Saint Seiya Rebirth,Scaffale 27,Men Rapist,Kinodromo
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Saint Seiya Rebirth,Scaffale 27,Men Rapist,Kinodromo
Saint Seiya Rebirth Saint Seiya Rebirth è un progetto molto ambizioso di web serie ispirato al famoso anime Saint Seiya (I Cavalieri dello Zodiaco), una serie di culto degli anni ’80. In Italia i Cavalieri dello Zodiaco hanno una fanbase molto estesa ma decisamente a digiuno di novità. L’idea di Carlo Trevisan è quella di creare uno spin-off alla serie regolare che la continui in maniera coerente dal punto di vista della storia e dello stile, e bisogna dire che in questo riesce alla perfezione. I nostalgici riconosceranno i personaggi nei loro profili psicologici e nello stile dei dialoghi; anche la struttura narrativa che assegna una puntata ad ogni cavaliere è stata mantenuta. Ovviamente ciò significa che Saint Seiya Rebirth è un prodotto fedele all’originale, fatto da fan per altri fan. Chi non ha familiarità con la serie avrà molta difficoltà ad accettare i dialoghi sopra le righe (da cartone animato, appunto), le situazioni improbabili e, in generale, la sensazione di camp che domina le avventure di Pegasus e compagni. Bocciando il tentativo di creare un prodotto accessibile a tutti si è sventato il pericolo di snaturare la serie originale. Rebirth non si pone l’obiettivo di svecchiare il franchise ma solo di dedicargli un tributo. Evita così il problema delle grandi produzioni che spesso finiscono per creare un film autosufficiente, ovvero non dipendente dalla timeline della storia originale, ma deludente per i fan di vecchia data che troveranno cambiato l’universo fittizio che avevano tanto amato. Come detto, la webserie ha inizio dove si concludeva il cartone animato: i cavalieri hanno da poco sconfitto Ade. Pegasus è caduto in un coma profondo in seguito alla battaglia. La prima puntata vede protagonista Andromeda, il cavaliere più riservato e dal carattere più problematico, che riesce finalmente a ricongiungersi con l’amata Nemes, ma viene presto attaccato da un nuovo cavaliere nemico. Da qui in avanti ogni cavaliere sarà vittima della trappola di un vecchio antagonista, tornato dall’ade solamente in cerca di una vendetta. La particolarità più importante di Rebirth è quella di essere un prodotto Live Action ovvero un film fatto da attori in carne ed ossa. Questo genere di traduzione intermediale, poco diffusa in Italia, è invece comunissima in Giappone dove molte serie di manga hanno generato un film Live Action. Questi però non trovano distribuzione nei circuiti commerciali occidentali. Questa tecnica aumenta forse la sensazione di amatorialità del prodotto: ad esempio le armature dei cavalieri, per quanto realizzate in maniera più che decente, non potranno mai avere quella fantastica plasticità del disegno. Un aiuto importante viene dal doppiaggio, per il quale sono state contattate le voci storiche della serie. Anche al casting va una nota di merito: gli attori protagonisti stanno bene nelle parti per ciò che concerne la recitazione, ma soprattutto per una questione di phisique du role (in particolare Fenice, Ade e Sirio sono azzeccatissimi). Rebirth è insomma un progetto difficile, forse troppo, ma che sta riscuotendo un successo meritato anche al di fuori dell’Italia (la versione sottotitolata sta registrando numerosi feedback su Youtube). Questa calda accoglienza è dovuta alla mancanza di nuovi prodotti collaterali legati al franchise che, pur proseguendo con le serie direct to dvd (Ade e The Lost Canvas), non ha mai generato lungometraggi al contrario di altre serie nate nello stesso periodo (come Ken il guerriero e Dragon Ball, che hanno saputo riproporsi negli anni passando anche al cinema). Oggi la serie regolare continua con Saint Seiya Omega (partita nel 2012) e Rebirth rimane l’unico prodotto Fanmade legato ai Cavalieri dello Zodiaco degno di essere seguito. Scaffale 27 Scaffale 27 è un cortometraggio realizzato nell’ambito del workshop/contest Complete Your Fiction (CYF da qui in avanti), promosso dalle varie realtà cinematografiche di Bologna. Il corto di Stefano Santarsiere ha vinto l’edizione 2012, dimostrandosi il più meritevole fra i tre filmati prodotti nel laboratorio di quest’anno. Scaffale 27 è, infatti, un prodotto di ottima qualità che dimostra capacità di narrare e molte altre competenze e idee che vanno al di là della preparazione tecnica offerta