Destinations-and-Tourism-Marketing-Turistico-n-32

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Destinations-and-Tourism-Marketing-Turistico-n-32
Destinations
& Tourism
Rivista di Destination Management e Marketing
n. 32/ giugno 2016
comunicazione social marketing destination
Web Marketing Promocommercializzazione prodotto
strategia promozione formazione management
DESTINATION
MARKETING
DESTINATION
MANAGEMENT
FOCUS
La promozione turistica
oggi non serve più
La soluzione per
migliorare le destinazioni
I mercati turistici di
domani
Visita il blog di Four Tourism: www.fourtourismblog.it
Destinations & Tourism
n° 32 | giugno 2016
Formazione online
Sommario
Destination Marketing
La promozione turistica oggi non serve
più
Four Tourism Srl
Corso Ciriè 21
10152 Torino
Tel. +39 011 4407078
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Destination Management
La
soluzione
destinazioni
migliorare
Focus
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II mercati turistici di domani
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per
le
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n° 32 | giugno 2016
Destination Marketing
La promozione turistica oggi non serve più
Josep Ejarque
Per vendere servono le raccomandazioni
l'unica certezza che ci è concessa è sapere di
essere in costante trasformazione.
In particolare, poi c'è un fattore assolutamente distruttivo dal punto di vista delle destinazioni e delle
aziende: i turisti infatti cercano l'ispirazione in base
a quello che viene raccontato dagli altri turisti, generalmente in rete (amici, conoscenti o perfetti sconosciuti).
Decidono e scelgono una destinazione, hotel o
servizio turistico a partire dalle opinioni e dalle raccomandazioni di altre persone.
Nel turismo, tutto è cambiato.
I canali di distribuzione attuali non esistevano dieci
anni fa e quelli di comunicazione, anche solo nel
2010, erano poco conosciuti e poco utilizzati.
Ma il vero cambiamento sta nel fatto che oggi la
pubblicità e la comunicazione delle destinazioni e
delle aziende turistiche ha perso definitivamente la
sua efficacia.
La crisi e la rivoluzione digitale hanno prodotto
profonde trasformazioni ma soprattutto hanno creato nuovi modelli di consumo turistico e di comportamento dei clienti, ossia dei turisti, e di conseguenza
è nato un modo nuovo di concepire e di erogare i
servizi nel settore.
Più del 65% dei turisti quando utilizza i motori di
ricerca per trovare la destinazione delle proprie
vacanze non ha in mente nessuna meta precisa:
nessuna preferenza, nessuna idea!
Il modello tradizionale del turismo è in crisi e ogni
giorno ne abbiamo conferma.
E per crisi intendo il risultato e la conseguenza del
cambiamento: nel mercato attuale, il turismo e il
business turistico sono in crisi permanente perché
viviamo nell'era della cosiddetta "disruption", dove
È evidente quindi che la promozione turistica così
come la intendiamo noi e così come l'abbiamo sempre effettuata per anni è perfettamente inutile!!
Con delle audience ogni volte più frammentate ed
incredule, oltre che agnostiche verso i messaggi
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diffusi e verso la comunicazione istituzionale e commerciale; con i canali di comunicazione ormai saturi
e il bombardamento costante e continuativo cui
sono sottoposti i potenziali turisti; con le risorse
economiche ogni volta più limitate, ormai quasi irrisorie, fare arrivare un messaggio al mercato, sperando di intercettare l’attenzione di qualche turista
ed attirarlo verso la destinazione è ogni volta più
difficile.
Rimane quindi solo più una cosa da fare: le destinazioni e le aziende devono dimenticare la parola
promozione e parlare solo più di marketing e branding di destinazioni, prodotti e servizi.
Ed il vero problema è che tutta questa pubblicità
gratuita, credibile e positiva non è per nulla sfruttata.
L’obiettivo del marketing turistico non è più quello di
promuovere la destinazione, per consolidarne
l'immagine sul mercato e per generare prenotazioni
per gli operatori turistici del territorio.
