Il coniglio mangia la carota

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Il coniglio mangia la carota
ROSALIA SATURNINO
Il coniglio mangia la carota
Presentazione
Questo libricino rappresenta la testimonianza di una collaborazione
sviluppata tra me e i miei alunni in questo percorso di cinque anni. Ho
deciso allora di rimettermi in gioco con questo progetto,pur non
rientrando io nella professione di scrittrice, che ha stimolato me ed i
bambini nel cercare di sintetizzare gli eventi più significativi del percorso
didattico, fissando su carta quelli che hanno marcato indelebilmente la
mia mente.
Concedetemi un momento di presunzione nel dire che ogni qualvolta
verranno rilette queste righe,torneranno imponenti i ricordi felici di quei
momenti,rievocando emozioni uniche e soggettive che impreziosiscono
l’anima di ogni persona che ha vissuto quel tempo.
Prefazione
Forse vi chiederete il perché di questo titolo!
“Il coniglio mangia la carota” è stata la frase ricorrente nel corso dei cinque anni
trascorsi con i miei alunni della scuola “Stella Maris” di Acilia .
Durante la lettura scoprirete meglio il perché e tante altre cose che vi divertiranno
così come hanno divertito loro e me : la loro maestra della scuola primaria.
Buona lettura!
Anno scolastico 2008/2009
CAPITOLO PRIMO
Era il dieci settembre: una giornata di fine estate. Alle ore otto, una folla di genitori
e bambini vestiti di bianco e blu, varca il cancello della scuola e staziona in giardino,
aspettando la loro maestra che li accompagnerà nel primo percorso di studi. Al mio
arrivo, sorridente ma emozionata notai sui volti dei bambini: stupore, paura,
curiosità.
Un nuovo mondo li aspettava e io con fare deciso dissi loro di prendersi per mano e
fare un grande girotondo mentre una moltitudine di palloncini colorati si alzava in
volo, in segno di benvenuto.
Era l’ inizio di un lungo cammino insieme. Invitai poi i genitori ad accompagnare i
figli in aula per prendere posto nei banchi, contrassegnati da un cartoncino colorato
con scritto sopra il proprio nome e su ogni sedia un palloncino di cartone.
Mentre tutti occupavano il posto e i genitori man mano andavano via, dopo aver fatto
le varie raccomandazioni di rito, si sentì un pianto dirotto: una piccola bambina
attaccata alle gonne della propria mamma, non voleva proprio che andasse via. La
bambina era Elisa e, nonostante le mie rassicurazioni e i gesti d’affetto, non riusciva
a calmarsi.
Dopo un tira e molla riuscii a staccarla dalla mamma e la condussi al suo posto
ancora piangente ma sapevo che dopo un po’ si sarebbe tranquillizzata. Finalmente i
genitori,su mio invito, andarono via ; ecco,ero rimasta sola al timone della nave, la
classe era pronta a salpare: ventisette bambini stavano iniziando il loro primo
giorno di scuola primaria.
Trovarmi di fronte a quei bambini sconosciuti mi fece sentire come se fosse stato
anche il mio primo giorno di scuola, nonostante avessi già insegnato per due cicli
precedenti. Man mano che parlavo, spiegando cosa avremmo fatto insieme, mi
rendevo conto che avevo davanti un gruppo di bambini a cui dovevo dare
un’istruzione ed ero quindi responsabile del loro futuro percorso scolastico.
Ero entusiasta: avrei impartito loro regole di vita per la formazione futura cercando
di rendere le mattinate a scuola più serene e soprattutto divertenti. Cosa può
divertire bambini di sette anni, se non il gioco? Le lezioni sarebbero state svolte in
forma ludica; essi giocando, avrebbero imparato a scrivere le prime parole, fino ad
arrivare alla prima frase.
Quale poteva essere? IL CONIGLIO MANGIA LA CAROTA. Torniamo indietro, alle
parole… alla difficoltà che alcuni bambini hanno avuto nello scrivere la parola
"dritta":c’era chi andava”in soffitta” ,e chi “in cantina”,espressioni che usavo per
non metterli in difficoltà e aiutarli a fare sempre meglio.
Il gruppo partecipava con entusiasmo e serenità ad ogni attività svolta. Ricordo
quando dissi ai bambini di realizzare un cartellone sull’autunno. Uscimmo in
giardino: tutti con grande euforia, per raccogliere le foglie. I bambini si
sparpagliarono alla ricerca delle più belle, colorate e grandi; in un attimo mi
ritrovai sola.
Una volta rientrati in classe, tutti i bambini sudati e rossi in viso per l’eccitazione,
iniziarono a classificare le foglie in base al colore e alla grandezza. Tutto era pronto
per iniziare il cartellone e tutti si misero al lavoro. C’era chi incollava, chi scriveva
informazioni e chi preparava il titolo; impiegarono circa un’oretta e finalmente
potemmo attaccare alle pareti il lavoro finito: era un capolavoro!
Lo ammirammo soddisfatti e feci loro i complimenti per l’impegno profuso e il lavoro
svolto. Ci si divertiva molto in classe, in particolare quando i bambini diventavano
vere letterine: giocavamo con la palla e con il battito delle mani li aiutavo a dividere
le parole in sillabe.
Riuscivo a divertirli lavorando, e insomma, il tempo scolastico passava velocemente
tra nozioni e giochi per alleviare la rigidità della lezione. In quelle giornate
imparammo anche significati profondi e intensi quali la collaborazione, il rispetto e
l’amicizia. Alcune volte diventavano poi “elefantini” di una canzoncina, per
insegnare loro a contare o numeri per formare la linea dei numeri.
I mesi trascorrevano sereni; giorno dopo giorno si instaurava un rapporto sempre
più di fiducia e di rispetto; li vedevo crescere sotto i miei occhi. Notavo i loro
progressi e cresceva la mia soddisfazione quando finalmente impararono a leggere e
a scrivere correttamente.
