Barcollo ma non mollo E` una nuova alba ed io

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Barcollo ma non mollo E` una nuova alba ed io
Giornalino Scolastico dell’I.I.S. Blaise Pascal di Pomezia
PigreKo
Dicemb
re 2013
Giornali
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lastico
dell’I.I
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Blaise P
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i Pome
zia
http://pigrekopascal.wordpress.com/
Barcollo ma non mollo
di Giorgia Maria Falco
Dal giorno Giovedì 31\10 gli alunni del
secondo e terzo piano del liceo Blaise
Pascal hanno avvertito forti scosse di
5-6 minuti, affermando che le sedie
tremavano. Questo episodio si è ripetuto una settimana dopo il giorno 4\11.
La scuola ancora non era stata aperta,
quindi si è pensato di mandare gli
alunni a casa. Non essendo finiti i controlli anche il giorno dopo si è deciso di
far rimanere a casa i ragazzi. Nel pomeriggio del giorno 5\11 una circolare
postata sul sito della scuola affermava
che dopo svariati controlli la scuola,
non avendo avuto danni alla struttura
portante non c'era pericolo quindi potevamo tornare a scuola. A questa circolare era allegato il verbale firmato
dall'amministrazione provinciale, dall'ingegnere che ha effettuato i controlli
e dal dirigente scolastico. Dunque il
7\11 siamo tornati a scuola e ci sono
state un po’ di polemiche sul rientro a
scuola perché molti genitori non si
sentivano sicuri a mandare i loro figli e
molti studenti non erano sicuri ad entrare. Il medesimo giorno si sono sentite delle scosse dunque il giorno seguente, l'8\11 alcuni studenti del classico hanno deciso di non entrare e, con
i genitori, hanno deciso di restare fuori
a protestare ciò ha comportato che
l'11\11 la preside ha deciso di effettuare maggiori controlli chiamando la
provincia, controlli che potrebbero superare i due giorni, comportando così
agli alunni un grave disaggio soprattutto agli alunni dei quinti.
E' una nuova alba ed io sono finalmente
libera
di Denise Minghelli
Roma, ore 20:00
Sera, l'ennesima passata su quel vecchio divano da sola, abbandonata ai suoi pensieri. Il cane, un cucciolo di appena cinque
mesi, che il ragazzo le aveva regalato come ennesima richiesta
di perdono, si trovava sulle sue gambe e dormiva placidamente.
"Almeno lui non ha paura né ha pensieri", sussurrò Elettra
cambiando canale di nuovo. Quella televisione comunque non le
serviva granché, non la guardava seriamente quasi mai, serviva
solo come un elemento con il quale cercava di distrarsi da ciò
che le sarebbe accaduto poche ore dopo.
Ad ogni rumore sul pianerottolo sobbalzava leggermente, mordendosi le labbra e trattenendo il respiro.
(Continua a pag.3)
La Paura non ha forma
di Gioele Serio
Pioveva. Era notte. La strada era illuminata dai lampioni. Denise
camminava lentamente, trascinando i piedi. Passi. Sì, sentiva
dei passi dietro di lei. Si voltò. Nulla. E cos'altro poteva esserci
se non il nulla. Continuò a camminare: "Maledetta sbronza, maledetta sbronza" pensò. Non sapeva dove stesse andando né perché. Camminava e basta, cercando di orientarsi al buio. Altri
passi. Si voltò. C'era qualcuno. Un'ombra. Non riusciva a distinguerne i lineamenti: "Chi c'è là?". L'ombra scrollò le spalle e inclinò la testa di lato, come a voler studiare la ragazza. Denise
tremava. Aveva freddo, era vestita in modo troppo leggero e
aveva i capelli zuppi. Riprese a camminare.
(Continua a pag. 4)
Mi hanno detto di
augurarvi Buon Natale,
quindi, ecco,
Buon Natale!
