Steph Curry nelle NBA finals 2016 e 2015: cosa è successo?

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Steph Curry nelle NBA finals 2016 e 2015: cosa è successo?
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Alberto Di Vita
01/08/2016
Sono passate diverse settimane dalle Finals NBA 2016. Non certo spettacolari come in altre
occasioni, ma molto tirate e combattute, nonostante alcuni punteggi non certo da “gara al
limite”). Cleveland vince dopo essersi ritrovata dietro di 1-3 per la prima volta nella storia della
NBA: un risultato clamoroso e che dopo gara 4 quasi nessuno avrebbe pronosticato. A fare
scalpore sono state certamente le prestazioni monstre di Lebron James e di Kyrie Irving, ma anche le
meno convincenti, come quella dell’MVP, al punto che negli USA ancora oggi si discute su una
domanda: cosa è successo a Steph Curry nelle NBA finals 2016?
FINALS 2015 E 2016: DUE SCENARI DIVERSI
Difficile, se non impossibile,
identificare tutti i fattori che hanno contribuito alla rimonta: purtroppo è da registrare la
centralità della squalifica di Draymond Green, e qualunque analisi che parta senza considerare
questo evento mancherebbe dello snodo cruciale. Fin lì, GSW era in pieno controllo della situazione,
con gara 5 in casa, nella disponibilità di chiuderla per non aggiungere minutaggio ad una squadra
che aveva corso per tutto l’anno (il record di vittorie è costato molto in termini fisici) e che aveva
dovuto affrontare un vero incubo nelle finali di conference: quando si “rimprovera” a Lebron di
avere vita facile, lo si fa in considerazione proprio di quanto possa cambiare il corso dei playoff
affrontare una OKC piuttosto che una Portland.
Ma la finalità di questo articolo non è approfondire tutti i perché delle finals 2016, che sono un
unicuum nella storia della NBA, anche se una infografica della NBA ci illustra quanto sia stata
“atipica” come finale, con una sola partita veramente combattuta (gara 4) e una gara 7 davvero
molto strana come andamento.
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LA PRESTAZIONE DI CURRY NELLE NBA FINALS 2016 e
2015
Sappiamo quanto conti la presenza anche di un solo giocatore di livello MVP, e quanto sia
condizionante averlo in buona o cattiva forma: la finalità di questo articolo è analizzare le
tendenze di gioco di Stephen Curry, da cui ci si aspettava altro genere di prestazioni.Cominciamo da
quelli che si possono definire “freddi numeri” per quanto riguarda i playoffs:
Statistica Playoffs 2015 Playoffs 2016
Minuti
39,3
34,1
Punti
28,3
25,1
Rimbalzi
5
5,5
Assist
6,4
5,2
Palle perse 3,9
4,2
Palle rubate 1,9
1,4
% di tiro
45,6%
43,8%
% da 3
42,2%
40,4%
NetRTG
+7,8
+2,7
Per comprendere meglio questi numeri, è necessario inquadrare il contesto
Nel 2015 differenziale di punti +121 in 15 partite (4-0 con i Pelicans, 4-2 con Memphis, 4-1 con
Houston);
Nel 2016 differenziale di punti +111 in 17 partite (4-1 con Houston, 4-1 con Portland, 4-3 con OKC);
Quello che emerge è un dato chiaro: Curry in campo ci va di meno nonostante Golden State ne abbia
più bisogno. Anche facendo la tara sull’infortunio nella serie con Portland (Curry inizia una partita in
panchina), i numeri non si discosterebbero di molto. Se utilizzi meno il tuo MVP un motivo ci sarà.
Nelle finals lo scenario generale è questo:
Statistica Finals 2015 Finals 2016
Minuti
42,5
35,1
Punti
26
22,6
Rimbalzi
5,2
4,9
Assist
6,3
3,7
Palle perse 4,7
4,3
Palle rubate 1,8
0,9
% di tiro
44,3%
40,3%
% da 3
38,5%
40%
NetRTG
+8,1
-1,0
A parte il minutaggio, colpisce il dimezzamento degli assist (cattivo movimento del resto della
squadra o passaggi più “ordinari” da parte di Steph), le palle rubate (ha dovuto marcare Irving o JR
Smith, ha dovuto cambiare il modo di difendere: analizzeremo più avanti) e ovviamente il NetRTG
che addirittura è negativo nel 2016.
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PERCHÈ?
La soluzione potrebbe sembrare semplice: davanti aveva Kyrie Irving e non Matthew
Dellavedova. Errato, o almeno non propriamente corretto (per quanto riguarda la fase offensiva,
almeno) perché Cleveland non ha giocato giocato una difesa straordinariamente migliore
dell’anno precedente, né Irving ha prodotto su Curry lo stesso “stress” di Dellavedova: l’unica cosa
davvero diversa è stato l’eccesso di contatto (non punito: parliamo di vere trattenute) soprattutto
sulla partenza senza palla, fondamentale per Curry (ma anche per Thompson).