Tutto era diventato più semplice, i quaderni cambiavano aspetto: erano più ordinati
e non apparivano più tratti imprecisi di matita; i bambini avevano in pugno la penna
cancellabile e per loro usare quello strumento di lavoro significava essere diventati
grandi. Non ci fu solo questo cambiamento, avevano lasciato anche il quaderno a
quadretti per sostituirlo con quello a righe. E come far capire loro dove poter
scrivere?
Coloravo gli spazi giusti con il giallo, dove prendevano posto alcune letterine,
mentre altre andavano su e giù. I quaderni incominciavano a riempirsi di voti : che
gioia provavano nel vedere quel dieci scritto in basso a destra del loro lavoro, ma
c’era anche la delusione di alcuni che con tanta buona volontà proprio non
riuscivano a fare di meglio.
In compenso, le mie rassicurazioni rendevano il loro dispiacere più sopportabile. Al
suono della campanella si diffondeva in aula un urlo di gioia: era il momento della
ricreazione; entravano in scena i Gormiti, definiti da me i “Mammuoccioli” per il
loro aspetto mostruoso e grossolano, i bambini erano sereni e soprattutto
imparavano a socializzare e a rispettare le regole del gioco.
Tante sono state le attività che abbiamo svolto insieme: dai cartelloni realizzati in
gruppo, ai biglietti d’auguri che hanno creato individualmente per le feste di Natale,
Pasqua, per il papà e la mamma.
Ricordo che l’aula si trasformava in un laboratorio, era bello vedere quei bambini
che si davano da fare a tagliuzzare, colorare e spargere porporina dappertutto,
persino sui loro volti e anche sul mio; ma non importava: i bambini lavoravano e al
contempo si divertivano ed erano soddisfatti del loro operato. Successivamente
gareggiavano per sistemare e pulire l’aula.
E che dire delle prime uscite didattiche, la cosiddetta gita scolastica: dal momento in
cui venivano a conoscenza della programmazione, erano tutti eccitati e non vedevano
l’ora che arrivasse quel giorno. Nella prima gita ci recammo alla fattoria
“Iacchelli” e fu una giornata all’insegna del divertimento e della spensieratezza,
soprattutto perché si svolse all’aria aperta.
In quel luogo hanno imparato a fare il pane, hanno finanche impastato un panetto di
pizza, poi infornato e mangiato tutti insieme. E che soddisfazione vedere quei panetti
trasformati in leccornie! In un'altra uscita ci recammo al teatro San Raffaele di
Roma per la rappresentazione di “Marcellino pane e vino”.
In quell’occasione notai la serietà e l’educazione che dimostrarono i bambini, sia
durante il viaggio, sia in teatro, così come assunsero un ordine esemplare nel restare
in fila; ero veramente orgogliosa di loro. I mesi passavano e imparavano sempre di
più. Arrivammo al mese di maggio, conclusosi con il saggio di fine anno, preparato
con amore e dedizione costante. I mesi precedenti furono molto impegnativi per me,
ma soprattutto per loro :giorni e giorni di prove per far sì che tutto fosse perfetto,
dalla recitazione all’esecuzione dei vari balletti.
Tutto era stato realizzato con grande entusiasmo e divertimento. Arrivammo
finalmente all’atteso giorno dell’esibizione. Che bello ed emozionante è stato vedere
i miei bambini con i costumi di scena:erano bellissimi!
Misero in scena :” Il paese sì e il paese no”, la cui trama sviluppava e approfondiva
il tema dell’amicizia; furono bravissimi. Il loro duro lavoro di preparazione fu
premiato dalla soddisfazione dei propri genitori nel vedere i loro piccoli recitare e
ballare e permettetemi, anche la mia.
Il lavoro di mesi finalmente si era concretizzato e il risultato era davvero
entusiasmante. Il primo anno era giunto al termine; le vacanze estive erano alle
porte ;ci salutammo con un po’ di nostalgia ma con la gioia che ci saremmo rivisti a
settembre, per trascorrere un altro anno insieme.
Anno Scolastico 2009/2010
CAPITOLO SECONDO
È il 10 settembre: il primo giorno di scuola e una nuova aula, dove spicca un grande
cartellone con scritto su “Bentornati”, accoglie i miei alunni: ventisei bambini tra
cui due nuovi arrivi: Lorenzo e Sara, che prendono posto nei banchi, pronti per
iniziare un nuovo anno.
Sono visibilmente cresciuti, sui loro volti noto il piacere di rivedersi e nel rivedermi,
ci siamo ritrovati per trascorrere un altro anno insieme. Un nuovo strumento di
lavoro ci ha accompagnato durante le conversazioni: la classica matitina che i
bambini usavano come microfono, se la passavano a turno per poter parlare; hanno
imparato così a rispettare una nuova regola: non sovrapporsi alle voci dei compagni.
L’argomento trattato il primo giorno è stato: le vacanze estive appena trascorse. Le
lezioni procedevano sempre all’insegna del divertimento e del gioco. Entrò in scena
un personaggio un po’ particolare: la strega Correggina, colei che li aiutava a non
sbagliare.
I bambini erano ormai più grandi, per scrivere i loro compiti usavano il diario, il
loro primo diario, ognuno personalizzato con il personaggio preferito del momento.
C’è voluto un po’ di tempo prima che essi imparassero a scrivere correttamente il
compito per il tale giorno, ma con tanta pazienza e buona volontà alla fine tutti ci
sono riusciti.
Le lezioni erano svolte sempre con serenità e per renderle meno pesanti e più
interessanti, inventavo alcune storielle per far acquisire loro, ad esempio, l’uso delle
doppie. C’era la signora acca che, stanca di essere da sola, si faceva accompagnare
dalle letterine “C e G”per formare i suoni Chi/che – ghi ghe oppure cantavo
canzoncine e filastrocche per insegnare loro i vari digrammi.
Arrivammo poi al momento delle tabelline, le famose tabelline che tutti temono;
volevo rendere la cosa meno difficoltosa possibile e devo dire, con compiacimento,
che ci sono riuscita. Come ho fatto? Cantando e ballando, si proprio così; i bambini
non vedevano l’ora che arrivasse l’ora di matematica per chiedermi: maestra, prendi
lo stereo che impariamo una nuova tabellina?