dai tutor di CYF. Il regista è infatti uno scrittore ferrato, con un paio di romanzi alle spalle. In realtà, però, Stefano Santarsiere non firma la sceneggiatura ma la regia, che si dimostra decisamente all’altezza del difficile compito di mettere in scena una storia lenta e psicologica, ma comunque ritmata e piena di suggestioni azzeccate. Marco (Giuliano Pascali) è la guardia di un supermercato che si lascia presto coinvolgere dall’enigma di un anziano signore che ogni giorno lascia un oggetto in uno degli scaffali del supermercato, dietro alle confezioni dei biscotti. La storia si evolverà, quindi, seguendo il doppio filo del mystery (un mistero decisamente inerme, ma non per questo poco interessante) e della vita famigliare di Marco, un personaggio che tende a non rivelare tutto quello che sa: né a noi né alla moglie Giulia (Simonetta Venturini). Infatti verremo presto a scoprire che il suo interesse per l’uomo misterioso non era guidato da semplice curiosità, ma da un legame particolare che lo stringe all’anziano signore. Senza rivelare troppo della trama, diciamo che il pregio maggiore della sceneggiatura sta nel sapere dosare le informazioni che vengono date allo spettatore, per creare un mistero che coinvolge senza risolversi in una delusione o in una serie cliché. Uno alla volta i vari pezzi del puzzle si compongono con facilità e naturalezza, evitando le forzature e le incoerenze tipiche di quei prodotti che nascono col solo intento di piazzare un colpo di scena alla fine. Scaffale 27 ci fornisce solo le informazioni strettamente necessarie per darci un’idea di cosa sta accadendo ma, con un’intuizione molto moderna, fa in modo che il mistero si perda nel nulla come il famoso cadavere alla fine di Blow-Up. Men Rapist Men Rapist è una webserie in sei episodi che si autodefinisce come Pulp. Questo termine va preso nell’accezione più “tarantiniana” nella quale exploitation e citazionismo convivono con un’alta qualità fotografica, attoriale e registica. L’estrema padronanza del mezzo cinematografico dovrebbe dare vita nuova ai cliché del cinema di genere pulp o addirittura trash. Almeno in teoria, perché molto spesso gli emuli di Quentin Tarantino, Robert Rodriguez & co. non si dimostrano altrettanto bravi e si perdono per strada la qualità e l’ironia che caratterizzano e rendono validi i lavori dei registi d’oltre oceano. Sorge quindi una prima domanda: è riuscito Giuseppe Piva nel difficile compito di dare al suo prodotto una sufficiente aura di qualità? E’ riuscito a rendere visivamente bella l’exploitation, mettendo così in chiaro che la scelta del “Pulp” non deriva dal cattivo gusto ma piuttosto dalla decisione deliberata di fare del citazionismo misto a ironia? In parte sì, almeno per quello che si è visto nel primo episodio (l’unico attualmente disponibile). Men Rapist è un prodotto professionale che vanta buone qualità fotografiche e attori all’altezza. La regia è tutta tesa a dilatare i tempi della narrazione anziché comprimerli. La videocamera si interessa alle sfumature dei personaggi più che all’azione, come invece farebbe in un film pulp “vero e proprio”. Ovviamente ciò è possibile solo se si dispone di un cast all’altezza, dove gli attori reggono la scena nei lunghi dialoghi. Essi devono essere in grado di recitare in modo efficace quegli “inutili”, ma intriganti e acuti, in stile “Le Iene”, che ormai sono diventati un marchio di fabbrica del genere. Anche in questo caso, Men Rapist si dimostra all’altezza riuscendo dove moltissimi hanno fallito. Le performance degli attori, tutti professionisti, sono convincenti ed in particolare Massimo Barberi fornisce all’episodio un protagonista (o antagonista) malvagio e accattivante. Egli interpreta Adamo, un videomaker fallito che torna dall’estero senza un lavoro. Egli decide di iniziare a produrre dei video porno particolarmente violenti, sfogando nel frattempo le proprie perversioni su attrici in cerca di lavoro. Lo stupro della ragazza di turno sarà consumato come da programma, ma l’atto innescherà la vendetta di Angelica, una donna affascinante e avvolta in un velo di mistero che comanda un golem d’acciaio, il Men Rapist appunto. Contenuti forti, violenza e nudità fino al limite di ciò che è consentito mostrare su Youtube. E’ da escludere che vi sia dietro un vero e proprio impegno sociale nonostante l’argomento dello stupro sia il filo conduttore più evidente. Piuttosto