Tesi 31 Il nazionalismo in musica Tesi 31 Il nazionalismo in musica

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Il nazionalismo in musica
Tesi 31
Tesi 31
Il nazionalismo in musica
Le giovani scuole nazionali in Russia, Norvegia, Finlandia, Spagna, Cecoslovacchia, Ungheria, Italia
Nell’epoca romantica, la ricerca e l’espressione di un identità nazionale, vennero a svolgere un ruolo
determinante nello sviluppo artistico e la musica, ebbe un ruolo rilevante in tutto ciò.
In musica il risveglio della coscienza nazionale, si manifestò con una crescente volontà di rivalutazione
della musica popolare folkloristica, per la musica strumentale, e dell’inserimento di temi storico
popolari epico leggendari nel teatro d’opera.
Russia
I cambiamenti politici e sociali della Russia di zar Nicola I e Alessandro II, accaduti nella seconda metà
dell’Ottocento, con l’abolizione del sistema feudale, favorirono un deciso accrescimento artistico durante
il romanticismo.
Anche in letteratura, emersero tra gli altri, le figure di Puskin prima e Dostoievskj e Tolstoj poi, ed i questo
clima si creò anche la musica nazionale russa.
Il ruolo di fondatore della musica nazionale russa, va assegnato a Michail Ivanovic Glinka (1804-1857)
appartenente alla generazione del movimento romantico letterario di Puskin. Glinka compose due
melodrammi, Una vita da zar nel 1836 e Ruslan e Ljudmila del 1842.
Si ebbero cosi due filoni del teatro musicale russo, uno storico e uno fiabesco.
Glinka ebbe influssi anche dal bel canto italiano, come il Quintetto con coro finale n.26 dell’ultimo atto di
Ruslan ed inoltre anche del grand operà francese, e della scrittura sinfonica tedesca.
Inoltre Glinka fu il primo compositore, ad attingere largamente dal patrimonio etnico russo e orientale.
Tra le novità introdotte da Glinka, che saranno un elemento costante della musica fino a Stravinskij
figurano:
- Uso della scala per toni interi, e dunque della triade eccedente. Questo tipo di scala nella musica russa,
solitamente simboleggia la sfera del demoniaco, come ad esempio la scena del rapimento di Ljudmila nel
secondo atto di Ruslan.
- Ampio ricorso di armonie suggestive e giri armonici molto arditi con l’uso di seconde e di none.
-Uso di melodie con terze maggiori e minori e settima diminuita.
-Predilizione di ritmi ostinati.
- Impiego di tecniche di sfondo variato, in cui cioè, la stessa melodia viene ripetuta tale e quale, ma con
accompagnamenti armonici e orchestrali diversi.
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È un esempio di ciò la Ouvertoure sinfonica sui due temi russi del 1834, ed anche il coro dei Persiani che
apre il terzo atto di Ruslan.
- Enfasi data dal timbro orchestrale raffinato e brillante, con un virtuosismo tipicamente russo.
Glinka, si è formato al di fuori delle istituzioni scolastiche, studiando presso maestri privati.
Glinka inaugura la tradizione del dilettantismo, e cioè, un tratto che accomuna quasi tutti gli esponenti del
nazionalismo musicale russo. Ma non si tratta di un dilettantismo in senso dispregiativo, bensì in senso
antiaccademico.
Il gruppo dei cinque
Dopo Glinka il nazionalismo musicale, fu professato in Russia, da un gruppo di giovani compositori noti
come il Gruppo dei Cinque che negli anni '50-'60 si riunirono a San Pietroburgo intorno a Milij Aleseevic
Balakirev (1837-1910).
Insieme a lui ci furono Cesar Cui (1835-1918), Modest Petrovic Musorgskij (1839-1881),
Rimiskij-Korsakov (1844-1908), e Borodin (1833-1887).
Il gruppo dei Cinque fu affiancato dal critico Stasov (1824-1906). Questi compositori si riunivano nei
salotti della società nobiliare di San Pietroburgo, accomunati da un’intensa ammirazione per Glinka.
Si ponevano come obiettivo, quello di descrivere o rappresentare la realtà, con concretezza e con il rifiuto di
qualunque forma di accademismo. Ed ebbero come antagonista principale Cajkovskij.
Balakirev
Balakirev, fu organizzatore di concerti pubblici ed inoltre, aprì anche la Scuola Libera di Musica, allo
scopo di offrire un’educazione musicale libera dai dogmatismi scolastici, dati dalla formazione ufficiale del
Conservatorio.
