Dottrina Sociale Cristiana: identità, oggetto, metodo

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Dottrina Sociale Cristiana: identità, oggetto, metodo
Dottrina Sociale Cristiana: identità, oggetto, metodo (*)
DOTTRINA SOCIALE CRISTIANA (DSC): DOTTRINA, dal lat. doctrina «insegnamento», docere «insegnare».
È il complesso organico e articolato di principi e norme generali universali, calati nella storia, con cui la Chiesa,
«esperta in umanità», a partire dall’800, interviene nelle questioni sociali, offrendo «non soluzioni tecniche» (non
è suo compito), ma «principi di riflessione, criteri di giudizio, direttive d’azione» (Sollicitudo rei socialis, n. 41e).
In senso ampio la DSC è già presente nella parola di Dio, nell'insegnamento e nella vita di Gesù, nella teologia dei Padri, dei grandi teologi del medioevo e dell’età moderna, nell’azione dei credenti di tutti i secoli.
In senso stretto essa nasce con la rivoluzione industriale e si sviluppa con l’ampliamento delle problematiche
a livello planetario. La DSC si esprime soprattutto nelle encicliche e nei documenti sociali del magistero ecclesiale, frutto della vita e del pensiero dell’intera Chiesa. Ciò è attestato dalla realtà esistenziale e dall’esperienza comune: esiste un martirologio cristiano, che testimonia un impegno per l’uomo fino alle estreme conseguenze, che si unisce a quello di tutti gli uomini. Per questo, è stato detto che «la DSC è scritta con il
sangue dei martiri». LEONE XIII enuncia per primo la DSC con l’enciclica sociale Rerum novarum (1891)
sulla questione operaia e sociale.
— La DSC, «unico insegnamento coerente e sempre nuovo» (BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, n. 12),
la possiamo suddividere (per puro scopo didattico) in tre periodi:
PRIMO PERIODO (pre-conciliare):
dalla Rerum novarum (1891) di LEONE XIII al pontificato di PIO XII (1939-1958)
DOCUMENTO
TITOLO
AUTORE
Lettera enciclica
Lettera enciclica
Radiomessaggio
Radiomessaggio
Rerum novarum
LEONE XIII
Quadragesimo anno
PIO XI
Radiomessaggio di Pentecoste
PIO XII
Radiomessaggio sulla democrazia PIO XII
DATA DI
PUBBLICAZIONE
15.05.1891
15.05.1931
01.06.1941
24.12.1944
SECONDO PERIODO (conciliare):
GIOVANNI XXIII (1958-1963), CONCILIO VATICANO II (1962-1965), PAOLO VI (1963-1978)
DOCUMENTO
Lettera enciclica
Lettera enciclica
Costituzione pastorale
Lettera enciclica
Lettera apostolica
TITOLO
AUTORE
DATA DI
PUBBLICAZIONE
Mater et magistra
Pacem in terris
Gaudium et spes
Populorum progressio
Octogesima adveniens
GIOVANNI XXIII
GIOVANNI XXIII
CONCILIO VATICANO II
PAOLO VI
PAOLOVI
15.05.1961
11.04.1963
07.12.1965
26.03.1967
14.05.1971
TERZO PERIODO (post-conciliare):
GIOVANNI PAOLO II (1978-2005), BENEDETTO XVI (2005 e continua)
DOCUMENTO
TITOLO
AUTORE
DATA DI
PUBBLICAZIONE
Lettera enciclica
Lettera enciclica
Lettera enciclica
Lettera enciclica
Laborem exercens
Sollicitudo rei socialis
Centesimus annus
Caritas in veritate
GIOVANNI PAOLO II
GIOVANNI PAOLO II
GIOVANNI PAOLO II
BENEDETTO XVI
14.09.1981
30.12.1987
01.05.1991
29.06.2009
Nel primo periodo, la DSC adotta un metodo deduttivo: da principi generali e immutabili, ricavati dalla
fede, deriva un modello di società che i cristiani e gli uomini di buona volontà sono tenuti a realizzare.
Emerge un’immagine di Chiesa distaccata dal mondo. La verità è calata dall’alto.
Nel secondo e nel terzo periodo, la DSC adotta un metodo induttivo (dal particolare al generale): procede dall’esperienza e muove dal momento storico. Da GIOVANNI XXIII in poi si ha una svolta: la
Chiesa, in «intima unione» con la famiglia umana, «scruta i segni dei tempi e li interpreta alla luce del Vangelo» (Gaudium et spes, n. 4); condivide «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, [poiché] sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei
discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (Gaudium et spes, n. 1).
