Quando Adolf Hitler morì fu subito condotto, come tutti quelli che

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Quando Adolf Hitler morì fu subito condotto, come tutti quelli che
Quando Adolf Hitler morì fu subito condotto, come tutti quelli che muoiono,
al cospetto di COLUI CHE NON HA NOME a render conto, come tutti coloro
che muoiono, della vita che hanno appena lasciato. COLUI CHE NON HA
NOME come per tutti quelli che muoiono, convocò l’assemblea del giudizio e
disse:
“ Chi può parlare a favore di quest’uomo lo faccia.”
Allora si alzarono molti: “Egli è stato un bravo comandante”…. “Per molto
tempo ci ha condotti alla vittoria”. “Ha ristabilito l’ordine”…. “Ha fatto grande
la Germania”…Ma più essi parlavano più appariva grande la contraddizione
della guerra perduta, del fine mancato, del cammino inutile, e più essi
parlavano più Adolf Hitler si faceva piccolo, come se quelle voci non
parlassero a favore di lui ma contro di lui.
Egli aveva sempre misurato gli uomini dal loro successo. Il loro insuccesso era
sempre stato per lui colpa gravissima e motivo sufficiente di condanna.
Avrebbe voluto andarsene, sottrarsi a quegli elogi scomodi, ma non poteva…
Poi, quando costoro ebbero finito, COLUI CHE NON HA NOME disse:
“Chi deve parlare contro quest’uomo ora lo può fare”.
Allora una moltitudine immensa si alzò.
Essi portavano sulla loro carne la prova stessa della loro accusa: i corpi
straziati non avevano bisogno di parole, e, quasi a rendere altra testimonianza
comparvero le montagne di cadaveri dei campi di concentramento, di quei
poveri corpi finiti dalla fame, le montagne di capelli messi da parte per il loro
utilizzo nell’industria delle parrucche, la montagna dei denti d’oro… e poi tutti
gli altri morti a causa delle guerre di invasione e dell’ultima grande guerra, i
corpi straziati dalla mitraglia, dalle schegge, dalle mine, dai bombardamenti,
dal crollo delle macerie, dalla carestia, dalle epidemie; i corpi torturati dalle
SS, dagli esperimenti chirurgici, le fucilazioni dei civili, gli eccidi…
Un immenso grido di dolore si levò da tutti quei milioni e milioni di bocche:
un grido di accusa, una richiesta di giustizia che Adolf Hitler non poteva
sostenere.
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COLUI CHE NON HA NOME lo guardò severamente negli occhi e gli disse:
“Qual gran male hai mai ricevuto per averne restituito tanto? Come è
possibile che un uomo solo possa esser stato causa di tanta iniquità e tanto
dolore ? Qual potentissimo veleno ti ha così interamente pervaso da
trasformare in morte e distruzione tutto ciò che ha avuto la disavventura di
cadere sotto il tuo sguardo ? Tra tutti gli uomini che ti hanno preceduto molti
hanno commesso orribili misfatti, molti hanno cosparso la terra di sangue,
hanno devastato città e nazioni e orribilmente torturato i loro simili, ma
nessuno ha mai fatto tanto scempio come te; tu sei stato il campione del male,
la più feroce fra tutte le belve, la più triste fra tutte le mie creature !”
Allora Adolf Hitler osò alzare gli occhi su COLUI CHE NON HA NOME fino a
sostenerne con sfida lo sguardo, poi disse: “Tu mi giudichi perché sei più
forte di me ed il tuo potere mi sovrasta così come il mio potere ha sovrastato i
miei simili. Tra me e te non vi è alcuna differenza poiché ciascuno esercita il
potere che ha. L’unica differenza consiste solamente nel fatto che tu hai più
potere di tutti per cui tu non puoi essere sottoposto al giudizio di alcuno, ma
se vi fosse qualcuno più grande di te anche tu dovresti rendergli conto così
come ora io faccio con te. E’ vero, io ho arrecato molta sofferenza al mio
tempo, ma forse che tu ti preoccupi del dolore di cui sei causa? Chi è il
padrone della natura, chi comanda alla malattia di colpire o al terremoto di
distruggere o al vento di devastare ? Chi fa piovere o non piovere? La carestia
che segue la siccità è migliore dei miei campi di sterminio? L’epidemia che
decima la popolazione o il terremoto che distrugge le città o l’uragano che
inonda e devasta o lo tsunami che sconvolge e stermina paesi interi sono
forse più benigni delle mie guerre? Ti preoccupi forse del dolore che tu
arrechi alla partoriente o non guardi piuttosto al frutto che essa genera? La
mia colpa consiste nel non essere riuscito a portare a termine il mio progetto
che avrebbe fatto del mondo un luogo perfetto: solo per questo sono
colpevole, non per altro. Se il mio progetto fosse andato a buon fine ora tu mi
giudicheresti in modo diverso “.
Allora scese in quel luogo una grande nebbia, una nebbia fredda e grigia,
poiché in quel luogo COLUI CHE NON HA NOME si manifestava. Infatti
COLUI CHE NON HA NOME si era profondamente rattristato poiché le
parole di quell’uomo erano andate a colpire il suo punto dolente, il suo nervo
scoperto. Se le parole di quell’uomo fossero state solo di quell’uomo non
avrebbero meritato risposta poiché lui non aveva vissuto sulla sua carne
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l’esperienza di quello che aveva detto ma si era servito di quegli argomenti
solo per giustificare la sua malvagità; ma le parole di quell’uomo si erano
unite al coro della moltitudine, alla miriade di voci che sin dall’albore del
tempo aveva formato un unico, grande, ininterrotto e straziante grido che era
salito fino a lui a chieder conto del perché del dolore, ed a quel grido COLUI
CHE NON HA NOME non era insensibile perché quelle moltitudini gli erano
care. Così COLUI CHE NON HA NOME prese a parlare, ma non tanto per
quell’uomo quanto per tutti coloro che erano intorno e che silenziosamente lo
guardavano aspettando le sue parole.
