Fede Cristiana e Agire Sociale: Dottrina Sociale della Chiesa

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Fede Cristiana e Agire Sociale: Dottrina Sociale della Chiesa
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Fede Cristiana e Agire Sociale: Dottrina Sociale della
Chiesa e Azione Politica.
di Fabio Poles
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Fede Cristiana e Agire Sociale: Dottrina Sociale della Chiesa e Azione Politica. .................................................... 1
Premessa. ............................................................................................................................................................ 3
Che cos’è la politica ?........................................................................................................................................... 3
La politica a livello individuale. .......................................................................................................................... 5
La politica a livello sociale................................................................................................................................. 5
La politica a livello istituzionale. ........................................................................................................................ 6
Una definizione di “politica” e le sue implicazioni. ............................................................................................ 7
Dottrina Sociale della Chiesa e Politica. ............................................................................................................... 8
Principio personalista........................................................................................................................................ 9
Solidarietà. ........................................................................................................................................................ 9
Sussidiarietà. .................................................................................................................................................. 10
Bene Comune. ................................................................................................................................................ 12
I principi fondamentali della DSC : una rapida sintesi ed una indicazione d’azione (politica)......................... 12
DSC e perfezione Cristiana. ............................................................................................................................... 13
Conclusione........................................................................................................................................................ 14
Bibliografia essenziale. ....................................................................................................................................... 16
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Premessa.
Intendo articolare questo contributo in tre diversi momenti.
Per prima cosa voglio riprendere una definizione di politica la cui elaborazione e sperimentazione dobbiamo in
primo luogo ai responsabili della Scuola di Formazione all’Impegno Sociale e Politico di Reggio Emilia ed alla
capace sintesi di Gino Mazzoli (1994).
In un secondo momento torneremo brevemente sui concetti di persona, solidarietà, sussidiarietà e bene comune
così come ci vengono oggi proposti dalla Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) ed in particolare dalle encicliche di
Giovanni Paolo II. Non ci interesseremo alla loro possibile declinazione nella società, in economia o in politica ma
cercheremo di indicare come questi concetti/valori possano indirizzare l’azione politica di cui alla definizione
citata.
Infine intendo mostrare come la politica correttamente intesa ed i concetti/valori di cui sopra si sposino con la vita
di ogni cristiano e siano ad essa strettamente attinenti. Mi servirò per questo principalmente del lavoro di Enrique
Colom (1998).
Per ulteriori approfondimenti rimando alla bibliografia essenziale di cui alla fine di questo lavoro.
Che cos’è la politica ?1
Senza prima definire il termine “politica”, cerchiamo di far mente locale sull’ultima situazione politica che
riteniamo di aver vissuto oppure sull’ultima decisione politica che riteniamo di aver preso. Scopriremo che
qualunque situazione o decisione immaginata o vissuta presenta una struttura ricorrente : qualcuno ha dovuto o
noi stessi abbiamo dovuto operare una qualche scelta cercando di mediare tra organizzazioni o gruppi o persone
addirittura tra valori diversi per indirizzare in qualche modo la realtà nella quale ci siamo trovati ad operare.
In prima approssimazione quindi la politica è “il governo delle interazioni tra le parti di un sistema” dove per
sistema intendiamo un’entità costituita da più parti che interagiscono fra di loro e dove una modificazione subita
da una parte provoca la modificazione dell’intero sistema.
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Per una trattazione più estesa e precisa si veda : Mazzoli G., “Che cos’è la politica”, in Mazzoli G. - Morlini A.,
“Capire la politica”, Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna, 1994 da cui sono tratte anche le figure proposte nei
paragrafi successivi.
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Globalità, ordine, organizzazione, coordinamento, decisioni, finalità, autorità, potere : sono nozioni strettamente
connesse con l’azione di governo delle interazioni tra le parti di un sistema e quindi con l’idea di politica.
Uno schema generale di riferimento, una “figura”, può a questo punto esserci di grande utilità per fissare quanto
proposto :
dove è chiaro che la competenza specifica del politico non sta in questa o quella conoscenza tecnica (la sua
competenza infatti non si esercita all’interno di uno dei rettangoli che stanno a rappresentare parti di un
sottosistema o sottosistemi) ma nella capacità di capire le relazioni tra le parti del sistema in cui si trova ad
operare ed ancora nella capacità di governare quelle stesse relazione attraverso una attività di scelta, decisione
e mediazione per imprimere al sistema la giusta direzione verso le finalità che (il “politico”) si è preposto
(rappresentate nella figura dalla freccia in basso a sinistra).