(*) Scheda a cura di FRANCO BIANCOFIORE, Ufficio problemi sociali e lavoro della diocesi di Macerata.
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Il Compendio della dottrina sociale della Chiesa
Nell’ottobre del 2004 viene pubblicato, da pare del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il
Compendio della dottrina sociale della Chiesa che presenta in modo sistematico tutti i capisaldi della
dottrina sociale, mediante una sua rilettura alla luce della teologia del Concilio Vaticano II e dell’ecclesiologia di Giovanni Paolo II. Si tratta di un libro (frutto di sei anni d’intenso lavoro da parte di vescovi
ed esperti) che, come è stato detto,
«dovrebbe stare nelle nostre case accanto alla Bibbia perché, se questa
contiene la Parola, la DSC contiene la Parola vissuta e da vivere». Il Compendio «rivolto a tutti, uomini e donne di
buona volontà che s’impegnano a servire il bene comune, tiene in debita considerazione che il trascorrere del
tempo e il mutare dei contesti sociali richiederanno costanti e aggiornate riflessioni sui diversi argomenti esposti,
per interpretare i nuovi segni dei tempi» (Compendio della DSC, n. 9).
Caritas in Veritate, ultima enciclica di DSC di BENEDETTO XVI (29 giugno 2009).
Nella Caritas in veritate BENEDETTO XVI affronta il tema importante dello sviluppo umano integrale:
«Non ci sono sviluppo plenario e bene comune universale senza il bene spirituale e morale delle persone, consi-
derate nella loro interezza di anima e corpo». «Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio
nel gesto della preghiera, mossi dalla consapevolezza che l’amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l’autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato». Sui problemi che oggi l’uomo si trova ad affrontare, l’enciclica di BENEDETTO XVI dice che la verità, espressione autentica della carità, «va cercata, trovata
ed espressa nell’economia della carità, ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce
della verità […]. Senza verità, senza fiducia e amore per il vero non c'è coscienza e responsabilità sociale, e l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società, tanto più in
una società in via di globalizzazione, in momenti difficili come quelli attuali». In centoventi anni, dalla Rerum
Novarum alla Caritas in veritate, la DSC ha svolto un ruolo centrale e funzionale all’opera sociale, politica e civile degli uomini.
La DSC è un’utopia?
La DSC è stata considerata anche un’utopia, specie dopo la pubblicazione della Solliciudo Rei Socialis
(1987), nella quale GIOVANNI PAOLO II ipotizzava il superamento dei blocchi Est-Ovest e dei due sistemi economici (capitalismo e collettivismo), come condizione necessaria per realizzare un vero sviluppo mondiale. Ipotesi, questa, profetica ma in quel contesto storico ritenuta utopica.
- Utopia (dal greco ou «non» e tòpos «luogo», propriamente «non luogo», cioè «in nessun luogo»): ideale perfetto
ma non realizzabile. Poiché la perfezione non è propria della realtà sociale, ciò che si vorrebbe è destinato a non
attuarsi.
— La DSC non è un’utopia, poiché produce giudizi morali che orientano il comportamento umano,
nella consapevolezza che l’ideale si compirà nei «Cieli nuovi e terra nuova» (Is., 65, 17). La DSC indica
una dimensione dinamica dell’uomo verso la sua piena realizzazione in Dio, che comincia, però, ad attuarsi nella storia.
La DSC è un’ideologia?
La DSC è pure intesa come una sorta di ideologia religiosa applicata al sociale. Viene anche accusata di
integrismo (= posizione ideologica di chi sostiene l’applicazione assoluta di principi e di programmi
dottrinali, senza mediazioni o flessibilità nei confronti di altre posizioni o ideologie).
- Ideologia: secondo un’accezione neutra, nel linguaggio comune, è il complesso d’idee intorno ad alcuni principi
fondamentali, caratterizzato da valori pratici distinti da altre ideologie (es.: ognuno ha la propria ideologia, le proprie convinzioni). Secondo un’accezione negativa e assoluta, l’ideologia è considerata come un modo errato di
pensare.
