La Continuità nei Fumetti - Università degli Studi di Parma

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La Continuità nei Fumetti - Università degli Studi di Parma
La Continuità nei Fumetti*
(Osservazioni sull’intuizione della continuità in alunni della scuola media)
Nicola Alberti **
Introduzione
All’interno dei programmi ministeriali per la scuola media del 1979, tra i suggerimenti metodologici
per l’insegnamento delle Scienze Matematiche, Chimiche, Fisiche e Naturali, si fa esplicito richiamo
alla necessità di mettere «in rilievo le differenze fra […] il continuo e il discreto».
La richiesta, quasi sussurrata, accennata appena all’interno dei programmi, è tutt’altro che semplice o
banale: prevede di elaborare un’idea raffinata di infinito - non come viene presentato in molti testi1
adottati - per giungere a distinguere tra ‘gradi’ di infinito2 . Non basta infatti il concetto intuitivo di
«divisibilità all’infinito», che già appartiene ai numeri razionali e che quindi deve essere superato per
poter cogliere la differenza in esame (si consideri la difficoltà che ha comportato la formulazione di una
definizione matematicamente soddisfacente, che risale a solo un paio di secoli fa, con Dedekind).
Nonostante la delicatezza del tema, la continuità viene evocata (sempre troppo implicitamente,
nascostamente) con frequenza nella prassi scolastica: dall’introduzione degli irrazionali in aritmetica;
dalla retta puntiforme e dalla biiezione con la retta dei numeri (reali); dalla misura di segmenti, aree e
volumi e dai problemi di incommensurabilità in geometria; dalla soluzione di equazioni di secondo
grado (del tipo x2 = a)in algebra.
La continuità non viene né postulata né introdotta, quanto pretesa o presunta: se, riguardo ai numeri
naturali, tutti i testi sottolineano come non siano sempre possibili le ‘operazioni’ di sottrazione e
divisione, così non accade riguardo l’estrazione della radice, che viene dichiarata sempre possibile, se
non altro in termini di approssimazione, o al limite generando magicamente nuovi numeri3 (per altro
mal caratterizzati e inutilizzati nella prassi). Analogamente il tema della incommensurabilità, in
geometria, non trova spazio: viene trascurato o ricondotto all’aritmetica, ai numeri decimali illimitati
aperiodici.
Leggendo i testi scolastici si ha l’impressione che il tema della continuità non venga affrontato perché
tutt’altro che compreso dagli autori. Un esempio tratto da un testo di geometria.
*
Lavoro eseguito nell'ambito delle attivita' della Unita' locale di ricerca in Didattica della Matematica
recapito: Unita' locale di Ricerca in didattica della matematica - Universita' di Parma - Strada d'Azeglio 85/A - 43100 Parma.
E-mail: [email protected]
1
“Un insieme si dice infinito se è formato da un numero illimitato di elementi ” [B, pag. 85].
**
2
3
Si veda anche [Alberti e al.].
“[…] Ci rendiamo conto che potremmo continuare all’infinito e avremmo sempre resto diverso da zero (non essendo 7 un quadrato
perfetto). Ma consideriamo la radice quadrata ottenuta 2,6457…: se continuiamo l’operazione avremo altre infinite cifre decimali,
quindi è un numero decimale illimitato, ma queste cifre decimali non si ripeteranno mai [?sic?], non è quindi un numero peri odico ”
[FAr, pag.254].
“Misurare una grandezza vuol dire confrontarla con un’altra omogenea, l’unità di misura, per
stabilire quante volte quest’ultima è contenuta nella prima.
Lunghezza della circonferenza e di un suo arco
Se volessimo applicare il metodo sopra riportato, occorrerebbe calcolare quante volte un’unità di
misura delle lunghezze, per esempio il centimetro, è contenuta in una circonferenza.
[…]
Otteniamo il segmento PA , che si chiama circonferenza rettificata, la cui lunghezza coincide con
la lunghezza della circonferenza che volevamo misurare.
Basterà quindi con un righello misurare PA per avere la misura della lunghezza della
circonferenza [!?!?!, NdA].” [FG, pagg. 187-189].