nel primo episodio si ritrova quel femminismo violento e allegramente disimpegnato di Kill Bill o Death Proof. Anche in questo Men Rapist dimostra di aver imparato bene la lezione: è inutile tentare di fare del Pulp “impegnato”, si finisce sempre per fare un pasticcio di trash con velleità da film d’autore. Kinodromo - Intervista a Mike Giacovazzo Sabato 27 Ottobre l’ex chiesa Sympo’ di Bologna ha ospitato l’aperitivo di autofinanziamento di Kinodromo, la neonata associazione culturale fondata da un folto gruppo di cineasti, cinefili e appassionati del settore audiovisivo che ha preso vita dall’esperienza di “Lettera dei cineasti a sostegno di Santa Insolvenza” – che Indipendentidalcinema.it aveva già documentato ai suoi albori – poi evolutasi in seconda istanza in “Cineasti Arcobaleno”. La sua attuale forma è un’associazione culturale che prende il nome di Kinodromo, appunto, e annovera al suo attivo un progetto interessante per l’offerta cinematografica bolognese: una collaborazione col Cinema Europa in via Pietralata, con la gestione del palinsesto di alcune serate a settimana a partire dal mese di Novembre. Mike Giacovazzo è uno tra i soci fondatori di questo soggetto culturale; gli abbiamo rivolto alcune domande. Kinodromo nasce da una costola dei “Cineasti Arcobaleno”, un’assemblea aperta che esiste a Bologna da più di un anno. Ci puoi parlare dell’esperienza e di come si è arrivati all’idea di costituire un’associazione? L’assemblea aperta è nata con l’occupazione dell’ex-cinema Arcobaleno dall’esigenza di trovare spazi per film che, normalmente, hanno difficoltà a essere distribuiti, oltreché dalla voglia di inventare nuove modalità di fruizione. Nel corso dell’anno sono state portate avanti diverse iniziative, da “La lunga notte dei corti viventi” alla realizzazione di clip sui mestieri del cinema e di una mini serie per internet, “Il morbo di Kino” nella quale, tra le altre cose, c’è un cameo di Valerio Mastandrea. La partecipazione attiva ad alcuni eventi della vita culturale della città (“Visioni Italiane” e “Future Film Festival” per fare qualche esempio legato al cinema) ci hanno convinto che si poteva fare di più. È stato in quel momento che si è deciso di formalizzarsi e costituirsi in associazione culturale. Avere uno status giuridico ben definito permette, infatti, di portare avanti più facilmente qualsiasi progetto (dall’organizzazione di eventi al semplice noleggio di una pellicola). Il gruppo dei soci fondatori di Kinodromo è decisamente folto e comprende tutte le figure professionali principali legate audiovisivo. Qual’è il vostro background culturale? Tu ad esempio hai fatto il DAMS a Bologna, sono in molti ad aver seguito lo stesso percorso? I soci fondatori sono una quarantina, tutti hanno più o meno un curriculum legato al mondo dell’audiovisivo anche se con esperienze variegate e diversissime tra loro. Io sono all’ultimo anno di magistrale in Cinema, con me un altro paio di persone. Molta gente dell’associazione magari fa altro, ma si tratta comunque di persone che gravitano intorno a questo universo. Se c’è una cosa che stiamo tentando di fare è proprio attrarre l’enorme e potenziale platea rappresentata dagli studenti del Dams. Tra i vostri obiettivi c’è quello di occuparvi della programmazione del cinema Europa in via Pietralata a Bologna, una sala attualmente poco frequentata ma che si trova in centro, proprio vicino al Pratello. Come vi è venuta l’idea e come pensate di gestire gli spazi che avrete? Dopo aver sondato il territorio, abbiamo trovato la disponibilità del cinema Europa del Circuito Cinema diretto da Ginetta Agostini. Avremo a disposizione il palinsesto di due giorni a settimana, il lunedì e il martedì; c’è anche l’idea di usare la sala il venerdì per proiezioni notturne, ma questo non è ancora sicuro. Col gruppo programmazione stiamo mettendo a punto un calendario ricco di proiezioni-evento, l’obiettivo è quello di destare interesse e portare al cinema un pubblico il più possibile variegato quindi, oltre agli appassionati, anche chi abitualmente non ci va. Non mi resta che chiederti se la serata di autofinanziamento ha avuto il successo sperato e quali sono i vostri progetti per il futuro, sia come organizzatori di eventi che come scrittori e cineasti. La festa è stata un successone, a un certo punto abbiamo finito i moduli per il tesseramento tanta era la gente che voleva entrare! Le persone sono rimaste ad aspettare fuori in coda un bel po’ (e di questo ci dispiaciamo). Toccherà preparare più moduli per le prossime serate! La cosa positiva è l’interesse manifestato per il progetto: se tutti hanno aspettato così diligentemente vuol dire che l’idea piace e questo lascia ben sperare per il futuro. Auspichiamo gli stessi risultati per la serata di apertura di lunedì 26 novembre (a cui il pubblico di lettori di Indipendentidalcinema.it è calorosamente invitato, n.d.r.) e per le successive. Diesis Quello della fotografia è un tema che ha da sempre affascinato registi e sceneggiatori cinematografici. La ragione di questo interesse si può attribuire alle ovvie possibilità che l’argomento offre di condurre, una riflessione metalinguistica, ma anche a tutta una serie di temi e suggestioni che sono connaturate con la camera oscura. Fotografare una persona significa isolare un istante della sua esistenza, quindi fermare il tempo, tanto per dare una lettura un po’ banale al fenomeno dell’impressione di un’immagine. Ad un livello interpretativo un po’ più approfondito, possiamo dire che una fotografia è un pezzo della persona che vi è raffigurata ma appartiene a colui che l’ha scattata. Ecco spiegato perché ci disturba l’idea che una persona sgradita possieda una foto che ci ritrae. Un buon narratore sa questo e sa quindi che mettere una macchina fotografica in mano a un personaggio ossessivo, squilibrato, si rivela sempre una scelta conturbante. E’ questo che rende interessante Diesis, il cortometraggio Horror diretto da Simone Chiesa e Roberto Albanesi, che lo hannorealizzato per partecipare al Your Film Festival, la competizione per videomakerspromossa da Youtube e da Ridley Scott. Il filmato ci mostra un uomo alle prese con la sua ossessione per la fotografia. Egli è In preda a un lungo flusso di coscienza che sentiamo in voice over, attraverso l’ottima voce del veterano Giorgio Melazzi. La fotografia è, però, solamente un mezzo che l’uomo usa per arrivare al suo vero obiettivo: una donna giovane e bella della quale sappiamo solo che si presta volentieri a farsi ritrarre. La narrazione procede quindi come un fluire ininterrotto di azioni e pensieri; presto il protagonista si lascia prendere dall’estasi dell’atto fotografico e gli eventi presenti si confondono coi ricordi in una sequenza ottimamente ritmata e montata. Diesisè un cortometraggio in cui la dimensione soggettiva del personaggio protagonista prende il sopravvento fin da subito.Il montaggio frammentato e una serie di flashback improvvisi ci aiutano a calarci nella sua prospettiva sulla realtà, personale e distorta. Nulla di nuovo sotto il sole e, come accade spesso nei prodotti di breve durata, i colpi di scena sono la parte meno interessante di un prodotto che rimane di buona fattura e dal soggetto ben focalizzato. I folli... siete voi! (animi morbus) Quello dell’horror è un terreno particolarmente scivoloso per registi e sceneggiatori non professionisti o per set che non dispongono di un budget elevato. Si può incappare in cliché troppo abusati per essere ancora incisivi, oppure non disporre di attori all’altezza del compito. Entrambi sono rischi da tener presenti quando si tenta un qualsiasi esperimento di genere. Nell’orrore, però, gli errori sono particolarmente dolorosi perché spezzare la tensione può significare che lo spettatore passerà dalla paura al suo opposto: la risata. I Folli… Siete Voi! è un cortometraggio che fatica ad aggirare tali rischi. In realtà, non si può dire che il corto sia del tutto privo di pregi: tra questi spiccano la fotografia, molto valida soprattutto nelle scene ambientate nel passato. C’è una cura peculiare dei movimenti di macchina, che è rara nei prodotti esordienti; ed è lodevole il tentativo di mantenere un regime lento ma comunque ritmato. Però è forse il contrasto tra questi pregi, questi momenti di qualità, e quelli meno riusciti a togliere valore al lavoro creando un po’ di comicità involontaria. Il corto di Vincenzo Bellini racconta di una clinica privata il cui direttore, un uomo di scienza privo di scrupoli, abusa della sua posizione per condurre esperimenti sui suoi pazienti. Nell’incipit compaiono le prime debolezze: dal poco riuscito il tentativo di ringiovanire il primario, alla sceneggiatura claudicante. Che tipo di esperimenti vengono condotti nella clinica? come ha fatto il primario maligno a trovare dei collaboratori