New York, un Picasso a rischio: chi lo possiede, non lo ama
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New York, un Picasso a rischio: chi lo possiede, non lo ama
New York, un Picasso a rischio: chi lo possiede, non lo ama Sei metri per lato, del 1919, è in un ristorante chic. Problemi al muro dove è? Qualcuno smentisce. Pablo Picasso con Olga Khokhlova, quando erano sposati C’è un Picasso a rischio perché l’uomo che l’ha in casa, a quanto pare, lo detesta: vuole toglierselo di torno, e possibilmente disfarsene. Si tratta di una tela enorme, alta e larga sei metri: Il cappello a tre punte. Pablo Picasso la dipinse nel 1919, a Londra, in tre settimane di lavoro frenetico. A commissionarla era stato Sergeij Diaghilev, l’impresario fondatore dei Ballets Russes; faceva parte della scenografia dell’omonimo, celebre balletto di Manuel de Falla che debuttò all’Alhambra, nel West End, a luglio di quell’anno. Coreografo e primo ballerino, Leonide Massine in persona. Una delle ballerine si chiamava Olga Kokhlova, e da un anno era la prima moglie del pittore. Sergeij Diaghilev con Leonide Massine. Il ristorante più caro. Anni dopo, Diaghilev vendette l’opera a un collezionista svizzero per far cassa. Nel 1957, per 50 mila dollari, passò a Phyllis Lambert, figlia di Samuel Bronfman, magnate canadese dei liquori Seagram. In quei mesi, la giovane Phyllis era stata incaricata dal padre di tener d’occhio a New York la costruzione e l’arredo del Seagram Building, il nero grattacielo in Park Avenue, capolavoro di Ludwig Mies van der Rohe. E della perla dell’edificio, il ristorante Four Seasons, disegnato da Philip Johnson: all’epoca, il più costoso del mondo. Nell’atrio. L’ereditiera e l’architetto decisero di collocare il Picasso nell’atrio. «In un primo tempo avevamo pensato alla sala da pranzo», ricorda oggi Phyllis Lambert, «ma un toro morto trascinato fuori dall’arena da due cavalli non è l’immagine giusta per una stanza piena di gente che mangia bistecche». Nel 2005 la tela fu donata alla New York Landmarks Conservancy, un’organizzazione no-profit che finanzia il restauro e la manutenzione degli edifici storici della città, con l’intesa che sarebbe rimasta al suo posto. Il muro cede? Da più di mezzo secolo, dunque, è il Picasso ad accogliere la sceltissima clientela del Four Seasons, insignito nel 1989 dello status di landmark, edificio monumentale della città. Ma la RFR Holding, il gruppo immobiliare che oggi possiede Seagram Building, ha comunicato alla NYLM l’intenzione di rimuovere la tela entro pochi giorni. Motivo ufficiale: il muro che la sostiene dà segni di cedimento; se crolla, potrebbe travolgere l’opera. Occorrono urgenti lavori di rinforzo. “No, non lo ama”. Ma Peg Breen, presidente della Landmarks Conservancy, è più che scettica. Al New York Times, che ha portato alla luce la vicenda, ha detto che ad Aby Rosen, numero uno della RFR, quella tela è antipatica. C’è chi l’ha sentito definirla schmatte, straccio in yddish. Dunque, la storia del muro pericolante sarebbe una scusa per sbarazzarsene. Il grattacielo Seagram, di New York. Forse, pezzi più nuovi. Rosen non è uno di quelli che quando sentono parlare di cultura mettono mano alla pistola. Anzi, è un collezionista tra i più noti, addirittura presidente del New York State Council on the Arts. Solo che preferisce gli artisti contemporanei, gente come Damien Hirst e Jeff Koons. E avrebbe confidato agli intimi che nello spazio oggi occupato dal Cappello a tre punte intende esporre pezzi più freschi, presi dalla sua collezione. Peg Breen. Aby Rosen. Non ci sono tutele. Il rango di landmark del ristorante non protegge il Picasso, ha fatto sapere la commissione comunale competente, perché appartiene a un diverso proprietario ed è un bene mobile. Piuttosto prezioso, anche se non si avvicina alle quotazioni massime del pittore di Malaga: una perizia di Christie’s, chiesta dalla Landmarks Conservancy nel 2008 per poterlo assicurare, stimava il valore di mercato a un milione e 600 mila dollari, meno di un milione e 200 mila euro. Una “querelle”. Proprietario del ristorante e proprietario della tela, adesso, si fronteggiano in una guerra di perizie. Rosen ha fatto esaminare il muro dagli ingegneri edili della Severud Associates. Responso: «Diversi pannelli del muro si sono spostati, fino a 13 millimetri. Ulteriori movimenti potrebbero provocare un collasso, causando danni all’opera». Peg Green ha mobilitato gli strutturisti della Thornton Tomasetti. Verdetto: «Lo spostamento dei pannelli non supera i sei millimetri, non è recente e non richiede interventi drastici. Il muro si può riparare senza rimuovere il Picasso». Il Four Season, il più caro ristorante di New York. Che farne? Il Museum of Modern Art ha offerto ospitalità al Cappello a tre punte nei suoi magazzini, se Rosen l’avrà vinta. Ma per la presidente della New York Landmarks Conservancy non è una soluzione: «Nessuno garantisce che l’opera sopravvivrebbe allo spostamento. E se ce la facesse, verrebbe comunque sottratta al pubblico per un tempo indefinito». Michele Concina