Margherita Benzi Epistemologia delle scienze umane 2005

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Margherita Benzi Epistemologia delle scienze umane 2005
Margherita Benzi
Epistemologia delle scienze umane 2005-2006
Appunti: si prega di non citare
Spiegazione 2: la polemica Hempel-Dray
FGL: The Function of General Laws in History
ASS: Aspetti della spiegazione scientifica, Milano 1986.
1. Il modello di spiegazione nomologico-deduttivo e la storiografia
Tesi proposte in The Function of General Laws in History, Journal of Philosophy 39, 1942,
pp.35-48; rist. in G.Hempel, Aspects of Scientific Explanation and Other Essays in the Philosophy
of Science, New-York-London 1965. [FGL], trad.it. 1986.
1. La struttura formale di una spiegazione di un fatto o evento è data dalla deduzione logica
dell’asserzione che descrive questo evento (explanandum) da un insieme di altre asserzioni,
detto explanans, e consistente in un insieme di leggi universali e da un gruppo di condizioni
rilevanti antecedenti e/o simultanee al fatto da spiegare.
2. Per essere scientifica, la spiegazione, così strutturata da un punto di vista logico, deve esibire il
controllo empirico dell’explanans e dell’explanandum.
3. L’explanandum può descrivere solo un aspetto di un evento individuale: una descrizione, e
quindi una spiegazione completa, sono impossibili.
4. Hempel ritiene che la sua teoria della spiegazione funzioni altrettanto bene in storiografia come
in qualsiasi altra branca della scienza empirica. La spiegazione storica è strutturalmente simile
alla spiegazione nelle scienze naturali.
“Anche la spiegazione storica, infatti, ha lo scopo di mostrare che l’evento in questione non era “un
qualcosa di accidentale”, ma era da attendersi in base a certe condizioni antecedenti o simultanee.
L’aspettativa, a cui fa riferimento, non è una profezia o una divinazione, ma una anticipazione
scientifica razionale che si fonda sull’assunzione di leggi generali”. [FGL, p.235]
5. Le leggi, in una spiegazione, sono logicamente necessarie, poiché, se non ci fossero le leggi,
qualsiasi altro fatto nel mondo potrebbe essere la causa del fatto da spiegare.
Spiegare, dunque, vuol dire risalire alle cause, cioè ad altri eventi i quali danno o
costituiscono la ragione dell’evento che desideriamo spiegare. Quando spieghiamo, dunque, noi
scegliamo tra gli infiniti fatti ed eventi del mondo alcuni (ma molto pochi) di questi fatti ed eventi e
diciamo che questi fatti ed eventi (che abbiamo chiamato ‘condizioni iniziali’ e che abbiamo
indicato con C1, C2, …, Ck) hanno ‘potere esplicativo’ nei confronti dei fatti da spiegare. Ora, però,
la domanda legittima che insorge è questa. E perché mai questi fatti, questi pochissimi fatti (C1, C2,
…, Ck) hanno potere esplicativo nei cofronti del fatto da spiegare? Perché questi e non altri? Con
quale criterio li selezioniamo ed attribuiamo ad essi, appunto, un ‘potere esplicativo’? E’ ovvio che
un criterio ci deve essere perché se non ci fosse, allora qualsiasi fatto o evento nel mondo porrebbe
essere causa dell’evento da spiegare. Qual è, dunque, questo criterio che ha il potere di farci
scegliere, di volta in volta, quei fatti che noi consideriamo rilevanti per la spiegazione di un
explanandum? Che cosa ha la forza di farci pescare dall’oceano degli innumerevoli fatti o eventi
che sussistono prima o simultaneamente all’evento da spiegare quei fatti che diciamo essere le
cause dell’evento? Ebbene, la risposta di Hempel è che sono precisamente le leggi a legare un
explanandum alle condizioni iniziali. Quelle leggi, lo ricordiamo, che valgono sempre e ovunque
per casi analoghi; sono le leggi a strappare dal limbo degli innumerevoli fatti un certo insieme di
fatti speciali e a indicarli come le condizioni sufficienti per l’evento da spiegare.
Le leggi sono necessarie da un punto di vista logico: se in una spiegazione non ci fossero le
leggi, non sapremmo quali sarebbero le cause; ma se non sapessimo come individuare le cause di un
evento, l’evento non potrebbe venire spiegato. Ma gli storici offrono spiegazioni: dunque anche gli
storici ricorrono a leggi, o enunciandole esplicitamente, o, più frequentemente, dandole per
scontate, lasciandole, per così dire, sullo sfondo: in questo secondo caso, essi offrono un ‘abbozzo
di spiegazione’ che, volendo, potrebbe essere completato mediante l’enunciazione esplicita delle
leggi lasciate sottintese dallo storico.