“Quando io feci Adamo in tutto lo feci simile a me, in tutto tranne che in una
cosa: non feci Adamo onnipotente poiché non è possibile più di una
onnipotenza, infatti se vi fossero due onnipotenze l’una limiterebbe l’altra e
quindi non sarebbero più tali. Adamo era una creatura e non poteva essere
uguale al suo creatore. Ma una cosa io detti ad Adamo così grande che per
essa io ho rinunciato alla mia onnipotenza: io detti ad Adamo la libertà. In
quel momento stesso in cui Adamo nasceva uomo libero io non ero più il
padrone del bene e del male. Da quel momento non vi sarebbe stato più un
bene ed un male uguale per tutti ma mille strade tracciate da ogni uomo tra il
bene ed il male, ed ognuna di quelle strade sarebbe stato il frutto della scelta
di quell’ uomo, l’esercizio della sua libertà ma anche il prezzo della sua libertà.
Poi COLUI CHE NON HA NOME raccontò loro una parabola:
“Vi era un padre ricco che aveva molti figli: essi vivevano nell’ozio e
nell’abbandono tanto, pensavano, nostro padre provvederà ad ogni nostra
necessità, e non si davano da fare per costruire la loro vita ed il loro futuro.
Quel padre era molto triste poiché l’assenza di ogni progetto nei suoi figli, il
non prendersi la propria vita in mano ne faceva dei parassiti e degli esseri
vuoti ed inutili per cui si disse: “ Essi sono così perché si sentono al riparo
dalle asperità della vita. Le mie ricchezze sono la loro rovina. E’ necessario
che io mi liberi dalle mie ricchezze affinché loro possano crescere e vivere.”
Così fece: Vendette la sua bella casa e tutte le cose che possedeva e ne dette il
ricavato ai poveri, poi convocò i suoi figli e disse loro: “ Da oggi siamo poveri
ed ognuno di noi, se vorrà vivere, dovrà guadagnarsi il proprio
sostentamento.” Quei figli non credettero al loro padre, essi pensarono:
“Nessuno è così pazzo da vendere e regalare tutto quello che ha ai poveri, lui
ha fatto finta di disfarsi di tutto per farci credere di essere poveri ma in realtà
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ha nascosto le sue ricchezze e le tirerà fuori quando serviranno.” Così nessuno
di loro si dette da fare e quando il cibo finì essi ebbero fame ed andarono dal
loro padre. “Padre dacci da mangiare poiché abbiamo fame” ma il loro padre
rispose: “Non ho nulla da darvi se non quel poco che ho guadagnato con la
fatica delle mie mani. “ Allora questi presero ad inveire contro di lui ed a
lamentarsi: “Tu non ci ami, tua è la responsabilità di averci generato ma non
ti importa di farci soffrire.” Allora quel padre si sentì ferito da quelle parole:
“ma come è possibile, si disse, io per farli vivere, per amor loro ho rinunciato
a tutte le mie ricchezze ed ora mi accusano di non amarli.” Quel grido di
dolore che saliva da loro era tanto più doloroso quanto ingiusto, ma per
quanto egli facesse o dicesse essi non lo credevano e continuavano ad
accusarlo ed a pretendere che egli dissotterrasse le sue ricchezze e
provvedesse a loro. Cosi lui pensò: “Se io mi siedo in mezzo a loro e condivido
la loro fame forse essi mi crederanno e sapranno quanto li amo ed a quanto
ho rinunciato per il loro bene. Cosi fece, si sedette in mezzo a loro e lasciò che
la fame attanagliasse le sue viscere. Nel vederlo così ridotto alcuni dei suoi
figli pensarono: “Se lui condivide le nostre sofferenze vuol dire che non ha il
potere per farle cessare” così credettero in lui, lo abbracciarono ed andarono a
procacciarsi un lavoro. Altri invece pensarono: “Egli finge ancora ma se
resisteremo egli sarà costretto a tirar fuori le sue ricchezze, se non altro per
salvare se stesso.” Così continuarono ad imprecare e a maledire fino a quando
le forze non li abbandonarono. Lui tristemente li guardava morire ed in cuor
suo si diceva: “Che altro posso fare se non condividere la loro sorte e morire
con loro? La mia morte sarà la prova della mia innocenza e del mio amore
poiché la loro accusa mi è più insopportabile della mia morte stessa. Così essi
perirono insieme a lui perché non avevano creduto in lui.