(Continua a pag.2)
di Sara Caracciolo
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Giornalino Scolastico dell’I.I.S. Blaise Pascal di Pomezia
Barcollo ma non mollo
di Giorgia Maria Falco
(Continua da pag. 1)
Inizialmente chi ha effettuato i
controlli diede colpa ad una falda
acquifera che stava lì da molti
anni. Premesso che Pomezia e
dintorni è piena di pozzi trivellati, pozzi alla romana e sorgenti
che fanno confluire molta acqua.
Come dicevo questa falda è un
fiumiciattolo che deriva dal lago
di Albano e che, va a stuzzicare le
fondamenta dei palazzi attorno
al liceo e il liceo stesso .
Questa falda, essendo appunto
collegata con il lago di Albano, si
ingrossa quando il lago si ingrossa danneggiando così tutti gli
edifici sotto cui sta. Successivamente si è affermato che si, esiste questa falda, ma non le si da
tanta importanza perché la causa
di questi tremolii è dovuta ai lavori che si stanno svolgendo ai
palazzi accanto.Tutto ciò è stato
affermato dai funzionari che
hanno e stanno tutt'ora effet-
tuando controlli per riuscire a
capire se la scuola è o non è agibile. Sicuramente questi cambiamenti di opinione sono dovuti
al fatto che si sono effettuati
maggiori controlli... Ora io mi
chiedo, ma se questi tremolii sono dovuti ai lavori com'è possibile che trema solo una parte della
scuola? Com'è possibile che stia
tremando la parte più lontana
dai lavori? E come è possibile che
solo ora si avvertono questi tremolii visto che i lavori si stanno
svolgendo da un anno? E come
mai già si avvertirono, circa due
anni fa e molto tempo fa, questi
tremolii se sono dovuti ai lavori
che prima non c'erano? E inoltre
perché i funzionari di Pomezia
non hanno voluto firmare la perizia che va tutto bene mentre la
provincia si? Non date peso a
queste domande sono solo delle
mie osservazioni.
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Dopo una settimana di incertezze
si è deciso che dal 14\12 le lezioni sarebbero riprese al Copernico
nell'orario pomeridiano. Ciò ha
turbato molto tutti i ragazzi, di
entrambi gli istituti, ma la decisione ormai era presa. Così la
prima campanella, per i ragazzi
del Pascal, suonava alle 15.30 e
l'ultima alle 19.30. Le lezioni duravano 40 minuti. Un orario allucinante ma che è servito per non
farci perdere l'anno. Molto fortunatamente questa sistemazione momentanea durò molto di
meno di quanto era stato stimato. Invece di durare fino alle vacanze di Natale è durata poco più
di due settimane. Dal 2 Dicembre
siamo potuti rientrare, con sicurezza, nel nostro edificio, il quale
dopo accuratissimi controlli è
stato reso agibile. Dunque tutto è
tornato alla normalità.
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E' una nuova alba ed io sono finalmente libera
di Denise Minghelli
(Continua da pag.1)
Roma, ore 23:30
La cena era ormai gelata sul tavolo, pronta
da più di tre ore. Il finale della giornata
sembrava ormai chiaro ad Elettra, era consapevole del fatto che
più si faceva tardi più
la furia del suo ragazzo, dovuta spesso all'alcol, sarebbe stata
maggiore. La ragazza
sperava solo che tutto
si sarebbe concluso
velocemente e che lui,
il mostro, perché altro non era se
non questo quando beveva, non si
sarebbe accanito troppo a lungo
sul suo corpo.
In fondo lei non era mai stata in
grado di lasciarlo, non dopo tutto
il tempo trascorso insieme, non
dopo tutte le scuse trovate ogni
volta; Elettra era convinta che nonostante tutto lui l'amasse come
lei lo amava. Per questo, per paura
anche e per l'amore malato che
provava nei suoi confronti, non
aveva il coraggio di lasciarlo a se
stesso, ai suoi problemi e alle sue
dipendenze, non aveva il coraggio
di denunciare le violenze ed uscire
dalla gabbia in cui ormai viveva.