E’ chiaro ancora che l’attività di “governo delle relazioni” così come è stata qui proposta è una attività
prettamente politica e non etica.
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Capire e governare le interazioni non esige infatti particolari attitudini etiche, con tutte le conseguenze che questa
affermazione porta con sé.
La politica a livello individuale.
Anche chi dice “non vado più a votare perché mi danno tutti fastidio” sta in qualche modo cercando di esercitare
una azione politica. Infatti il “fastidio” che denuncia è strettamente connesso con la sua difficoltà di rendere
coerente il proprio sistema di valori con quello espresso da chi si candida ad una qualche forma di
rappresentanza istituzionale.
Di più ancora : l’indirizzo che intendiamo dare da noi stessi alla nostra vita (la finalità che intendiamo perseguire)
esige una azione politica. Lo schema potrebbe essere allora così riempito :
La politica a livello sociale.
Le azioni di “governo delle relazioni” che mettiamo in essere in qualsiasi gruppo al quale apparteniamo hanno a
che fare con la politica. Pensiamo al caso di un lavoratore il cui stipendio sia l’unica fonte di reddito della propria
famiglia e che venga improvvisamente messo in cassa integrazione. Dovrà prendere delle decisioni e mediare tra
un insieme di esigenze diverse, sue, del coniuge, dei figli, per imprimere al sistema-famiglia la giusta direzione in
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coerenza con le finalità ed il progetto di famiglia perseguito: comprare il motorino al figlio, cambiare l’arredamento
della camera da letto o esercitare un forte risparmio per garantire comunque lo studio ai figli ? In questo caso lo
schema potrebbe essere così completato :
La politica a livello istituzionale.
E’ il momento più immediatamente comprensibile e si riferisce all’azione di governo esercitata dagli organi e dalle
istituzioni cui la rappresentanza è delegata dai cittadini. A questo livello al politico non interessa possedere una
specifica competenza tecnica di “sottosistema” (essere, per esempio, un capace giurista) ma da “esperto di
connessioni” quale deve essere gli interesserà piuttosto la comprensione delle relazioni tra i vari sottosistemi e la
capacità di prevederne il movimento in seguito alle decisioni prese. Tagliare i finanziamenti all’istruzione può
risanare un bilancio pubblico (e qui finisce il compito del tecnico) ma può comportare una degenerazione delle
competenze possedute dalle “risorse umane” che operano nel sottosistema economico, la conseguente perdita
di peso dell’economia a livello internazionale e, alla lunga, una riduzione dell’autorità internazionale. La
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mediazione quindi tra le diverse scelte e possibilità va operata dal politico considerando il sistema nella sua
globalità, interpretandone opportunamente le connessioni e perseguendo un preciso progetto.
In quest’ultimo caso lo schema potrebbe essere così completato :
Una definizione di “politica” e le sue implicazioni.
La politica è allora l’azione (che svariati soggetti, gruppi, associazioni a vario titolo e con diverso grado di
intensità svolgono) di organizzazione e indirizzo, attraverso decisioni delle interrelazioni che esistono e che si
sviluppano tra i vari sottosistemi presenti nel sistema sociale. Ancora : la politica è mediazione ; questa si attua
attraverso decisioni che sono parte di un progetto (esplicito o meno).
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La politica non abita in qualche palazzo ma in qualche modo “abita ovunque” e l’azione politica viene esercitata
da ognuno di noi ogni qualvolta si “governino” delle relazioni tra più parti di una stessa entità (dal singolo
individuo alla società nel suo complesso).
La competenza di settore non garantisce la competenza politica. Il politico non è infatti un tecnico : la sua
competenza specifica è la comprensione della totalità e delle relazioni che al suo interno si sviluppano.
Dovrà possedere gli elementi di fondo di ciascun sottosistema senza necessariamente possedere una qualche
specifica competenza di settore.
Proprio per questo tuttavia dovrà esercitare su se stesso una continua opera di formazione.
Dottrina Sociale della Chiesa e Politica.
Abbiamo più sopra stabilito che la capacità di governo delle relazioni tra le parti di un sistema è una attitudine
prettamente politica e non etica. Ciò significa che non è necessario essere uomini “buoni” o avere un “buon”
progetto di società per riuscire a capire e governare le interconnessioni tra i vari sottosistemi.