L’uomo chiamato Adolf Hitler allora sorrise come colui che pensa di aver
trovato un punto debole nel ragionamento del suo avversario e si prepara al
contrattacco: “ Se ho ben capito tu sei il padre buono della parabola, le
ricchezze del padre sono la tua onnipotenza, i figli sono il genere umano e la
fame dei figli è il male che colpisce l’umanità. Tu hai rinunciato all’esercizio
del tuo potere per costringere l’umanità a crescere e ad assumersi le proprie
responsabilità ed il lamento di coloro che vorrebbero essere protetti contro il
male dall’ombrello della tua onnipotenza è il grido dei figli che chiedono al
padre di essere sfamati. Quindi il male non è più sotto la tua potestà così
come le ricchezze non erano più nella disponibilità del padre della parabola,
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eppure tu, prima di rinunciare alla tua onnipotenza hai creato l’uomo ma lo
hai voluto mortale. Se tu avessi amato veramente l’uomo potevi farlo vivere
per sempre ed invece hai preferito stabilire un termine alla sua vita come se la
vita dovesse pagare il prezzo del suo essere al suo creatore. Cosa vi può essere
di buono nella morte? Eppure tutti gli uomini sono in suo potere e tutti, buoni
o cattivi, ne subiscono il dominio. E allora come puoi aver rinunciato alla tua
onnipotenza a favore di un uomo di cui nulla ti importa?
COLUI CHE NON HA NOME: “Quando io feci Adamo lo feci per l’eternità,
ma Adamo volle misurarsi su di me: la sua sete di onnipotenza lo fece
scontrare con ciò che non poteva sostenere. Fu la vergogna per il suo
fallimento che lo fece allontanare da me e gli rese insopportabile la mia vista.
Io non gli dissi di morire, ma fu la vergogna del suo fallimento, che gli gridava
dentro così forte, ad opprimerlo e a dirgli di morire. Fu la vergogna a farlo
sentire nudo di dentro e di fuori e fu la vergogna a fargli desiderare di non
essere più davanti a me, ma dovunque egli andasse era sempre al mio
cospetto per cui desiderò di non essere più da nessuna parte o,
semplicemente, non essere. Per questo egli inventò e scelse la morte; ma io lo
avevo creato per l’eternità e per l’eternità doveva rimanere Adamo. Così
Adamo fu richiamato dalla morte e tornò a nascere di nuovo ma non era
nuovo poiché se fosse stato tale non sarebbe stato Adamo. Così egli portava
dentro di se il ricordo profondo di ciò che era stato affinché il nuovo Adamo
affondasse le sue radici nel vecchio. Ma anche il ricordo profondo gridava ad
Adamo la propria vergogna e lo fece morire nuovamente. Per sette volte
nacque Adamo e per sette volte Adamo morì per la colpa del primo Adamo.
Ogni volta che Adamo rinasceva il ricordo di ciò che era stato si inabissava
sempre di più dentro di lui cosicché l’ottava volta che Adamo nacque non
ricordò più di essere stato Adamo.
Hitler: “ C’è contraddizione in quello che tu dici, infatti tu dici che è stata la
vergogna del suo fallimento a far morire Adamo e che per il ricordo di quel
fallimento Adamo ha continuato a morire altre sette volte. Ora se è stata la
vergogna a far morire Adamo e non la tua volontà, dimenticata la vergogna
dopo la settima vita, Adamo non avrebbe dovuto morire più! Inoltre perché
Adamo muore nella sofferenza? Se la morte fosse stata solo la sua voglia di
non essere più perché morire nella sofferenza ?
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COLUI CHE NON HA NOME : “ Adamo continuò a morire poiché anche se
Adamo non ricordava più di essere stato Adamo, era pur sempre stato fatto a
mia immagine e somiglianza e continuava ad essere pervaso dal desiderio di
onnipotenza. Inevitabilmente egli si scontrava con il proprio limite e
continuava così a sperimentare la vergogna del proprio fallimento, e la
vergogna di sé continuava ad essere insopportabile ai suoi stessi occhi.
Ovunque Adamo tentasse di nascondersi non poteva sottrarsi ai suoi stessi
occhi per cui continuò a desiderare di non essere da nessuna parte. Inoltre il
continuo fallimento reiterato gli toglieva forza e fiducia nelle proprie capacità
e la paura e la vergogna di fallire nuovamente lo portavano progressivamente
a non tentare più, a non agire più e quindi a congelarsi nell’immobilità della
stasi. Il bisogno di morire diventava quasi una necessità per potersi togliere
da quella situazione di “non vita”. Così come colui che è causa del suo male
trova orrido sfogo nell’incolpare e punire se stesso, così Adamo continuò a
desiderare di voler morire ma in più si impose di voler morire con sofferenza:
morire per sottrarre la propria vergogna al mio ad al suo stesso cospetto,
morire per sfuggire alla stasi dovuta alla propria impotenza ed inettitudine e
soffrire per punirsi di aver fallito. La morte perciò non venne voluta da
Adamo solo come fuga ma anche come autopunizione per cui essa assunse
contorni orribili ed implicazioni paurose. Non sono stato io a volere tutto
questo, ma è stato Adamo nella sua libertà a farlo.
Hitler: “ Se quello che tu dici è vero, l’uomo non ha alcuna possibilità di non
morire, perché, come tu hai detto, è viziato all’origine da un desiderio di
onnipotenza che non potrà mai realizzare e che lo porterà inevitabilmente a
morire, desiderio che gli viene dall’essere stato creato a tua immagine e
somiglianza. Averlo fatto così è come avere scelto per lui la morte stessa. Dove
è allora tutto quell’amore che tu dici di avere per l’uomo?
COLUI CHE NON HA NOME : “ Io ho creato l’uomo a mia immagine e
somiglianza affinché l’uomo avesse il massimo di quello che potevo dargli e,
soprattutto, una dignità che non potesse essere messa in discussione: se io
che sono l’ Onnipotente ho rinunciato alla mia onnipotenza per amore
dell’uomo, anche l’uomo per amore di sé stesso e del suo simile deve riuscire a
rinunciare a tale desiderio che, oltre tutto, non potrà mai realizzare. Il potere
di uno va contro alla dignità di tutti e contro alla libertà di tutti. La libertà e la
dignità di tutti può esistere solo se ciascuno rinuncia ad esercitare l’uso del
potere.
