BELA BARTOK E LA MUSICA POPOLARE

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BELA BARTOK E LA MUSICA POPOLARE
CONSERVATORIO DI MUSICA
“G. FRESCOBALDI” DI FERRARA
Tesi di Storia della musica
BELA BARTOK E LA MUSICA POPOLARE
A cura di :
Luca Cigaina
Relatore:
Prof. Giuseppe Rossi
Anno Accademico 2006 - 2007
_____________________________________________________________
INDICE
CAPITOLO 1: BELA BARTOK E IL FOLKLORE MUSICALE
1.1. Introduzione
p. 1
1.2. Il metodo di ricerca
p. 2
1.3. Il campo di ricerca
p. 7
1.4. Il folklore musicale comparato
p. 9
CAPITOLO 2: BELA BARTOK E L’ ANALISI DELLA MUSICA
POPOLARE UNGHERESE
2.1. Le scale modali e la scala anemitonica – pentatonica
p. 13
2.2. L’ accordo di settima minore nella musica popolare
p. 16
2.3. Bartok e i concetti di “poli-modalità” e “modalità
allargata”
p. 17
2.4. Gli accordi per quarte giuste e l’ utilizzo del tritono
p. 19
2.5. La “poli-modalità” ed il “cromatismo modale”
p. 21
2.6. Il ritmo bulgaro
p. 22
CAP. 1 –BELA BARTOK E IL FOLKLORE MUSICALE
1.1. Introduzione
Bèla Bartòk (25 Marzo 1881-26 Settembre 1945), il più grande compositore ungherese, fu
uno dei musicisti più importanti del XX secolo. Egli, infatti, assieme all’amico e collega
Zoltàn Kodàly, può essere considerato uno dei padri fondatori dell’etnomusicologia, ramo
della musicologia che studia le tradizioni musicali dei popoli cosiddetti primitivi. Questo
attivo studio delle musiche popolari è parte fondamentale nella vita compositiva dell’autore è
ne influenzerà l’intera produzione musicale, che nonostante abbracci periodi stilistici e generi
differenti, manterrà sempre viva al suo interno, a volte in maniera eclatante, a volte in
sordina, la costante etnica.
Questa enorme attenzione nei confronti della musica popolare è da vedersi per certo come
manifestazione del grande spirito rivoluzionario di Bartòk, che ben incarnava il comune
pensiero della società ungherese a cui essenzialmente si ponevano questi problemi:
“…l’ indipendenza nazionale dell’Ungheria dal feudale e oppressivo sistema
austro-asburgico; l’avvicinamento alle radici popolari della cultura ungherese;
la necessità di un processo di sprovincializzazione della cultura delle classi
dominanti, nonostante alcune confuse e caotiche assimilazioni cosmopolite.” 1
Grande innovazione nell’attività di Bartòk e Kodàly è il modus operandi del loro lavoro che
mai fino ad allora era stato portato avanti in maniera così rigorosa e scientifica. Anche in
questo modo di agire si può ritrovare una vena oppositrice.
“Poiché obiettivamente inteso, era polemico e rivoluzionario voler condurre le
ricerche sulla musica popolare con mezzi di esatta indagine scientifica che
smantellasse qualsiasi superficiale dilettantismo…Inaudito e rivoluzionario il
fatto di recarsi personalmente nelle arretrate campagne ungheresi e venire a
contatto con le condizioni di vita di queste classi << inferiori >>, senza
considerare che per Bartòk il nucleo di base di tutta la musica popolare era
rappresentato dalla musica dei contadini…” 2
1
2
D. Carpitella, “Introduzione”, 2001, pag. 20
D. Carpitella, “Inroduzione”, 2001, pag. 21
1
Dopo questa breve panoramica, andiamo ora ad analizzare nello specifico come questo grande
progetto di catalogazione e di analisi scientifico-musicale dei brani popolari da parte del
compositore ungherese abbia preso forma e con quali metodi esso si sia svolto; portando,
dunque, alla sintesi di quelle formule, strumenti e sistemi musicali che influenzeranno l’intera
produzione di Bartòk e che faranno di lui uno dei più importanti compositori del Novecento
musicale.
1.2. Il metodo di ricerca
“ Mi ero dato a questo genere di ricerche per ragioni puramente musicali e
solamente nell’ ambito della lingua ungherese. Ma più tardi mi si rivelò
l’ interesse di un trattamento scientifico del lavoro che andavo compiendo , cioè
del materiale raccolto , nonché la necessità di estendere la mia attività anche
alle zone linguistiche slovacche e romene.” 3
Con queste parole Bartok fa ben intendere quali fossero le sue intenzioni e quali i suoi
obbiettivi; il suo doveva essere un lavoro scientifico e come tale pianificato ed ottimizzato in
ogni dettaglio. In proposito è molto interessante notare come l’ autore già desse enorme
importanza alle qualità del raccoglitore stesso, chiamando queste doti sotto il termine di
“attrezzatura spirituale” e andando praticamente a elencare le caratteristiche del perfetto
ricercatore musicale; l’ autore dunque scrive:
“ … il raccoglitore di musica popolare ideale dovrebbe essere esperto in molti
rami di studio. Gli occorre una buona preparazione linguistica e fonetica per
accorgersi delle più sottili sfumature [..] dialettali [..] e poterle così annotare;
deve essere un coreografo [..] onde descrivere con esattezza i nessi fra la danza e
la musica popolare; […] deve essere infine un sociologo per controllare
l’ influenza esercitata dai mutamenti della vita collettiva sul canto popolare.[..]