tanto corrotti e privi di scrupoli? Rispondere a questi quesiti, anche solo con una battuta, avrebbe aiutato il corto ad essere più incisivo e la parte di “denuncia sociale” sarebbe risultata meno qualunquista. In questo modo sembra spinta solamente dai vari cliché di genere legati al mad scientist. La storia continua nel presente: il protagonista, figlio del primario, ritrova il diario della madre e scopre che quest’ultima non lo aveva abbandonato, ma era stata imprigionata dal padre per aver scoperto gli esperimenti. Egli decide di tornare alla clinica in rovina per cercare le prove del misfatto e, per una improbabile coincidenza, incrocia il vecchio padre, tornato a sua volta sul luogo per dare un ultimo saluto all’edificio in vendita. Per concludere, i filmmaker fiorentini di Icarusfilm, dimostrano di poter dispiegare risorse più che discrete e di possedere competenze di vario genere. Purtroppo le inconsistenze nella trama unite a scelte di messinscena poco felici hanno minato la qualità del loro ultimo lavoro. Fatum Fatum è una webserie in cinque episodi girata a Pescara, che si è conclusa a Marzo del 2012. L’opera è, al sodo, la storia dell’esaurimento di un uomo che in seguito ad un incidente in bici inizia ad esperire delle visioni di un futuro apocalittico. Egli si ritroverà a perdere il lavoro, l’amore e, forse, la vita stessa. La narrazione assume fin da subito toni epici e altisonanti che ricordano per molti aspetti un film catastrofico alla Roland Emmerich, anche per l’uso che viene fatto degli effetti speciali nelle sequenze oniriche nonché per la scelta, non particolarmente originale, dei titoli in latino e di una voce narrante che ci fornisce delle chiavi di lettura un po’ troppo ovvie. Quella del film apocalittico si rivela, però, una falsa pista. Fatum sceglie piuttosto di concentrarsi sulla discesa negli inferi del personaggio protagonista, il quale, tormentato da una vita nella quale il tempo linearmente scandito non ha più senso, arriverà (stranamente presto) a filmarsi per lasciare ai posteri un documento del suo disagio. Questi è interpretato da Andrea Baglio, un buonattore e un youtuber in rapida ascesa col suo canale “sBAGLIOtubo”, il cui successo è dovuto anche alla comparsata in Freaks. La serie rivela presto il suo carattere di racconto sci-fi con implicazioni esistenziali tutte imperniate sul disagio e l’isolamento che si provano a vedere il futuro meglio degli altri. Anche se tali aspirazioni contenutistiche si sono rivelate poco sincere, risolvendosi in una serie di cliché cinematografici autoreferenziali e poco più, di maggiore interesse risulta essere la trovata dei sei finali alternativi che, oltre ad essere spassosi da esplorare, si collocano bene in una storia che si interroga sulla possibilità di modificare il proprio futuro. La regia è firmata da Shexmoon, al secolo Cristopher Armando Verrocchio, un giovane videomaker e attore che si è fatto le ossa nell’ambiente della rete, proponendo video parodici dal carattere demenziale. Fatum è diretto e montato abbastanza bene, seppur con qualche incertezza di troppo sul piano della fotografia. Una menzione particolare va alle ottime musiche originali: esse danno una forte spinta all’atmosfera del prodotto, talora rarefatta come nelle scene dei flashforward, altre volte reale e “materica” come nei longshot che illustrano il litigio fra il protagonista e la sua fidanzata. Spoiler-Man Davide Marini, in arte Jakdave, è un videomaker che si è formato e fatto conoscere nell’ambiente dei video per la rete. Il suo ultimo lavoro, Spoiler-Man, è fortemente influenzato da questa matrice internettiana,tanto che la webserie parla di un nerd, nell’accezione più moderna e impropria del termine. Nicolas non è, infatti, un mago dell’informatica ma un semplice fanboy che porta fino a livelli ossessivi la sua passione per videogiochi, serie TV e fumetti.Un elemento di interesse sta proprio nel fatto che, esattamente come accade nella serie americana The Big Bang Theory, SpoilerMan gioca a caricaturare i nerd. Li prende in giro in quanto “sfigati” ma poi, in fondo, dimostra una certa simpatia e affinità col loro mondo. Le numerosissime citazioni a videogames e serie TV sono inserite per essere colte da un pubblico che è anch’esso, a sua volta, un pò geek, a dimostrazione, inoltre, dell’avvenuta popolarizzazione della figura del nerd. La storia ha inizio quando Nicolas, il