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Adolf Hitler: “Ma rinunciare all’uso del potere equivale a rinunciare alla
propria volontà. Che libertà è mai quella esercitata senza volontà ? E poi è
facile per te parlare così, tu sai tutto, ma l’uomo conosce solo i propri bisogni
ed i propri desideri. Come può riuscire a rinunciare a sé stesso ed alla sua
natura ? No! averlo creato così è come averlo creato per la morte, e allora dove
è tutto il tuo amore ?
“ Io, per amore di Adamo e della sua discendenza, per interrompere questo
meccanismo perverso, ho mandato il mio Figlio affinché Adamo imparasse
dal suo insegnamento a volere ciò che è giusto e bene volere, cosicché il
fallimento, se vi fosse stato, non fosse più di Adamo ma della giustizia e
dell’amore. Ma la giustizia e l’amore non possono fallire perché il seme
gettato oggi deve morire per dare il suo frutto domani e la morte del seme non
è il fallimento ma il trionfo del frutto che deve venire.
Per sottrarre Adamo al suo fallimento ed al suo bisogno di morire ho
mandato il Giusto a sovvertire il senso delle cose cosicché lo sconfitto dal
mondo si sentisse vittorioso per il mio Regno, il debole prevaricato dal mondo
e quindi il più esposto di tutti al fallimento si sentisse l’eletto per il mio Regno
e l’ultimo, dimenticato dal mondo, fosse il primo di tutti a sperimentare la
buona novella, infatti tutti si scontrano con la propria sconfitta tranne coloro
che hanno fatto della sconfitta secondo il mondo il presupposto della propria
vittoria secondo il Regno. Chi cerca il proprio tornaconto non sempre lo trova,
e anche se lo trova continuerà ad aumentare le proprie richieste fino a quando
non potrà più essere esaudito, ma chi cerca il tornaconto altrui lo trova
sempre. Questo modo di pensare non sottrae l’uomo all’uso della propria
volontà e quindi alla propria libertà, ma anzi è proprio con l’uso della propria
volontà, in perfetta libertà, che queste cose possono compiersi. Il mio figlio
unigenito sì è consegnato nelle mani dei suoi aguzzini ed è morto ma non ha
fallito perché ha fatto la mia volontà e non la sua, e la morte ha perduto il suo
potere su di lui e non ha potuto trattenerlo poiché Egli non aveva bisogno di
sottrarsi al mio cospetto ed al suo per la sua vergogna perché non provava
alcuna vergogna ma anzi è risorto nella gloria. Se l’uomo imparerà dal mio
unigenito a fare la mia volontà e non la sua egli non morirà più in eterno.”
Hitler: “ A me sembra che ci sia ancora contraddizione in quello che dici:
prima infatti hai affermato che hai voluto creare l’uomo libero ed ora dici che
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se l’uomo non vuole morire deve fare la tua volontà e non la sua. Non ti
sembra che queste due cose siano inconciliabili tra di loro ?”
“ Sarebbero inconciliabili se io fossi un Dio capriccioso e la mia volontà fosse
volubile ma io non sono un Dio capriccioso e non chiedo che l’uomo faccia
nulla per me ma che egli limiti la propria libertà per lasciare spazio alla libertà
del suo prossimo. Il mio regno è il luogo della relazione ed essa non può
estrinsecarsi altro che nella concordia e nell’amore. Nel mio Regno ogni
uomo si sentirà importante non perché avrà più potere degli altri uomini ma
perché si sentirà amato e valorizzato per quello che è. Ogni uomo ha i suoi
carismi ed ogni uomo è diverso da tutti gli altri. Se ognuno si sentirà
apprezzato ed amato per quello che è ed i suoi carismi verranno valorizzati,
non avrà più bisogno di cercare nel potere l’affermazione di sé e potrà vivere
in armonia con tutti gli altri. Se la mia volontà fosse quella di pretendere che
l’uomo andasse contro sé stesso allora avresti ragione, ma la mia volontà è che
l’uomo realizzi sé stesso.”
Il “Giusto” ha preso su di sé, per amore di Adamo, il peccato di Adamo ed è
morto, come Adamo è morto, per quel peccato, ma il Giusto ha sperimentato
sulla sua carne l’ira dell’impotenza di Adamo e la violenza del suo delirio di
onnipotenza non la propria.
Adamo, a causa della vergogna del suo fallimento, si è allontanato da me e si è
nascosto nella morte. Io ho lasciato che il mio Figlio Unigenito entrasse nella
morte per riportarmi Adamo cosicché Adamo sappia che nulla di ciò che è suo
mi è estraneo, nemmeno la sofferenza e la morte che pure io non ho creato ma
che da lui stesso è stata voluta e cercata.
Io non imputerò ad Adamo il suo peccato poiché è mia la responsabilità di
avere fatto Adamo così come è.
Però sappia Adamo, e con lui lo sappiano tutti i suoi figli, che io prendo
Adamo e tutto ciò che lui ha generato, così come è, né egli si vergogni più
della propria condizione, giacché io la conosco interamente e l’accetto,
poiché il mio amore è più forte della sua vergogna
Se il “Giusto” non si è vergognato di portare il peccato di Adamo, nemmeno
Adamo si vergogni più di essere se stesso, nudo di dentro e nudo di fuori, al
mio cospetto e non senta più il bisogno di nascondersi nella morte”.