La cronaca quotidiana, con le sue continue notizie circa fenomeni di cattiva azione/gestione politica ne può
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essere una conferma empirica .
Consapevole del fatto che una azione politica intesa come fin qui abbiamo proposto potrebbe essere esercitata
anche in un desolante vuoto etico, la DSC fa la sua proposta in relazione ai valori di riferimento della società.
Se torniamo a far mente locale sugli ultimi episodi di situazione/decisione politica che riteniamo di aver vissuto e
cerchiamo di capire in base a quali elementi/valori abbiamo prodotto (o abbiamo aiutato a produrre) le nostre
decisioni, scopriremo probabilmente di aver agito per la salvaguardia della dignità di una persona (fossimo anche
noi stessi), per “farci prossimo” alle esigenze di persone o gruppi che non potevano occuparsi da soli di qualche
problema, aiutando qualche persona (o gruppo) ad uscire con le proprie forze da una situazione problematica o
per una qualche forma di “superiore perfezione” di un gruppo (piccolo o grande che fosse).
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Nessuno di noi può tuttavia scaricare le proprie responsabilità : anche un gesto semplice e apparentemente
banale come non obliterare il biglietto dell’autobus contribuisce ad imprimere al sistema sociale di cui siamo parte
una direzione particolare e produce una qualche forma di “sfondamento” nel sistema di valori di riferimento della
società.
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Principio personalista.
Quando diciamo di agire per il rispetto della dignità di qualcuno ci ispiriamo, consapevoli o meno, al principio
personalista.
Questo è il principale valore fondamentale della DSC. Per una sua trattazione più approfondita rimando a Combi
E. Monti E. (1994) a Possenti V. (1992) e a De Rosa G. (1989).
Ci basti qui enuclearne gli elementi portanti.
La persona umana trae la sua dignità dall’essere creata a “immagini e somiglianza” di Dio (Gn 1, 26).
Proprio per questa originaria somiglianza ogni persona è capace di razionalità e quindi sa scegliere da sé le
proprie finalità (è quindi autonoma). E’ inoltre capace di relazione : orizzontale, vale a dire con i propri simili ;
verticale, cioè con il proprio Creatore e comunque con i fini che si è scelta (ma scegliere il proprio fine in
definitiva è scegliere il proprio dio, dove il minuscolo non lo identifica necessariamente con il Dio della rivelazione
Cristiana).
Verità e libertà, poi, sono le due polarità all’interno delle quali si gioca per intero ogni persona umana. Per questo
motivo la DSC indica come primo e principale diritto/dovere di ogni persona cercare la Verità e una volta trovata
vivere secondo essa (cfr. Centesimus Annus, n° 47 e Giovanni Paolo II (1998).
Qualsiasi scelta politica che neghi valore e dignità alla persona umana o che comunque ne riduca la portata è
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una azione deprecabile .
Solidarietà.
Quando ci “facciamo prossimo” rispetto a situazioni problematiche intervenendo direttamente in favore di
persone o gruppi, agiamo secondo il principio di solidarietà.
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Tra le fonti della DSC vi è il diritto naturale. Il principio personalista (così come i principi di solidarietà, di
sussidiarietà e del bene comune) trae da questo origine e vigore. Una azione che riduca o tolga dignità alla
persona è deprecabile quindi non solo alla luce della DSC ma anche da un punto di vista strettamente umano.
Quanto alle fonti della DSC ed in particolare al diritto naturale si vedano De Rosa G. (1989) pagg. 37-45 e
Possenti V. (1992) pagg. 44-46.
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Rimando anche in questo caso agli autorevoli contributi degli autori già citati per un ulteriore approfondimento e
cerco ancora una volta di enuclearne gli elementi costitutivi.
“Volontà ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune” è la definizione che l’enciclica Sollicitudo Rei
Socialis di Giovanni Paolo II da di solidarietà al n° 38.
Solidarietà implica quindi un impegno cosciente, deciso e continuo a favore del bene comune e trova in questo
stesso bene comune compimento e significato. La parola deriva direttamente dal diritto romano dove risponde “in
solido”, cioè con il proprio patrimonio, chi assume una qualche obbligazione nei confronti di terzi.
E’ importante qui capire che il compimento dell’azione a favore del bene comune spetta direttamente a chi
esercita la solidarietà. Di fronte ad una persona che muore di fame non intervengo procurandole un lavoro che le
consenta di disporre tra qualche tempo di un certo reddito per far fronte da sè stessa alle proprie esigenze ma
intervengo direttamente dandole da mangiare.
