagge.
III. III
Le librerie
Le librerie sono due: una particolarmente grande e una più piccola,
entrambe in legno.
Quella grande, acquistata per ultima, è costituita da diversi settori, tra i
quali spiccano quelli dedicati all’università, alla lettura, alla magia e ai
viaggi.
È inoltre presente un’altra collezione, quella di fumetti manga, in
particolare la serie One Piece.
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La seconda libreria è invece costituita dai libri di fiabe, di favole e dai
fantasy letti durante le scuole elementari, medie e superiori, anche in
diverse edizioni e lingue.
Ancora oggi, Luca ama andare alla ricerca di storie per bambini, simbolo di
una sindrome di Peter Pan che lo accompagnerà oramai per tutta la vita e
che è riuscito a condividere appieno con la sua ex-ragazza Greta.
Sul ripiano più basso, invece, si trovano alcuni numeri de «Il Corriere dei
Piccoli», e diverse “strisce” di fumetti Disney regalategli dal nonno.
Luca non ama l’oggettistica, i ripiani di fianco alla libreria sono infatti
caratterizzati da pochi oggetti: un carillon, una bacchetta magica costruita
dal padre nel lontano 1994 e una scatolina contenente i denti da latte.
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Ci sono poi i biglietti di viaggi e gite, nonché alcuni ricordi, come un
maggiolino e altri souvenirs regalatigli dalla ex-fidanzata che, ancora una
volta, ritorna nella stanza con la sua presenza-assenza.
È inoltre presente una televisione, la playstation e una raccolta di film in
dvd di vario genere, per lo più d’autore.
Sono assenti, oltre alle foto, anche dei poster.
III. IV
La scrivania
Riempita solo dal computer e dai libri di studio, la scrivania è ricca di
cassetti pieni di guide turistiche, «Focus», «National Geographic» e
documenti dell’Università.
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52
Non è presente un cassetto segreto: l’intimità del ragazzo, infatti, è tutta
esposta nella stanza, simbolo del suo estro creativo, della sua vivacità e
della sua grande capacità di comunicare.
III. V
I giochi d’infanzia
La camera di Luca è caratterizzata
da molti elementi che lo legano
all’infanzia, in particolare le fiabe
per bambini che il ragazzo acquista
ancora oggi.
I giocattoli, invece, sono stati posizionati, a causa dell’assenza di spazio, in
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alcuni scatoloni che si trovano sotto al letto: ci sono animali, tra i quali
draghi e dinosauri, e altri giocattoli raffiguranti i personaggi dei cartoni
animati Disney, dei manga o della Marvel.
La creatività del ragazzo è ben visibile in quella che è stata per lui una
particolare modalità di gioco: una delle scatole è infatti riempita da
personaggi che Luca stesso disegnava, ritagliava e poi incollava.
Il ragazzo racconta che questo passatempo è nato alle scuole elementari,
quando con i compagni di classe si accontentava di giocare con qualche
foglio di carta.
54
54
III. VI
La collezione di dvd Disney
Al piano terra della casa, nel soggiorno, è presente una credenza-vetrina che
raccoglie, oltre ai dvd della madre, tutti i classici Disney che Luca ha
collezionato negli anni. Come Giulia, anche Luca ama guardare i film “per
bambini” quando si sente particolarmente triste o prima di andare a
dormire.
Il ragazzo si mostra orgoglioso di non esser mai riuscito a finire Mary
Poppins.
La vetrina è collocata al piano terra solo per motivi di spazio.
Questo trasbordo di oggetti fuori dalla camera non allude forse proprio al
carattere esuberante ed eccentrico di Luca?
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III. VII
Il rapporto con l’alterità
Come risulta evidente dai precedenti paragrafi, la stanza di Luca è segnata
dalla presenza di diversi regali e ricordi della ex-fidanzata Greta: libri,
peluche (tra i quali uno di Topolino collocato sul comodino di fianco al
letto), biglietti di mostre ed eventi ai quali hanno partecipato insieme.
Nonostante la loro relazione sia “formalmente” finita, i due continuano a
frequentarsi come amici e a vivere assieme le passioni in comune, tra le
quali il cinema e le fiabe.
Un’altra persona particolarmente presente all’interno della stanza di Luca è
il padre, che oramai da diversi anni si è separato dalla madre. Di lui sono
presenti alcune pietre preziose della vetrina, una foto sulla scrivania, le
chitarre, la bacchetta magica e altri ricordi di momenti felici condivisi.
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NICOLE MANFREDINI
22 Anni, Archeologia
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Nicole, studentessa di Archeologia a Pisa, è una simpatica ragazza in preda
allo studio per gli ultimi esami in vista della laurea.
Al momento, la sua occupazione è quella di studiare ma, nonostante gli
impegni, continua a seguire attivamente i progetti e gli eventi organizzati
dalle associazioni LGBTQ e femministe.
IV. I
Il punto di vista di Nicole
Nel descrivere la sua stanza, Nicole ne mette in risalto subito la luminosità
dovuta a due finestre di rilevanti dimensioni, nonché al colore bianco delle
pareti e dei mobili.
La ragazza pone poi l’attenzione alla grande presenza di fiori, sia disegnati
sulle tende che posizionati all’interno di alcuni vasi.
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Nicole, in seguito, si concentra sui libri, aspetto importante della propria
formazione e della propria vita, collocati sulle due mensole sovrastanti il
letto e su una libreria di fianco alla porta.
Imbarazzata, Nicole ci fa poi notare una cartina incorniciata della Grecia
antica a cui è particolarmente affezionata perché è un forte richiamo ai suoi
studi di archeologia e di cultura classica.
IV. II
L’apeìron di Nicole
La stanza di Nicole è ricca di libri.
Spiccano soprattutto i classici della filosofia e della letteratura (italiana,
straniera e antica): Proust, Voltaire, Shelley, Tolstoj, Verga, Omero, Goethe,
Joyce, Sofocle, Hesse, Kafka, Nietzsche solo per citarne alcuni.
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I libri universitari e quelli scolastici sono invece collocati all’interno di una
cassettiera posizionata vicino al letto, sotto una delle mensole. Interessante
è come dentro quest’ultima si trovino però anche altri oggetti, di svariato
tipo: pupazzi regalati dalla fidanzata Giulia, astucci, locandine di progetti
ed eventi di associazioni LGBTQ, gioielli, enciclopedie, quaderni,
sacchetti, riviste, una riproduzione di una macchina “acchiappa-oggetti”
tipica dei luna-park, dvd, creme e soprammobili.
IV. III
La scatola
Nella cassettiera, inoltre, è presente una scatola contenente gli oggetti che
Nicole “non riesce”, per motivi di affetto, a gettare via: rappresenta una
sorta di piccolo tesoro. Appartiene al periodo delle scuole superiori e
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60
potrebbe essere considerato come un involontario luogo dei segreti.
Ci sono disegni, biglietti di concerti, contenitori di cioccolatini, occhiali,
candeline di compleanni passati, scacciapensieri, nacchere, biglietti di
auguri, caramelle, palloncini, certificati, diari, piccoli pupazzi.
In particolare, colpiscono alcuni quaderni di disegni bianchi da colorare,
tipici del periodo pre-scolare, ma che hanno animato - confessa la ragazza anche alcune noiose lezioni durante il liceo.
La cassettiera è quindi apparentemente ordinata ma, una volta osservata la
quantità e la diversità di oggetti, risulta definibile come una sorta di
confusionario apeìron di Anassimandro.
Sulla scrivania, invece, si trovano una lucerna romana, la foto di un cane,
penne, gomme e pennarelli.
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Sono presenti, inoltre, alcuni oggetti creati dalla stessa Nicole, tra i quali
collane di conchiglie e bottiglie riempite di sabbia.
I cassetti della scrivania sono occupati da agende, diari, oggetti di
cancelleria e da ufficio.
I cassetti del comodino, invece, sono pieni di cavi elettrici.
IV. IV
Assenza e presenza
In tutta la stanza sono presenti solo tre foto: quella di un cane che ormai
non c’è più, quella della nonna morta e una foto di Nicole da bambina.
Sono assenti anche i poster e i quadri.
Colpisce, al contrario, la presenza di fiori, per lo più rose e girasoli, che
danno una parvenza di bucolico allo spazio. I giocattoli sono stati invece
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gettati perché appartenenti a un periodo non molto felice, di cui Nicole
preferisce non parlare.
63
MARTINA LANDI
19 anni, Infermieristica
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Martina, 19 anni, frequenta il primo anno di Infermieristica all’Università
di Pisa ma nella sede dislocata di Massa.
Amante del gotico, dei film di Tim Burton, della musica di David Bowie, di
arte e poesia, ha un carattere chiuso ma particolarmente creativo.
Ha il sogno di entrare nella polizia scientifica come medico: infatti tenterà
ad anno nuovo il test d’ingresso alla facoltà di Medicina.
V. I
Il punto di vista di Martina
“Timidamente emozionata”, Martina ci porta nella propria stanza, collocata
al secondo piano della sua abitazione, e ci presenta il luogo dove passa la
maggior parte del suo tempo guardando film, studiando e leggendo.
La ragazza pone attenzione fin da subito sulla forte luminosità della camera,
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garantita dall’ottima posizione dell’unica finestra.
Passa poi a una descrizione a 360°, mettendo da subito in evidenza le grandi
dimensioni del letto; in seguito si sofferma sulla cassettiera, sull’armadio e
sulla scrivania.
Imbarazzata, ci mostra alcuni peluche che il padre le ha comprato nel corso
degli anni e che lei ha scelto di posizionare in ogni parte della stanza.
V. II
Gli spazi
Il letto, matrimoniale e incombente sugli spazi della camera, è incastonato
all’interno di un
armadio a ponte
realizzato in legno,
posizionato sul lato
destro rispetto
all’ingresso. Sulle
ante sono stati
attaccati, nel corso
degli anni, molti
stickers, locandine
di film, frasi tratte
da svariate canzoni
o dai film di Tim
Burton e una foto
di David Bowie.
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66
Lo stile è praticamente essenziale: oltre al letto e all’armadio sono infatti
presenti una cassettiera,
contenente la biancheria
intima, e una scrivania, sulla
quale si trovano la televisione,
il pc portatile e alcuni oggetti
di cancelleria.
In terra si trova un cestino di
forma cilindrica contenente bambole di porcellana rotte, pupazzi vecchi e
altri oggetti inutili che ancora non è riuscita a gettare via.
Di fianco alla scrivania, invece, è posizionata una piccola libreria ricca di
libri, il cui spazio è però insufficiente: altri volumi e film, in videocassetta e
dvd, sono infatti “ammassati” in pile
verticali collocate sotto la finestra, di
fianco al letto. Tra i film spicca
un’importante collezione: la
filmografia quasi completa di Tim
Burton. Martina, appassionata di
cinema, spera infatti un giorno di poter
lavorare come assistente alla regia.
Sul comodino, di fianco al letto, c’è
una radiosveglia a forma di fungo
dalla quale esce un topolino che suona
la trombetta: è uno dei ricordi
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d’infanzia.
V. III
Il rapporto con l’alterità
Sono pochi gli oggetti che legano Martina agli altri: un leone di peluche
donatole all’età di tre anni dai genitori, il televisore regalatole dal fidanzato
Alessio per il diciannovesimo compleanno e alcune foto con le amiche
posizionate sopra la scrivania.
Molti degli oggetti del periodo pre-liceale e di quello infantile sono stati
portati in soffitta.
Alla domanda del perché di questa assenza, Martina risponde che è il suo
cuore il miglior contenitore dei ricordi.
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V. IV
La porta
Due anni fa Martina ha subito delle complicazioni respiratorie durante la
notte che l’hanno portata al coma farmacologico per diversi giorni.
Quella notte la porta, che era chiusa a chiave, è stata scardinata dal padre
che ha soccorso la figlia e, nonostante sia stata rimessa al suo posto, porta
ancora i segni di quel tragico evento.
V. V
Il cassetto segreto
Apparentemente intimorita, Martina ci mostra il suo cassetto dei ricordi.
Nel corso dell’adolescenza, la ragazza ha raccolto numerosi oggetti che la
legano a situazioni felici: un pezzo di legno con incise le iniziali del
ragazzo di cui era innamorata durante il liceo; i volantini di alcuni eventi a
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cui ha partecipato; un aeroplanino di carta con scritto “ἄνδρα µοι ἔννεπε,
µοῦσα,”; le foto di un ragazzo per cui aveva preso una cotta; un foglietto di
carta dove ha scritto il suo sogno (che però non ha voluto rivelare); alcuni
appunti di scuola; un biglietto di auguri; la pianificazione di una dieta mai
seguita; una lettera d’amore del suo fidanzato attuale; tante altre missive
scritte di suo pugno ma mai spedite; un disegno di un’amica; alcuni
bigliettini compilati in classe con l’amico Alessandro.