Io mi divertivo con loro; vederli cantare e muoversi al ritmo della musica mi rendeva
soddisfatta di ciò che facevo. Era ormai diventato un appuntamento fisso, non c’era
giorno che non entrassero in scena “le allegre tabelline”.
I bambini erano diventati così bravi a memorizzarle tutte e dieci che decidemmo di
presentarle ai genitori come saggio di fine anno e cosi fu. Infatti, coinvolgendo
alcuni genitori, preparammo magliette e capellini con i numeri stampati su, da far
indossare ai bambini.
Il giorno del saggio fu un successo e naturalmente furono bravissimi.
Ricordo,poi,una lezione di storia, il cui argomento riguardava proprio la loro storia
personale e a questo proposito decisi di far preparare ad ognuno “la scatola dei
ricordi”. I bambini avevano una settimana di tempo per riempire la scatola di oggetti
del passato, che li avrebbe aiutati a ricostruire i primi anni della loro vita.
Fu un lavoro impegnativo per loro anche perché poi avrebbero dovuto esporre
oralmente il contenuto della scatola e il ricordo legato a ciascun oggetto. Quel
giorno ognuno si presentò con la propria scatola; c’era di tutto: il primo ciuccio o
biberon, il primo giocattolino regalato dai nonni o addirittura il vestitino indossato il
giorno del battesimo, fotografie e tanti altri oggetti anche logorati dal tempo.
A ogni esposizione seguiva un applauso da parte dei compagni a colui che era
protagonista in quel momento, emozionato e un po’ vergognoso. Fu una delle lezioni
più emozionanti e allo stesso tempo divertente; i bambini si resero conto del tempo
passato e come esso possa influire sulla loro formazione fisica e intellettuale.
Arrivò anche il giorno della gita scolastica;andammo al Bioparco e lì i bambini
rimasero affascinati nel vedere tanti animali dal vivo,specialmente quando ci
soffermammo alla sezione dei felini. Un’altra uscita molto bella è stata quando ci
siamo recati al teatro S. Raffaele per la rappresentazione”il mago di Oz.
”L’attività didattica continuava e le lezioni per loro diventavano sempre più
complesse;c’era chi riusciva senza nessuna difficoltà e chi invece si scoraggiava. non
aveva fiducia nelle proprie capacità e già a priori ,senza neanche provarci ,esordiva
con la classica frase”NON CI RIESCO”.
Provavo una tenerezza infinita nel vedere bambini così piccoli alle prese con le
prime difficoltà;dovevo fare qualcosa ,intervenire subito e non so neanche io come,
mi venne in mente la storiella dell’elefantino. Ve la racconto brevemente. C’era una
volta un elefantino che dalla nascita era stato legato a un palo e quindi non aveva
avuto la possibilità di conoscere niente della vita. Diventato più grande e stanco solo
della posizione ma non della situazione,dal momento che non aveva mai provato
niente di diverso, incominciò con la zampetta a muoversi e dai oggi,dai domani
,finalmente riuscì a liberarsi dal palo e intraprese una nuova vita…
Questa storiella piacque molto ai bambini che mi ascoltarono con attenzione ma il
mio scopo era un altro;dovevo far capire loro che di fronte alle difficoltà della vita
non bisogna stare fermi ed aspettare,né tanto meno rinunciare senza aver provato,
“SE NON PROVI ,NON SAI SE SEI CAPACE”.Beh! vi dirò che l’elefantino gli è
stato di grande aiuto,ogni qualvolta i bambini si trovavano di fronte a un lavoro o
un’attività che ritenevano difficile, mi bastava ricordargli la storiella e tutto
diventava più semplice.
Man mano che il tempo passava, i miei alunni acquisivano nuove conoscenze,
svolgevano molte attività didattiche e naturalmente non mancavano momenti di
gioco. L’anno volgeva al termine e le vacanze estive erano ormai alle porte; dopo
due mesi ci saremmo rivisti pronti per affrontare il terzo anno.
Anno scolastico: 2010/2011
CAPITOLO TERZO
Siamo in terza, in classe un grande striscione retto da due “apine” e l’immagine di
un grande alveare formato da 24 cellette ognuna con il nome dei bambini dà l’inizio
a un nuovo anno scolastico. Ancora un anno impegnativo e pieno di cose da
insegnare e da imparare, momenti di vita insieme, di emozioni, di esperienze
arricchenti per me e per loro.
Bisognava iniziare subito a lavorare proprio come lo sciame laborioso di api che era
raffigurato sulla parete dell’aula.
I bambini però non sembravano pronti, erano distratti e chiassosi; sembrava che
fossero ancora in vacanza; non erano propensi a svolgere le attività didattiche;
allora ancora una volta dovevo inventarmi qualcosa, per interessarli; decisi così di
avviare le lezioni in modo graduale, iniziando dalle prove d’ingresso per verificare il
loro livello fino ad arrivare alle prime lezioni di storia, geografia e scienze.
Dovevano imparare ad imparare (perdonate il gioco di parole), avere cioè un loro
metodo di studio graduale e quindi, muniti di evidenziatori colorati sottolineavano le
frasi più importanti di un argomento, sempre chiaramente sotto mia dettatura.
Trascorsi i primi due mesi di scuola i bambini presero finalmente il via; le lezioni
scorrevano impegnative ma serene con le varie difficoltà di apprendimento di
qualcuno e la fluidità di altri. La materia che pare preferiscano sia la
matematica;strano no?
Ma non per noi; la nostra matematica è a colori; tabelle, numeri, e regole sono
scritte con le penne colorate e anche tutto ciò ha contribuito a far amare questa
materia. Arrivò anche il momento delle prime interrogazioni, saper esporre
correttamente l’argomento studiato.