Oltre a tutto ciò, il raccoglitore deve essere ovviamente un musicista , e per di più
un musicista dotato di ottimo orecchio e di una buona capacità di
osservazione.[…] Si deve allora concludere che la raccolta di musica popolare
non può essere compiuta da un solo individuo e che quindi un risultato
3
B. Bartok, “Autobiografia”, 1921, p. 44
2
approssimativamente
perfetto
possa
essere
raggiunto
soltanto
dalla
collaborazione di almeno due studiosi. 4
Oltre all’ attrezzatura spirituale , indispensabile
per Bartok e Kodaly fu l’ utilizzo di
strumenti di registrazione ed in particolare del fonografo di Edison , il quale mediante
incisioni su dei rulli di cera era già allora in grado di catturare vere e proprie istantanee
musicali ; ogni rullo poteva ,a seconda della durata dei canti , contenere in media 3 o 4 brani.
“ Dal punto di vista scientifico solo quel materiale che è stato registrato ha una
patente di assoluta attendibilità. Per quanto grande possa infatti essere l’ abilità
di chi annota ciò che ascolta, nessuno tuttavia può essere in grado di indicare
con esattezza ogni particolare ( note appena toccate , lievi glissati, i rapporti di
valore nei loro dettagli più minuti) [..] ci troveremmo sempre di fronte alla
notazione di un canto che in realtà non s’ è mai sentito. [..] vi sarebbe comunque
ancora qualche cosa di impossibile a fissarsi sulla carta: e cioè il colore del
canto popolare, il suo timbro”. 5
Prima di parlare dei criteri e dei metodi seguiti da Bartok nel suo operato, trovo sia giusto
focalizzare per un attimo l’ attenzione su cosa effettivamente l’ autore stesso intendesse con la
definizione di “musica popolare”. Questo è essenziale al fine di capire il perché della scelta da
parte del compositore
di determinate zone geografiche piuttosto che altre ed inoltre di
comprendere in quali errori o equivoci un inesperto o impreparato raccoglitore sarebbe presto
incappato durante le ricerche.
Primo passo di Bartok fu quello di svincolarsi immediatamente dalla comune concezione
della musica popolare come un tutto omogeneo ed uniforme, definendo al contrario una prima
netta suddivisione al suo interno:
“ La musica popolare si compone di due generi di materiale musicale: la musica
colta popolaresca ( in altri termini la musica popolare cittadina) e la musica
popolare dei villaggi ( cioè la musica contadina). [..] Possiamo chiamare musica
popolare contadina , o musica colta popolaresca, quelle melodie di struttura
piuttosto semplice, composte da autori dilettanti appartenenti alla classe
4
5
B. Bartok, “Come e perché raccogliere la musica popolare” , 1935-36, p. 50
B. Bartok , “ Come e perché raccogliere la musica popolare”, 1935-36, p. 56
3
borghese e perciò diffuse soprattutto nella classe borghese. Nella classe
contadina[..] tutt’ al più sono penetrate solo relativamente tardi e comunque
sempre passando attraverso la “mediazione” della borghesia. Queste melodie
vengono generalmente chiamate “canzoni ungheresi”. [..] Per quel che riguarda
la musica popolare dei villaggi, la migliore definizione che ne comprende tutte le
caratteristiche, è senz’ altro questa: per musica contadina in senso lato si devono
considerare tutte quelle melodie che sono o sono state diffuse nella classe
contadina di un paese e che sono espressioni istintive della sensibilità musicale
dei contadini”. [..].. la musica contadina in senso stretto altro non è , in fondo,
che il prodotto di un’ opera di elaborazione compiuta da un istinto che agisce
inconsapevolmente negli individui non influenzati dalla cultura cittadina. Perciò
quelle melodie raggiungono la più alta perfezione artistica, perché esse sono veri
esempi di come si possa esprimere nel modo più perfetto , nella forma più
sintetica e con i mezzi più moderni, un ‘ idea musicale”.6
Ecco dunque che queste parole ci fanno intuire quali saranno le aree battute dal compositore,
zone remote , ai margini della civiltà perché il ricercatore nulla doveva temere più della
subdola e devastante contaminazione metropolitana che inevitabilmente intaccava il materiale
corrompendone l’ originaria caratteristica folklorica. Il pericolo era dunque quello di
ritrovarsi, alla prima disattenzione, a vagare nell’ inutile mondo della musica colta
popolaresca , anziché all’ interno dell’ assai più affascinante realtà della musica popolare,
quella della musica contadina.
Sempre al fine di ottenere i più soddisfacenti risultati, Bartok sottolinea l’ assoluta necessità,
che sia il ricercatore stesso a recarsi presso le aree di indagine evitando dunque nella maniera
più assoluta, di venire a contatto con le sue musiche attraverso qualche tipo di mediazione che
ne potrebbe , involontariamente, alterare l’ originale morfologia. E’ altresì importante, che il
raccoglitore vada accuratamente a selezionare anche la persona che andrà ad intervistare. A
riguardo, Bartok spiega:
“Un principio da tener presente è quello che bisogna condurre il lavoro di
raccolta possibilmente recandosi sul posto, vale a dire nei villaggi. Non è infatti
un buon criterio quello di servirsi di persone che hanno lasciato il loro villaggio e
6
B. Bartok , “ Che cos’ è la musica popolare?” , 1931, pp. 74-75-76
4
sono andate a vivere altrove, come ad esempio le domestiche venute in città, i
mendicanti, i prigionieri di guerra. Questi individui che si sono staccati dal luogo
di origine possono essersi anche inconsapevolmente allontanati dalla
<<comunità musicale>> del loro paese fino al punto di cambiare il loro stile di
esecuzione.[..] Un principio invece inderogabile è quello di non raccogliere per
nessuna ragione musica popolare da gente borghese.”7
Definito l’ approccio alla ricerca, la raccolta “intelligente” deve necessariamente coincidere
con un’ opera di selezione volta a ridurre sia i tempi che soprattutto i costi del lavoro.
