Youth - Cinema PRIMAVERA

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Youth - Cinema PRIMAVERA
luoghi comuni (...). Anche se
non mancano momenti intensi e
toccanti (...). (...) occasione per
Sorrentino e il suo direttore della
fotografia Luca Bigazzi per una
serie
di
tableaux
vivants
ricercatissimi e conturbanti,
sensuali e decadenti, astratti e
realisti. In mezzo a queste
immagini che non possono non
ricordare (almeno nello spettatore meno giovane) l'universo
onirico dell' '8½', i due protagonisti si confrontano con le
proprie ossessioni e i propri
ricordi, discutono di amori
contesi e ripensano egoismi e
generosità. Senza mai una vera
consequenzialità, ma spesso
rimettendo tutto in gioco mentre
il film si concede intermezzi
estetizzanti o pause riflessive.
(...) Lasciando allo spettatore il
compito, più o meno ingrato, di
trovare da solo un senso a un
mare di immagini e di battute,
che possono dire tutto o niente.
E di scegliere tra un'idea di
cinema dove il regista guida lo
spettatore attraverso l'universo
delle proprie invenzioni e una
dove invece lo disorienta per
perderlo in un labirinto di
specchi e battute. Io confesso di
preferire la prima idea, ma è
evidentemente
un'opinione
personale.
Paolo Mereghetti
Il Corriere della Sera
21 Maggio 2015
Una riflessione sul passare del
tempo, sul nostro rapporto con il
presente, il passato e il futuro. Il
tempo che abbiamo vissuto,
quello che attraversiamo e
quello che ci resta. Il tempo
fotografato e restituito dal
cinema, il tempo che scandisce
la musica. (...) Il tutto raccontato
con lo stile personale e
visionario
che
caratterizza
Sorrentino sin dal primo film, tra
ambienti che tendono alla
rarefazione e situazioni che si
tingono di surreale, leggerezza
e disincanto.
Alessandra De Luca
Avvenire
21 Maggio 2015
Mercoledì 20 gennaio, ore 16.30-19-21
Giovedì 21 gennaio, ore 19.00-21.00
Un film di Noah Baumbach,
con Naomi Watts e Ben Stiller
Invecchiare bene non è mai facile e per un
artista può essere deleterio. Il quarantenne
Josh Srebnick è un documentarista di New
York convinto di non avere ottenuto
abbastanza dalla sua carriera. L'uomo è alle
prese con una crisi creativa e anche nel
rapporto con la moglie sente che manca
qualcosa. L'incontro con Jamie e Darby,
due spiriti liberi e indipendenti, aprirà a Josh
lo spiraglio di una ritrovata giovinezza.
Venerdì 20 novembre, ore 21.00
Versione originale sottotitolata
MERCOLEDí 13 GENNAIO 2016, ORE 16.30-19.00-21.15
GIOVEDí 14 GENNAIO 2016, ORE 19.00-21.15
VENERDí 15 GENNAIO 2016, ORE 21.00 (VERS. ORIG.)
Il cast tecnico.
Regia, soggetto e sceneggiatura:
Paolo Sorrentino. Fotografia:
Luca
Bigazzi.
Montaggio:
Cristiano Travaglioli. Scenografia:
Ludovica Ferrario. Costumi: Carlo
Poggioli. Musiche: David Lang.
Origine: Italia, Francia, Svizzera,
Gran Bretagna, 2015.
Durata: 1h58.
Gli interpreti.
Michael Caine (Fred Ballinger),
Harvey Keitel (Mick Boyle),
Rachel Weisz (Lena), Paul Dano
(Jimmy Tree), Jane Fonda
(Brenda Morel), Mark Kozelek (se
stesso), Madalina Ghenea (Miss
Universo), Sumi Jo (se stessa).
La trama.
Fred e Mick sono amici da molto
tempo e ora, ottantenni, stanno
trascorrendo un periodo di vacanza
in un hotel svizzero. Fred,
compositore e direttore d'orchestra
famoso, non ha alcuna intenzione
di tornare a dirigere, anche se a
chiederglielo fosse la regina
d'Inghilterra. Mick, regista di
altrettanta notorietà e fama, sta
lavorando al suo nuovo film per il
quale vuole come protagonista la
vecchia amica e star Brenda Morel.
Entrambi
hanno
una
forte
consapevolezza del tempo che sta
passando in modo inesorabile.
Due grandi vecchi per un film sul
tempo che passa mentre la
giovinezza (degli altri s'intende) ci
assedia senza riguardi. Due
grandi attori, Michael Caine e
Harvey Keitel, per una riflessione
giocosa sull'arte, la creazione, la
bellezza (più seccature annesse,
tipo la celebrità e i suoi obblighi).
Un film così aperto e accogliente
che riassume e rielabora tutto ciò
che Sorrentino ha già fatto, ma in
forma addolcita e semplificata.
Come se il regista de 'La grande
bellezza' e 'Le conseguenze
dell'amore' volesse rendere il suo
cinema più accessibile, meno
inquietante, senza rinunciare ai
tratti che lo rendono ormai così
riconoscibile,
seducente
e,
osiamo questa parola ambigua,
piacevole. Naturalmente non è un
delitto piacere, ma a forza di
smussare le punte 'Youth'
disperde buona parte del suo
potenziale (...) il sottotesto
drammatico è così abilmente
celato dalle stravaganze da
risultare alla fine incongruo se
non irrilevante. Il meglio è negli
immancabili pezzi di bravura,
nell'incubo - videoclip con cui il
regista liquida le pop star e le loro
mitologie, nel gusto per apparizioni e epifanie che costella il film di
incontri inattesi (...). Ma con tutte
le sue idee, le battute, la filosofia
spicciola, i piccoli e grandi colpi
di scena, 'Youth' non fuga mai un
vago senso di inconcludenza e
gratuità.
