Una Maastricht per la Ricerca

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Una Maastricht per la Ricerca
 Spazio Europeo della Ricerca UNA MAASTRICHT PER LA RICERCA Ricerca e innovazione sono al centro dell’Agenda Europa 2020 che mira a far uscire l’Europa dall’attuale stato di crisi. Per la prima volta, il Trattato di Lisbona ha autorizzato l’Unione Europea a realizzare lo Spazio Europeo della Ricerca -­‐ SER (European Research Area – ERA). Nonostante il SER fosse stato dichiarato come priorità politica dalle istituzioni europee ed esplicitamente aggiunto dal Trattato di Lisbona, esso è ancora molto lontano dalla sua realizzazione. Ultimare il SER richiederà il supporto e lo sforzo di tutti gli Stati Membri, delle Istituzioni europee e di tutte le parti coinvolte nella ricerca scientifica. Come dichiarato dal Consiglio dell’Unione Europea in una relazione del 2010 sullo stato di attuazione del SER, “sono stati compiuti molti progressi, ma il fatto stesso che molti problemi presenti nella fase iniziale del SER nel 2000 siano rimasti in primo piano nel dibattito politico odierno mostra che dovrà passare ancora molto tempo”. Pertanto, è necessario un nuovo quadro di riferimento per portare il SER a un livello più ambizioso. Con la comunicazione del 17 luglio 2012 “A Reinforced European Research Area – Partnership for Excellence and Growth” (Uno Spazio Europeo della Ricerca rinforzato – Partenariato per Eccellenza e Crescita), la Commissione europea aveva riconosciuto la diversità tra rendimenti e organizzazione dei sistemi di ricerca a livello nazionale e aveva fornito un insieme di priorità. Il percorso scelto in questa Comunicazione si basa su un quadro di riforme nazionali su basi volontarie, che aiutino a rimuovere alcuni ostacoli all’internazionalizzazione, a stimolare maggiore attività di cooperazione (valutazione europea, maggiore mobilità dei ricercatori, coinvolgimento dei principali stakeholders) e a creare una vera competizione intra-­‐europea. Questo quadro di riforme dovrebbe completarsi entro il 2014, come dichiarato nelle conclusioni del Consiglio europeo del Marzo 2012; in più, dovrebbe basarsi unicamente su accordi politici tra Stati Membri, e non su direttive dell’Ue. La costruzione del SER deve essere il risultato di un’iniziativa europea. Perciò, le singole azioni degli Stati Membri devono coniugarsi il più possibile con le linee guida e gli incentivi dell’Ue. Pertanto, il Parlamento Europeo prende iniziative politiche per presentare con forza la questione della realizzazione del SER all’opinione pubblica europea. Basandosi sulle recenti comunicazioni provenienti dal SER, l’approccio più lungimirante e coraggioso dovrebbe assumere la forma delle direttive e, nel lungo periodo, la forma di un impegno costituzionale sulla ricerca europea nella prossima legislatura 2014-­‐2019. In questo contesto, il Parlamento Europeo dovrebbe essere il promotore di azioni e iniziative volte a cercare il consenso della comunità scientifica e delle istituzioni europee. Cioè, è giunto il momento di velocizzare e di rafforzare lo Spazio Europeo della Ricerca, il cui completamento richiede un impegno politico più intenso, sia a livello nazionale che europeo. È necessario che la ricerca venga vista non come un costo per l’Unione, bensì come il suo miglior investimento per il futuro. L’inserimento delle azioni di ricerca nelle “Country specific recommendations” (Raccomandazioni specifiche per lo Stato) che l’Unione europea oramai invia ogni anno, assieme al nuovo “semestre europeo”, è la giusta direzione perché si stanno affrontando le riforme nazionali in una prospettiva marcatamente europea. Tuttavia, dovrebbero essere lanciati contemporaneamente anche strumenti più vincolanti in grado di completare queste raccomandazioni. Perciò, potrebbe essere più appropriata una Direttiva quadro sul SER, uno strumento ambizioso in grado di spingere tutti gli Stati Membri, o almeno un gruppo di pionieri in cooperazione rafforzata, a lanciare una Maastricht per la ricerca e far diventare il SER una realtà a tutti gli effetti. PRINCIPALI CARENZE PER LA REALIZZAZIONE DEL SER Bassi livelli di investimento e di risorse umane Dopo tre secoli di quasi monopolio nella ricerca e settant’anni (dal 1930 alla fine del XX secolo) di leadership condivisa con gli Stati Uniti, l’Europa ora fatica a tenere il passo dei vecchi e nuovi concorrenti. Il livello di investimento in ricerca e sviluppo nell’Unione europea durante il periodo 2008-­‐