6. Anche lo storico, come gli altri scienziati, ricorre a leggi, ma spesso, nota Hempel, storici
e sociologici, nelle loro effettive spiegazioni, tralasciano l’enunciazione esplicita di leggi universali.
Perché? Ma per il semplice motivo che spesso queste leggi sono date per scontate, e non si sente il
bisogno di enunciarle esplicitamente: si tratta, ad esempio, molto spesso, di leggi psicologiche
sociali o individuali familiari a tutti per esperienza quotidiana, e non c’è bisogno di starle ad
enunciare.
7. Le leggi sono di vario tipo: economia, psicologia, sociologia, … .
Rescher: lo storico è un consumatore, più che un produttore di leggi.
8. Le leggi sono punti di vista, stabiliscono dei punti di vista, e per questo ogni spiegazione storica è
parziale;
9. In questo quadro occorre rivedere le tesi che lo storico ricerchi il significato degli eventi e il ruolo
dell’empatia.
Se le leggi assumono un ruolo centrale, bisogna rivedere l’asserzione per cui uno storico
cerca il significato di un evento: cercare il significato vuol dire disporre di una teoria dove si
individuano leggi e condizioni rilevanti, non cercare una missione storia, un disegno
provvidenziale, una missione, o altro. Analogamente, perde importanza la teoria dell’empatia,
ovvero la teoria che asserisce che lo storico, per comprendere i fatti storici deve rivivere, ripensare i
calcoli, le decisioni e i pensieri dei personaggi di una data epoca storica: l’empatia è un processo
psicologico che può, al massimo, svolgere una funzione euristica, ma non è fondamentale perché
non dà garanzie (per esempio, è difficile per uno storico non paranoico ricostruire i processi
psicologici di un paranoico): da un punto di vista oggettivo, è più utile l’inquadramento in una
teoria, confermata, in misura maggiore o minore, da documenti storici.
Oltre alle tesi del significato e dell’empatia, Hempel considera, in un momento successivo[ASS],
due ulteriori ricostruzioni metodologiche dell’attività dello storico in contrasto, almeno
apparentemente, con la sua visione. Si tratta delle tesi che lo storico fornisca una spiegazione
genetica o una spiegazione mediante concetti generali (piuttosto che mediante leggi generali).
Spiegazione genetica
“Una procedura esplicativa largamente utilizzata in storia, benché non solo in storia, è quella
della spiegazione genetica; essa presenta il fenomeno indagato come lo stadio finale di una
sequenza in sviluppo e, di conseguenza, spiega il fenomeno descrivendo gli stadi successivi di tale
sequenza. [domande-come e domande-perché].
[…]E’ innegabile che un resoconto genetico di questo tipo può aumentare la nostra
comprensione di un fenomeno storico. Ma mi sembra che il suo ruolo esplicativo abbia un carattere
fondamentalmente nomologico, in quanto i successivi stadi selezionati in vista di esame vanno
senz’altro considerati per la loro funzione assai più che per il fatto di costiruire una sequenza
temporale e di precedere tutti lo stadio finale che dev’essere spiegato: la semplice elencazione in un
“annuario degli eventi importanti dell’anno” nell’ordine in cui si sono verificati non è,
evidentemente, una spiegazione dell’evento finale o di qualcos’altro. In una spiegazione genetica si
deve mostrare che ciascuno stadio conduce al successivo ed è pertanto connesso al successivo da
alcuni principi generali che rendono l’occorrenza del secondo almeno ragionevolmente probabile,
dato il primo.
“[…] Le spiegazioni genetiche fornite dagli storici non hanno, naturalmente, il carattere puramente
nomologico suggerito da questi esempi tratti dalla fisica. Esse combinano, piuttosto, una certa
misura di interconnessione nomologica con elementi più o meno ampi di descrizione pura e
semplice.”