La sua produzione, si concentra quasi interamente sul sinfonismo e sulla lirica, sia vocale che da camera
con brani per voce e pianoforte. I suoi poemi sinfonici Tamara del 1882 e Russia del 1884, sono
composizioni, che si contraddistinguono per ritmi vigorosi, l’utilizzo di un linguaggio melodico popolare e
un orchestrazione brillante.
L’estetica nazionalista russa fu inoltre esplicitata nella fantasia orientale Islamey del 1869.
Rimiskij-Korsakov
Rimiskij-Korsakov però, oltre ad aderire al gruppo dei Cinque, fu anche insegnante di composizione al
Conservatorio e quindi, ne seguì una sorta di integrazione delle due forme, ossia quella dilettantistica e
quella accademica. Korsakov scrisse inoltre, anche un trattato di armonia e un manuale di orchestrazione e
fu quindi, molto importante per la formazione della scuola russa.
Rimiskij-Korsakov prediligeva un tipo di orchestrazione piena di effetti stupefacenti ed inediti, con il
frazionamento della massa orchestrale, in timbri singoli e puri, valorizzando molto la sonorità, avvicinandosi
al gusto impressionista francese di fine secolo.
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L’orchestrazione immaginosa, costituisce un tratto caratteristico dei suoi numerosi lavori teatrali e
sinfonici, tra cui si ricordano il poema sinfonico Sadko del 1897, e l’ouverture della Pasqua russa del 1888.
Allievi di Korsakov, furono Igor Fedorovic Stravinskij (1882-1971) e Ottorino Respighi (1879-1936).
Musorgskij
Modest Petrovic Musorgskij scrisse il brano per pianoforte la suite Quadri di un esposizione del 1874. Qui
descrive la visita di un esposizione di pitture di Gartmann (1842-1843), pittore amico del compositore.
Questa suite contiene dieci pezzi, ispirati ai quadri, intermezzati da una Promenade in 5/4.
Per l'arditezza dei giri armonici, si caratterizza il n.8 Catacombe.
Di intenso lirismo e sapore popolare è il n.2 il Vecchio castello.
Per le ritmiche è di esempio il n.1 Gnomo.
I Quadri fu una delle opere più notevoli di Musorgskij, certamente il più grande tra i musicisti del gruppo
dei Cinque. Ravel realizzò una magistrale versione orchestrale di questa suite.
Capolavoro del teatro musicale scritto da Musorgski è Boris Godunov del 1874, che descrive una tragedia di
Puskin.
Quest’opera ha per soggetto il periodo del regno dello zar Boris,tra la fine del ‘500 e i primi anni del ‘600,
quando cioè, la Russia era minacciata della sua indipendenza, e da disordini popolari interni.
Boris, impadronitosi del trono dopo aver ucciso il sovrano, vive in solitudine oppresso dai sensi di colpa e
muore improvvisamente stremato dall’angoscia.
L’opera è strutturata in un prologo, quattro atti e nove scene, ed è costituita da una serie di tableaux cioè
quadri distinti e non collegati tra loro. Ogni quadro mette in luce una situazione chiave.
Un'altra caratteristica di quest'opera è che i personaggi, non parlano tra loro, ma stanno uno di fianco all’altro
esprimendosi in monologhi, contrapposti alla massa corale.
La melodia evita il fraseggio simmetrico e procede per frasi irregolari, gli accordi sono scelti per la loro
sonorità, sviluppandosi spesso in tonalità assai distanti, e quindi, in un sistema dunque enarmonico.
Lo stile armonico del Boris di Musorgski, è stato anche motivo di esempio per Debussy.
Tra le opere più significative della musica russa figurano anche, alcuni lavori strumentali di Borodin come
la Prima sinfonia in Mib, ed inoltre, le sue composizioni, sono caratterizzate generalmente da melodie di
sapore orientaleggiante, unite ai materiali melodici tipici del folklore.
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Borodin
Aleksandr Borodin, fu oltre che un compositore anche un medico chirurgo. Ma nonostante questo Borodin
riuscì a trovare tempo per la musica. Nel 1864 tuttavia si trovò con Balakirev e in questo modo divenne
l'ultimo membro del gruppo dei Cinque. Nel 1869 venne rappresentata la sua Prima Sinfonia di Borodin,
diretta proprio da Balakirev. Nello stesso anno Borodin iniziò il suo lavoro alla sua opera eroica Il Principe
Igor con le famose Danze Polovesiane
Cajkovskij
Petr Il ic Cajkovskij (1840-1893) è uno dei più fecondi compositori russi del secondo Ottocento e anche
uno dei più noti a livello internazionale.
