Ipse dixit - scanzo.eu

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Ipse dixit
Immagini di Roma in 30 frasi famose “sentenziose”
scheda
II - LAT
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2.0 – 2015
PREMESSA: Ape latina, citazione, perché, repertorio, retorica, oggi; comprensione, uso, abuso, distorsione; iscrizioni, motti, effigi; meccanismo tradizione
Ipse dixit.
L'ha detto lui. - Frase latina con cui ci si richiama all'autorità indiscussa di qualcuno. Cicerone (De natura
deorum I, 5, 10), parlando dei pitagorici dice che nelle loro discussioni erano soliti rispondere ipse dixit, in cui
quell'ipse si riferiva a Pitagora. Nel medioevo, i filosofi scolastici intendevano per "maestro" Aristotele. Oggi la
locuzione ipse dixit è usata per deridere i presuntuosi che emettono sentenze o coloro che si sottomettono,
senza discutere, all'autorità.
Ab uno disce omnes. (Virgilio, Aen. II, 65-66)
Da uno impara a conoscerli tutti - Questa frase di Virgilio trae motivo, dallo spergiuro di Sinone, di
riprovazione per tutti i Greci. Ma tale generalizzazione, che estende a un'intera collettività il comportamento
di un singolo, è un procedimento arbitrario, respinto dalla logica.
Acta est fabula.
La commedia è finita. - Parole attribuite ad Augusto Imperatore, mentre moriva; esse corrispondono alla
formula consueta con cui veniva annunziata in teatro la fine di uno spettacolo. In senso estensivo, si usano
talvolta per indicare che si è giunti al termine di qualche cosa, che non c'è più nulla da fare o da aggiungere.
Aequo pulsat pede. (Orazio, Odi, I, 4, 13)
Con piede uguale. - La locuzione è presa da un'ode di Orazio che dice: Pallida mors aequo pulsat pede
pauperum tabernas Regumque turres, la pallida morte picchia con egual piede i poveri tuguri, e le torri dei re.
Nel linguaggio comune, l'espressione viene usata per significare che la morte colpisce tutti egualmente.
Carpe diem. (Orazio, Odi, I, 2)
Approfitta dell'oggi. - Massima che riassume l'ideale oraziano, di origine stoico-epicurea, ispirato al principio
del giusto mezzo e della temperanza, l'aurea mediocritas, secondo il quale, data la brevità della vita,
dobbiamo godere giorno per giorno il poco tempo a noi assegnato senza preoccuparci del domani. Infatti, a
Leuconoe, la ragazza "dalla candida mente", il poeta dice: "Dum loquimur, fugerit invida Aetas: carpe diem,
quam minimum credula postero", Mentre parliamo, dileguasi l'ìnvida età; stringi l'oggi e credula non aspettar
domani (Odi, I, II, 7-8).
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Desinit in piscem. (Orazio, Ars poet., 3-4).
Finisce in pesce. - Frase latina usata comunemente a proposito di cosa che risulti comunque inferiore alle
intenzioni o a quanto prometteva in principio. Deriva da un passo dell'Arte poetica di Orazio (vv. 3-4): ut
turpiter atrum Desinat in piscem mulier formosa superne, come se una donna, bella superiormente,
terminasse in uno sconcio pesce. Orazio usa questo paragone per notare che l'opera d'arte richiede armonia e
unità in tutte le sue parti.
Dulcis in fundo.
Il dolce in fondo. - Si applica a cose che hanno esito felice, dopo gravi fatiche o sacrifici. Ma spesso anche in
tono ironico, con senso simile a ora viene il bello.
Dura lex, sed lex.
Dura legge, ma legge. - Regola di diritto della tradizione scolastica, con cui si afferma la necessità morale di
piegarsi a una legge, anche se dura. L'esempio più eroico di obbedienza alle leggi resta Socrate che,
condannato a morte innocente, si oppose ai tentativi dell'amico Critone di farlo fuggire dal carcere, perché il
buon cittadino, spiegò, deve obbedire alle leggi.
Festina lente. (Svetonio, August., 25).
Affrettati lentamente. - Detto attribuito da Svetonio ad Augusto, che si usa ripetere per esortare ad agire
presto ma con cautela.
Frangar non flectar.
Mi spezzerò ma non mi piegherò. - Nota frase latina, usata come motto gentilizio per significare l'energia
morale che non cede davanti a nessuna minaccia o pericolo.