Tuttavia da qualche tempo, forse
circa un mese, pensava che quel
coraggio doveva pur trovarlo: doveva salvarsi da se stessa, dalla sua
mente e anche dal suo cuore che la
trattenevano lì.
ubriaco e che si scusasse per il
ritardo, chiedendole con dolcezza,
che non gli apparteneva più da
tanto, di venire a dormire con lui,
che le raccontasse della giornata
lavorativa, della piacevole serata
al bar con gli amici.
L'illusione ebbe vita breve; lui con
furia si scagliò sul corpo della giovane, illuminato flebilmente dalla
luce della televisione ancora accesa.
Per l'ennesima volta straziò e devastò il corpo e l'anima stessa di
Elettra.
Roma, ore 10:30
Elettra si trovava davanti lo spec-
Roma, ore 02:05
La porta sbatté di colpo ed Elettra
sobbalzò, svegliata dal suo sonno
leggero e tormentato da mille
pensieri. Si era ovviamente già
presa cura di chiudere in uno
stanzino il cucciolo affinché la furia di lui non si scagliasse anche
sul cane.
Per un momento si trovò a sperare
che lui stesse bene, che non fosse
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chio e cercava di coprire i segni sparsi sul
suo corpo. La cosa più
difficile da coprire
però era lo strazio,
l'ennesima ferita inflitta alla sua debole
psiche.
Le lacrime scendevano
copiose mentre nelle
cuffie passava Alibi:
"mi rialzerò”, disse
toccando il polso gonfio e dolorante, con
molta probabilità rotto per la terza volta in
un anno. Prese, con
velocità, le cose più importanti,
avrebbe mandato qualcun altro a
prendere il resto, legò il cane e
quasi corse fuori da quella maledetta casa asciugando le lacrime e
scappando verso l’ospedale dove
avrebbe chiesto anche di sporgere
denuncia verso il suo ormai ex ragazzo.
Roma, ore 20:30 del giorno dopo
Elettra era finalmente libera, poteva ricominciare piano piano a
ricostruire la sua vita. A breve sarebbe potuta tornare ad avere
qualcosa di bello dopo lunghi anni
di sofferenze.
Giornalino Scolastico dell’I.I.S. Blaise Pascal di Pomezia
La paura non ha forma - parte 1
(Continua da pag.1)
Accelerò il passo. Iniziò a correre: "Non voltarti, non voltarti, non
voltarti". Si voltò. L'ombra era
sempre lì, e rideva. Una risata
roca. La salutò:
-"Ciao Denise, hai freddo?".
-"Non voltarti". Correva ancora.
Aveva freddo. Correva. Sentiva
l'ombra camminare, la sentiva
sempre più vicina. Scorse una
casa. Poi un'altra. Era salva. Ancora pochi metri e sarebbe stata
al sicuro. Rallentò. Si fermò. Non
sentiva più nessuno dietro di lei.
Sorrise. Si voltò: "Ciao Denise,
hai freddo?".
Brutto idiota, m'hai fatto spaventare. Cosa diavolo ci fai qui?Marco era lì di fronte a lei, sorridente, ma subito si rabbuiò nel
vedere la sua amica pallida e an-
simante.
-Deni, sembra tu abbia visto un
fantasma. Tutto ok?-<
-Per niente! Mi hai spaventata
a morte...-Perché? Cos'è successo?- Iniziava davvero a preoccuparsi.
-Come sarebbe a dire? Eri dietro di me e mi salutavi e avevo
paura e...Marco la fissò perplesso, si sfilò la giacca e gliela mise addosso: -Andiamo Deni, hai bevuto
troppo, vero?La ragazza fissava la strada appena percorsa, buia in certi
punti a causa di qualche lampione non funzionante. E la
vide. Era lì : l'ombra era lì, agitando quello che doveva essere
un braccio, troppo lungo per appartenere a un essere umano.
di Gioele Serio
-Marco guarda!- gridò, indicando
la via buia.
A Mente Libera
Rubrica Poetica
Crescere.