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Poi COLUI CHE NON HA NOME rivolse ancora gli occhi su Adolf Hitler e
vide che la durezza di quell’uomo gli aveva reso il cuore arido e gli aveva
accecato il giudizio e allora disse:
“ Il tuo orgoglio e la tua presunzione ti hanno reso cieco e sordo. Non hai
voluto vedere lo scempio della tua falce né hai voluto sentire il fragore delle
urla delle tue vittime. Tu hai pensato di poterti ergere al di sopra del bene e
del male, anzi ti sei costituito padrone del bene e del male, hai creduto di
poter fondare la nuova morale, le nuove regole, come se fosse possibile
costituire un’altro ordine. Quando io ho stabilito il confine, quando ho posto i
paletti tra il bene ed il male non l’ho fatto per esercitare il mio potere ma
perché l’uomo vivesse. Chi infrange la legge porterà sé stesso ed i suoi seguaci
alla rovina, e non perché così io ho stabilito ma perché quelle sono le leggi
della vita e chi va contro di esse va contro alla vita. Le mie leggi non sono il
segno del mio potere ma la manifestazione del mio amore.
Adolf Hitler non disse più nulla, poiché non aveva più argomentazioni da
portare a sostegno della sua tesi, ma nel suo silenzio c’era il cruccio di chi si
sentiva battuto, non convinto.
Allora COLUI CHE NON HA NOME, di fronte alla durezza del cuore di
quell’uomo disse: “Affinché tu abbia a vedere che non vi può essere alcuna
giustificazione al tuo operato, ti mostrerò ora cosa sarebbe accaduto se il tuo
progetto fosse giunto a compimento “.
Improvvisamente Adolph Hitler si vide proiettato di nuovo nel suo tempo,
nel suo ufficio bunker di Berlino. La guerra stava volgendo al peggio e
l’ultima speranza sembrava esser rimasta quella sulla nuova arma che i suoi
scienziati stavano studiando nella base segreta del Baltico: ed ecco che il suo
segretario personale gli annuncia la notizia tanto attesa: l’arma è pronta e
può essere usata.
Bastano due bombe: una su Londra ed una su New York e gli alleati sono
costretti alla resa.
La vittoria è giunta appena in tempo: la Germania è rasa al suolo, le truppe
sono stremate, le risorse scarseggiano. Le due bombe atomiche usate erano
le sole e dovrà passare del tempo prima di poterne avere altre: è necessario
patteggiare con Tokio in attesa di momenti migliori.
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Il mondo viene diviso in due zone di influenza:l’Occidente che fa capo a
Berlino e che comprende Europa, Russia, Africa e Americhe e l’Oriente, che
fa capo a Tokio, che comprende Asia, Australia e Oceania.
L’Italia ha tradito e non solo non entra nella spartizione ma viene fatta essa
stessa terra di conquista.
E’ necessario ricostruire le industrie e portare a termine la purificazione
della razza.
Intere popolazioni vengono deportate a lavorare in Germania da tutti i
paesi occidentali; contemporaneamente vengono potenziati ed estesi i campi
di concentramento e di sterminio.
Le popolazioni dei paesi occidentali nulla sanno sui campi di sterminio e le
deportazioni sono giustificate e passivamente accettate come necessità
momentanee della ricostruzione tedesca, ma molti dei deportati finiscono nei
campi e l’opera di sterminio prosegue sempre più efficiente e
scientificamente potenziata.
Il genocidio degli Ebrei giunge a compimento. Ora tocca ai neri e poi
successivamente agli ispanici, agli arabi, agli indios, ai rossi e ai gialli
secondo una programmazione pianificata ed efficientissima . Dove le terre si
svuotano vengono impiantate nuove fabbriche ed altre popolazioni vengono
ivi deportate per dare forza lavoro alle nuove industrie e per creare
confusione in modo che la gente non cominci a chiedersi dove sono spariti gli
ex-abitanti. I continenti cambiano colore ma in questo continuo movimento
di intere popolazioni nessuno è più in grado di ricostruire alcunché ed il
genocidio può continuare inosservato.
Ora tocca agli italiani, ai greci, agli spagnoli, agli slavi, secondo un piano
progressivo di isolamento della razza pura, ossia non solo Ariana ma
Ariano-germanica. Le popolazioni nordiche vengono esortate alla
procreazione; vengono elargiti premi considerevoli per ogni figlio che viene
generato; è necessario rimpiazzare rapidamente i popoli sterminati.
La Ghestapo e’ ovunque, mescolata agli abitanti, infiltrata in tutte le attività
locali. Gli scontenti vengono isolati, deportati e spariscono nel nulla; il
terrore chiude le bocche e la diffidenza impedisce la solidarietà.
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I tribunali spariscono, i giudici non hanno più ragione di essere, ogni reato
viene considerato come una possibile tara razziale per cui anche se viene
commesso da un portatore della “razza pura” la pena è solo una:
deportazione nei campi di sterminio e morte. Gli elementi più gracili e deboli
vengono anch’essi visti come portatori di tare ereditarie e come tali
eliminati.
Anche l’arte e la ricerca del bello cadono sotto la scure del regime; infatti
molti dei potenziali geni artistici vengono eliminati perché spesso il genio
non si accompagna ad un corpo perfetto, inoltre l’arte non può più essere
libera ma deve adattarsi alle richieste del regime e anche questo contribuisce
alla sua scomparsa. Infine il lavoro, lo studio, l’indottrinamento e l’attività
fisica e guerresca impegnano completamente il tempo di tutta la
popolazione per cui anche chi, avendo talento, fosse riuscito a sopravvivere,
non avrà mai la possibilità di esercitarlo e coltivarlo e pertanto rimarrà
inespresso.