Come fare? Non volevo creare in loro l’ansia dell’interrogazione; li vedevo troppo
piccoli per affrontare una cosa del genere e allora quale modo migliore per esporre
la lezione se non quella di diventare protagonisti attivi dell’argomento. Ricordo
quando studiammo l’evoluzione dell’uomo; tutti si trasformarono in uomini primitivi
e ricostruirono una giornata tipica: mentre due alunni raccontavano cosa stavano
facendo, fu un momento bellissimo, si divertirono tantissimo ed io fui contenta perché
avevano studiato e facevano a gara a chi doveva raccontare, naturalmente i
narratori si meritarono un bel dieci e il voto chiaramente spronava tutti a studiare.
E che dire di una lezione di geografia dove si trasformarono in ambienti diversi e
ognuno esaltava la bellezza dei luoghi o quando sotto forma di quiz dovevano
individuare le varie parti che compongono l’ambiente in questione.
Tutto procedeva in assoluta serenità; i bambini apprendevano facilmente e mi
seguivano, ovviamente c’era qualcuno che proprio non riusciva a star dietro ai ritmi
di lavoro e qualcuno che faceva di tutto per farsi notare, anche a costo di essere
ripreso. Uno di questi era Lorenzo, il bambino arrivato l’anno scorso a cui proprio
non piaceva stare in questa scuola ma che per causa di forza maggiore doveva
rimanerci.
Arrivammo alla fatidica gita che come ogni anno si programma e si svolge:andammo
al museo Pigorini per un ulteriore approfondimento sul periodo Paleolitico, già
studiato in precedenza. Organizzammo. poi,insieme alle altre classi, la” giornata
della frutta”, a seguito di una lezione di educazione alimentare.
Fu una mattinata come le altre con la sola differenza che mangiarono frutta a
ricreazione al posto delle solite merendine che i bambini amano consumare, e alle
mie solite raccomandazioni su cosa portare e non, si scatenò una risata e l’inizio di
alcuni strafalcioni dei miei simpaticissimi alunni a cui dedicherò un capitolo a parte.
Ma torniamo a quel momento: mentre dicevo ai bambini cosa dovevano portare,
Federico G. mi interruppe dicendo :”Maestra, posso portare il succo? Ed io: “certo,
Federico”e continuai ad elencare le varie cose e di nuovo sempre Federico: maestra,
posso portare il succo?
Ed io: si, porta il succo. Beh! Non ci crederete ma la stessa domanda me l’ha rivolta
4 o 5 volte finché sfinita gli ho risposto: “A Federì, porta il succo, l’acqua, il vino,
porta quello che ti pare “! E qui ci fu una grande risata generale.
E che dire di Federico P. che , mentre giocava con un elastico se lo impigliò tra i
denti, venne da me spaventato perché non riusciva più a toglierselo e anche qui una
gran risata echeggiò in aula, io per prima ,e ancora sempre lui, quando venne alla
cattedra per essere interrogato con i calzoni alti in vita e se li tirava su per non farli
cadere ; io da quel momento lo soprannominai “Fantozzi”,: tutti a ridere. Ci siamo
divertiti tanto, con loro era un rapporto aperto e sincero: si poteva scherzare, mai
nessuno si offendeva, io mi divertivo con loro. In questi momenti ero una di loro e
non la maestra burbera che si teme; giocavamo insieme ma sempre nel rispetto
reciproco e mai ho perso l’autorevolezza dell’insegnante perché quando c’era
bisogno di far rispettare le regole di classe o quando si comportavano non proprio
come dovevano; la mia autorità l’avvertivano, eccome!
Infatti quando uscivamo tutti assumevano un comportamento corretto o quando
spiegavo, alla parola “posizione d’ascolto ,tutti erano pronti con gli occhi fissi alla
lavagna o su di me. Che soddisfazione provai quel giorno, quando in occasione del
Natale decidemmo di preparare un lavoretto per i genitori; realizzammo un piattino
di vetro con la tecnica del decoupage in collaborazione con una mamma di una
bambina di classe quinta che aveva già aiutato le altre classi nei giorni precedenti.
La mia classe fu l’unica che ebbe un comportamento esemplare, tanto da ricevere i
complimenti da tutti. Tutti composti e soprattutto in silenzio lavoravano e
aspettavano il proprio turno se avevano bisogno di aiuto. Che bravi! Ero orgogliosa
di loro; stavo facendo un buon lavoro, oltre a dar loro un’istruzione stavano anche
imparando quelle regole di comportamento che li avrebbero aiutati ad essere i futuri
cittadini del domani, ad essere educati e a vivere nel rispetto.
Un comportamento ammirevole lo assunsero anche quando facemmo la festa di
Carnevale; infatti nonostante i giochi e l’occasione goliardica, si divertirono senza
eccedere, poi quando fu il momento di consumare le varie leccornie si organizzarono
subito sistemando i banchi a guisa di tavolini, formando un gruppo dei maschi e uno
delle femmine ,mangiando pizzette, patatine e dolci vari sempre compiti, sorridenti,
ma la cosa più bella fu vederli poi rimettere tutto a posto, pulire per poi continuare a
ballare e divertirsi.
Altro momento indimenticabile è stato quando abbiamo preparato il saggio di fine
anno; hanno rappresentano un musical “Cavolo… che frutta”!Con l’entusiasmo che
li contraddistingue, hanno imparato battute e canzoncine trasformandosi in vari
ortaggi e frutti: melanzane, zucchine, ciliegie, arance, carciofi e tante altre; fu molto
divertente il tango tra il carciofo (Kristian ) e la melanzana (Aurora). Bravissimi
anche in quell’occasione. L’anno scolastico volgeva al termine;gli obiettivi del terzo
anno erano stati raggiunti e per quanto ci sembrava duro e faticoso …. Eh si !ce
l’avevamo fatta.
Anno scolastico: 2011/2012
CAPITOLO QUARTO
Siamo in quarta; stesso gruppo con qualcuno di meno; siamo rimasti in 23 e
abbiamo cambiato aula essendo la classe meno numerosa. Primi giorni di settembre;
si riparte. È sempre una gioia ritrovarsi; i bambini sono sempre più solari e
affettuosi e chiaramente, sono ancora più grandi.