Nella nostra esemplificazione, l’assunzione di alcune leggi di connessione o di principi
legisimili è indicata in riferimento a fattori motivanti, per esempio, le tesi esplicative circa il
desiderio dei papi di assicurarsi una forza militare o di ottenere risorse più consistenti,
“presuppongono, evidentemente, delle assunzioni psicologiche sul modo in cui un individuo
intelligente tende ad agire, alla luce delle sue credenze fattuali, quando cerca di raggiungere uno
scopo. Uniformità psicologiche sono implicite anche nel riferimento al timore del purgatorio per
spiegare l’ansia con cui venivano acquistate le indulgenze. […]”
Spiegazione mediante concetto generale
Esempio: insieme di cambiamenti verso la fine del XVIIII secolo in Inghilterra: recinzione dei
terreni agricoli, inizi della produzione industriale e miglioramento delle comunicazioni: non fu puro
e semplice cambiamento: si trattò di una rivoluzione sociale. Dray: spiegazione mediante concetto
generale anziché mediante legge generale. La spiegazione è infatti fornita trovando una
soddisfacente classificazione di ciò che sembra richiedere una spiegazione
Risposta di Hempel:
“Se esiste rilevanza esplicativa nel caratterizzare x, y, e z collettivamente come Q, è perché
la caratterizzazione implica che i casi particolari si adattano, o si conformano, a qualche schema
generale caratteristico di Q. Anche questi due casi, dunque, sono riconducibili a leggi.” [ ASS,
p.186]
2.2. Le critiche di Dray
Laws and Explanation in History (London, OUP 1957) trad. it. Milano 1974.
[LSS]
Scritto con l’intento di criticare le tesi di Hempel, poiché ritiene che il modello hempeliano “è un
modello pericoloso in filosofia della storia, giacché induce i suoi sostenitori a parlare di spiegazione
in storia in modi che sono sostanzialmente scorretti o fuorvianti”.
(1) la peculiarità dell’oggetto della ricerca storica comporta che essa adotti un metodo
diverso rispetto alle scienze naturali:
“…gli oggetti dello studio storico sono fondamentalmente diversi da quelli, per esempio, delle
scienze naturali, perché sono le azioni di esseri come noi; e anche se (per amore di discussione)
ammettiamo che gli eventi naturali si possono spiegare sussumendoli sotto delle leggi empiriche,
resterebbe vero che questo procedimento è inadeguato per la storia” [LSS, 165-166].
(2) La differenza è che le azioni storiche non sono ‘puri’ eventi, esse hanno un aspetto interno,
ossia una parte mentale. C’è una relazione tra ciò che l’agente storico pensa e ciò che egli/ella
fa. I pensieri (le opinioni, gli scopi, le idee) dell’agente gli forniscono una ragione per l’azione.
In questo senso, i fatti esprimono pensieri. Esempio: “Gino è andato a comprare le sigarette”.
Gino deve aver voluto comprare le sigarette. Se Gino avesse chiesto dei biglietti per l’autobus e
il tabaccaio gli avesse dato per sbaglio un pacchetto di sigarette, che Gino distrattamente si
fosse messo in tasca al posto dei biglietti per l’autobus, non potremmo appropriatamente dire
“Gino è andato a comprare le sigarette”. Ma anche senza equivoci, la stessa sequenza di azioni
può essere descritta da Gino come “ho comprato un pacchetto di sigarette” e dal tabaccaio come
“ho venduto un pacchetto di sigarette”. Dunque le intenzioni dell’agente sono parte costitutiva,
definitoria, dell’azione stessa. Altro esempio: Avere un tic e fare l’occhiolino.
(3) Comprendere (gli eventi storici) significa comprendere il ‘pensiero’ che c’è nei fatti. Lo storico
può dire di avere compreso l’azione quando può vedere che i pensieri dell’agente gli forniscono
una ragione per agire come ha agito. Il criterio di intelligibilità della storia sta nelle ragioni
dell’agente.
A meno di cambiare la nostra terminologia, e tornare alle quattro cause aristoteliche, oggi è usuale
dire che le cause di una azione (sia essa una asserzione, la presentazione di una scoperta scientifica,
o – per quel che ci interessa - un delitto) sono sempre fisiche, fisiologiche e sociologiche [o
psicologiche]. Le ragioni sono invece interne alla spiegazione dell’azione, e per così dire la
costituiscono.
Omicidio doloso e omicidio colposo.
(4) Perché il modello hempeliano è inadeguato? Secondo Dray, perché non tiene conto delle, e
quindi non coglie, le ragioni dell’agente:
“Il fine di una spiegazione razionale “è di mostrare che quanto è stato fatto era la cosa da farsi per le
ragioni date, piuttosto che semplicemente la cosa che si fa in tali occasioni, magari in conformità a
certe leggi (lasche o meno). La frase “cosa da farsi tradisce una caratteristica crucialmente
importante delle spiegazioni in termini di calcolo dell’agente – una caratteristica del tutto diversa da
ogni altra osservata fino a questo momento. Perché l’infinito “da farsi” svolge qui la funzione di un
termine di valore. Sostengo dunque che in tali spiegazioni esista un elemento di valutazione di
quanto è stato fatto; che quello che vogliamo sapere, quando chiediamo che ci si spieghi l’azione, è
in che senso fosse l’azione appropriata” [LSS, p.172].
