Isa Danieli - Il Centro Servizi Culturali Santa Chiara

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Isa Danieli - Il Centro Servizi Culturali Santa Chiara
Prossimamente Prosa
Prosa
Teatro Auditorium
dal 11 al 14 febbraio 2010
tutti i giorni ore 20.30 la domenica ore 16.00
Produzioni Teatrali Paolo Poli - Associazione Culturale
presenta Paolo Poli in
SILLABARI
Prossimamente
Anch’io a Teatro con mamma e papà
Teatro S. Marco
6 e 7 febbraio 2010 ore 15.30 e 17.30
Teatro Telaio
VERSO LA LUNA
Gli Ipocriti
Isa Danieli
Prosa
Teatro Auditorium
dal 18 al 21 febbraio 2010
tutti i giorni ore 20.30 la domenica ore 16.00
Fondazione Luzzati -Teatro della Tosse - Festival della Scienza
in
ECUBA
CANDIDO
Euripide
viaggio tragicomico nel migliore dei mondi possibili
adattamento teatrale di Tonino Conte e Emanuele Conte
dal romanzo Candido o dell’ottimismo di Voltaire
regia Emanule Conte
PROSA 2009/2010
Theatrum Philosophicum
Sala Medioevale Teatro Sociale
18 febbraio 2010 ore 17.00
Lezione pubblica: Voltaire e il peggiore dei mondi possibili
Prof.ssa Paola Giacomoni (Storia della filosofia Università di Trento)
regia Angelo Facchetti
età consigliata: dai 4 anni
InDanza
Teatro Sociale
16 febbraio 2010 ore 20.30
Compagnia Abbondanza/Bertoni
LA DENSITÀ DELL’UMANO - Progetto biennale (2009/10)
LA MASSA
coreografie di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni
Scappo a Teatro
Teatro Cuminetti
19 febbraio 2010 ore 14.30
Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani ONLUS
FAVOLOSOFIA 1
di e con Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci
Convenzione parcheggi
Posteggio interrato Piazza Fiera
Il tagliando ritirato all’entrata del posteggio potrà essere sostituito
presso il Punto info del teatro con il tagliando a tariffa ridotta.
Possibilità di scelta:
4 ore 1.50 e
più di 4 ore 2 e
Dietro il sipario
l'appuntamento settimanale con il teatro
su RTTR La Televisione e RTT La Radio
Anticipazioni sugli spettacoli
interviste con gli artisti
aneddoti e imprevisti dietro le quinte
Informazioni
Punto informativo TEATRO AUDITORIUM
dal lun. al sab. dalle 10.00 alle 19.00
tel 0461-213834
Punto informativo TEATRO SOCIALE
dal lun. al sab. dalle 16.00 alle 19.00
tel 0461-213862
N° verde 800-013952
www.centrosantachiara.it
[email protected]
Una produzione Rttr La Televisione e Rtt la Radio con il Centro Servzi Culturali S. Chiara
foto di Oreste Lanzetta
[email protected]
www.centrosantachiara.it
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Stagione di Prosa
Teatro Sociale
Venerdì 5, Sabato 6 febbraio 2010 ore 20.30
Gli Ipocriti
Isa Danieli
in
ECUBA
Euripide
Franco Acampora
Fortunato Cerlino
Ciro Damiano
Niko Mucci
Imma Villa
Raffaele Ausiello
Caterina Pontrandolfo
Autilia Ranieri
Daniela Vitale
scene
costumi
musiche
luci
video
Roberto Crea
Daniela Ciancio
Paolo Coletta
Cesare Accetta
Filippo Andreatta
foto di Oreste Lanzetta
con
e
Tragica assenza di tragedia
di Carlo Cerciello
Quella umanità che nel V secolo, cogliendo il senso
del tragico dell’esistenza umana, inventò la tragedia
greca, è molto lontana dalla nostra, volutamente
distratta dal dolore umano e dal suo destino mortale,
tutta tesa com’è a congelarlo, imbellettarlo e
nasconderlo, nell’impossibile desiderio di esorcizzarlo.
Oggi la morte, riprodotta e ostentata in maniera
ossessionante e ripetitiva, tradotta continuamente
in immagine, pur nelle sue forme più cruente, ha
finito per creare assuefazione, indifferenza al dolore.
Goethe afferma che ogni tragicità è fondata su un
conflitto inconciliabile e che se interviene o diviene
possibile una conciliazione, il tragico scompare. E’
questa l’alchimia moderna: l’eliminazione del tragico
dalla nostra vita. La televisione in questo è maestra
e poiché costruisce un perfetto mezzo di persuasioneassuefazione, il potere la utilizza, quotidianamente,
in tale direzione. L’immagine di un corpo morto, civile
o soldato che sia, visto in tv fa l’effetto di uno di quei
lacerti da bancone, di cui non ci chiediamo certo
che vita ha avuto o quanto ha sofferto. Quando,
dunque, mi è stata proposta la regia di Ecuba, prima
ancora di analizzare il testo in questione e le vicende
dei personaggi in esso coinvolti, ho cercato di capire
come tradurre il senso del tragico in tragica assenza
di tragedia. Il fastidioso gioco di parole, esplicita
bene il mio senso di impotenza, di rabbia, dinanzi al
perpetrarsi di una costante narcotizzazione delle
coscienze, che, di fatto, allontana la consapevolezza
della condizione umana e ne distrugge la dignità.
L’idea della macelleria, algido obitorio sacrificale, si
è fatta, dunque, strada visionaria tra i cadaveri animali
di Hirst, le immagini pittoriche della filmografia di
Greenaway e le lenzuola sporche di sangue di Nitsch,
costruendo il possibile non luogo ideale per la
rappresentazione del dramma euripideo. Il freddo
bianco delle mattonelle, nella sua mortale eleganza,
assente la truculenza granguignolesca, mi pare ospiti
bene le atrocità di questa tragedia senza catarsi,
senza scampo per nessuno dei suoi protagonisti.
L’accumulo delle miserie umane, che in nome del
potere, dell’ambizione, dei soldi, determina
quell’escalation di morte, non mostra una goccia di
quel sangue innocente versato, non impressiona più.
La differenza tra corpo morto e corpo vivo si smarrisce
tra i ganci delle celle frigorifere. Il cinismo di una
borghesia volgare e vorace si traveste da ragion di
stato ed emerge tra i grembiuli da macellaio, mentre
il dolore disperato e lancinante di Ecuba si schianta
e rimbalza sulle gelide pareti della macelleria. Ecuba
è un testo straordinariamente moderno, in cui accanto
ad una crudeltà spietata, tanto assimilabile a quella
delle nostrane faide criminali, dove in nome dell’onore
e dei vincoli parentali si può ottenere “soddisfazione”
per il torto subito, trovano posto l’amore meraviglioso,
assoluto di una madre e quelle richieste di pietà e
giustizia disattese dalla consapevole sordità del
potere, cui oggi siamo purtroppo abituati. “Vento,
vento di mare, che rechi sul gonfio dell’acqua navi
che rapide varcano muri d'acqua, dove, povera me,
mi vuoi portare? Io, in un paese straniero,avrò il
nome di schiava. In cambio dell'Asia che abbandono,
avrò la stanza nuziale della morte, l'Europa” recita
il coro prigioniero, prossimo ad un viaggio verso la
schiavitù o la morte, e ci pare di sentire le voci
emigranti, ormai spente nei fondali del mare
dell’indifferenza.