I primi giorni di solito, presero posto nei banchi, dove volevano e soprattutto vicino
al proprio compagno preferito, ma sapevano benissimo che dopo una settimana circa
i posti sarebbero stati assegnati anche per far in modo che tutti si ritrovavano seduti
vicino a tutti, bisognava favorire la loro integrazione.
Si sorteggiava ogni giorno il/la segretario/a che mi era di aiuto a svolgere varie
mansioni, come la distribuzione di quaderni e libri o l’andare a prendere ciò che
serve o l’andare a chiedere qualcosa nelle altre classi, sempre con la famosissima
(ormai per loro) frase: Permesso, buongiorno, scusate! Essere sempre educati e
gentili, cose che ripetevo loro frequentemente e ormai abituati a metterle in pratica.
Le lezioni ripartirono ma come l’anno precedente in classe c’era una difficile
ripresa, svogliatezza, negligenza e caos tanto caos; si chiacchierava troppo, ma
concessi come sempre un po’ di tempo, pensando che presto questa svogliatezza
sarebbe rientrata e si tornati alla normalità.
Decisi di dedicare le prime ore della giornata alla correzione del libro delle vacanze
per riprendere così alcuni argomenti trattati e verificare le conoscenze pregresse, in
modo da avviare successivamente la progettazione didattica vera e propria. Le
mattinate erano alquanto rilassanti, in quanto si riprendevano argomenti già trattati
in classe terza, ma in maniera più approfondita.
Pochi erano nuovi, come la divisione a due cifre ma anche in questo caso chi prima
chi dopo, tutti riuscirono a risolverla. Le giornate scorrevano tranquillamente per
quanto riguardava le attività didattiche, meno per il comportamento non troppo
consono per alcuni che penalizzò per ben due volte tutto il gruppo classe, con mio
grande dispiacere e anche un po’ di delusione.
Che cosa stava succedendo ? Dove erano finiti il rispetto e i valori che ho cercato di
inculcare loro? Forse è meglio raccontare ciò che successe: qualcuno aveva pensato
di fare uno scherzo di cattivo gusto alla compagna, Giorgia, che a dire il vero, è
sempre stata oggetto di scherno solo perché più sensibile e timida.
Furono siglate varie giacche della tuta con il suo nome, facendo sì che lei non
potesse più capire quale fosse veramente la sua. Venuta a conoscenza della cosa
dalla maestra Silvia, di educazione motoria, cercai di capire o meglio farmi dire chi
era stato, cercando di spiegare loro che l’azione fatta alla compagna non era stata
affatto carina.
Spiegai anche che bastava che il colpevole assumesse la propria responsabilità e
chiedesse scusa alla compagna, promettendo che non sarei andata oltre, anzi, avrei
addirittura apprezzato il coraggio di chi avesse ammesso la propria colpa; niente da
fare, il colpevole non saltava fuori, solo qualche supposizione su chi poteva essere
stato.
Rimasi delusa e dispiaciuta; in questo caso avevo fallito … comunque decisi di
andare avanti nella faccenda e convocai tutti i genitori nella stessa giornata alla fine
delle lezioni. Entrarono in classe un po’ preoccupati ma li tranquillizzai
informandoli dell’accaduto e soprattutto del comportamento non troppo corretto dei
loro figli.
Dovevo dare loro una lezione e far capire che nella vita ognuno è responsabile delle
proprie azioni e che mentire non rende loro dei giovani sensati . Le giornate
scorrevano tranquille, si lavorava come al solito, ma quella situazione rimaneva
uguale e Giorgia tra alti e bassi riusciva comunque a relazionarsi con tutti i suoi
compagni.
Eravamo agli ultimi mesi di scuola quando accadde un altro episodio ,un atto
goliardico che fece arrabbiare molto Suor Stella. Lo racconto in poche parole:
mentre la classe andava in palestra in fila per partecipare ad un corso tenuto
dall’Ama sulla raccolta differenziata, uno dei bambini, spinto da un altro, urtava
contro la porta dell’aula di suor Stella, che si aprì di colpo spaventando la stessa.
Così, arrabbiata decise di rimandare il gruppo in classe e fargli una bella
ramanzina, cercando di conoscere chi fosse il colpevole. Questa volta un bambino
riuscì ad avere il coraggio di alzare la mano e a dire “Sono stato io”! Qualcuno si
era autoaccusato per evitare che fosse punita tutta la classe. Ma questa ammissione
non impedì alla suora di prendere un provvedimento: la quarta non avrebbe più
partecipato al corso. Questa punizione provocò in me tanta rabbia, tanto da
contestare davanti ai bambini la sua decisione, ormai irremovibile. In cuor mio
volevo difendere i miei bambini; farle capire che era stato solo un gesto goliardico e
nient’altro.
Se da un lato ero dispiaciuta dell’accaduto, dall’altro ero anche contenta e
orgogliosa di loro; i bambini forse dall’episodio precedente avevano imparato
qualcosa: il colpevole era uscito allo scoperto!! Stavolta nessuno incolpava nessuno
e addirittura qualcuno si prendeva la colpa per non far punire tutti. Beh, avevo
ottenuto davvero una grande conquista!
Il merito era mio e naturalmente anche loro che ce l’avevano messa tutta per
migliorare nel comportamento. L’anno trascorreva velocemente, si lavorava ,si
studiava, si giocava, si apprendeva e si organizzavano uscite didattiche:andammo ai
Musei Vaticani e al teatro Sistina a vedere “La gabbianella e il gatto”.
Per quell’occasione, quel giorno ,tutti erano presenti tranne Aurora; una telefonata
annunciava che la bambina non poteva partecipare all’ uscita programmata per un
forte mal di pancia. Andammo al teatro, ci divertimmo e ritornammo, tutto procedeva
tranquillamente. Il giorno seguente arrivò la notizia che Aurora era stata ricoverata
d’urgenza all’ospedale per una appendicite.
Preoccupati e fiduciosi che presto sarebbe rientrata a scuola, continuammo il nostro
lavoro ma la degenza in ospedale di Aurora si era protratta per delle complicazioni.