Obbiettivo primario della raccolta , secondo l’ autore , è quello di individuare il maggior
numero possibile di musiche contadine quanto più possibili antiche, ovvero quelle che erano
state per molti secoli legate a determinati momenti della vita sociale contadina e quindi
facenti parte dell’ abitudine, delle antiche tradizioni da sempre vive nella gente. Purtroppo
questa è impresa assai ardua e a riguardo proprio Bartok spiega:
“….E poiché in genere ciò si verifica dove antiche tradizioni sono ancora in vita,
perciò è così difficile compiere una selezione di questo tipo in territorio
ungherese. Infatti da noi si è ben lontani dall’ avere ancora delle comunità
contadine che vivono secondo antiche consuetudini”.8
Per quanto concerne dunque questa esigua ma importantissima parte del panorama musicale
popolare che rappresenta circa il 10% del materiale esistente in Ungheria, il miglior modo di
procedere è quello di andare accumulando quante più possibili varianti di una stessa melodia,
così da poterne più facilmente individuare e studiare l’ antica origine.
“Il metodo migliore, in questi casi, è quello di cantare davanti a loro qualcosa di
veramente antico e così condurli al senso dell’ intervista. In tal modo, se non
altro, c’è la possibilità di notare o registrare qualche eventuale preziosa
<<variante>>, perchè ormai la speranza di scoprire melodie o <<tipi>>
melodici sconosciuti deve considerarsi men che minima.[..] Assai utile sarebbe
inoltre scoprire il maggior numero possibile di varianti popolari di antichi canti
colti.[..] Raccogliere il maggior numero di varianti popolari di una melodia, vuol
7
8
B. Bartok “Come e perché raccogliere la musica popolare”, 1935-36 , p. 55
B. Bartok “Come e perché raccogliere la musica popolare”, 1935-36, p. 58
5
dire avere un giorno la probabilità di trovarne qualcuna che si riveli come il
ponte di passaggio dall’ originario canto colto , finora rimasto sconosciuto, alla
forma popolare”.9
Il restante 90% del panorama musicale popolare è costituito esclusivamente da canti non
legati a determinate occasioni, da canti di danza e di gioco più o meno antichi e da musiche
sorte invece in epoche più vicine; vista la loro copiosità è molto più semplice raccoglierne e
registrarne esempi e per questa ragione è nuovamente fondamentale operare una scelta:
“ Ma poiché la registrazione è molto costosa, è consigliabile, almeno per quanto
riguarda la musica ungherese e ogni altra che le sia simile, limitarsi alla musica
strumentale e a quelle melodie in cui abbondino particolarmente gli elementi
ornamentali, cioè quelli che si modificano di esecuzione in esecuzione. [..].. si
devono registrare almeno due strofe di ogni melodia; delle melodie molto
elaborate o comunque interessanti per altre ragioni non sarà inutile fare anche
più di due registrazioni.10
Interessante in tale contesto è notare anche l’ accuratezza di Bartok nel dare precise
indicazioni per un ottimale utilizzo tecnico del fonografo:
“Prima di iniziare una serie di registrazioni, sarà bene controllare la velocità di
giri del fonografo, tenendo presente che la migliore è quella di 160 al minuto. Su
ogni rullo ( al principio o alla fine, preferibilmente), si dovrà registrare il << la
>> del diapason per una durata di 6-8 secondi, in tal modo sarà più facile
regolare anche gli altri apparecchi ai 160 giri.”11
Nonostante l’ enorme importanza che aveva il fonografo, come ben si può capire dalle parole
sopra citate, Bartok non omette di evidenziare come anche la notazione scritta avesse
altrettanta valenza infatti, anche per quanto imprecisa potesse essere, rappresentava sempre il
miglior riscontro e aiuto nel caso di dubbie registrazioni o errori degli stessi esecutori ed
aveva inoltre l’ enorme vantaggio di offrire costantemente un quadro generale del materiale
raccolto.
Questo è dunque il metodo da Bartok adottato per le sue ricerche, così scrupolosamente
pianificato nei minimi dettagli da conferire appunto al lavoro del compositore ungherese
piena dignità e valenza scientifica.
9
B. Bartok “Come e perché raccogliere la musica popolare”, 1935-36, p. 60
B. Bartok “Come e perché raccogliere la musica popolare”, 1935-36, p. 64
11
B. Bartok “Come e perché raccogliere la musica popolare”, 1935-36, p. 64
10
6
1.3. Il campo di ricerca
Es. 1.1
7
Es. 1.2
8
Es. 1.1: “Confini dell’ Ungheria nel 1914 e gruppi etnici ivi residenti”
Es. 1.2: “Spedizioni di Bela Bartok tra il 1906 e il 1918”
Tra il 1906 e il 1918 Bartok e Kodaly giunsero allo stupefacente traguardo di 8000 musiche
popolari ungheresi raccolte a cui di devono però aggiungere circa 3200 melodie slovacche,
3500 romene, 200 rutene e 69 arabe , la maggior parte delle quali furono raccolte da Bartok
durante i suoi viaggi in solitaria.
Gli esempi 1.1, 1.2 bene riassumono sia la situazione etnica presente nell’ Ungheria di allora,
aspetto non irrilevante per un lavoro come quello che andava operando l’ autore, che la
cronologia e l’ intensità con cui Bartok negli anni svolse le operazioni di ricerca.