Oggi, infatti non è più sufficiente ottenere vendite
per il settore turistico ed incrementare i flussi turistici
della destinazione.
Questo approccio è semplicistico e poco reale:
l'obiettivo deve essere un altro, ossia generare vendite ma con lo scopo ultimo di ottenere una raccomandazione.
La “disruption” che vive
oggi il settore turistico è
fondamentalmente
riconducibile al peso e
all’importanza che i turisti
hanno assunto come
promotori e marketer delle
destinazioni, delle aziende e
dei servizi turistici
attraverso la ditribuzione di
contenuti in rete
Ma cos’è quindi lo User Generated Content (UGC)?
Si tratta semplicemente del contenuto, creato e
distribuito dai singoli utenti, ossia dalle persone
comuni, non professionisti come i blogger, in grado
di creare engagement o di stimolare le conversazioni in rete.
Di fatto, sono i commenti, i racconti, le fotografie, i
video delle loro vacanze che condividono sui propri
canali.
La disruption nel settore turistico è dovuta fondamentalmente al peso e all'importanza che i turisti
hanno assunto come promotori e "marketer" delle
destinazioni, delle aziende e dei servizi turistici.
Ha infatti molta più rilevanza, proprio per l’influenza
che genera, un commento, un’immagine o una foto
pubblicata da un turista nella sua pagina Facebook,
Instagram o Twitter, rispetto alla comunicazione e
pubblicità, per quanto massiccia, che può fare da
sola una destinazione.
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Lo UGC è la più potente arma che le destinazioni
turistiche hanno per fare un marketing efficace ed
effettivo.
L'elemento di base per il successo di una destinazione ma anche di un hotel, B&B o servizio turistico
è proprio la reputazione.
Stiamo parlando dello User Generated Content,
bellezza!!
Ad oggi, nessuno è quello che pensa di essere o
quello che comunica al mercato ma è il risultato di
quello che il mercato dice.
Magari si tratta di un’immagine che non condividiamo e in cui non ci riconosciamo ma poco importa
perché ciò che conta è quello che pensa e dice il
mercato.
I turisti, le persone in genere, parlano, condividono
e conversano su tutto, e soprattutto sui luoghi dove
hanno trascorso le vacanze, su quelli in cui piacerebbe loro andare, sull’hotel in cui hanno soggiornato, sul ristorante o museo visitato.
In generale, nel turismo si ha una grande paura
delle opinioni e delle recensioni, ma come dimostra
Tripadvisor, si tratta di una paura inforndat, in quanto la maggioranza dei commenti sono positivi.
Per questo, i rating, le classifiche e le opinioni sono
così importanti.
E non a caso, ben il 54% dei turisti prima di decidere
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dove andare guarda e si informa in rete, leggendo i
contenuti condivisi da altri utenti.
E allora perché non impariamo a sfruttare l’UGC?
I turisti che sono stati in una destinazione, difficilmente vi ritorneranno immediatamente, anzi probabilmente passerà un po' di tempo; ma i loro amici,
virtuali o reali, invece potrebbero essere dei potenziali nuovi clienti, creando così un circolo virtuoso.
Basta pensare al fenomeno dei "selfie", che però
non è sfruttato per nulla dalle destinazioni.
Chiediamoci il perché?
Siamo così ottusi da non capire che ogni volta che
un turista si fa un selfie e lo posta sui suoi canali ci
sta facendo pubblicità?
Ma soprattutto siamo così incapaci di capire che se
glielo chiediamo lo stesso turista ci raccomanderà?
È l'influencer marketing, il marketing che oggi funziona e che, non a caso, le principali destinazioni
turistiche, quelle che ne sanno e lavorano bene,
stanno adottando.
Non confondiamoci però!