La Pretesa del Continuo
La continuità si insinua nella pretesa di poter misurare un qualsiasi segmento (anche quindi la
circonferenza rettificata, o la diagonale di un quadrato etc.), un’area, un volume.
Questa pretesa, questo richiamo all’evidenza, può essere uno strumento potente per convinc ere i
ragazzi della necessità di introdurre altri numeri, ma rischia di divenire un ostacolo (non saprei fino a
che punto superabile) se non è condivisa dai discenti e non viene esplicitata. Si dovrebbe invece
fondare sulla richiesta di una continuità spazio-temporale - e del moto, di conseguenza - la successiva
introduzione e trattazione (anche formale) di questo tema in ambito disciplinare, giungendo a
persuadere i ragazzi della effettiva necessità di altri numeri.
Resta il problema, non banale, di verificare se questa esigenza è condivisa, se è effettivamente presente,
in una forma più o meno sfruttabile, un qualche concetto di continuità nei ragazzi della scuola media.
Come diagnosticarla?
Cercare di analizzare direttamente questi concetti riguardo la continuità presenta notevoli difficoltà,
dovute anche a altre esperienze che portano a risultati contraddicono questa pretesa. Si pensi alla
Fisica, alla pratica della misura, o piuttosto a quella di stima di una misura, di precisione e di errore,
che negano la presenza del continuo in favore di un discreto ‘denso’. E questa risulta essere anche
l’immagine dello spazio geometrico che viene presentata da molti libri di testo!
Inoltre, di nuovo in Fisica, lo spazio risulta non essere continuo bensì discreto: sono i nostri limitati
sensi ad essere ingannati (si consideri come la struttura atomica dell’universo viene spesso proposta,
nel programma di scienze, ben prima di giungere a parlare di geometria).
Anche per il moto il tema della continuità è molto delicato: il cinematografo mostra come con un
numero discreto, addirittura finito, di fotogrammi che si susseguono con un ritmo adeguato, si possa
ottenere la sensazione di un moto fluido, continuo.
I Fumetti
Non così nei fumetti4 : qui non c’è alcun artificio tecnologico che renda né lo spazio, né il tempo, né il
moto. Leggere una strip, una striscia, di un fumetto richiede che il lettore sia dotato a priori di una
qualche forma di intuizione della continuità soggiacente alla successione discreta di vignette.
La lettura richiede l’osservazione, più o meno attenta e dettagliata, degli elementi grafici che
comapiono: prima di tutto la cornice che delimita lo spazio e il tempo dell’azione e quindi la ‘porzione’
di foglio, (tavola, più correttamente), che ci interessa5 . Si crea così un’immagine mentale, definendo un
4
Questi aspetti sono mostrati più dettagliatamente in [Alberti].
Il linguaggio dei fumetti, come ogni altro linguaggio, ha precise regole ‘morfo-sintattiche’ riguardo le cornici e altri
particolari segni grafici, quali i baloon, che è necessario conoscere per poter leggere e interpretare correttamente una tavola:
si pensi anche solo al fatto che lo sviluppo temporale (lineare) del racconto viene rappresentato sulla superficie del foglio
5
primo dominio semantico6 in cui vengono interpretati i diversi elementi. La successiva vignetta crea
un’altra immagine interpretata anch’essa in un distinto7 dominio semantico. L’intuizione del continuo
ci permette di interpretare l’evento narrato nella strip in un nuovo ulteriore dominio semantico, ottenuto
come una sorta di intersezione dei precedenti.
È propriamente nell’interpretazione al continuo delle vignette che risiede la capacità del linguaggio
fumettistico8 di narrare e non solo di mostrare.
Elio Vittorini (nel 1965) così si esprime: “una singola strip di Charlie Brown non dice niente, è una
barzelletta; però, nella quantità, quando interviene anche la ripetizione di certi motivi, e le strips si
succedono costituite, un po’ come le frasi musicali, di invariabili e variabili, di tre invariabili e due
variabili l’una, di quattro invariabili e una variabile l’altra, si ha allora un «continuo» che approfondisce
non solo numericamente il significato iniziale e lo snoda, lo articola, fino a farlo coincidere con tutti gli
aspetti di una realtà data. […].