Martina ha qui conservato anche alcune foto scattate durante le gite
scolastiche, un pezzo di carta
con scritto “sei bellissimo” e
poi bruciato perché simbolo
di un amore sofferto e mai
corrisposto, una guida al
castello Aghinolfi a
Montignoso e, infine, un
solo ricordo dell’infanzia,
ovvero un anello trovato
come regalo in un pacchetto
di patatine che da piccola
riteneva potesse avere poteri
magici.
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GIANMARCO BINA
22 anni, Ingegneria Edile ed Architettura
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Gianmarco, studente di Ingegneria Edile ed Architettura a Pisa, vive con la
madre a Viareggio.
Giocatore prima di basket e poi di calcio, è attualmente impegnato con gli
esami universitari e sta pianificando la sua prossima avventura: l’Erasmus,
probabilmente in Portogallo.
VI. I
Uno sguardo d’insieme
Gianmarco si è trasferito in questa casa solamente nel 2007, dopo aver
vissuto con la madre in quella della nonna. Anche la disposizione dei mobili
e la pittura delle pareti, di colore bianco, sono particolarmente recenti.
Lo stile è per lo più minimalista per una scelta di ordine: ha volutamente
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evitato di posizionare poster sulle pareti e di rendere la camera troppo
“giovanile”.
L’angolo opposto all’ingresso è occupato da una grande scrivania, adatta ai
disegni di progettazione architettonica, sulla quale sono posizionati il
computer, una lampada con attaccato un piccolo peluche a forma di
porcospino regalatogli da un’ex-fidanzata e una cornice con le foto di Elisa,
la fidanzata attuale.
Sulla parete sovrastante la scrivania, Gianmarco ha attaccato due manifesti
relativi a un progetto universitario che gli è valso un 30 e lode: si tratta
della pianta della Sidney Opera House.
Di fianco si trova invece la libreria, per lo più riempita dalle dispense
universitarie, da numerosi scatoloni contenenti ritagli di giornale relativi
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alle esperienze calcistiche, da cellulari vecchi e da materiale elettrico
(prese, cavi, connettori per il computer).
Sul comodino ci sono una sveglia e una lampada; nei cassetti, invece,
troviamo diversi giornali di architettura.
La parete opposta alla scrivania presenta due mensole. Su di una ci sono le
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dispense universitarie e una piccola cassetta rossa; sull’altra alcuni progetti
e due scatole. Nel primo contenitore troviamo i diari delle scuole superiori
che ogni tanto Gianmarco rilegge per ridere un po’, nel secondo le foto
d’infanzia.
I giocattoli e i peluche sono tutti in cantina, i libri di narrativa (Ken Follett
in particolare) e di letteratura sono, invece, collocati nella biblioteca di
famiglia nel corridoio d’ingresso della casa.
VI. II
La bacheca dei ricordi
Sotto una delle mensole, Gianmarco ha posizionato una bacheca in sughero
alla quale ha attaccato diversi ricordi importanti: ci sono gli attestati di
partecipazione ad alcune esperienze universitarie (come una visita in
Svizzera ad alcune architetture importanti); un cartellino di partecipazione a
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un laboratorio di Ingegneria a Volterra per rilevare un complesso; il poster,
realizzato per un esame di Composizione, che raffigura una fattoria
messicana, opera edile di Luis Barragàn.
Sono state inoltre qui attaccate le cartoline inviate dagli amici, una foto in
tenuta da calcio, una foto-tessera scattata con gli amici durante il viaggio di
maturità, un cavatappi e un pupazzetto raffigurante un’alce (regalo
dell’amica Samanta).
Pendono inoltre dalla bacheca le medaglie relative alle gare di atletica
sostenute con la squadra del liceo e alle competizioni di calcio.
Un oggetto importante che è stato affisso è la targa del vecchio motorino,
andato distrutto quando Gianmarco ha rischiato la morte scontrandosi con
un’auto che non aveva rispettato le istruzioni segnaletiche: “per mano di un
angelo”, benché l’altra vettura sia passata sul suo torace, il ragazzo non ha
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riscontrato alcun danno.
VI. III
Uno stile universitario
Come si è visto dagli oggetti che sono stati scelti per l’arredamento, o che
popolano le mensole e la bacheca, l’università è davvero molto presente
non solo nella vita del ragazzo ma anche nella sua camera da letto: lo stile
riflette appieno quella che è la sua vicenda attuale.
Questo è vero soprattutto se mettiamo a confronto la camera da letto con
tutta l’abitazione: mentre il resto della casa rispecchia il carattere artistico
della mamma ed è ricca di découpages, disegni, quadri ed elementi di
arredo creativi, la stanza di Gianmarco è molto minimalista, razionale ed
essenziale.
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VI. IV
Le foto
Le pareti della stanza sono decorate con alcuni quadretti contenenti per lo
più foto di diversi periodi: ci sono quelle dell’università con l’amica Marta,
alcune dell’infanzia, una composizione delle foto della fidanzata Elisa e
un’altra dei primi anni del liceo.
Le altre foto sono invece racchiuse in una scatola sulla mensola sopra la
bacheca, mentre quelle più recenti sono online, disponibili su Facebook.
VI. V
La cassetta rossa
Sulla mensola più vicina al letto, Gianmarco ha posizionato uno scrigno:
una cassetta rossa contenente le lettere delle ex-fidanzate, la chiave del
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motorino dell’incidente e un profumo regalatogli dalla ex-fidanzata
Matilde. Di Elisa, che non è a conoscenza dell’esistenza di questi oggetti,
non c’è nulla: Gianmarco chiarisce che, essendo oramai i tempi cambiati,
tutti i messaggi d’amore sono stati scritti in chat o tramite sms.
VI. VI
Una disposizione flessibile
La disposizione della camera è variata molte volte nel corso degli anni e la
sistemazione attuale risale a pochi mesi fa, quando è stato acquistato un
nuovo e più spazioso armadio, posizionato nel corridoio a fianco della
stanza da letto e vicino a un piccolo bagno privato.
Tutti i mobili sono stati, nel corso degli anni, spostati in svariate posizioni;
per quanto riguarda il letto, Gianmarco ha in genere preferito posizionarlo
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sul lato opposto alla finestra, essendo la casa molto fredda perché poco
esposta alla luce.
Queste variazioni non hanno motivo apparente.
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ALBERTO FRANCESCONI
22 anni, Podologia
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Alberto studia Podologia all’Università di Pisa e vive a Torre del Lago con
i propri genitori e il fratello Marco.
Innamorato perso di Samanta, sua fidanzata da circa tre anni, gioca a calcio
nella squadra locale e ama uscire con gli amici.
VII. I
La camera di sempre
Nella descrizione della sua camera, Alberto chiarisce che un tempo questa
era condivisa con il fratello Marco, ora spostatosi nella stanza vicina.
La disposizione dei mobili, scelta dalla mamma, è quindi rimasta sempre la
stessa, addirittura dal primo giorno della sua vita.
Il letto è a castello e, nella parte superiore, vi sono alcune scatole di vestiti
per il cambio stagionale, mentre in quella inferiore si trova il letto di
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Alberto. Di fianco alla porta c’è l’armadio, mentre dietro di essa Alberto ha
conservato tre
magliette firmate
dai
suoi
compagni di
scuola media,
ricordo degli
ultimi giorni dei
diversi anni
scolastici.
La
libreria
principale,
sovrastante la
scrivania e
posizionata di
fronte al letto, si
sviluppa su più mensole: vi sono posizionati i libri di lettura, i giochi della
playstation, quaderni, cd musicali, video-giochi e trofei di calcio. Sono
inoltre presenti lo stereo e il computer, che ha la doppia funzione di
televisore e monitor; dietro la TV Alberto ha attaccato le cartoline inviate
dagli amici.
Un’altra libreria, invece, contiene solo le dispense universitarie.
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VII. II
La forte presenza delle foto
Le pareti della camera - bianche - sono state mano a mano riempite da
alcune foto dell’infanzia (in particolare una con il calciatore Del Piero), da
quelle del liceo, dai quadri dipinti dalla mamma nel tempo libero e dai
disegni delle elementari.
Il letto di Alberto, che si trova - come abbiamo detto - nella parte più in
basso della struttura a castello, vede, di lato, la presenza di numerosi
scompartimenti nei quali sono state posizionate diverse cornici con foto
dell’infanzia, alcuni libri di narrativa, conchiglie e ricordi del calcio. È stata
poi fissata sul muro, alla fine del liceo, una tavola di sughero sulla quale il
ragazzo, con l’aiuto della mamma, ha affisso numerose foto per lo più del
periodo liceale.
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Sempre con la mamma, Alberto ha deciso che presto farà una scelta delle
altre foto, oramai digitalizzate o su Facebook, per stamparle e creare un
album. Le foto di famiglia, invece, sono raccolte negli album presenti nella
libreria del fratello Marco.
VII. III
Samanta
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La presenza della fidanzata di Alberto, Samanta, è fortissima: non solo ci
sono numerose foto, ma anche bigliettini d’amore, cartoline, piccoli
pupazzi, rose finte e un cuscino su cui è stata stampata un’immagine dei
due innamorati in vacanza al mare.
VII. IV
L’oggettistica religiosa
La stanza è ricca di articoli di culto, in genere regali della nonna a cui
Alberto tiene molto. Oltre
all’attestato della
comunione, ci sono infatti
numerose croci, rosari,
icone, angeli, madonnine e
ciondoli. Questi oggetti
sono stati introdotti per lo
più dopo l’incidente che
Alberto ha avuto nel luglio
2011 e in seguito al quale,
al termine di due settimane
di coma farmacologico, è
stato operato e ha dovuto
a ff r o n t a r e u n a l u n g a
riabilitazione.
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La mamma di Alberto ha raccolto tutti gli articoli relativi all’incidente che
ora si trovano in una scatola assieme al lenzuolo con scritto “Bentornato a
casa”, pensiero donato dal fratello Marco e dalla fidanzata quando il
ragazzo ha finalmente fatto ritorno nella propria abitazione. Sono stati
inoltre conservati alcuni oggetti dell’ospedale, come il camice e il lenzuolo
del letto, e la maglietta con scritto “forza Albe” con la quale i compagni di
squadra hanno affrontato le partite di calcio durante la sua convalescenza.
Molte delle foto affisse sulla parete di sughero sono relative al periodo postoperatorio.
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VII. V
I cassetti
Gli scalini del letto a castello nascondono alcuni cassetti in cui sono
presenti per lo più cavi, oggetti di tecnologia, di cancelleria e alcuni vecchi
giocattoli.
I cassetti della scrivania contengono invece le varie lettere d’amore e i
regali di Samanta, diari di scuola, buste contenenti biglietti di auguri per
feste e compleanni, cartoline vuote e ricordi di viaggi.
Alberto ha inoltre qui conservato molte delle brutte copie dei temi del liceo
e delle scuole medie, con il voto che gli è stato poi assegnato
dall’insegnante.
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ELEONORA SORAGGI
22 anni, Medicina&Chirurgia
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Fervida attivista di Emergency e futura chirurga nei paesi in via di sviluppo,
Eleonora studia Medicina a Pisa.
Ama viaggiare, ridere e passare il tempo nella sua camera da letto che lei
stessa definisce “tempio di riflessione”.
VIII. I
The “pink lady”
Eleonora definisce la sua camera una “pistola rosa big-babol”, pistola
perché ne ha la forma e rosa perché è dipinta di questo colore.
Un elemento che colpisce subito l’attenzione è quello di alcuni fogli
attaccati alla libreria sui quali, su consiglio di uno psicologo, la ragazza ha
scritto i nomi degli apparati anatomici che deve imparare per il prossimo
esame di Anatomia.
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Questo metodo serve a coltivare la memoria e a predisporsi con più
tranquillità alla prova universitaria.
Le pareti della stanza sono occupate da uno specchio a forma di cuore e da
quattro grandi quadri: un dipinto scelto dalla mamma; un arazzo peruviano
in stile bucolico; un foto-montaggio ricordo di un viaggio a New York; una
stampa in stile pop-art che richiama quelle della camera della cugina.
