Michelle Obama

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Michelle Obama
babylonia
di Elizabeth Lightfoot
Michelle Obama
First lady della speranza
La casa editrice Nutrimenti, dopo il
grande successo letterario sulla biografia del nuovo presidente Barack H.
Obama, pubblica la storia della nuova
first lady, scritta da Elizabeth Lightfoot. Un libro che narra di Michelle,
delle rivalse americane coniugate al
femminile, delle battaglie per i diritti
civili e l’uguaglianza tra le razze, fino
a varcare la soglia della più ambita casa degli Stati Uniti d’America. Del volume anticipiamo alcuni passaggi sullo stile e il look personale della nuova prima donna d’America, ringraziando la casa editrice per la gentile concessione alla pubblicazione. Il libro
sarà disponibile nelle librerie italiane
verso la fine di febbraio. [M.C.]
Il colore viola
Il ruolo della moda e dell’immagine nella
corsa alla Casa Bianca
Jacqueline Kennedy aveva i tipici cappelli a tamburello e i vestitini stile Chanel. Per Nancy Reagan c’erano le spalle imbottite e i vestiti a sbuffo creati dai grandi nomi mondiali della moda.
Barbara Bush aveva come marchio il filo di perle e una bella testa di capelli bianchi. Hillary Clinton aveva le fasce per i capelli (almeno nei primi anni) e i tailleur pantalone (più avanti). Nel caso di Laura Bush, è difficile trovare un genere
di vestiario tipico. Sembrava semplicemente
che qualunque cosa indossasse fosse attraente senza essere troppo vistosa, ragionevole ma
ben confezionata, graziosa, sobria, tranquilla. Un
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po’ come la persona che immaginiamo che sia.
E Michelle Obama? Qual è il suo look personale? Cosa ci dicono i vestiti che sceglie di indossare riguardo a chi è e cosa rappresenta?
Per dirla con le parole di Shakespeare, come fa
l’abbigliamento di Michelle a “rivelare la donna”?
E in tal caso, che attinenza ha con gli avvenimenti? (...) «La gente sta osservando Michelle
con grande attenzione. È diventata una specie
di “comandante in gonnella” in fatto di abiti», mi
spiegò Amy Fine Collins, corrispondente speciale di Vanity Fair. (...) Parlai con Amy Fine Collins qualche giorno dopo che la rivista Vanity Fair
aveva inserito Michelle nell’elenco delle donne
meglio vestite per il secondo anno consecutivo.
La lista traboccava dei soliti nomi celebri: attori, gente che fa vita mondana, personaggi mediatici vari. Il dettaglio particolare di quell’anno,
però, era quante donne appartenenti al mondo
politico fossero entrate a farne parte.
«Non solo questo è l’anno delle elezioni. È un anno particolarmente importante», disse, peraltro
facendomi notare che nell’elenco, oltre a Michelle, figuravano Carla Bruni-Sarkozy, e Diana
Taylor, la compagna del sindaco di New York Michael Boomberg.
«Avere come first lady della Repubblica francese una donna che è stata fidanzata con Mick
Jagger era anche più imprevedibile che averne
una nera. Benvenuto, ventunesimo secolo!»,
esclamò la Collins. «Sono loro (i leader politici
e le loro altrettanto importanti metà) le rock star
di oggi, sono loro gli attori. È un buon momento per l’industria della politica.« (...) Come dice
Ben Mcintyre, Michelle «è una donna dall’a-
spetto eccezionale. Ha questa statura incredibile e anche una compostezza. A trovartela di
fronte, potresti pensare che ti stia guardando
dall’alto in basso. E in effetti è così, ma perché
è alta praticamente un metro e ottanta!».
La Collins aggiunse che a rendere lo stile di Michelle tanto unico c’è anche il fatto che sia disponibile a sperimentare colori nuovi, diversi dal
solito, in sfumature che tradizionalmente non
abbiamo mai visto addosso alle mogli di altri
personaggi politici (che, per ovvie ragioni, tendono a mettersi in rosso, bianco e blu). «Molta
della sua forza sta nei colori», spiegò la Collins.
«È molto coraggiosa su quel fronte. Certo, niente che vada al di fuori dei limiti del buon gusto
e della correttezza, ma almeno è un po’ più divertente.»
Ci furono altri commenti sul vestito viola di Maria Pinto che Michelle aveva indossato in occasione del discorso di Barack a St. Paul. La caporedattrice del settore moda del Washington
Post, Robin Givhan, sembrava non riuscire a
smettere di parlarne.
«La scelta del viola spicca perché non è uno dei
colori primari che le mogli dei politici amano
tanto. Storicamente, è un colore regale; oggi, è
un colore di moda. Michelle Obama sembra
scegliere le tinte basandosi unicamente su cosa le stia meglio, ignorando le regole del vestiario politico. E non dovremmo stupirci se in
futuro ci capitasse di vedere colori insoliti, come il violetto o il verde pallido. Michelle è di un’altra pasta rispetto alle altre first lady. È una donna nera che si veste per esaltare il colore della
sua pelle. Il senape e l’arancione chiaro non
possono essere troppo lontani.» (...) L’apparizione a The View e la conseguente copertina di
US Weekly, a quanto si dice, erano tentativi di
presentare al pubblico la “vera” Michelle, non la
donna imbronciata che li fissava dalla copertina del National Review o la donna che aveva dichiarato di sentirsi orgogliosa del suo paese
per la prima volta nella sua vita.
Sicuramente la stampa floreale bianca e nera del
suo vestito aggiunse una dimensione nuova e
leggermente più femminile alla sua tavolozza,
che in precedenza era stata percepita come
monocromatica e fin troppo “perfettina”. Questa nuova dimensione fu confermata dalle battute scherzose che Michelle scambiò piacevolmente con le altre ospiti della trasmissione.
Era «l’immagine dell’eleganza, dello stile, di una
straordinaria intelligenza», scrisse Thyra LeesSmith in un commento sulla sua pagina di Facebook. «Ma ciò che mi ha davvero impressionato è stato come è riuscita a essere tutte quelle cose senza sembrare snob, distaccata o inavvicinabile. Per quanto amassi Jackie O., credo
che quanto a classe pura e semplice Michelle
Obama la batta.»
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