Il mestiere del sarto - Progetto integrato cultura del Medio Friuli
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Il mestiere del sarto - Progetto integrato cultura del Medio Friuli
Tradizioni Il mestiere del sarto a cura di Ivano Urli Per i vestiti della festa (vistîsi di fieste), gli abiti delle nozze, delle particolari circostanze e solennità religiose (perdons, sagris), la sarta e il sarto del paese accumulano le ordinazioni sul banco da lavoro. La macchina da cucito, col mobiletto nero di ferro dalla grande ruota con la cinghia e la scritta in evidenza Necchi o Singer ben marcata, batte e saltella notte e giorno, fra stecche, stampi, tracce di gesso bianco, la cordella avvoltolata del metro, aghi, puntine, punti, soppunti e sopraggitti (soreponts), le riviste coi modelli (figurins), misurare, segnare, tagliare, imbastire (bastî), mettere in prova, togliere i punti dell’imbottitura (disbastî), cucire, stirare (sopressâ) col ferro a braci, e fretta, fretta, che domani bisogna consegnare! La Mora di Galleriano ha imparato il mestiere a Udine in Borg di Viole e ora sa fare tutto a meraviglia, dal cappotto per donna alla biancheria intima (robe di meti sot), tutti gli indumenti e la biancheria della dote (aventari) e tanti, tanti vestiti da sposa (vistît di nuvice) per tutto il circondario. In casa, ci sono vecchi e ammalati, viene a far loro le iniezioni delle cure la madre Gemma, santa suora infermiera, assistente, tuttofare e sorprende la Mora sempre indaffarata sulla macchina da cucito, anche la domenica “quel ‘sè il giorno del Signore, benedeta”, dice la madre Gemma, mansueta, nella sua parlata. “Il lavoro di festa el va fuori per la finestra, benedeta”, dice la madre Gemma con un sorriso alla Mora di Galleriano, piegata su un vestito bianco da sposa, con gli occhi annebbiati dal sonno, che non riesce neanche a sorridere dalla stanchezza. Invece i vestiti da sposo (vistît di nuviç) dell’intorno, per largo raggio, fino a Mortegliano da una parte, Codroipo dall’altra e oltre, sono per Teobaldo di Villacaccia, conosciuto per Aldo Bau- sâr o anche Aldo Sartôr per i più benevoli. Aldo prende su il mestiere nella sartoria di Toni Bose a Bertiolo, dove inizia nel 1923 e fa la strada ogni giorno a piedi da Villacaccia a Bertiolo, su e giù, con un tovagliolino dove la mamma ha messo per pranzo due fette di polenta con una scaglia di formaggio che la moglie di Toni Bose scalda a mezzogiorno sulle braci. Non si parla di paga, come ben si sa, secondo il contratto naturale stipulato nella tradizione, ma Toni Bose è uomo di coscienza e gli regala la sua bicicletta quando chiude la bottega e prova la fortuna in Canada dove dopo la guerra lo raggiunge il figlio Pieri che sa l’inglese imparato dagli alleati sul campo d’aviazione a Villacaccia, tanto che in America da Pieri diventa Peter e negli anni lo faranno persino senatore. Come Aldo diventa dal canto suo sarto di gala, a Udine, Trieste, in Germania e per tanti anni a Villacaccia, a vestire tutti gli sposi. Diventato da Teobaldo Aldo, e infine Aldo Bausâr, per via che tutte le impazienze degli sposi lo spingono a promettere e garantire pronte consegne, salvo poi consegnare in extremis. Sergjio dai Ros racconta sempre, a Villacaccia, di avere atteso in mutande per due ore, nel giorno delle nozze, che Aldo gli consegnasse il vestito per affrettarsi a Pozzo dove lo attendeva la sposa per la cerimonia, con le sue buone ragioni anche lei di essere impaziente. Non c’è bisogno di sarti, invece, per il modesto abbigliamento quotidiano che la gente comune si fa, rammenda e aggiusta da sé, come meglio può. Miane di Piso, a Santa Maria, apprende da ragazza come si taglia un paio di calzoni, ma in una misura standard, salvo poi sposare Rafael che è minuto di corporatura: sta due volte abbondanti nei calzoni che Miane gli fa indossare, tanto che un giorno si sente esclamare per la strada “Rafael, o comprâ cûl o vendi fondel”, vale a dire Scheda n° 5. 