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IL SETTING TERAPEUTICO: L’ORGANIZZAZIONE DEGLI SPAZI IN CANILE Franco Fassola La visita comportamentale è una visita che rispetta tutti i crismi di una visita clinica veterinaria, ma che privilegia il colloquio, perchè l'oggetto dell'indagare è il comportamento del cane, senza per altro trascurare la visita clinica. Secondo la definizione che ne da il DIZIONARIO DI PSICOLOGIA (1), il setting è termine inglese impiegato per indicare il contesto di ricerca, delimitato nel modo più rigoroso possibile, affinché quanto si osserva, si descrive, si comprende, si spiega possa avere un'attendibilità scientifica. La Medicina Comportamentale veterinaria, in questi ultimi dieci anni ha subito delle profonde trasformazioni, è stato introdotto un approccio clinico, vedi metodo francese o latino, che privilegia la semiologia e la visita ambulatoriale alla visita a domicilio, e l’osservazione dell’animale in un ambiente che deve essere il più controllato e controllabile. Il MVC (Medico Veterinario Comportamentalista) ha capito che il setting ...è di fondamentale importanza e sta a indicare la scoperta di un preciso strumento a garanzia dell'attività terapeutica. Il setting non è solo il contenitore dove avviene la visita, cioè la stanza, ma comprende molte cose: il contratto terapeutico, la delimitazione del campo di osservazione, le regole concernenti il tipo di comunicazione, il ritmo delle sedute e la loro durata, le modalità dell'incontro. Il setting, per il MVC è uno strumento terapeutico, è come per l'ortopedico una sala chirurgica sterile dove si trova tutta l'attrezzatura dedicata e si hanno le massime garanzie di sterilità e asepsi, è un luogo dove ogni strumento è a suo posto e ci si muove con sicurezza. Anche avendo tutte le conoscenze disponibili, sapendo porre tutte le domande della semiologia in modo corretto, eseguendo i test necessari, se tutto quanto non avviene in un luogo protetto, conosciuto e sicuro, essendo molto importante l'obbiettività dell'operatore, ma dovendo filtrare le informazioni attraverso la sua soggettività, i risultati possono essere falsati. Avere dei riferimenti certi rende l’osservazione dell’interazione tra l’animale e l’ambiente e le persone presenti durante la visita più standardizzabile e i dati raccolti confrontabili. Il setting, come chiarisce molto bene Di Chiara (1986), che lo definisce l'assetto relazionale o mentale che il terapeuta deve adottare e conservare durante il percorso terapeutico....., può essere definito: uno stato della mente, un modo di essere nel rapporto con il paziente.... Che cos'è l'intervento di medicina comportamentale: è un complesso intervento di carattere sistemico che comprende: 1) una precisa raccolta dei segni; 2) un'alleanza terapeutica con il proprietario; 3) una capacità di indagine e comprensione del rapporto che lega l'uomo al suo animale; 4) la capacità di offrire sostegno nel percorso di cambiamento che sostanzia la terapia (B. Alessio 2006). Per concludere il setting è importante in medicina comportamentale: • per creare una situazione riproducibile sulla quale misurare il comportamento dell'animale e la relazione che intercorre tra il proprietario e l'animale; • per avere dei punti fissi e controllabili in modo che si possano differenziare le situazioni normocomportamentali da quelle patologiche; • per somministrare dei test in un contesto quasi-sperimentale; • perchè l'intervento terapeutico è un processo, il setting garantisce la stabilità di questo. Per arrivare all'estrema sintesi, si può dire che il setting differenzia il colloquio dalla semplice chiacchierata o conversazione, il colloquio diventa un atto clinico a tutti gli effetti e acquista il valore di un intervento scientifico. Questo è importante perchè il modo di raccogliere i dati e formulare la diagnosi è già un trattamento e lo influenza, per questo motivo è importante definire e standardizzare il contenitore che contiene tutti i protagonisti della visita e la tecnica di indagine. La difficoltà di un intervento comportamentale in canile, è legata: 