L’unità espressiva, l’abbiamo detto, è la strip, la sequenza. Prima della strip non abbiamo che la vignetta,
una vecchissima conoscenza giornalistica, costituita da una figura e una battuta che si completano a
vicenda e che esauriscono in un colpo solo quello che hanno da dire. Con la strip abbiamo non solo una
moltiplicazione della figura e della battuta, una serie di quattro o cinque figure e di altrettante battute,
ma abbiamo anche un elemento del tutto nuovo, l’elemento della successione temporale, il quale si
manifesta in due ordini sovrapposti, uno analogico per le figure e uno logico per le parole, benchè poi
le parole abbiano la prevalenza e investano della loro logicità letteraria tutto l’insieme riducendo le figure a
non avere che compiti stereotipi, di descrizione, di caratterizzazione, ecc. ecc. come dei semplici segni
pittografici. È questo terzo elemento che fa della strip un’unità espressiva, perché rende puramente
paradigmatico il valore di ogni vignetta a sé, e assume in proprio (all’interno del proprio decorso)
l’elaborazione del significato. Ma la strip non esprime che un frammento di mondo, un aspetto di
personaggio, un momento di rapporto e anche se in se stessa può riuscire pregevole lo riuscirà solo a livello
di massima, di illuminazione, di appunto, di episodio, di aneddoto. La qualità che essa rivela non va oltre i
limiti della sua durata, è minima, è precaria, può essere banalissi ma o comunque non più che divertente, e
occorre che i personaggi, i rapporti, gli oggetti in essa trattati ritornino in altre strips un certo
numero di volte, sei volte, sette volte, nove volte, anche quindici, sedici volte, accumulando momento su
momento e aspetto su aspetto, perchè noi si possa entrare nel merito qualitativo del fumetto. A
furia di quantità è avvenuto quello che ho chiamato «scatto di totalità», cioè si è formato un
significato secondo, che subito si riflette su ogni singola strip, anteriore e successiva, e la carica di
importanza, la fa essere parte di un sistema, dandoci il senso di avere a che fare con tutto un mondo”
[Linus, pagg. 7-9].
Vittorini (sicuramente più interessato a proporre e descrivere i fumetti come genere letterario) mette in
luce la presenza di un duplice livello in cui compare la continuità: un primo livello spazio-temporale
all’interno della strip (o della tavola) ed un altro semantico, che si manifesta sia internamente, sia
(bidimensionale) (fanno eccezione le strip - strisce appunto). I giapponesi che scrivono da destra a sinistra, rappresentano i
loro fumetti, nel medesimo modo; per leggere, quindi un manga ‘non ribaltato’ (cioé stampato correttamente, non ottenuto
per simmetria assiale dall’originale) sempre più diffusi nelle edicole italiane, bisogna prendere il volume chiuso con la
rilegatura a destra e iniziare a leggere dalla ‘quarta di copertina’ a ritroso tenendo presente l’ordine da destra a sinistra,
dall’alto in basso delle vignette e dei balloon in esse contenuti. Le case editrici forniscono questa ‘grammatica’ nell’ultima
pagina, la prima per un lettore occidentale, delle loro pubblicazioni. Di passaggio si noti l’analogia tra il ruolo delle cornici
delle vignette e quello svolto dalle parentesi nelle scritture algebriche.
6
Si veda anche [Marchini]
7
In realtà l’interpretazione di questa seconda vignetta è fortemente influenzata dalla precedente; si vorrebbe tuttavia
mantenere separati i due momenti così come suggerisce la grafica.
8
Probabilmente questo processo è indispensabile per ogni narrazione, in un qualsiasi linguaggio che che abbia la pretesa di
narrare qualcosa.
esternamente, superando i limiti di quella che lui definisce unità espressiva, fino a creare un ‘universo
di significati’.
Esercizi con i Fumetti
Cerco ora di riprendere queste idee, ampliandole.
Iniziarei mostrando alcune osservazioni, dedotte da materiale utilizzato in classe, riguardo la lettura di
strip.