1. 10 Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli Il mestiere del sarto Fig. 1 - Le bambine imparavano a cucire e ricamare dalle suore: tutti gli indumenti si confezionavano in casa e al sarto si ricorreva molto raramente. Tradizioni Fig. 2 - Il mestiere del sarto si imparava, fino a non molti anni fa, andando a bottega. Il mestiere del sarto delle due una, o aggiungere culo oppure ridurre il fondello dei calzoni. Si cuce in casa. Solo per i vestiti delle grandi occasioni (la mude di fieste) si ricorre al sarto. Mentre i benestanti e i ricchi - perché ci sono anche i ricchi, pochi, ma ci sono - frequentano stabilmente il sarto o la sarta, pieni di esigenze. Ma la sarta e il sarto difendono la loro dignità professionale, affermando la superiore loro creatività. Dopo ogni vestito, camicia o semplice paio di calzoni, un certo siôr Sandri di Bertiolo capita invariabilmente nella sartoria di Toni Bose a lamentare qualche pecca. “Varda mo, Toni, me stringe qua”. E Toni Bose allora servizievole prende il gesso e segna, misura, traccia, scruta attento, gli dice di tornare due giorni dopo. Quando siôr Sandri va, il sarto appende il vestito da qualche parte e lì lo lascia, senza degnarlo neanche di uno sguardo, finchè siôr Sandri torna a ritirare. “Vedistu, Toni, te disevo mi, adesso sto così ben”, dice siôr Sandri compiaciuto. E Toni Bose gli sorride, grato e compiaciuto anche lui per i complimenti. L’angolo della lingua friulana Le parole, in genere, si scrivono staccate: si uniscono in composizione solo in casi specifici: cuntun, cuntune, suntun, suntune, intun, intune, es.: cuntune legnade, intune place, suntun arbul. Quando gli aggettivi e i pronomi indefiniti sono composti da due elementi, e solo il primo ha flessione, si scrivono uniti: es.: cetant, cetante, cetancj, cetantis (ce invar. +tant variab). Ma: dut cuant, dute cuante, ecc. (dut variab. + cuant variab.). Bibliografia • SFF, Il costume friulano, Udine, Doretti, 1969 • L. D’Orlandi e G. Perusini, Antichi costumi friulani, Udine, SFF, 1988 • Comune di Udine, Civici Musei, Museo Fr. delle Arti e Tradiz. Popolari, L’arte della discrezione, Tavagnacco, Arti Grafiche Friulane, 1996 • G. P. Gri, Tessere tela, tessere simboli, Udine, SFF, 2000 • G. P. Gri, Modi di vestire, modi d’essere. Abbigliamento popolare e costumi tradizionali del Friuli, Udine, Forum, 2003 Per ricercare e approfondire • La moda, ai tempi da ragazza, delle nonne: parla con una tua nonna (o una parente anziana) su come ‘usavano’ allora gonne, cappotti, calze, maglie, camicie e scollature dei vestiti della festa. • Le donne indossavano o no i calzoni? Perché? • Indossavano la minigonna? Quando si è diffusa la moda dei calzoni o della minigonna? Quando si sono visti i primi jeans? • Quali erano allora i capi di vestiario classici della mude (vestito della festa) maschile? • Fatti insegnare dal papà o dal nonno come si annoda una cravatta (golarine). (OLF, Grafie uficiâl de lenghe furlane, 2002) Scheda n° 5. 1. 10 Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli