La giovinezza Cineforum 2015-2016

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La giovinezza Cineforum 2015-2016
5 Novembre 2015
rezza di Youth si fanno strada e pervadono il f ilm e i nostri sensi, la
potente semplicità di emozioni basilari e umanissime buca la superficie come stelle alpine che emergono
dalla neve. Il merito è senz’altro
anche di un cast di attori in forma
strabiliante, con un Caine che lascia senza parole, notevoli duetti
con Keitel, una Jane Fonda che appare e scompare potente come un
tuono, un Paul Dano che regge senza timori i confronti con i mostri
sacri. Ma è anche di una complessità tematica che è quella della vita, e
che ancora una volta viene mascherata, camuffata: ancora una volta
Sorrentino ci svia, lanciandoci facili ami ai quali farci abboccare,
con linee di dialogo ingannatrici
mescolate a altre esplicitamente rivelatrici. Sorrentino mente, spudoratamente, e si diverte come un
matto a farlo. O forse non mente, e
si diverte semplicemente a abbracciare la contraddizione, il paradosso della vita, la compresenza di opposti che è un po’ il motore immoto
dell’esistenza. Alla f ine, quindi,
Youth non è solo un film sulla vita,
sulla vecchiaia, sullo spettro della
morte, ma anche sull’eterna giovinezza dell’arte, di quel cinema e
quella musica che rimbombano e
ridondano tanto attraverso i suoni
e le immagini sullo schermo, quanto nelle parole dei protagonisti, mescolando alto e basso, sacro e profano, sublime e grottesco. È questo,
forse, che a Sorrentino non verrà
perdonato: questa sua ribellione
alle convenzioni, questo suo mirare
altissimo rimestando nel torbido, il
suo approccio epidermico. Il suo
essere, per dirla con il Fred Ballinger di Michael Caine, uno che è
tutta la vita che cerca di non diventare un intellettuale.
(Federico Gironi, Coming Soon)
Due grandi vecchi per un film sul
tempo che passa mentre la giovinezza (degli altri s’intende) ci assedia senza riguardi. Due grandi attori, Michael Caine e Harvey Keitel, per una rif lessione giocosa
sull’arte, la creazione, la bellezza
(più seccature annesse, tipo la celebrità e i suoi obblighi). Un film così
aperto e accogliente che riassume e
rielabora tutto ciò che Sorrentino
ha già fatto, ma in forma addolcita
e semplificata. Come se il regista de
La grande bellezza e Le conseguenze
dell’amore volesse rendere il suo cinema più accessibile, meno inquietante, senza rinunciare ai tratti che lo
rendono ormai così riconoscibile,
seducente e, osiamo questa parola
ambigua, piacevole.[...]
(Fabio Ferzetti, Il Messaggero)
per info 02.66502494
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facebook.com/CircoloCineBresso
25aRASSEGNA
Cineforum 2015-2016
BRESSO
YOUTH
La giovinezza
Regia: Paolo Sorrentino
Sceneggiatura: Paolo Sorrentino
Fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Cristiano Travaglioli
Musica: David Lang
Interpreti: Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz,
Paul Dano, Jane Fonda, Neve Gachev, Ed Stoppard,
Alex MacQueen, Tom Lipinski, Madalina Ghenea
Origine: Italia, Francia, Svizzera, Gran Bretagna (2015)
Il regista: Paolo Sorrentino
Nasce a Napoli, nel quartiere del
Vomero, il 31 maggio del 1970.
A 17 anni perde contemporaneamente entrambi i genitori a causa di
un incidente domestico e decide di
non intraprendere la stessa carriera
del padre, di professione bancario.
Finito il liceo, si iscrive a Economia
e Commercio, ma gli studi universitari non fanno per lui, così sceglie di
rischiare, facendo della propria
passione per il cinema un mestiere.
Nel 1994 dirige insieme a Stefano
Russo il cortometraggio Un paradiso,
poi lavora come ispettore di produzione per Il verificatore di Stefano In-
certi e vince quindi il Premio Solinas con la sceneggiatura Napoletani. Successivamente si fa le ossa in
televisione e firma il corto L’amore
non ha confini, che segna il principio
della collaborazione con la Indigo
Film di Nicola Giuliano, che produrrà tutti i suoi f ilm. A questa
esperienza dietro la macchina da
presa seguono alcuni copioni per
registi piuttosto conosciuti, fra cui
Michele Placido. Nel 2001 Sorrentino esordisce nella regia di un lungometraggio con L’uomo in più, che
viene presentato al Festival di Venezia nella sezione Cinema del Presente. Il film - che avvia il sodalizio
con l’attore Toni Servillo - vince il
Ciak d’Oro per la migliore sceneggiatura e il Nastro d’Argento per il
miglior regista esordiente. Nel 2002
il regista partecipa al documentario
collettivo La primavera del 2002. L’Italia protesta, l’Italia si ferma e nel
2004 dirige nuovamente Servillo
ne Le conseguenze dell’amore, che si aggiudica cinque David di Donatello
e quattro Nastri d’Argento e viene
incluso nel concorso del 57° Festival
di Cannes, imponendo Paolo Sorrentino all’attenzione internazionale. L’opera successiva è L’amico di famiglia (2006), che, nonostante la
presenza a Cannes, non registra un
altissimo gradimento: forse dipende
dall’assenza di Toni Servillo, che
nel 2008 è ancora collaboratore di
Paolo per Il Divo. Racconto per immagini di una parte della vita di
Giulio Andreotti, quest’ultimo film
riporta a tutti gli effetti Sorrentino
sulla cresta dell’onda. Il 61° Festival
di Cannes gli assegna il Premio della Giuria, l’Academy lo include nella cinquina del miglior trucco, l’Ente David di Donatello lo premia con
sette riconoscimenti e il Sindacato
dei Giornalisti Cinematograf ici
Italiani lo sorprende con quattro
Nastri d’Argento. Nel 2009 Paolo
Sorrentino af f ianca il cinema
all’impegno sociale, immortalando
gli effetti del terremoto dell’Aquila
nel video-reportage L’assegnazione
delle tende. Nel 2010 pubblica il suo
primo romanzo (Hanno tutti ragione),
mentre nel 2011 si dedica a un nuovo film, stavolta in lingua inglese.