Ai ragazzi ho presentato una strip, domandando di descrivere cosa veniva narrato in essa. Per riuscire a
cogliere quanto richiesto è necessario procedere alla lettura delle singole vignette.
Nella prima è presente un personaggio, alcuni segni grafici (delle
linee e delle stelline), e un’onomatopea. Lo sguardo luciferino, i
segni citati, la posizione del personaggio, possono - insieme - farci
già intuire qualche prima informazione: il ragazzo deve aver
lanciato un oggetto con l’intento di colpire qualcosa. Si noti come
già questa prima interpretazione introduce una lettura di un segno
statico in termini dinamici, e dunque al continuo: ciò evidenzia
come la singola vignetta non possa essere interpretata come
singoletto, bensì come un intorno spazio-temporale.
Se si assume un qualsiasi evento ‘reale’ come composto da una
v.1 successione continua di istanti - ipotesi non troppo amena - istanti
in qualche modo riproducibili in ‘fotogrammi’; si può pensare la
singola vignetta come intorno del fotogramma rappresentato.
Questo, ad esempio, è quanto avviene negli anime-comics, prodotti in Giappone - e che sono dei
fumetti (comics, appunto) costruiti utilizzando come vignette i fotogrammi di ‘cartoni animati’ (anime,
in giapponese) di successo sui quali vengono inseriti didascalie e ballon. Il ‘continuum’ filmico (quanto
meno da un punto di vista di percezione dello spettatore) viene ridotto ad una successione discreta esplicitamente ed addirittura finita - di vignette, che narrano il medesimo evento.
Anche nel meno divertente Multavelox, si può cogliere la medesima impostazione: la costosa fotografia
racconta la velocità media in un intervallo (seppur breve) di (spazio-)tempo. A differenza di ciò che
accade con i fumetti, però, il Multavelox viene letto come singoletto - velocità istantanea - mentre le
vignette necessitano di essere lette propriamente come intorni e - come vedremo - in continuiutà con
quelle che le precedono o le seguono.
Già in questo senso si possono cogliere numerosi parallelismi con
l’abituale operare con la continuità in matematica.
Proseguendo nella lettura della strip, la seconda vignetta (v. 2)
mostra un personaggio che sta ridendo. Gli elementi iconografici
invarianti e la successione nella strip tengono collegate le due
vignette permettendoci di comprendere che il personaggio è lo
stesso già visto nella prima vignetta, e che il suo intento è andato a
buon fine. L’informazione riguardante la natura di scherzo del suo
intento si ottiene dalla lettura totale delle due vignette.
Con la terza vignetta (v. 3), sempre attraverso l’osservazione e
l’interpretazione di (pochi) elementi grafici si giunge a cogliere
ulteriori informazioni in una lettura che dal particolare di questo
v. 2
‘quadro’ porta a riconsiderare elementi dei quadri precedenti.
Si comprende così che il personaggio a gambe all’aria è il medesimo, che siamo sulla neve (il suono
sordo ‘pow’ e il frantumarsi del proietto), e quindi ciò che lo colpisce è una palla di neve.
v. 3
v. 4
La successiva ed ultima vignetta (v. 4) si pone a chiusura dell’unità semantica fornendo gli elementi
necessari ad una spiegazione globale di quanto narrato (altrimenti non pienamente comprensibile).
Si viene così a sapere che l’evento in v. 3 è uguale a quello in v. 1 (è ‘la seconda volta’ citata in v. 4) ed
opposto (questo interpretado le linee delle traiettorie nelle due vignette) e quindi è una reazione a
quanto il protagonista aveva fatto nella prima vignetta (pertanto anche lui, presumibilmente, aveva
lanciato una palla di neve); che dunque il bersaglio contro cui la prima palla di neve aveva ‘fatto’
SMACK! doveva essere un personaggio in grado di reagire, e non ad esempio un palo, un’auto, etc.
s.1
La striscia s.1 quindi narra di un bambino che si diverte lanciando palle di neve contro un compagno,
finché non ne viene fatto lui stesso bersaglio.