(5) Azione appropriata: risultato di un “calcolo fatto dall’agente dei mezzi da adottare per il fine
proposto, alla luce delle circostanze in cui si trovava”. Non è necessario che l’agente fosse
pienamente cosciente del calcolo, né che le credenze non fossero erronee. Ricostruzione
razionale.
Da notare:
- cause vs. ragioni; ricomparsa dei fini.
-
microfondazione vs. macrofondazione (fini e credenze individuali vs. leggi generali. Lo storico
può fare a meno delle leggi
valutazione vs.descrizione.
3. La risposta di Hempel
Hempel riconosce l’importanza delle osservazioni di Dray relative al ruolo delle ragioni
nella storia. Sottolinea che il richiamo alle ragioni va inteso come un principio di azione, cioè un
principio normativo, o valutativo, del tipo: “Date quelle circostanze, la cosa da fare era quella”.
Tuttavia, aggiunge, assumere un siffatto principio di azione comporta dei problemi. Dire che in
certe circostanze una certa azione era la cosa appropriata, o ragionevole, o razionale, da farsi,
comporta che ci sia un senso chiaro, o inequivocabile, in cui quella era la cosa da farsi, secondo, che
c’era una, ed esattamente una, cosa da farsi, ed era quella. Ma queste assunzioni sono
problematiche. Innanzitutto, non sembra esserci una chiara nozione, condivisa da tutti, di
razionalità; inoltre, diversi corsi di azioni possono apparire razionali (anche la teoria matematica
delle decisioni razionali autorizza dubbi in questo senso): uno può scegliere l’azione più
promettente, ma anche più rischiosa (investire in azioni), un altro quella che promette di meno, ma
comporta rischi minori (investire in BOT) ed è difficile, almeno nel breve periodo, dire chi sia stato
più razionale.
Ma supponiamo, per amore di discussione, che ci sia una nozione di razionalità, o di
appropriatezza, condivisibile da tutti. Il tipo di spiegazioni difeso da Dray può essere schematizzato
come segue:
-
L’agente A era in una situazione di tipo S;
Quando la situazione è di tipo S, la cosa da fare è X;
Dunque, l’agente A fece X.
Ora, secondo Hempel, questa “spiegazione” non è affatto una spiegazione: non spiega perché A
fece X. E’ incompleta: per essere completa, e quindi soddisfacente, dovrebbe aggiungere che A fece
X perché X era la cosa da fare. In una ricostruzione storica, non possiamo escludere che un agente
abbia agito per motivi irrazionali, senza riflettere e, per una coincidenza, quella cosa era la cosa
giusta da fare.
Esempio: supponiamo che sia conforme a una norma di razionalità, accettata da tutti, la
prescrizione: “quando sei in pericolo, cerca di salvare la pelle”. Supponiamo che un borseggiatore
armato esprima minacciosamente il suo desiderio di entrare immediatamente in possesso del mio
portafoglio; in quel momento mi astraggo dalle circostanze, riconsidero la mia esistenza, decido di
vivere asceticamente privandomi dei miei beni terreni e abbandono il mio portafoglio. In questi casi
ho agito secondo una norma di razionalità, ma non perché in quel momento intendessi seguirla,
bensì per tutt’altri motivi. Una ricostruzione storica che dicesse “Ella ha consegnato il suo
portafoglio per salvarsi la vita” sarebbe falsa. Dunque, per essere corretta, la spiegazione proposta
da Dray dovrebbe essere integrata dall’assunzione che A è un agente razionale. Se un agente è
razionale, sceglie la cosa che è razionale fare, dunque la “cosa da fare” viene definita come quella
cosa che gli agenti razionali fanno, date le circostanze. La spiegazione originaria di Dray andrebbe
dunque integrata secondo lo schema seguente:
-
L’agente A era in una situazione di tipo S;
In quel momento A era un agente razionale
Quando la situazione è di tipo S, la cosa che gli agenti razionali fanno è X.
Dunque, l’agente A fece X.
Ma questa modifica stravolge completamente il modello di Dray. La terza premessa può essere
vista come una legge: e infatti Hempel ritiene che possano darsi leggi empiriche che descrivono i
comportamenti umani, o meglio, le tendenze degli umani a comportarsi in determinati modi.
Dunque si torna ad uno schema di tipo nomologico-deduttivo. Anche la tematica delle “ragioni”
può, per Hempel, essere ricondotta in parte a questo schema.
Problemi:
- conseguenze non intenzionali
- akrasia.
Philosophy of History 1964, trad.it. Filosofia e conoscenza storica, Bologna 1969
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