L'influencer marketing nel turismo non significa invitare i blogger, ma utilizzare "the ordinary people",
ossia le persone comuni, che naturalmente producono e diffondono contenuti sulle piattaforme social,
come YouTube, Facebook, Instagram, ma anche su
Tripadvisor, Holidaycheck, Zoover e via dicendo.
le esperienze. La chiave del successo nel marketing
turistico è quindi ottenere una loro raccomandazione.
L'essenza di tutto ciò è l'UGC.
Le destinazioni e le aziende turistiche devono utilizzare le opinioni e le raccomandazioni dei turisti
come base per fare comunicazione e marketing.
La sfida per il settore turistico è smettere di temere
le opinioni e le recensioni ed anzi utilizzarle e chiedere ai turisti di fare recensioni, di raccontare la loro
esperienza e di parlarne il più possibile con il maggior numero possibile di persone.
Se loro infatti si sono trovati bene e hanno avuto una
buona esperienza, perché non dovrebbero farlo?
Nel turismo, le destinazioni e le imprese devono
utilizzare e sfruttare l'UGC, ossia i testi, le immagini,
le foto, i selfie e i filmati fatti dai propri turisti-clienti.
Tutto ciò crea reputazione e quindi un vantaggio
competitivo.
I millennials non prendono decisioni senza prima
leggere opinioni e commenti, ovvero l'UGC: il 45%
lo fa quando deve scegliere un hotel e il 40% per
scegliere una destinazione.
Ed è proprio questo l’influencer marketing.
Lo UGC in rete è costituito da un lato dai top influencers (generalmente blogger), che si possono
considerare “top down”, e dall’altro, dai turisti che
invece sono “bottom up”.
Ecco allora quali sono le nuove fondamenta del
turismo: l’economia della raccomandazione e della
reputazione.
Il concetto è semplice.
I nostri turisti quando sono nella destinazione cambiano il proprio status, comunicano a tutti i loro amici
che sono in vacanza, condividono sui social media
immagini, foto e video, sensazioni ed emozioni;
insomma comunicano e raccomandano quello che
vedono e fanno, quello che vivono, in definitiva,
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Quali sono i benefici per le destinazioni che
utilizzano l’UGC?
La rivoluzione del mercato
turistico è già avvenuta.
È ora di aprire gli occhi,
cambiare prospettiva,
accettare le nuove regole
del gioco e soprattutto
accettare che non siamo più
noi a stabilirle!
L’unico modo per riprendere
il controllo è coinvolgere i
turisti
1. Incremento della fiducia dei potenziali turisti
verso la destinazione o il servizio: se sono i turisti a
promuovere e a parlarne bene, perché non fidarsi?
2. I commenti e le opinioni online generano visibilità nel mercato, creando un engagement naturale.
I motori di ricerca privilegiano l'UGC, e di conseguenza il posizionamento e la visibilità del sito o del
portale della destinazione o dell'azienda migliorano.
Ciò significa che si ottengono "leads" gratis!
3. Quando i turisti parlano di noi ci fanno pubblicità
gratuita.
La rivoluzione del mercato turistico è già avvenuta:
è ora di aprire gli occhi e cambiare prospettiva,
accettando le nuove regole del gioco.
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e nel nostro sito web
I turisti parlano, fotografano, condividono anche le
semplici azioni quotidiane, con un potenziale di
diffusione enorme!
3. Stimolare la creazione di contenuti: la destinazione deve stimolare e guidare i propri turisti a
produrre contenuti, fornendo loro ispirazione, generando interesse, facilitando gli scambi e le interazioni.
Vediamo qualche dato tanto per capirci: il 70% dei
turisti cambia il proprio status su Facebook durante
una vacanza; il 52% ammette di aver cambiato i
propri piani sulla base di contenuti social; il 46%
effettua il check-in live di una location sui social
media.
4. Accettare di perdere una parte del controllo.
Alla base di una destination reputation e di un marketing turistico di successo ci sono infatti i contenuti
generati dai turisti ed è quindi necessario lasciare
loro la libertà di (ri-)postare, commentare e condividere, senza avere paura!