Basta un veloce sguardo alla cartina per comprendere immediatamente che panorama si
presentasse a Bartok, una nazione totalmente disomogenea, divisa in una miriade di regioni
abitate da genti assai diverse per origini, tradizioni e dialetti. Ecco dunque che per non
perdere l’ orientamento in questo enorme labirinto di popoli era fondamentale pianificare tutto
il pianificabile in maniera maniacale, e Bartok questo l’ aveva capito bene.
1.4. Il folklore musicale comparato
Nel 1919 Bela Bartok cessò definitivamente le ricerche sul campo e passò ad un seconda fase
del suo lavoro che ,immediatamente successiva a quella della raccolta del materiale musicale,
consisteva nella classificazione e nella schematizzazione di quest’ ultimo al fine di poter più
comodamente studiare le affinità tra musiche di regioni vicine o lontane e di avere una più
chiara visione di quelli che sono i sistemi e le formule musicali maggiormente ricorrenti.
Questa fase prende il nome di “folklore musicale comparato”.
“Si chiama folklore musicale comparato, quella giovanissima disciplina che sta
fra la musicologia e il folklore, e che solo da pochi anni è largamente praticata
dagli studiosi della musica popolare. Scopo di questa disciplina è quello di
stabilire, in base ai confronti fra le raccolte dei vari popoli affini o vicini, i tipi
originari dei rispettivi canti popolari, nonché gli elementi comuni e le reciproche
influenze fra le diverse musiche popolari”.12
12
B. Bartok “Il folklore musicale comparato”, 1912, p. 79
9
In tale campo i primi ad essere giunti a risultati soddisfacenti furono i finlandesi, in
particolare con il musicologo Ilmari Krohn (1886-1960) che qualche anno prima aveva svolto
un lavoro simile a quello di Bartok esaminando però le musiche della sua madrepatria. Dopo
la fase di raccolta Krohn pubblicò tutti i canti del suo popolo raggruppandoli quasi in maniera
enciclopedica secondo un predeterminato metodo di classificazione.
“Questo, dunque, è il primo serio passo sulla via del folklore comparato, dato che
in una raccolta così organizzata, le melodie appartenenti allo stesso tipo si
troveranno, fuorché poche eccezioni, vicine l’ una all’ altra, così da facilitarne la
visione panoramica.”13
Bartok, affascinato dal lavoro del finlandese, decise dunque di adottare tale sistema di
catalogazione anche per il suo lavoro, applicandolo dunque alle musiche ungheresi, romene,
slovacche e rutene da lui raccolte.
Le parole dello stesso Bartok si rivelano assai esaurienti al fine di comprendere quale fosse il
funzionamento del metodo di Krohn:
“Il metodo di Krohn è il seguente: ogni raggruppamento si forma secondo la
cadenze melodiche dei singoli incisi. Le melodie si articolano, generalmente, in
quattro incisi.[..] Alla fine degli incisi melodici si hanno vari tipi di cadenza:
cadenza sospesa e cadenza perfetta sulla tonica o sulla dominante ; più rara è
invece la cadenza di sottodominante (nel modo maggiore) e quella di tonica
parallela e di dominante ( nel modo minore).[..] Prima di tutto si considera la
cadenza del quarto inciso; i gruppi così ottenuti poi si suddividono secondo la
cadenza del secondo inciso; infine le ulteriori suddivisioni saranno condotte sulle
cadenze del primo e del terzo inciso.
I gruppi in tal maniera derivati sono però ancora così grandi da esigere una
ulteriore suddivisione. Questa verrà fatta basandosi dapprima sulla tonalità e poi
sull’ estensione della melodia (cioè sull’ estensione della gamma di note
comprese in essa).
Nel raggruppare la melodie ungheresi e quelle dei popoli vicini, questo metodo
richiede tuttavia qualche lieve modifica .Resta invariato il principio
13
B. Bartok “Il folklore musicale comparato”, 1912, p. 81
10
fondamentale, cioè il raggruppamento secondo la fine dei singoli incisi, però si
dovrà considerare non già le cadenze bensì l’ ultima nota dell’ inciso. ( questo è
dovuto al fatto che nella musica popolare ungherese non vi è l’ affermazione
della tonalità e di conseguenza mancando suoni cardine come ad esempio la
sensibile risulta concettualmente impossibile l’ individuazione di accordi chiave
come quello di dominante e dunque è altresì impossibile parlare di cadenza
perfetta o sospesa nel loro significato classico.) Per semplificare le cose, poi, e
dare una omogenea visione d’ insieme, si avrà cura di trascrivere le melodie in
modo che la loro nota finale sia il SOL. [..]
Soltanto dopo aver operato con questo primo metodo si porrà attenzione alle
cadenze: se cioè si tratta di una cadenza autentica (V-I), plagale (IV-I) oppure
VI-I.( ecco dunque che Bartok si riferisce a cadenze di origine modale e non
tonale) Come ultimo criterio di suddivisione varrà anche qui quello
dell’ estensione della melodia : se poi, per l’ eccessiva estensione dei singoli
minimi gruppi così ottenuti, si dimostrasse necessaria un’ altra divisione, si potrà
basarsi sulla lunghezza dei versi( numero di sillabe), o eventualmente sulla
struttura, sulla forma della melodia.”14
Il metodo di Krohn fu di enorme utilità per Bela Bartok che nel 1924, nella sua pubblicazione
“A magyar Népdal” (320 melodie e appendice) ,cominciò ad enunciare le prime importanti
scoperte e conclusioni a cui era giunto.