La ricerca del bello cessa di avere senso, ciò che importa è la propaganda e
l’esaltazione del regime.
Tutto il prodotto culturale che l’umanità ha faticosamente elaborato fin a
quel momento viene rivisto e censurato: o perchè frutto di razze inferiori, o
perchè potenzialmente pericoloso per le idee destabilizzanti e sovversive, o
perchè ritenuto inutile. Questo è indubbiamente il periodo più buio di tutta la
storia dell’umanità.
Poco rimane di ciò che ha reso grande l’uomo. Solo l’attività scientifica e
tecnologica vengono potenziate. In particolare molte risorse vengono
convogliate sull’ingegneria genetica. Il culto della razza perfetta fa sì che
non ci si possa limitare ad accettare solo ciò che viene trasmesso
ereditariamente perchè le imperfezioni, le debolezze e le tare non sono
eliminabili, e così si giunge alla determinazione di intervenire geneticamente
anche sull’uomo. Già molto si è fatto sugli animali, creando nuove specie,
masse informi ed abnormi atte a fornire carne, latte, uova, pelli, piume ed
altro utilizzando il minor spazio possibile ed alimentandole con generi di
scarto, quasi spazzatura. Per l’uomo si e’ privilegiato la perfezione fisica, il
corpo statuario ed eccezionalmente forte, l’intelligenza fredda e calcolatrice,
il carattere forte, lo spirito gregario. Nulla può più essere lasciato al caso
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per cui è necessario intervenire sui cromosomi dei genitori ancor prima del
concepimento. Le coppie stesse vengono preselezionate tramite una banca
dati e l’uso dei computer in modo che la combinazione genetica sia la
migliore possibile. Non ci si sposa più per amore ma per la grandezza
dell’impero occidentale.
Nasce l’uomo specializzato: l’operaio, lo scienziato, il burocrate,
l’insegnante, il soldato. La società si divide per caste ed ogni casta tende ad
affermare la propria importanza spesso a scapito delle altre. Si instaura
una gara permanete tesa a migliorare l’efficienza della casta. I componenti
delle caste tendono così a differenziarsi anche fisicamente: negli scienziati
prevale la grandezza della testa rispetto al corpo, nei soldati invece e’ il
corpo che acquista sempre più dimensioni maggiori e così via. Si continuano
anche gli esperimenti sulle razze inferiori: infatti parte di quelli che non
vengono eliminati nei campi sono a disposizione dei chirurghi per la
sperimentazione e per la banca degli organi. Si trova il modo di far
sopravvivere un cervello umano disgiunto dal proprio corpo. Si scopre che
un cervello umano impiantato su di una macchina ne aumenta
enormemente l’efficienza. Nasce una strana creatura, mezza uomo e mezza
macchina: la biomacchina. La biomacchina può trovare impiego negli usi
più disparati: da quello domestico a quello commerciale,dal settore dei
trasporti a quello bellico.
La simbiosi cervello-macchina ha però il suo punto debole nelle condizioni
critiche in cui il cervello deve perennemente vivere: temperatura
rigorosamente costante, flusso continuo del sangue opportunamente
ossigenato e continuamente rifornito di sostanze nutritive, cambio periodico
del sangue a cui provvedono le continue trasfusioni effettuate prelevando il
sangue dalle razze inferiori. A questo proposito si è pensato che invece di
sopprimere gli “impuri” nei campi con le camere a gas, è spesso più
conveniente farlo tramite dissanguamento totale da cui il riutilizzo del
sangue per le biomacchine. La tecnologia comunque procede a passi da
gigante: viene creata una nuova sostanza in laboratorio detta”cristallo a
molecole orientabili”.
Essa ha la proprietà di registrare al suo interno un numero grandissimo di
informazioni; in pratica è una eccezionale memoria. Si è poi riusciti ad
impiantare nella stessa massa cristallina una tecnologia che permette il
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calcolo matematico e la programmazione dei processi di apprendimento
simile a quella, sui semiconduttori che ha permesso, a suo tempo, l’avvento
dei computer. Solo che, in questo caso si ha a che fare con un sistema
enormemente più potente, di minimo ingombro e che può funzionare con
una quantità trascurabile di energia. Si è ottenuto così un tipo particolare
di materia dotata della capacità di effettuare dei processi logici e della
capacità di poterli ricordare. Ma la svolta epocale si è determinata quando
si è scoperto che collegando il cristallo, tramite elettrodi opportunamente
posizionati in vari punti di un cervello umano il cristallo era in grado di
acquisire tutte le informazioni e le funzioni che erano proprie di quel
cervello, In ultima analisi esso ricopiava fedelmente tutto ciò che era
contenuto in quel cervello, ricordi compresi. L’unico neo di questo
procedimento consisteva nel fatto che il cervello cavia nel venire ricopiato
veniva anche contemporaneamente distrutto, ma questo aveva poca
importanza avendo a disposizione tutto il materiale che occorreva.