Lacrime nere
del carbone dei più pregiati legni.
Come pece bollente sembrano bruciare,
scavando trincee colme dei segni
dei cadaveri di soldati.
Eroi di battaglie passate, ammassati
come marionette disuse d’un bambino,
calpestati.
Candido assassino fu l’infante riflesso
negl’occhi dello stanco viandante innocente.
Erra per le pianure sconfinate e sulle ripide cime scoscese
dell’Olimpo, tra maestosi dei dell’insoddisfazione
e maledette dee della passione.
Sconosciuto a me stesso, mi meraviglio.
di Niccolò Quaresima
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Gabriele Basilico. Il misuratore
di spazi.
di Priscilla Raucci
“Poi sono rimasto lì come un
comandante che guarda la battaglia o un bambino che si stupisce”: così Gabriele Basilico raccontava l’emozione della fotografia ideale, lui che si autodefiniva un “misuratore di spazi”, lui
che era architetto e che nelle sue
foto faceva comparire solo edifici
e mai persone.
Gabriele Basilico nasce nel 1944
nel centro di Milano. Nel 1965 si
iscrive all’università, architettura, ma è nel Sessantotto che inizia a fare quello che farà per il
resto della sua vita.
Tornato dopo un anno dal servizio militare trova in università
una situazione completamente
diversa da quella che aveva lasciato: “all’università non si disegnava più perché sui tavoli ci
si sedeva, erano scomparse le
attività grafiche e tecniche e si
facevano continue manifestazioni. Mi trovai una macchina fotografica in mano e pensai che
quello poteva essere il mio modo
di testimoniare e partecipare al
cambiamento, ma i cortei mi stufarono in fretta. La fotografia
però mi piaceva sempre di più”
Così cominciò a specializzarsi in
edifici e design, fondendo così
questa nuova passione con ciò
che aveva studiato fino ad allora.
Basilico trova la sua dimensione
nella fotografia nella domenica
di Pasqua del 1978. In una Milano
deserta, munito di carta topografica inizia una peregrinazione
per le strade della periferia della
città. Da qui nascerà la sua prima
grande mostra: Milano, ritratti di
fabbriche. Ritratti, volle chiamarli
così, un nome non strettamente
pertinente a degli edifici, soprattutto se poi nelle foto non compariva una sola persona. Quel
nome però non era scelto per
caso, proprio a voler sottolineare
che lì gli uomini non comparivano, ma le immagini non parlava-
no che di questo, degli uomini
stessi.
Quelle sue foto raccontavano
luoghi consumati dall’usura,
vecchi capannoni, ciminiere, edifici degradati dal tempo, eppure
viste nell’insieme da quelle foto
emergeva un equilibrio, una coerenza, come dalla fine di un racconto, il racconto della vita di
una città.
La mostra desta fin da subito
grande attenzione e da quel
momento Basilico diviene in
grande fotografo dello spazio urbano. Nel 1991, proprio per questa sua capacità di osservare sarà
invitato a partecipare ad un progetto di respiro internazionale di
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ideazione della scrittrice libanese Domenique Eddè. Al gruppo
di fotografi di cui farà parte Basilico viene chiesto di ritrarre Beirut appena uscita dalla guerra
civile. La volontà è quella di raccontare la città prima dell’inizio
della ricostruzione. “Era tutto
abbandonato, completamente
silenzioso, mi muovevo tra le
macerie e non riuscivo a trovare
un modo di fotografare, non sapevo da dove cominciare in mezzo a tutta quella distruzione. Poi
uno scrittore che mi accompagnava mi portò sulla terrazza
dell’hotel Hilton e mi disse: -cosa
vedi?- -una città distrutta- risposi -Guarda meglio, ancora più
Giornalino Scolastico dell’I.I.S. Blaise Pascal di Pomezia
lontano- sullo sfondo c’era del
fumo, dei panni stesi, cose vive.
