Applicazione dell`aliquota IVA (approfondimento)

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Applicazione dell`aliquota IVA (approfondimento)
Per coloro che ne vogliono sapere di più sull’applicazione dell’aliquota
IVA in caso di fornitura di gas per uso promiscuo
PREMESSA
Il Comitato Interministeriale Prezzi, con riferimento all'uso domestico del gas metano, aveva
previsto, con provvedimento del 26 giugno 1986, n. 37, l’applicazione di due distinte tariffe
denominate “T1” e “T2”. La tariffa “T1” trovava applicazione nel caso di utilizzo del gas metano
per la cottura cibi e per la produzione dell'acqua da utilizzare nell'ambito domestico (cucina, bagno,
doccia ecc.), mentre la tariffa “T2” si applicava all'utilizzo del gas metano per il riscaldamento
individuale, con o senza uso promiscuo di cottura cibi e acqua calda. Successivamente, l'Autorità
dell'Energia e del Gas, con delibera n. 237 del 28 dicembre 2000, ha abolito il predetto sistema di
classificazione tariffario a decorrere dal 1° luglio 2001, anche se l'applicazione delle tariffe “T1” e
“T2” è stata prorogata, ai soli fini fiscali, dapprima fino al 30 settembre 2001 (articolo 2 decreto
legge 30 giugno 2001, n. 246, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2001, n. 330) e,
successivamente, fino al 31 dicembre 2001 (articolo 7 decreto legge 1° ottobre 2001, n. 356,
convertito con modificazioni dalla legge 30 novembre 2001, n. 418). Inoltre, la legge finanziaria
per il 2002 (legge 28 dicembre 2001, n. 448), in funzione del completamento progressivo del
processo di armonizzazione tariffaria e riavvicinamento delle aliquote, al fine di eliminare gli
squilibri tariffari esistenti tra le diverse aree geografiche del Paese, ha previsto (articolo 14) che,
con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, si proceda ad una riduzione dell'imposta di
consumo sul gas metano per usi civili, disponendo nel contempo, ai fini fiscali, la proroga
dell'applicazione delle tariffe “T1” e “T2” fino all'adozione del citato decreto ministeriale. Tale
provvedimento, invero, emanato il 25 marzo 2002, ha ridotto le aliquote delle accise gravanti sulle
erogazioni di gas metano, avviando così il processo di armonizzazione tariffaria e di
riavvicinamento delle aliquote, da attuarsi nel quadro della revisione organica del regime tributario
dell'intero settore, cui si è fatto precedentemente richiamo. Infine, con la legge 27 febbraio 2002, n.
16 - di conversione, con modificazioni, del decreto legge 28 dicembre 2001, n. 452 - è stata
ulteriormente disposta (articolo 2) la proroga ai fini fiscali delle vecchie Tariffe “T1” e “T2” fino
alla revisione organica del sistema di tassazione del gas metano. Riguardo propriamente agli aspetti
fiscali, va rilevato che l'aliquota agevolata del 10 per cento, nella vigenza della proroga ai fini
fiscali del sistema tariffario, si applica in base a quanto stabilito dal punto 127-bis) della Tabella A,
parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, alle sole forniture di
gas metano usato come combustibile per usi domestici di cottura cibi e per produzione di acqua
calda di cui alla vecchia tariffa “T1”.
L’Amministrazione Finanziaria, in passato (vd. Risoluzione n. 34/E del 5 maggio 1998 – Circolare
n. 273/E del 23 novembre 1998 - Circolare n. 82/E del 7 aprile 1999 – Circolare n. 226/E del 3
dicembre 1999 - Risoluzione n.155/E del 18 ottobre 1999, nonché la più recente Risoluzione n.
97/E del 29 aprile 2003), ha comunque precisato che, ove non sia possibile determinare la parte
impiegata negli usi domestici agevolati per mancanza di distinti contatori, l'imposta deve essere
applicata con l'aliquota ordinaria sull'intera fornitura, per il principio di ordine generale in base al
quale la disciplina ordinaria può essere derogata da quella speciale solo nell'ipotesi in cui siano
individuati i presupposti previsti da quest'ultima.
La circostanza per cui una tale conclusione sarebbe ingiusta in quanto non terrebbe conto dei
periodi estivi in cui non vi è utilizzo di riscaldamento, secondo le citate Risoluzioni sarebbe
irrilevante dato che, se è vero che la Legge n. 412 del 1993 stabilisce i periodi annuali di esercizio
degli impianti di riscaldamento distinti per aree geografiche, è anche vero però che tale norma può
comunque essere derogata dai sindaci, con ordinanza, in caso di particolari situazioni climatiche, o
dai singoli utenti che dispongono di impianti autonomi di riscaldamento.