Fabio Ferzetti
Il Messaggero
21 Maggio 2015
Paolo Sorrentino non fa sconti ai
sentimenti misti di terrore e
rassegnazione che incombono
sugli uomini quando la fatidica
clessidra non comunica più
segnali incoraggianti, ma ha il
potere di deviare l'attenzione degli
spettatori da un'analisi asettica e
oggettiva della relativa condizione
(la vecchiaia esiste) alla percezione dei fenomeni complessi e
contraddittori che la definiscono in
maniera diversa presso i singoli
individui. Il suo talento è tale che
l'impresa non appare mai persa in
partenza, persino nel caso - come
in 'Youth - La giovinezza' che da
ieri soddisfa l'immensa attesa
suscitata dai trionfi di 'La grande
bellezza' - di un tema e un'ambientazione gravati da ciclopici
precedenti soprattutto letterari e
cinematografici. (...) 'Youth' è
stato presentato come un piccolo
film, ma in realtà è grande o
quanto meno lo è per come
espone alla massima potenziale
caratteristiche
autoriali
di
Sorrentino o, per capirci meglio, il
suo modo d'affrontare il problema
di «addomesticare la bestia», cioè
di venire a patti con la propria
straordinaria bravura, di sottomet-
tere alle esigenze della trama
l'istinto della performance o
l'esibizione d'energia creativa, per
così dire, pura e autonoma. (...) Il
grande
e
appassionante
problema del giovane e vincente
concittadino risiede sempre,
secondo noi, nella sua incredibile
capacità di vedere sempre
«oltre» la sequenza che sta
girando e ci sta mostrando e
quindi nella dose di autosarcasmo che gli serve per non
rischiare di poterla demolire
nell'attimo seguente.
Valerio Caprara
Il Mattino
21 Maggio 2015
'La giovinezza' è il titolo
ambiguo e forse irridente del
nuovo film di Paolo Sorrentino,
che poteva anche intitolarsi 'La
vecchiaia', oppure 'La solitudine'. Anche la scelta dei luoghi
che lui documenta con una
solennità che li rende belli e
inquietanti,
contribuisce
a
creare una specie d'incanto che
va oltre la storia e la bravura di
tutti gli interpreti. II paesaggio
ordinato
e
lucente
delle
montagne svizzere innevate,
dei prati scoscesi, dei boschi
ordinati, delle mucche sonnolente, pare nel suo incanto,
vuoto di vita, e il candido
lussuoso albergo Jugendstil con
i suoi stretti corridoi, ricorda
'Shining'.
Natalia Aspesi
La Repubblica
21 Maggio 2015
Osservare da vicino, nelle
pieghe e nelle macchie della
pelle, nelle rughe che appesantiscono gli sguardi, nei passi
incerti
che
trasmettono
insicurezza, quello che tutti
cerchiamo di combattere, lo
spauracchio del tempo che
passa, la vera angoscia dei
nostri
anni.
Nella
'Giovinezza' (...) Paolo Sorrentino dà corpo alla sua ossessione di giovane-vecchio, si
interroga su una fase della vita
che per lui è lontana, ne coglie i
diversi aspetti, ne trae un
insegnamento triste e necessario (...). A sostenerlo nell'impresa un cast eccezionale (...) il
film più caldo di Paolo Sorrentino, ambizioso ma non altero,
ironico ma non grottesco, e
soprattutto venato di un'insolita
pietà affettuosa. Il domani
appartiene a tutti, anche a chi
potrebbe non averlo.
Fulvia Caprara
La Stampa
21 Maggio 2015
Si esce frastornati dall'ultimo
film di Paolo Sorrentino (...).
Frastornati dalle immagini, dalle
battute, dai personaggi, dalle
gag (ci sono anche quelle: la
levitazione
del
monaco
buddista, il sesso a squarciagola dei due coniugi che sembravano muti), in generale da un
cinema che nasconde il suo
senso dietro una miriade di
indizi che poi sfuggono tra le
mani: ti sembra di aver
finalmente afferrato il filo rosso
che lega tutto, quando arriva uno
scarto improvviso - un dialogo
che si vorrebbe memorabile e
non
lo
è,
un'inquadratura
ricercatissima che poi si rivela
gratuita - e ti ritrovi sperduto in
un film che svapora di fronte ai
tuoi occhi. II meccanismo non è
certo nuovo, ma curiosamente è
più frequente nella scrittura che
nelle arti figurative (di cui in
fondo il cinema fa parte). È la
strategia di chi confonde le
tracce per sospendere l'intellegibilità del suo raccontare e
scegliere volutamente il «vuoto»
o l'«oscuro» (di narrazione, di
linearità, di senso) per lasciare
spazio all'«alterità del non
linguistico», come dicono gli
studiosi, per aprire verso un
approccio evocativo e intuitivo,
dove ogni spettatore si sente
libero di portare a termine un
puzzle lasciato a metà, ognuno
con la propria lingua e la propria
conoscenza. Ma dove lo stesso
spettatore può finire per sentirsi
condannato a restare su un
piano più basso, quello di chi non
ha «capito» e si sforza di dare
significato a qualche cosa che è
stata «tolta» o «messa» proprio
per disorientare e confondere.
Per
questo
'Youth'
lascia
frastornati, perché alla fine ti
sembra che il discorso sulla
malinconia della vecchiaia e sul
rimpianto della giovinezza sia
troppo
semplice
o
troppo
complicato, capace di dire tutto e
insieme niente, ridondante di