Il mobile principale è invece quello della nonna, fatto ridipingere da un
artista locale in stile boteresco: le sue grasse figure, pertanto, sembrano
stonare con il fisico snello della ragazza.
La scrivania in legno è a forma di penisola ed è collegata alla libreria: non
ci sono particolari oggetti di cancelleria in quanto Eleonora preferisce
studiare nella biblioteca comunale o in quella della facoltà.
Sono però presenti i “ferri del mestiere”, ovvero gli strumenti da chirurgo
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regalatigli dal padre.
Sul comò di fianco alla scrivania si trova, invece, la televisione, tanto
agognata dalla ragazza che l’ha ottenuta solo di recente.
La porta della stanza è stata riempita nel corso degli anni da diversi adesivi:
c’è il nome di Eleonora, ci sono quelli trovati nei libri e nei pacchi di
merendine, ma il più importante è “Carducci Family Sticker”, memorial di
un periodo felice, ovvero gli ultimi anni del liceo.
Sulla soglia, invece, troviamo uno scaccia-pensieri, dono della mamma che
ha organizzato la disposizione dei mobili oltre ad aver inserito, in maniera
quasi maniacale a detta della ragazza, fiocchi rossi in tutta la camera.
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VIII. II
La libreria dell’infanzia
Sotto i fogli universitari, riscopriamo il mondo infantile di Eleonora,
costituito per lo più da libri di narrativa e di genere fantasy con i quali la
ragazza amava giocare ad una finta compra-vendita. Una vera e propria
stratificazione del tempo e nello spazio.
La libreria, inoltre, è popolata da piccoli oggetti, soprattutto bambole e
peluches (trudy, pigotte e diddle), relativi proprio al periodo infantile: come
ci dice lei stessa, il suo passato si trova tutto in questa stanza. I giocattoli
sono stati probabilmente regalati o conservati in soffitta, tuttavia non sono
stati molti: l’attività preferita dalla ragazza, infatti, era la lettura.
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VIII. III
Un luogo di riflessione
Eleonora sottolinea che sono poche le cose che effettivamente la
rappresentano nello spazio della camera da letto in quanto la sua stanza, al
di là della presenza di alcuni libri di Gino Strada e del calendario di
Emergency, non rispecchia davvero le sue passioni.
La camera è per lo più un luogo di riflessione: gli oggetti relativi alla sua
personalità sono sparsi altrove e possono essere: un adesivo attaccato sulla
macchina, un libro di scuola conservato nello studio, un quaderno, una
tazza in cucina, una maglia particolare.
Comunque si tratta di uno spazio a cui non potrebbe mai rinunciare per il
valore che le dà nella sua piena intimità e, in un certo senso, per come se la
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raffigura mentalmente: “casa mia è camera mia”, dice con fare autoritario.
Una specie di “non-luogo” dentro un luogo.
Da rilevare, inoltre, che nella stanza ci sono pochissime foto: Eleonora non
le ritiene importanti perché sa di poterle andare a cercare negli album di
famiglia o su Facebook.
Non c’è una scatola dei ricordi né un cassetto segreto.
VIII. IV
Una seconda camera da letto
Ma la camera di Eleonora non è l’unico spazio personale all’interno di casa
Soraggi.
Al piano superiore è presente uno studiolo, una stanza che, in un certo
senso, si è sviluppata “da sé” nel tempo e in cui la disposizione degli
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oggetti è stata, negli anni, graduale e casuale.
È il luogo dove la ragazza si reca quando deve cercare qualcosa, uno spazio
ipertrofico provvisto di numerosissimi oggetti e di due grandi librerie
contenenti i volumi delle scuole medie e delle superiori, oltre che le
dispense universitarie.
Vicino alla porta, invece, si trova una grande scrivania, piena di penne e
oggetti di cancelleria, dove, talvolta, Eleonora studia.
Sulla parete retrostante la scrivania campeggia una cartina geografica e
alcuni fogli, ricordo del liceo, tra cui una poesia dedicata alla professoressa
di Latino e Greco.
Nella stanza è poi presente un’altra televisione, alcuni ricordi relativi a feste
a sorpresa, pupazzi dell’infanzia e frammenti di viaggi.
Fra gli oggetti più importanti che qui si trovano abbiamo i numeri del
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mensile di Emergency, «E», i libri per il test di Medicina - superato con
successo - e quelli per le tecniche di rilassamento. E ancora, due teschi che
Eleonora utilizza per studiare: quello che si tramanda la famiglia di
generazione in generazione di nome Luigi, e quello regalatole da un
paziente del padre, Jack.
È forse questa stanza il cassetto dei segreti di Eleonora?
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LORENZO PICCHI
23 anni, Economia&Marketing
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Grande appassionato di Jim Morrison e di Freddy Mercury, Lorenzo ha
appena completato i suoi studi di Economia e Marketing a Pisa.
Amante dell’alpinismo, delle lunghe chiacchierate e delle avventure con gli
amici, il ragazzo ci porta alla scoperta del suo mondo nel quale la presenza
della famiglia è di notevole rilievo.
IX. I
La descrizione
La camera di Lorenzo si trova nel seminterrato della casa, esattamente di
fronte a quella del fratello gemello Alessio.
Lo stile classico, soprattutto nei mobili effetto vintage, risulta in perfetta
armonia con l’arredamento della casa. Il colore che è stato scelto per le
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pareti è un blu luminoso, sul quale la luce esterna determina un particolare
effetto di riflesso.
Davanti alla porta d’ingresso si trova il letto a due piazze e, sul lato sinistro,
l’armadio, contenente per lo più vestiti e alcuni libri delle scuole medie e
del liceo.
La parete della porta d’ingresso è quella che si potrebbe definire “della
famiglia” dal momento che è ricca di oggetti che legano Lorenzo ai suoi
parenti. Oltre alla televisione e alla console Wii, troviamo infatti un ferro di
cavallo (regalo della nonna), un quadro scelto dal padre, un souvenir
portato dal fratello di ritorno dall’Austria e un’icona di Padre Pio, al quale
la madre è particolarmente devota.
La parete laterale opposta all’armadio è, invece, occupata dalla scrivania
sulla quale spiccano subito il computer e il materiale di studio. Di fianco si
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trova una libreria bianca che funge da separé sulla quale sono collocati
diversi libri di lettura, in prevalenza di narrativa classica, e oggetti di
cancelleria.
Altri libri, in particolare di letteratura (Tolkien, Poe, Woolf, Shakespeare,
Omero), sono riposti su una mensola vicino la scrivania.
Alla stessa parete Lorenzo ha appeso tre cornici contenenti i poster di tre
artisti: Jim Morrison, Freddy Mercury e i Beatles.
Percorrendo la stanza verso sinistra troviamo una cassettiera, unico
elemento utilizzato in chiave espositiva, sulla quale sono stati messi come
in una vetrina alcuni libri e dvd relativi alla musica e all’alpinismo, grande
passione del ragazzo.
Sono poi presenti altre due mensole: su una si trovano i profumi, gli oggetti
per la cura personale e un salvadanaio a forma di simbolo dell’euro
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(regalato sia a lui che al fratello dal padre); sull’altra mensola in evidenza
abbiamo un peluche, una sveglia, una statua del Buddha, un pupazzo del
Milan e alcuni dvd da collezione.
Dalla seconda mensola, inoltre, pende una chiave, regalo dell’attuale
fidanzata.
Sul comodino, di fianco al letto, si trovano una sveglia, una lampada e un
candelabro artigianale, ricordo importante di una serata con gli amici.
Lorenzo ama definirsi un “collezionista d’oggetti” in quanto, benché nella
sua stanza non siano presenti foto (che troviamo esclusivamente negli
album di famiglia), sa comunque che a ogni oggetto possiamo attribuire un
valore, una storia e una chiave di lettura.
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IX. II
Una strana disposizione
È strano che il cambiamento di arredamento nella stanza non sia stato
determinato da un passaggio legato agli studi, quanto piuttosto ad un
aspetto sentimentale: la rottura con la ex-fidanzata. Da quel momento le
pareti marroni sono state colorate di blu e i mobili sono stati riposizionati
onde evitare spiacevoli ricordi.
Sicuramente, il passaggio all’università ha comunque determinato un
maggiore ordine nella stanza, benché non ci siano state forti modificazioni
rispetto alla rottura fondamentale richiamata in precedenza.
La camera da letto è infatti per Lorenzo un posto davvero importante: non
rappresenta soltanto lo spazio dove studia o dorme, ma un luogo di
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incontro, dove ritrovarsi con i propri amici per chiacchierare e ridere o con
la fidanzata per dimostrarsi il proprio amore.
IX. III
La scatola dei ricordi e l’infanzia
All’interno del secondo cassetto del comodino, Lorenzo tiene nascosta una
scatola nella quale ha conservato, nel corso del tempo, i ricordi più
personali: biglietti del cinema, di viaggi, di concerti; ritagli di giornale; una
penna regalatagli dalla sua ex-fidanzata; una busta con i cartoncini di auguri
per i compleanni e per le diverse festività.
Lorenzo conserva anche un’altra scatola nella quale ha raccolto i frammenti
che lo legano alla fidanzata attuale.
Del periodo infantile il ragazzo ha mantenuto un solo oggetto: un libro di
Jostein Gaarder, Il Viaggio di Elizabeth, prima lettura della sua vita.
I quaderni, i vestiti e i ricordi legati alla pre-adolescenza sono stati
archiviati dalla mamma che li ha portati in casa della nonna.
IX. IV
Il resto della casa e la camera del gemello Alessio
Gli altri spazi di casa Picchi sono, come già detto, molto simili per stile alla
camera di Lorenzo: tanti mobili sono stati dipinti e artisticamente curati
dalla madre o da una pittrice locale; i quadri, le cornici e i tappeti ricordano
particolarmente i colori della camera di Lorenzo. Rispetto a quest’ultima,
l’unico elemento discordante dal resto dell’abitazione sono le foto che,
incorniciate sui mobili o appese alle pareti, sono molto presenti.
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A colpire molto è, soprattutto, la camera da letto del fratello gemello
Alessio, che si presenta sostanzialmente uguale a quella di Lorenzo ma
speculare come se i due luoghi fossero proprio davanti a uno specchio: i
colori delle pareti, gli armadi, la televisione, i comodini, le cornici e il letto,
infatti, sono gli stessi. Anche l’oggettistica è simile: lo stesso salvadanaio,
la stessa collezione di dvd (ma di un’altra squadra, la Fiorentina) e la
persistente presenza degli oggetti di famiglia (un’icona di Padre Pio, un
ferro di cavallo e un quadro del padre).
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GRETA PIEVE
19 anni, Liceo Classico
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Greta, oltre a lavorare come commessa nel week-end, sta ripetendo
l’ultimo anno al Liceo Classico “G. Carducci” di Viareggio.
È una grande appassionata di cinema, di teatro e di eventi in generale: ama
viaggiare e andare alla ricerca di ciò che è “particolare”, unico o comunque
strano.
X. I
Una camera creatasi da sola
La camera da letto di Greta si trova di fronte a quella dei genitori, al piano
terra dell’abitazione, ed è spesso un luogo di passaggio verso la veranda per
i suoi due cani, il bassotto Nanà e il pastore australiano Ares.
La ragazza tiene subito a precisare che non è mai stato comprato niente di
particolare per l’arredamento della stanza, al di là dei mobili, e che questa si
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è creata un po’ da sola nel corso del tempo.
Lei vorrebbe, infatti, cercare di darle prima o poi una disposizione
personale in modo da togliere gli innumerevoli oggetti che, effettivamente,
non la rappresentano più, ma a cui per ora è ancora troppo affezionata. Si
tratta di un quadro di New York attaccato alla parete (regalatole dalle
amiche per il diciassettesimo compleanno), di un piccolo mappamondo,
delle diverse macchine fotografiche compatte o usa-e-getta sparpagliate
sulla libreria, di un pupazzo del personaggio di Toy-Story Woody
(regalatole dall’ex-fidanzato Luca) e di un grammofono in legno, l’oggetto
più prezioso sia a livello estetico che affettivo, scelto da Alessandro e Luisa
per il suo diciottesimo compleanno.
Sulla scrivania c’è una grande confusione: libri, cd, computer, stampante,
televisione, penne, fogli e piante, segno di uno spazio davvero vissuto e nel
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quale la ragazza passa la maggior parte della propria giornata.
