Le origini del Sindacato scuola Cgil
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Le origini del Sindacato scuola Cgil
Le origini del Sindacato scuola Cgil* Vincenzo Viola Vincenzo Viola, nato a Magenta nel 1946, laureato in lettere, ha insegnato in numerosi istituti secondari superiori di Milano e provincia; attualmente insegna al liceo Carducci di Milano. Ha pubblicato numerosi testi scolastici. Tra il 1976 e il 1984 è stato dirigente del sidacato Cgil Scuola, ricoprendo l’incarico di segretario generale della struttura provinciale di Milano. Attualmente è coordinatore della rivista «l’Indice della scuola». È interessato in maniera particolare alle questioni relative alla riforma della secondaria superiore e più in generale a questioni relative al rinnovamento della didattica. Le scelte e le vicende politiche e sindacali che hanno dato origine al sindacato Cgil Scuola e le fasi che le hanno contraddistinte sono ancora oggi di grande interesse, non solo storico, perché mettono in luce aspetti e problemi che oggi interessano tutto il sindacato. Dal dopoguerra la presenza sindacale nella scuola era affidata al sindacalismo autonomo; in particolare il Sindacato nazionale scuola media (Snsm) vedeva al suo interno un’ampio ventaglio di posizioni politiche, anche se la maggioranza era abbastanza rigidamente filogovernativa. Con l’inizio degli anni ’60 la scolarizzazione fa un grande passo avanti: l’immigrazione interna, prodotta dai grandi processi di industrializzazione, concentra e incentiva la domanda di formazione; la riforma della scuola media offre lo strumento istituzionale, l’istituzione della scuola materna statale completa il percorso formativo: entrambe queste riforme attuano l’articolo 33 della Costituzione ed * Si ringrazia per la collaborazione l’Archivio storico della Cgil Scuola di Reggio Emilia. 67 evidenziano come la scuola sia un diritto costituzionale, un diritto conquistato, un servizio sociale, specie per i lavoratori. Questo punto è fondamentale per comprendere alcune scelte della Cgil relativamente alla scuola e alle caratteristiche del suo sindacato. La svolta avviene nel 1966. Nel gennaio di quell’anno su «Rassegna Sindacale» esce un articolo firmato da undici insegnanti milanesi, tra cui Franco Bonesi, che poi sarebbe stato il primo segretario della Cgil Scuola di Milano, che prospettano l’idea di un Sindacato scuola Cgil. Nel marzo della stesso anno si tiene il congresso del Snms: gli aderenti alla mozione 4, firmata dal vice-segretario Gianfranco Rescalli, socialista, muovono una dura contestazione alla gestione del sindacato stesso e chiedono di stabilire un rapporto organico con Cgil Cisl e Uil. Ma una parte della corrente, composta soprattutto da insegnanti toscani politicamente vicini allo Psiup, decide di uscire dal sindacato e di costituire presso alcune Camere del lavoro dei comitati promotori di un sindacato dei lavoratori della scuola aderente alla Cgil: «Noi annunciamo ai colleghi che ci siamo costituiti in comitato promotore di un’azione volta a realizzare un sindacato verticale della scuola italiana che, aderendo alla Centrale sindacale cui va la fiducia degli insegnanti democratici, cioè alla Cgil, si affianchi alle lotte di tutti i lavoratori» (dalla lettera di 26 professori di Firenze e Pistoia - marzo 1966). La figura sindacalmente più rappresentativa di questo gruppo era Corrado Mauceri, che presto ne diventa il coordinatore. La Confederazione fu ben poco favorevole a questa operazione: soprattutto sul piano politico il Psi era contrario e il Pci non molto favorevole alla nascita di un sindacato confederale della scuola. Entrambi i partiti, sia pure con sfumature diverse, erano più favorevoli a un sindacato autonomo decisamente rinnovato che tenesse unita la categoria in tutte le sue componenti ideali e politiche (sono gli anni del centro-sinistra e delle speranze conciliari) e che fosse un interlocutore credibile sia per i sindacati confederali che per i partiti; entrambi inoltre temevano una deriva ideologica in un sindacato molto schierato a sinistra. Non ci fu quindi da parte delle componenti politiche maggioritarie nella Cgil un via libera alla formazione del sindacato scuola; però la questione era aperta e un cavillo procedurale permise che si cominciassero a porre le basi della nuova organizzazione. Infatti i promotori, in particolare Mauceri, invitarono i lavoratori della scuo68 la a iscriversi alla Federstatali, di cui allora era segretario nazionale Ugo Vetere, in