- Differenza tra ideologia e DSC: l’ideologia consiste nell’adesione a certi valori escludendone altri. La DSC non
ne esclude nessuno, perché è basata su un’antropologia che considera l’uomo nella pienezza della sua realtà.
Ideologia (= umanesimo parziale). DSC (= umanesimo integrale): non s’identifica con alcun sistema economico
o partito e neppure con le culture o le scienze umane, ma da ognuna di esse può trarne strumenti. Questa non-identificabilità permette alla DSC di esprimere la propria capacità critica nei confronti di sistemi, partiti, culture, ecc.
— La DSC non è un’ideologia, poiché nel cristianesimo esistono tre aspetti di pensiero di fronte alla
verità:
1. La verità è posseduta. Poiché la DSC si basa sulla Rivelazione, si può dire che essa possiede la verità nella fede, la
custodisce visto che tale verità appartiene ad un Altro. Se la verità fosse solo posseduta si correrebbe il rischio di cadere
nell’ideologia.
2. La verità è cercata. La Rivelazione è una parola eterna, data da Dio in Gesù Cristo. Il cristiano la possiede interamente nella fede, ma non nella storia. Il cristiano cerca la verità attraverso le esperienze storiche. Perciò egli non impo-
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ne la verità, ma nel rapporto con l’altro cerca con lui la radice profonda nella storia che anch’egli custodisce in sé, poiché i «germi del verbo» (cfr. GIOVANNI PAOLO II, Redemptor hominis, n. 11b) si trovano nell’animo di ogni uomo.
3. La verità è costruita. È la prassi che si accompagna alla ricerca: il cristiano fa la verità costruendo il bene nella storia, attraverso tutte le forme di attività umane fino all’organizzazione del bene comune mediante la politica. In questo
esercizio di verità generata, il cristiano esprime l’Incarnazione (con la quale la storia riceve pienezza) e la Risurrezione (consapevolezza della provvisorietà del proprio fare).
- La DSC raccoglie in unità questi atteggiamenti e non corre il rischio di trasformarsi in ideologia.
La DSC è una terza via?
La DSC non propone un terzo modo di concepire l’economia e la società, alternativo al modello capitalista e a quello collettivista.
— La DSC non è una terza via, ma esprime giudizi morali sulle situazioni, sui sistemi economico-sociali, giuridici, culturali anche offrendo indicazioni e incoraggiando a superare gli errori:
«La DSC non è una “terza via” tra capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure una possibile alternativa per
altre soluzioni meno radicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a sé. Non è neppure un’ideologia, ma
l’accurata formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sulle complesse realtà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare
tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell’insegnamento del Vangelo sull’uomo e sulla sua
vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano. Essa appartiene, perciò,
non al campo dell’ideologia, ma della teologia e specialmente della teologia morale» (GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo
Rei Socialis, n. 41g).
La DSC è una categoria a sé
— La DSC è una «categoria a sé», che «trae verità, valutazione e discernimento dalla Rivelazione». Si
forma con il ricorso: alla teologia (antropologia ispirata al Vangelo, basata sull’idea che l’uomo è immagine di Dio); alla filosofia (si appella anche alla retta ragione per trovare le norme oggettive della
moralità umana); alle scienze sociali (con le quali l’etica cristiana entra in dialogo).
— La DSC è dottrina etica che raccoglie diversi contributi interdisciplinari nell’unità del giudizio morale; senza tali contributi non è se stessa. Nella DSC, per principio, non vi è contrasto tra teologia (elemento di fede) e filosofia (elemento di ragione), bensì unità. La teologia della DSC (non tanto madre
di tutte le scienze, secondo l’accezione medievale, bensì ancella) non guarda la società dell’alto, ma
rischia, accetta la sfida della storia nella convinzione che l’uomo è uno sia quando crede sia quando
pensa (visione integrale dell’uomo).
— La fonte della DSC è la Rivelazione (con diverse mediazioni: teologia, filosofia, sociologia, storia,
politica, ecc.), si collega perciò direttamente al mistero del Cristo: icona che raccoglie e interpreta la
vicenda umana della storia nei due volti del Crocifisso e Abbandonato (sconfitte e dolore dell’umanità)
e del Risorto (accoglienza e trasformazione del dolore in gioia). Tale annuncio del Cristo suscita un atteggiamento esistenziale, esperienziale e pratico, vivibile da parte di tutti.