Cajkovskij, fu il diretto antagonista del dilettantismo e quindi del gruppo dei Cinque. Fu subito molto
legato alle istituzioni, studiando al Conservatorio di San Pietroburgo, e poi divenne professore di Armonia
al Conservatorio di Mosca, di tendenza filo occidentale.
Cajkovskij seppur molto influenzato dalla musica occidentale, in alcuni suoi lavori si sentono anche, i
caratteri del linguaggio tipicamente russo.
Compose per ogni genere, dal profano al sacro, allo strumentale sinfonico e da camera. Compone anche
sinfonie, e altri poemi sinfonici, tra i quali spiccano Francesca da Rimini del 1876
e Romeo e Giulietta del 1880.Scrisse inoltre, tre concerti per pianoforte e un concerto per violino e
orchestra.
Cajkovskij subisce molto le influenze di Beethoven e Listz, e soprattutto di quest’ultimo, per la
trasformazione costante dei temi all’interno del movimento, per esempio dallo staccato al legato e
viceversa, riproponendoli poi, con caratteri diversi di tempo.
Nel primo movimento in forma - sonata della Quarta sinfonia in FA min.Op.36 del 1878, e precisamente il
primo tema Moderato con anima è un chiaro esempio di ciò.
Ma il genio di Cajkovskij, ha lasciato il segno specialmente, nei tre celebri balletti sinfonici,
come Il lago dei Cigni del 1877, La bella addormentata nel bosco, del 1890 e Lo schiaccianoci del 1892.
Con questi lavori, Cajkovskij ha riabilitato la musica del balletto d’arte, dove la musica non diviene un
semplice accompagnamento alla danza, ma bensì un elemento attivo e integrante della coreografia.
In precedenza soltanto il francese Leo Delibes (1836-1891) si era impegnato nell’impegno artistico
compositivo musicale di un certo livello, per i balletti.
Il balletto, entra dunque nelle corti, ed in particolar modo in quelle degli zar, dei granduchi, e di
conseguenza nel secondo Ottocento, la capitale del balletto divenne proprio San Pietroburgo. A
contribuire a questo successo, fu anche grande coreografo Marius Petipa (1819-1910), il quale collaborò
con Cajkovskij per Lo schiaccianoci e per La bella addormentata nel bosco.
Le musiche per questi balletti, si distinguono per il lirismo dei temi e anche per l’eleganza del disegno
ritmico.
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Cajkovskij fu un orchestratore immaginoso, inserendo la celesta, nella Danza della Fata Confetto. In
nessun altro paese d’Europa, il nazionalismo musicale assunse un livello maggiore di intensità quanto in
Russia.
Norvegia
In Norvegia la personalità più significativa fu Edvard Grieg (1843-1907). Di formazione tedesca studiò al
conservatorio di Lipsia, e scrisse le musiche di scena del Peer Gynt, capolavoro del teatro nazionale
Norvegese. Si serve di un linguaggio armonico popolareggiante e melodicamente spontaneo, che rievoca
gli stati d’animo e le suggestioni dei paesaggi nordici.
Finlandia
Jean Sibelius (1865-1957) studiò a Helsinki e ottenne successo col poema sinfonico Kullervo.
La sua musica è evocativa dei paesaggi nordici. Ha un carattere compositivo lineare e misurato, ma non
privo di fantasia. Questo si evidenzia anche nei poemi sinfonici Finlandia, del 1900, e Tapiola, del 1928.
Cecoslovacchia
In paesi come la Boemia, allora inclusa nell’impero asburgico, emerse la figura di
Bedrich Smetana(1824-1884), soprattutto per la composizione del ciclo di sei poemi sinfonici intitolato
Mia patria.
Queste composizioni, erano ispirate a leggende nazionali e vicende storiche antiche, ed anche a paesaggi
naturali. La musica di Smetana, presenta un ricco apparato di motivi popolareschi e ritmi di danze paesane,
oltre a rappresentazioni in musica di scene di battaglia.