Gutta cavat lapidem.
La goccia scava la pietra. Frase che aveva valore di proverbio già presso i Latini, per indicare l'efficacia,
soprattutto dannosa, di un'azione anche lieve quando sia ripetuta e continua. La frase ricorre frequentemente
in vari autori latini con diverse varianti; nel medioevo fu completata così: gutta cavat lapidem, non vi sed
saepe cadendo, la goccia scava la pietra, non con la forza ma con il cadere spesso.
Hic manebimus optime. (Livio, Hist., 5, 55)
Qui resteremo benissimo. - Quando i Galli ebbero incendiata Roma (390 a. C.), alcuni senatori proposero di
trasferirsi a Veio; ma Furio Camillo cercò di dissuaderli. Un centurione che passava pel foro gridò: "Signifer,
statue signum, hic manebimus optime", vessillifero, pianta l'insegna, qui resteremo benissimo. Udita questa
frase, i senatori vi ravvisarono un ammonimento divino, e d'accordo con la plebe Roma non fu abbandonata.
La frase venne ripetuta da Quintino Sella nel 1870, quando la capitale da Firenze fu portata a Roma.
Homo homini lupus.
L'uomo è lupo per l'uomo. - Proverbio pessimistico, derivato da Plauto (Asinaria, II, 4, 88), che vuole alludere
all'egoismo umano, e assunto dal filosofo inglese Thomas Hobbes, nella sua opera De cive, per designare lo
stato di natura in cui gli uomini, soggiogati dall'egoismo, si combattono l'un l'altro per sopravvivere.
Imprimatur.
Si stampi. - Parola apposta dal competente vescovo, o spesso per delega dal suo vicario generale, a un libro o
foglio stampato che gli sia stato sottoposto per la censura ecclesiastica e sia da lui approvato. Nel linguaggio
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corrente, il termine è usato nel senso di approvazione, consenso (sempre con riferimento alla stampa): ha
ottenuto l'imprimatur del direttore della rivista per il suo articolo.
In hoc signo vinces. (Eusebio, Vita Costantini, I, 27, 31 e Hist. eccl., IX, 9).
In questo segno vincerai. - Frase latina con cui viene comunemente tradotto il motto greco Touto níka che
sarebbe apparso in sogno, unitamente a una croce fiammeggiante, a Costantino poco prima che dalla Gallia
muovesse alla volta di Roma contro Massenzio. Secondo Lattanzio, invece, Costantino avrebbe avuto la
visione in sogno alla vigilia della battaglia decisiva di Ponte Milvio. La frase è talvolta ripetuta con significato
generico, e spesso scherzoso.
Intelligenti pauca.
A un intelligente, poche cose (bastano). - Frase proverbiale latina corrispondente a quella italiana a buon
intenditor poche parole e, come questa, usata sia in senso proprio (chi è pronto a capire non ha bisogno di
tante spiegazioni), sia come avvertimento, ammonizione o minaccia.
Lupus in fabula.
Il lupo nel discorso. - Locuzione latina attestata da Terenzio (Adelphoe IV, I,21). Viene comunemente tradotta
"il lupo nella favola" con riferimento alle favole esopiane, nelle quali il lupo appare per lo più all'improvviso.
Ma poiché fabula in latino vuol dire originariamente "favella", lupus in fabula dovrebbe essere tradotto "il
lupo nella favella, nel discorso". La locuzione latina viene usata con allusione al fatto che, quando appare
improvvisamente la persona di cui stiamo parlando, tutti ammutoliscono, come nelle fiabe allorquando arriva
il lupo, animale che incute paura a tutti. La frase però ha anche un significato scherzoso e si usa per dire
stiamo proprio parlando di te.
Margaritas ante porcos. (Matteo, VII, 6).
Perle dinanzi ai porci. - Frase tratta da un'esortazione di Gesù: nolite dare sanctum canibus, neque mittatis
margaritas vestras ante porcos, non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle ai porci.
L'esressione è ripresa talvolta come invito a non mescolare il sacro con il profano, le cose nobili con le volgari.
Mens sana in corpore sano. (Giovenale, Sat. X, 356).
Mente sana in corpo sano. - Nota sentenza, tratta da un verso di Giovenale: Orandum est ut sit mens sana in
corpore sano, bisogna chiedere (agli dèi) che la mente sia sana nel corpo sano. Per il mondo classico l'ideale
della perfezione era un armonico equilibrio tra le facoltà dell'intelletto e quelle del corpo.