1. alla difficoltà di accedere a un’anamnesi precisa non potendo parlare con il proprietario del cane; 2. all’insorgere di comportamenti da considerarsi patologici, ma che possono essere collegati alla permanenza del cane in un ambiente inadatto; il box del canile, per quanto si cerchi di renderlo “confortevole”, o meglio accettabile ad un cane ha molti limiti, per questo comportamenti stereotipati o aggressivi possono comparire; 3. all’impossibilità da parte del cane di esprimere comportamento “naturale”, perché non può esplorare o “cacciare” o interagire con un padrone o giocare, ecc., come farebbe se inserito in una famiglia, in un ambiente domestico; 4. alle difficoltà organizzative all’interno del canile, non sempre, per motivi di spazio o sovraffollamento è possibile collocare un soggetto in un box adatto (esempio la sistemazione in un box isolato o posto in un luogo di passaggio induce, a volte, la comparsa di comportamenti stereotipati o fobici in soggetti che diversamente collocati non li presenterebbero). Tuttavia sono frequenti il manifestarsi di disturbi comportamentali che vengono rilevati dagli addetti al canile, quindi qualcosa è necessario fare, per stabilire, naturalmente in relazione al tipo di disturbo rilevato, se è possibile: 1. con interventi minimi correggere questi disturbi; 2. affidare il cane in questione; 3. stabilire, a chi affidarlo e con quale indicazioni comportamentali; 4. attuare una terapia comportamentale per i disturbi manifestati. Nel caso in cui un cane ricoverato in canile mostri dei disturbi comportamentali si deve trovare un sistema per ottenere delle informazioni relative al suo comportamento. Per fare questo è necessario trovare dei criteri per la raccolta dei dati, che non potranno essere solo quelli che normalmente si usano nella visita comportamentale come è stata descritta. In assenza di un’anamnesi su cosa potrà basarsi la nostra visita? Sicuramente possono essere utili le informazioni che ci vengono fornite dagli addetti e dai volontari che operano nel canile, se sono stati in precedenza adeguatamente istruiti a svolgere questo compito, infatti devono svolgere un lavoro di osservazione, che, pur presentando sempre una forte connotazione soggettiva, dovrebbe essere filtrato dalla lente di un minimo di competenze relative all’etogramma del cane. Per questo motivo è importante che il personale del canile venga adeguatamente istruito a individuare, raccogliere e comprendere i segnali di disagio comportamentale dei cani ospitati nella struttura. E perché interpretino in modo corretto il comportamento dei soggetti che osservano è importante che ne conoscano l’etogramma., perché, alla base di qualsiasi ricerca etologica è l’etogramma, ossia il catalogo minuzioso di tutti i moduli comportamentali propri dell’animale (I. Eibl-Eibesfeldt). Naturalmente, allo stato attuale delle cose, con la maggior parte degli operatori di canile che sono volontari e con la maggior parte dei canili gestiti da associazioni di volontari, che non hanno fini di lucro e che quindi hanno scarse risorse, un tale approccio è penalizzato, perché non è possibile avere un coordinatore delle attività del canile, che dovrebbe essere un esperto in zoantropologia o in medicina comportamentale, che prepari degli operatori (parlo di una preparazione scientifica nel campo del comportamento del cane). Continuando un discorso teorico, ma a nostro avviso, proiettato nel futuro, individuati uno o più comportamenti che differiscono dal comportamento normale è necessario raccogliere più informazioni, a questo proposito si può ricorrere all’uso dei filmati, sempre riprendendo la metodica dell’osservazione etologica. Una telecamera fissa con un grandangolo posizionata davanti al box per un periodo piuttosto lungo di tempo e per più giorni permette di raccogliere molte informazioni. Riprendendo le parole di I. Eibl-Eibesfeldt relative al metodo di un’osservazione etologica: il film fissa i vari moduli come <<preparati anatomici>> dei movimenti; ciò è importante sia per il lavoro comparativo sia per la successiva verifica di ipotesi. Con