IL COLLEGIO DI ROMA composto dai Signori
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IL COLLEGIO DI ROMA composto dai Signori
Decisione N. 4176 del 26 luglio 2013 IL COLLEGIO DI ROMA composto dai Signori: Dott. Giuseppe Marziale Presidente Dott.ssa Claudia Rossi Membro designato dalla Banca d'Italia Avv. Massimiliano Silvetti Membro designato dalla Banca d'Italia Avv. Michele Maccarone Membro designato dal Conciliatore Bancario e Finanziario [Estensore] Prof. Avv. Maddalena Rabitti Membro designato dal C.N.C.U. nella seduta del 16/05/2013 dopo aver esaminato x il ricorso e la documentazione allegata; x le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione; x la relazione istruttoria della Segreteria tecnica, FATTO In data 8.4.2010, la madre del ricorrente, deceduta dopo pochi mesi, aveva sottoscritto un contratto di finanziamento con la resistente contro cessione del quinto dello stipendio per un montante di euro 8.400,00, con copertura assicurativa, il cui costo era ricompreso nell’importo del mutuo. Il ricorrente dichiara che, dopo la morte della contraente, aveva avuto conferma che il finanziamento sarebbe stato rimborsato dalla compagnia di assicurazioni, ma a distanza di due anni, con lettera del 18.7.2012, la resistente comunicava l’annullamento del contratto di assicurazione da parte della compagnia assicurativa per dichiarazioni “false o reticenti” sullo stato di salute della contraente al momento della stipula del contratto di assicurazione, chiamandolo a pagare in qualità di erede il debito del finanziamento per un importo di euro 7.852,88. Secondo il ricorrente, le condotte della resistente e della compagnia di assicurazioni si pongono in contrasto con le norme di legge e di contratto e Pag. 2/7 Decisione N. 4176 del 26 luglio 2013 disattendono i canoni di correttezza, trasparenza ed equità, dando luogo ad un comportamento vessatorio. Con il ricorso chiede pertanto che sia “annullata”, in considerazione dell’intervenuta stipula del contratto di assicurazione, la richiesta di rimborso della parte residua del finanziamento relativa alle rate venute a scadenza dopo la morte della de cuius, avanzata nei suoi confronti dall’intermediario resistente. Nelle sue controdeduzioni, l’intermediario resistente asserisce, in fatto, che la contraente, poi defunta, all’atto dell'adesione alla copertura assicurativa aveva sottoscritto una dichiarazione, i cui contenuti sono riprodotti in atti, attestante il proprio buon stato di salute e che, essendo dipendente di un complesso ospedaliero di Roma, era sicuramente in grado di ben comprendere il contenuto della dichiarazione sottoscritta. Appresa la circostanza del decesso della contraente, la finanziaria si era attivata con gli eredi, chiedendo copia della documentazione da inoltrare alla compagnia, per la liquidazione del sinistro. In data 22.12.2011, la compagnia di assicurazioni comunicava il diniego della richiesta di liquidazione, in quanto “dall’esame della relazione redatta dal medico curante dell’Assicurato è emerso che le dichiarazioni rese dal Contraente/Assicurato in fase precontrattuale non erano corrispondenti al suo stato di salute” e, conseguentemente, annullava la copertura assicurativa. In data 18.09.2012 la resistente informava della circostanza il ricorrente, chiedendo, contestualmente, il pagamento degli importi ancora dovuti, al netto della quota parte di premio restituita dalla compagnia. Con comunicazione del 11.10.2012, il legale del ricorrente, dopo aver contestato una mancanza di trasparenza, chiedeva alla compagnia di procedere alla liquidazione del sinistro; a detta missiva la resistente forniva riscontro con comunicazione del 07.11.2012. Ciò precisato in linea di fatto, l’intermediario eccepisce, in via preliminare, l’incompetenza per materia dell’Arbitro per quanto riguarda l’esecuzione del contratto di assicurazione nonché la propria carenza