La DSC ha carattere e destinazione universale:
«Ogni coscienza e intelligenza sono in grado di cogliere la profondità umana dei significati e dei valori espressi
dalla DSC e la carica di umanità e di umanizzazione delle sue norme d’azione. Sicché tutti, in nome dell’uomo,
della sua dignità una e unica e della sua tutela e promozione nella società, tutti, in nome dell’unico Dio, fine ultimo dell'uomo, sono destinatari della dottrina sociale della Chiesa. La dottrina sociale è un insegnamento espressamente rivolto a tutti gli uomini di buona volontà e, infatti, è ascoltato dai membri delle altre Chiese e Comunità
Ecclesiali, dai seguaci di altre tradizioni religiose e da persone che non fanno parte di alcun gruppo religioso»
(Compendio della DSC, n. 84).
Oggetto della DSC
«L’oggetto della dottrina sociale è essenzialmente lo stesso che ne costituisce la ragion d’essere: l’uomo chiamato
alla salvezza e come tale affidato da Cristo alla cura e alla responsabilità della Chiesa. Con la sua dottrina
sociale, la Chiesa si preoccupa della vita umana nella società, nella consapevolezza che dalla qualità del vissuto
sociale, ossia delle relazioni di giustizia e di amore che lo intessono, dipende in modo decisivo la tutela e la promozione delle persone, per le quali ogni comunità è costituita. Nella società, infatti, sono in gioco la dignità e i
diritti della persona e la pace nelle relazioni tra persone e tra comunità di persone. Beni, questi, che la comunità
sociale deve perseguire e garantire» (Compendio, n. 81).
La DSC ha compiti di annuncio e denuncia
«L’annuncio di ciò che la Chiesa possiede di proprio: una visione globale dell’uomo e dell’umanità, ad un livello
non solo teorico, ma pratico. La dottrina sociale non offre soltanto significati, valori e criteri di giudizio, ma anche le norme e le direttive d’azione che ne derivano. Con tale dottrina, la Chiesa non persegue fini di strutturazione e organizzazione della società, ma di sollecitazione, indirizzo e formazione delle coscienze.
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La dottrina sociale comporta pure un compito di denuncia. Tale denuncia si fa giudizio e difesa dei diritti disconosciuti e violati, specialmente dei diritti dei poveri, dei piccoli, dei deboli, e tanto più s’intensifica quanto più le
ingiustizie e le violenze s’estendono, coinvolgendo intere categorie di persone e ampie aree geografiche del mondo, e danno luogo a questioni sociali ossia a soprusi e squilibri che sconvolgono le società. Gran parte dell'insegnamento sociale della Chiesa è sollecitato e determinato dalle grandi questioni sociali, di cui vuole essere risposta di giustizia sociale» (Compendio, n. 81).
Attualità della DSC
— Esiste da diversi anni una rivista bimestrale di studi, ricerche e documentazione sulla DSC: «La Società»,
della Fondazione “Toniolo”. Viene anche pubblicato il «Bollettino trimestrale di DSC» in Italia, in America
Latina e in Spagna. Si tratta di uno strumento valido per aprirsi alle problematiche nazionali e mondiali della
giustizia e della pace, con l’aiuto di esperti di fama internazionale. A Verona il 16-18 settembre 2011 ha avuto luogo il «1° Festival della dottrina sociale» sul tema: «Economia, istituzioni e società: volti, idee, azioni». La scelta del Festival, per solito abbinata ad occasioni popolari di spettacolo, è stata fatta volutamente
dagli organizzatori per portare in piazza il patrimonio della dottrina sociale e non lasciarlo nel chiuso della
stanza di chi già lo conosce. È stato recentemente pubblicato il «Terzo Rapporto sulla Dottrina sociale
della Chiesa nel mondo». «La DSC non può essere incatenata»: questo lo slogan emerso dal Rapporto, poiché molte catene ancora impediscono alla DSC di incarnarsi, ad esempio, per la pressione delle lobbies internazionali contro la vita e la famiglia, per una certa disattenzione per il magistero di BENEDETTO XVI in
questo campo, per la non attuazione del principio del bene comune e dell’«opzione preferenziale per i poveri» affermati dalla DSC.