L’altro insigne esponente della musica ceca del secondo Ottocento fu Antonin Dvorak (1841-1904), il
quale arricchì la musica strumentale, inserendovi brani tratti dal patrimonio popolare, ma non soltanto ceco,
bensì anche di altri popoli slavi, come Slovacchia, Moravia, Ucraina e Russia.
Lo stile di Dvorak, si modellò essenzialmente, sulle opere strumentali dei tedeschi come Brahms.
L’opera compositiva di Dvorak, si fonda sulle Nove sinfonie, di cui la più celebre è la Nona, conosciuta
anche però, come Quinta sinfonia in Mi min. Op.95 del 1893, intitolata anche Dal nuovo mondo.
Janacek
Leos Janacek (1854-1828) fu certamente il più importante compositore, dopo la morte di Smetana e
Dvorak
Anche lui, si dedicò inizialmente alla ricerca etnografica, ed il carattere saliente del suo stile è dato
soprattutto, dall’impiego di ritornelli e brevi temi, spesso ripetuti con trasformazioni melodiche, che si
rifanno molto, alle cadenze ritmiche del linguaggio parlato.
Le sue composizioni più significative di Janacek, riguardano le opere vocali ed in particolar modo opere
teatrali, dense di una forte tensione drammatica, di un grande patriottismo ed anche di un forte senso
religioso. Tra queste si ricorda la Jeunfa del 1904.
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Ma un altro suo capolavoro fu Glagoskà mse cioè la Messa glagotica del 1926, per soli coro e orchestra, in
cui fa uso del testo in slavo antico, anziché il latino.
Janacek, utilizza uno stile semplice, con motivi che ricompaiono lungo tutto l’arco dell’opera. La sua
musica da camera, comprende anche, una sonata per violino e pianoforte del 1922 e due Quartetti per
archi. Si ricordano poi i lavori orchestrali, tra cui la Sinfonietta del 1926.
Spagna
In Spagna c'era un forte influsso delle tendenze italiane e francesi.
Ma vi fu anche un movimento, che portò alla rinascita della musica spagnola del Quattrocento e del
Cinquecento e i personaggi più importanti furono Asenjo Barbieri (1823-1894) e
Felipo Pedrell (1841-1922), con la loro attività di ricerca, che raccolsero nel Cancionero musical.
Pedrell nella trilogia del Los Pireneos del 1902, fece confluire gli elementi più tipici della tradizione
musicale spagnola, con canzoni catalane melodie popolari e antiche, fondendole con un gusto moderno
wagneriano, di armonizzazione e di strumentazione.
Furono allievi di Pedrell, tra gli altri, anche Isaac Albeniz (1860-1909) ed Enrique Granados (1867-19116).
Questi musicisti, ebbero il merito di portare la musica spagnola, fuori dalla Spagna soprattutto a Parigi.
Scrissero anch’essi, brani impregnati delle qualità melodiche e timbriche della musica popolare
spagnola, integrandola alle sonorità impressioniste francesi di Debussy, Chausson, e Ravel.
Tra le più importanti composizioni di Albeniz figura La Suite Iberia del 1906-08, caratterizzata da pezzi di
evocazione pianistica e da sonorità, tipiche della chitarra e delle nacchere, ossia gli strumenti tipici della
musica spagnola.
Granados si distingue invece, per Goyescas del 1911, e cioè, una serie di ritratti musicali, ispirati a
Francisco Goya, il pittore a lui molto caro.
Falla
Tra i compositori spagnoli maggiormente attivi, ci fu anche Manuel Falla, (1876-1946)
appasionato del genere della zarzuela, ebbe successo inizialmente con La vita breve, un opera di sapore
verista, che rappresenta il colore locale spagnolo.
Successivamente, fu influenzato dagli impressionisti Debussy, Ravel e Dukas, che lo portarono alla
composizione Notti nei giardini di Spagna, un poema sinfonico diviso in tre parti, pervaso da una
struggente sensualità sonora.
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Ungheria
Koldaly (1882-1967) e Bela Bartok (1881-1945). Sono i due maggiori esponenti della musica ungherese di
inizio Novecento.
Koldaly contribuì alla rifondazione della cultura musicale nazionale ungherese, anche attraverso la
riorganizzazione della didattica musicale. Insieme a Bartok, si dedicò alla raccolta del materiale
folkloristico ungherese, romeno e slovacco e dei popoli limitrofi.