La chiave del successo per recuperare il controllo
della reputazione della destinazione sono proprio i
turisti ed i contenuti che generano.
5. Valorizzare i contenuti dei turisti: la destinazione stessa deve intervenire condividendoli.
Il presupposto è quindi valorizzare i turisti attraverso
lo sfruttamento del TGC (Travel Generated Content), ossia recensioni, opinioni, commenti, foto,
video, tweet, selfie, ecc
Il marketing dei contenuti è la direzione che hanno
scelto le destinazioni più avanzate e quelle che non
a caso ottengono le migliori performance.
Il processo attraverso il quale si assume il controllo
e la gestione sistematica della reputazione della
propria destinazione, utilizzando l’UGC o il TGC
passa attraverso diversi step,
Si tratta di 5 punti di fondamentale importanza:
Se loro lo fanno e funziona, perché non lo facciamo
anche noi?
Basta avere una buona strategia, identificare immediatamente l’UGC e riutilizzarlo.
1. Identificare chi parla di noi, dove e quando.
Per fortuna alcune destinazioni italiane lo hanno
capito e stanno già iniziando a farlo.
2. Ascoltare chi parla di noi, per sapere
identificare l’UGC e riutilizzarlo nei nostri canali
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La soluzione per migliorare le destinazioni?
Usare la tassa di soggiorno!
Il ruolo degli uffici del turismo è quindi venuto meno,
anche perché ci sono meno risorse economiche e
sicuramente ce ne saranno sempre meno.
L'irruzione dei nuovi canali di comunicazione e il
conseguente nuovo comportamento dei turisti ha
svuotato di significato il ruolo degli enti del turismo
così come delle DMO che inoltre sono viste anche
con meno favore e simpatia dagli operatori turistici
stessi.
Per le destinazioni il ruolo svolto per anni dagli enti
del turismo, dagli IAT agli assessorati fino alle
aziende per il soggiorno, sicuramente è stato importante.
La loro funzione di facilitatori dell'accoglienza e
dell'informazione, oltre che di promotori, ha indubbiamente aiutato, chi più chi meno, i territori e anche
gli operatori turistici.
La partecipazione a fiere, l’organizzazione di educational e la pianificazione pubblicitaria nei media
nazionali ed internazionali sono senz’altro attività
che hanno avuto una loro efficacia, riconducibili al
loro intervento.
Non bisogna poi dimenticare che il modello
tradizionale della promozione turistica oggi è decisamente in crisi.
Ed è quindi inevitabile chiedersi quale ruolo potrebbero ricoprire nel mercato attuale le DMO, ossia gli
enti del turismo nelle destinazioni?
Ma oggi, questo ruolo è in forte discussione ed è
sicuramente molto meno efficiente di quanto non sia
stato in passato.
Il mondo del turismo è cambiato, lo sappiamo tutti,
ma soprattutto è cambiato il turista.
Il ruolo dell'informazione e l'accoglienza è venuto
sostanzialmente meno perché i turisti partono e
arrivano sul territorio già informati e spesso già con
le idee chiare su quello che vogliono fare, vedere e
conoscere.
Da sempre, tradizionalmente, l'obiettivo di una DMO
è quello di attirare sul territorio più turisti possibili,
convinti e felici di spendere per usufruire dei servizi
e delle attrattive che la destinazione offre loro.
Ma non solo: obiettivo è anche creare una destinazione forte, un sistema economico stabile ed unito,
da cui tutti gli operatori traggono beneficio.
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Nel mercato attuale infatti non è opportuno che
all’interno della destinazione convivano due realtà
separate.
Da una parte, l’ente del turismo che ritiene che la
sua funzione sia soltanto quella di accudire i turisti,
fornire loro le informazioni e fare promozione generica del territorio.