Bartok arrivò quindi a stabilire che tutto il materiale della musica contadina poteva essere
raggruppato in tre grandi classi rappresentanti tre stili differenti:
-
Stile antico
-
Stile recente
-
Stile misto
Le melodie in stile antico (Es. 1.3) sono costituite da quattro versi isometrici, il cui numero
di sillabe può variare da sei a dodici, hanno una struttura a forma aperta ( ABCD, ABBC) e
sono caratterizzate dalla presenza della scala pentatonica ungherese e del libero ritmo
declamatorio chiamato parlando rubato:
14
B. Bartok “Il folklore musicale comparato”, 1912, pp. 81-82
11
“….ritmo che mimetizza il semplice schema di base così che questo si distingue
solo raramente e comunque, anche quando affiora , anziché presentarsi in unità
ritmiche regolari, resta sempre affidato a un’ esecuzione di stile recitativo.”15
Altro elemento caratteristico di questo genere di melodie, che probabilmente trova le sue
origini all’ interno dei modi greci, è il tipico andamento discendente.
Le musiche in stile recente (Es. 1.4), al pari di quelle antiche, sono di stile ugualmente
omogeneo, caratteristica principale di questa classe è la presenza di elementi musicali di netta
derivazione occidentale; all’ interno di queste melodie possiamo dunque individuare una
struttura a forma chiusa ( AAAA, AABA, ABBA) ,oltre alle antiche scale pentatoniche troviamo
scale maggiori e minori con la tipica fermata sulla dominante a metà del brano ( alla fine del
secondo verso) e il cosiddetto ritmo puntato adattabile (Es. 1.5) ovvero una sorta di
razionalizzazione metrica dell’ arcaico parlando rubato che porta alla formazione di strutture
ritmiche invariabili , esso è spesso indicato con l’ indicazione Tempo giusto.
Le melodie in stile misto sono tutte quelle musiche che non rientrano in nessuna delle due
precedenti classi, di origine recentissima non sono definite da alcuna caratteristica tipica e
rappresentano il peggior risultato della contaminazione tra musica dell’ Europa occidentale e
musica popolare; ovviamente per tutti questi motivi questa è la parte meno interessante
dell’ intero panorama musicale popolare ed infatti anche quella più tralasciata dall’ autore.
Es. 1.3: Melodia in stile antico, in modo Dorico su SOL, parlando rubato, (ABBC)
15
B. Bartok, “Musica popolare ungherese”, 1933, p. 119
12
Es. 1.4: Melodia in stile recente, in SOL magg. , tempo giusto, (AABA)
Es. 1.5: Schema generale del ritmo puntato adattabile
in fase cadenzale
Dopo questo grande lavoro di classificazione Bartok incentrò gli studi quasi esclusivamente
nelle melodie in stile antico, ed in particolare di origine ungherese; queste musiche infatti ,
faticosamente estrapolate dal caos musicale, altro non erano che quei canti legati ad antiche
tradizioni rimasti fino ad allora immacolati, puri, lontani dalla civiltà e quindi da ogni cattiva
contaminazione. (vedi paragrafo 1.2).
CAP. 2 – BELA
BARTOK E LO STUDIO DELLA MUSICA POPOLARE
UNGHERESE
2.1. Le scale modali e la scala anemitonica - pentatonica
“Fu così che affrontai lo studio della musica contadina con metodo
<<scientifico>>, e ciò ebbe per me una enorme importanza, in quanto mi portò
decisamente all’ emancipazione dallo schematismo dei sistemi allora in uso,
basati esclusivamente sui modi maggiore e minore.[..] Inoltre tutto questo
materiale musicale suggeriva formule ritmiche e cambiamenti di tipi di battute
13
più liberi e più vari, sia per quanto riguardava il <<tempo giusto>> che il
<<rubato>>. Mi si era rivelato poi qualcosa di straordinario, e cioè che le
antiche scale, non più in uso nella nostra musica colta, nulla avevano tuttavia
perso della loro vitalità espressiva. La loro utilizzazione rendeva possibili nuove
combinazioni armoniche; e fu infatti l’ uso della scala diatonica che portò
all’ emancipazione dal rigorismo delle scale maggiori e minori, rendendo così
possibile il libero e indipendente impiego dei dodici suoni della scala
cromatica.”16
Lo studio della musica popolare rappresentava dunque per Bela Bartok , al pari della atonalità
o della dodecafonia, un modo per fuggire dalle formule armoniche e ritmiche tradizionali ,
una via per la creazione di qualcosa di nuovo.
Punto di partenza per avviare questo progetto era innanzitutto quello di evitare l’ uso di
qualsiasi elemento tipico dell’ armonia tonale. Le melodie in stile antico bene si prestavano a
questo tipo di lavoro, infatti al loro interno la tipica attrazione dominante – tonica (e
viceversa ovviamente) veniva sempre a mancare: dal momento che sia nelle scale modali che
in quelle pentatoniche non era presente la sensibile, suono chiave dell’ impianto tonale,
risultava impossibile associare alla triade del V grado la funzione di dominante stessa. Le ben
note cadenze del sistema tonale (perfetta, sospesa, d’ inganno) non trovavano dunque in
questo contesto possibile applicazione.
“tale scala (pentatonica) non tollera l’ abituale cadenza di dominante e tonica,
tanto è vero che in essa la dominante non ha quella funzione, appunto di
dominante, che noi conosciamo attraverso la musica colta europea.”17
Come già accennato, Bartok individuò che nelle antiche musiche popolari le melodie erano
tutte riconducibili o a scale del tutto identiche ai modi ecclesiastici (Es. 2.1) o a forme ancora
più primitive come la scala pentatonica (Es. 2.2).