Pertanto, gli utilizzi di gas metano diversi da quelli indicati, ossia quelli per riscaldamento previsti
dalla vecchia tariffa “T2” devono essere assoggettati all'aliquota ordinaria del 20 per cento. Anche
nei casi di utilizzazione promiscua, ossia per cottura cibi e produzione di acqua calda ad uso
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domestico e per riscaldamento, l'Agenzia delle entrate ha precisato che si applica l'aliquota
ordinaria sull'intera fornitura, oltre che in forza del chiaro tenore del disposto normativa, in base al
quale gli utilizzi diversi da quelli espressamente contemplati dal citato punto 127-bis) sono
assoggettati all'aliquota IVA del 20 per cento, anche per la ragione oggettiva che non è allo stato
possibile contabilizzare separatamente la quota impiegata negli usi domestici per mancanza di
impianti separati e, conseguentemente, di distinti contatori in grado di quantificare e ripartire in
modo certo ed obiettivo la quota dì gas metano impiegata per finalità agevolate (cottura cibi e
produzione di acqua calda) da quella che viene destinata ad altre finalità (riscaldamento
dell'abitazione). In ogni caso, la richiesta di distinte modalità di lettura dei contatori, ove per ipotesi
tecnicamente possibile, dovrebbe nel caso essere rivolta dai consumatori incisi dal tributo
direttamente alle aziende somministratrici del servizio. Né è percorribile, sempre in base a quanto
riferito dalla citata Agenzia fiscale, la possibilità di applicare alle forniture di gas metano per uso
promiscuo l'aliquota IVA in misura ridotta su di una quota determinata in via presuntiva mediante
stime in ordine al tipo di utilizzo del gas, ovvero sulla base del periodo temporale di effettivo
utilizzo degli impianti di riscaldamento, mancando in tal senso una espressa previsione nell'ambito
della vigente disciplina IVA. Questo regime impositivo, come già precisato, continuerà ad operare
sino a quando non si procederà ad una revisione organica del sistema di tassazione del gas metano
che, proprio sulla scorta delle questioni più volte evidenziate dalle associazioni dei consumatori e
dai parlamentari, il Governo attuerà ai sensi della legge delega per la riforma del sistema fiscale
statale.
GIURISPRUDENZA
La giurisprudenza ordinaria di merito, interessata della questione, ha accolto in più occasioni le
istanze di rimborso formulate dagli utenti in merito all’IVA riferita ai consumi di gas nel periodo
estivo.
La sentenza n. 132 del 17 marzo 2003 del Giudice di Pace di Lanciano ha per esempio riconosciuto
che “è dovuta nella misura agevolata del 10 per cento l'Iva sul consumo di gas metano per
riscaldamento, cottura cibi e produzione di acqua calda nel periodo in cui è preclusa l’accensione
del riscaldamento” (ma alla stessa conclusione sono giunti anche il giudice di Pace di Massa, di
Calvello, di Bella, di Ancona (n. 445 del 25.06.2003), di Lamezia Terme (7.4.2004) ed ultimo
quello di Ascoli Piceno (n. 374 del 14.4.2006).
Tale giurisprudenza ha quindi ordinato il rimborso della percentuale del tributo applicata sulle
fatture, statuendo l'applicazione dell'aliquota del 10 per cento sui consumi del metano anche per
l'uso promiscuo, relativamente al periodo in cui il riscaldamento non è attivato dalla famiglia, nel
rispetto delle direttive emanate dalle Regioni ovvero dai Comuni.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19978/2005, sembra infatti aver posto la parola fine sulla
questione in discussione.
La Corte Suprema con la sentenza citata ha in particolare accolto un ricorso contro otto sentenze del
Giudice di Pace di Bella (PZ) (ma ve n’è comunque un’altro in decisione relativo ad una sentenza
del giudice di Pace di Calvello), con le quali si condannava l’Azienda erogatrice di gas alla
restituzione dell'Iva “in eccesso” pagata dai clienti con contratto di fornitura gas “per uso
promiscuo”.