Parliamo di This Must Be the Place,
road movie con Sean Penn. Anche
quest’opera del regista napoletano
va a Cannes, dove però non vince
nulla. Il Festival francese ospita anche La grande bellezza (2013), che nei
mesi successivi si aggiudica nove
David di Donatello, cinque Nastri
D’Argento e quattro EFA (Oscar
europei), a cui si aggiungono il Bafta, il Golden Globe e soprattutto
l’Oscar per il miglior film straniero.
Protagonista della pellicola è ancora Toni Servillo, che lascia il posto
a Michael Caine in Youth - La giovinezza (2015), il nuovissimo film di
Paolo Sorrentino che è una delle tre
pellicole italiane del 68° Festival di
Cannes.
La critica:
Papabile per la conquista di un
premio, la pellicola, ambientata in
un albergo svizzero, vede protagonisti un regista ottantenne (Harvey Keitel), ancora deciso a girare
film, e un coetaneo direttore d’orchestra (Michael Caine), ormai in
pensione. Durante il soggiorno, ricorderanno il loro passato, giudicheranno la vita dei propri figli e
guarderanno con curiosità alla
routine dei tanti ospiti dell’hotel.
Secondo lungometraggio in lingua
inglese per Paolo Sorrentino (dopo
This Must Be The Place del 2011),
Youth – La giovinezza, più che una
semplice riflessione sulla vecchiaia, è una pellicola sul tempo che
passa, sui rapporti umani e sull’origine della creazione artistica.
Stratif icato nella messinscena e
nella sceneggiatura, è un film coerente con la poetica del regista (delicata e grottesca allo stesso tempo)
ma anche decisamente originale e
del tutto diverso rispetto al celebrato precedente La grande bellezza.
Tra una serie di divertenti siparietti tra i due protagonisti e vari momenti di buona potenza visiva, sono da annoverare anche diversi
momenti di stanca e alcune ripetizioni narrative di troppo. In ogni
caso, un film che non lascia e non
può lasciare indifferenti.
(Andrea Chimento, Cinecircolo Bresso)
Quanto è facile, pensare che sotto
gli strati di strutture e sovrastrutture, sotto l’accumulo di incrostazioni estetiche barocche, sotto il
suo provocatorio (e affascinante)
sensazionalismo visivo, in Youth ci
sia poco o nulla. E invece il gioco
delle tre carte di Paolo Sorrentino
è assai più raffinato di così: perché
il regista, sotto quell’accumulo,
sotto l’apparente, quasi ingenua
banalità di quel che dice, nasconde
una complessità sovrabbondante
di contenuto che fa il paio con
quella della forma. È provocatorio,
Sorrentino, con i suoi spettatori ci
gioca a rimpiattino, indica la luna
per vedere se siamo tutti così polli
da guardare il dito invece di quel
che il regista allestisce con l’altra
mano sfruttando la luce argentea
del satellite e abbagliandoci con
essa. L’estremizzazione coerente e
avanguardistica del suo percorso
estetico è un vero e proprio guanto
di sf ida lanciato in faccia a chi
guarda, ne mette alla prova la resistenza e la capacità di perdersi in
quella sublimazione, di abbandonarsi a un godimento estetico che
via via è del tutto slegato dal contenuto e dalle meccaniche del desiderio: è quel godimento puro e paradossalmente asessuato provato
da Michael Caine e Harvey Keitel
che, immersi in una piscina, osservano sfilare davanti a loro e adagiarsi mollemente tra le acque una
Madalina Ghenea vestita solo di
sé. Un godimento senza brame e
senza illusioni che avvicina al nirvana, quel nirvana suggerito dalla
figura del monaco buddista ospite
dell’albergo sulle alpi svizzere che
è teatro di Youth, e che ospita sosia
di Maradona, coppie silenziose,
giovani irrequieti e anziani spaventati, donne velate e alpinisti timidi e barbuti. Perfino sotto questa spessa glassa zuccherosa fatta
di elegantissimo rococò e di linearità minimal-chic, l’amaro e l’ama-