È necessario osservare come queste informazioni non appartengano ad alcuna singola vignetta, o per lo
meno non totalmente. Esse appartengono alla strip nel suo complesso; come diceva Vittorini è
quest’ultima l’unità espressiva del fumetto.
Una medesima analisi con la successiva sintesi interpretativa viene operata ogni volta che ci troviamo
ad leggere una tavola di fumetti,
Nel successivo esempio, la piena comprensione della strip, comporta il cogliere un continuo oltre la
discontinuità dei singoli eventi: la mamma costringe Calvin ad alzarsi perandare a scuola, ad esempio;
e soprattutto che vi è una ciclicità sottintesa:
s.2
Alcuni ragazzi, che hanno compreso correttamente la striscia, alla domanda riguardo cosa questa
racconti, hannorisposto «Calvin la mattina è stanco perché la sera non vuole dormire».
La lettura della tavola domenicale proposta qui di seguito, richiede un’operazione di interpretazione
che assomiglia alla ricostruzione di una curva continua9 data per punti: per riuscire a cogliere che, nella
terza vignetta, Calvin giunge alla fermata dello scuolabus, bisogna effettuare una lettura che non è
riducibile alla semplice successione di elementi, accontentandosi dello sviluppo spazio-temporale in cui
la lettura avviene, ma bisogna essere in grado di ritornare sulle vignette già incontrate ampliandone il
significato, arricchendolo di nuove informazioni, che vanno a formare globalmente il senso della strip.
9
Per alcuni aspetti sarebbe più adatta l’immagine di una curva ‘derivabile con derivata continua’, nel senso che assomiglia
più alla costruzione di una curva di interpolazione, che a quella della spezzata ottenuta unendo i ‘puntini’ dei giochi
enigmistici.
s.3
La capacità di interpretare al continuo in questi due distinti livelli, spazio-temporale da una parte e
semantico dall’altra, se sviluppata permette anche di ricostruire lo sviluppo sequenziale di una strip o di
completarla individuando l’elemento (la vignetta) mancante come in s.4, s.5 e s.6.
Trova qual è la vignetta mancante
s. 4
Riordina la sequenza delle vignette
s. 5
Riordina la sequenza delle vignette
s. 6
Si consideri infine la seguente striscia:
ALZATI, CALVIN!
NON INTENDO
CHIAMARTI
SPERIAMO.
ANCORA!
s. 7
L’us o delle cornici nelle vignette qui sopra, nello spezzare lo spazio ‘totale’ continuo tra piano terra
(prima vignetta) e camera di Calvin (seconda vignetta), ricorda la consuetudine diffusa di modificare
grafici (spesso istogrammi, ma in alcuni casi anche grafici a linee spezzettate) che eccedono nelle
dimensioni asportandone le parti centrali e sottintendendo una continuità tra i due spezzoni.
Si può anche vedere in queste particolari strip composte da due sole vignette in analogia con l’abituale
scrittura di intervallo aperto (a, b), tramite i suoi estremi.
Queste sono alcune attività che proposte agli studenti permettono di creare una mappa che descrive
come le capacità cui si accennava sono distribuite all’interno della classe.
Sicuramente tutto questo non è sufficiente, ma può rappresentare un patrimonio su cui è possibile
innestare osservazioni per sviluppare un discorso riguardo la continuità anche in ambito disciplinare e
formale.
Osservazioni
Quanto descritto, ho tentato di proporlo in alcune classi, in tempi diversi. Nell’anno scolastico 1997/98
ho lavorato presso tre classi - III E, II F e III F, della Scuola Media ‘A. Venturelli, ‘ospite’ di alcuni
colleghi - coinvolgendo 68 ragazzi. Quest’anno ho coinvolto le mie classi prime - I A e I B, Scuola
Media ‘U. Pasini’ di Brescia - lavorando con altri 41 ragazzi, come introduzione al programma di
geometria. Nel protocollo di quest’anno ho aggiunto alcune richieste - evidenziate, qui di seguito, da
un’asterisco -, che risultano perciò non comparabili.