Allora mi disse:-non è una città
morta, ma ferita, ancora viva,
scendi e fotografa questo-“
La decisione è dunque quella di
non enfatizzare un dramma che
già parlava da sé, ma di raccontare gli aspetti di normalità tra i
muri crollati e di afferrare l’attesa delle strade, che prima o poi
torneranno a vivere.
Il lavoro di Beirut consacra Basilico a livello internazionale, da
allora lavorerà con i più grandi
architetti del mondo fino a raggiungere tutti gli angoli del pia-
neta. I suoi ultimi lavori sono dedicati alle “nuove”capitali: la Silicon Valley, Mosca, Istanbul,
Shanghai.
“Che fotografo sono? Sono un
misuratore di spazi: arrivo in un
luogo e mi sposto come un rabdomante alla ricerca del punto di
vista. Cammino avanti e indietro,
la cosa importante è cercare la
misura giusta tra me, l’occhio e
lo spazio. L’azione fondamentale
è lo sguardo, la foto è la memoria
tecnica fissata in uno sguardo.
Ma c’è bisogno di tempo, la foto
d’eccellenza è contemplativa.”
Gabriele Basilico, morto il 13 febbraio scorso, malato da tempo,
fino all’ultimo ha mantenuto la
sua passione intatta. In un intervista alla fine di gennaio, quando
gli è stato chiesto cosa gli sarebbe piaciuto fotografare ancora si
aperto in un sorriso e ha detto: ”I
porti. Tutte le città del mondo
sono ormai fotografate e allora
vorrei ricominciare dai porti. Sono i luoghi in cui la natura e l’architettura si integrano e si contrastano: ci sono le mie strutture
industriali, ma non su uno sfondo piatto, ma su mare e cielo.
Questa è la perfezione.”
de Gustibus
rubrica culinaria
Cupcakes al cioccolato con cuore al caramello salato
di Federica Pitolli
Salve mi presento sono Federica Pitolli del VA e vi sto proponendo una ricetta sulla base di quella di
Martha Stewart (Martha Stewart, è una conduttrice televisiva e intrattenitrice statunitense di origini polacche, conosciuta nel mondo televisivo e dei magazine per i suoi progetti di cucina, giardinaggio, bonton, fai-da-te, e, in generale, come guida nel lifestyle e nel ménage domestico). Spero che vi piacciano ;).
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Ingredienti per i cupcakes:
-latticello (45ml di latte, 45ml di yogurt semplice e un cucchiaino di limone far riposare 25 minuti)
-110gr di zucchero
-1 uovo
-1 cucchiaio e ½ di olio di semi
-90gr di farina 00
-50gr di cacao amaro
-1 cucchiaino di lievito per dolci
-un pizzico di sale
-vanillina
-90ml di acqua calda
Ingredienti per il caramello:
-125gr di zucchero
-140ml di panna
-sale fino q.b.
Preparazione:
In una ciotola amalgamare lo zucchero con l’uovo, successivamente aggiungere l’olio a filo. In un'altra
ciotola setacciare il cacao, la farina, il lievito, la vanillina e il pizzico di sale. Adesso unire i due composti
insieme al latticello e all’acqua calda (mescolate poco in questo passaggio o i cupcakes risulteranno duri).
Mettete l’impasto nei pirottini fino a ¾ , infornate a 180° per 25 minuti.
Mentre i cupcakes sono in forno prepariamo il caramello. Prendete una pentola con il doppio fondo e fate
sciogliere un cucchiaio di zucchero alla volta a secco (senza l’aggiunta d’acqua) senza mescolare, è questo
il trucco per un buon caramello. Quando lo zucchero si assorbe, aggiungerne un altro cucchiaio e così via.
Scaldare la panna e quando il caramello è pronto, ovvero quando è bruno, prepariamo la salsa aggiungendo la panna e il sale, facendo attenzioni agli schizzi. Lasciare freddare e quando i cupcakes sono pronti e
freddi anch’essi fare un forellino e riempirli e rimettere il coperchietto.