La solidarietà “è intrinsecamente connessa con l’efficienza, dal momento che per definizione include la
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responsabilità verso se stessi e verso tutti. Lo è anche con la libertà e la giustizia sociale . Infatti si espleta su
basi di libertà ed è in funzione di questa. E’ efficace se a ciascuno, persona o gruppo o società politica, è
realmente dato il suo, secondo il bisogno, il merito e la condizione” (Toso, 1998).
Chi intende impegnarsi in politica oggi alla luce di quanto fin qui maturato, dovrà cercare di trovare modi sempre
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nuovi e creativi per dimostrare la compatibilità tra efficienza e solidarietà .
Sussidiarietà.
Quando compiamo una azione per aiutare qualche persona (o gruppo) ad uscire con le proprie forze da una
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situazione problematica, agiamo secondo il principio di sussidiarietà .
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Combi E. Monti E. (1994), Possenti V. (1992) e De Rosa G. (1989).
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Sul concetto di giustizia sociale si veda Novak M. (1993) pagg. 70-98.
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Poles F. (1993), pagg. 8-9
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Vedi Toso (1998) e ancora una volta Combi E. Monti E. (1994), Possenti V. (1992) e De Rosa G. (1989).
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“Subsidiariae cohortes” erano le truppe di rincalzo dell’esercito romano : intervenivano nella battaglia soltanto
dopo il cedimento dei soldati impegnati sul fronte di combattimento.
Nell’enciclica “Centesimus Annus” al n° 48, Giovanni Paolo II definisce così il principio di sussidiarietà : “una
società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle
sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua azione con
quella delle altre componenti sociali in vista del bene comune”.
A differenza del caso della solidarietà, l’azione diretta spetta a chi vive in prima persona la situazione
problematica, mentre quella indiretta spetta a chi esercita l’azione di sussidiarietà.
Il principio è fortemente connesso ai concetti di responsabilità e di efficacia, meno a quello di efficienza. Interessa
in questo caso che la “società di ordine inferiore” eserciti la propria azione nei confronti della situazione
problematica facendosi carico fino in fondo di quanto la riguarda secondo la propria responsabilità per giungere
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ad una definizione/risoluzione della stessa situazione (è efficace l’azione che raggiunge l’obiettivo, efficiente
quella che minimizza lo sforzo o massimizza il risultato a parità di sforzo).
Solidarietà e sussidiarietà sono come due braccia della stessa bilancia : la solidarietà senza la sussidiarietà
rischia di diventare assistenzialismo privando persone e gruppi coinvolti delle proprie responsabilità ed in
definitiva della propria autonomia e dignità ; la sussidiarietà senza la solidarietà rischia invece di isolare quelle
situazioni di reale incapacità di intervento da parte dei soggetti coinvolti e con questo di privarli ancora una volta
della propria dignità. “Prima ancora della logica dello scambio degli equivalenti e delle forme di giustizia che le
son proprie, esiste qualcosa che è dovuto all’uomo perché è uomo, in forza della sua eminente dignità. Questo
qualcosa dovuto comporta inseparabilmente la possibilità di sopravvivere e di dare un contributo al bene
dell’umanità” (Centesimus Annus, n° 34).
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“Chi — persona, associazione, paese — venisse meno alle sue concrete responsabilità, mancherebbe
gravemente ad un suo preciso dovere etico e non sarebbe in grado di proseguire per il cammino della santità.”
(Colom, 1998 pagg. 274-275
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Bene Comune.
L’azione per una qualche forma di “superiore perfezione” di un gruppo (piccolo o grande che sia) è compiuta in
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conformità al principio del bene comune .
Qualunque gruppo o società, constatata l’insufficienza del singolo nel perseguire alcuni obiettivi, si costituisce per
il raggiungimento di un fine, di un bene, di ordine superiore.
La DSC così definisce bene comune al n° 26 della costituzione pastorale “Gaudium et Spes” : “l’insieme di quelle
condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria
perfezione più pienamente e più speditamente”.
Opera in questo caso una idea di perfezione, un “dover essere” il cui raggiungimento rende massimamente
onore ai gruppi e alle persone che lo raggiungono. Opera ancora la comprensione che quella “perfezione” non è
raggiungibile da soli ma in società (in comunione) con altre persone. In negativo opera la concezione che non
tutte le “condizioni della vita sociale” permettono di raggiungere quella perfezione.