16
17
B. Bartok, “Autobiografia”, 1921, p. 44
B.Bartok, “Musica popolare ungherese”, 1933, p. 119
14
Es. 2.1: Scale modali della musica popolare (qui tutte trascritte su SOL)
Dorico
Frigio
Misolidio
Eolico
Come si può notare, la corrispondenza con i rispettivi antichi modi ecclesiastici è totale.
Es. 2.2: Scala anemitonica - pentatonica
Quest’ ultima scala, ancor più di quella modale, fu assai importante per la vita compositiva di
Bela Bartok dal momento che ne influenzò notevolmente il pensiero armonico.
Le caratteristiche più evidenti di questa scala sono la mancanza del II e del VI grado (indicati
dalle frecce nell’ Es. 2.2) e della sensibile e quindi anche del “tanto temuto” rapporto
dominante – tonica. L’ altra peculiarità di questa scala, che ne determina nel nome
l’ appellativo di anemitonica, è la presenza di una terza minore (SOL - SIb) in luogo di
15
quella maggiore ed infine ultima importante caratteristica è l’ assoluta mancanza di semitoni
al suo interno.
2.2. L’ accordo di settima minore nella musica popolare.
Da subito Bartok fu molto colpito dalle simmetrie presenti all’ interno della scala pentatonica
(indicate dalle legature nell’ Es. 2.3) , sia nel suo assieme che tra i suoi singoli intervalli in
particolare tra I-II e IV-V ; tra II-III e III-IV grado ed infine tra I-III e III-V grado. Inoltre
notò come l’ intera scala potesse essere concettualmente riassunta in un accordo di
settima minore. (Es. 2.3)
In aggiunta a queste considerazioni , dallo studio delle antiche melodie popolari Bartok era
nel frattempo giunto ad un’ altra importante scoperta:
“Un’ altra particolarità infine è che non soltanto la terza e la quinta ma anche la
settima viene considerata una consonanza; in generale, poi, ognuna delle cinque
note, rispetto ad ognuna delle altre, è consonante.”18
Egli si avvicinò dunque al concetto di settima (minore) come accordo consonante e questo
ne mutò profondamente la funzione e l’ utilizzo da parte del compositore. L’ accordo di
settima si ritrovava svincolato da qualsiasi canonica regola di trattamento della dissonanza e
da qualsiasi ruolo armonico tradizionale. Ne scaturì un suo utilizzo più che mai libero,
frequentissimi sono i casi in cui nelle composizioni di Bela Bartok le fermate o gli stessi
accordi conclusivi siano proprio settime minori, in virtù della loro nuova veste consonante.
Es. 2.3: La scala pentatonica ungherese e l’ accordo di settima minore.
16
2.3. Bartok e i concetti di “poli-modalità” e “modalità allargata”.
Un altro interessante aspetto della scala pentatonica messo in luce da Bartok è che essa, vista
la sua natura simmetrica, poteva fungere da nucleo unificatore di più scale modali.(Es. 2.4)
Riguardo la già citata mancanza del II e VI grado nella scala pentatonica, Bartok parlando
della musica popolare così scriveva:
“ Il secondo e sesto grado, che originariamente mancavano, appaiono (l’ ultimo
dei due nelle forma di terze minori (DO - MIb o MI - SOL) o maggiori (MIb –
SOL o DO – MI) in numerose melodie con la funzione di nota di passaggio o di
abbellimento nelle parti non accentate della battuta.”19
Bartok dunque capì che si poteva sfruttare l’antica mutevolezza di questi due gradi con
funzione ornamentale (II e VI) e le loro possibili alterazioni per facilmente spostare
l’ attenzione dell’ ascoltatore da una scala all’ altra (vedi Es. 2.4; 2.5) ampliando così le
possibilità sonore.
Questi due particolari gradi però non dovevano essere considerati come suoni cromatici di
una unica scala fondamentale, e dunque modulanti o regolati da determinate leggi attrattive,
ma come suoni diatonici di scale diatoniche differenti usate contemporaneamente e quindi con
funzione totalmente nuova. Questo concetto rappresentava i primi importanti passi di Bartok
nel mondo della poli- modalità.
Es. 2.4: Riconducibilità di più modi ad una unica scala pentatonica
18
19
SOL - Pentatonico
SOL
SIb
DO
RE
SOL - Dorico
SOL LA
SIb
DO
RE
MI
FA
SOL – Frigio
SOL LAb
SIb
DO
RE
MIb
FA
SOL - Eolico
SOL LA
SIb
DO
RE
MIb
FA
FA
B. Bartok, “Musica popolare ungherese”, 1933, p. 119
B. Bartok, “musica popolare ungherese”, 1933, p. 119
17
Il seguente esempio offre una chiara dimostrazione di come Bartok usasse questa nuova
tecnica:
Es. 2.5: “Otto canzoni popolari ungheresi”, No. 1, battute 3 – 8.
E’ interessante notare come tramite il II e il VI grado Bartok sposti l’ attenzione
dell’ ascoltatore attorno ad un particolare modo:
-
il MI – Dorico ( MI-FA#-SOL-LA-SI-DO#-RE) viene appunto sottolineato dai suoni
FA# e DO#;
-
il Mi – Frigio ( MI-FA-SOL-LA-SI-DO-RE) invece dal FA naturale.
-
il MI – pentatonico (MI –SOL-LA-SI-RE) dall’ omissione del II e VI grado.
In una fase leggermente più avanzata, Bartok utilizzò questa tecnica abbracciando anche la
tonalità (Es. 2.9), ovvero andando ad alterare , oltre che il II e VI grado, anche i gradi della
scala pentatonica .così da ottenere veloci e suggestivi richiami ad un modo maggiore o
minore.