Lo studio della musica popolare, fu per questi compositori molto importante, poiché grazie a ciò,
introdussero nelle loro composizioni, anche combinazioni armoniche, moduli ritmici inediti e del tutto
diversi da quelli usati nella musica colta europea. Tra le sue opere, si ricordano il Singspiel magiaro Hàry
Jànos del 1927.
In quest’opera Koldaly, operò una stretta sintesi di elementi popolari.
Un' altra opera importante di Koldaly, fu il Psalmus Hungaricus -Salmo Ungarico del 1923 per coro e
orchestra, basato sul salmo 50.
Bartok
Bela Bartok, riuscì ad adattare ed amalgamare, gli aspetti caratteristici della musica folklorica, con gli
elementi tratti dalla musica occidentale. Ha registrato e catalogato la musica popolare ungherese, andando
di prima persona sul campo a ricercarla ed inciderla.
Molte caratteristiche dello stile di Bartok, traggono dunque origine dalla musica popolare araba e
dell’Europa Orientale. Utilizza molto spesso scale pentatoniche o modali antiche, con un andamento
discendente.
Bartok, utilizza spesso ritmi sincopati e irregolari, in cui predomina la suddivisione di:
croma-semiminima col punto – semicroma - croma col punto.
In Bartok, assai ampia è la scelta armonica, con successioni di accordi spesso complesse, ed utilizza spesso i
Clusters ovvero delle sovrapposizioni di seconde maggiori e minori contigue.
Bartok, utilizza inoltre molto spesso anche la ripetizione ostinata. Un esempiolo si ha nell’Allegro barbaro
per pianoforte, composto nel 1911.
Questa composizione, è un imitazione stilizzata della musica primitiva folklorica, realizzata per mezzo
di scontri armonici duri e aspri con ritmi martellanti e ossessivi, per evidenziare la tensione ritmica del
brano, con una melodia di carattere talvolta esotico.
Bartok, diversamente dai compositori romantici, utilizza il pianoforte sotto l’aspetto timbrico- percussivo,
quasi fosse uno xilofono. Questo spianò la strada, ai successivi compositori delle avanguardie.
Per pianoforte Bartok scrisse Mikrokosmos cioè, una serie di 153 pezzi di varia durata e di difficoltà
progressiva.
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Lo stile di Bartok, riassume in termini novecenteschi, le tecniche contrappuntistiche bacchiane come la
fuga, il canone, e l’imitazione e l’inversione retrograda dei temi. Bartok riassume anche lo stile di Listz
e Beethoven e Debussy.
Molto spesso Bartok ricava la sua composizione da una cellula di poche note, che viene elaborata, come nel
il caso del primo e l’ultimo movimento del Quartetto per Archi del 1928.
Utilizza anche spesso, una formula compositiva ad arco di tipo A B C B A
La serie dei Quartetti per archi di Bartok, composti tra il 1908 e il 1939, costituisce il più importante
apporto al repertorio cameristico. Inoltre Bartok, possedeva una grande padronanza dell’invenzione
timbrica e dell’orchestrazione.
Ne sono un esempio le sfavillanti sonorità del Mandarino Meraviglioso, in cui il frastuono di una grande
città, viene raffigurato con scale di violini, accordi per quarte e ritmi percussivi.
Con Musica per archi, percussione e celesta, del 1936 e la Sonata per due pianoforti e percussione del
1937, Bartok eslplora compiutamente, tutte le possibilità di inedite combinazioni strumentali.
Soprattutto lo xilofono, spesso suona parti di fondamentale importanza melodica, come nell’Adagio della
Musica per archi, percussione e celesta. Il tema della fuga viene qui largamente utilizzato per legare fra
loro tutti e quattro i movimenti.
Il Concerto per orchestra, fu tra i lavori dell’ultimo periodo della sua vita quando si trovava negli Stati
Uniti ed è un opera di altissimo valore tecnico, con un impiego meno intenso di contrappunti.
Inghilterra
Delius
Frederick Delius, (1862-1934) viene comunemente definito un compositore impressionista, sulla scorta
delle innovazioni apportate da compositori quali Calude Debussy dopo il superamento del modello
romantico e tardoromantico;
la sua opera, di carattere sostanzialmente meditativo ed introverso, malinconico ed evocativo, fu
naturalmente incline ad una forma non banale di descrittivismo musicale, risente delle influenze di Grieg,
che di Delius fu amico.