Rimangono un paio di letture. La
prima è che andare a caccia delle 73 vittorie ha certamente sfiancato Golden State più
dell’anno precedente: sono state molte di più le partite “da playoff” giocate in regular season, con
molte squadre impegnate prima a interrompere la striscia di imbattibilità, poi quella in casa, poi per
impedire di superare Michael Jordan e compagni: a testimoniarlo è il trend in picchiata nelle
ultime settimane, con Golden State che ne ha perse 5 su 54, mentre ne perde altre 4 nelle
successive 19. Per comprendere meglio, il trend finale, se esteso per tutto il campionato, avrebbe
portato la squadra a un 64-18. Straordinario ma non strabiliante, non la stessa squadra.
La seconda è che il suo miglior giocatore, il suo MVP per voto unanime, era lontano
parente di quello visto l’anno precedente: Curry nelle NBA finals 2016 e 2015 sono formato
diverso. Infortunio? Stanchezza? Chi può dirlo. Basterebbe osservare la differenza di velocità sui
pick and roll, la difficoltà persino di superare Tristan Thompson, per comprendere le difficoltà
fisiche. A testimoniarlo, anche qui, i numeri: non solo due giocatori visivamente diversi, ma anche
come modalità e stile di gioco.
IL DETTAGLIO
Partiamo dalla circolazione di palla:
REGULAR 2016 FINALS 2016
Passaggi fatti (Team) 323,1
293,1
Differenziale
- 9,29%
Passaggi fatti (Curry) 56,8
48
Differenziale
-14,23%
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REGULAR 2016 FINALS 2016
Passaggi ricevuti
69,2
61,4
Differenziale
-11,27
Andiamo oltre. Le statistiche sotto ci raccontano una verità indiscutibile: con Curry in campo, la
squadra ha sofferto di più (la colonna che ci interessa è NETRTG, Net Rating. Il dato Che abbiamo
sottolineato già è che Curry sta in campo 42,5 minuti nel 2015, mentre nel 2016 è poco sopra i 35
minuti.
(solo finals)
Partite Minuti Valut. Off. (OffRtg) Valut. Dif. (DefRtg) Net Rating
Warriors 2014-2015
6
298
104,4
93,8
+10,6
Warriors 2015-2016
7
336
104,7
105,3
-0,6
Curry in campo 2015
6
255
106,3
92,9
13,4
Curry in panchina 2015 6
43
92,0
99,7
-7,7
Curry in campo 2016
246
103,6
106,1
-2,5
90
107,8
103,2
+4,6
7
Curry in panchina 2016 7
Da notare anche che è mancata soprattutto la difesa, ma in sostanza solo da gara 5 in poi.
Curry è un giocatore atipico per la NBA: è straordinario nel catch’n’shoot, ma è straordinario anche
nel procurarsi il tiro da solo, quello che negli USA definiscono “unassisted”. Immarcabile da molti
punti di vista. Per comprendere quanto fossero diversi “i Curry” delle due finali, proponiamo
quest’altra tabella:
Possessi Punti per possesso
2015 con palla
265
1,05
2015 senza palla 157
0,9
2016 con palla
0,9
249
2016 senza palla 176
1,08
Curry ha iniziato molte meno azioni (44 a partita nel 2015, 35 a partita nel 2016), chiaro segno
di come sia profondamente cambiato nelle finals l’atteggiamento complessivo della squadra in base
alle possibilità stesse di Curry.
Un altro numero molto interessante è quante volte in partita Steph non è stato poi coinvolto:
più di 5 possesso a partita in meno dal 2016 al 2015: aumentate di molto le presenze sul lato
debole o addirittura statico dopo il passaggio al tiratore (soprattutto se l’altro splash brother:
con Curry sulla palla, passa da 0,78 punti per possesso a 1,16).
Ma se andiamo ad analizzare di più il TIPO di giocata, i numeri diventano davvero radicalmente
diversi:
TIPO
Finals 2015 Finals2016
In uscita dal blocco 32
23
Pick and roll
66
133
Isolamenti da p'n'r 10
25
Non coinvolto
238
174
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PICK’N’ROLL
Sul pick and roll c’è un altro numero
impressionante. Curry nelle NBA finals 2016 è crollato a 0,57 punti per possesso, mentre
l’anno prima era a 1,14 punti ppp. Cleveland non ha, e non ha mostrato, una difesa di
prim’ordine: spesso i cambi erano lenti (soprattutto nelle prime 3 partite) e soprattutto non c’è una
grande lettura degli spazi e dei vantaggi. Tutto normale se si pensa alla monodimensionalità di
giocatori come JR Smith e Shumpert, o alla difficoltà di Love di giocare certe difese. Come è
giustificabile il regresso?
