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Stefano Massaron
17/07/2016
Serena sorridente con la coppa del Roland Garros
Con la recente vittoria ai Championships di Wimbledon, Serena Williams ha raggiunto Steffi
Graf a quota 22 (ventidue!) titoli del grande slam. Meglio di loro soltanto Margaret Court (24),
che però li ha suddivisi tra pre-era Open e post.
Siamo di fronte a un fenomeno a 360 gradi. Non a caso, in una recente intervista, al giornalista
che le chiedeva se si considerasse una delle più grandi atlete donne di sempre, Serena ha risposto:
“No. Uno dei più grandi atleti di sempre, punto”, senza fare distinzioni di genere. E, volendo, è
proprio questo il “limite” (anzi, sarebbe meglio dire il “non-limite”) di Serena Williams: il
suo strapotere fisico nei confronti di tutte le altre tenniste del circuito. Nonostante i 35 anni
imminenti e diversi problemi fisici anche di grave entità — ricordiamo che soltanto pochi anni fa, alla
fine del 2010, Serena ha avuto una gravissima embolia polmonare, che ha messo addirittura a
rischio la sua vita, non solo la sua carriera — al momento non esiste, nel circuito femminile,
nessuna tennista in grado di contrastare la sua dittatura, dovuta alla struttura fisica (oltre,
ovviamente, a un tennis di elevatissima qualità). Il mitico Gianni Clerici passò dei guai, all’epoca
degli esordi di Serena, perché si lasciò sfuggire un “da dietro mi sembra Mike Tyson” che venne
captato da un collega della BBC e subito trasformato in “caso” mediatico.
I numeri di “Serenona”
Serena ha una muscolatura impressionante, e sicuramente la sua scheda WTA mente
spudoratamente quando riporta la sua altezza a 175 cm (ci può stare) e il suo peso a 70kg (non ci
siamo proprio).
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L’impressionante muscolatura di Serena
Serena serve a una velocità media di oltre 180 km/h, con punte oltre i 200. Tanto per fare un
paragone, Nadal e Murray raramente superano queste cifre. La sua “pesantezza di palla” (come si
dice in gergo) non ha possibili rivali. Per riuscire a batterla ci vogliono degli exploit, come
quello di pura intelligenza tennistica esibito da Roberta Vinci alla semifinale degli US Open dello
scorso anno, o la difesa strenua di Angelique Kerber nella finale degli Australian Open di
quest’anno, o ancora la potenza spavalda di Garbine Muguruza nella finale del Roland Garros di
giugno.
Ma, il più delle volte, Serena parte con gli stra-favori del pronostico, e contro chiunque.
D’altra parte, i suoi numeri parlano chiaro: Serena Williams ha partecipato a 28 (ventotto!) finali dei
tornei del grande slam — e ne ha perse soltanto 6 (di cui 2 quest’anno).
Dal 1998 — anno in cui è diventata professionista — a oggi, ha vinto 6 volte gli Australian Open,
3 volte il Roland Garros, 7 volte Wimbledon e 6 volte gli US Open. Al momento in cui
scriviamo, Serena Williams è stata al n.1 della classifica WTA per 301 settimane, di cui 178
consecutive (striscia tutt’ora aperta), superando Martina Navratilova (156) e avvicinandosi al
record all-time di Steffi Graf (186) — che, con ogni probabilità, verrà battuto molto presto (meno di
due mesi).
Il gioco di Serena
Nonostante sia famosa per la potenza del servizio e dei suoi colpi, Serena Williams possiede anche
uno straordinario gioco difensivo. Il movimento e l’esecuzione del servizio sono probabilmente
i più perfetti della storia del tennis (sia femminile che maschile): un vero e proprio “manuale
in movimento” — o, per essere più poetici, si può usare la definizione di Stefano Meloccaro, “un
quadro in movimento”. L’unico suo limite è la stazza fisica (la massa muscolare), che la porta a
soffrire più del dovuto i rapidi movimenti laterali: ma ciò accade assai di rado, dato che è quasi
sempre lei a comandare lo scambio.
Alla spaventosa velocità di servizio, Serena aggiunge anche un’estrema precisione nel piazzamento
dello stesso. Inoltre, il suo servizio è di difficile lettura per le avversarie, dato che il movimento
iniziale e il lancio della palla sono sempre uguali fino all’ultimo istante. Dotata di un diritto esplosivo
e di un rovescio altrettanto efficace, non disdegna nemmeno il gioco a rete, in cui è una delle
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A tutto questo, bisogna aggiungere una grinta “Nadaliana” che le impedisce di darsi per
vinta anche quando i match sembrano ormai persi: il suo carattere indomito l’ha spesso portata a
rimonte che sembravano impossibili.
Risultato? Un’inarrestabile macchina da guerra.