Quiche Lorraine
di Elisa Favalori
Premetto che non ho mai amato particolarmente la cucina francese, poiché la considero troppo burrosa e
quindi pesante ma, ci sono un paio di ricette che veramente meritano di essere conosciute, assaggiate e
poi trasmesse.
La quiche lorraine è una torta salata, la parola quiche deriva infatti da una parola tedesca che significa torta; la ricetta è originaria della regione francese della Lorena.
Gli ingredienti fondamentali di questa torta salata sono le uova, la panna e la pancetta, ovviamente potete aggiungere qualsiasi altra cosa, io mi riservo di presentare la ricetta più o meno tradizionale, o meglio,
la versione che, a casa mia, viene spacciata per tradizionale.
Ingredienti
⁃
350g di pasta brisée, per la quale occorrono: 200g di farina, 100g di burro e
70ml di acqua ghiacciata (ovviamente è
più facile comprarla al supermercato
dato che, tra l'altro, la vendono sia rotonda che squadrata e quindi evitereste
di perdere tempo a stenderla. Io da parte mia ho provato a farla per togliermi
lo sfizio e devo dire che mi sono divertita, quindi, se avete tempo a disposizione, provateci. Magari durante queste
feste di natale)
⁃
300g di pancetta affumicata
⁃
70g di formaggio emmental (va bene
anche un qualsiasi formaggio di vostro
gradimento che fonda con particolare
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⁃
⁃
⁃
⁃
⁃
⁃
⁃
facilità)
100ml di panna fresca o di panna “acida” (non vi scandalizzate, non è acida sul serio)
100ml di latte
3 uova
farina bianca “00”
burro
noce moscata
sale e pepe
Preparazione:
Imburrate e poi infarinate uno stampo a cerniera, possibilmente rotondo ma anche rettangolare va bene.
Stendete la parta brisée e foderatevi lo stampo, bucherellando il fondo con una forchetta. Tagliate a cubetti il formaggio e la pancetta. A parte sbattete le uova con il latte e la panna, profumate con la noce moscata, salate e pepate a piacere (ricordatevi, quando salate, che la pancetta è molto saporita), unite la pancetta e il formaggio.
Versate il composto nello stampo, infornate a 180°C per circa 45 minuti e lasciate raffreddare. Toglietela
dalla teglia e servitela tiepida.
Per quanto possa essere buona e, lo garantisco che, è decisamente buona, consiglio caldamente di non
mangiarne troppa perché di fatto è un po' pesante.
Tutti pazzi per John Green di Elisa Guidotti
Fino a qualche mese fa anche io –
come probabilmente voi ora –
non avevo mai sentito nominare
John Green: questo scrittore
americano è infatti del tutto sconosciuto in Italia, e i suoi romanzi, pur essendo stati qui tutti
pubblicati, restano nell’ombra,
dimenticati sugli scaffali delle
librerie. Eppure in America i libri
di Green hanno avuto un enorme
successo e la popolarità dello
scrittore è ormai alle stelle: vincitore di innumerevoli premi letterari, John Green è celebre anche come blogger, e sia il suo canale di YouTube blogbrothers sia
il suo account di Twitter realjohngreen sono seguiti da milioni di
persone.
Insomma, negli USA Green è un
uomo amato e stimato un po’ da
tutti, soprattutto dai nerd. Già, i
nerd: sono loro i più grandi fan
dello scrittore, e Green stesso si
dichiara apertamente tale. Anzi,
qualche anno fa ha persino dato
vita a una community,
nerdfighters, destinata a tutti coloro che sono fieri di essere nerd.
Come dice Green: “Nerds are allowed to love stuff, like
jump-up-and-down-in-the-chair-can
’t-control-yourself love it.
When
people call people nerds, mostly
what they’re saying is ‘you like
stuff.’ Which is just not a good insult
at all. Like, ‘you are too enthusiastic
about the miracle of human consciousness.’”