2010 è stato piuttosto basso in confronto al resto del mondo. Nel 2010 (Fonte: Eurostat 2012) il gap si è allargato: il livello degli investimenti è sceso al 2% del prodotto interno lordo (GDP) europeo, mentre negli Stati Uniti si è attestato al 2,68% e in Giappone al 3,39%. In più, nello stesso anno, gli investimenti privati europei in Ricerca e Sviluppo sono stati più bassi rispetto al resto del mondo: 1,23% in Europa contro il 2,02% degli USA e il 2,70% del Giappone. Questo trend è confermato anche dal capitale umano impegnato in questo settore, così come mostrato dall’Istituto di Statistica dell’Unesco nel 2009, con un incremento del numero di ricercatori in Asia e la corrispondente diminuzione in Europa. Nel 2007, il 41,4% dei ricercatori del mondo viveva in Asia (nel 2002 erano il 35,7%), mentre solo il 28,2% dei ricercatori viveva in Europa (nel 2002 erano il 32%). Frammentazione e basso coordinamento L’Europa deve superare un altro grande ostacolo – la frammentazione delle politiche relative alla ricerca – per ripristinare la propria posizione di leadership nella società e nell’economia della conoscenza. In tutti i maggiori paesi che competono con l’Europa – principalmente Stati Uniti e Giappone, ma anche Brasile, Russia, India e Cina (BRIC) – le politiche di ricerca e sviluppo tecnologico sono coordinate da un singolo centro direzionale. Al contrario, in Europa le politiche di ricerca sono condotte dalla Commissione europea e, a livello nazionale, dai 28 Stati Membri. Questo spiega la diversità di risultati e prestazioni in scienza e tecnologia in Europa e la difficoltà nell’organizzare potenziali approcci olistici a livello europeo. Inoltre, la complessità di troppi schemi finanziari, sistemi conflittuali e oneri amministrativi indeboliscono e talvolta impediscono il processo di sviluppo e di circolazione della conoscenza in Europa. In ogni caso, il livello di finanziamento apertamente coordinato tra i diversi paesi e/o disponibile per la cooperazione transnazionale è di entità relativamente modesta in Europa, sia in termini assoluti che in termini di comparazione con i fondi allocati su base puramente nazionale. La programmazione congiunta – una delle iniziative più interessanti lanciate negli ultimi anni per intensificare le operazioni transfrontaliere – è molto apprezzata quando i paesi coinvolti si impegnano in collaborazioni stabili. Tuttavia, la mancanza di un impegno politico di lungo periodo da parte degli Stati Membri è la maggiore difficoltà per una ricerca coordinata transnazionale, al di là delle disposizioni europee. Impiego della conoscenza L’Europa deve innovare le metodologie e i processi per promuovere l’impiego dei risultati della ricerca a tutte le sue componenti economiche e sociali. Ciò è essenziale per lo sviluppo di un nuovo stile di vita che contribuisca alla funzionalità dell’intero sistema europeo. Il miglioramento della condivisione del sapere tra università, enti pubblici di ricerca e imprese è essenziale per assicurare come i risultati delle ricerche finanziate con fondi pubblici contribuiscano alla produzione economica e possano supportare effettivamente l’innovazione e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi competitivi. Tuttavia, approcci strategici e globali ai risultati della ricerca svolti in Europa non sono ancora comuni e, in molti casi, non c’è sufficiente consapevolezza di questo argomento. Il mondo accademico deve accrescere i partenariati strategici con il settore privato, sviluppando canali di collaborazione effettiva sulla questione della Terza Missione dell’Università. Inoltre, la ricerca accademica dovrebbe trarre benefici anche dalle iniziative realizzate dalle imprese come, ad esempio, le Joint Technology Initiatives – JTIs (Iniziative tecnologiche congiunte). Questo impegno deve essere al centro di ogni progetto per il futuro dell’Europa e dovrebbe essere considerato il motore di una società innovativa e socialmente coesa. Infrastrutture per la ricerca L’Unione europea ha adottato varie misure per assicurare al continente europeo l’utilizzo della sua vasta ed eccellente attuale dotazione di infrastrutture nazionali dedicate alla ricerca, per assicurare lo sviluppo nuovamente necessario di infrastrutture di ricerca a carattere pan-­‐