Sulle mensole della libreria, collocate sopra la scrivania, si trovano invece
diversi oggetti accumulatisi nel tempo per una forte indecisione su dove
posizionarli definitivamente. Ci sono, infatti, numerosi cd, bottiglie, ricordi
di eventi particolari (come un trofeo vinto ad una festa in maschera del
liceo), videocassette, sveglie, pupazzi, libri e una grande collezione in VHS
dei cartoni animati Disney, che richiama da vicino quella di dvd dello stesso
genere dell’ex-fidanzato Luca.
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Sul letto troviamo il ricordo più importante dell’infanzia: un orso beige che
ha accompagnato la ragazza in tutta la sua vita. Sotto il letto ci sono alcuni
cassetti che raccolgono tutti i piccoli oggetti (per lo più ricordi di viaggi e
regali dell’infanzia), conservati come matrioske gli uni dentro gli altri per
dare un’idea di ordine apparente.
Sul comodino, oltre a una lampada a cui sono stati appesi gli orecchini, si
trovano alcuni libri di letteratura e filosofia, bigiotteria e tutti i fogli che
Greta vorrebbe ricontrollare ma che non riesce mai a sistemare.
Tutta la camera è pertanto nata da sola.
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X. II
Il baule di foto e le pile di libri
Nella stanza di Greta non si nota la presenza di cornici con foto, ma questo
non vuol dire che esse non siano mai state conservate: può infatti andarle a
cercare all’interno di un baule che tiene nascosto sotto il letto come una
sorta di tesoro che ritiene essere al pari di un cassetto segreto.
Tra l’altro, la ragazza detesta la digitalizzazione delle fotografie e preferisce
ancora usare le macchine polaroid o, comunque, lo sviluppo su pellicola.
I libri sono per lo più disposti vicino alla scrivania, a terra in pile, perché in
questo modo risultano meglio fruibili e semplici da trovare quando sono
necessarie consultazioni veloci.
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I quaderni delle scuole medie ed elementari e i testi scolastici sono invece
nella libreria del soggiorno.
X. III
Il vintage
Nella camera da letto di Greta a colpire particolarmente sono gli oggetti in
stile vintage: una cartella scolastica, un altro baule contenente alcuni vecchi
pupazzi, il grammofono, gli LP e alcune vecchie macchine fotografiche.
Questi elementi rispecchiano anche lo stile di abbigliamento, un po’ retrò.
L’amore per gli anni ’60, ’70 e ’80 ha sempre caratterizzato la ragazza che,
infatti, ama ascoltare cantanti di questo trentennio come Lou Reed e Patti
Smith; inoltre vorrebbe imparare a suonare la chitarra classica regalatale da
Luca.
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Greta, infine, attribuisce una particolare importanza alla televisione: ogni
sera, prima di dormire, si dedica in solitaria alla scoperta di nuove opere
cinematografiche. L’anno prossimo, probabilmente, frequenterà il DAMS o
viaggerà per il mondo alla ricerca di nuove esperienze.
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Parte Seconda
L’ordine e i confini
Il disordine e i passaggi
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1. Le fotografie
Davide ama conservare le foto dei viaggi scattate con i genitori e gli
amici62 . Ama anche esporre i periodi e i momenti più importanti della
propria vita in due grandi quadri incorniciati alla parete davanti alla
scrivania in modo da poterli avere sempre sott’occhio. Affiorano,
ovviamente, i ricordi di viaggio, ma anche quelli legati allo sport e ai
percorsi scolastici; non mancano amore e amicizie. Giulia, la sua ragazza,
gli ha regalato un calendario composto dalle loro foto più belle. Ancora
foto, tornano le foto a scandire il profilo di questa camera, come scorrere un
profilo di Facebook.
Anche per Gianmarco le foto più recenti sono disponibili su Facebook:
questo, orami, è il segno dei tempi63 . Altre (dell’infanzia) sono racchiuse in
una scatola (segreta?) su una delle mensole della camera: così si possono
sempre avere a portata di mano. Altre ancora sono posizionate alle pareti
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Davide: «Ovviamente, le foto che ho esposto sono di diverso tipo e di diversi
momenti, ma permettono uno sguardo chiaro su quella che è stata la mia vita».
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Gianmarco: «Ormai non ci sono più i gesti d’amore di una volta: le lettere, i
messaggi in segreteria o le canzoni cantate sotto casa. Ma, soprattutto, le foto non
vengono più stampate e quindi sono tutte on-line, pubblicate senza dar loro particolare
rilievo o importanza».
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della stanza e riguardano differenti periodi della vita: dall’infanzia fino
all’università che è la presenza dominante di questa camera da letto.
Quando le foto sono un’invasione: posizionate sulle pareti, sui mobili
attraverso le cornici, su una tavola di sughero vicino al letto (attraverso
l’aiuto della madre). Questo avviene nella camera di Alberto64. E il dato
caratterizzante è che tutte queste fotografie lo ritraggono dall’infanzia al
periodo liceale, da solo o in compagni di amici. Le foto di famiglia, invece,
64
Alberto: «È da pochi anni che ho creato questa parete di sughero, forse tre o quattro
anni fa… Tutte queste foto hanno una storia, da quelle della gita all’estero del liceo a
quelle della mia convalescenza, da quelle del calcio ai ricordi d’infanzia più cari. Sono
belle».
116
116
sono conservate attraverso gli album riposti nella libreria della camera del
fratello maggiore Marco.
Alberto, sempre con l’ausilio della madre, provvederà a stampare e creare
un album con le più importanti foto recenti, oramai quasi esclusivamente
digitalizzate o presenti sul suo profilo Facebook.
Tre è il numero perfetto. E Nicole di foto in camera ne ha proprio (solo?)
tre. Sono foto che simboleggiano assenze/assenze: un cane che ormai non
c’è più; la nonna morta e Nicole bambina 65. Possono essere poche, come in
questo caso, e disseminate per la stanza. Possono, invece, come nel caso di
Martina, essere collocate in un unico contesto proprio perché poche 66.
Giulia conserva gelosamente le proprie foto, ma non le appende a una
parete, come fa il suo ragazzo Davide, e non le mette nemmeno tutte dentro
una scatola con altri oggetti importanti (vedi Martina). Preferisce, piuttosto,
esporne solo alcune in bella vista sulla scrivania, oppure farle sbucare da
dietro i soprammobili della libreria. Le più belle e importanti, però, ama
collezionarle in una busta, tenendole, in questo modo, solo per sé: una
65
Nicole: «Le foto in questa stanza sono poche, ma hanno un significato profondo per
me. Inoltre, amo avere tutto esteriormente al proprio posto, ordinato, semplice, lineare:
solo così posso concentrarmi. È anche per questo che ho scelto le pareti bianche. Mi
rilassano».
66
Martina: «Mi piace guardare le foto di quando ero piccola perché mi riportano alla
mente momenti che sebbene io abbia vissuto non posso ricordare. Di foto recenti, invece,
ne ho poche e non mi piace particolarmente farne perché, in fondo, i ricordi sono molto
meglio e cerco di non cancellarli dalla mia mente, anziché stamparli sulla carta».
117
scatola “tematica” solo di foto segrete? Sono queste le foto più importanti
rispetto a quelle mostrate in altri luoghi della camera da letto?67
In realtà, per Giulia, la foto più significativa è quella che non c’è: un po’
come l’isola che non c’è. Non c’è, quella foto, perché deve essere ancora
scattata. Ecco allora campeggiare una cornice vuota, proprio in uno scaffale
della libreria, di lato alla scrivania. Quasi in disparte, quasi invisibile al
visitatore, ma ben presente nelle parole un po’ strozzate della ragazza.
Le foto di Luca non sono di Luca. Eppure lui è presente, loro sono presenti.
Si tratta dei tanti volti diversi, resi in un’unica soluzione, di tutti i ragazzi e
le ragazze con cui ha condiviso l’Erasmus a Valencia. È un collage, un
67
Giulia: «Togliere le foto dalla busta e scorrerle una per una è sempre un grande
piacere: è un’emozione personale che nessuno può togliermi. Mi piace».
118
118
fotomontaggio: unica foto presente in camera e messa in bella posa sopra il
mobile delle pietre “preziose” (di cui parleremo dettagliatamente nel
prossimo capitolo)68.
Nonostante sui ripiani della libreria vi siano solo alcune cornici con foto
dell’infanzia (quelle recenti sono su Facebook), Eleonora preferisce il
fotomontaggio. Nella sua eccentrica camera da letto ne ha uno che la
68
Luca: «Quello che mi hanno regalato i miei amici è davvero un bel ricordo… anzi è
‘IL’ ricordo dell’avventura in Spagna, uno dei momenti che più mi hanno fatto crescere
nella mia vita».
119
raffigura in bella evidenza con dietro immagini della città di New York: lei
e la Statua della Libertà 69.
Nella stanza di Greta le cornici con foto passano inosservate, ma questo non
significa che la fotografia sia assente dall’orizzonte di senso della ragazza.
Sulla libreria, infatti, non mancano macchine fotografiche compatte o usae-getta sparpagliate qua e là 70. Le foto, invece, sono collocate all’interno di
un baule nascosto sotto il letto come una sorta di luogo dei tesori che lei
ritiene essere prezioso tanto quanto un cassetto segreto.
Greta detesta la digitalizzazione delle fotografie e, quindi, preferisce usare
le macchine polaroid o, comunque, lo sviluppo su pellicola.
69
Eleonora: «Non so nemmeno io perché abbia comprato questa cornice di brillantini
per la foto: è un po’ una “trashata”. Le foto che però contiene le ho fatte io e… beh, mi
piacciono molto».
70
Greta: «Amo la fotografia, perché, come dice Bresson, “le fotografie possono
raggiungere l’eternità attraverso il momento”… non sei d’accordo?».
120
120
2. Le collezioni
Lorenzo ama definirsi “collezionista d’oggetti” e sostiene esplicitamente
che ogni oggetto – anche nella sua unicità e irriducibilità – può avere un
valore, una storia, una chiave di lettura. O meglio: a ogni oggetto il soggetto
può attribuire un valore, una storia, una chiave di lettura71.
Tutte le cose che Davide ripone nelle librerie non sono delle vere e proprie
collezioni, anche se ama tenere in esposizione sui vari ripiani tantissimi
oggetti, come nelle vetrine di un museo 72. La modalità – più che il
contenuto – sembra essere quello tipico del collezionare.
Anche se l’ordinazione cromatica dei Classici Disney in camera è
involontaria proprio poiché segue le linea del colore, con ben chiaro il ruolo
farmacologico anti-ansia e combatti-tristezza, la volontà di tenerli tutti lì,
precisamente disposti, potrebbe alludere, per Giulia, a una sorta di
71
Lorenzo: «Raccolgo da anni i biglietti del cinema e, riguardandoli, mi sembra che le
scene dei film mi scorrano velocemente davanti agli occhi. È come se li vedessi per la
prima volta, seppur già ne conosco le trame».
72
Davide: «Cerco di tenere la mia stanza in ordine e questa sorta di esposizione che ne
viene fuori è la mia rappresentazione personale di ciò che mi piace. In fondo mi circondo
di ciò che mi piace».
121
collezionismo involontario. Meno involontaria la collezione di VHS Disney
di Greta accumulata su una mensola della libreria.
Proprio vicino alla porta d’ingresso della camera di Giulia (su cui
torneremo in seguito), c’è un grande porta-orecchini in legno intarsiato 73.
Questa è la vera e propria collezione: ciondoli e monili accumulati nel corso
di tanti anni. Prevalentemente di forma rotonda, sono oggetti che la ragazza
individua e fa suoi perché colorati, vistosi ed eccentrici; oggetti di design
grazie ai quali, in modo elegante e continuativo, manifesta la propria
personalità a tutti. Anche Greta ha degli orecchini tondi e vistosi; lei li tiene
73
Giulia: «Adoro tantissimo il mio porta-orecchini; loro hanno diversi colori e li
abbino sempre ai vestiti che indosso. Amo la loro forma, sono per lo più “a cerchio”.
Molti li ha comprati mia mamma, altri Davide, altri ancora li ho presi io durante i miei
viaggi. Ahahah, ho ancora quelli che piacevano al professore di Storia dell’Arte».
122
122
appesi alla lampada del comodino che, non essendo molto grande, l’ha
costretta a operare una selezione prima dell’esposizione74.
Avere un obiettivo preciso: collezionare film. Martina ha scelto quelli di
Tim Burton. Sono tanti e, dunque, risulta difficile contenerli nella piccola
libreria posta a fianco della scrivania. Per questo motivo, videocassette e
dvd hanno un ordine apparente attraverso la collocazione, in pile verticali,
74
Greta: «Indosso poco gli orecchini e li tengo qui solo per un gusto estetico, fanno
molto vintage».