La scoperta e diffusione dell'opera di Delius è da attribuire principlamente al direttore d'orchestra Tomas
Becham, che nel 1907, in occasione di una visita londinese di Delius, rimase positivamente colpito dalla sua
musica, ed in breve ne incise ed interpretò gran parte della produzione, portandola all'attenzione del
pubblico. Tra le sue composizioni si ricordano A Village Romeo and Juliet e Florda Suite.
Elgar
Edward Elgar, (1857-1934) compositore inglese, si affermò con l'oratorio Lux Christi del 1896, e poi con le
Variazioni sinfoniche Op.36 Enigma
fu un compositore di stile eclettico, è influenzato soprattutto dal tardo romanticismo tedesco.
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Italia
Un gruppo di autentico rinnovamento della musica all’inizio del Novecento, la si ebbe in Italia con
la Generazione Ottanta.
Questi compositori, nati tutti intorno al 1880, avevano come obiettivo principale quello di
riattivare la tradizione della musica strumentale italiana, e portarla al livello delle posizioni
europee.
I protagonisti della Generazione Ottanta furono:
Il bolognese Ottorino Respighi(1879-1936), il parmense Ildebrando Pizzetti(1880-1968),
il veneziano Gian Francesco Malipiero(1882-1973), e il torinese Alfredo Casella (1883-1947).
La loro azione ha travalicato il campo della composizione e dell’esecuzione musicale, per estendersi
anche nell’ambito della critica e della didattica.
- Il gruppo, era molto critico nei confronti del melodramma italiano dell’Ottocento, e del
Verismo del primo Novecento e volevano combatterlo con ogni arma.
- Rivendicavano il primato della grandezza dell’Italia nel campo della musica strumentale.
- Sostenevano la riacquisizione e rivalutazione, del patrimonio musicale, antico cioè
preottocentesco.
- Spingevano per la creazione di una musica nazionale italiana, mediante il ritrovato ricorso ai
materiali folkloristici.
- Assimilarono le innovazioni sostanziali, che nell’ultimo Ottocento, erano state acquisite dalle
scuole nazionali francese tedesca e russa.
C’è da notare che la musica italiana nell’Ottocento, non aveva un vero e proprio folcklore musicale.
Vi era la canzone napoletana in vernacolo, tra cui Luigi Denza (1846-1922) autore di Funuculì
funiculà, e c'era anche il raffinatissimo poeta Salvatore Di Giacomo. Ci fu anche una
rivalutazione del canto gregoriano e della polifonia rinascimentale,
con il Motu proprio, sulla musica sacra, emanato da Pio X nel 1903, che vide coinvolti
Giovanni Tebaldini (1864-1952) che fu maestro di Pizzetti, e Lorenzo Perosi (1872-1956).
I compositori della generazione Ottanta, furono spalleggiati da un nutrito gruppo di critici, tra i
quali Fausto Torrefranca e Giannotto Bastianelli (1883-1927), i quali criticarono molto la
figura di Puccini, definendolo un falso artista decandente.
Scrissero molto sulla rivista La voce di Firenze, e poi anche sulla rivista Dissonanza.
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Torrefranca e Bastianelli applicarono alla musica, le teorie estetiche di B.Croce, (1866-1952).
Canone guida del pensiero crociano, è l’idea dell’arte in generale, intesa come il primo momento
intuitivo dello spirito. Croce va oltre le forme e i generi e gli eventi biografici dell’artista,
ricercando invece, la pura ispirazione lirico-poetica, che è la vera essenza dell’arte.
La Rivista musicale italiana, fondata a Torino nel 1894, fece risvegliare l’interesse verso la musica
antica.
I principali divulgatori della nascente Musicologia italiana furono Oscar Chilesotti (1848-1916) e
Luigi Torchi(1858-1920) ed anche Guido Gasperini ( 1865-1942) autore del primo testo italiano
di storia della notazione, Storia della semiografia musicale.
Proprio attorno a Gasperini, si formò nel 1908, L’Associazione dei musicologi italiani, che aveva
come obiettivo, quello di catalogare tutta la musica antica teorica e pratica manoscritta e
stampata, esistente nelle biblioteche e negli archivi italiani.
Malipiero fu un compositore infaticabile, ma non solo, fu anche un grande studioso del passato e
trascrisse le musiche italiane dal Cinquecento al Settecento, curando l’edizione di tutte le opere
di Monteverdi. Malipiero, è stato inoltre anche responsabile dell’Istituto italiano per la
pubblicazione e la diffusione dell’opera di Vivaldi.