europeo di interesse strategico. A tale riguardo, sarà determinante concentrare l’attenzione e fare miglior uso dei supporti finanziari previsti dall’intero quadro dei programmi UE. L’attività dell’ESFRI, il Forum europeo delle strategie per le infrastrutture della ricerca (European Strategy Forum for Research Infrastructures) dovrebbe essere rafforzata e mirare al sostegno del miglioramento del processo decisionale mediante una valutazione “peer review” internazionale e indipendente fatta da nuove e preesistenti infrastrutture nell’ottica di un panorama strategico complessivo. Questo dovrebbe accompagnare l’implementazione di tabelle di marcia e puntare al miglior servizio dei ricercatori europei aumentando l’attrattività dei migliori ricercatori a livello internazionale. Carriera dei ricercatori e mobilità Il prerequisito per la realizzazione effettiva del SER è il raggiungimento di una piena libertà di movimento dei ricercatori, ancora incompleta. Il SER deve essere pervasivo, ben collegato e organizzato in grado di facilitare la mobilità dei ricercatori in Europa, dove e quando il sapere e le competenze lo richiederanno. Infine, ma non per ultimo, la realizzazione effettiva del SER contribuirà anche all’attrazione in Europa dei migliori ricercatori non europei. La mancanza di portabilità in Europa delle borse di studio finanziate con fondi pubblici nazionali è l’ostacolo più grande, mentre la mancanza di apertura e trasparenza delle procedure di assunzione potrebbe rappresentare una delle più importanti barriere alla mobilità. Inoltre, molti ostacoli fondamentali sono relativi alla sicurezza sociale e ai diritti delle pensioni, così come la mancanza di riconoscimento, all’interno degli Stati Membri, dei titoli ottenuti in altri paesi. L’esperienza degli ERC (competizione libera basata solo sull’eccellenza, valutazione paritaria, approccio dal basso verso l’alto – bottom-­up) sta cambiando ulteriormente il panorama europeo e alcuni Stati membri stanno prendendo ispirazione da questo modello per le loro agenzie nazionali. Ma tutte queste iniziative si basano su un approccio volontario da parte degli Stati Membri. Il programma Marie Curie, supportando l’intero percorso di carriera – dalla formazione del dottorato di ricerca, attraverso borse di studio individuali, agli scambi di personale a livello internazionale e intersettoriale – garantendo opportunità di mobilità attrattive e condizioni di lavoro ottimali, ha contribuito fortemente a formare una generazione di “ricercatori europei” e i suoi risultati dovrebbero essere promossi ancora di più sia a livello europeo – sotto Horizon 2020 – che a livello nazionale. In futuro, dovrebbe essere data anche maggiore attenzione agli scambi di ricercatori tra mondo accademico e mondo delle imprese. La strategia Europa 2020 dei paesi europei che prevede l’aumento del livello di investimento in ricerca al 3% del Prodotto interno Lordo (GDP) richiederà circa un milione di ricercatori in più rispetto ad oggi. Si prevede che il settore privato sarà la fonte di questo investimento addizionale in Ricerca e Sviluppo, impiegando così più ricercatori capaci di avere allo stesso tempo un forte background accademico e l’abilità di tradurre questo sapere in prodotti o servizi. Pertanto le competenze all’occupabilità sono vitali per i possessori di un PhD in un contesto di carriere apertamente non accademiche. PRIORITÀ E AZIONI CHIAVE L’Unione europea deve essere più ambiziosa e – facendo attuare agli Stati Membri gli obiettivi vincolanti in relazione agli investimenti in ricerca nonché definendo una Direttiva Quadro sullo Spazio Europeo della Ricerca – deve raggiungere l’obiettivo di una vera Maastricht per la Ricerca. La discussione e l’iniziativa politica promossa dal Parlamento europeo dovrebbe centrarsi in particolare sulle seguenti priorità: 1. Ricomposizione unità. Il coordinamento e la compatibilità tra programmi di ricerca nazionali ed europei sono necessari per avere priorità comuni per obiettivi europei strategici. È certamente necessario un impegno politico forte da parte degli Stati membri per raggiungere questo risultato. A tal riguardo, un’azione a livello europeo (per esempio mediante lo strumento della direttiva sul SER) potrebbe rappresentare un contributo importante in grado di vincolare e orientare le decisioni degli Stati Membri. Il coordinamento è necessario per portare avanti una strategia organica di internazionalizzazione della ricerca europea, facendo miglior uso di potenziali partenariati mondiali. 