Green è diventato un punto di
riferimento per tantissimi nerd
in tutto il mondo, anche perché
la sua spontaneità e il suo senso
dell’umorismo lo avvicinano
molto ai suoi fan: difficilmente si
crederebbe, vedendo uno dei suoi
video, che lui sia uno scrittore di
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bestseller che hanno venduto
milioni di copie. E forse è proprio
questa la straordinarietà di John
Green: nonostante la fama conquistata con la pubblicazione dei
suoi romanzi, egli ha saputo conservare intatta la propria “normalità”.
Il “fenomeno John Green” è dilagato in America e ha raggiunto
persino Obama, al quale Green si
è rivolto con uno dei suoi video
per chiedergli un consiglio sul
nome da dare alla figlia in arrivo:
Green e il Presidente hanno
scherzato a lungo e l’incontro via
web si è concluso con le seguenti
parole di Obama indirizzate alla
bambina: “Don’t forget to be
awesome.”
Da scrittore di romanzi John Green si è quindi trasformato in una
vera e propria celebrità, soprattutto per quei milioni di giovani
Giornalino Scolastico dell’I.I.S. Blaise Pascal di Pomezia
che trovano nelle sue parole –
siano esse scritte o trasmesse via
YouTube – uno spunto per riflettere su se stessi e sul mondo.
Green, infatti, si è occupato di
ogni tipo di tematica: dalla malattia che consuma all’amore che
travolge, dalla paura della morte
alla ricerca del senso da dare alla
propria vita, dall’omosessualità
alle grandi domande esistenziali
che accomunano tutti gli uomini. È facile identificarsi con i
personaggi dei suoi romanzi,
difficile rimanere indifferenti ai
loro problemi, ai loro dubbi;
stimolante è cercare dentro di
sé la propria personale risposta
agli interrogativi che questi personaggi si pongono.
Ho letto tutti i romanzi di John
Green in un paio di mesi e in
ciascuno di essi ho trovato
qualcosa che mi ha fatto
riflettere, qualcosa che mi
ha fatto emozionare: sono
rimasta rapita dal mistero
che circonda la protagonista di Cercando Alaska, ho
rivisto me stessa in alcuni
tratti di Colin (Teorema Catherine) e mi sono posta le
stesse domande che Hazel si
pone in Colpa delle Stelle; ho
amato Will ti presento Will
per la sua originalità e Città
di Carta per avermi portata a
chiedermi quanto davvero
io conosca le persone che
mi circondano; ho riposto
ciascuno di questi libri sullo
scaffale consapevole di
quello che esso mi aveva
dato attraverso le parole e i
pensieri dei personaggi. Ora
attendo che Green pubblichi
Frammenti
il suo prossimo romanzo – che
chissà tra quanto arriverà - e intanto sorrido grazie ai suoi
tweet, mi perdo tra le pagine del
suo sito johngreenbooks.com, rido
– e mi soffermo a pensare –
guardando i suoi video su YouTube; aspetto, e intanto provo a
far conoscere ad altri questo
scrittore, nella speranza che altre persone come me possano
amare i suoi libri, interessarsi ai
suoi pensieri, trovare uno spunto
di riflessione nelle sue parole.
Oggi, tutti noi, dalla nostra presenza qui, e dalle nostre celebrazioni in altre parti del nostro paese e del
mondo, conferiamo gloria e speranza a una neonata libertà.
dall’esperienza di uno straordinario disastro umano durato troppo a lungo deve nascere una società di cui
tutta l'umanità possa essere orgogliosa.
le nostre azioni quotidiane, come comuni cittadini sudafricani devono produrre una realtà del Sud Africa
che rinnovi la fiducia dell’umanità nella giustizia, che rafforzi la convinzione nella nobiltà dell'animo
umano e sostenga le nostre speranze di una vita gloriosa per tutti.
Lo dobbiamo sia a noi stessi che alle genti del mondo.
Per i miei connazionali, non ho esitazione a dire che ognuno di noi è intimamente collegato al suolo di
questo bellissimo paese come lo sono i famosi alberi di jacaranda di Pretoria e le mimose del Bushveld.