una serie di filmati si valuta la frequenza del comportamento patologico, la presenza di comportamenti che deviano dall’etogramma, ma che sono meno facilmente rilevabili, se questi comportamenti sono più frequenti in determinate situazioni, oppure se hanno una comparsa casuale. Se la presenza di un operatore può incidere sull’insorgenza del comportamento, oppure non ha nessuna influenza. Anche la somministrazione ti test nel box devono essere filmati per rivedere le risposte da parte del cane. La possibilità di disporre di filmati consente di stabilire l’evoluzione del comportamento, sia nel caso si metta in atto un intervento per modificarlo, sia che non si faccia nulla. Naturalmente, affinché l’osservazione sia la più oggettiva possibile è necessario costruire un setting, che tenga conto di diversi fattori: 1. per quel cane in osservazione il box deve essere sempre lo stesso; 2. gli oggetti che compongono l’arredo non devono cambiare, in particolare se si valuta un soggetto con attività sostitutiva o con stereotipia; 3. il volontario o i volontari (è possibile che siano più di uno perché possono esserci turni diversi) che interagiscono con il cane devono essere sempre gli stessi e cercare di comportarsi in maniera identica al fine di standardizzare le osservazioni; 4. l’introduzione di variabili deve essere programmato per tenerne conto al fine delle conclusioni che verranno tratte dall’osservazione. Purtroppo le variabile presenti in canile per l’allestimento di un setting, sono tante e di difficile controllo, questo per come attualmente sono gestiti la maggior parte dei rifugi per cani. L’osservazione del comportamento del cane non dovrebbe ridursi all’osservazione nel box, ma dovrebbe comprendere l’osservazione anche in uno spazio chiuso ma ampio per osservare il comportamento esplorativo e l’interazione con le persone, che dovrebbero essere presenti e se possibile anche con altri cani. Naturalmente anche questa parte della “visita comportamentale” che si può fare in canile deve essere filmata e avere un setting il più possibile controllato. E’ importante che l’interazione con le persone sia programmata e si segua una metodica volta ad evitare aggressioni e a far emergere i comportamenti che si desiderano indagare, si possono anche somministrare dei test. Le informazioni raccolte costituiranno un elemento di valutazione per i cambiamenti che farà il cane se si applica una terapia comportamentale (sempre che questo sia possibile) o se non si farà nulla. Una situazione diversa è quella del cane affidato e che poi viene riportato in canile perché gli affidatari non riescono a gestirlo, in questo caso le informazioni che ci riportano i proprietari del cane sono molto utili per la definizione di una diagnosi. La visita comportamentale potrà essere condotta come una normale visita comportamentale per un cane di proprietà e se non sono sufficienti le informazioni è possibile ricorrere all’osservazione come descritto sopra. Concludendo, pur nella sua incompletezza, relativa alla situazione in cui può essere messo in atto un’azione terapeutica nelle attuali strutture di ricovero dei cani abbandonati, un intervento di medicina comportamentale, eseguito dal medico veterinario esperto di comportamento ha il duplice vantaggio di migliorare le condizioni di vita dei cani ospitati nel canile e di creare una buona base esperenziale per elaborare delle linee guida da usare per la progettazione e la realizzazione di quello che dovranno essere le future strutture adibite alla cura degli animali che non hanno un padrone. Bibliografia • • Eibl-Eibesfeldt, I fondamenti dell’etologia, Adelphi Edizione, Milano 1995 Galimberti U., Dizionario Psicologia, Gruppo editoriale l’Espresso, Milano 2006 • • • Marchesini R e coll., Il canile come presidio zooantropologico, C. G. Edizioni Medico Scientifiche, Torino, 2007, pag. 133-154 Monaco F., Torta R., Neurolexicon, Centro Scientifico Editore, Torino 2002 Seminario: Lo stato dell’arte nella Medicina Comportamentale, relazione dal titolo: Il setting nella visita comportamentale, 30 settembre – 01 ottobre 2006