Vengono affiancate alle biomacchine le prime macchine ad intelligenza
artificiale dette “macchine ad intelligenza acquisita”. Le macchine così
ottenute hanno la stessa coscienza e consapevolezza del cervello da cui sono
derivate, ne conservano i ricordi e pensano allo stesso modo per cui l’io che
esse esprimono crede di essere lo stesso di quello da cui sono derivate, e
forse e’ proprio così. Il fatto poi che nel passaggio si distrugge il cervello
originario ha indotto qualcuno a ipotizzare che vi sia il passaggio completo
dell’anima dall’una all’altra forma. Alcuni credono così di aver raggiunto il
sogno dell’immortalità. Viene fatta una legge per cui chi intende sottoporsi
al “passaggio” conserva patrimonio, titolo ed incarico nella nuova
condizione. Molti scienziati, politici, uomini d’affari, burocrati , comandanti
militari o uomini importanti in procinto di morire si sottopongono così al
“passaggio” unitamente a tutti coloro che si illudono così di aver conquistato
l’immortalità. Il regime incoraggia il nuovo fenomeno poiché esso
contribuisce alla grandezza della Germania e non lascia così troppo potere
nelle mani degli “inferiori” utilizzati per lo stesso scopo.
Le macchine ad “intelligenza acquisita”, come sono state denominate, col
trascorrere del tempo perdono sempre più il connotato “umano”. Il fatto di
non essere più soggette all’azione degli ormoni, alle passioni, al dolore o al
piacere le trasformano rapidamente in esseri esclusivamente razionali. Non
è più così facile dirigerle e comandarle anche perchè tra di esse, anche tra
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quelle derivate da”inferiori” si e’ andata stabilendo una strana solidarietà
basata sulla logica della convenienza. Una macchina siffatta sente infatti più
vicina a sè, più simile a sè, un’altra macchina, anche se derivata da un
“inferiore” che non un membro della propria ex casta. Il fatto poi che molte
di esse hanno conservato la disponibilità dei propri beni le rende
indipendenti dal potere centrale. Il governo si rende conto del potenziale
pericolo che potrebbe derivare dal potere delle ” macchine ” e cerca di
correre ai ripari. Vengono sospesi i nuovi “passaggi” e si cerca di disattivare
alcune delle macchine a cominciare da quelle derivanti dagli inferiori.
Nel frattempo la corsa agli armamenti è continuata e i due blocchi
contrapposti, l’occidentale e l’orientale, si fronteggiano da sempre pronti
allo scontro finale.
Un giorno, all’improvviso, la situazione sfugge dalle mani del fuhrer: la
casta delle macchine soldato, consapevole del tentativo del governo di
volerle disattivare, conscia della propria immunità alle radiazioni, decide
l’attacco. Il numero di bombe all’idrogeno che vengono lanciate dalle due
parti è sufficiente a distruggere ogni forma di vita del pianeta, compreso le
biomacchine ed i microrganismi.
Solo le macchine ad intelligenza acquisita si muovono ancora e danno inizio
alla civiltà post-umana.
Improvvisamente Adolph Hitler, come risvegliato da un sonno profondo, si
ritrova al cospetto del suo Creatore. Egli è profondamente scosso, non può
mettere in dubbio ciò che ha visto; tutto è così logico, così contenuto in
embrione già nell’ideologia che egli ha creato che gli sembra perfino
impossibile non essere stato capace di averlo previsto a suo tempo: egli, se
avesse vinto, sarebbe stato l’annientatore della razza umana. Non solo
avrebbe condannato all’estinzione la propria specie, ma anche ogni altra
forma di vita del pianeta terra. Improvvisamente si rende conto di tutto quel
dolore gratuito e senza senso che aveva così copiosamente elargito, si rende
conto della propria pochezza e stupidità e finalmente, anche se purtroppo a
tempo già scaduto, ha orrore di sè stesso:
“ Signore io non sono degno di stare al tuo cospetto. Cancella me e le mie
scellerate azioni dall’universo per sempre; io sono stato accecato dalla mia
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smisurata presunzione ed ho pensato che avrei potuto costruire un mondo
migliore di quello che tu ci avevi dato. Nella mia immensa stupidità ho
ritenuto possibile sostituirmi a te nella creazione del mondo ed ho solo
dimostrato la mia inettitudine. Non ho giustificazioni per il sangue versato né
attenuanti per tutto il dolore che ho generato. L’universo intero ha sofferto la
mia ingiustizia, cancella me ed essa, ti prego, dalla storia dell’umanità.
Ritorna al momento del mio concepimento e fai che mia madre mi abortisca
nel suo seno, o fai che mia madre e mio padre non si incontrino mai, oppure
secca i testicoli di mio padre e inaridisci il ventre di mia madre, o poni sui
miei antenati il segno della tua maledizione affinché la loro discendenza si
estingua per sempre prima che possa giungere a me.