In tutte le classi ho fornito la piantina delle rispettive scuole, chiedendo ai ragazzi di proporre strategie
per riuscire a determinare le aree (non ho insistito su problemi di scala). In tutte le classi qualcuno
giungeva velocemente a proporre di operare scomponendo le superfici in figure note, di cui
conoscevano le formuleper il calcolo dell’area. Assumendo tale suggerimento si è fatto notare come
restassero delle difficoltà legate alla costruzione pratica delle figure (riguardo soprattutto l’ortogonalità
e la precisione) e al recupero delle misure lineari. Nelle due prime, dei ragazzi hanno proposto di
‘quadrettare’ le superfici (non saprei dire se è una pratica in uso nelle scuole elmentari). In tuttle le
classi si è quindi fornito la medesima piantina su cui si era stampata una griglia a maglie larghe (2 cm).
Si è poi osservato come questa scelta non garantisse di poter applicare il principio di
equiscomponibilità, ma ci offrisse solo la possibilità di ottenere una stima tramite due misure, una per
eccesso e l’altra per difetto. Si è proposto quindi di valutare quanti quadretti servissero per ricoprirla
totalmente e quanti invece fossero i quadretti contenuti pienamente nella figura. Alla domanda riguardo
se e come si potesse migliorare la stima ottenuta, alcuni ragazzi giungevano abbastanza facilmente a
suggerire di ridurre i quadretti; a tale input si è offerto loro altre piantine con quadrettature da 1 cm,
prima, e da 0,5 cm, poi.
Raccolte queste informazioni in una tabella, si traducevano i dati in valori confrontabili assegnando la
misura 16 u2 ai quadretti da 2 cm di lato, 4 a quelli da 1, e 1 a quelli da 0,5. Si sono riportati i valori
ottenuti come punti su un grafico.
A conclusione è stato chiesto loro quale ritenessero fosse la stima migliore, se pensassero che questa,
eventualmente, potesse essere migliorata, e come.
Di questa attività si è valutato il grafico in termini di misure sensate (misura esterna decrescente e
misura interna crescente), di correttezza nel riportare le misure, e se qualcuno avesse ritenuto di
tradurre il grafico puntuale in un grafico continuo10 .
MISURA
90,0%
80,0%
70,0%
60,0%
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
misura sensata
grafico corretto
IAeB
10
II F
III F
Margiotta aveva registrato questo tipo operazioni in [Margiotta].
grafico continuo
III E
STIMA MIGLIORE
70,0%
60,0%
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
2 cm
1cm
IAeB
II F
0,5 cm
III F
III E
Altra osservazione riguardava la loro valutazione riguardo la stima migliore e se loro intendessero tale
stima migliorabile in termini finiti o indefiniti.
Osservazione: per rispondere alle domande precedenti risultava utile riuscire a costruire un grafico
corretto, con misure attendibili: non sorprende più di tanto registrare quindi risposte migliori nelle
classi terze, dove maggiori sono le conoscenze e le capacità di calcolo (nelle prime e nella seconda i
grafici cartesiani erano stati solo accennati).
STIMA MIGLIORABILE
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
no
al finito
IAeB
indefinitamente
IIF
III F
altro
III E
Alcuni hanno risposto no, motivandolo con le difficoltà legate al conteggio: “no, altrimenti sarebbe un
macello”, “no, mi confonderei”. Altri invece hanno inteso la domanda come superamento delle loro
difficoltà, in termini di precisione e di fatica di conteggio, fornendo risposte tipo: “è migliorabile
utilizzando il compiuter!” (sic!); questo tipo di risposte sono state registrate con la dicitura ‘altro’.
Più difficile, e in qualche misura discutibile negli esiti, è risultata la distinzione tra le risposte che
suggerivano la possibilità di migliorare la stima al finito e quelle che proponevano strategie
indefinitamente reiterabili.
Ho deciso di conteggiare come “al finito”, oltre alle risposte che proponevano esplicitamente strategie
finite (una misura del lato della quadrettatura, o un’ulteriore divisione del lato), quelle che pur
proponendo di reiterare indefinitamente la divisione, manifestavano una visione “atomica” della realtà.