123
sotto la finestra di fianco al letto. Questa “invasione” fa il paio con un’altra:
la collezione di frasi, tratte proprio dai film di Burton (ma non solo da essi),
che la ragazza ama attaccare sulle ante dell’armadio di camera. Una cura
nella ricerca e nell’estrapolazione che è molto personale e che conferma la
passione per il cinema e, segnatamente, per quel regista75.
Se Giulia e Martina ne hanno una sola, Luca, potremmo dire, ha una
collezione di collezioni. Le chitarre regalategli dal padre sono la prima cosa
che descrive appena gli viene chiesto di narrare la propria stanza da letto. E
ancora: i costumi cuciti su misura per feste ed eventi che gelosamente
custodisce nel ripostiglio. Per non parlare dei fumetti: troviamo i manga,
diverse strisce Disney regalategli dal nonno e alcuni numeri de «Il Corriere
dei Piccoli». E siamo già a tre collezioni…
Poi quella più vistosa e amata. Si tratta del mobile delle pietre preziose, dei
fossili di ammoniti e pezzi di roccia. Cinque ripiani fitti fitti di questi
“oggetti duri” particolarmente importanti che, nel corso di ben dieci anni
(dall’infanzia alle scuole medie), sono stati accumulati stratificandosi: sono
conservati con estrema cura e di ognuno Luca ricostruisce provenienza,
caratteristiche e un ricordo particolare che lo lega ad esso. Altrove, c’è
anche una scatolina contenente i denti di latte, che non possiamo non
associare al mobile: conservare proprio questi personali “oggetti duri” è
molto importante e rende evidente un legame con una particolare stagione
della vita, allo stesso modo degli altri “oggetti duri”.
75
Martina: «Sono iscritta da tempo alla pagina Facebook di Tim Burton. Poco tempo
fa hanno condiviso una mia foto con il suo libro in mano. È stata una vera soddisfazione».
124
124
Le collezioni di Luca non finiscono nella camera di Luca. Se i costumi
cuciti su misura sono appesi nel ripostiglio, tutti i classici Disney in dvd
sono raccolti in una credenza-vetrina nel soggiorno della casa. L’invasione
dei luoghi è, comunque, ordinata e precisa: collezionare volontariamente
ciò che più piace fa il paio, per il ragazzo, col collezionare/colonizzare (solo
in alcuni casi inconsciamente) altri spazi della casa in modo da
appropriarsene definitivamente. Magari la scusa è che non c’è abbastanza
spazio in camera propria, ma in realtà forse non dispiacerebbe esporre in
qualche altra stanza dell’abitazione quello che, momentaneamente, è
collocato sotto il letto (e che analizzeremo in dettaglio nel prossimo
capitolo). A Luca piace proprio debordare dai propri confini, prolungare i
propri confini76 .
76
Luca: «La mia camera straborda: in tutta la casa c’è qualcosa di mio, in ogni stanza
un piccolo oggetto. Sì… forse necessito di più spazio…».
125
Appendere alle pareti (collezionare?) dei poster altrui è una costante di
molti ragazzi e ragazze prese in esame. Fa eccezione Gianmarco, che
preferisce mettere in bella mostra il poster realizzato per un esame di
Composizione, oppure i due manifesti relativi a un progetto universitario
che gli è valso un ottimo voto a un esame: si tratta della pianta della Sidney
Opera House 77. Il ragazzo confida che non si tratta di egocentrismo, bensì
di una scelta vota a evitare di rendere troppo “giovanile” la camera.
77
Gianmarco: «La mia stanza è rinata con l’università: basta dare un’occhiata alle
pareti e si capisce cosa studio e di che cosa sono appassionato. Riflette appieno il
momento che sto vivendo».
126
126
Attaccati alla bacheca di sughero di Gianmarco troviamo i ricordi più
importanti e alcune significative collezioni (tale bacheca ci ricorda il portaorecchini di legno tanto utile alla collezione di Giulia e la tavola di sughero
di Alberto). Torna l’università – presenza dominante nella fase attuale della
vita del ragazzo – con vari attestati di partecipazione ad alcune esperienze
universitarie; vi sono conservate, inoltre, le cartoline inviate dagli amici e
tutte le medaglie relative alle gare di atletica con la squadra del liceo e alle
competizioni di calcio.
127
Non è dato sapere se i tanti fiori – disegnati o reali che siano –
rappresentino la volontà di Nicole di creare una collezione particolare, fatto
sta che l’attenzione riposta verso molteplici e variegati oggetti floreali
(perlopiù rose e girasoli), presenti nella camera da letto, è una costante 78.
Che questa predisposizione sia conscia o inconscia non è importante,
comunque sono presenti, anche in questa stanza, un elevato numero di
oggetti della medesima specie.
Quella degli oggetti religiosi non è una vera e propria collezione personale,
eppure il loro posizionamento nella stanza di Alberto la ricorda molto. Sono
i regali della nonna79, a cui Alberto tiene molto: croci, rosari, icone, angeli,
madonnine e ciondoli sono sovrastati dall’attestato della comunione. Questi
oggetti sono stati introdotti nella stanza per lo più dopo l’incidente che
Alberto ha avuto nel luglio del 2011 e in seguito al quale, al termine di due
settimane di coma farmacologico, è stato operato dovendo poi affrontare
una lunga riabilitazione.
Probabilmente (anzi sicuramente) nemmeno i molteplici fogli con su scritti
i nomi degli apparati anatomici da ricordare per il prossimo esame
universitario di Medicina, che Eleonora attacca alla libreria della camera,
sono da considerarsi come una “classica” collezione personale. L’elemento
che colpisce, però, è la loro disposizione temporanea, ma in evidenza, che
testimonia – a detta della stessa ragazza – l’attuale necessità non soltanto di
78
Nicole: «La mia camera ha un che di bucolico, sì… non ci avevo pensato. È
involontario».
79
Alberto: «Mi fa piacere che mia nonna, quando viene a trovarmi, ritrovi gli oggetti
che mi ha regalato. Le sono molto affezionato».
128
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coltivare la memoria, ma anche di predisporsi con tranquillità alla prova
universitaria.
Se solleviamo i fogli-memoria, troviamo il mondo dell’infanzia, soprattutto
i tanti libri fantasy. Sono ancora lì perché più importanti dei pochi giocattoli
reclusi in soffitta. Da piccola, l’attività preferita di Eleonora era proprio la
lettura80. Per questo la rassicura molto mantenere tutti quei libri.
Chissà se, ogni tanto, Alberto riprende in mano la sua “collezione” di brutte
copie dei temi delle scuole medie e del liceo (corredate di giudizio
assegnato dall’insegnante) per ritornare indietro nel tempo, per far volare la
memoria verso altri contesti o appagarsi di qualche bel voto…
Alle collezioni involontarie, Greta contrappone uno stile collezionista. Ama
gli oggetti in stile vintage. All’attivo ha, fra le altre cose, un bellissimo
grammofono in legno, una cartella scolastica, un baule contenente vecchi
pupazzi, LP e alcune macchine fotografiche a cui abbiamo già fatto
riferimento. Questi elementi rispecchiano anche lo stile di abbigliamento,
che oggi si definisce “indie”. L’amore per il trentennio ’60-’80, la porta ad
ascoltare moltissimo generi di musica caratteristici di quel periodo. Lei
stessa è parte vivente di una collezione permanente.
80
Eleonora: «In fondo, da piccola, non solo leggevo, ma giocavo anche con i libri:
facevo finta di essere una sorta di bibliotecaria esperta di ogni libro e, allo stesso tempo,
una cliente curiosa di scoprire qualche nuova storia».
129
3. Il cassetto segreto
Come sostiene Véronique Dassié, «stabilire il grado di affezione verso un
bene materiale equivale a stabilire anche il luogo più opportuno per la sua
custodia. Saper conservare, inoltre, vuol dire non avere né troppo né troppo
poco»81. La gerarchia della e nella conservazione – più o meno esplicita nei
ragazzi e nelle ragazze – prevede una distinzione fra ciò che non si vede
perché è segreto-prezioso e ciò che è stato messo via perché ritenuto meno
importante (momentaneamente?). Permangono, nelle case, oggetti
“scartati”, ma non “gettati via”, che vengono relegati in spazi di liminarità.
La declinazione della “forma-cassetto” (segreto, appunto) allude alla
necessità di tenere vicino cose (affezioni) importanti, dunque individuare il
luogo più opportuno per la custodia.
Gli oggetti emotivamente poco importanti, per Davide, sono riposti in
soffitta: evidentemente non sono ritenuti così rilevanti da meritare il posto
giusto, che potrebbe essere un luogo segreto. Gli oggetti emotivamente
importanti, invece, sono mostrati e “vetrinizzati” in molti luoghi della
propria stanza. Anche se manca il cassetto segreto, Davide evidenzia il fatto
che nella sua precedente camera da letto, che adesso è della sorella
81
V. Dassié, Oggetti del corpo, oggetti d’affezione: reliquie profane nella cultura
materiale domestica, in Aa. Vv., La materia del quotidiano. Per un’antropologia degli
oggetti ordinari, cit., p. 164.
130
130
maggiore, custodiva, in fondo all’armadio, una scatola da scarpe forata
sulla parte superiore e disegnata sulle pareti. C’era, insomma, in una fase
della vita, un posto nascosto nel quale gli oggetti di bambino, dunque anche
i ricordi più intimi, venivano accumulati (un giocattolo particolare, una
musicassetta singolare, una penna importante). Davide non ricorda dove
possano essere adesso questi ricordi e il loro contenitore; ha un desiderio,
però: ritrovarli tutti82 . Se sia una dimenticanza voluta o subita, questo non è
dato sapere; sicuramente, aver avuto un cassetto segreto, anche per una
stagione della vita soltanto, in qualche modo ti segna e, dunque, sarebbe
davvero bello, anche solo per un istante, guardarci nuovamente dentro.
Nelle stagioni successive della vita, si osserva con altri occhi,
probabilmente più distaccati, ma non necessariamente con freddezza dovuta
alla crescita; certamente, la curiosità soddisfatta da una rammemorazione
istantanea, che riesca ad allontanare un oblio involontario, potrebbe aiutare
ad affrancarsi proprio dal ricorso a un passato, ma necessario, cassetto
animato di oggetti.
Se Giulia, da un lato, ci confida di non avere una scatola segreta, poi si
tradisce rilevando di tenere in una busta chiusa le foto più belle e a cui tiene
di più. È come se fosse, questa busta, una scatola di fotografie segrete. Ce le
mostra con un po’ di pudore e poi le ripone subito, passando a un altro
particolare della camera. Molto spesso, i gesti naturali sono quelli che
indicano maggiormente il senso che diamo agli oggetti e alle emozioni83 .
82
Davide: «Mi piacerebbe ritrovare quella scatola, rivivere quei ricordi… Mamma
quando andiamo a cercarla? Ti ricordi della cassetta audio che mi regalò quell’animatore
durante le vacanze estive al mare?».
83
Giulia: «Ora che ci penso, non amo far vedere agli altri questa busta…».
131
Il baule dei trucchi e giochi di magia è una sorta di cassetto segreto
“tematico” per l’eccentrico Luca (un po’ come la busta delle foto di Giulia).
Il ragazzo, infatti, non ha un “classico” cassetto segreto. Già abbiamo
accennato, nel precedente capitolo, alla piccola scatolina per i denti di latte,
adesso riflettiamo sul baule magico. Gli elementi infantili sono tutt’ora
presenti, come testimoniato anche dai tanti giochi di bambino collocati
nella stanza. Cassetti e baule sotto il letto per ricordi d’infanzia, nonché foto
importanti, sono una costante anche per Greta, l’ex-fidanzata di Luca.
132
132
Mentre Gianmarco ha posizionato giocattoli e peluche in cantina, Luca ha
preferito conservarli in scatoloni sotto il letto: animali, mostri, draghi e
dinosauri, personaggi dei cartoni animati. Una delle scatole (segreta?),
anche in questo caso “tematica”, una volta aperta ci consegna nuovamente
tutta la creatività di Luca: sono i personaggi immaginari e immaginati che il
ragazzo disegnava, ritagliava, incollava, distruggeva e poi ricreava alle
scuole elementari. Li conserva ancora e, raramente, li riprende in mano84: i
ricordi affiorano impetuosamente e tante storie possibili potrebbero ancora
sprigionare una fantasia probabilmente indispensabile per vivere meglio sia
il presente che il futuro.