COLPA DI POP (Steph Curry nelle NBA finals 2016)
In parte ciò è dovuto allo “switch everything” che a marzo 2016 Popovich ha portato in
tutte le lavagne della NBA (approfondiremo): sui p’n’r in cui è Curry coinvolto, si accetta il cambio
di marcatura, anche se è un lungo ad affrontare Steph. Questo gli ha concesso meno tempo e meno
spazio per il marchio di fabbrica (tiro da 3), ma una fatica maggiore, nonostante i difetti di
Cleveland.
Ma in passato ha affrontato i cambi e i raddoppi sul pick and roll come un vampiro che si
fionda sulla giugulare: Curry nelle NBA finals 2016 non aveva quella lucidità e quella velocità.
Anche quando si è trovato Tristan Thompson o Kevin Love davanti, ha effettuato mediamente quasi 2
palleggi in più rispetto ai lunghi 2015 (quasi esclusivamente Thompson) per provare il tiro: difficoltà
nel trovare spazio e superare anche avversari molto più lenti.
TIRI FACILI, SCELTE SBAGLIATE (Steph Curry nelle NBA finals 2016)
Chiaramente molto più aggressivo ed efficace nel 2015. A ulteriore dimostrazione della
difficoltà generale (mentale o fisica), Curry ha realizzato il 72% da 3 nelle situazioni “wide open”,
ovvero ad avversario distante 6 feet (oltre 1,8 metri): dopo l’infortunio è sceso
drammaticamente a 56,9%.
Ma in generale tutta Golden State ha spesso sbagliato scelte e si è mossa peggio: un misto tra
(certamente) fatica ma anche di presunzione che è sfociata nell’arroganza, come se il controllo
fosse sempre e comunque nelle proprie mani. E le statistiche delle Finals ce lo raccontano con
precisione (osservare la densità dei tiri da 3):
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Andrebbe analizzato più a fondo anche l’impatto del cosidetto “quintetto della morte” (Curry,
Thompson, Barnes, Iguodala, Green), che è stato vivisezionato (l’effetto sulla regular season è stato
devastante) in lungo e in largo dagli avversari che hanno cominciato a trovare le contromisure.
Analisi che lasciamo al momento ad una sola grafica e che approfondiremo in futuro.
Tornando al play di GSW, Cleveland ha capito il momento di defaillance di Curry e lo ha
coinvolto molto di più nella difesa: diremmo “naturale”, visto che nel 2015 non c’era Irving bensì
Dellavedova. Al di là dei meriti di Cleveland, c’è certamente qualcosa di più, che ha variato in
maniera sostanziale non soltanto il gioco di Curry, ma tutto l’impianto offensivo di Golden
State; mentre è certamente da attribuire a Irving, come maggiore peso specifico, il diverso ruolo di
Steph nella difesa.
NON PIU’ UNDERDOGS
Potremmo anche approfondire il tutto con un’analisi “psicologica”: per la prima volta sia Curry che
GSW si trovano nella situazione di non essere più gli sfavoriti della situazione, e questo può aver
giocato un certo ruolo. Ma è analisi che lasciamo ad altri perché diventerebbe troppo complesso
intervenire.
A corollario, una serie di scelte pessime: le ultime due palle perse in gara 7 sono sanguinose
come non mai, nonché una scelta nelle azioni e nei tiri talmente brutte da essere difficilmente
etichettabili come “dei Warriors”. Insomma, due giocatori diversi da un anno all’altro: c’è l’infortunio
di mezzo, chiaro, ma non è stato solo questo; c’è un avversario più forte di fronte (c’era Irving e non
Dellavedova), ma non è stato solo questo (Irving in genere difende peggio del compagno); c’è una
squadra decisamente più stanca, ma non è stato solo questo. È semplicemente la somma di tutti
questi fattori e di altri che qui non abbiamo approfondito, anche se, ribadiamo, vedere il Curry nelle
NBA finals 2015 e il Curry nelle NBA finals 2016 ci lascia un dubbio: sicuri che non fosse Seth?
A parte le battute, le immagini sono più chiare per comprendere quanto diversi siano i movimenti e
la velocità di esecuzione stessa:
Finals 2015
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Non ci sono molti video individuali per le Finals 2016, prendiamo in esempio Game 1
(Steph Curry nelle NBA finals 2016)
(Steph Curry nelle NBA finals 2016)
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