E dall'altra, gli operatori turistici che invece si aspettano che sia proprio l'ente della destinazione a
promuoverli e quindi a riempire le loro camere,
ristoranti, portando loro direttamente i turisti a casa.
E così si va avanti, senza trovare una conciliazione,
e il distacco fra pubblico e privato continua inesorabilmente a crescere così come le recriminazioni.
Questa mancanza di visione collettiva unitamente
all’attitudine tipicamente italiana di “scaricare il barile” e di non farsi assolutamente carico delle proprie
responsabilità ha fatto sì che oggi sia le destinazioni
sia molte aziende turistiche siano finite in mano ad
operatori stranieri che vendono le loro camere e
trasportano i turisti.
Ma ovviamente non lo fanno gratuitamente, anzi si
fanno pagare bene.
È arrivato il momento di attivare una collaborazione
pubblico-privata, e forse anche di sfruttare meglio in
logica turistica la famigerata tassa di soggiorno.
Fare promozione del territorio senza prodotto è
ormai inutile perché la domanda non è più disposta
ad accettarlo.
La mancanza di risorse economiche nel pubblico e
la difficoltà in cui versa il privato stanno indebolendo
le potenzialità delle destinazioni italiane.
I turisti, soprattutto quelli internazionali, accettano la
tassa perché si tratta ormai di una prassi comune in
molti Paesi.
Il punto focale è però come usare quanto ricavato
dalla tassa: è infatti necessario che sia utilizzato per
finanziare azioni che apportino un effettivo miglioramento delle destinazioni, della loro attrattività e
soprattutto per favorire la promocommercializzazione dell'offerta turistica del territorio.
Ed intanto cosa succede?
Le destinazioni e i suoi enti sono passati dalla
brochure al sito web, puntando tutto sulla strategia
digital che è diventata un fattore chiave per la promozione e la creazione del brand.
Sicuramente le nuove tecnologie facilitano le destinazioni a posizionarsi nel mercato e ad essere così
trovate più facilmente dai turisti ma bisogna anche
essere consapevoli che se avere un sito web ed
essere presenti sulle principali piattaforme social è
imprescindibile, internet non può risolvere ogni
problema.
In questo modo – e soltanto in questo - si potranno
raggiungere gli obiettivi, che si possono ricondurre
principalmente a due.
Da un lato, ottenere più risorse per migliorare le
attività di marketing della destinazione, facilitando
così l'accessibilità ai turisti all'offerta turistica e riducendo in parte i costi di commercializzazione e di
distribuzione dell'offerta degli operatori.
La finalità di una DMO è quella di ispirare e trasmettere emozioni agli utenti e per riuscirvi la collaborazione fra pubblico e privato è fondamentale.
Dall’altro, comporterebbe la responsabilizzazione di
ogni operatore, sia pubblico sia privato della destinazione, in quanto sarebbe più motivato ad ottenere
risultati che in definitiva gioverebbero a tutto il territorio, compreso lui stesso.
Gli operatori privati non possono pensare che gli
enti di destinazione siano responsabili al 200% della
loro redditività e pretendere che riempiano di turisti
i loro esercizi!
.
Ma anche gli enti devono comprendere che il loro
compito non si può limitare ad una promozione
generica e super partes.
Ma sono parole gettate al vento: come si suol dire,
non c’è peggior sordo di chi non vuole ascoltare.
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Focus
I mercati turistici di domani
Dove devono andare le destinazioni italiane per trovare nuovi
potenziali turisti?
passare l’anno successivo a 47,813,000 fino ad
arrivare nel 2013 a 54,069,000, nel 2014 hanno
subito una forte riduzione arrivando ad attestarsi sui
45,889,000 milioni.
Il Brasile così come l’India sono in effettiva crescita,
per non parlare della Cina.
E nessun fa segreto del grande fascino che i turisti
cinesi esercitano sulle destinazioni di tutto il mondo:
tutti infatti li vogliono e li desiderano!