Anche Greta ha posizionato molti oggetti dell’infanzia in alcuni cassetti
sotto il letto: essi sono conservati come matrioske gli uni dentro gli altri per
dare un’idea di ordine apparente85.
La cassettiera di Nicole, posta vicino al letto sotto una delle mensole,
contiene tantissimi oggetti più o meno recenti. L’attenzione della ragazza
va, naturalmente, a quelli d’amore e dell’impegno civile, ma sbuca anche
una scatola con dentro tutto ciò da cui è difficile distaccarsi. Un vero e
proprio luogo denso di segreti, legati esclusivamente al periodo delle scuole
superiori. Tanti oggetti diversificati, una moltitudine insomma: disegni,
biglietti e bigliettini, contenitori, occhiali, candeline di compleanni passati,
scacciapensieri, nacchere, caramelle, palloncini, certificati, diari, piccoli
84
Luca: «La scatola dei giochi che creavo alle elementari è uno dei ricordi più
importanti che ho. È da tanto che non la tiravo fuori…».
85
Greta: «Sono una ragazza abbastanza disordinata: questa è la modalità più veloce
che ho trovato per mettere tutto in ordine».
133
pupazzi. Un elemento ritornante dell’infanzia sono i quaderni di disegni
bianchi da colorare che hanno caratterizzato noiose mattinate al liceo: un
grigiore scolastico da cancellare non con la gomma, bensì con tante matite.
Sia la cassettiera che la scatola, o meglio la scatola nella cassettiera,
l’abbiamo già definita come un sorta di apeìron di Anassimandro. Un nonfinito, non-definito, non-determinato che non significa – proprio come per il
filosofo ionico – una “miscela” di vari elementi corporei (oggetti) ognuno
con le proprie qualità determinate, bensì una non-distinzione degli elementi
nel momento del ritorno all’unità primordiale dopo il processo della
separazione dall’apeìron. In effetti, l’affastellarsi, anche materiale, di tutti
questi oggetti – separati nella realtà del vissuto passato – adesso, una volta
finite le esperienze, sono ritornati all’unità (della scatola)86 .
Anche Lorenzo ha una scatola dentro un cassetto, non della cassettiera
come per Nicole, bensì del comodino. Ordine personale e precisione: tutti i
biglietti del cinema, dei viaggi e dei concerti separati e ben riposti; ritagli di
giornale accuratamente piegati; una penna regalatagli dalla ex-fidanzata;
una busta contenente i cartoncini di auguri per compleanni e festività
varie87. Vi è poi un’altra scatola con i frammenti dell’attuale storia d’amore.
Se è il cuore il posto migliore per conservare i ricordi del periodo preliceale e dell’infanzia, i cui oggetti adesso riposano in soffitta, Martina ha
comunque un luogo per i suoi recenti segreti. È il cassetto della scrivania a
86
Nicole: «È un posto strano, sì: diciamo che è un modo per sistemare tutto il più
velocemente possibile?».
87
Mamma di Lorenzo: «Non sapevo avessi una scatola dei segreti…». Lorenzo: «Già,
in effetti non ho mai avuto l’occasione di dirtelo…».
134
134
raccogliere numerosi oggetti liceali che legano la ragazza a momenti più o
meno felici, comunque significativi (comprese lettere e scritte di amori
attuali e non corrisposti). Qui troviamo delle foto, segnatamente quelle
relative a gite scolastiche88.
Dentro il cassetto c’è un segreto particolare che non è finito in soffitta, ma
che lega Martina, attraverso un oggetto, all’infanzia: si tratta di un anello,
regalo trovato in un pacchetto di patatine. Avrebbe contenuto poteri magici
anche quando Martina sarebbe diventata grande? Forse la ragazza non ha
smesso ancora di sperare, per questo lo conserva ancora.
Ogni tanto, Gianmarco riprende in mano i diari delle scuole superiori per
ridere un po’: sono come degli scrigni di ricordi che conservano sempre
storie ed emozioni da rileggere. Ma lo scrigno vero e proprio è quello
rappresentato dalla cassetta rossa contenente, fra l’altro, la chiave del
motorino con cui ha fatto un bruttissimo incidente89 da cui, per fortuna, si è
salvato. Dentro quella cassetta troviamo lettere e oggetti donatigli dalle exfidanzate. L’attuale compagna, Elisa, non solo non è a conoscenza di questi
oggetti, ma non è presente dentro la cassetta rossa. Gianmarco non ha una
scatola di ricordi comuni con l’attuale fidanzata, a differenza di Lorenzo.
Se, da un lato, la giustificazione che viene fornita attiene al fatto che i tempi
sono cambiati e adesso i messaggi d’amore sono tutti conservati nelle chat o
in numerosi sms, dall’altro resta un’aporia in questa scelta: perché qualcosa
di Elisa non è presente nella cassetta rossa? Forse è, semplicemente, quel
88
Martina: «Ho anche tanti altri ricordi sparpagliati a casa degli amici: questo
dimostra quanto siano davvero condivisi».
89
Gianmarco: «Credo mi abbia salvato un angelo: è l’unica spiegazione possibile…
Queste chiavi e la targa del vecchio motorino messa nella bacheca hanno un valore
affettivo grandissimo per me».
135
luogo, un posto dove archiviare ciò che è stato e non utile per mantenere il
presente?
In una scatola, la madre di Alberto ha raccolto tutti gli articoli di giornale
relativi all’incidente del ragazzo, oltre al lenzuolo donatogli dal fratello
Marco con scritto “Bentornato a casa”, ad alcuni oggetti dell’ospedale
(camice e lenzuolo), alla maglietta con scritto “forza Albe” con la quale i
136
136
compagni di squadra hanno affrontato le partite di calcio durante la sua
convalescenza90.
La scatola dell’incidente rappresenta una rammemorazione di speranza (non
solo per Alberto). Per l’affetto di quei giorni, per il fatto che il lieto fine
dell’intera vicenda – periodo di riabilitazione compreso – non era affatto
scontato. Aver messo assieme tutti quei pezzi di un racconto – e poterli
mostrare agli altri – significa voler donare e condividere emozioni ormai
divenute fondamentali nell’economia di una vita. Riuscire a non
nascondere, probabilmente, è più difficile che relegare nell’oblio
inconsapevolmente. L’esito della storia di Alberto aiuta la famiglia nella
scelta di rendere partecipi gli altri di quanto accaduto anche “solo” per
evidenziare che, dopo un periodo drammatico, si può riconquistare la
felicità. Non si tratta di reliquie profane 91, si tratta di un messaggio
universale.
90
Alberto: «Forse è più la scatola dei ricordi di mia mamma per quel periodo. È
comunque un bel regalo che mi ha fatto».
91
Cfr. V. Dassié, Oggetti del corpo, oggetti d’affezione: reliquie profane nella cultura
materiale domestica, cit., pp. 173-177.
137
4. La porta
La porta in legno di Giulia è un tributo alla personalità della ragazza.
Sembra essere questo il suo biglietto da visita. C’è affastellamento ordinato
e giustapposizione creativa: insomma, c’è la bellezza stampata di una
stagione della vita. Sono presenti diverse scritte identificative di chi
incontreremo una volta varcata quella porta: “G-i-u-l-i-a”, appunto 92. E poi
gli anni più belli e intensi, quelli del liceo. In questo senso, campeggiano le
tavole che lei ha disegnato durante le ore di Storia dell’Arte e che la legano
profondamente a quella materia, ma ancora di più al docente che l’ha
accompagnata fino al quarto anno delle superiori. Se i ricordi – e le foto,
che ritornano ancora una volta – relativi al liceo sono dominanti, altrettanto
non si può dire per quelli delle scuole medie: immagini e oggetti totalmente
assenti poiché è un periodo che è preferibile relegare nel non-ricordo.
Non è un caso, inoltre, che proprio accanto alla porta d’ingresso, quasi a
rappresentare un tutt’uno, sia collocato il porta-orecchini da muro. Sia il
legno della soglia d’accesso che il legno intarsiato a fianco di quest’ultima,
mettono in mostra oggetti – ora di più tipologie, ora di una soltanto – che
sono la manifestazione eclatante dell’interiorità della ragazza.
92
Giulia: «Adoro scrivere il mio nome. Secondo alcuni è segno di forte autostima. A
me piace: è carino, dolce ed è bello scriverlo e riscriverlo in diversi caratteri».
138
138
Rappresentano quello che Giulia sente dentro e vuole esprimere fuori.
Collezioni interiori di sentimenti, collezioni di oggetti esteriori: entrambe
segmenti del sé.
Anche la porta in legno di Eleonora è un tributo alla personalità della
ragazza. È come se, involontariamente, vi avesse collezionato sopra vari
adesivi trovati nei posti più disparati e fatti propri fin da subito. “Carducci
Family Sticker” è il più importante perché legato al periodo felice degli
ultimi anni di liceo93. Il personaggio sbarazzino di “Valentina”, protagonista
di più d’uno dei suddetti adesivi, probabilmente è quello nel quale Eleonora
identifica se stessa in una determinata fase della vita.
93
Eleonora: «La ‘Carducci Family’ con Luchino, beh… è uno dei ricordi felici più
belli. Un periodo fantastico, simboleggiato dalla forte amicizia nata nella classe e che ci
ha uniti tutti…».
139
La camera da letto di Alberto, fino a qualche anno fa, era condivisa con il
fratello maggiore Marco. Sulla porta d’ingresso, infatti, sono ancora
presenti i segni di quell’unione. In questo senso, un piccolo appendi-oggetti
comprato durante un viaggio a “Gardaland” reca la scritta: “Welcome!
Questa è la stanza di Marco e Alberto”. Poco più sotto, però, campeggia un
adesivo con su scritto “la mia stanza”, segno evidente di differenti e
contrastanti messaggi di benvenuto. Questo è solo un esempio relativo al
fatto che, in questa stanza, permangono differenti stratificazioni di oggetti
che richiamano, almeno in un paio di casi, i lasciti del precedente
coinquilino 94.
94
Alberto: «Fino a qualche anno fa, questa era anche la stanza di Marco. Ora lui è di
fianco, ma, in fondo, si vede ancora che è stata la sua: i vestiti, ad esempio, continuano ad
essere nel mio armadio».
140
140
A differenza di Giulia, nella camera di Lorenzo, accanto alla porta
d’ingresso, non c’è un tratto caratteristico attraverso una collezione
personale, bensì quello che la famiglia ha deciso di donare al ragazzo. Una
parete familiare, dunque, porta aperta verso un dialogo a distanza sempre
presente. Vi troviamo: un ferro di cavalo regalatogli dalla nonna, un quadro
scelto dal padre, un souvenir portato dal fratello dopo un viaggio in Austria
e un’icona materna di Padre Pio. Questo cedere posto, fare spazio è molto
significativo poiché è interrotto soltanto dal televisore che è inserito al
centro della parete dal lessico (molto) familiare. Tutti questi oggetti,
posizionati davanti al letto, molto spesso sono la prima visione al risveglio
e l’ultima un attimo prima di coricarsi: assistono sempre il ragazzo prima
dell’avvio della giornata e nel momento finale della medesima quando,
generalmente, si fa il bilancio delle esperienze affrontate. Proprio attraverso
questi oggetti familiari, disposti su una parete volutamente dedicata, sono
presenti le persone più care, ovvero quelle grazie alle quali Lorenzo è
cresciuto facendo scelte importanti95 .
I segni di un passaggio, i sentimenti che restano: permangono dentro, sono
visibili fuori. Scardinare per paura. La porta della camera da letto di
Martina ha visto un passaggio veloce e concitato di persone e,
quell’attraversamento particolare, ha reso quel luogo non più uguale a se
stesso. Nulla sarà più come prima. Le complicazioni respiratorie di una sera
e il padre che scardina letteralmente la porta della camera chiusa a chiave
per soccorrere la figlia e portarla in ospedale. La porta è stata rimessa a
posto, ma conserva ancora tutti intatti i segni di quell’evento tragico, di quel
95
Lorenzo: «È la parete dei parenti. Mi piace avere qualcosa di ognuno di loro: sì, la
famiglia per me è importantissima. Anche mio fratello ha qualcosa del genere nella sua
stanza…».
141
passaggio. Segni che resteranno comunque indelebili anche quando verrà
(se verrà) restaurata.
Quella porta adesso è anche una soglia. La persona di Martina, più che la
personalità, è segnata in quella porta. Non vi sono attaccati adesivi o
immagini o disegni o lettere, ma la storia di una notte che poteva essere
l’ultima notte.