L’intera attività di Casella, Pizzetti e Respighi è densa di trascrizioni elaborazioni, revisioni di
musiche degli antichi maestri. Le Tres suites orchestrali intitolate anche Antiche danze ed arie per
liuto, non sono altro che libere orchestrazioni di pagine liutistiche antiche.
Anche Gabriele D’Annunzio (1863-1938) è stato assai vicino e legato al mondo della musica.
Nelle sue liriche, non mancano allusioni e riferimenti a Wagner e anche Claudio Merulo, e
soprattutto il “divino” Claudio Monteverdi e al suo celebre Lamento di Arianna, che D’Annunzio
fa nel Fuoco.
D’Annunzio partecipa, infatti, alla pubblicazione degli opera omnia monteverdiani, ed alla collana
di musiche antiche italiane, I classici della musica italiana.
Il culto nazionale del passato e l’impegno del presente, avevano quindi in anche in D’Annunzio un
importante riferimento. Il gruppo della generazione Ottanta, aveva quindi come riferimento la
musica strumentale italiana antica, e la musica sinfonica internazionale.
Malipiero e Casella erano anche attenti alle avanguardie e nel 1916, Casella fondò la Società
italiana di musica moderna, che divenne poi Società Internazionale di Musica Contemporanea.
Durante il regime fascista, la musica non fu considerata, come uno strumento di catalizzatore
politico populista. In pratica dunque, non vi fu una vera e propria musica del regime, cosa che
invece avvenne per le arti visive. La musica fu collocata marginalmente anche nella riforma
scolastica di Giovanni Gentile (1975 -1944) principale ideologo del fascismo.
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Casella
Alfredo Casella(1883-1947) ha occupato un posto di primo piano, nella vita musicale italiana del
primo Novecento. Studiò pianoforte a al conservatorio di Parigi dove venne a contatto con
personalità come Debussy, Ravel, Stravinskij e Mahler e conobbe la musica di Schonberg ed
anche dei compositori russi.
Poi rientrò in Italia e insegnò pianoforte a Roma al Santa Cecilia.
Casella si occupò della revisione delle musiche di Chopin e Beethoven, ed inoltre, recuperò le
musiche antiche italiane, per riproporle ai giovani musicisti, facendole eseguire soprattutto nelle
Settimane senesi.
Tra le sue composizioni più importanti, si ricorda Italia dove si servì di citazioni popolareggianti
tra cui il Furiculì furiculà di Denza.
Casella, unisce il recupero dei moduli espressivi strumentali settecenteschi, per ricostruire uno
stile moderno italiano, ma di carattere dimostrativo internazionale. La tendenza è verso la
semplificazione armonica e la chiarezza lineare della melodia. Utilizza un linguaggio scarno e
lineare, con momenti di sensibile ironia, ma anche un forte senso di malinconia.
Malipiero
Gian Francesco Malipiero (1882-1973), nato da una famiglia di musicisti a Venezia, si diplomò in
composizione a Bologna ma studiò anche a Vienna, e fu influenzato soprattutto da Wagner e
Stravinsky, ed inoltre studiò soprattutto, le musiche antiche italiane di Monteverdi e Frescobaldi.
Anche in Malipiero c’è dunque un incrocio, tra moderno e antico, e nelle sue composizioni unisce le
melodie popolaresche con le inflessioni dissonanti novecentesche.
I suoi, passaggi aggressivamente dissonanti, e i crescendi ritmici di estrema violenza, abbinati a
delicate melodie spesso arabesche, sono derivati dell’Opera Sacre di Stravinskij ed anche da
Ravel e Debussy.
Malipiero, aveva un modo di comporre definito a pannelli, con composizioni autonome e un
invenzione musicale continua, senza le variazioni tipiche del periodo romantico.
Alcune sue composizioni durano pochi minuti.
Le sue principali composizioni sono Pause di Silenzio I del 1917, costituito da 7 pannelli musicali,
alcuni molto tranquilli altri molto più aggressivi e turbolenti.
Malipiero scrive poi Pantea in uno stile violentemente cromatico, che si avvicina
all’espressionismo di Schonberg, abbinato a struggenti linee melodiche nostalgiche e
commuoventi.
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Respighi
Ottorino Respighi (1879-1936) raggiunse un discreto successo internazionale con i suoi tre poemi
sinfonici romani: Fontane di Roma, del 1916, Pini di Roma del 1924, e Feste Romane del 1928.