Per cercare di comprendere che tipo di immagine avessero della realtà, geometrica-continua o fisicadiscreta, si è proposto loro di prendere un foglio di carta, di tagliarlo a metà 4/5 volte e di pensare
quante volte quest’operazione fosse ripetibile, astraendo dai limiti fisici contingenti.
DENSITA'
90,0%
80,0%
70,0%
60,0%
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
finito
infinito
IAeB
IIF
altro
III F
III E
.
(È interessante osservare come le risposte ‘infinito’ risultino maggiori nei ragazzi che ancora non
hanno iniziato il programma di geometria!!!)
Leggendo le risposte fornite dai ragazzi, si può notare come alcuni, pur dichiarando di ritenere
indefinitamente migliorabile la stima (“secondo me potrei migliorare ulteriormente la stima riducendo
il più possibile l’unità di misura”), mostravano di confidare nell’esistenza di “minime parti” della
materia.
Nelle risposte di altri, invece, era contenuta in nuce l’idea di poter giungere alla determinazione esatta
dell’area che si voleva misurare: “Si potrebbe migliorare ulteriormente [la stima, N.d.R.], perché
abbassando l’unità di misura, cioè diminuire il lato del quadretto che comporterebbe una diminuzione
della differenza fra l’area totale e i mattoncini interi [misura esterna e misura interna, N.d.R.]”, e nelle
classi prima, una ragazza scrive: “Sì, dividendo ancora [il quadratino, N.d.R.] fino a quando viene
giusto!”.Se si tralasciano le difficoltà linguistiche e si considera che per i ragazzi ogni figura è
implicitamente misurabile e che tale valore è compreso tra le due misure ottenute, si ottiene l’idea di
integrale di Lebesgue. Una ragazza di II F (1998), classe in cui non era ancora stato iniziato il
programma di geometria, è giunta a proporre di “aumentare il difetto [la misura per difetto, N.d.R.] di 1
o 2 millimetri e diminuire l’eccesso [la misura per eccesso, N.d.R.] di 1 o 2 o 3 millimetri fino a che
non si raggiunge una tale vicinanza da poter sovrapporre le due misure”.
Riguardo invece i fumetti, si sono proposte le strisce già presentate come s.1, s.2, s.3, s.4, s.5 e s.6.
Delle prime tre si è valutato, chiedendo di scrivere cosa era narrato, la comprensione globale delle strip;
come venivano letti alcuni elementi in termini di anticipazione, di completezza del significato, e quindi
di continuità, rispetto la successione delle vignette. Si è voluto registrare, inoltre, se la narrazione
forzatamente per quadri del linguaggio dei fumetti venisse superata nella rielaborazione degli alunni o
se inducesse un’esposizione verbale altrettanto frammentata (voce ‘Descrizione in continuo’).
STRIP 1
80,0%
70,0%
60,0%
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
comprensione
neve
IAeB
IIF
descrizione in
III F
III E
continuo
STRIP 2
90,0%
80,0%
70,0%
60,0%
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
comprensione
IAeB
ciclicità
IIF
alzarsi per
III F
III E
descrizione
andare a
in continuo
scuola
STRIP 3
100,0%
80,0%
60,0%
40,0%
20,0%
0,0%
comprensione
scuolabus
IAeB
merenda *
IIF
III F
libri
descrizione in
III E
(Le voci contrassegnate con * sono state osservate solo sulle classi prime).
continuo
100,0%
80,0%
60,0%
40,0%
20,0%
0,0%
Strip 4
IAeB
Strip 5 *
IIF
Strip 6 *
III F
III E
Con le ultime tre strisce si è cercato di vedere se i ragazzi fossero in grado di completare (s.4) e di
ricostruire (s.5 e s.6, solo nelle classi prima) successioni di vignette.
Bibliografia
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[Alberti e al.] Alberti N., Andriani M.F., Bedulli M., Dallanoce S., Falcade R., Foglia S., Gregori S.,
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febbraio 1979, pubblicato nel supplemento ordinario, n. 50 della G.U. del 20 febbraio 1979.
Le vignette sono tratte da ‘Calvin & Hobbes’ di Bill Watterson, pubblicate su Linus, Baldini&Castoldi, Milano.