La bambina mi mancava e mancava a tutti i suoi compagni; la loro compagna stava
vivendo un periodo non troppo felice della sua vita e cosa poteva confortare una
bambina che stava soffrendo se non l’affetto dei suoi compagni?
Presi la palla al balzo; avendo insegnato loro la stesura e la struttura della lettera,
dissi di organizzarsi in gruppo e scrivere delle lettere ad Aurora, un modo carino e
affettuoso per farla sentire meno sola. A questa proposta ci fu un entusiasmo
pazzesco; tutti si diedero da fare e tutti scrissero cose veramente piene di affetto.
Le lettere colorate e piene di cuoricini furono recapitate ad Aurora attraverso la
sorellina. Intanto, finalmente arrivavano notizie sempre più incoraggianti, lei stava
sempre meglio fino all’uscita dall’ospedale; presto sarebbe ritornata da noi, con la
speranza che avrebbe potuto partecipare all’ultima gita dell’anno in corso: la
stazione meteorologica di Pratica di mare.
E così è stato: Aurora era dei nostri, era con noi! Che gioia e quanta emozione
provai quel giorno quando la vidi arrivare ancora con passo incerto, zoppicante,
sottobraccio alla mamma:corsi ad abbracciarla e la tenni stretta a me per alcuni
secondi mentre la classe in un attimo si era alzata e con un grido di gioia la
sommersero di abbracci.
Le giornate a seguire furono un susseguirsi di premure e affetto verso la loro
compagna che giorno dopo giorno, riprendeva le forze, stava sempre meglio, tanto
da poter andare in gita. Fu una giornata bellissima e interessantissima e anche in
quell’occasione i bambini si distinsero per l’educazione e il comportamento corretto;
sembravano anche loro dei piccoli militari che al mio richiamo “posizione” erano
tutti sull’attenti e pronti ad occupare il loro posto.
L’anno scolastico volgeva al termine; si era concluso con il fatidico saggio di fine
anno: un saggio ginnico e musicale. Furono bravi e pieni di entusiasmo come
sempre. Anche stavolta le vacanze estive erano alle porte; ci saremmo rivisti a
settembre per trascorrere ancora insieme l’ultimo anno di scuola primaria e
consentitemi una riflessione: ho già una leggera malinconia !
Anno scolastico 2012/2013
CAPITOLO QUINTO
7 settembre 2012; l’istituto Stella Maris riapre i battenti dopo le vacanze estive,fa
ancora caldo ma le aule si riempiono di bambini già frequentanti e non; ma la prima
aula accoglie loro:i protagonisti di questo libro; i miei alunni o simpaticamente
come li definisco i “miei beduini” a cui si aggiunge un nuovo compagno: Guglielmo
che dopo un breve periodo di conoscenza reciproca e di acquisizione delle nostre
regole e organizzazione di classe si è inserito nel gruppo; ecco, 24 bambini tra nove
mesi termineranno il loro primo ciclo di studi .
Pronti per cominciare? Macché!, non si smentiscono; anche quest’anno l’inizio è
faticoso, per me e soprattutto per loro; sono poco concentrati, tutto sembra difficile e
dimenticato, si devono riprendere gli argomenti trattati l’anno precedente per far
consolidare loro conoscenze già acquisite.
I giorni trascorrono e dopo circa un mese si inizia il nuovo programma di storia; si
studia la civiltà greca; Sparta e Atene e decido così di dividerli in due gruppi e farli
impersonare nei due popoli per far riscontrare le varie differenze. Con l’entusiasmo
di sempre andiamo in palestra per avere più spazio e lì si scatenano; ognuno diceva
qualcosa e rivelavano diversità; segno che tutti avevano studiato.
Nel mese di dicembre, in occasione del Natale programmiamo e realizziamo un
lavoretto. Quest'anno, poiché è l'ultimo, partiamo anticipatamente: i bambini
realizzano una grande palla natalizia con la tecnica del decoupage. Aiutati da alcuni
genitori, ci mettiamo al lavoro e anche questa volta i bambini si distinguono per
l'impegno e il comportamento corretto, infatti scaturisce un lavoro bellissimo.
A seguito di una semplice rappresentazione natalizia ci salutiamo per le vacanze.
Arriva il mese di gennaio, è tempo di verifiche,a conclusione del primo quadrimestre;
bisogna dare il massimo e anche in questa occasione il gruppo non è omogeneo.
Si deve studiare e recuperare ,ma con le mie solite raccomandazioni a fare di meglio
e a non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà, il programma procede e non importa se
quella conoscenza non è stata acquisita bene, si ritorna sull'argomento.
I bambini continuano a preferire la matematica e alla spiegazione delle espressioni
si "gasano"a tal punto che decido di assegnarne una presa da un libro di scuola
media. Gli proposi una sfida,chissà se sarebbero riusciti a risolverla,volevo metterli
alla prova, così ne assegnai una lunghissima e loro accettarono di buon grado.
Ce la misero tutta,volevano dimostrarmi che ce la potevano fare e io ne fui
contenta;non importava se non la risolvevano, per me era importante sapere che
avevano interiorizzato ciò che ho sempre detto loro: "mai dire io non sono capace
prima di fare una cosa,se non provi non lo saprai mai". Quindi bisogna avere
sempre fiducia nelle proprie capacità a tal proposito ricordai loro la storiella
dell'elefantino raccontata in seconda.
Ritornando alla famosa espressione ,tutti si misero al lavoro,chini sui quaderni e con
matite, per paura di sbagliare,e quando dopo un po`ci fu qualcuno che aveva finito e
voleva sapere il risultato, beh! in quel momento fui veramente "cattiva". Infatti li
tenni sulle spine,creai un attimo di suspence, sembravo il classico conduttore
televisivo che sta per emettere un verdetto.
In questo modo davo la possibilità a tutti di terminare ma poi dovetti dire il fatidico
numero: in aula echeggiarono urla di gioia e di vittoria....ce l' avevano fatta!