In particolare, la Corte ha affermato che il Giudice di Pace ha violato la normativa comunitaria
laddove ha ritenuto che, ai fini dell'applicazione dell'aliquota Iva agevolata del 10%, bisognava far
riferimento all'uso in concreto del gas (tenendo conto del divieto di accendere il riscaldamento nei
mesi estivi) e non al tipo di contratto, come prescrive la normativa fiscale in materia. Pertanto, la
Corte ha confermato che la società fornitrice di gas aveva correttamente applicato l'aliquota del
20%. L’unica modalità consentita per applicare la differenziazione di aliquota per i due diversi usi
del gas metano (rispettivamente per il riscaldamento domestico, per cui è prevista l’aliquota del
20% e per la cottura dei cibi e la produzione di acqua calda, per cui è invece prevista l’aliquota del
10%) sarebbe dunque solo quella della esatta e distinta misurazione delle quantità di combustibile
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utilizzato per l’uno e l’altro scopo. Questo però è possibile esclusivamente attraverso l’installazione
di due contatori, di due caldaie e di due impianti distinti e comporta conseguentemente l’accensione
di due utenze e il relativo pagamento di due canoni.
In caso contrario, secondo il disposto della Corte Suprema, le aziende di settore sono tenute ad
applicare un’aliquota Iva del 20% a tutti i contratti “di uso promiscuo” (anche nel periodo estivo,
quando, per esempio, l'uso dei termosifoni è vietato).
Il giudice di legittimità nel decidere in tal senso si è dunque appellato alle conseguenze, in termini
di incompatibilità comunitaria, che una decisione di senso opposto avrebbe comportato.
Ma, a ben vedere,proprio il diritto comunitario, nella sua più recente evoluzione di protezione dei
diritti del consumatore, impone un approccio più approfondito in relazione alla giustizia e
legittimità di disposizioni contrattuali che impongono trattamenti e prestazioni non rispondenti ai
principi di buona fede ed equità.
Il Dpr n. 633 del 1972 al punto 127-bis) della Tabella A evidenzia dunque che, ai fini
dell'applicazione dell'aliquota agevolata, si devono realizzare congiuntamente due condizioni: uso
domestico e, nell'ambito di questo, l'utilizzo per cottura cibi e produzione di acqua calda.
Pertanto, la fornitura di gas, metano ecc. per usi diversi, quali riscaldamento o uso promiscuo, deve
essere assoggettata ad aliquota ordinaria.
Tale principio oltre che dalla Cassazione con la sentenza sopra citata era del resto già stato ribadito,
come detto, dall'Amministrazione Finanziaria con le Risoluzioni n. 34 del 5 maggio 1998, n. 155
del 18 ottobre 1999 e n. 97 del 29 aprile 2003, secondo cui la contabilizzazione dei consumi,
mediante un unico contatore, non consentirebbe comunque di distinguere i consumi per produzione
di acqua calda e cottura cibi da quelli per riscaldamento.
DIFETTO DI LEGITTIMAZIONE PASSIVA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Secondo quanto espresso da autorevoli funzionari dell’Agenzia delle Entrate:
- l’Amministrazione Finanziaria è estranea ai processi relativi alle richieste di rimborso della
maggiore IVA pagata e pertanto non può essere chiamata in causa al fine di rilevare indenni
le società erogatrici che tale maggiore IVA hanno “incassato”;
- la competenza a decidere su tali tipi di controversia è infatti, a mio avviso, del giudice
ordinario. Tale giudice è, senza dubbio, il solo competente a decidere in materia di rimborso
di un tributo conseguente ad un rapporto contrattuale tra la società erogatrice del gas metano
e l'utente;
- Tale tipo di rapporto non è un rapporto tributario, la cui competenza è invece regolata dal
D.Lgs. n. 546 del 1992 sul contenzioso tributario;
Tali tipi di controversie non investono quindi un rapporto tributario, ma una convenzione con una
società privata di fornitura di beni e servizi su cui viene applicato un tributo indiretto in via di
rivalsa. E proprio la natura contrattuale del rapporto deve indurre il Giudice a non ammettere la
chiamata in causa dell'Amministrazione Finanziaria per integrare il contraddittorio. Non è
ravvisabile pertanto l'ipotesi di litisconsorzio necessario, in quanto l'unico soggetto passivo in
relazione alla domanda di ripetizione di indebito è la società erogatrice. Da ultimo si è comunque
pronunciata la Corte Suprema che, con la sentenza n. 9191 del 04.05.2005, ha fugato ogni dubbio e
incertezza, affermando che ricade nella giurisdizione del giudice ordinario (e non in quella del
giudice tributario) la controversia promossa dal cessionario di un bene (nel caso di specie, gas
metano), il quale chieda al cedente il rimborso dell'Iva indebitamente riscossa dal cedente. Non
essendo il cessionario soggetto passivo di imposta, la controversia concerne un rapporto di natura
privatistica, che comporta un mero accertamento incidentale in ordine al regime Iva applicabile
(Cfr. la sentenza della Corte Cass., SS.UU., n. 6632 del 29 aprile 2003).
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