nostro protagonista, sogna un uomo in giacca nera che gli dà l’ordine di svegliarsi. Il sogno si rivela premonitore quando il ragazzo scopre che l’uomo in giacca esiste davvero, egli è uno scienziato che sta tenendo delle conferenze sulla fine del mondo. Altre visioni del futuro daranno a Nicolas la conferma del suo potere di preveggenza. Egli è, in sostanza, in grado di dare degli spoiler sul futuro. Nelle quattro puntate attualmente disponibili viene introdotto anche qualche breve accenno ad un arco narrativo più grande che collegherà il potere di Nicolas al destino del mondo. I momenti di maggiore ilarità restano comunque quelli che vedono il protagonista in coppia con Virgilio, il proverbiale amico sessualmente disinvolto, interpretato dal regista stesso della serie. La dinamica tra i due personaggi è sicuramente il punto di forza di Spoiler-Man, almeno fino ad ora. Essa crea l’occasione per mettere in scena una gran quantità di gag, rubando la scena ai momenti di vera e propria progressione narrativa, molto meno interessanti. Sul piano qualitativo il lavoro è ancora abbastanza amatoriale ma il livello della recitazione va migliorando e così anche la cura per i dettagli dei costumi e in generale tutto ciò che riguarda la caratterizzazione dei personaggi. Questi ultimi sono sempre delle “citazioni viventi”, dei personaggi già visti, prelevati direttamente dal nostro immaginario collettivo di spettatori. L’operazione non è certo nuova e non lo sono nemmeno i numerosi ammiccamenti che i personaggi fanno al pubblico (“potremmo farne una webserie” dice Virgilio, dopo che il protagonista gli ha raccontato dei suoi sogni premonitori). Se le matrici della comicità di Spoiler-Man non sono nuove, ciò non vuol dire che esso non possa divertire sviluppando la sua idea e i meccanismi collaudati di comicità assurda e di parodia cinematografica, a maggior ragione quando questi sembrano tranquillamente risalire a quelli testati da Mel Brooks e dall’universo delle sue derivazioni. Il Corso di Cazzotti del Dr. Johnson Il Corso di Cazzotti del Dr. Johnson è una webserie tra le più conosciute e apprezzate in Italia. Essa nasce da uno sketch comico del gruppo dei Licaoni uscito nel lontano 2007 all’interno del Licaoni Fat Show, che trattava laparodia di un corso di autodifesa, di quelli da edicola con protagonista un istruttore esaltato che propugna metodi di allenamento tanto infallibili quanto assurdi. Lo sketch di quattro minuti ebbe un ottimo successo in rete, tanto da convincere il gruppo teatrale a trasformare l’idea nel format di una webserie. È proprio il format, la forma “chiusa” delle puntate, il punto di forza della serie: ogni puntata/lezione del Corso di Cazzotti (ad eccezione delle ultime) segue una scaletta precisa di momenti comici che sono quelli fissati nel primo episodio. Ovviamente è il gioco dei ritorni e delle variazioni a rendere efficace tale formula: sappiamo già che Sanchez, lo sfortunato allievo e cavia dell’istruttore, verrà chiamato a colpire quest’ultimo per poi essere picchiato e umiliato, ma è il come ciò avviene che non manca mai di sorprendere e divertire. La qualità delle puntate “regolari” è molto alta, soprattutto per quanto riguarda il livello recitativo: Alex Lucchesi, che presto vedremo nel lungometraggio Zombie Massacre prodotto da Uwe Boll, interpreta ottimamente l’istruttore carismatico e spietato. D’altronde I Licaoni, al secolo Alessandro Izzo, Francesca Detti, Guglielmo Favilla e Andrea Gambuzza, sono una compagnia teatrale di professionisti e contano molti lavori alle spalle: uno di questi è Kiss Me Lorena con Alba Rohrwacher, un lungometraggio recentissimo visionabile per intero sul loro canale Youtube. Le qualità del prodotto seriale non si limitano a quelle elencate e riguardano anche gli aspetti più propriamente filmici; per la serie, infatti, i Licaoni hanno chiesto il contributo di Q-Z Arts, una piccola casa di produzione livornese che ha garantito al prodotto una qualità video ottima, recentemente attestata dai premi ricevuti al Los Angeles Web Series Festival nelle categorie effetti speciali ed editing. Oltre alle “pillole” del Corso, sketch brevissimi con protagonista Sanchez, è attualmente disponibile una stagione 1.5 del Corso di Cazzotti, la quale è formata da spezzoni presi dal mediometraggio Sanchez e l’Ovale del Drago Nero, che è disponibile per intero solo nel dvd della serie. Other Quello di