Erano riusciti a risolvere una espressione di scuola media. Ritornata in classe la
calma, procedemmo con altre attività didattiche. Arrivò anche il giorno della prima
gita dell’anno: visita al palazzo del Quirinale e anche in questa occasione,allineati e
compiti, la visita procedette bene.
Estasiati ed affascinati dalle stanze visitate,ritornammo con largo anticipo a scuola e
permisi loro di usare Psp, Ipod e giochi vari che si erano portati in gita. Febbraio è
stato il mese dell'assegnazione delle parti per la recita di fine anno; metteranno in
scena la storia di Roma di ieri e di oggi, intervallata da motivi musicali e balletti
vari; questo sarà un lavoro indubbiamente impegnativo ma anche divertente.
Le prove hanno inizio. Si continuava con l'attività didattica ;non c'era tempo da
perdere e soprattutto si dovevano consolidare le conoscenze già acquisite e darne
delle nuove al fine di concludere il ciclo della scuola primaria nel migliore dei modi
per iniziare un nuovo cammino di studi più preparati possibile.
Il tempo passava velocemente, sembrava che ci sfuggisse di mano e tante erano le
cose da fare;nonostante ciò concludemmo tutti gli argomenti di storia e
geografia;mancava un ultimo argomento di scienze:la fecondazione e la riproduzione
I bambini non aspettavano altro,per settimane continuavano a chiedermi di spiegarlo
ma io prendevo tempo;non mi sembravano abbastanza maturi per affrontare un
argomento del genere. Dissi loro che presto sarebbe arrivato il momento giusto e
sapevo che prima o poi avrei dovuto farlo.
Dovevo inventarmi qualcosa, creare un ambiente differente e rendere la lezione
diversa dal solito al fine di metterli a proprio agio e superare un certo imbarazzo che
l’argomento stesso poteva creare .Approfittai di una bella giornata di sole e,a
sorpresa,portai i miei alunni in giardino e li feci sedere sull’erba disponendoli in
cerchio;io in mezzo a loro.
La calda mattinata primaverile e il profumo dell’erba appena tagliata mi furono
propizie,non so perché ma mi sentivo predisposta a parlare di cose “da grandi”.Fu
una delle lezioni più belle;c’era un silenzio e un’attenzione incredibile e soprattutto
un vivo interesse. Sembravamo una comitiva di amici che si scambiano confidenze;
io, in quell’occasione non ero la loro maestra ma una di loro;solo più grande.
Iniziai il discorso facendo osservare loro proprio il luogo dove si trovavano;il
giardino e il contatto con la natura per arrivare all’origine della vita e ai
cambiamenti dell’uomo e della donna nel tempo, facendo notare le varie differenze
tra i due sessi.
Da quel momento in poi ci fu un susseguirsi di domande e risposte,dubbi da chiarire
e
spiegazioni
senza
nessun
imbarazzo
e
vergogna;si
parlava
apertamente;chiaramente cercai di non entrare troppo nei particolari usando un
linguaggio adeguato alla loro età.
Il tempo scorreva velocemente e piacevolmente:eravamo così presi che non ci
accorgemmo che era ora di uscita. Soddisfatti e gioiosi rientrammo di corsa in classe
per prepararci e andare via tra lo stupore dei genitori che ci videro entrare trafelati
e sorridenti. Il mese di aprile trascorreva tra verifiche ,interrogazioni ed
esercitazioni delle prove Invalsi, che si sarebbero tenute nei primi giorni di maggio e
per renderle meno noiose possibili,le correggevamo insieme e poi ognuno contava i
propri errori.
Nel frattempo ci dedicavamo anche alle prove del saggio di fine anno e anche in tale
occasione non è mancato il divertimento. Maggio stava per arrivare e con esso il
fatidico 25,giorno dello spettacolo e anche dei saluti finali. Purtroppo l’anno stava
concludendosi , a breve avrei lasciato i miei cari alunni a cui mi sono dedicata per
cinque anni sempre con la dovuta attenzione e affetto per ognuno di loro. Sarà triste
vederli andare via l’ultimo giorno di scuola e a differenza degli altri anni ci
saluteremo non con il solito”ci vediamo a settembre “ma con le mie ultime
raccomandazioni. Tra lacrime ed abbracci, i miei “beduini” intraprenderanno la
scuola secondaria con la speranza che abbiano fatto tesoro dei miei insegnamenti,
non solo didattici, ma soprattutto comportamentali, ed abbiano assimilato in pieno i
veri valori della vita.
GLI STRAFALCIONI DELLA CLASSE
Cosa vuol dire che il brontosauro è pacifico?Un brontosauro che vive
nell’oceano pacifico.(Kristian)
Durante una lettura la frase:”Un pellegrino vagava per la città”viene
letta:”Un pellicano vagava per la città.(Massimo)
La parola “batuffolo”viene letta “Batufello”(Francesco P.)
Che significa che i bagnini sono solari?I bagnini prendono il sole.(Mattia L.)
I Romani dovevano soddisfare i propri bisogni… viene interpretato :dovevano
andare in bagno.(Alessio)
Spiegazione del verbo servile “potere”;esempio di frase:George Clooney sa
dire solo due parole in italiano:Immagina,puoi!(Kristian)
Dove vivono le galline? Nel gallinaio.(Federico G)
VOCABOLI E MODI DI DIRE
Buon lavoro ( Inizio di attività)
Permesso , buongiorno, scusate...(Ogni qualvolta andavano a chiedere qualcosa
nelle altre classi)
Si chiama Pietro,fa il servizio e torna indietro.(Se avevano una penna in
prestito)
Mammuoccioli.(Gormiti o Capoccioni dei giocatori)
Quando si sposa,ride.(Se qualcuno piangeva per cose insensate)
Posizione!(Quando si usciva dalla scuola per farli rimettere in fila ordinati)
Posizione d’ascolto.(Durante una spiegazione i banchi venivano liberati da ogni
oggetti per evitare distrazioni)
Ostrogoto.(Quando parlavano in dialetto )
Arianna che va in campagna quando il sole tramonterà.