Bartok delineava questa pratica con il nome di “modalità allargata”.
18
2.4. Gli accordi per quarte giuste e l’ utilizzo del tritono.
Lo studio dei canti popolari condusse Bartok alla scoperta di un’ altro elemento che poi
rivoluzionò profondamente il suo pensiero armonico: l’ intervallo di quarta, intervallo infatti
che compariva con grande frequenza nella linea melodica di questi canti.(Es. 2.5; Es. 2.9)
“La frequente ripetizione di questo singolare intervallo mi condusse alla costruzione di un
semplice accordo per quarte ( che fu concepito come accordo completamente consonante) e
suoi rivolti”.20
Bartok sottolineò inoltre come un accordo per quarte potesse essere ricondotto ad una
disposizione riordinata della scala pentatonica (Es. 2.6) , considerazione che dava
nuovamente al lavoro dell’ autore grande unitarietà logica e strutturale.
Es. 2.6: L’ accordo per quarte e la scala pentatonica.
Bartok rimase molto affascinato da questa tipologia d’ accordo e nelle sue composizioni il suo
utilizzo sarà più che mai frequente, quello che in particolare colpì l’ autore erano le possibilità
sonore di questi accordi, ciascun loro rivolto poteva infatti produrre sonorità molto suggestive
e tra loro molto differenti pur mantenendo sempre per il compositore un ruolo di perfetta
consonanza; Bartok usava frequentemente questi accordi in disposizioni simmetricamente
riordinate.(Es. 2.9). L’ accordo evidenziato dal riquadro nell’ es. 2.9 altro non è che un
riordinamento simmetrico dell’ accordo per quarte FA# - SI – MI – LA.
Caso molto analogo a quello degli accordi per quarte fu quello del tritono, ovvero
dell’ intervallo di quarta aumentata o quinta diminuita. Questo intervallo, al pari di quello di
quarta giusta, era utilizzato in maniera più che mai libera e frequente all’ interno delle
melodie popolari (Es. 2.7), in particolar modo in quelle romene e slovacche.
20
B. Bartok, “ La musica popolare ungherese”, 1928, p. 336
19
Es. 2.7: Melodia popolare slovacca
Simili movimenti melodici in fase cadenzale suggerirono a Bartok la possibilità di creare
accordi nuovi generati dalla sovrapposizione di tali intervalli. (Es. 2.8)
Es. 2.8: Accordi generati dall’ intervallo di quinta diminuita (tritono)
“Attraverso l’ inversione, e disponendo questi accordi in giustapposizione uno sopra
l’ altro, si possono ottenere molti differenti accordi e con loro un trattamento melodico
ed armonico dei dodici suoni cromatici assai più libero di quello imposto dall’ odierno
sistema armonico”.21
Anche in questo caso Bartok notò che dall’ inversione dei suoni di questi accordi si poteva
ottenere una grande varietà di sonorità; al pari dell’ accordo per quarte anche questi aggregati
sonori erano per il compositore perfettamente consonanti e quindi anche di libero utilizzo.
21
B. Bartok “ La musica popolare ungherese” , 1928, p. 388
20
Es. 2.9: “ Otto canzoni popolari ungheresi” , No. 3, battute 13-17.
2.5. La “poli-modalità” ed il “cromatismo modale”.
Le ricerche di Bartok sulla poli-modalità ( quindi sull’ utilizzo contemporaneo di più modi)
proseguirono verso un loro ulteriore ampliamento. Il compositore ungherese giunse quindi a
giustapporre scale modali differenti, con suono di partenza comune, così da ottenere una unica
scala diatonica allargata (Es. 2.10). Bartok parlava in particolare della possibilità di utilizzare
un modo Frigio ed uno Lidio tra loro combinati per creare così una scala poli-modale
costituita da tutti e dodici i suoni della scala cromatica usati però diatonicamente.
Questa tecnica fu chiamata da Bartok con il nome di “cromatismo modale” e a riguardo nelle
sue conferenze ad Harvard egli stesso spiega:
“Il cromatismo modale si basa sull’ utilizzo di scale diatoniche o parti di scale
riempite con gradi cromaticizzati che hanno una funzione totalmente nuova. Essi
(II e VI grado) non sono gradi alterati di un accordo principale conducenti a
gradi
dell’ accordo seguente. Essi devono essere unicamente interpretati come
21
elementi dei vari modi usati simultaneamente e nel momento opportuno, alcuni di
questi gradi apparentemente cromaticizzati appartengono ad un modo, altri ad un
altro. Questi gradi non hanno assolutamente funzione accordale, ma al contrario
hanno funzione melodico - diatonica.”22
Es. 2.10: Giustapposizione di due scale modali per creare una scala cromatica di dodici suoni.
Modo Lidio
Modo Frigio
Scala poli-modale (Frigia/Lidia) di dodici note
Il cromatismo modale condizionò profondamente le idee armoniche di Bartok , egli tramite
questo concetto poteva utilizzare liberamente e indistintamente qualsiasi dei dodici gradi della
scala cromatica e non solo quelli appartenenti ad un dato sistema eptatonico; arricchendo così
in maniera considerevole il suo “repertorio armonico”.
2.6. Il ritmo bulgaro
Come già accennato nel paragrafo 1.4. le musiche popolari ungheresi in stile antico, come
d’ altra parte quelle slovacche e romene, erano tutte caratterizzate da una particolare andatura
ritmica chiamata “ parlando rubato”. Tale ritmo, come il suo stesso nome sta ad indicare, era
di tipo libero declamatorio, ovvero scandito dalla metrica delle parole del testo e non
forzatamente ricondotto ad una costante scansione ritmica.