La vita di Serena
La vita delle sorelle Williams (Venus e Serena) è stata tutt’altro che facile. Cresciute a Compton,
un sobborgo tra i più malfamati di Los Angeles, si allenavano su campi in cemento spaccato dal
sole, tirando le palline spelacchiate che il padre lanciava loro. Gianni Clerici racconta che, quando
un suo collega gli disse “c’è una ragazza che dobbiamo assolutamente andare a vedere, è la futura
numero uno” (si riferiva a Venus, non a Serena, che allora era troppo piccola), i due giornalisti
giunsero a Los Angeles e faticarono a trovare un taxi disposto a portarli nella “giungla” di Compton.
Le giovanissime sorelle Williams (Serena a sinistra, Venus a destra) ai tempi di Compton
Nel 2003, la sorellastra maggiore, Yetunde Price, fu uccisa a colpi di pistola.
Forse a causa di questo background, una volta raggiunta la fama mondiale, le due sorelle Williams
sono state — e sono tuttora — tra le tenniste più attive nelle opere di beneficenza e nelle
iniziative di aiuto per i più deboli e per la riqualificazione delle periferie. Le iniziative
benefiche delle sorelle sono innumerevoli, e farne un elenco qui occuperebbe troppo spazio.
Come già accennato, poi, nel 2010 Serena, in seguito a un banale incidente in un ristorante, ha
sviluppato prima un edema e poi un embolia polmonare che l’hanno quasi ridotta in fin di vita. Come
se non bastasse, la sorella Venus ha scoperto di soffrire di una malattia auto-immune — la Sidrome
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di Sjögrens — che l’ha tenuta lungo tempo lontana dai campi da tennis.
Quindi, una vita costellata sì da enormi successi e soddisfazioni professionali, ma anche da numerose
difficoltà personali ed emotive.
Il fatto che Serena sia una persona fuori dal comune è testimoniato, meglio di qualsiasi altra cosa,
dal fatto che le sue colleghe non hanno mai avuto per lei altro che parole positive — e questo
nonostante la sola presenza di Serena nel circuito consenta loro, di fatto, di aspirare al massimo alle
briciole e, al massimo, al n.2 della classifica mondiale.
Abbraccio tra Serena e Wozniacki a fine match
Un esempio che vale per tutti? Quando l’ex-numero 1 WTA Caroline Wozniacki fu di fatto mollata
sull’altare dal golfista Rory McIlroy, fu proprio Serena a “raccoglierla piangente” e a
portarla con sé a Miami (dove ora vive e ha la residenza) perché si rimettesse. Inoltre, Serena ha
sempre parole di conforto e di elogio per le avversarie, sia quando le batte (e capita spesso)
che, soprattutto, quando viene battuta.
In un mondo basato sull’invidia e sull’acidità come quello del tennis femminile, Serena Williams
spicca al contrario. L’unica tennista con cui ha avuto screzi pesanti è stata Maria Sharapova
— che, d’altro canto, non è mai stata amata da nessun’altra tennista, e questo già da molto prima
della sua recente positività al doping.
Insomma, tutte la amano. Di solito, chi vince tutto e vince sempre è odiato, non amato, da
coloro che perdono. Serena invece no. E, se tutte la amano nonostante il suo dominio, un motivo
ci deve pur essere.
Grande, grandissima Serena… ma ora basta, please?
Rispondo ora alla domanda del titolo.
Sì. Serena Williams è la migliore tennista di sempre (personalmente — ma son gusti — la metto
almeno alla pari con Martina Navratilova, ma sono tra i pochi).
Ciò detto, e rinnovata la mia ammirazione sia per il gioco da lei espresso che per la persona che
emerge al di là della carriera tennistica, io — e come me molti altri — sto aspettando il momento
in cui, finalmente, Serena Williams deciderà di smettere di giocare per dedicarsi ad altro.
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Serena in azione
Perché?
Ma perché… con lei in campo, il tennis femminile è noioso. Si sa già chi vincerà prima che
inizi ogni torneo (a meno di sconquassi impronosticabili). La sua strapotenza fisica — diciamolo, è
come se si prendesse il n.50 della classifica ATP maschile e lo si catapultasse a giocare 2 set su 3
con le fanciulle — rende i suoi match così a senso unico che guardarli, ormai, è diventato di
una noia mortale.
Ahimé, il giorno in cui Serena deciderà di ritirarsi, il tennis femminile aumenterà di fascino e di
imprevedibilità. Dietro di lei (molto dietro) premono talenti emergenti come Garbine
Muguruza, Simona Halep, Madison Keys; e attendono (da anni) talenti più “anziani” come
Victoria Azarenka, Angelique Kerber, Agnieszka Radwanska. Che, finché Serena continuerà a
scendere in campo, avranno pochissime possibilità di rendere un torneo finalmente appassionante e
incerto.
Personalmente — da semplice appassionato — voglio bene a Serena. Perché,
fondamentalmente, non si può non volergliene. Ma, da spettatore di tennis, vorrei che si ritirasse
godendosi tutta la sua gloria di tennista più grande di ogni tempo, e lasciasse spazio alle altre — e,
soprattutto, a un poco di incertezza.
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