quanto lavoratori dipendenti dello Stato: «Unitevi nella lotta sindacale che la classe lavoratrice conduce nel Paese: iscrivetevi alla Cgil - Federstatali – settore sindacale della scuola» (novembre 1966). La proposta ebbe tanto seguito che nel febbraio del 1967 Corrado Mauceri potè convocare a Firenze un convegno nazionale, che decide di costituire un Comitato nazionale col compito di creare le condizioni per la presenza del settore scuola presso tutte le Camere del lavoro. Stava nascendo, entro la struttura consolidata della Federstatali, una «cosa» ancora indeterminata, ma con la capacità di organizzarsi e di prendere iniziative autonome. A questo punto la Confederazione non può evitare una decisione. Il primo passo importante è compiuto da Ugo Vetere. Il 20 febbraio 1967 invia alle segreterie regionali una circolare, in cui, a proposito delle iscrizioni di numerosi insegnanti al sindacato statali della Cgil, dice che «le nostre organizzazioni che hanno ritenuto di accogliere la richiesta di tali gruppi di insegnanti che, autonomamente, hanno deciso di entrare nella Cgil, lo hanno fatto sulla base della considerazione che esistono già organizzazioni degli insegnanti aderenti alla Cisl e Uil e che non è possibile rifiutare la tessera della Cgil a lavoratori che la chiedono». Non è ancora un avallo, ma non ci siamo lontani: anche se formalmente si presenta come una circolare informativa e di semplice richiesta dati, in realtà mette in evidenza l’ampiezza del fenomeno. È interessante notare le due motivazioni addotte da Vetere per dire un sì a mezza bocca: la prima è l’analogia con gli altri sindacati confederali (nella Cisl, in particolare, era presente e forte il Sinascel, sindacato della scuola elementare); la seconda è legato alla natura della Cgil: un sindacato di classe non può rifiutare l’iscrizione a lavoratori che ne fanno richiesta. Ma la circolare di Vetere pone anche il problema in termini politici: «La segreteria della Federazione nazionale, avuta notizia di tali iniziative già adottate, ha provveduto a informare la Cgil, il cui Comitato direttivo dovrà affrontare il problema della presenza organizzata della Cgil nel vasto e importante settore della scuola». Con queste righe, che chiamano in gioco il maggior organismo decisionale del sindacato, il punto di vista si ribalta: il problema non è la presenza di gruppi autorganizzati di insegnanti nella Federstatali, ma l’iniziativa nella scuola della Cgil in quanto organizzazione. La questione, posta in questi termini, ne genera subito un’altra, 69 che poi rimarrà come dilemma irrisolto per tutta la storia (e quindi per tutta l’iniziativa) della Cgil Scuola: il Sindacato scuola rappresenta gli interessi dei lavoratori della scuola o quelli dei lavoratori utenti della scuola? Teoricamente dovrebbero concordare, ma se discordano per la Confederazione non ci sono dubbi: prevale l’inte-resse generale dei lavoratori e dei cittadini utenti della scuola. Ma le resistenze interne alla Confederazione non diminuiscono e inducono Vetere a una nuova iniziativa ancora più netta. Nel giugno 1967 la Federstatali organizza un convegno nazionale, da cui nasce lo Snus (Sindacato nazionale unitario della scuola, di cui è responsabile Corrado Mauceri), che però non viene riconosciuto dalla Cgil. Però ormai la Confederazione non può esimersi dal prendere l’iniziativa e nel luglio costituisce la Federazione degli insegnanti (contrapposta di fatto allo Snus), però col voto contrario della componente Psi in direttivo. Dopo sei mesi di confronto anche molto duro tra Snus e Federazione si giunge a una decisione fondamentale: il 16 e 17 dicembre si tiene ad Ariccia l’Assemblea nazionale, in cui vengono sciolte le due organizzazioni esistenti e si fonda il Sns-Cgil. Ma le tensioni con la Confederazione non sono per niente superate, come testimonia il duro intervento conclusivo di Luciano Lama, che pone degli aut aut molto severi al nascente sindacato: «Gli operai italiani non sono una categoria filosofica, sono uomini sfruttati, ma uomini… Gli operai italiani, d’altra parte, non hanno da imparare da nessuno che cos’è la lotta di classe, perché la fanno, molto semplicemente la fanno. …Noi lavoriamo per realizzare un’organizzazione sindacale di massa, che abbia come propria ragion d’essere, ripeto, la difesa professionale e degli interessi della massa dei lavoratori, che poi vuol dire gli interessi della classe degli sfruttati. Il sindacato della scuola aderente alla Cgil accetta o rifiuta una tale