Per Davide la camera da letto è sempre in fieri: la sua disposizione è il
frutto dei passaggi avvenuti alla luce di mutamenti relativi ai periodi della
vita, porte interiori che vengono attraversate di stagione in stagione. Più
che attaccato alla porta reale, il suo segno identificativo lo posiziona sopra
di essa, internamente alla stanza: è un piccolo canestro da basket96, grande
passione del ragazzo. L’oggetto è inserito proprio lì, quasi fossimo già oltre
lo spazio rettangolare, verso altre mete e altre soglie da varcare.
96
Davide: «Anche se ce l’ho da quando ero piccolo… beh… mi piace ancora fare
qualche tiro ogni tanto».
142
142
5. L’alterità
La camera di Davide non è la sua, infatti gli è stata ceduta dalla sorella
maggiore nel 200997 . Alberto, come abbiamo visto, in precedenza la
condivideva col fratello Marco, in un letto a castello da lui ancora
utilizzato. Inoltre, la disposizione dei mobili della stanza da letto di Alberto,
scelta dalla mamma, è rimasta sempre la stessa dall’infanzia ad oggi.
Da poco tempo, invece, Giulia ha cambiato mobilio e colori della camera:
una scelta autonoma, non legata al passaggio dalla scuola superiore
all’università. Anche Lorenzo ha deciso, recentemente, di cambiare colori e
disposizione della propria stanza: anche lui l’ha fatto non in occasione del
“rito di passaggio” che lo ha portato nel mondo universitario, ma in seguito
alla separazione dalla precedente fidanzata 98. Mentre la camera di Lorenzo,
con i suoi colori e il mobilio, è ben armonizzata con le scelte estetiche delle
altre stanze, altrettanto non possiamo dire per quella di Gianmarco,
caratterizzata da uno stile per lo più minimalista e razionale, con
arredamento essenziale e pareti rigorosamente di colore bianco. Nel resto
dell’abitazione, infatti, è ben rispecchiato il carattere artistico della madre
97
Davide: «Da quando mia sorella necessita di meno spazio, mi ha lasciato questa
stanza e l’ho potuta sostanzialmente arredare a mio piacimento».
98
Lorenzo: «Ho cambiato la stanza non tanto quando sono arrivato all’università, ma
quando ho lasciato la mia ex-fidanzata. Avevo troppi ricordi».
143
del ragazzo attraverso colori, découpages, disegni, quadri vistosi ed
elementi di arredo creativi99 .
Se ci soffermiamo su altre stanze di casa Gravina, notiamo che il grande e
classico mobile del soggiorno, per esempio, pur presentandosi in distonia
rispetto allo stile dell’arredamento della camera da letto, è intriso della
medesima modalità espositiva e museale della libreria del ragazzo. È la
madre a confermare questa caratteristica costante della casa: esplicitare,
mostrare, giustapporre, evidenziare, rendere apparenti gli oggetti
fondamentali che fanno tutt’uno con il comunicare personalità, emozioni,
gusti ed estetica della famiglia. Un libro aperto, insomma, e ogni pagina è
99
Gianmarco: «Io e mia mamma abbiamo gusti un po’ diversi. Lei è una creativa, io
sono proprio un ingegnere…».
144
144
un capitolo da leggere. Oggetti che sono biglietti da visita personali e
collettivi.
I nuovi colori di casa sono stati da poco scelti; le pareti, adesso, hanno
assunto nuove cromaticità. Giulia non sembra del tutto convinta della scelta
fatta per i muri della propria stanza: che siano stati i gusti della madre ad
aver condizionato – parzialmente o del tutto – le scelte della ragazza?
Sicuramente, un elemento che ritorna nella casa riguarda l’esposizione di
collezioni: in camera di Giulia ci sono gli orecchini, nel salotto molti
gioielli Swarovski contenuti in un’apposita vetrina. Collezionare non basta,
occorre, anche in questo caso, esporre.
145
L’ex-fidanzata Greta è una presenza-assenza costante nella camera di
Luca100: lo è mediante tanti oggetti regalati, lo è attraverso ricordi di
momenti trascorsi insieme. Ci riferiamo ai libri, ai biglietti di mostre ed
eventi vissuti in due, al peluche dei peluche ancora conservato sul
comodino (Topolino). L’altra presenza-assenza è rappresentata dal padre,
che ormai da anni ha rotto la relazione coniugale con la madre del ragazzo:
ci sono le chitarre, le pietre preziose della vetrina, una foto sulla scrivania,
la bacchetta magica, solo per citare gli oggetti più importanti. In ogni
collezione c’è qualcosa del padre e, di più, qualche collezione è il frutto
degli input e dei regali del padre.
Pochi oggetti presenti nella camera da letto testimoniano il legame di
Martina con gli altri101 : il fidanzato Alessio le ha regalato un televisore; dei
genitori conserva un leone di peluche donatole all’età di tre anni; le uniche
foto visibili sono quelle con le amiche che risultano posizionate sulla
scrivania per essere sempre a portata di sguardo. Scrivania che, a questo
punto, assume un ruolo chiave: sopra queste foto e, come abbiamo già
visto, dentro (nel cassetto sotto il ripiano) i segreti di altre foto (con ulteriori
oggetti).
Come già accennato, è l’università la presenza dominante nella camera da
letto e, dunque, nella vita di Gianmarco: i due manifesti relativi al progetto
della pianta della Sidney Opera House; il poster per un esame di
100
Luca: «Greta è ancora molto presente nella mia stanza e i ricordi di lei sono molti.
Credo di aver lasciato qualcosa anche nella sua camera da letto…».
101
Martina: «Nella mia stanza ci sono per lo più oggetti della mia vita, oggetti
personali. Degli altri ci sono poche cose, ma hanno tutte una grande importanza».
146
146
Composizione; le dispense degli esami che riempiono la libreria; giornali e
riviste di architettura utili per lo studio; attestati e cartellini di
partecipazione a esperienze accademiche importanti. È come se l’università
in generale, e il corso di Ingegneria Edile e Architettura in particolare,
avessero ordinato lo spazio della camera del ragazzo e non il contrario.
Due donne sono molto presenti nella camera di Alberto: la fidanzata 102 e,
come abbiamo già visto, la madre. Senza queste due donne, la stanza di
102 Alberto:
«Samanta è davvero molto presente nella mia stanza».
147
Alberto non sarebbe la stanza che è e, conseguentemente (o in primis),
Alberto non sarebbe il ragazzo che è.
Se Gianmarco non conserva nella cassetta rossa oggetti della sua ragazza
Elisa, quelli di Samanta riempiono entropicamente tutta la camera di
Alberto. La presenza della ragazza, infatti, è fortissima: numerose sono le
foto, i bigliettini d’amore, le cartoline, piccoli pupazzi, rose finte e, su tutti,
un cuscino con stampata sopra una bellissima immagine dei due innamorati
abbracciati durante una vacanza al mare.
148
148
La madre ha concepito la camera di tutta una vita e, in seguito, ha aiutato
Alberto nella disposizione di molti oggetti di arredamento, come la tavola
di sughero per le foto. Inoltre, è stata lei a raccogliere gli articoli relativi
all’incidente del figlio che, come detto nel terzo capitolo, adesso si trovano
in una scatola assieme ad altri oggetti legati al periodo post-operatorio e alla
convalescenza.
Il rosa big-babol della camera a forma di pistola di Eleonora vede un
mobile principale che è un regalo della nonna, dunque non è stato scelto da
lei. Un artista locale lo ha ridipinto in stile boteresco: quasi un contrappasso
rispetto al fisico snello della ragazza. La nonna è presente, così come il
padre – attraverso i “ferri del mestiere” di medico – e la madre. Proprio
quest’ultima ha compiuto altre scelte rilevanti per la stanza da letto di
Eleonora: la disposizione dei mobili, anzitutto, nonché la disseminazione di
fiocchi rossi quasi ovunque.
Forse è anche per questo motivo che la camera viene vissuta da Eleonora
principalmente come un luogo di riflessione103 , piuttosto che di
accumulazione. In questo senso, gli oggetti davvero importanti, ovvero
quelli che segnano la personalità, sono sparsi altrove e possono essere
anche semplici: un adesivo attaccato alla macchina, un testo di scuola
conservato nello studio o in salotto, una maglia particolare o una tazza in
cucina. Disseminandoli altrove, siamo noi a caricarli di significato, a dargli
un senso preciso relativamente al personale sentire.
Eleonora, comunque, non rinuncerebbe mai all’intimità della “sua” stanza
103
Eleonora: «Casa mia è camera mia. È un luogo senza il quale non potrei vivere».
149
da letto – seconda natura protettiva e rassicurante – che vive come esclusiva
per i viaggi di riflessione che conduce verso altre mete. Una volta partita, è
come se si staccasse dal luogo entropico e materiale, desiderando, così, un
non-luogo ideale. Evadere? Fuggire con la testa, mantenendosi, però, ben
ancorata con il corpo dentro quelle quattro mura che anche lei ha
contribuito ad antropizzare? Si tratta, probabilmente, del paradosso di
un’alterità ben radicata (hic et nunc): un’alterità che, proprio per essere tale,
necessita di poter volgere lo sguardo in qualsiasi momento a determinate
sicurezze che, se davvero fossero assenti, la renderebbero ancora più monca
e disancorata di quanto in realtà non aneli deliberatamente ad essere (come
nell’adagio antico “vorrei ma non posso”).
E se lo studiolo, posizionato al piano di sopra rispetto alla camera da letto
di Eleonora, fosse questo altrove agognato? Questa alterità ricercata e mai
conquistata fino in fondo? Proprio l’accumularsi più o meno caotico di
oggetti nel corso del tempo ha dato ordine e senso alla stanza del piano di
sopra confermando, anche in questo caso, secondo la tesi di Pasquinelli, che
l’evoluzione casuale dello e nello spazio ordina noi e non siamo noi a
ordinare lei. Per Eleonora, questo spazio ipertrofico è più che altro un
rifugio, un luogo nel quale ricercare qualcosa. Così, la grande scrivania lì
presente diventa spesso un approdo necessario per giornate di studio matto
e disperatissimo.
In questa stanza-rifugio ci sono anche molti effetti personali che ci
consegnano più di una riflessione. Proprio lì, ad esempio, è conservata la
collezione del mensile «E», di Emergency, associazione che rappresenta
una delle ragioni di vita di Eleonora dato che vorrebbe, fra l’altro, una volta
terminata la specializzazione, diventare chirurga nei paesi in via di
150
150
sviluppo. Tantissimi sono i ricordi racchiusi nella stanza-rifugio: da quelli
scolastici ai frammenti dell’infanzia. Con o senza un senso preciso, qui
sono stati condotti. Ecco perché questa stanza allude a qualcosa di più che a
luogo “di risulta”. Forse inconsapevolmente, può assumere differenti
significati: spazio altro per eccellenza, svalutato dalle parole della ragazza,
ma di grande valore per le attività che vi si svolgono e per le cose che vi si
conservano. Qui una collezione importante, qui si sale per prepararsi agli
esami universitari che tanta parte occupano per la costruzione del futuro
progetto di vita. Qui i ricordi, qui l’evasione impossibile. Una sorta di anticamera fisicamente collocata, isola che non c’è solo perché ancora
disconosciuta nelle implicazioni interiori più profonde. Difficilmente, però,
questa specie di seconda camera da letto – terza natura protettiva e
rassicurante – potrà sostituirsi alla prima, quella originaria, autentico luogo
di riflessione. Da quelle riflessioni, poi, chissà quali e quanti nuovi nonluoghi scaturiranno.
“Di risulta” sembra essere l’unica camera di Greta: collocata
davanti a
quella dei genitori, si è creata, a detta della ragazza, un po’ da sola nel corso
del tempo 104. Per questo lei vorrebbe darle, prima o poi, una disposizione
personale in modo da togliere gli innumerevoli oggetti che, ormai, non la
rappresentano più, ma da cui non riesce a liberarsi. E così, anche in questo
caso, è il caos onnivoro e l’affastellarsi del contenuto a determinare il
contenitore: sulla scrivania regna una gran confusione, così come sulle
mensole della libreria si trovano diversi oggetti accumulatisi negli anni a
causa dell’indecisione sulla collocazione possibile in altri luoghi della
104
Greta: «Gli oggetti degli altri presenti nella mia stanza sono stati raccolti nel
tempo… in fondo è una camera tutta popolata dai ricordi. Devo darle al più presto una
disposizione più personale, anche se questo comporterebbe scelte molto difficili…».