di legittimazione passiva in ordine alla riattivazione della polizza a favore del ricorrente. Nel merito chiede di respingere il ricorso in quanto: a) con riguardo alla mancanza di trasparenza, emerge dalla documentazione che la contraente era stata portata adeguatamente a conoscenza delle clausole che regolavano sia il contratto di finanziamento sia il contratto di assicurazione, e che, nell’ambito di quest’ultimo, aveva dichiarato “di essere consapevole che le dichiarazioni non veritiere, inesatte o reticenti rese Pag. 3/7 Decisione N. 4176 del 26 luglio 2013 dall’assicurato possono compromettere il diritto alla liquidazione della prestazione”; b) nella gestione della pratica di rimborso, ha svolto quanto nelle proprie possibilità per far sì che la compagnia di assicurazione provvedesse a saldare il debito residuo del finanziamento, non potendo avere alcun ruolo nella valutazione della richiesta di liquidazione del sinistro avanzata dagli eredi. DIRITTO Oggetto del ricorso è la mancata attivazione da parte della compagnia di assicurazioni della garanzia prestata per il pagamento del debito residuo al verificarsi del rischio (morte dell’assicurato/originario contraente) previsto dal contratto di assicurazione. Alla domanda del ricorrente la parte resistente oppone pregiudizialmente due eccezioni di inammissibilità del ricorso, facendo valere: a) l’estraneità, ratione materiae, della controversia alle competenze dell’Arbitro che, in base alle disposizioni che ne regolano il funzionamento (Provvedimento della Banca d’Italia del 12 dicembre 2011), non può essere chiamato a pronunciarsi su questioni attinenti all’esecuzione di contratti di assicurazione; b) il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto soggetto estraneo al rapporto di assicurazione dedotto in giudizio. Il Collegio non ritiene che tali eccezioni ostino all’esame del merito del ricorso. Infatti, anche se il Collegio non può pronunciarsi sulla corretta interpretazione ed esecuzione della polizza assicurativa da parte della compagnia di assicurazioni, va osservato che, come sopra indicato, il ricorrente, chiamando in giudizio l’intermediario per il cui tramite è stato concluso il contratto di assicurazione, intende anche censurare il suo comportamento in quanto contrario ai canoni di correttezza e trasparenza richiesti nei rapporti con la clientela e non può porsi in dubbio che tale prospettazione riguardi materia rientrante nelle competenze dell’Arbitro. Così meglio definito il thema decidendum, il Collegio ritiene che l’intermediario, nell’indurre il cliente a concludere un contratto di assicurazione rivelatosi poi inidoneo alla copertura del rischio assicurato, sia venuto meno ai principi di correttezza e buona fede sanciti dall’art. 1337 cod. civ., che fa obbligo alle parti di comportarsi, nel corso delle trattative, “secondo buona fede”, vale a dire secondo una regola che impone di fornire alla controparte “ogni dato Pag. 4/7 Decisione N. 4176 del 26 luglio 2013 rilevante, conosciuto o conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della stipula del contratto” (Cass. civ. n. 407 del 10 gennaio 2013) e alla quale gli intermediari sono specificamente tenuti ad attenersi nelle loro relazioni con la clientela (Banca d’It, Disposizioni in tema di trasparenza, 2009, Sez. I, § 1.3). Dalla documentazione in atti non risulta infatti che l’intermediario, prima della stipula della polizza, abbia richiesto qualche informazione circa le condizioni di salute del ricorrente in modo da riscontrare l’esistenza dei presupposti per il buon fine della copertura assicurativa che andava a proporre, il cui onere economico sarebbe stato a carico esclusivo di tale soggetto. Considerata la professionalità esigibile dall’operatore bancario e le caratteristiche proprie di tale tipo di assicurazione, prevalentemente commercializzate in ambito creditizio a beneficio