Gli illustratori alla guerra

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Gli illustratori alla guerra
Gli illustratori
alla guerra
di Ciro Paoletti
L
La Marina
nelle vignette italiane
di propaganda nella
II Guerra Mondiale
a propaganda di
guerra è una cosa
antica. Prima libri e libelli, poi, dall’Ottocento, teatro e
giornali, infine il cinema sono stati utilizzati
da chi doveva farla, con
risultati più o meno efficaci.
La Grande Guerra fu la
prima in cui si cominciarono a usare delle vignette
umoristiche o satiriche di propaganda, di solito
prendendo come bersaglio il nemico. In Italia non
si fece eccezione, anche se la loro pubblicazione
sembra essere stata ridotta a poche testate. Alcune,
come il “Marc’Aurelio” e il “Bertoldo”, partivano
già con la nomea di satiriche e spaziavano un po’
su tutto; altre, invece, erano note come normali riviste d’informazione o d’attualità.
La propaganda su queste ultime veniva fatta in
modo più o meno esplicito. Poteva esserlo attraverso la pubblicità, dimostrando che un certo prodotto era usato dai militari, o per mezzo di foto,
magari a colori (colorate), come gli inserti de “L’Illustrazione italiana”, molti dei quali dedicati a
questa o quella branca delle Forze Armate. Infine
si faceva propaganda “anche” con classiche vignette satiriche.
Perché anche? Perché molti periodici di vignette
satiriche non ne pubblicavano affatto e, quando
lo facevano, molte, l’assoluta maggioranza, si trovavano davanti a dei limiti ben precisi: non si po-
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teva fare dello spirito
sui militari nazionali,
non era opportuno toccare troppo il tasto delle restrizioni, e infatti si
cominciò a farlo relativamente tardi, né accennare alle differenze
fra i combattenti e gli
imboscati; dunque restavano solo le battute
sul nemico, cercando di metterlo in ridicolo.
Va detto subito che le vignette pubblicate dall’intervento all’armistizio – dopo non ci fu più nessun
tentativo di far ridere – furono molte meno e su
molte meno testate di quanto si pensi. Alcune erano pubblicate in gruppi numerosi, come sulla
“Domenica del Corriere” o sul “Mattino illustrato”, che ne avevano anche una mezza dozzina abbondante a numero, ma di solito erano tutte o di
soggetto generico, o circoscritte all’ambito della
vita civile. Per di più la “Domenica del Corriere” le
pubblicava non al suo interno, ma sulla seconda
di copertina e la copertina, a differenza di quanto
si crede, non era quella con le famose illustrazioni
di Molino, ma un doppio foglio verdolino, che
forniva la prima, seconda, terza e quarta di copertina e conteneva pubblicità, piccole rubriche, cruciverba, vignette e spigolature varie ed entro il
quale si trovava la Domenica del Corriere che siamo abituati a conoscere.
Altre, come la già citata “Illustrazione Italiana”,
seguendo una tradizione iniziata durante la Gran-
de Guerra, toccavano
più gli aspetti della politica del nemico che
quelli militari e le loro
vignette si trovavano
anch’esse in seconda di
copertina. Però “L’Illustrazione Italiana” negli
Anni ’40 aveva da tempo abbandonato le copertine esterne, le sue
erano celesti, mantenute dalla “Domenica”,
per cui le sue vignette
non solo sono più facili
da ritrovare, perché la
copertina esterna della
“Domenica” è quasi
sempre stata eliminata
dai lettori, ma sono più
riproducibili di quelle di
molte altre testate, spesso stampate male, su
carta assai scadente e
fondo non bianco, con
una resa pessima.
Altre riviste o non ne
avevano, come “Cronache della Guerra” o le
ebbero a periodi, come
“Tempo”. Poche, dicevamo, le vignette di soggetto militare in senso
stretto, ancora meno
quelle di soggetto marinaro e, senza andare olRiportiamo in queste pagine alcune vignette di propaganda di quei duri anni di guerra; in apertutre, qui se ne riportano
ra una caricatura dell’Imperialismo britannico per la penna del famoso illustratore Boccasile
alcune, che documentano abbastanza bene l’evoluzione di come la
“ecco in perfetta formazione, con la zattera ammiraguerra fosse sentita dall’estate del 1940 a quella
glia in testa, ritorna dal Mediterraneo la nostra invindel 1943.
cibile flotta” dice il soldato inglese sulla riva al civiCominciamo con due dell’agosto 1940. La guerra
le che guarda incuriosito. Che fine abbiano fatto
è iniziata da due mesi: la Francia è battuta, l’Inle navi, e gli aerei britannici, lo sappiamo dall’alghilterra in ginocchio, gli americani, alle prese
tra, in cui un pesce, vicino a una grossa nave incon le imminenti elezioni presidenziali, non sono
glese affondata, vedendo un aereo che si inabissa
disposti a farsi trascinare in guerra e l’Italia ha apdice “meno male, ci mandano anche un po’ d’aviaziopena occupato la Somalia Britannica.
ne. È indispensabile per difendere la flotta che posseLe cose non vanno male, non hanno nemmeno
diamo”.