151
stanza (o della casa). Per non parlare dei libri disposti a terra, in pile, vicino
alla scrivania. Questo disordine romantico, a volte, provoca nella ragazza
un senso di vero e proprio spaesamento.
Per Eleonora e Alberto, abbiamo visto, la famiglia gioca un ruolo decisivo
nella costruzione della sua camera da letto; altrettanto possiamo dire per
Lorenzo e per il fratello gemello Alessio.
Le camere dei fratelli sono entrambe nel seminterrato, l’una davanti
all’altra, quasi fossero allo specchio. Lo stile classico delle due stanze,
segnatamente i mobili vintage recuperati grazie alla pazienza del padre,
risulta in completa armonia con l’arredamento della casa. I colori delle
pareti, gli armadi, la televisione, i comodini, le cornici e il letto, infatti,
sono identici. Molto simile è anche l’oggettistica: lo stesso salvadanaio, la
stessa collezione di dvd (anche se cambiano i colori della squadra), solo per
fare due esempi.
Il dono di Padre Pio da parte materna, un ferro di cavallo per il nipote e un
quadro paterno (con motivo differente, però) sono anche nella camera di
Alessio, proprio nella parete della porta d’ingresso.
Gemelli i due figli, gemelle le due camere, gemelli molti oggetti. Quello
che la natura ha consegnato alla famiglia Picchi è stato conservato anche
nell’artificialità delle due stanze da letto: non solo sembra una scelta voluta,
ma nella precisione e regolarità con la quale è stata sviluppata nel corso del
tempo sembra voler ribadire la necessità di preservare il più possibile
l’uguaglianza fra i due fratelli. Almeno l’uguaglianza dentro le mura
152
152
familiari, visto che, fuori da esse, uno dei due è già avviato verso il mondo
del lavoro, mentre l’altro studia all’università. In questo quadro, il
messaggio del mantenimento di un lessico gemellare risulta irriducibile e
irrinunciabile per il padre e la madre di Lorenzo e Alessio. E così anche per
i figli.
153
Ipotesi conclusiva
«…mettero’ assieme pezzo a pezzo…»
Nell’Introduzione, avevamo messo l’accento sullo spazio personale quale
proiezione all’esterno di un ordine interno che acquista, in questo modo,
visibilità e concretezza. Attraverso questo rapporto duplice – e per molti
aspetti biunivoco – fra ordine interno e ordine esterno abbiamo cercato di
sviluppare buona parte del presente lavoro. Abbiamo anche riflettuto circa
la performatività dei passaggi – introducendo il concetto di soglia – che ci
parla dei mutamenti interiori (la personalità) e degli attraversamenti
materiali (la porta, per esempio).
Proprio la dialettica fra mutamenti interiori e attraversamenti materiali
dovrebbe farci interrogare circa il ruolo che giocano i corpi ventenni, questi
corpi ventenni. Proprio la tecnicizzazione del corpo femminile, indicata in
apertura del presente lavoro attraverso la definizione del ruolo domestico
della casalinga, ci consegna un modello euristico di riferimento105.
Approfondendo i nostri materiali empirici, possiamo avanzare la tesi
secondo cui questi corpi sono disciplinati attraverso lo studio, ovvero la
funzione sociale dello studiare, dunque il ruolo di studente nella gerarchia
sociale. Se l’ordine domestico è un antefatto utile e necessario per
l’assoggettamento da parte della società, la proiezione nello spazio chiuso
105
Cfr. C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit.
154
154
interno delle funzioni prevalenti esterne rappresenta la conferma che la
stanza da letto, a suo modo, è uno spazio disciplinare.
L’ordine e i confini, spesso coercitivi, sono un punto di riferimento
(statico), ma anche il disordine e i passaggi possono rappresentare un punto
di riferimento (questa volta dinamico). Ne prendiamo consapevolezza ex
post in determinati casi, oppure in medias res per altre situazioni. Le
collezioni, per questi ventenni, hanno la medesima funzione del
demartiniano campanile di Marcellinara per il pastore calabrese.
Possedere una o più collezioni significa avere uno o più punti di
riferimento. Le collezioni sono statiche poiché posizionate e localizzate,
ma, allo stesso tempo, dinamiche perché in continua evoluzione attraverso
nuove acquisizioni. Anche quando le consideriamo concluse, le collezioni
restano dinamiche poiché raccontano storie e ogni componente, preso in
esame, incorpora l’esatto accadere di quel periodo a cui è associato.
Gli stessi intervistati del presente lavoro alludono più o meno
esplicitamente al tema della collezione e del collezionare (non
necessariamente in senso classico). C’è chi ama definirsi “collezionista
d’oggetti” e chi non ha ancora consapevolezza di essere una collezione
(vintage) vivente, ovvero di manifestare uno stile collezionista essendo
parte di una collezione permanente.
Lo stile museale nell’esporre è anch’esso uno stile collezionista, anche se
gli oggetti non appartengono tutti alla medesima tipologia o specie. Qui la
155
modalità, ossia il contenitore, è collezionista rispetto al contenuto che può
anche non esserlo.
Ripercorriamole un attimo, queste collezioni: Classici Disney, libri fantasy,
film dello stesso regista, orecchini, chitarre, costumi di scena, fumetti,
pietre preziose, denti di latte, fiori (disegnati o reali), medaglie e trofei,
poster (alle pareti o sugli armadi), frasi, cartoline di viaggio, biglietti e
bigliettini d’amore o di compleanni, fogli-memoria per esami universitari,
oggetti religiosi…
Ci sono collezioni volontarie e collezioni involontarie, come quando
vengono messe assieme le fotografie. Le abbiamo viste sui mobili
incorniciate, appese alle bacheche o alle tavole di sughero, in grandi quadri
alle pareti, custodite gelosamente dentro cassetti, scatole o buste segrete. Le
foto rappresentano uno dei veicoli attraverso cui mantenere vivi i ricordi
infantili e della pre-adolescenza, che tanta parte occupano in tutte queste
camere da letto ventenni.
Poi è arrivato Facebook e le foto si sono talmente svalutate che sono
diventate innumerevoli nella sezione dedicata dei profili virtuali: non si può
parlare, a nostro avviso, di una grande bacheca virtuale dato che, ormai,
assistiamo a una entropizzazione delle foto. Negli ultimi tempi viene
fotografato qualsiasi evento e ogni occasione; addirittura essere “taggati” in
foto altrui contribuisce all’aumento indiscriminato della presenza di foto nel
personale profilo. Viene svalutato, in questo modo, il valore collezionista
attribuibile alle foto accuratamente prescelte perché particolarmente dense
di significati. Per questo motivo, alcuni ragazzi e alcune ragazze vorrebbero
156
156
stampare su pellicola le fotografie più belle, proprio per continuare quella
specifica modalità del collezionare materiale.
Collezionare foto dell’infanzia, di viaggi, foto dei momenti sportivi più
belli, della quotidianità scolastica, delle amicizie e relative agli amori
importanti. Addirittura realizzare e donare un vero e proprio calendario con
le foto di coppia: una collezione degli eventi più belli dei 365 giorni passati,
immortalati per ogni mese dell’anno che verrà. E ancora: collezionare
macchine fotografiche compatte o usa-e-getta.
Conservare oggetti preziosi in un luogo segreto, non è forse un’altra
modalità concreta del collezionare? Collezionare, per esempio, la busta con
le foto (una scatola di fotografie segrete). Da questo punto di vista, il baule
dei trucchi e giochi di magia è una collezione che si arricchisce nel tempo
di nuove tipologie d’intrattenimento esoterico. Ci sono, poi, cassetti e bauli
di giocattoli e ricordi infantili. E ancora, le collezioni nei veri e propri
classici cassetti segreti: con disegni, biglietti del cinema, dei viaggi, dei
concerti e bigliettini particolari, candeline dei compleanni passati, diari di
scuola, ritagli di giornale, cartoncini degli auguri di anniversari e festività,
oggetti delle fidanzate passate e attuali. Collezionare sentimenti d’amore.
Collezionare tutti gli oggetti di un dolore immenso: quello relativo a un
incidente che poteva costare la vita.
E poi le porte delle camere: con le collezioni di adesivi, di foto, oppure dei
disegni scolastici. Per non parlare delle collezioni nate su input familiari, a
partire, magari, dai regali di uno dei due genitori.
157
Il collezionare è un atteggiamento strutturante, centrale per creare uno o più
punti di riferimento: questa è la nostra ipotesi conclusiva. Si tratta di un
modello comportamentale – consapevole o inconsapevole che sia – che
struttura permanentemente l’atteggiamento di ogni ragazzo e di ogni
ragazza che abbiamo preso in esame nel presente lavoro. Collezionare, in
senso classico, per realizzare un mero desiderio di possesso, nonché per
mantenere viva una passione relativa a oggetti della medesima tipologia.
Ogni nuova acquisizione, dunque, è necessaria ed è frutto dell’assenza
(momentanea) che affiora una volta trascorso un determinato tempo causa
della svalorizzazione dell’ultimo bene aggiunto. In chiave psico-emotiva,
utilizzare e non essere utilizzati dal collezionare: per tranquillizzare noi
stessi, per combattere ansie e tristezze, ci rivolgiamo ai soli oggetti
posseduti non diventando preda di quelli che vorremmo possedere.
Collezionare per aumentare la quantità, dunque, ma anche qualitativamente
– e in positivo – per appagare (tranquillizzare?) il proprio stato d’animo
attraverso ciò che già si ha. L’oggetto collezione si aggiunge così
all’oggetto testimone, all’oggetto segno, all’oggetto sociale, all’oggetto
memoria 106.
Collezione che, alle volte, mette in ordine noi, anziché essere noi a
ordinarla. Collezione che pensa noi 107 e non noi che pensiamo lei.
Collezione punto di riferimento, proiezione all’interno di un ordine esterno.
106
Cfr. L. Turgeon, La memoria della cultura materiale e la cultura materiale della
memoria, in Aa. Vv., La materia del quotidiano. Per un’antropologia degli oggetti
ordinari, cit., pp. 103-124.
107
Cfr C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, cit.
158
158
Collezione seconda natura protettiva e rassicurante108, guanto che si fa
pelle109.
Collezione-sentimenti, collezione-pensiero, collezione-oggetti, collezionestanza, collezione-casa, collezione-mondo. Collezione-città.
Come le creazioni di Peter Fritz: 387 modelli di edifici realizzati tra gli anni
Cinquanta e Sessanta del Novecento da questo impiegato delle
assicurazioni austriaco. Nel 1993, mentre frugava nella bottega di un
rigattiere, l’artista Oliver Croy li scoprì, ciascuno accuratamente chiuso nel
proprio sacco della spazzatura. Gli edifici creati da Fritz testimoniano una
passione e una immaginazione collezionista: si tratta di «un inventario quasi
enciclopedico di tutte le declinazioni degli stili architettonici provinciali,
dalle cascine alle banche, dalle chiese alle tradizionali abitazioni
monofamiliari, dalle case di campagna ai distributori di benzina» 110.
108
C. Pasquinelli, La vertigine dell’ordine, cit., pp. 9-10.
109
M. Douglas, B. Isherwood, Il mondo delle cose, cit.
110
Aa. Vv., Il Palazzo Enciclopedico, catalogo della 55^ Esposizione Internazionale
d’Arte, Marsilio Editore, Venezia 2013, p. 327.
159
Anche se potrebbero appartenere all’architettura visionaria, gli edifici di
Fritz non sembrano voler allargare i confini di quello che era
verosimilmente possibile costruire. Per essere appagati, basta collezionare
la città così com’è, riproducendola con pochissimi cambiamenti.
160
160
Come alla fine delle relazioni di viaggio che Marco Polo fa a Kublai Kan,
imperatore dei Tartari: «Alle volte mi basta uno scorcio che s’apre nel bel
mezzo d’un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il
dialogo di due passanti che s’incontrano nel viavai, per pensare che
partendo di lì mettero’ assieme pezzo a pezzo la città perfetta, fatta di
frammenti mescolati col resto, d’istanti separati da intervalli, di segnali che
uno manda e non sa chi li raccoglie. Se ti dico che la città cui tende il mio
viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa,
tu non devi credere che si possa smettere di cercarla» 111. Città reali e città
immaginate ha descritto Marco Polo fino a qui: adesso, per tendere alla
città perfetta ed essere appagati, sarebbe necessario mettere assieme pezzo a
pezzo, ovvero collezionare.
111
I. Calvino, Le città invisibili, Mondadori, Milano 1993, p. 163.
161
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