dell’intermediario stesso (in tal senso cfr. ISVAP: “Relazione sull’attività svolta nell’anno 2010 – Considerazioni conclusive”, pag. 11), si deve infatti ritenere che l’intermediario fosse pienamente a conoscenza delle caratteristiche del prodotto assicurativo de quo e fosse perciò in condizione di fornire all’interessato ogni relativa delucidazione, al fine di consentirgli la corretta formazione della propria volontà negoziale circa l’opportunità e convenienza di aderirvi, ciò che nella specie non appare essere stato fatto La sua condotta reticente è stata quindi censurabile ed ha indotto il ricorrente a sottoscrivere, sopportando il relativo onere economico, un contratto di assicurazione che – stando a quanto è risultato pacificamente nel corso del presente procedimento – è stato ritenuto non idoneo a raggiungere gli scopi per i quali era stato stipulato. I limiti posti alla competenza dell’ABF non consentono al Collegio di svolgere alcuna verifica circa la validità e l’efficacia del contratto di assicurazione. La ricorrente ha chiesto che sia “annullata”, in considerazione dell’intervenuta stipula del contratto di assicurazione, la pretesa al pagamento delle rate del finanziamento maturate dopo la morte della de cuius, avanzata nei suoi confronti dalla società resistente. Tale domanda – formulata in modo approssimativo e sommario – è da intendersi, a giudizio del Collegio, come genericamente rivolta ad ottenere il ristoro dei danni subiti a causa dell’illegittimo comportamento tenuto dalla controparte nel corso delle trattative che hanno condotto alla stipula del contratto di assicurazione. Pag. 5/7 Decisione N. 4176 del 26 luglio 2013 E’ stato chiarito – argomentando dagli artt. 1338 e 1398 c.c. – che, prima che si giunga alla conclusione del contratto, l’interesse garantito dalla legge è (solo) quello di non essere “scorrettamente” a spese inutili per le trattative, o distolto – del pari “scorrettamente” - da altre attività ed affari. Il carattere non vincolante delle trattative è certamente moderato dall’obbligo – posto a carico di tutti coloro che partecipano alle trattative e non solo i soggetti tra i quali contratto è diretto ad essere stipulato (Cass. n. 10235 del 1995) di comportarsi secondo buona fede nel corso del loro svolgimento, sancito in via generale dall’art. 1337, comma 2 c.c. Ma trattasi di obbligo posto a tutela della “lealtà del trattare” e pertanto la sua violazione comporta, sempre che ne ricorrano i presupposti, il risarcimento del danno “risentito” per aver confidato nella (valida) stipulazione del contratto (il c.d. interesse negativo), ma non quello derivato dalla mancata percezione del “profitto” che sarebbe derivato dalla corretta esecuzione del contratto (ilo c.d. interesse positivo). Nel caso di specie, essendo pacifico che l’assicuratore ha rifiutato il pagamento dell’indennizzo assumendo l’invalidità del contratto, appare evidente che la società resistente, erogatrice del finanziamento, può essere chiamata a rispondere, a causa dell’illegittimo comportamento tenuto nel corso delle trattative solo entro i limiti dell’interesse “negativo”, vale a dire delle spese (€ 122,12) inutilmente sostenute per la stipula del contratto di assicurazione, successivamente riconosciuto invalido, nessun’altra prova fornita a tale riguardo (dec. 481/12, cit.). Deve peraltro tenersi conto che una parte (€ 57,12) di esse è stata già restituita dall’impresa assicuratrice. La pretesa risarcitoria del ricorrente può essere quindi accolta solo entro tali limiti. Il Collegio dispone pertanto che l’intermediario corrisponda al ricorrente l’importo di € 65,00 (sessantacinque/00), maggiorato degli interessi legali dalla data del reclamo fino all’effettivo soddisfo. P.Q.M. Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale Pag. 6/7 Decisione N. 4176 del 26 luglio 2013 contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 7/7