Other è un caso di webserie interessante per due motivi: il primo è che, risalendo al lontano 2009 (lontano nel metro di misura della rete), esso appartiene praticamente alla preistoria delle webserie italiane. Il secondo motivo di interesse è il successo di Davide Marini creatore della serie e youtuber poliedrico ancora prima che regista. Sul canale Youtube del giovane si possono trovare una gran quantità di Vlog (ovvero blog in forma di video) e video di Unboxing (cioè filmati in cui viene mostrato lo spacchettamento di prodotti solitamente tecnologici e la loro relativa “recensione”), oltre a una montagna di contenuti speciali relativi alle sue webseries. Tali prodotti video costituiscono oggetti di grande richiamo, in quanto generi specifici della rete hanno contribuito a decretare il successo del videomakerancora più della qualità dei , per la verità non particolarmente alta. In questo nulla di male: è stato più volte dimostrato che la rete ama le cose leggere e le persone che si divertono quando creano contenuti, lo attestano i 1100 utenti che hanno sottoscritto il canale di Jakdave, pseudonimo del regista pugliese. Passando alla serie vera e propria, Other è un esperimento di genere molto amatoriale ma non per questo non godibile. Giuseppe è un ragazzo lavoratore, la cui vita viene sconvolta dall’incontro con l’ “osservatore”, un uomo vestito di nero che possiede la singolare capacità di viaggiare tra le dimensioni. A Giuseppe viene proposto di viaggiare nel tempo e recarsi in una realtà parallela, conservando la possibilità di tornare indietro alla vita normale qualora lo desiderasse. Il ragazzo, preso dalla curiosità, non si lascia sfuggire l’occasione ma, appena arrivato a destinazione, viene rapito da un gruppo di uomini che vogliono impossessarsi del macchinario per viaggiare tra le dimensioni. Gli elementi classici del thriller fantascientifico ci sono tutti e la mancanza di un budget è presto accettata dallo spettatore in quanto “parte del gioco”. Si può quasi dire che un certo grado di dilettantismo faccia parte del “patto narrativo” nei contenuti della rete, e che, quindi, esso sia non solo accettabile, ma dilettevole fin tanto che le pretese del prodotto rimangono basse e il clima generale leggero. Otherriesce perfettamente a intrattenere e divertire con le sue citazioni obbligate, senzaalcuna pretesa di innovare o insegnare; in questo senso può dirsi un prodotto riuscito: coerente e non pasticciato. Il buon inizio di un videomaker che si sta facendo conoscere ora, soprattutto con la sua nuova serie: Spoiler-man. Blackout “E’ possibile che le coincidenze non esistano?” E’ questa la tagline di Blackout, una serie della quale è disponibile solo l’episodio pilota, ma che si è già dimostrata ambiziosa e lungimirante nel suo progetto di arrivare fino all’ottava puntata. La risposta alla domanda iniziale comunque l’abbiamo già, ed è no. Non è il caso che ha fatto incontrare i quattro protagonisti le cui vite sono sconvolte da un blackout, un vuoto di memoria improvviso che li catapulta in un futuro prossimo, un mondo familiare ma estraneo allo stesso tempo. Ad unire le loro vite sono due elementi di disgrazia: delle strane cicatrici che ognuno troverà sul proprio corpo e un gruppo di inseguitori mascherati armati di falcetti. E’ evidente che David Valolao, la mente dietro al progetto e il fondatore della Triad Productions, ha un’idea precisa di quello che Blackout dovrà essere e delle fonti di ispirazione dalle quali bisogna pescare accuratamente. Queste appartengono al thriller, all’horror e al mistery in generale, ma il regista ligure non disdegna lunghe sequenze d’azione abbastanza ben coreografate e montate in maniera iperdinamica. Il prodotto, è già possibile dirlo, gira tutto attorno a una storia corale nella quale una serie di persone sono irresistibilmente unite dal mistero e dalla necessità di sopravvivenza. Di pari passo con il progredire della storia, sarà dato più spazio alla personale storia dei singoli personaggi, dando sfogo a tutte quelle linee narrative che sono già state saggiamente “seminate” nel primo episodio. Si tratta di una serie di elementi classici ma che, a quanto pare, continuano ad interessare. E’ tutto da vedere, invece, il modo in cui saranno sviluppati i temi dell’11 Settembre e della Seconda Guerra Mondiale, che vengono appena accennati nell’episodio pilota. Uno dei punti di forza della serie