I principi fondamentali della DSC : una rapida sintesi ed una indicazione d’azione (politica).
Da quanto finora esposto consegue la necessità di un impegno personale e comunitario cosciente, deciso e
continuo per realizzare quelle condizioni della vita sociale che permettono alle persone e ai gruppi (dalla famiglia
alla società nel suo complesso) di raggiungere la propria perfezione nella consapevolezza che una mancanza
d’azione in questo senso potrebbe portare alla realizzazione di altre condizioni sociali non altrettanto favorevoli al
raggiungimento della perfezione cercata per sé e per gli altri e in ultima analisi lesive della dignità e
dell’autonomia personali. L’azione in favore della “perfezione” dovrà inoltre essere condotta secondo una precisa
assunzione di responsabilità personale e tenendo presente che ogni altra persona e gruppo ha in tal senso la
stessa responsabilità. Ciò fa del bene comune qualcosa che ha valore quando viene perseguito e goduto in
comunione (società) con altre persone.
In questo senso possiamo dire in sintonia con la DSC che la politica è la più alta forma di carità.
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Combi E. Monti E. (1994), Possenti V. (1992) e De Rosa G. (1989).
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DSC e perfezione Cristiana10.
Il terzo momento di questo contributo riguarda il senso Cristiano della perfezione “dei gruppi e dei singoli
membri”, dell’oggetto cioè verso il quale abbiamo visto deve tendere l’azione politica. Baserò quest’ultima parte
su Colom E. (1998) e mi permetterò di citarlo spesso senza chiosature.
“L’oggetto dell’insegnamento sociale cristiano è qualcosa di più che la conoscenza di un insieme di principi, di
giudizi e di direttrici; è soprattutto la decisione di identificarsi con Gesù — di cercare la santità — attraverso la
pratica fedele di tale insegnamento.”
L’uomo infatti “ha un unico fine ultimo: raggiungere Dio per l’identificazione con Cristo mediante la grazia dello
Spirito Santo.” (Colom, 1998 pag. 264). Ne consegue che “l’impegno della persona nel progresso materiale e
spirituale di tutta la società è una parte integrante della vocazione con cui Dio chiama ogni uomo al proprio
coronamento personale, cioè alla santità“. Inoltre : “la vita morale degli uomini e l’impegno per la santità a cui tutti
sono chiamati non si possono assolvere come se le persone fossero slegate fra di loro” (Colom, 1998 pag. 266).
La “capacità di diffondere il proprio bene non è patrimonio di alcuni privilegiati, nell’ambito lavorativo, culturale,
spirituale, ecc., ma di ciascun uomo: in questo senso ognuno si può considerare come bisognoso dell’aiuto altrui
e a sua volta tutti possono e devono apportare qualcosa al bene degli altri” (Colom, 1998 pag. 267).
Ecco allora che “la dottrina sociale della Chiesa, non è un sapere asettico o puramente accademico” ma
“interpella personalmente chi la coltiva e la studia: non basta conoscerla, occorre anche viverla, per poterla
capire meglio.” (Colom, 1998 pag. 268).
Quanto all’impegno sociale “la stessa attività umana in questo ambito deve essere considerata come un mezzo
sicuro per raggiungere la santità a cui ogni persona è stata chiamata” (Colom, 1998 pag. 270) e quanto all’attività
politica “il cristiano coerente non può abdicare al suo impegno politico, non può lasciarsi dominare dalla passività
in questo ambito così importante per il benessere integrale delle persona. La partecipazione alla vita politica è un
diritto e un dovere, che ognuno dovrà assolvere secondo le proprie capacità e circostanze, ma senza
indifferenza né abbandono.” (Colom, 1998 pag. 281). Sposando quest’ultimo concetto con quanto sviluppato
nella prima parte di questo lavoro ne conseguono “la necessità di una formazione integrale che deve essere
permanente” e “lo sforzo per incarnare praticamente la carità cristiana in ogni situazione della propria vita,
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l’amore preferenziale per i più bisognosi in qualsiasi ambito, la lotta per smontare le strutture di peccato e i
meccanismi perversi, la volontà di costituire una società personalista e comunitaria.” (Colom, 1998, pag. 283).
“Chi pensa di vivere la virtù soprannaturale dell’amore senza vivere il suo corrispondente fondamento naturale
(che include i doveri di giustizia) inganna se stesso, poiché non amando il prossimo come Dio lo ama, non vive
neanche la virtù della carità.” (Colom, 1998 pag. 286).