Il parlando rubato conquistò immediatamente l’ attenzione di Bela Bartok , infatti il
compositore notò subito come esso fosse in grado di generare strutture ritmiche
completamente asimmetriche ( come si può ben notare nell’ Es. 1.3. pag. 12) rappresentando
dunque una possibile via di uscita dagli assai più noti moduli simmetrici ormai in vigore da
secoli come le battute in 2/4, 3/4, unitamente ai loro raddoppi o alle loro suddivisioni in
ottavi.
22
B. Bartok, “ Harvard lectures” , 1943, p. 376
22
In tale campo fu di fondamentale importanza per Bela Barok la pubblicazione tra il 1913 ed il
1920 di diversi saggi sull’ argomento da parte di musicologi bulgari a lui contemporanei, in
particolare tra questi l’ autore cita Dobri Christov e Vasil Stoin . Entrambi presentavano
infatti nei loro trattati una moltitudine di melodie popolari tutte scritte secondo strutture
ritmiche ricorrenti e classificabili in specie da loro chiamati ritmi bulgari ( poiché hanno
avuto maggiore diffusione in Bulgaria). Riguardo la ritmica di tali melodie lo stesso Bartok
dice:
“Si potrebbe definire il ritmo bulgaro come quella specie di ritmo, in cui il valore
dato dal denominatore della frazione che indica la battuta è straordinariamente
breve ( circa 300-400 di metronomo) e in cui tali valori fondamentali brevissimi,
nell’ interno della battuta, non si raggruppano in valori maggiori uguali, vale a
dire non si raggruppano simmetricamente.
Poiché si tratta di valori fondamentali così brevi, è più opportuno indicarli con
sedicesimi, come lo fanno i bulgari; ma si può ricorrere anche gli ottavi – è, in
fondo, una formalità –.[..]
I ritmi bulgari più frequenti sono quelli in 5/16 ( articolati in 2+3 o in 3+2); 7/16
(2+2+3: è il ritmo della nota danza raceniza); 8/16 (articolati in 3+2+3); 9/16
(2+2+2+3); ricorrono inoltre circa altre sedici specie di ritmo più rare, senza
contare le formule di ritmo misto ( cioè di battute dai ritmi variati)”.23
Ecco dunque qualche esempio di queste melodie pubblicate da Christov e Stoin:
Es. 2.11.
23
B. Bartok, “ Il cosiddetto ritmo bulgaro”, 1938, pp. 201-202.
23
Es. 2.12.
Es. 2.13.
Canzone popolare moldavo-ungherese di Trunk nella zona di Bàkò.
Es. 2.14.
24
Es. 2.15.
Esempio di melodia in ritmo misto
Questi ritmi asimmetrici rappresentavano un forte elemento di novità confermato anche dalle
difficoltà esecutive a essi correlate, Bela Bartok stesso , non senza una punta di sarcasmo, a
riguardo scrisse:
“ E’ straordinario, come gli orchestrali, ancora poco tempo fa, fossero impacciati
di fronte a simili ritmi. Essi erano talmente abituati ai ritmi simmetrici da
organetto, che non riuscivano a capire questi ritmi per loro insoliti eppure tanto
naturali”.24
Tali strutture ritmiche influenzeranno profondamente tutta l’ opera di Bela Bartok e anzi,
come stava accadendo per i suoi contemporanei come Stravinsky
e Prokofiev,
diventeranno elemento distintivo delle sue musiche.
Questi furono dunque i risultati del vasto lavoro di analisi del repertorio musicale
popolare operato da Bartok, egli era ben conscio però che la scoperta di questi mondi
sonori alternativi non rappresentava un punto d’ arrivo ma al contrario un punto di
partenza, per la creazione di musica nuova ,originale ma piacevole perché naturale;
musica che nascendo dal “popolo ungherese” condivideva e soddisfaceva il desiderio all’
ora più che mai sentito di indipendenza nazionale.
24
B. Bartok, “ Il cosiddetto ritmo bulgaro”, 1938, pp. 201-202.
25
Al compositore ungherese ora spettava l’ ancor più difficile compito di interiorizzare
questi nuovi mondi, ovvero di individuare la sottile e vera essenza della musica popolare,
lo spirito, così da poter passare da una semplice citazione o utilizzo tematico dei motivi
popolari nella musica colta ad uno stadio compositivo assai più elevato, consistente nella
creazione di musica nuova in tutte le sue parti, dai temi all’impianto sonoro e formale, ma
che conservasse immutato al suo interno lo spirito e l’ essenza della musica popolare
ungherese.
Tale processo di interiorizzazione giunse a compimento in ben 12 anni, la distanza che
infatti separa la stesura delle “Quattordici bagattelle” op. 6 (1908) , che rappresentano il
primo radicale allontanamento dal mondo tardo-romantico, dalle “Otto improvvisazioni
su canti popolari ungheresi” op. 20 (1920) in cui Bartok dimostra chiaramente di aver
ormai completamente assimilato all’ interno del suo estro compositivo l’ essenza
folklorica.
Bibliografia
B. Bartok
“Scritti sulla musica popolare” a cura di Diego Carpitella, ed. Universale Bollati Boringhieri ,
1997-2001.
G. Vinay
“Il Novecento nell’ Europa orientale e negli Stati Uniti”, ed. EDT, 1978-1991
A. Basso
“D.E.U.M.M. : Le biografie: vol. 1”, ed U.T.E.T. (Torino), 1985-2000
26