Ogni volta che uno di noi tocca il suolo di questa terra, sente un senso di intimo rinnovamento. L'umore
nazionale cambia come cambiano le stagioni. Siamo invasi da un senso di gioia ed euforia quando l'erba
diventa verde e i fiori sbocciano. L'unità spirituale e fisica che tutti noi condividiamo con la nostra terra,
spiega l'entità del dolore che tutti noi portavamo nei nostri cuori nel vedere il nostro Paese che si autodistruggeva in un conflitto terribile, nel vederlo ripudiato, bandito e isolato dai popoli della Terra, precisamente perché era diventato la base universale di un'ideologia perniciosa, di pratiche e di oppressione
razziste.Noi, popolo del Sud Africa, ci sentiamo lieti che l'umanità ci abbia riaccolto nel suo seno, e che noi,
fuorilegge fino a non molto tempo fa, oggi abbiamo avuto il raro privilegio di essere accettati tra le nazioni
del mondo.
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Ringraziamo tutti i nostri illustri ospiti internazionali per essere venuti a prendere possesso con la gente
del nostro paese di ciò che è una vittoria comune per la giustizia, la pace e la dignità umana. Confidiamo
che resterete al nostro fianco mentre affronteremo la sfida di costruire una società pacifica, prospera, non
sessista, non razzista e democratica.[...]
E' giunta l'ora di rimarginare le ferite. E' giunta l'ora di colmare i divari che ci dividono. Questo è il tempo
di costruire. Abbiamo finalmente raggiunto l'emancipazione politica. Ci impegniamo a liberare tutto il
nostro popolo dalla schiavitù continua della povertà, fame, sofferenza e discriminazione di altro genere.
Siamo riusciti a compiere i nostri ultimi passi verso la libertà in condizioni di relativa pace. Ci impegniamo a costruire una pace completa, giusta e durevole. Abbiamo trionfato nel tentativo di piantare semi di
speranza nel cuore di milioni di nostri cittadini. Assumiamo ufficialmente il compito di costruire una società in cui tutti i sudafricani, neri e bianchi, potranno camminare a testa alta, senza alcun timore, certi
del loro inalienabile diritto alla dignità umana - una nazione arcobaleno in pace con se stessa e con il
mondo.
Come segno del suo impegno per il rinnovamento del nostro paese, il nuovo governo provvisorio di unità
nazionale affronterà, in via d'urgenza, la questione dell’amnistia per varie categorie della nostra gente
che attualmente sta scontando pene detentive.
Dedichiamo questo giorno a tutti gli eroi e le eroine in questo Paese e nel resto del mondo, che si sono sacrificati in tanti modi e hanno dato la vita, perché noi fossimo liberi.
I loro sogni sono diventati realtà. La libertà è la loro ricompensa. [...]
Ancora non vi è una strada facile per la libertà. Sappiamo bene che nessuno di noi, da solo, può avere successo. Dobbiamo quindi agire insieme come un popolo unito, per la riconciliazione nazionale, per la costruzione della nazione, per la nascita di un nuovo mondo.
Ci sia giustizia per tutti. Ci sia pace per tutti. Ci siano lavoro, pane, acqua e sale per tutti. Lasciate sapere a
tutti che per ognuno il corpo, la mente e l'anima sono stati liberati per soddisfare se stessi. Mai, mai, mai
più ancora questa bellissima terra dovrà sperimentare di nuovo l'oppressione dell’uno sull’altro e subire
l’umiliazione di essere la feccia del mondo.
Il sole non smetterà mai di illuminare una simile conquista.
La libertà regni sovrana.
Dio benedica l'Africa!
discorso di Nelson Mandela al suo insediamento come Presidente; 10 maggio 1994
In memoria di Nelson Mandela
1918-2013
Contatti
Internet: http://pigrekopascal.wordpress.com/
Email: [email protected]
Referenti: Denise Minghelli, Giorgia Maria Falco e
Massimiliano Marino
Grafica: Priscilla Raucci e Claudia De Dominicis
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