— L’attualità della DSC non deriva solo dai fatti nuovi che l’umanità deve affrontare, ma dallo stesso Vangelo sempre nuovo, in quanto è Parola incarnata. I fatti storici nuovi possono essere di stimolo ad una
rilettura della verità di sempre, perché è essenzialmente aperta a ciò. Se così non fosse, infatti, ogni enciclica
parlerebbe solo agli uomini del suo tempo. C’è invece nella DSC un elemento profetico avente i caratteri
della inesauribilità e irriducibilità, che le deriva dal Vangelo. Cristo è sempre attuale, e non dimentichiamo
che la DSC è «annuncio di Cristo».
— L’attualità della DSC deriva anche dal «realismo cristiano» che la anima e che le permette di essere prima di tutto interessata all’uomo concreto e di dare un contributo all’umanità al di fuori delle ideologie.
Riscoparta e rilancio della DSC
— Da alcuni anni si registra una ripresa d’interesse intorno alla DSC, a seguito dell’importante impulso avutosi a seguito della pubblicazione del Compendio della dottrina sociale della Chiesa, dell’enciclica sociale di
BENEDETTO XVI Caritas in veritate – nella quale si affrontano temi centrali per l’attuale dibattito sociale,
economico, politico e culturale – e anche per i continui richiami, da parte del Papa, all’affermarsi di «una
nuova generazione che, ispirandosi alla DSC, s’impegni in politica per il bene comune». Non mancano alcune iniziative, specie ad alto livello culturale.
— Nonostante questi aspetti positivi, nella Chiesa e nella società italiana perdura ancora – a detta di alcuni
esperti – «un diffuso disinteresse per la dottrina sociale. In alcuni casi i percorsi formativi si sono limitati alla
trasmissione di una conoscenza teorica della dottrina sociale, in altri casi la DSC non ha costituito oggetto centrale dell’intervento formativo».
Mons. FERNANDO CHARRIER, già presidente della Commissione CEI problemi sociali e lavoro, ebbe a scrivere:
«Forse anche coloro che avrebbero dovuto annunciare questo pensiero sociale non si sono sufficientemente attrezzati culturalmente dimenticando il “risvolto sociale del Vangelo”. Se penso che solo fino a qualche anno fa la
DSC era materia “opzionale” per l’insegnamento nei Seminari, non c’è da stupirsi se oggi molti sacerdoti non le
danno il peso che merita nell’annunciare il Vangelo e nell’educare ad una fede vissuta ogni credente. I risultati
sono sotto i nostri occhi» (Introduzione al libro di F. BIANCOFIORE, F. SALVUCCI, Alle radici della giustizia, Editrice
Città Nuova).
«Talvolta si ha l’impressione che la DSC sia più evocata che conosciuta. Sia considerata un semplice orizzonte di
valori – forse troppo grandi e nobili perché possano mai farsi concreti in questo mondo – piuttosto che un esigente criterio di giudizio e di azione. É necessario educare ad assumere tale dottrina come stimolante punto di riferimento delle responsabilità familiari, professionali e civili […]. Decisivo sarà cogliere la dottrina sociale come
elemento caratterizzante la spiritualità del fedele laico. La spiritualità laicale "rifugge sia lo spiritualismo intimista sia l’attivismo sociale e sa esprimersi in una sintesi vitale che conferisce unità, significato e speranza all'esistenza, per varie ragioni contraddittoria e frammentata"» (GIOVANNI PAOLO II, Discorso al Convegno della Fondazione Centesimus annus, 4 dicembre 2004).
— Occorre perciò più che mai «conoscere, condividere e comunicare» la DSC, promuovendo un’azione di
promozione e diffusione della stessa. Alla base del rilancio della DSC vi deve essere una sua riscoperta,
per contrastare il relativo analfabetismo e per rimettere in moto una necessaria riflessione, riprendendo temi, idee ed esperienze.
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È, allora, evidente come la DSC costituisca occasione per una ripresa del protagonismo del laicato. Anzi la
soggettività del laicato rappresenta il presupposto per rilanciare tale dottrina. In tal modo essa concorre a superare la visione duale e separatista di un cristianesimo o solo fenomeno sociale o solo fenomeno spirituale.
— Il rilancio della DSC, innestato in un più ampio impegno per riattivare il dinamismo culturale, consente di
passare dalla «cultura della conoscenza» alla «cultura della progettualità sociale». Tale rilancio, attraverso innanzitutto la formazione, presuppone a monte una continua riflessione, nel rispetto della sua costante
evoluzione, e richiede a valle un impegno per la sua diffusione, evitando in tal modo il rischio dell’autoreferenzialità.