2. Cooperazione transfrontaliera. Quest’obiettivo richiede l’implementazione di regole minime in grado di assicurare l’interoperabilità degli schemi di finanziamento, principi comuni e regole standard, regole per la richiesta di borse di studio/finanziamenti, regole per la valutazione e la rendicontazione, oltre alla sincronizzazione degli inviti a presentare proposte. In particolare, c’è bisogno di uno strumento più efficiente all’interno del SER capace di mettere in comune le risorse nazionali, in modo da finanziare la ricerca pubblica e privata, specialmente nel contesto delle Iniziative di Programmazione Congiunta (Joint Programming Initiatives – JPIs). 3. Infrastrutture per la ricerca. Dovrebbe essere implementata una migliore sinergia tra strumenti di finanziamento nazionali ed europei per la ricerca pubblica e Fondi Strutturali sia per l’ottimale funzionamento e utilizzazione delle infrastrutture per la ricerca esistenti, sia per la realizzazione e la sostenibilità di nuove nel futuro. L’accesso delle imprese come utenti e sviluppatori di nuove tecnologie dovrebbe facilitare questo approccio. L’UE deve prendere l’iniziativa nel supportare l’operazione di accesso libero da parte di proprietari nazionali e aiutare le organizzazioni di tali infrastrutture ad essere aperte alla valutazione e alla competizione internazionale nell’ottica di aumentare la qualità della ricerca all’interno del SER. Gli Stati Membri devono essere incoraggiati a seguire l’European Strategy Forum for Research Infrastructure (ESFRI) come guida nella definizione delle proprie strategie nazionali. 4. Condivisione delle conoscenze. La cooperazione tra imprese, autorità pubbliche e mondo accademico è essenziale. A questo punto, i Partenariati tra Pubblico e Privato (PPPs – Private Public Partnership) devono essere sviluppati e aumentati di numero. 5. Una carriera di ricerca europea. Deve essere potenziata l’attrattività di una carriera scientifica, ad ogni livello. La mobilità dei ricercatori è essenziale per la realizzazione di una futura generazione di ricercatori europei. Di conseguenza, essa deve essere facilitata mediante l’implementazione di una serie di misure appropriate, come la portabilità delle sovvenzioni nazionali, sistemi coordinati di sicurezza sociale, pubblicazione trasparente dei concorsi, implementazione della Carta e del Codice di Condotta dei ricercatori ecc. Tutti i ricercatori, inclusi i giovani ricercatori e i candidati alla fase iniziale di un dottorato di ricerca, devono essere riconosciuti in base al contributo che danno e trattati come professionisti in ogni paese membro dell’UE. Gli Stati membri dovrebbero cercare di creare le condizioni di reclutamento e occupazione dei ricercatori sempre più simili tra loro per conseguire l’obiettivo di lungo termine di un singolo sistema europeo di ricerca. 6. Programmi di Dottorato più innovativi. Schemi e azioni che aiutano alla realizzazione di corsi di dottorato transnazionali innovativi, come quelli realizzati nelle Azioni Marie Skodowska-­‐Curie, devono essere sostenute con forza, anche queste in vista della creazione di una nuova generazione di ricercatori europei, premiando le istituzioni coinvolte con un riconoscimento propriamente europeo. Questo dovrebbe valere in particolare per i corsi di dottorato interdisciplinari e per quelli industriali che stanno mantenendo l’obiettivo di base di un PhD (formare “alla” ricerca “mediante” la ricerca) e sono in grado di promuovere e incentivare relazioni stabili e bilanciate fra mondo accademico e settore privato. Questo potrebbe essere benefico per gli interi tre livelli del Processo di Bologna, capace di garantire un miglior tasso di occupazione per i laureati e i laureati magistrali. 7. Marchio SER. Deve essere sostenuta la proposta di assegnare un marchio SER alle organizzazioni e ai programmi di ricerca capaci di dare contributi importanti per una rapida attuazione del SER. Primi sottoscrittori del manifesto: Amalia Sartori, Membro del Parlamento europeo (MEP), Presidente del Comitato ITRE Luigi Berlinguer, Membro del Parlamento europeo, ex Ministro italiano della Ricerca Christian Ehler, MEP Maria Carvalho Da Graça, MEP Catherine Trautmann, MEP Patrizia Toia, MEP Antonio Fernando Correia de Campos, MEP Philippe Busquin, ex Commissario UE per Ricerca, Scienza e Tecnologia (traduzione non ufficiale a cura di Danilo Gentilozzi)