è sicuramente la fotografia: ben curata, si fa notare fin dalla prima, suggestiva, sequenza del risveglio di Vince, uno dei protagonisti che presto impareremo a conoscere. Siamo di fronte ad un buon pezzo di artigianato, quindi, ben rifinito e privo di errori grossolani. D’altronde i giovanissimi ragazzi della Triad Productions avevano già dimostrato competenze tecniche e capacità di narrare con Alone in the Light, un cortometraggio horror molto valido, con Blackout sperano evidentemente di avere quel maggiore riscontro di pubblico che meriterebbero. Cross la serie E’ sempre difficile giudicare un film la cui trama ruota attorno a un mistero senza averne visto la conclusione; tuttavia, se si tratta di webserie, qualche volta si è chiamati a farlo. Se la qualità è apprezzabile sin dall’inizio e se gli episodi ci intrigano, è già segno che il prodotto è valido, a prescindere dal finale. In parte è vero e nel caso di Cross la Serie possiamo dire che l’alchimia di elementi che dovrebbe tenerci incollati allo schermo è abbastanza riuscita. Nei tre episodi attualmente disponibili viene raccontato poco in termini di progressione narrativa, ma i temi portanti dell’opera sono già stati introdotti. Nicolò Davoli, giovanissimo videomaker di Reggio Emilia, sceglie di dare alla serie una struttura corale classica: tre personaggi sono uniti tra loro da un legame misterioso. Tutti e tre vengono interrogati controvoglia quando Gloria Perry, una donna che scopriremo avere grossi pesi sulla coscienza, muore in maniera apparentemente accidentale. Una serie di flashback ci mostreranno quindi le vite dei tre protagonisti e i loro problemi sentimentali e lavorativi che acquistano via via importanza e tempo nell’economia degli episodi, fin quasi a diventarne il nucleo. Come citato in precedenza, la qualità in Cross è distintiva. La fotografia, ben curata e coerente, rende il tutto particolarmente suggestivo, soprattutto nell’incipit che svolge bene il compito di stuzzicare l’immaginazione alludendo probabilmente al passato di un protagonista. Tuttavia, come in molti altri prodotti pensati per la rete, la recitazione non è sempre all’altezza e le scelte di montaggio, ellittico e non cronologico, lo fanno cadere spesso in clichéche nell’epoca di Lost sanno di eccessivamente familiare. Inglorious Hunterz Un capomanipolo fascista guida una compagnia di soldati, membri del partito e partigiani in una missione tra le colline romagnole; a questi si uniranno un monaco e un membro della resistenza francese. La ragione della strana alleanza può essere così riassunta: siamo negli anni dell’occupazione tedesca e l’ex alleato italiano ha deciso di fare uso di un’arma segreta: un virus che trasforma le persone in zombi. È questo il retroscena di Inglorious Hunterz, una webserie in sei episodi dei quali sono disponibili i primi tre. La serie sceglie le forme dell’ucronia e del b-movie horror dimostrando di saperle maneggiare entrambe con sufficiente disinvoltura e la giusta dose di autoironia. Si tratta di temi cari a Luca Baggiarini che li aveva già esplorati in La Legione Fantasma e PREDATUS, nei quali curava sempre la regia e gli effetti speciali ma scegliendo il contesto della Roma imperiale. La contaminazione fra exploitation e film d’ambientazione storica non è certo originale (soprattutto in rete) e il riferimento a Bastardi Senza Gloria è dichiarato già nel titolo. Ma l’importante in questo tipo di operazione è proprio rendere espliciti fin da subito gli intenti: Inglorious Hunterz è una webserie che fa ampio uso di un citazionismo per nulla sottile, di cattivo gusto premeditato e di personaggi “già visti” infarciti di frasi mitiche volutamente sopra le righe. È sempre difficile dire se si assista a un uso geniale dell’autoironia o a una reale mancanza di gusto poiché il confine è sottile e facilmente valicabile. La qualità del prodotto non è altissima e qualche volta l’audio distorto e l’uso eccessivo di color correction possono risultare fastidiosi. Va detto, però, che gli episodi migliorano progressivamente e che l’ultima puntata, la terza, è senza dubbio la migliore, anche per quanto riguarda scrittura e recitazione. La partecipazione speciale di Emanuele Contadini nelle vesti del domatore di zombi Orfeo Togni, ha dato un importante valore aggiunto che ci fa ben sperare per il quarto episodio, che è stato annunciato un mese fa dopo una pausa di più di sei mesi.