Le destinazioni italiane si affannano sempre più alla
ricerca di nuovi mercati in cui posizionarsi, di nuovi
paesi da colonizzare - turisticamente parlando-, di
nuovi turisti da attirare.
Una corsa che le destinazioni affrontano senza
sosta e soprattutto armate della convinzione che più
lontano si va migliori saranno i risultati.
E così ogni anno regioni, consorzi o destinazioni
partono all’inseguimento di un nuovo mercato o di
nuovi mercati, seguendo le mode del momento:
ultima, in termini di tempo, quella dei BRIC, totalmente focalizzata sui Paesi Emergenti (Brasile,
Russia, India e Cina) che avrebbero dovuto cambiare l’andamento dei mercati turistici europei e
soprattutto i bilanci delle destinazione italiane.
La realtà poi invece è stata un’altra: la Russia ha
rivelato le sue debolezze e i suoi limiti interni e
quindi dopo una breve crescita l’outbound si è fermato, ridimensionando le aspettative di tutte le destinazioni europee che vedevano nei russi una gallina dalle uova d’oro. Se infatti nel 2011, le partenze
verso l’estero erano state 43,726,000 milioni per
Ma trattandosi di Paesi così lontani, a lungo raggio,
prediligono un tipo di turismo che premia soltanto
alcune destinazioni, ossia quelle più note, rafforzando la tendenza di una modalità di viaggio “mordi e
fuggi”, interessato a consumare nel poco tempo a
disposizione più tappe possibili, al fine di vedere
quante più città immaginabili.
Ma soprattutto sono dei mercati che si trovano nella
loro prima fase di contatto con l'Italia, e per tanto la
loro esperienza turistica si concentra e si ferma alle
classiche città d'arte.
E spesso l'Italia rappresenta solo una tappa di un
viaggio più lungo attraverso l’Europa.
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PAESI
2011
2012
2013
2014
Brasile
7.806.000
8.522.000
8.983.000
9.048.000
India
13.994.000
14.920.000
16.626.000
18.330.000
CIna
70.250.000
83.183.000
98.185.000
Tabella 1: Mercati Bric
Ebbene si il turismo long haul è ancora un turismo
del vedere, richiamato dalla nomea e dalla fama
delle destinazioni (Parigi, Londra, Roma, Berlino…)
più che dal fare e dall’esperienze da vivere.
significa che gli spostamenti effettuati da una stessa
persona nell’arco dell’anno vengono considerati ogni volta come una nuova partenza.
Come tutti i numeri vanno interpretati con la giusta
cautela e avendo ben chiaro il contesto di riferimento. in quanto per esempio mancano i dati del 2014
relativi alla Cina (i cui viaggi sono stimati intorno ai
100 milioni) mentre altri Paesi, come Polonia (56
milioni) e Ucraina (22,4 milioni) evidenziano un volume di turisti molto elevato soprattutto in relazione
alle proprie economie ma si tratta di viaggi per lo più
brevi e verso paesi limitrofi.
E così succede che la scelta di investire in Paesi
lontani ed esotici porta per molte destinazioni risultati appena discreti.
Questo perché da sempre si ha la tendenza naturale a guardare oltre, come se quello che si ha a
portata di mano, fosse poco appetibile. E spesso si
commette un grave errore.
Perché ogni decisione va ponderata in relazione
alla situazione e al contesto di riferimento, non
seguendo umori e mode del momento.
In ogni caso, sono dati che, se letti con la dovuta
attenzione e interpretati in base ai contesti specifici,
sono molto interessanti.
E soprattutto dovrebbero servire alle destinazioni
italiane per effettuare scelte strategiche accurate,
razionali, efficaci ed efficienti.
Non bisogna commettere l’errore di puntare sul
nuovo, dimenticando quello che si ha in casa.
E sicuramente si tratta di un’impresa più facile:
sedurre i turisti europei o quelli di mercati geograficamente vicini o culturalmente affini richiede infatti
senz’altro meno sforzi e meno risorse rispetto ad
investire in mercati lontani e soggetti a forti instabilità.