Ne sutor ultra crepidam.
Il calzolaio non vada oltre la scarpa. - Frase latina che riproduce la raccomandazione rivolta da Apelle a quel
ciabattino che, avendo giustamente criticato un difetto nella raffigurazione dei sandali in un quadro dello
stesso Apelle, voleva poi criticare anche il resto. La frase è divenuta comune per sottolineare, o rimproverare,
l'inopportunità di parlare e giudicare di cose di cui non si ha alcuna competenza.
Nulla dies sine linea. (Plinio, Nat. hist., XXXV, 36)
Nessun giorno senza una linea. - Frase attribuita da Plinio al pittore greco Apelle, del quale si dice che non
lasciava passare giorno senza che tracciasse almeno una linea, perché sosteneva che solo con l'esercizio
costante si procede sulla via dell'arte. La frase si ripete per indicare la necessità dell'esercizio giornaliero.
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Omnia vincit amor. (Virgilio, Bucoliche, X, 69).
L'amore vince tutto. - Il verso virgiliano prosegue: et nos cedamus amori, e noi cediamo all'amore. E' divenuto
proverbiale già in epoca antica ed esalta l'ineluttabile potenza dell'amore, che non si arrende davanti a nessun
ostacolo.
Parva sed apta mihi.
Piccola, ma adatta a me. - Verso che Ludovico Ariosto fece scrivere sopra l'ingresso della casa fattasi costruire
a Ferrara, e che continua: sed nulli obnoxia, sed non Sordida, parta meo sed tamen aere domus, ma non
soggetta ad alcuno, ma non squallida, ma acquistata col mio denaro. Il verso iniziale viene talora usato, con lo
stesso significato, in riferimento alla propria abitazione, o con significati analoghi.
Per aspera ad astra.
Alle stelle attraverso le asperità. - Frase con cui si suole significare che senza sacrifici non si raggiungono
traguardi ambiziosi. Il motto riecheggia frasi della tradizione letteraria (cfr. Virgilio, Aen., IX, 641: Sic itur ad
astra, così si giunge all'immortalità; Seneca, Herc. furens., 441: Non est ad astra mollis e terra via, la via per
giungere dalla terra agli astri non è facile).
Ruit hora.
Precipita l'ora. - Frase latina, con cui si allude al tempo che fugge e soprattutto all'imminenza della morte. E'
anche in titolo di un' ode barbara del Carducci il quale, dalla fugacità della vita, trae motivo per godere più
intensamente l'amore.
Semel in anno licet insanire.
Una volta all'anno è lecito fare follie. - Nota sentenza, divenuta proverbiale nel medioevo, che si cita (spesso in
forma abbreviata, semel in anno) per giustificare follie passeggere, generalmente innocue, e soprattutto le
mascherate e le baldorie del carnevale. Questo proverbio si rifà ad un passo di Seneca conservatoci da
sant'Agostino nel De civitate Dei (VI, 10): "tolerabile est semel anno insanire".
Si vis pacem para bellum.
Se vuoi la pace, prepara la guerra. - Sentenza presente, in modo poco diverso, in vari autori. Si cita soprattutto
per affermare che uno dei mezzi più efficaci per assicurare la pace è quello di essere armati e in grado di
difendersi, in modo da scoraggiare eventuali propositi aggressivi da parte degli avversari.
Summum ius summa iniuria. (Cicerone, De off. I, 10).
Il sommo diritto è somma ingiustizia. - Aforisma giuridico con cui si suole affermare che l'uso rigoroso e
indiscriminato di un diritto può diventare un'ingiustizia. Cicerone scrive: "Si commettono spesso ingiustizie a
causa di una cavillosa, troppo sottile e in realtà maliziosa interpretazione delle leggi".
Veni, vidi, vici. (Plutarco, Caes., 50, 6)
Venni, vidi, vinsi. - Parole con le quali Giulio Cesare avrebbe annunziato ad Arminzio, suo amico, la fulminea
vittoria riportata su Farnace, re del Ponto, il 2 agosto del 47 a.C. . Nel linguaggio comune, la frase si cita
soprattutto per indicare o annunziare rapida e felice riuscita di qualche impresa.
Nomen omen
Il nome è un presagio
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