La maestra Rosalia e con lei andiamo via.(Frase inventata da loro i primi giorni
di scuola)
Verificato e che sia verificato.(Quando si correggeva un compito
collettivamente)
Se un pezzo di pane costa un euro, quanto costano 2 pezzi di pane?(Per aiutarli
nel risolvere i problemi a trovare il costo totale)
I 24 colli.(Quando allungavano il collo per copiare dal compagno)
I 3 moschettieri: Priori, Samuele, Leone.(Sempre insieme dal primo anno)
I beduini e i tonti.(Quando facevano chiasso e quando non capivano qualcosa)
La gatta per fare in fretta fece i figli cechi. (Un lavoro svolto in fretta senza la
dovuta attenzione e concentrazione)
Scatto felino.(Quando dovevano andare a prendere qualcosa e in fretta).
Queste espressioni ci hanno accompagnato per tutto il ciclo di scuola primaria
senza dimenticare il balletto di Mattia C. che al suono del cellulare si alzava dal
banco e si muoveva al ritmo della suoneria, le varie battute di Kristian e di tanti
altri.
Ognuno si è distinto per qualcosa, ne cito qualcuno. Francesco R. per il suo scatto
felino e per essere stato sempre servizievole; era subito pronto qualora avessi
bisogno di qualsiasi cosa, come cercare un libro o altro.
Kristian ed Alessia per essere stati i più veloci nel trovare le parole nel dizionario.
Tutti… per la loro simpatia.
Premessa
A seguito della rappresentazione: Ieri, Oggi… Romani tenutasi il giorno 25 maggio
2013, i bambini hanno voluto salutarci così:
La storia qui finisce e vogliamo ringraziarvi (Sara)
per la pazienza che avete avuto (Federico P.)
nello starci ad ascoltare. (Massimo)
Abbiamo lavorato tanto e ci siamo divertiti, (Arianna)
speriamo che anche voi vi siate divertiti. (Mattia L.)
Con questo nostro spettacolo si conclude l’anno scolastico (Mattia C.)
e purtroppo anche l’ultimo della scuola primaria. (Federico G.)
Vi dobbiamo salutare e andare via. (Nicholas)
Siamo arrivati in questa scuola cinque anni fa, (Alessia)
eravamo piccoli e con tante insicurezze. (Alessio)
Ora siamo cresciuti e tante cose abbiamo imparato. (Francesco R.)
Con malinconia lasciamo questa scuola; voi, le suore, i maestri, (Kristian)
coloro che ci hanno accompagnato (Samuele)
nel nostro primo percorso di studi. (Riccardo)
Ma permetteteci di salutare in particolare la maestra Rosalia (Aurora)
con un pensiero rimato inventato da noi in prima: (Lucrezia)
“La maestra Rosalia e con lei andiamo via”. (Tutti)
Ora andiamo via da soli, senza di lei; (Eleonora)
lasciandola però sempre nel nostro cuore. (Giorgia)
Vi chiediamo un altro po’ di pazienza; (Francesco P.)
attendeteci un attimo e vi presenteremo (Elisa)
un balletto preparato da noi. (Maria)
Se vi piace applauditeci, altrimenti fatelo lo stesso… (Martina)
…le bambine della classe: Alessia, Aurora, Giorgia, Lucrezia, Martina, Maria, Elisa,
Arianna, Sara ed Eleonora mi hanno dedicato alcuni pensieri che riporto.
A te, la migliore
A te che ci hai sopportato per 5 anni
A te che ci hai insegnato con pazienza ed allegria
A te che ridi ad ogni nostra battuta
A te che accetti quasi sempre ogni nostra supplica
A te che risolvi ogni nostro problema con calma e pazienza
A te che ci vuoi bene
A te che ci spieghi con divertimento e fantasia
A te che vedendoci tristi ci rallegri
A te che per farci felici utilizzi il tuo tempo per noi
A te che rimarrai sempre nel nostro CUORE.
In risposta a questa manifestazione di affetto…
LETTERA APERTA AI MIEI ALUNNI
Miei cari bambini,
dedico quest’ultima pagina proprio a voi, che mi avete regalato cinque
anni meravigliosi. Sembra ieri che vi ho conosciuto nel giardino della
scuola, mi aspettavate timorosi ed emozionati in attesa di conoscere me, la
vostra maestra di scuola “elementare”.
Sono trascorsi cinque anni, vi ho visto crescere sotto i miei occhi sia
fisicamente che mentalmente, e tra alti e bassi abbiamo condiviso
numerose esperienze. Spero di avervi dato non solo ottime basi per
affrontare un nuovo ordine di scuola ma anche di avervi insegnato i veri
valori della vita, quali il rispetto per gli altri, innanzitutto, e la buona
educazione. Siate sempre voi stessi, leali e soprattutto veri, non perdete
mai il vostro sorriso e la vostra spontaneità. Nel corso dei nuovi studi, non
vi scoraggiate di fronte alle difficoltà, non arrendetevi e soprattutto non
mollate mai, ricordatevi la storiella dell’elefantino, andate sempre per la
vostra strada, senza farvi deviare da nessuno e siate ambiziosi; avete tutte
le carte in regole per raggiungerei vostri obiettivi. Tra qualche giorno la
scuola finirà e ci dovremo purtroppo salutare; qualche lacrima di sicuro
mi scapperà ma vi garantisco che vi conserverò nel mio cuore e vi penserò
sempre con tanto affetto ricordandomi dei miei 24 “beduini”.
Concludo questa lettera ringraziandovi dell’affetto che mi avete
dimostrato e con la speranza che vi ricorderete di me, vi auguro un grande
“in bocca al lupo” per la vita.
Ciao “Bimbi “vi voglio bene
La maestra Rosalia
RINGRAZIAMENTI
Un affettuoso grazie a voi genitori per avermi sostenuto e collaborato
amichevolmente in questi anni ,in particolare a Marina, Elisabetta e Daniela.
Alla maestra d’Informatica Ilaria per il fondamentale contributo della parte tecnica
nella realizzazione di questo progetto.
Un caro saluto a voi tutti.
Rosalia