E cosa dicono i dati? Quali sono i mercati ai quali le
destinazioni italiane dovrebbero pensare?
Nel mondo si registrano più di 1.000 milioni di turisti
internazionali all’anno, ossia che effettuano almeno
un viaggio.
Nel mercato attuale, i mercati outbound tradizionali
dell’Italia sono relativamente stabili ma nello specifico il Bel Paese, grazie ai suoi prodotti e alle sue
caratteristiche, si sta consolidando sempre più
come destinazione di sport break.
E cosa ci dicono i mercati turistici? Quali Paesi
hanno visto crescere il numero di partenze?
Di quale Paese sono i turisti che viaggiano di più e
quelli di meno?
I dati rilevati e diffusi dalla World Bank in relazione
ai flussi turistici internazionali e precisamente proprio sul numero di partenze effettuate all’anno per
Paese, evidenziano una situazione, anzi un trend
che richiede ed impone una riflessione di fondo.
Questo indubbiamente significa che le destinazioni
italiane hanno quindi una concreta possibilità di
incrementare i propri attuali flussi turistici.
Si tratta di dati che riportano il numero di partenze
effettuate dal proprio Paese di residenza verso un
altro, per qualsiasi motivazione, business o leisure
che sia.
La Germania registra 83 milioni di partenze, ritornando fondamentalmente alla situazione del 2012
(82.729 mln), dopo il picco registrato nel 2013
(87.459.000).
Stesso discorso vale per l’Austria che negli ultimi
anni si è stabilizzata sui 10 milioni di partenze
Fanno riferimento quindi non al numero di persone
che viaggiano ma al numero di departures e questo
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(passando dai 9.874.000 del 2011, ai 10.960.000
del 2012, ai 10.671.000 del 2013 fino ad arrivare nel
2014 ai 10.994.000).
sono alla fine così forieri di grandi vantaggi in termini
di arrivi, allora quali sono i nuovi mercati di interesse
per l’Italia? E soprattuto ci sono?
Si tratta quindi di mercati che fondamentalmente più
di quello che già attualmente fanno non possono
fare ma che non per questo non vanno curati, anzi:
rappresentano infatti una risorsa sicura e continuativa per il mercato outbound dell’Italia, una risorsa
che in alcuni anni è stata provvidenziale a salvare le
sorti di un turismo incerto e che deve continuare a
rimanere tale, ossia una risorsa preziosa.
Fondamentalmente
sono
quei Paesi che
nell’immaginario collettivo sono ancora considerati
“poveri”, con poca capacità di spesa, poco appetibili
e che per questo vengono sistematicamente ignorati.
Ma se lo scenario turistico mondiale –volenti o nolenti – è cambiato significa che inevitabilmente sono
cambiati anche i suoi attori; significa che Paesi una
volta protagonisti indiscussi hanno lasciato il posto
a nuove realtà - o più spesso sono stati semplicemente scalzati: il mercato come sempre è inesorabile, va avanti e non ammette indugi.
Altri mercati europei invece evidenziano un trend
positivo.
Stiamo parlando del Regno Unito che registra poco
più di 60 milioni di partenze, segnando una tendenza in crescita rispetto agli anni passati così come la
Francia che passa dai circa 26 milioni degli anni
precedenti (con qualche minima oscillazione nel
corso del tempo) ai 28.180.000 del 2014.
Le destinazioni devono quindi stare attente ed essere ben sveglie per evitare di entrare in questi
mercati in ritardo e perdere importanti opportunità.
Ragione in più per le destinazione italiane per presidiarli con più convinzione, cercando di guadagnarsi una porzione più ampia di mercato, approfittando
di questo trend positivo.