“Traguardo necessario per un impegno sociale efficace è, pertanto, prendere sul serio la propria vocazione alla
santità con i conseguenti bisogni di spiritualità, di formazione integrale e di sforzo personale ed associativo
nell’apostolato. Occorre una profonda spiritualità, incentrata sulla liturgia, sulla preghiera e sull’abnegazione, che
possa permeare tutte le attività umane: personali, familiari, lavorative, culturali e sociali. La spiritualità cristiana
che è, insieme, autenticamente umana prende le mosse dai mezzi tradizionali di unione con Dio, di
identificazione con Cristo, di docilità allo Spirito Santo, ma non dimentica le realtà concrete che corrispondono
alla vocazione di ogni persona. In tal senso il cristiano, specialmente il laico, che deve impegnarsi per un
autentico sviluppo sociale, dovrà frequentare i sacramenti (Eucaristia e penitenza), partecipare alla liturgia (Santa
Messa, visite al Santissimo Sacramento), esercitare il rapporto personale con il Signore e con i santi (lettura della
Bibbia, meditazione, esame di coscienza, santo rosario ed altre preghiere vocali), vivere l’abnegazione e portare
la Croce di Gesù (conversione interiore, mortificazioni attive e passive, sobrietà e distacco dai beni terreni). Tutto
ciò deve essere armonicamente unito ai propri doveri familiari, lavorativi, economici, politici e sociali, nei quali si
manifesta per ognuno lo specifico disegno del Signore. Sarebbe un errore cercare la propria santità al di fuori di
questi doveri: essi sono piuttosto la materia per concretizzare e per sviluppare l’amore di Dio e del prossimo in
ogni momento della vita.” (Colom, 1998 pagg. 287-288).
Conclusione.
“La conoscenza non è contemplazione statica ; è una consapevolezza che cambia la situazione ; ogni autentica
acquisizione conoscitiva è sempre una verità teorico-pratica, dunque tende a sfociare in azione, in animazione
politica” (Mazzoli, 1992 pag. 13).
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Per una veloce sintesi vedi anche Poles F. (1994).
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La conoscenza della DSC vuole, per sua stessa natura, farsi “carne e sangue” di Gesù Cristo attraverso la
nostra stessa “carne” ed il nostro stesso “sangue”.
In questo senso la DSC tende a farsi azione politica nel rispetto della libertà, della responsabilità e della creatività
di ogni persona umana.
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Bibliografia essenziale.
Colom E. (1998), “Santità e Dottrina Sociale Cristiana”, in : La Società n° 2, pagg. 263-293
Combi E. Monti E. (1994), “Fede Cristiana e agire sociale”, Centro Ambrosiano, Milano, pagg. 106-130
De Rosa G. (1989), “La dottrina sociale della Chiesa nel suo sviluppo storico”, in : Casavola F. Salvatori G., “La
politica educata”, editrice A.V.E., Roma
Giovanni Paolo II (1987), “Sollicitudo Rei Socialis”
Giovanni Paolo II (1991), “Centesimus Annus”
Giovanni Paolo II (1998), “Messaggio di sua Santità Giovanni Paolo II per la celebrazione della Giornata
mondiale della pace, 1° Gennaio 1999”
Höffner J. (1986), “La dottrina sociale cristiana”, Edizione Paoline, Milano
ISTAT(1998), “Rapporto sull’Italia. Edizione 1998”, Il Mulino, Bologna
Mazzoli G. (1992), “Formapolitica”, Ideaduemila, Roma
Mazzoli G. (1994), “Che cos’è la politica”, in Mazzoli G. - Morlini A., “Capire la politica”, Edizioni Dehoniane
Bologna, Bologna
Novak M. (1993), “L’etica cattolica e lo spirito del capitalismo”, Edizioni di Comunità, Milano
Poles F. (1993), “Capitalismo : ultima frontiera ? Riflessioni attraverso la Centesimus Annus”, documento interno
alla Scuola di Formazione permanente all’impegno sociale e Politico del Patriarcato di Venezia
Poles F. (1994), “Quella dottrina sconosciuta”, in : Gente Veneta, n° 9, pag. 2
Possenti V.(1992), “Oltre l’illuminismo. Il Messaggio sociale cristiano”, Edizioni Paoline, Milano
Toso M. (1998), “Solidarietà e sussidiarietà nell’insegnamento sociale della Chiesa” in : La Società n° 3, pagg.
515-550