prospettiva, perché, se per ipotesi, dovesse rifiutarla, non sarebbe un sindacato della Cgil». Comunque, nonostante queste riserve dall’Assemblea nazionale di Ariccia esce finalmente il sindacato Sns Cgil, più frequentemente indicato come Cgil Scuola. Questa differente indicazione non è solo una semplificazione del linguaggio, ma rivela il problema di fondo della nuova organizzazione: si tratta, insomma, di un nuovo sindacato di categoria che aderisce alla Cgil (secondo una logica che in quegli anni veniva vista come cislina) o di uno strumento che favorisce l’intervento della 70 Confederazione nella scuola? Qui si pone la questione della confederalità del Sindacato scuola, questione molto delicata nel pieno del ’68 e che si riverbera su due aspetti: la formazione dei gruppi dirigenti e le forme di lotta. Nel primo aspetto prevale a lungo l’impostazione categoriale: soprattutto i gruppi dirigenti provinciali sono formati in gran parte da docenti della secondaria, spesso secondaria superiore, cioè da coloro che erano più vicini alle lotte studentesche. Su questo terreno il caso che ha assunto subito un forte valore politico è stato quello del Parini di Milano (caso Zanzara): il preside Mattalia e la professoressa Maria Teresa Torre Rossi, che difesero col sostegno della Camera del lavoro di Milano gli studenti incriminati, divennero il simbolo dell’iniziativa dei docenti democratici. Ma per quanto riguarda le forme di lotta il nodo è subito venuto al pettine nella maniera più complicata nel giugno del 1969, quando l’astensione dagli scrutini, proclamata assieme ai sindacati autonomi, venne revocata e sconfessata dal Sns Cgil su pressione della Confederazione: fu un rifiuto «pregiudiziale» del blocco degli scrutini inteso come atto politicamente molto negativo in quanto prende in ostaggio l’utenza e danneggia soprattutto le famiglie dei lavoratori. Questa presa di posizione provocò un grande disorientamento tra gli iscritti, non del tutto recuperato neppure dalla proclamazione in dicembre dal primo sciopero unitario proposto dal Sns Cgil, seguito nel corso dell’anno (segreterio nazionale di Aldo Bondioli) da parecchi altri scioperi, abbastanza partecipati, ma scarsi di risultati. Così, giunti alla conclusione dell’anno scolastico nel giugno del 1970, la questione tornò fuori con ancora maggior forza, quando fu proclamato il blocco degli scrutini, cui il governo rispose con la nomina dei commissari ad acta per poter svolgere gli scrutini anche con consigli di classe non completi. La misura però non è risolutiva e soprattutto è foriera di gravi difformità di giudizio da parte di persone, neppure necessariamente insegnanti, all’oscuro di situazioni delicate o poco sensibili nei confronti di esse: lesiva quindi degli interessi delle famiglie soprattutto dei lavoratori. Il Sindacato scuola è molto critico nei confronti di questa misura governativa, ma in una situazione di stallo risolutivo si rivela l’iniziativa di Luciano Lama, che interviene in prima persona a stroncare il blocco degli scrutini, pratica da allora in poi per almeno vent’anni sempre estranea alla prassi della Cgil Scuola. Ma l’intervento di Lama aprì le porte a una stagione contrattuale 71 tutta particolare, quella in cui le Confederazioni si fecero carico di compensare la scarsa «produttività» della lotta della categoria. Infatti nella scuola è evidente la scarsa efficacia dello sciopero: non si incide sulla controparte se non in termini politici, mentre la sospensione dell’insegnamento danneggia l’utenza intesa sia come famiglie che come studenti; perché il danno non sia grave i lavoratori della scuola devono recuperare la «produzione» non realizzata, rendendo così di fatto vano lo sciopero. L’intervento confederale, che accentua enormemente il peso politico del conflitto, senza dubbio favorisce il successo dell’azione di sciopero, ma di fatto esautora la categoria sia nel momento della decisione dei contenuti vertenziali che in quello della lotta e soprattutto della valutazione dei risultati, che devono rispettare, entrambi, compatibilità di carattere generale. Si aggiunga poi che i risultati contrattuali relativi alla scuola sono condizionati dalla successiva e necessaria traduzione in legge, e quindi da un iter parlamentare, e che in questi anni i principali partiti di riferimento del Sns Cgil sono uno al governo (Psi) e altri all’opposizione (Pci, Psiup, poi Manifesto, Pdup, Dp, ecc.). Tutto ciò fa comprendere la seria difficoltà del Sindacato scuola a darsi una