Sono partiture, che si caratterizzano per la smagliante tavolozza orchestrale, esaltata dal sapiente
uso delle combinazioni e degli insiemi orchestrali.
Respighi studiò per un certo periodo a San Pietroburgo e a Berlino, dove fu a contatto con Busoni e
con la musica di Srauss, e si trasferì poi definitivamente a Roma.
I suoi 3 Poemi Sinfonici Romani sono di ispirazione espressiva europea in particolare Listz e
Strauss.
Respighi descrive in questi poemi, le immagini emblematiche del mondo circostante, sotto forma di
paesaggi, monumenti della storia, spettacoli naturali appartenenti al passato e alla storia antica.
Respighi mira dunque, ad evocare il glorioso mito di Roma città eterna, ma senza dare a ciò un
preciso significato ideologico. Le sue musiche, rievocano le situazioni paesaggistiche e suggestive
delle ambientazioni romane, e non mancano le voci della natura, presenti ad esempio nella sinfonia
Pini di Roma, e le danze popolaresche presenti nelle Feste Romane.
Pizzetti
Studiò al Conservatorio di Parma, e fu legato anche dall'amicizia con D'Annunzio, fu poi direttore
del Conservatorio di Firenze e anche di quello di Milano.
mentre Respighi e Casella, cercarono i presupposti per una musica strumentale italiana, Pizzetti,
cercò il rinnovo del teatro, con un tipo di vocalità drammatica, consistente nel declamato plastico,
capace di potenziare i sensi della parola, mediante il recupero del Recitar cantando fiorentino, e del
recupero del gregoriano.Tra le sue opere si segnalano La sacra rappresentazione di Abramo e Isacco
e La Figlia di Jorio su libretto di D'Annunzio Per orchestra si ricorda la Sinfonia in La e Rondò
veneziano
Dallapiccola
Il discorso iniziato dalla generazione Ottanta fu proseguito poi da Dallapiccola e Petrassi. Luigi
Dallapiccola (1904-1975) fu interessato alla cultura tedesca, e si impose all’attenzione con la
Partita per orchestra. Sullo stile di madrigalistico neorinascimentale di Malipiero, compose i Sei
Cori di Michelangelo Buonarroti il Giovane del 1933-1836 creando una sorta di
neomadrigalismo.
Dallapiccola compone sullo stile del mottetto rinascimentale, con l' alternanza tra polifonia e
omoritmia utilizzando però armonie dodecafoniche, abbinate a frammenti di melodie
gregoriane. Questo lo si può notare ad esempio, nell’inizio del primo canto La Preghiera di Maria
Stuarda, il quale viene combinato all'antico Dies Irae.
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Il nazionalismo in musica
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Compose successivamente i Canti di Prigionia del 1938-1941 per coro e strumenti, che si basano
sui testi di condannati a morte, e presentano il tema tragico della libertà. Anche qui utilizza la
dodecafonia, che riprenderà poi nel Prigioniero, lavoro di teatro d’opera del 1950.
Petrassi
Goffredo Petrassi (1904-2003) nasce a Zagarolo vicino Roma, e si diploma in composizione al
Conservatorio di S. Cecilia. Petrassi, si lega nei primi lavori, allo stile di Stravinskij, soprattutto
nel suo Concerto n.1
Petrassi, ha uno stile neoclassico, abbinato uno stile contrappuntistico dissonante e un disegno
orchestrale dove vede la contrapposizione di archi e ottoni, come ad esempio il finale Tempo di
Marcia nel Concerto n.1.
Giorgio Federico Ghedini (1892-1965) e Bruno Bettinelli (1913-2004)sono tra i compositori che
hanno caratterizzato in Novecento soprattutto sotto l’aspetto didattico.
Stilisticamente le loro composizioni sono caratterizzate da un elaborato contrappunto abbinato ad
audaci combinazioni armoniche. Bettinelli, fu direttore del Conservatorio di Milano e maestro di
affermati musicisti tra i quali R. Muti, A. Gentilucci. A. Corghi e B. Canino.
Bibliografia:
M.Carrozzo C.Cimagalli, Storia della Musica occidentale Volume 3, Armando, Roma 2009
pp-287-299, 351-367
E.Surian, Manuale di Storia della Musica volume 3, Rugginenti Torino 2006
pp., 131-141
E.Surian, Manuale di Storia della Musica volume 4, Rugginenti Torino 2006
pp., 151-171
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