Viene da domandarsi: perché l’aereo invecominciato ad andare male e si può essere fiducioce delle coccarde ha le croci, che allora portavano
si e ottimisti. Dunque non c’è da stupirsi della crei soli aerei tedeschi, anche se nere e non bianche
dibilità delle due vignette qui riportate. La prima –
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migliori dei due alleati dell’Asse e la ripartizione
geopolitica e militare della loro azione.
A dicembre entrano in guerra gli Stati Uniti. Di lì
a undici mesi sbarcano in Nord Africa e cominciano a comparire in Mediterraneo: peggio per loro.
Lo capiscono – troppo tardi – i due marinai americani che, in questa vignetta del dicembre 1942
guardano la loro nave affondare e commentano:
“Ci avevan detto che l’Italia ha la forma di uno stivale, sembra invece abbia la forma di un siluro”, è sottinteso che siano stati i regi sommergibili, o almeno lo si spera.
Però ormai le cose vanno in maniera tale che gli
unici successi colti dall’Asse sono proprio quelli dei
sommergibili, per cui su quelli si batte, ed ecco
dunque, che, nell’aprile 1943, in scafandro “il titolare del dicastero antisommergibile, progettato dalla
Camera dei Lordi, si reca a fare un sopraluogo” perché
chiaramente la flotta inglese è ormai tutta a fondo.
E infatti il mese dopo, maggio ’43, “Lo Stato Maggiore della Marina anglosassone studia sul luogo i pia-
come qui? La cosa disorienta e riduce l’efficacia
della vignetta.
Il 1940 finisce e con lui la speranza di fare la
Guerra Parallela che Mussolini voleva combattere
“accanto” ai Tedeschi ma non con loro né per loro. Occorrerà metterseli in casa, in Libia e, fra poco, pure nei Balcani e in Sicilia, ma a gennaio del
1941, quando si pubblica questa vignetta, l’illusione di poter fare ancora la Guerra Parallela resiste. Infatti il pilota dello Stuka, che però con quelle svastiche sulle ali per chi se ne intende sembra
più finlandese che tedesco, dice al comandante
del sommergibile: “Dammi un’occhiata al Mediterraneo, io intanto la do all’Atlantico”. Ci si può quasi
credere.
La Marina è la forza armata migliore che ha l’Italia
– nonostante la recente notte di Taranto, di cui però il pubblico ignora i veri danni, e i sommergibili
hanno colto dei buoni successi. Lo Stuka è l’arma
più nota e impressionante che i Tedeschi abbiano
schierato, per cui l’effetto che si vuole è sottolineare chiaramente l’accoppiata dei sistemi d’arma
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Nel 1942 la propaganda italiana pensò bene di rivolgere l’attenzione dell’Asse alla lotta contro le Marine alleate come
mostra questa cartolina illustrata di Boccasile
ni per controbattere l’azione dei sommergibili dell’Asse”: sott’acqua, circondato da pesci e relitti.
Lo stesso mese si sono arrese le truppe italotedesche in Tunisia, poi a giugno sarà la volta
dell’Italia. Appunto in giugno il pilota alleato
dice di Pantelleria “con centinaia di cannonate
dal mare e migliaia di aeroplani dal cielo abbiamo subissato l’Isola”. “Dobbiamo proprio gloriarcene?” domanda il marinaio inglese, col viso
pensosamente appoggiato alla mano destra.
L’efficacia della vignetta è quasi nulla.
La vittoria alleata, e la catastrofe per le armi
italiane, è tale che non importa come sia stata
ottenuta e se ci sia da gloriarsene. La prossima
tappa è la Sicilia e le vignette diverranno sempre più generiche per mancanza di materia su
cui sbeffeggiare il nemico.
Poi cadrà il Fascismo e ci sarà l’armistizio. Il
19 settembre “L’Illustrazione Italiana” esce
di nuovo. È il primo numero preparato dopo
l’8 settembre. L’Italia è occupata, non ci sono più
vignette, ma, chissà se è per caso, c’è un disegno
pubblicitario a tutta pagina di una marca di impermeabili; un bambino e una bambina si ripara-
no sotto un cornicione dalla pioggia che cade e
la didascalia dice speranzosa: “presto verrà la
mamma e porterà la mantella”; la mamma, forse,
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ma non l’Italia.
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