Le destinazioni italiane devono quindi dirigere i loro
sforzi e le loro risorse nei mercati relativamente
vicini, i cui abitanti viaggiano in proporzione in misura maggiore di quanto non facciamo noi italiani, che
sono in crescita e che rivelano tendenze positive per
quanto riguarda i viaggi verso l’estero.
Ovviamente, anche nei mercati vicini, in Europa,
non mancano i segnali di crisi e si evidenziano
anche Paesi che registrano qualche flessione.
Paesi che si affacciano adesso – chi un po’ prima,
chi un po’ dopo – sulla scena turistica mondiale.
Stiamo parlando per esempio dell’Olanda e della
Spagna, che evidenziano una contrazione sia del
numero di turisti in viaggio sia del numero di viaggi
procapite.
È importante quindi che le DMO da una parte si
focalizzino per mantenere e rafforzare i mercati
tradizionali, quelli che da sempre garantiscono
all’Italia un flusso turistico stabile, e dall’altra,
guardino verso nuove opportunità, quelle vere e
reali, senza effettuare voli pindarici o inseguendo
false utopie ma semplicemente togliendosi il prosciutto dagli occhi.
Se quindi questa è la situazione dei mercati
tradizionali di riferimento (stabile ma con un margine
di crescita a breve periodo limitato) e se i mercati
emergenti o più genericamente lontani ed “esotici”
cui guardano con brama le destinazioni italiane non
PAESI
2011
2012
2013
2014
Regno Unito
56.836.000
56.538.000
57.792.000
60.082.000
Francia
26.155.000
25.450.000
26.243.000
28.180.000
Spagna
13.347.000
12.422.000
11.246.000
11.783.000
Olanda
18.560.000
18.628.000
18.094.000
17.928.000
Tabella 2: Mercati Europei
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PAESI
2011
2012
2013
2014
Albania
4.120.000
3.959.000
3.928.000
4.146.000
Armenia
715.000
965.000
1.083.000
1.198.000
Azerbaijan
3.550.000
3.874.000
4.285.000
4.244.000
Bielorussia
320.000
493.000
708.000
741.000
Bulgaria
3.803.000
3.758.000
3.930.000
4.158.000
Croatia
2.280.000
2.680.000
2.297.000
2.763.000
Danimarca
7.846.000
7.843.000
6.977.000
8.528.000
Estonia
1.054.000
1.147.000
1.166.000
1.426.000
Finlandia
7.274.000
9.055.000
8.562.000
8.731.000
Georgia
2.237.000
2.734.000
3.220.000
3.106.000
Islanda
341.000
358.000
365.000
400.000
Israele
4.387.000
4.349.000
4.757.000
5.181.000
Kazikastan
7.852.000
8.875.000
9.931.000
10.230.000
Korea del Sud
12.694.000
13.737.000
14.846.000
16.081.000
Lituania
1.526.000
1.708.000
1.764.000
1.789.000
Moldavia
136.000
146.000
157.000
180.000
Oman
2.446.000
2.888.000
3.103.000
3.358.000
Romania
10.936.000
11.149.000
11.364.000
12.299.000
Slovenia
2.722.000
2.474.000
2.612.000
2.642.000
15.000
15.000
19.000
16.143.000
16.038.000
16.340.000
Tajikistan
Ungheria
16.634.000
Tabella 3: Mercati di interesse per l’Italia
E per quelle che destinazioni che hanno invece ancora tante risorse e possono permettersi ed intendono
promuoversi anche oltreoceano, ecco i Paesi su cui puntare, che evidenziano trend positivi, con una
crescita continua.
PAESI
2011
2012
2013
2014
Usa
59.209.000
56.538.000
57.792.000
60.082.000
Australia
7.788.000
8.212.000
8.768.000
9.114.000
Canada
30.450.000
32.276.000
32.971.000
33.518.000
Colombia
2.522.000
3.165.000
3.605.000
3.911.000
Messico
14.799.000
15.581.000
15.911.000
18.261.000
Tabella 4: Mercati di interesse oltreoceano
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