Ma COLUI CHE NON HA NOME gli rispose: “Io non posso far tornare
indietro dall’essere ciò che è. Non c’è nemmeno la parola che dica il contrario
di creare: ciò che è è e ciò che è stato fatto continuerà per sempre ad esistere
nel passato e continuerà per sempre a produrre il suo effetto sul il futuro. Io
non posso cancellare il tuo male, ho dato a te, come a tutti gli altri, la libertà
di scegliere e se la togliessi a te la toglierei a tutti perché ogni azione sarebbe
condizionata dal suo esito. Che cos’è la libertà se poi si può separare il buono
dal cattivo ed impedire che il male possa compiersi? tu sei il rischio vivente
che la libertà deve correre, il prezzo della libertà, poiché la libertà è più
importante del rischio che tu e quelli come te rappresentano. Infatti senza
libertà l’uomo sarebbe meno che niente, un pupazzo che non varrebbe la pena
far vivere e che avrebbe tutto il diritto di maledire il suo creatore. Io, come per
tutti gli altri uomini, non ti condannerò per ciò che hai fatto perché se facessi
così sarebbe vero quello che tu hai detto di me, ossia che ciascuno ha il diritto
di esercitare il potere che ha come meglio crede, senza doverne rendere conto
altro che a coloro che gli sono sopra. Io non eserciterò il mio potere su di te
poiché ho rinunciato ad esercitare il potere. Per questo non potrò nemmeno
sottrarti alla sorte che tocca a ciascuno, ma che nel tuo caso sarà
particolarmente dura: infatti la sorte che tocca a tutti coloro che non hanno
terminato il loro percorso di crescita è di tornare a vivere in quel mondo che
ciascuno ha contribuito a rendere peggiore o migliore. Per sette volte, quando
rinascerà, ciascuno porterà dentro di sé, ed ogni volta sempre più in
profondità, il ricordo di ciò che è stato nelle precedenti esperienze di vita.
Dopo sette volte il ricordo sarà sceso così in profondità che non sarà più
possibile raggiungerlo. Fin di sette vite porterai memoria nel tuo profondo ma
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l’ottava volta avrai dimenticato ciò che sei stato sette volte prima. Nessuno
può portare in eterno il peso delle proprie colpe.
Dopo aver terminato di parlare COLUI CHE NON HA NOME disse:
“Chi ritiene che quest’uomo abbia terminato il suo percorso di crescita e possa
essere accolto tra noi parli ora !”
Ma nessuno parlò: un grande silenzio era sceso, un silenzio così grande che da
solo diceva più di quanto le parole possono dire.
E fu così che colui che fu Adolf Hitler venne generato da un’altro ventre ma
non venne alla luce poiché il peso che era in lui non glie lo permise; poi fu
generato ancora ma visse per pochi giorni: il ricordo che era in lui era ancora
troppo forte e troppo in superficie e la vergogna e il rifiuto di sé stesso erano
ancora così grandi da non lasciargli scampo. Poi nacque ancora e visse poche
settimane perché ancora il senso di colpa e di vergogna lo fecero morire ed
ancora nacque e visse due anni e ancora morì. Morì sempre tra atroci
sofferenze poiché desiderava comunque morire ed espiare: ciò che aveva fatto
era troppo malvagio per poter essere sopportato, anche se non ne ricordava
coscientemente lo svolgimento.
Ancora ciò che fu un tempo Adolph Hitler nacque e visse quindici anni e morì
ancora di morte violenta sfracellandosi con il proprio motorino contro un
albero. Egli continuava a comportarsi come il lem che, senza sapere perché,
cerca insistentemente e con fatica la propria distruzione. Per la sesta volta
colui che fu Adolph Hitler nacque da ventre di donna e visse trent’anni fra
atroci sofferenze, sballottato da un ospedale all’altro, incapace di guarire,
incapace di voler guarire, e per la settima volta nacque e per la settima volta la
sua vita non fu né facile né felice. Uomo triste cercava la solitudine e viveva
nell’ombra, come chi prova vergogna a vivere nella luce, e per la settima volta
desiderò la propria morte e l’ottenne.
L’ottava volta nacque un uomo che non ricordò più, nemmeno nel suo
profondo, di essere stato Adolph Hitler. Egli visse poco poiché fu vittima,
questa volta innocente, della violenza altrui. Anche a lui toccava portare il
peso che ogni vita costringe a portare: il peso non solo delle proprie azioni ma
anche quello delle azioni altrui. Quando morì egli si ricordò, come succede a
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tutti gli uomini, delle sue sette vite precedenti ma non dell’ottava e chiese di
essere condotto dinnanzi a COLUI CHE NON HA NOME :
“Perché mi hai fatto nascere sette volte e per sette volte mi hai fatto morire
prematuramente tra atroci sofferenze? che male ho mai potuto fare, io,
piccolo uomo debole, a te, l’Onnipotente, per meritare da te tanto dolore?
quale colpa ho mai commesso per essere così inviso ai tuoi occhi ? Quale
giustizia è mai la tua se permetti che l’innocente patisca indifeso le insidie che
tu gli hai posto sul cammino? Per sette volte mi hai strappato alla vita: ero
fanciullo, inerme, innocente, ero malato e solo, ero disperato, stanco e senza
colpa. Ho invocato il tuo nome e tu non mi hai ascoltato, ho chiesto la tua
misericordia e tu non mi hai degnato di uno sguardo, ho chiesto il tuo aiuto e
tu mi hai lasciato precipitare nell’abisso .
Tu sei il creatore del mondo ed ogni cosa che succede nel mondo è sotto la tua
responsabilità. Tu sei il mio Creatore. Anche la mia colpa, se pur colpa vi è
stata, è sotto la tua responsabilità. Perché allora punisci me per ciò che è tuo?
Ma soprattutto perché non mi guardi con benevolenza ? perché riempi il
mondo di tante creature se poi non ti sono care ? Che siamo noi forse i
balocchi della tua solitudine ? Giocattoli usati soltanto un attimo, gettati in
un canto e dimenticati per sempre ?”
Allora COLUI CHE NON HA NOME lo guardò teneramente negli occhi e gli
disse: “Dove eri tu quando io creavo il cielo e le stelle ? dove eri quando
plasmavo il cervo nel seno di sua madre?….. “ e poi COLUI CHE NON HA
NOME gli sorrise e gli fece sentire che lo amava e quell’uomo non chiese altro
e trovò finalmente la propria pace.
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