linea che facesse perno sulla categoria e invece la tendenza sempre molto forte di svolgere un ruolo di testimonianza ideale e politica. Anche per queste ragioni, che (nonostante il continuo aumento degli iscritti) costituiscono un elemento di debolezza, trattengono il Sns dal mettere in agenda e comunque ad affrontare con convinzione i nodi fondamentale della professione docente: reclutamento (e valutazione dei docenti), orario, formazione e struttura del salario. Senza un’iniziativa convinta su queste questioni si riduce gravemente l’ampiezza e soprattutto la qualità del terreno vertenziale e le scelte compiute allora dal Sns rivelano un’incapacità di uscire dagli automatismi che pesa ancor oggi in maniera drammatica. È stata forte invece l’iniziativa politica: nel 1971, con l’appoggio delle Confederazioni, si raggiunge finalmente l’accordo contrattuale che prevedeva l’approvazione e l’avvio dei corsi abilitanti (che sanarono molte situazioni di precariato pregresso, ma che non furono e non potevano essere una razionale modalità di reclutamento, come invece si volle credere). Ma l’anno decisivo fu il 1973 (dopo che il 1972 fu caratterizzato da numerosi scioperi generali della scuola e dell’università): in questo anno i metalmeccanici ottennero in contratto le 150 ore, conquista estesa poi ai chimici e ad altre categorie 72 e che creò un legame ancor più forte tra sindacalismo scolastico e categorie dell’industria, dal momento che il diritto alla formazione veniva assunto come finalità primaria delle lotte dei lavoratori. Tale concordanza di obiettivi trovò la sua massima espressione nello sciopero generale nazionale proclamato dalle Confederazioni per il 18 maggio 1973 per sbloccare la trattativa sul contratto della scuola, che si trascinava da tempo senza sbocchi credibili. Il forte impegno delle Confederazioni consentì, il 17 maggio, il raggiungimento dell’accordo su buona parte degli obiettivi presenti in piattaforma, tra cui lo stato giuridico e l’impegno per la presentazione di una legge delega per la gestione sociale della scuola: ottenuti questi risultati lo sciopero venne revocato poche ore prima che avesse luogo, secondo una prassi più che consolidata nelle categorie industriali, ma ben poco gradita alla categoria della scuola, più politicizzata che sindacalizzata (e quindi restia a considerare il valore di un accordo), che si sentì ampiamente scavalcata dai «vertici sindacali». L’accordo, invece, fu sicuramente molto importante e avrebbe potuto segnare una svolta nella scuola italiana e nel sindacalismo scolastico: invece nella traduzione in legge fu depotenziato il contenuto di novità che esso esprimeva. Da esso infatti all’inizio del 1974 derivò la legge delega 477, che, se recepiva formalmente l’accordo, trasformava la gestione sociale della scuola in gestione familiare della formazione, escludendo quasi completamente dagli organi di gestione enti locali e forze sociali per immettere invece i genitori. Inoltre la 477 lascia intatto il sistema gerarchico dell’amministrazione scolastica, fondato sulla trafila Ministero - provveditorati - dirigenti scolastici, riducendo di molto la rilevanza degli organi di partecipazione, in particolare i distretti, ma anche i consigli d’istituto. Per questi aspetti nella primavera del 1974, a un anno dall’accordo e in preparazione del congresso del Sns Cgil (da cui uscirà eletto segretario generale Bruno Roscani) Rinaldo Scheda, segretario confederale, espresse un giudizio fortemente critico sull’attuazione della delega, che però, nonostante le critiche, si tradusse il 31 maggio 1974 nell’emanazione dei decreti delegati 416, 417, 418, 419, 420 relativi allo stato giuridico del personale della scuola e all’organizzazione dell’attività delle scuole stesse. Fu comunque un fatto di grande importanza, ma con molte soluzioni contraddittorie che segnarono complessivamente un consolidamento delle posizioni moderate e imposero al Sindacato scuola Cgil un nuovo e per niente facile terreno d’iniziativa poli73 tica e vertenziale e anche di confronto interno spesso piuttosto aspro e burrascoso. Tre giorni prima, il 28 maggio, in Piazza della Loggia a Brescia, il Sns Cgil, come l’insieme del sindacato, era stato duramente colpito dal terrorismo fascista: l’esplosione della bomba aveva investito proprio la parte del corteo in cui erano presenti molti lavoratori della scuola e sei compagni, tra i più attivi nel far nascere la Cgil Scuola, erano rimasti, uccisi, su quella piazza insanguinata. 74